IL LIBRO DEL CARDINALE GERHARD LUDWIG MÜLLER CONTIENE REALTÀ E VERITÀ, PERÒ CI FA RIMPIANGERE TUTTI GLI UOMINI DELLA VECCHIA SCUOLA COME IL CARDINALE ANGELO SODANO
bisogna baciare la mano che ci schiaffeggia, se quella mano è la mano del Sommo Pontefice o del nostro Vescovo. Peccato che questa lezione l’abbia imparata un povero prete come me, ma non l’abbia imparata un grande teologo come il Cardinale Gerhard Ludwig Müller, che ha persino intitolato il proprio libro: In buona fede.
Autore Ipazia Gatta Romana
Per entrare nel negozio-librario cliccare sulla copertina
______________________
Cari Lettori, questa rivista richiede costi di gestione che affrontiamo da sempre unicamente con le vostre libere offerte. Chi desidera sostenere la nostra opera apostolica può farci pervenire il proprio contributo mediante il comodo e sicuro Paypal cliccando sotto:
O se preferite potete usare il nostro Conto corrente bancario intestato a: Edizioni L’Isola di Patmos
Agenzia n. 59 di Roma
Codice IBAN: IT74R0503403259000000301118
Per i bonifici internazionali:
Codice SWIFT: BAPPIT21D21
Se fate un bonifico inviate una email di avviso alla redazione, la banca non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un messaggio di ringraziamento: isoladipatmos@gmail.com
Vi ringraziamo per il sostegno che vorrete offrire al nostro servizio apostolico.
I Padri dell’Isola di Patmos
.
.
.
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2023/01/ipazia-tondo-piccolo.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Ipaziahttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngIpazia2023-02-09 09:55:592023-03-04 15:20:34Il libro del Cardinale Gerhard Ludwig Müller contiene realtà e verità, però ci fa rimpiangere tutti gli uomini della vecchia scuola come il Cardinale Angelo Sodano
LA SINISTRA RADICALE DI MICROMEGA FA RESISTENZA ALLA “VIOLENZA” DEL BATTESIMO. OVVERO: IL RIDICOLO PARADOSSO DEGLI ATEI OSSESSIONATI DA DIO
I circoli di atei anticlericali potrebbero correre il serio rischio di sentirsi porgere una domanda ben più drammatica e realistica: se un padre e una madre che portano un neonato a battezzare commetterebbero a loro dire una violenza mediante il battesimo, quei padri e quelle madri che decidono invece di impedire ai figli di venire al mondo mediante la pratica dell’aborto, quale genere di violenza commettono, sui figli?
“Perché bisognerebbe vietare il battesimo ai minori” è un articolo comparso su Micromega a firma di Alessandro Giacomoni, nel quale l’editorialista arriva a sostenere che la Chiesa Cattolica in modo subdolo costringerebbe a battezzare i propri figli per evitare di essere discriminati nel contesto della propria comunità sociale [vedere articolo: QUI]. Secondo questo pensiero, i genitori sarebbero perciò ricattati a portare i propri figli al fonte battesimale, pena l’essere visti come “animali rari” da evitare, compatire e quindi discriminare.
Queste affermazioni del giornalista denotano solo una visibile ignoranza arricchita di luoghi comuni sulle realtà sacramentali e pastorali della Chiesa. Oltretutto, al giorno d’oggi, tra la maggioranza di coloro che si definiscono “cristiani non praticanti” questo problema non è minimamente contemplato, men che meno si pongono il problema di venire rimproverati dal proprio sacerdote. Come i confratelli parroci sanno bene, è più facile che avvenga il contrario e che un “cristiano non praticante” si metta a biasimare il prete e dire quello che è giusto fare, alle volte anche sfiorando l’offesa personale o l’atteggiamento verbale aggressivo.
Ci chiediamo:non sarà, forse, che questo editorialista di Micromega si stia riferendo ai soliti volti noti dell’anticlericalismo? L’elenco è presto fatto: iniziamo dagli sparuti circoletti italiani dell’associazione UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), per passare poi ad alcuni nostalgici del Comunismo e del Socialismo più becero, terminando con quelle figure mitologiche degli attivisti che nel fine settimana montano un gazebo in Piazza del Popolo reputando possibile decretare democraticamente la fine della Chiesa Cattolica e del messaggio cristiano attraverso una raccolta di firme.
Se questo è il livello della contestazione, allora siamo davvero alla farsa tragicomica. Sicché, giusto per sdrammatizzare un po’, si potrebbe parafrasare quella espressione del simpatico Obelix ― l’amico di Asterix ― che reinventò l’acrostico S.P.Q.R. dal noto significato «il senato e il popolo romano» traducendolo in «sono pazzi questi romani». Proprio così: «sono pazzi questi atei» che parlano di Dio e delle cose di Dio più di quanto ne parlino gli stessi preti. I loro “dogmatismi laicisti” sono spassosissimi ma puzzano di naftalina come i vecchi pizzi di nonna Abelarda, per citare un’altra mitica figura dei fumetti classici. Urgono perciò robusti infermieri per accompagnare le ossessioni compulsive dell’ateismo che ha la pretesa di confutare un’entità, quella divina, che non dovrebbe esistere e che quindi non dovrebbe neanche creare alcun problema alle persone sane di mente: «sono pazzi questi atei».
Ma andiamo avanti, il buon editorialista inizia con lo spulciare il Catechismo della Chiesa Cattolica e il Codice di Diritto Canonico con la stessa attenzione e consapevolezza con cui si sfogliano i giornali sul tavolino del barbiere per poi estrapolare alcune definizioni operando un mash-updi esegesi laica che si conclude con questa rara perla di “saggezza”:
«Ne consegue che anche ad oggi, ogni prelato può tranquillamente permettersi esternazioni denigratorie nei confronti dei battezzati».
La domanda sorge spontanea:ma quale film di fantascienza ha visto il buon editorialista? In quante chiese è entrato, a quante Messe o omelie ha assistito, quanti battesimi ha visto per poter dire queste cose con tanta sicumera? Non ci è dato di saperlo, ma presumiamo nessuna di tutte queste cose, quello però che sappiamo è che davanti a una certa spocchiosa superiorità morale non è possibile fare nulla, se non riconoscere che in alcuni individui il pensiero critico è clinicamente morto.
L’apice dell’articolo,come non aspettarcelo, arriva a chiedere l’abolizione del battesimo e l’inserimento del battesimo laico in quanto quello confessionale violerebbe la «convenzione sui diritti dei bambini, ratificata dall’Italia nel 1991», e ancora «ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata deve salvaguardare l’interesse superiore del bambino» cosa che evidentemente per il nostro, il battesimo non fa. Quindi il battesimo per un bambino sarebbe un’occasione per subire un danno? Di quale entità? Quali lesioni aggravanti devono essere impedite? Sarebbe interessante e avremmo gioco facile nell’invitare il giornalista a fare altrettanto con altre fedi religiose, ad esempio quelle abramitiche, che prevedono la pratica della circoncisione come segno nella carne, cosa decisamente più invasiva rispetto al gesto di versare un po’ d’acqua tiepida sul capo di un neonato, non vi pare? E se per caso, una volta divenuto adulto, il giovane ebreo o il giovane musulmano rivolesse il prepuzio, che cosa pensa di dirgli, il sapiente editorialista di Micromegacosì sconvolto per un po’ d’acqua tiepida versata sulla testa di un neonato? Perché qualche goccia di acqua tiepida non lascia alcun segno visibile, mentre l’asportazione di un prepuzio dall’organo genitale maschile ti lascia un segno indelebile per tutta la vita. Non a caso, gli ebrei, definiscono la circoncisione con una bellissima espressione densa di significati spirituali: בְּרִית מִילָה (Brit milah), che significa alla lettera “patto dell’alleanza”. Ma sappiamo già che a determinati indirizzi è meglio non bussare, perché si trova pane per i propri denti e alle volte anche altro. Quindi meglio attaccare i cristiani, in modo particolare i cattolici, perché tanto non dicono nulla e non si difendono, per prendersi poi il plauso e i likesdel pensiero dominante moderno con le sue icone pop che spadroneggiano in tv, sul web e nel parterredel festival sanremese.
La teoria che da sempre va per la maggiore è che dovrà decidere il bambino una volta diventato adulto, se essere battezzato o no. Teoria che vorrebbe essere presentata come logica, ma che di fatto non lo è, come non lo sono tutte quelle affermazioni basate sul puro e malcelato pregiudizio. Presto detto: applicando questa pseudo-logica i genitori non dovrebbero prendere alcuna iniziativa mirata alla crescita, alla formazione e persino alle cure fisiche del figlio, che una volta divenuto adulto potrebbe reputare opportuno tutt’altro, rispetto a ciò che i genitori hanno scelto per lui. Cosa questa che vale per tutto, dalla scelta della scuola sino alla ortodonzia attraverso la quale il dentista applica un apposito apparecchio per correggere i denti storti, o per allargare una apertura dentale stretta. E se una volta divenuto adulto il figlio dicesse che avrebbe preferito andare a un’altra scuola, o avere i denti storti e un’arcata dentale stretta, piuttosto che portare un apparecchio ortodontico per diversi anni? Come può, un genitore, scegliere e decidere di sottoporre un bambino a un intervento di chirurgia ortopedica per correggere il piede piatto, o fargli portare per alcuni anni un busto nella fase della crescita per correggere una forma di scoliosi? Come possono osare, i genitori, scegliere per lui ciò che loro reputano opportuno, migliore e più salutare? Non è forse una violenza? E se una volta giunto alla maggiore età il figlio avesse preferito il piede piatto e la scoliosi, anziché essere operato da un ortopedico o anziché portare per anni un busto? Perché, questi atei-agnostici-razionalisti non provano a lasciare i loro bambini liberi di scegliere ciò che istintivamente reputano opportuno fare? Sarebbe molto interessante vedere cosa sceglierebbe di fare un bambino di pochi anni che non ha ancora acquistato il senso del pericolo.
Desidero ricordare ai nostri Lettoriche le obiezioni al battesimo dei bambini non sono una scoperta recente, ma già nei primi secoli del cristianesimo si era posto questo problema e le argomentazioni dei contrari non erano molto diverse da quelle di oggi. Mi sembra utile, quindi, ricordare e illuminare i fedeli sull’argomento facendo parlare i Padri della Chiesa che hanno scritto pagine meravigliose sul battesimo, sia per difenderlo dalle opposizioni e sia per illuminare le menti con quel pensiero della Chiesa Apostolica che ha sempre creduto e vissuto il battesimo come la conformazione a Cristo e l’inizio di un cammino serio di conversione al Vangelo e di rinuncia al peccato. Risponde a tal proposito il santo vescovo Agostino da Ippona nella sua Lettera a Bonifacio[Cfr. Lettera 98 di Sant’Agostino a Bonifacio 7-10,11]:
«A causa della solita tua vivissima avversione per la minima bugia, nell’ultimo tuo quesito ti è parso d’aver proposto una questione difficilissima. «Se ― dici ― ti presentassi un bambino e ti domandassi se, da adulto, sarà casto e non sarà un ladro, senza dubbio mi risponderesti: “Non lo so”. Così pure se ti domandassi se il bimbo essendo ancora nella medesima tenera età, pensi qualcosa di bene o di male, diresti: “Non lo so”. Se perciò non osi garantire nulla di sicuro riguardo alla sua condotta futura e al suo pensiero attuale, perché mai quando vengono presentati al battesimo, i genitori rispondono invece di essi come garanti e affermano ch’essi fanno ciò che quell’età non può pensare o, se lo può, rimane a noi ignoto? In realtà, ai padrini che ci offrono un bambino da battezzare, noi domandiamo se crede in Dio e in nome del piccino, che non sa neppure se Dio esiste, essi rispondono: “Crede”. Con la stessa sicurezza si risponde a tutte le altre singole domande loro rivolte. Mi stupisco quindi che i genitori rispondano al posto dei bambini con assoluta sicurezza trattandosi di cose tanto serie e impegnative, affermando che il bambino compie azioni sì importanti su cui vertono le domande rivolte dal ministro del battesimo nel momento che quello è battezzato; mentre nello stesso momento se facessi loro quest’altra domanda: “Questo bimbo, che ora viene battezzato, sarà casto o non sarà piuttosto un ladro?”, non so se alcuno oserebbe affermare: “Sarà o non sarà tale”, come senz’ombra di dubbio mi viene risposto che crede in Dio”. Alla fine, concludi il tuo ragionamento dicendo: ” Usa la cortesia di rispondere brevemente a queste mie domande, non allegando la norma della consuetudine ma adducendone il motivo e la spiegazione».
In questa risposta si intravede perfettamente il ruolo che il Vescovo di Ippona attribuisce alla fede dei genitori e dei padrini che liberamente e volontariamente accompagnano al battesimo i propri figli. Il bambino battezzato viene reso fedele non da un atto simile a quello dei fedeli adulti, ma dal Sacramento della stessa fede che viene trasmesso come cosa buona da chi ha già fatto esperienza di Cristo e desidera trasmetterla. Allo stesso modo, per Sant’Agostino, sia i genitori che i padrini rispondono al battesimo dei propri figli affermando il proprio credo, volontà libera e non coercitiva, in tempi dove definirsi cristiani era molto più scomodo e pericoloso di oggi. Capiamo che il bambino battezzato si chiama fedele ― nel senso di unito a Cristo ― non semplicemente col dare l’assenso personale della sua intelligenza, ma col ricevere il Sacramento della stessa fede che è stato trasmesso nella propria famiglia. Quando poi il bambino, crescendo, comincerà a capire, non avrà più bisogno di un nuovo battesimo, ma comprenderà il Sacramento ricevuto e si conformerà, col consenso della sua volontà, dalla realtà spirituale rappresentata dal battesimo.
Dopo questa descrizione così chiara,possiamo comprendere che tutte le cose reputate buone vengono trasmesse dai genitori ai figli e che spesso le passioni dei padri diventano quelle dei figli, ma mai nessuno si sognerebbe di dire che il bambino è fatto vittima di violenza.
Nel Rito del Battesimo il sacerdote domanda:«che cosa chiedete alla Chiesa di Dio?» è una domanda semplice che definisce una volontà ben libera di procedere in un cammino di fede attraverso il battesimo. Ma questo non basta, il sacerdote avverte i genitori del battezzando della responsabilità di questa richiesta: «chiedendo il Battesimo per vostro figlio, voi vi impegnate a educarlo nella fede, perché, nell’osservanza dei comandamenti, impari ad amare Dio e il prossimo, come Cristo ci ha insegnato. Siete consapevoli di questa responsabilità?». Se questa consapevolezza c’è, bene, altrimenti si aspetta, non c’è fretta nelle cose di Dio, è inutile battezzare il proprio figlio per altre ragioni se non perché lo si vuole far vivere della stessa vita di Cristo. Il battesimo è l’inizio di ogni discepolato e di quel cambiamento evangelico ― μετάνοια (metànoia) ― che coinvolge tutta la famiglia, Chiesa domestica, a costituire il fulcro del primo annunzio della fede.
San Fulgenzio di Ruspenella Regola della vera fede [Cfr. 30,14] afferma:
«[…] nessun uomo può ricevere la salvezza eterna, se non si è convertito quaggiù dai suoi peccati con la penitenza e la fede, e che per mezzo del Sacramento della fede e della penitenza, cioè per mezzo del battesimo, non se n’è liberato»
La “Chiesa istituzionale”,chiamiamola così per i meno scafati in queste faccende, subentra successivamente a questa consapevolezza e accompagna il cammino di fede della famiglia potenziandolo e dirigendolo al meglio con la grazia che viene dallo Spirito Santo. Ma del resto non avviene lo stesso con l’apprendimento? Il bambino di sei anni quando entra in prima elementare non conosce già tante cose ed è capace di parlare. Da chi ha attinto queste informazioni se non dalla casa? La frequenza a scuola e il percorrere l’itinerario di apprendimento è solo il proseguo di quello che la famiglia ha già fatto, strutturandolo in modo robusto e aprendo al piacere e al desiderio della conoscenza le giovani menti che un domani saranno in grado di governarsi nel mondo da persone mature.
Per finire invitiamo fraternamente i giornalisti di Micromega ad esimersi per il futuro da queste esternazioni imbarazzanti che avrebbero fatto impallidire uomini di grande talento e intelletto del calibro di Enrico Berlinguer e Marco Pannella, o che indurrebbero un autentico liberale come Daniele Capezzone a dar loro sbrigativamente degli ignoranti senza alcuna esitazione. Sia infatti chiaro: gli esponenti del vecchio Partito Comunista Italiano, o i Radicali cresciuti alla scuola politica di quella mente brillante di Marco Pannella ― di cui poco o forse niente condividiamo, ma che riconosciamo però dotato di indubbie qualità politiche ―, con certi beceri soggetti non hanno nulla da spartire sia sul piano della idealità che su quello della esposizione delle critiche formulate alla Chiesa Cattolica.
La proposta del battesimo laico? È sicuramente la miglior trovata del “dogmatismo” ateo, dopo quella che li indusse a proporre la figura del … “cappellano ospedaliero laico”. Tutto fatto per inseguire il disperato desiderio di diventare i nuovi preti del laicismo con tutto quel bagaglio liberal-clericale che ne deriva. Il poeta romanesco Giuseppe Gioachino Belli, che in fatto di critica alla Chiesa non è stato secondo a nessuno, riprendendo l’acrostico S.P.Q.R. lo traduceva in «Solo Preti Qua Regnano». Sì, voi inseguite questo sogno essere il nuovo clero laico regnante della mondanità, ma ricordatevi una cosa, se dopo duemila anni la Chiesa è ancora presente e battezza per mandato di Cristo è perché c’è quel qualche cosa di più ― lo chiediamo agli atei, è forse Dio? ― che la sostiene e la difende. Forse sarebbe meglio da parte vostra un minimo di attenzione in più, almeno un po’ più di prudenza. Anche perché i circoli di atei anticlericali potrebbero correre il serio rischio di sentirsi porgere una domanda ben più drammatica e realistica: se un padre e una madre che portano un neonato a battezzare commetterebbero a loro dire una violenza mediante il battesimo, quei padri e quelle madri che decidono invece di impedire ai figli di venire al mondo mediante la pratica dell’aborto, quale genere di violenza commettono, sui figli?
Laconi, 6 febbraio 2023
.
.
______________________
Cari Lettori, questa rivista richiede costi di gestione che affrontiamo da sempre unicamente con le vostre libere offerte. Chi desidera sostenere la nostra opera apostolica può farci pervenire il proprio contributo mediante il comodo e sicuro Paypal cliccando sotto:
O se preferite potete usare il nostro Conto corrente bancario intestato a: Edizioni L’Isola di Patmos
Agenzia n. 59 di Roma
Codice IBAN: IT74R0503403259000000301118
Per i bonifici internazionali:
Codice SWIFT: BAPPIT21D21
Se fate un bonifico inviate una email di avviso alla redazione, la banca non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un messaggio di ringraziamento: isoladipatmos@gmail.com
Vi ringraziamo per il sostegno che vorrete offrire al nostro servizio apostolico.
I Padri dell’Isola di Patmos
.
.
.
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2019/01/Padre-Ivano-piccola.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Padre Ivanohttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngPadre Ivano2023-02-06 19:26:212023-02-06 19:26:21La sinistra radicale di Micromega fa resistenza alla “violenza” del Battesimo. Ovvero: il ridicolo paradosso degli atei ossessionati da Dio
NEL CORSO DEI SECOLI LA CONFESSIONE SACRAMENTALE HA SUBÌTO DEI MUTAMENTI RADICALI CHE I GRANDI “DOTTORI TEOLOGI” DI FACEBOOK E TWITTER IGNORANO
Grazie ai Social Media molti, raggruppati in fitte legioni di stolti sempre più agguerrite, oltre che peggiori della biblica invasione delle cavallette, si auto-formano di regola a questo modo: prima spiluccano da un blogall’altro, poi si cimentano nell’uso di parole di cui non conoscono neppure il significato etimologico ― ma soprattutto il significato che hanno nel linguaggio filosofico, metafisico e teologico-dogmatico ―, infine salgono sulla cattedra di Facebooko di Twitterper dare lezioni di corretta dottrina a noi teologi, sparando una dietro l’altra assurdità a raffica, spesso anche in modo violento e aggressivo.
Ponendo una domanda un Lettore mi ha ispirato questo articolo che potrebbe risultare utile a molte persone:
«Vero che Cristo condanna il peccato e non il peccatore. Vero che il peccatore va perdonato settanta volte sette, quindi sempre. Ma alla centesima volta che una persona viene da lei a confessare lo stesso peccato non pensa mai che forse ci sta “ciucciando” un pochino? Le prime comunità cristiane se ben ricordo non è che andavano poi così leggere nel giudizio sul peccatore e, dopo il peccato, non bastava la contrizione del cuore e prima di essere riammesso nella comunità doveva passare sotto le forche caudine pubbliche. Probabilmente i miei sensi di colpa nascono da qui … masochismo? Ma mi pare che anche nei canoni apostolici si parli di questo percorso».
Frate Cappuccino confessore (foto by Aldo Lancioni)
Sono domande che offrono l’opportunità di fare un po’ di dogmatica sacramentaria, materia alla quale mi sono molto dedicato assieme alla storia del dogma.
Nei tempi tristi e confusi che stiamo vivendo, noi sacerdoti e teologi dobbiamo fare i conti con la realtà di “cattolici” che spaziano tra il magico-estetico e il fideismo più becero. Grazie ai Social Media molti, raggruppati in fitte legioni di stolti sempre più agguerrite, oltre che peggiori della biblica invasione delle cavallette, si auto-formano di regola a questo modo: prima spiluccano da un blogall’altro, poi si cimentano nell’uso di parole di cui non conoscono neppure il significato etimologico ― ma soprattutto il significato che hanno nel linguaggio filosofico, metafisico e teologico-dogmatico ―, infine salgono sulla cattedra di Facebooko di Twitterper dare lezioni di corretta dottrina a noi teologi, sparando assurdità a raffica, spesso anche in modo violento e aggressivo. E non sempre, purtroppo, si riesce a ridere sulle scempiaggini di questi teologi internetici. Alcune volte sì, altre invece no.
Ecco un tipico esempio di bieco e becero fideismo basato sul magico-estetico, della serie … abracadabra la magia è fatta! Una tale ha scritto sulla mia pagina socialche «le preghiere recitate in latino sono potentissime e il Demonio proprio non le sopporta», perché ne è terrorizzato.
Per pedagogia, soprattutto per autentica carità cristiana,persone simili non possono essere prese sul serio, vanno prese solo in giro. Cos’altro si potrebbe fare con soggetti che dalle loro cattedre erette sui social mediapensano di poter parlare del mistero della grazia divina, della sacramentaria ― che peraltro è il ramo più complesso della teologia dogmatica ― e della disciplina dei Sacramenti, con la leggera disinvoltura con cui si può discutere con la sciampista nella sala del parrucchiere sull’ultimo articolo pubblicato su un magazinedi gossip?
Ecco allora che la presa di giro rivolta a queste persone diviene un atto opportuno e pedagogico della più autentica carità cristiana. Infatti, ciò che non è serio e che si palesa così grottesco e anti-scientifico, anti-dottrinale e anti-teologico, va destituito di valore. Per fare questo l’arma più efficace è costituita dall’ironia e dalla sapiente e caritatevole presa di giro.
E così, a quella Signora che quasi sicuramente non riuscirebbe a tradurre dal latino all’italiano neppure le prime semplicissime righe del De bello gallico ma che invoca la “lingua magica” del latino per terrorizzare il Demonio, risposi che quando noi celebriamo il Sacrificio Eucaristico in lingua italiana, o quando anziché dire Dominus vobiscumdiciamo Il Signore sia con voi, sicuramente il Demonio si scompiscia dalle risate, non sentendosi colpito attraverso il magico latino che lo stende invece a terra all’istante spaventato e tramortito.
Questa articolata premessa per dire che quando mi sono posti quesiti intelligenti come quello inviato da questo nostro Lettore, è come se mi fosse giunto in omaggio un regalo:
«Alla centesima volta che una persona viene da lei a confessare lo stesso peccato non pensa mai che forse ci sta “ciucciando” un pochino?».
Quesito pertinente,perché proprio in questi casi si può vedere quanto uno sia un confessore sapiente e illuminato dalla grazia di Dio. Anzitutto va tenuto conto che Cristo, divina pietra angolare, scelse Pietro per la edificazione e il governo della sua Chiesa (cfr. Mt 13, 16-20). E tra tutti gli Apostoli Pietro era il più fragile e spocchioso, come più volte dimostrò, al tempo stesso si mostrò pure il più codardo. All’occorrenza si mostrò confuso, indeciso e ambiguo in materia di dottrina. Era un pescatore galileo ingenuo, passionale e buono che tale rimase per tutta la vita. Non brillava per intelligenza, meno che mai per cultura. Basti ricordare come fu fatto nero ad Antiochia dal Beato Apostolo Paolo, pur con tutto il rispetto per il suo primato di Capo del Collegio degli Apostoli. Adesso ripercorriamo quella vicenda molto interessante di Antiochia narrata dallo stesso Apostolo Paolo:
«Ma quando Cefa venne ad Antiòchia, mi opposi a lui a viso aperto perché aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, tanto che pure Bàrnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: “Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?”. Noi, che per nascita siamo Giudei e non pagani peccatori, sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato per le opere della Legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge; poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno. Se pertanto noi che cerchiamo la giustificazione in Cristo siamo trovati peccatori come gli altri, Cristo è forse ministro del peccato? Impossibile! Infatti se torno a costruire quello che ho distrutto, mi denuncio come trasgressore. In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano”» (Gal 2, 11-21).
In questo dibattito avvenuto ad Antiochia, il Beato Apostolo Paolo enuncia la teologia e la dottrina della grazia e della giustificazione. Esattamente quella che fraintese un frate agostiniano tedesco notoriamente asino, mi pare si chiamasse Martin Lutero, fucina di immani danni prodotti nella Chiesa attorno al XVI secolo, con buona pace di certa piaggeria cattolica che oggi lo indica come “riformatore” e che chiama la sua eresia scismatica “riforma”. Tra l’altro proveniva da uno storico Ordine che prende nome proprio da Sant’Agostino che fu autore del De natura et gratia.
Sempre restando nell’ordine degli esempi iperbolici: se dopo la morte di Gesù Cristo si fosse tenuto un conclave, quanti avrebbero votato Pietro e quanti Paolo? Quale profonda differenza correva tra Pietro, Giacomo il Maggiore e suo fratello Giovanni, indicati da Cristo Dio col nome aramaico di “figli del tuono” ― boanèrghes ―, riportato poi in caratteri greci come βοανηργες (cfr. Mc 3, 16-18). Se mettiamo a confronto Pietro con figure di apostoli come Giovanni o Paolo, la differenza apparirà all’incirca come quella che potrebbe correre tra Roberto Benigni e Marcello Mastroianni, tra Jerry Lewis e Gregory Peck. Eppure Cristo scelse lui che incarnava tutte le nostre fragilità umane, dando ad esso le chiavi del regno e il potere di legare e di sciogliere (cfr. Mt 16, 13-19), il tutto pur avendo avuto elementi di gran lunga migliori tra i quali scegliere il Capo del Collegio degli Apostoli. Allora proviamo a domandarci: perché scelse Pietro e non altri?
Ad assolvere dai peccati non è un Angelo di Dio, così come a guidare la Chiesa di Cristo non è una schiera di Cherubini e Serafini, ma di sacerdoti, di alteri Christi che agiscono in Persona Christi e che spesso possono essere peccatori peggiori di colui al quale concedono la grazia e il divino perdono attraverso l’assoluzione sacramentale: «A chi rimetterete i peccati saranno rimessi …» (Gv 20, 22-23).
La teologia, la dogmatica sacramentaria in particolare, non può essere scissa dalla storia del dogma, perché nel corso di duemila anni la disciplina dei Sacramenti ha avuto delle mutazioni a volte radicali, frutto di una lunga gestazione intesa come acquisizione della percezione del Sacramento e dei Sacramenti in sé. O forse qualcuno pensa che i primi cristiani avessero della Santissima Eucaristia la percezione che oggi ne abbiamo noi? O che esponessero dentro l’ostensorio il Santissimo Sacramento per l’adorazione eucaristica, pratica di sacra devozione al Santissimo Corpo di Cristo che prenderà vita solamente circa 1300 anni dopo la morte e risurrezione del Verbo di Dio? Quali libri di preghiere usavano i primi cristiani in epoca apostolica e con quale Messale celebravano la Santa Messa, forse con quello che certi ridicoli contemporanei chiamano … il messale dellaMessa di sempre? I primi cristiani recitavano forse preghiere alla Beata Vergine Maria? I Dodici Apostoli radunati assieme cantavano Salve Regina in gregoriano alla presenza della Mater Dei per renderle onore mentre soggiornava a Efeso o a Gerusalemme? Veneravano le reliquie dei Santi? Andavano in pellegrinaggio per i santuari nei quali si poteva lucrare l’indulgenza, o forse affollavano la collina di Medjugorje dove nel pacchetto viaggio completo si garantisce anche la conversione, oltre — s’intende — all’apparizione assicurata della Madonna? Oppure, dopo l’Editto di Milano del febbraio 313, i cristiani strillavano, stile neocatecumenali invasati: … «siamo stati riconosciuti e approvati … approvati! Non potete quindi dirci e farci niente: siamo stati approvati! Chi è contro di noi è contro gli augusti imperatori Costantino e Licinio che ci hanno approvati … approvati!»? E sempre dopo questo editto, ai cristiani furono forse date le antiche basiliche della romanitascon un posto d’onore nell’antico Senato riservato al Vescovo di Roma? Sinceramente vorrei sapere certa gente che film di fantascienza ha visto, sarebbe interessante conoscerne perlomeno il titolo.
È presto detto:un peccatore potrebbe commettere quel particolare peccato anche una volta ogni 48 ore, andando poi a chiedere la grazia e il perdono di Dio. Ovviamente purché sia pentito e “vittima” di fragilità e debolezze che non riesce sul momento a gestire e superare. Tutt’altro discorso se il peccatore commette in continuazione lo stesso peccato perché per indolenza, pigrizia o egoismo vuole essere debole e fragile e non intende in alcun modo reagire a quelle sue debolezze e fragilità alle quali potrebbe invece reagire, o peggio perché convinto “…. vabbè, tanto poi vado a confessarmi”. In quel caso, per il bene del penitente si può giungere persino a negare l’assoluzione. Posso però garantire che soggetti di questo genere è difficile ― mi verrebbe da dire quasi impossibile ― che vadano avanti e indietro dal confessionale a chiedere perdono per lo stesso peccato.
Il Lettoreseguita a chiedere:
«Le prime comunità cristiane se ben ricordo non è che andavano poi così leggere nel giudizio sul peccatore e, dopo il peccato, non bastava la contrizione del cuore e prima di essere riammesso nella comunità doveva passare sotto le forche caudine pubbliche».
È vero, ma siamo ai primordi dell’esperienza cristiana, in un’epoca nella quale a molti non era ancora chiaro che cosa fosse realmente accaduto di grandioso per l’intera umanità dal Calvario al sepolcro vuoto di Cristo risorto e poi asceso al cielo. Diverse erano le correnti dei primi cristiani, due le principali: i giudeo-gesuani, ossia gli ebrei che avevano scelto di seguire il messaggio del Cristo e che risentivano molto della cultura ebraica e della legge rabbinica, in particolare di quella farisaica, dal cui ceppo provenivano lo stesso Apostolo Paolo (cfr. At 23, 6) e i pagani convertiti appartenenti alle popolazioni greche e latine.
Come prova “l’incidente” di Antiochia tra gli Apostoli Pietro e Paolo,molto accesi erano gli scambi tra circoncisi e non circoncisi. E con tutta la confusione che spesso ne seguiva si discuteva se i cristiani dovessero seguitare con la pratica rituale della circoncisione. Molti intendevano l’Eucaristia come una celebrazione di Pesach(la Pasqua ebraica) che anziché una volta all’anno era celebrata una volta alla settimana. Basterebbe poi ricordare che da lì a seguire occorreranno quasi quattro secoli e due grandi concili dogmatici per definire prima a Nicea nel 325, poi a Costantinopoli nel 381, il mistero della Persona e della natura di Cristo. E siccome non esistevano neppure termini lessicali per poterla definire, i Padri della Chiesa furono costretti a prendere a prestito terminologie dal lessico filosofico greco e a modularle per dare una definizione a questo ineffabile mistero.
All’inizio ho fatto richiamo ai “dottori in teologia sacramentaria” specializzati all’accademia di Facebooke di Twitter, quelli da prendere in giro per imperativo di coscienza e soprattutto per carità cristiana, pronti a lanciarsi in temi per i quali spesso, se non quasi di prassi, presbiteri sessantenni con trent’anni di ministero sacerdotale alle spalle domandano spiegazioni a qualche confratello teologo o storico del dogma, semmai di vent’anni più giovane di loro, prima di addentrarsi in certe disquisizioni molto complesse sul piano teologico, che di riflesso comportano tematiche altrettanto complesse sul piano storico. È infatti impossibile comprendere la disciplina dei Sacramenti se non si conosce bene e a fondo la storia.
È vero, le prime comunità cristiane avevano altra concezione del perdono dei peccati, basti dire che il Sacramento della penitenza poteva essere ricevuto una sola volta nella vita, dopo un percorso penitenziale fatto sotto la guida del Vescovo. Una volta ricevuto questo Sacramento il fedele non poteva peccare più, se non a suo rischio e pericolo, perché non avrebbe potuto mai più riceverlo. Per sette secoli l’assoluzione dai peccati fu considerato un Sacramento “non ripetibile”. Per questo i cristiani cercavano di ricevere l’assoluzione prima di morire, o comunque in età elevata. E molti morivano senza riceverla.
In questi primi secoli si crea anche il complesso problema dei lapsi.Termine latino che alla lettera significa “scivolati”, usato per indicare i cristiani che durante le persecuzioni del III e IV secolo bruciarono incensi agli dei pagani facendo atto di adorazione verso di essi. Ciò non per convinzione ma perché minacciati di morte, quindi solo per paura di morire. Anche dinanzi al caso dei lapsifu tenuta ferma la disciplina della irripetibilità della penitenza. Sulla riammissione dei lapsi alla Comunità dei credenti la Chiesa delle origini si trovò divisa tra la corrente di Cornelio, eletto Vescovo di Roma nel 251, propenso al perdono e al loro accoglimento, ed i seguaci del presbitero Novaziano che negava loro qualsiasi forma di accoglienza e che finì poi scomunicato dal sinodo romano. Da lui nacque quella corrente conosciuta oggi come eresia novaziana, che per alcuni secoli seguitò a trovare adepti. Memorabile la battaglia teologica condotta contro i novaziani da Ambrogio vescovo di Mediolanum, che sul finire del IV secolo compose il De poenitentia, opera suddivisa in due libri in cui è sono confutate: nel primo le tesi dei seguaci di Novaziano che consideravano non perdonabili i peccati mortali e la necessità che si procedesse con un nuovo battesimo per i seguaci della loro setta eretica; nel secondo offre una dotta dissertazione sul concetto di penitenza e del modo in cui deve essere amministrata. Il Vescovo Ambrogio confuta i novaziani ricordando loro che la misericordia di Dio offre a tutti i peccatori pentiti la sua grazia. Ribadisce il fondamento analogico tra battesimo e penitenza e infine riafferma anch’esso l’irripetibilità di entrambi questi sacramenti che generano una sostanziale trasformazione di vita in chiunque si penta per i peccati commessi e il male che con essi è stato arrecato ad altri. I novaziani pretendevano di invitare da una parte alla penitenza e al pentimento, dall’altra negavano però il perdono, convinti di rendere lode all’Onnipotente col loro rigore, ma di fatto disprezzando la grazia e il perdono di Dio attraverso la loro cieca durezza di cuore. Lascio adesso valutare, a chiunque abbia letto solo alcuni sproloqui di certi sedicenti teologi internetici fai-da-te, se quella novaziana non è per caso una delle diverse eresie di ritorno della nostra attualità.
Con la discesa dei barbari dal Nord dell’Europa ― che poco dopo si convertirono in massa al Cristianesimo affascinati dalle grandi e virili figure di certi Vescovi e Padri della Chiesa ―, si incominciò a ventilare l’ipotesi di rendere questo Sacramento ripetibile per far sì che il percorso di conversione e di vita cristiana fosse meno impossibile per questi popoli. Ipotesi dinanzi alla quale molti Padri della Chiesa e teologi dell’epoca gridarono all’eresia! Presumibilmente, uno di questi, sarebbe stato lo stesso Ambrogio, poc’anzi citato, che tre secoli prima ribadì la irripetibilità della penitenza in una sua celebre opera teologica.
Perché con i barbari convertiti nasce la necessità pastorale di rendere ripetibile il Sacramento? Perché al di là della loro buona volontà, le loro abitudini e costumi di vita erano quelli che erano … insomma, dobbiamo essere grati ai barbari se questo Sacramento divenne ripetibile. Solo nel VII secolo fu introdotta la pratica privata della Penitenza, cosa che dobbiamo ai monaci irlandesi vissuti ai tempi di San Colombano che fondò il monastero di Bobbio agli inizi del VII secolo e che concorse a ridare vita alla pratica di questo Sacramento mediante una dimensione privata improntata sulla espiazione dei peccati. Così, questi monaci, scendendo dalle regioni del nord Europa in Italia portarono l’abitudine sacramentale del “confessare” a un presbitero i propri peccati in modo tale da ricevere una penitenza, detta penitenza tariffata. E qui bisogna spiegare che per penitenza tariffatasi intende la classificazione delle colpe cui corrispondevano le penitenze da imporre. Questo sistema introdotto nel VII secolo cominciò a essere praticato prima in ambito monastico, poi tra il popolo con successiva gran diffusione. Dobbiamo quindi all’irlandese San Colombano e ai suoi monaci la ripetibilità di questo Sacramento, anziché la possibilità di riceverlo una sola volta nella vita. Sempre a lui dobbiamo anche la segretezza del percorso penitenziale al posto della dimensione pubblica.
Nei duecento anni che seguirono tra l’VIII e il IX secolo,i Libri Penitenzialiebbero una gran diffusione e applicazione. Le tariffe racchiuse al loro interno consistevano principalmente in digiuni imposti, che secondo la gravità della colpa commessa potevano durare talora giorni, altre volte anni. Disgrazia volle ― perché tale di fatto fu ―, che i Libri Penitenzialicontenessero al loro interno delle commutazioni che permettevano al peccatore di commutare il proprio digiuno in opere espiatorie compiute da lui stesso o effettuate persino da terzi, il tutto in cambio di denaro, celebrazioni di Sante Messe, donazioni di terre, costruzione di chiese e monasteri nei casi di peccatori particolarmente ricchi. Si giunse poi a sfiorare il ridicolo, questo giusto per ricordare con un inciso che a un certo punto della storia, in quel di Certaldo, Giovanni Boccaccio nacque tutt’altro che per caso nel XIV secolo e che certe sue novelle sono tutto fuorché fantasiose invenzioni. Lascio allora intuire a chi legge, senza scendere in particolari inutili e vergognosi, quali abusi originarono certe commutazionie quanti “santi” monaci ottennero la edificazione di grandi monasteri vendendo nei concreti fatti la espiazione dei peccati, mentre certi sovrani e potenti feudatari sottoposti a dura penitenza giunsero a pagare un proprio fedele servitore affinché facesse penitenza al posto loro (!?). Ci sarà pure un motivo, se diversi concili della Chiesa condannarono duramente il turpe peccato di simonia, il cui etimo nasce dalla vicenda di Simon Mago che cercò di offrire del danaro agli Apostoli per ricevere i doni dello Spirito Santo mediante l’imposizione delle loro mani (cfr. At 8, 18-19).
Successivamente il Sacramento della penitenza conoscerà nuove evoluzioni e innovazioni tra il IX e il X secolo con i teologi carolingi che incominciano a incentrare l’attenzione dall’espiazione dei peccati all’accusa dei peccati, ritenendola il vero cuore dell’intero processo penitenziale. Senza il sincero pentimento non può esservi perdono e la penitenza espiativa può rischiare di essere fine a sé stessa. Sino a giungere al Concilio di Trento che nel 1563 fissa le norme della Confessione con un apposito decreto, strutturando la disciplina sacramentale e canonica di questo Sacramento come la conosciamo oggi. In epoca post-tridentina nacquero anche spazi e luoghi idonei per amministrare questo Sacramento, per esempio le penitenzierie all’interno delle grandi cattedrali e basiliche, quindi l’uso dei confessionali creati tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo per garantire la riservatezza e la separazione tra il confessore e il penitente e favorire la confessione stessa. A nessuno rimarrebbe agevole, agli uomini e forse più ancora alle donne, accusare i propri peccati a un uomo che ti siede di fronte e che mentre parli ti guarda in faccia. Merita ricordare che i confessionali furono inventati dai Gesuiti, proprio gli stessi che tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta del Novecento furono i primi a toglierli da molte delle loro chiese per metterli negli scantinati, oppure vendendoli agli antiquari, semmai per dare i soldi ai poveri, intendiamoci! Infatti, la ragione casuistica del Gesuita, o è sempre nobile in sé e di per sé, o in ogni caso lo diventa attraverso la manipolazione.
Non è vero che il peccatore «prima di essere riammesso nella comunità doveva passare sotto le forche caudine pubbliche». Però alcuni storici lo scrivono, molti lo leggono in giro e prendono simili asserzioni per vere diffondendole poi come tali. A essere pubblica non era la confessione dei peccati, ma lo stato dei penitenti, quello sì che era reso pubblico. I penitenti, quasi sempre raccolti in gruppi, dovevano fare un preciso percorso penitenziale sotto la guida del Vescovo, non potevano certo essere tenuti nascosti, ma i loro peccati sì, tanto che il Santo Pontefice Leone Magno, il lungo pontificato del quale durò dal 440 al 461, proibì la confessione pubblica e la dichiarò illegittima e contraria alle norme apostoliche:
«Noi proibiamo che in questa occasione venga letto pubblicamente uno scritto nel quale sono elencati nei particolari i loro peccati. È sufficiente infatti che le colpe vengano manifestate al solo Vescovo, in un colloquio privato» (Lettera168).
Da tutte queste note storichesi dovrebbe comprendere che il Sacramento della penitenza, come altri Sacramenti, ha subito nel corso del tempo grandi mutazioni, a tratti veramente radicali. Sempre con buona pace di chi parla di Messa di sempre o di dottrine, regole e discipline sempre e assolutamente immutabili, con tanto di indiscutibile suggello «si è sempre fatto così nel corso dei secoli!». Espressione tipica dell’imbecille che le mutazioni e gli eventi avvenuti nei secoli le ignora di prassi tutte quante, perché si è creato un passato che non è mai esistito, allo scopo di rendere irreale il presente.
Concludo con un tocco di ironianarrando di quando una mega-catechista de La setta Neocatecumenale fece uno sproloquio kikian-carmenianosulla necessità del ritorno alla Chiesa delle prime origini apostoliche. E qui è necessario precisare che la mega-catechista faceva i cosiddetti scrutini — vale a dire che indagava le coscienze — non solo dei laici, ma persino dei sacerdoti e, quando si tenevano le loro assemblee nelle chiuse salette, lei parlava e sproloquiava eresie a tutto spiano, mentre il sacerdote presente sedeva in silenzio vicino a lei tacendo, a vergogna di sé stesso e della dignità sacerdotale. A quel punto le citai alcuni passi della Sacra Scrittura in cui il Beato Apostolo Paolo non si limita a esortare, ma rivolge delle vere e proprie severe intimazioni:
«Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo» (I Tm 2, 12) «Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti, perché è sconveniente per una donna parlare in assemblea» (I Cor 14, 34-35).
Dinanzi a quei passi così chiari, le dissi che il suo compito era di tacere e basta. E detto questo le domandai se intendeva tornare alla Chiesa delle origini e applicare alla lettera certi comandi e precetti, mostrando così di anelare per davvero e fino in fondo all’auspicato ritorno alle origini. Non sapendo cosa rispondere, la povera ignorante, paradigma di ciò che di fatto sono i mega-catechisti neokatekiki, sbroccò letteralmente affermando: «Beh, si sa da sempre, che San Paolo era un misogino». Ebbene, anche se non è questa la sede, penso sia opportuno chiarire in breve che il Beato Apostolo, lungi dall’essere un misogino, rivolgeva queste parole agli abitanti di Corinto, società tendenzialmente matriarcale nella quale le donne erano solite condizionare gli uomini con forti influenze e pressioni. Quando però cercarono di fare altrettanto nella Comunità Cristiana, tentando di mettere i piedi sulla testa a vescovi e presbiteri, l’Apostolo le richiamò all’ordine. Pertanto, l’ammonimento «Se vogliono imparare qualche cosa, interroghino a casa i loro mariti», molto probabilmente era rivolto proprio alle mogli dei primi vescovi e presbiteri di quell’area geografica, lo si evince da quest’altro passo dell’Epistola indirizzata al discepolo Timoteo:
«[…] bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?» (I Tm 3, 2-5).
Il problema è che da una parte abbiamo pseudo cattolici più o meno settaristiche invocano il ritorno a origini che non conoscono e che costituiscono invece solo un nucleo evolutivo di partenza al quale non è certo auspicabile tornare, perché sarebbe come scendere dall’automobile e retrocedere al tempo antecedente l’invenzione della ruota. Dall’altra parte abbiamo pseudo-cattolici di non meglio precisata tradizione che si sono costruiti un passato che non è mai esistito, convinti che il Beato Apostolo Pietro celebrasse la Messa di sempre rivestito di solenni paramenti con assistenti presbiteri rivestiti di piviali e diaconi rivestiti di dalmatiche barocche damascate. Ovviamente celebrando ― va da sé, manco a dirsi! ― in un perfetto e magico latino, quello che spaventa e allontana il Demonio, come scriveva quella certa scienziata sulla mia pagina Social. E di certo a Simone figlio di Giona detto Pietro lo chiamavano anche “Santità” o “Beatissimo Padre”. Quando infatti i soldati romani lo arrestarono sulla Via Appia per portarlo sul Colle Vaticano dove fu crocifisso, gli intimarono: «Altolà, Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, Vostra Santità è in arresto!». E fu trascinato verso il supplizio, dando alla fine della vita la prova della eroicità delle sue virtù e morendo per grazia di Dio martire.
Per morire martire Pietro ci impiegò una vita intera,dopo essersela data a gambe più volte, l’ultima in ordine di serie poco prima di morire, durante le persecuzioni di Nerone, sotto il regno del quale finì catturato assieme ad altri cristiani in fuga e finendo sulla croce in quello che nella prima epoca romana fu un luogo paludoso umido e insalubre al di fuori del nucleo urbano metropolitano: il Colle Vaticano. Nome che alcuni fanno derivare da Vagitano, una divinità pagana che proteggeva i neonati che emettevano il loro primo vagito. Altri lo fanno derivare da vaticinor, che in latino significa “predire”, quindi collegandolo al fatto che in quella zona esercitavano il loro mestiere degli indovini già in antica epoca etrusca. Qualunque sia il vero significato della parola, resta certo che il Vaticano è un luogo dove per l’amore e il rispetto della fede si finisce messi in croce, nell’antichità come nella contemporaneità.
dall’Isola di Patmos, 4 febbraio 2023
.
Il tema trattato in questo articolo si trova approfondito nel mio libro Amoris Tristitia – Cliccare sull’immagine per aprire la pagina
.
______________________
Cari Lettori, questa rivista richiede costi di gestione che affrontiamo da sempre unicamente con le vostre libere offerte. Chi desidera sostenere la nostra opera apostolica può farci pervenire il proprio contributo mediante il comodo e sicuro Paypal cliccando sotto:
O se preferite potete usare il nostro Conto corrente bancario intestato a: Edizioni L’Isola di Patmos
Agenzia n. 59 di Roma
Codice IBAN: IT74R0503403259000000301118
Per i bonifici internazionali:
Codice SWIFT: BAPPIT21D21
Se fate un bonifico inviate una email di avviso alla redazione, la banca non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un messaggio di ringraziamento: isoladipatmos@gmail.com
Vi ringraziamo per il sostegno che vorrete offrire al nostro servizio apostolico.
I Padri dell’Isola di Patmos
.
.
.
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2019/01/padre-Aiel-piccola.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Padre Arielhttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngPadre Ariel2023-02-04 21:03:402023-05-11 20:07:51Nel corso dei secoli la confessione sacramentale ha subìto dei mutamenti radicali che i grandi “dottori teologi” di Facebook e Twitter ignorano
LA NECESSARIA CURA PASTORALE DELLE ESEQUIE CRISTIANE APRE ALLA SPERANZA DELLE RISURREZIONE NON ALL’ESTERMPORANEA BIZZARRIA DEL SACERDOTE CELEBRANTE ANCHE QUANDO A PRESIEDERE È UN VESCOVO
[…] nella stessa Roma fummo costretti ad assistere nel 2012 al funerale del più celebre regista di film porno, durante il quale celebri porno-attori e porno-attrici tutt’altro che pentiti, dopo avere ricevuto in modo sacrilego la Santissima Eucaristia, non contenti salirono all’ambone durante l’azione liturgica per fare un vero e proprio elogio orgoglioso alla pornografia prima del termine della Santa Messa.
Chi come me è parroco ― ancor prima sono stato cappellano di un grande polo ospedaliero cittadino ― saprà comprendermi quando dico che una delle difficoltà maggiori per un sacerdote è quella di far comprendere ai fedeli ― ma anche a quelli che lo sono un po’ meno ― che con i Sacramenti non è proprio il caso di scherzare. I Sacramenti non sono assimilabili a una duttile pasta da modellismo, utile da plasmare a seconda dei tempi e delle circostanze, favolosa quando si tratta di sopperire alle esigenze artistiche, tanto da esprimere l’estro del creatore, ma senza pretendere di più di quanto realmente questo umile materiale possa dare al di fuori di quello per cui è stato creato dalla mente dell’uomo.
Con i Sacramenti alcuni pensano invece di poter fare di tutto, ma proprio tutto. E se qualcosa non si può fare la si inventa di sana pianta: trovare l’anima gemella, risollevare l’economia, rinsaldare legami spezzati o stringerne di nuovi, accorpare ritardi cronici e rimettere il termometro della fede in pari. Oppure utilizzare il Sacramento come podio politico o musicale dove veicolare determinati messaggi o amarcord, organizzare kermessedi potentati vari in cui immancabilmente ci scappa la profanazione, fino alla richiesta tardiva di perdono con tanto di lacrima finta davanti al feretro di quello che fino a poco tempo fa non si degnava minimamente di uno sguardo. Per questo ripeto: con i Sacramenti non si può e non si deve scherzare perché attraverso la giusta comprensione e celebrazione di questi segni sacri noi riveliamo pubblicamente la nostra fede e così facendo esprimiamo il nostro credo e la grandezza della nostra dignità di cristiani all’interno della Chiesa Cattolica che ne è la custode fedele per conto del Cristo Signore.
Sia la teologia liturgica che quella sacramentale partono da un assioma fondamentale che dice che la Lex orandiè Lex credendi (la legge della preghiera è la legge del credere). Ciò significa che il mio modo di pregare o di celebrare rende manifesta la mia fede. Ovviamente questo assioma è vero anche se formulato al contrario, la Lex credendiè Lex orandie la mia fede mi rende possibile il pregare e il celebrare bene. Lascio però questo tipo di approfondimento al nostro confratello liturgista Simone Pifizzi che meglio di me sarà in grado di spiegare la questione. A me interessa chiarire anzitutto l’aspetto dogmatico e successivamente pastorale. Perché è da quello in cui crediamo e che difendiamo all’interno della Tradizione della Chiesa che nasce una buona pastorale che i più perfettini chiamerebbero Teologia Pratica.
L’aspetto pratico della nostra pastoraleriflette l’aspetto più intimo della relazione con Dio, quello che il Catechismo della Chiesa Cattolica [cfr. nn. 2095-ss] chiama virtù di religione e che ci dispone al riconoscimento adorante del Signore, prima realtà e comandamento sancito dal Decalogo e verità messianica che Gesù rigetta fortemente davanti al demonio nel deserto quando dice: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”» [Mt 4,10]. Perciò, se nella mia fede pratica non è presente il riconoscimento di dover rendere culto e adorare il Signore vivente, in Spirito e Verità [cfr. Gv 4,24], farò anche delle cose bellissime ma resteranno sempre limitate alla glorificazione dell’uomo e delle realtà transeunte che non salvano e non giovano per la vita eterna.
È con il Signore dentro la sua Chiesa che noi intendiamo compromettere la nostra vita, fino alla morte, evento in cui la maggior parte dei paraventi dei mortali si sfaldano per lasciare scoperto il vero nervo dolente della nostra creaturalità malata dal peccato: abbiamo paura di morire perché non crediamo in un Dio vivo e risorto!
Nell’ipotetica graduatoria dei Sacramenti più strapazzati, non c’è neanche da chiederselo, al primo posto spicca quello dell’Eucaristia, intendendo sia il sacrificio della Santa Messa, la Comunione Eucaristica, il Santo Viatico e l’Adorazione Eucaristica. Complice il fatto che se la maggior parte dei fedeli e dei sacerdoti non crede più nella presenza viva e reale del Signore presente nel suo vero corpo, sangue, anima e divinità di quel pane azzimo consacrato, tutto il resto viene poi di conseguenza. E dico questo non perché voglio lanciare delle accuse infamanti sul Popolo di Dio o su qualche confratello ― cosa che mi farebbe attirare subito le ire di quelle belle anime devote e dai verginali cuori scandalizzati il cui solo peccato dei preti consiste nella parolaccia o in quella zona geografica al di sotto della cintura dei pantaloni ― ma dico questo perché oggi con gli smartphonee i social networktutto viene ripreso, tutto registrato e documentato e riproposto in tempo reale così come è accaduto per la Messa ciclisticaCoppa Kobram, la Messa sul materassino in mare e altre ancora di cui si può facilmente ritrovare traccia nello sconfinato archivio del web.
A questo punto si tratta solo di vedere i documenti video e di fare le debite conclusioni … a questo proposito qualcuno avrebbe a dire «contra factum non valet argumentum». Ma noi, qui da L’Isola di Patmos, vogliamo aggiungere ai fatti anche gli argomenti, non tanto per difendere tali desolate macellerie messicanedi indecorosità liturgica e sacramentale ma quei Christi fideles che hanno il diritto di avere dei buoni anticorpi per resistere nella fede a queste stranezze che sembrano ormai costituire la normalità oggettiva in tante comunità.
Prima di passare a esporre i fatti vorrei ricordare che nella stessa Roma fummo costretti ad assistere nel 2012 al funerale del più celebre regista di film porno, durante il quale celebri porno-attori e porno-attrici tutt’altro che pentiti, dopo avere ricevuto in modo sacrilego la Santissima Eucaristia, non contenti salirono all’ambone durante l’azione liturgica per fare un vero e proprio elogio orgoglioso alla pornografia prima del termine della Santa Messa. Episodio riportato in modo dettagliato dal nostro Padre Ariel in un articolo del 2017 al quale vi rimando [vedere articolo QUI].
La Santa Messa è il cuore della Chiesa e spesso capita che alcune celebrazioni eucaristiche divengano la cornice per esprimere altro o tutto il contrario di quello che dovrebbe essere una Santa Messa cattolica. Spesso questo capita in circostanze delicate, come ad esempio alle esequie religiose in cui la norma oramai in voga sembra essere solo quella della ricerca del rispetto umano che si pensa superiore e più urgente di quell’atteggiamento di latria che è dovuto e spetta solo al Signore realmente presente nelle Sacre Specie. E per inciso è bene ricordare che nella fede cattolica siamo soliti indicare con latriail culto riservato a Dio e alle Persone della Santissima Trinità, che è un culto di adorazione; con iperduliaquello dedicato alla Beata Vergina Maria che non è culto di adorazione ma di venerazione, altrettanto quello degli Angeli e dei Santi indicato con il termine di dulia.
Il fatto che si utilizzi la celebrazione eucaristica per “dire o fare altro” è sbagliato già in sé, proprio perché si utilizza la celebrazione della Santa Messa. È evidente il vizio di inappropriatezza di una fede deformata, perché già la Santa Messa con il suo mistero redentivo dice qualcosa di infinitamente più potente e definitivo: «annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua resurrezione nell’attesa della tua venuta!» (acclamazione dell’assemblea dopo la Preghiera Eucaristica). Cosa che possiamo esprimere anche così: «Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello: il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa!» [dall’inno di lode Victimae Paschalis].
Cosa potremmo mai aggiungere di più e di migliore davanti a questo annuncio che caratterizza la beata speranza a cui tutti gli uomini sono chiamati da Cristo risorto? Eppure, il caso delle messe esequiali rivisitate è molto comune e i confratelli parroci mi capiranno molto bene, alcuni dei quali si saranno ormai già rassegnati a far passare il tempo del funerale vivendolo come un momento penitenziale per evitare di trovarsi i parenti del caro estinto che elencano tutte le litanie più offensive e velenose sui preti e sulla “Chiesa rigida”.
Altri ancora resistono stoicamente e cercano di far comprendere che una celebrazione eucaristica esequiale, come quella celebrata recentemente nella chiesa di Santa Maria Ausiliatrice alla presenza del presule venezuelano S.E. Monsignor Riccardo Lamba vescovo ausiliario di Roma [vedi QUI], può essere tutt’altra cosa, annuncio profetico di speranza e di consolazione davanti alla nullificazione della morte.
Dobbiamo affermare decisamente che il concetto di morte cristiana è diverso da quello di morte pagana. Qui non desideriamo prendere in esame la tragedia gravissima del caso di cronaca di Martina Scialdone uccisa a Roma dall’ex compagno. A noi interessa maggiormente portare dentro questo evento di morte assurda una risposta cristiana di fede che esula dal sentimento messo in risalto da tutta la stampa nazionale e a cui il Vescovo celebrante sembra aver implicitamente acconsentito permettendo che si eseguisse un brano del cantante Irama: «Ovunque sarai: l’addio a Martina Scialdone e quelle parole che spezzano il silenzio della chiesa al funerale» [cfr. QUI].
Siamo o no consapevoli di che cosa significa proporre una canzone del genere in memoria di un defunto che facendo palese richiamo alla reincarnazione dice testualmente: «Ovunque sarai / se tornerai qui / se mai / lo sai che io ti aspetterò»? [cfr. QUI]. Un cristiano non dovrebbe già sapere a quale destino escatologico sono destinati i fratelli defunti? Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1013:
«La morte è la fine del pellegrinaggio terreno dell’uomo, è la fine del tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino ultimo. Quando è “finito l’unico corso della nostra vita terrena”, noi non ritorneremo più a vivere altre vite terrene. “È stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta” [Eb 9,27]. Non c’è “reincarnazione” dopo la morte».
Capendo anzitutto questo siamo accompagnati anche a vedere la condizione definitiva in cui i nostri morti sono destinati a stare, la visione cristiana della morte è espressa in modo impareggiabile nella liturgia della Chiesa che dice:
«Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo» [Cfr. Prefazio dei defunti I: Messale Romano].
Questa nuova abitazionein cui la vita viene trasformata dopo la morte immette direttamente nella gloria del Paradiso con Dio, in quel mistero chiamato Comunione dei Santi che ci costituisce come Chiesa trionfante, purgante e militante. Non è perciò sensato e utile chiederci, nell’ottica di una fede matura, il «luogo fisico abitato» dai defunti: piuttosto i defunti vanno ritrovati viventi in Dio nell’attesa della resurrezione finale e in quella comunione di amore che noi mortali dobbiamo ricercare con Dio e che ci permette di essere a loro vicini ogni qual volta che preghiamo, partecipiamo alla Santa Messa, compiamo opere di misericordia in loro memoria, ci sforziamo di vivere una vita di conversione e di unione con il Signore in attesa di essere anche noi uniti al loro in Paradiso.
In conclusione, mi soffermo a commentare brevemente le indicazioni liturgiche del rituale delle esequie in uso presso la Chiesa Cattolica che un sacerdote in cura d’anime, e molto di più un vescovo, dovrebbe conoscere e applicare non per senso di freddo formalismo ma per custodire la forza della fede nella Chiesa e alimentare la speranza che non delude nel popolo di Dio.
Dalle precisazioni alle Premesse Generalidel Rituale delle Esequie [cfr. pp. 29-30] leggiamo al paragrafo 6:
«dopo la monizione introduttiva all’ultima raccomandazione e commiato, secondo le consuetudini locali approvate dal vescovo diocesano, possono essere aggiunte brevi parole di cristiano ricordo nei riguardi del defunto. Il testo sia precedentemente concordato e non sia pronunciato dall’ambone. Si eviti il ricorso a testi o immagini registrati, come pure l’esecuzione di canti o musiche estranei alla liturgia».
Anzitutto al termine della Santa Messa esequiale,dopo aver celebrato il sacrificio della passione, morte e risurrezione di Cristo che si innalza vittorioso davanti alla morte e al feretro in chiesa, poco ci sarebbe da aggiungere, se non un solenne: io credo. Ma la Chiesa, nella sua sollecitudine materna, desidera ancora essere balsamo di tenerezza e raccomandare a Dio il defunto e accomiatarsi da lui nella speranza di un nuovo incontro nel Paradiso. Per questo permette che ci sia un congedo affettuoso e familiare purché in spirito cristiano riverberando quel mistero appena concluso nell’eucaristia celebrata.
Questo saluto sia concordato con il sacerdote che ne verifica l’idoneità e l’opportunità di una indebita spettacolarizzazione, affinché non si esprimano valori che stridono con la fede cristiana, così come va abbondantemente di moda oggi l’espressione pagana: «che la terra ti sia lieve». Tutto questo sia fatto non dall’ambone, che è il luogo dove deve risuonare la sola Parola di Dio, ma da un luogo consono.
Esplicita quanto necessaria è la puntualizzazione di evitare canti, musiche o altro che sia estraneo alla liturgia e che possa creare confusione anche se in qualche modo si possa trovare un nesso con la storia del defunto o della sua famiglia. Ripetiamo che i sacramenti non sono pasta da modellismo che posso adattarsi o modificarsi a seconda delle voglie.
Se proprio dobbiamo ricercare parole o canti adattiche possono avere la forza di spezzare il silenzio di un funerale in chiesa, serviamoci di quanto il tesoro della Chiesa già mette nelle nostre mani, in quell’inno pasquale dell’Exultet
«Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro. Nessun vantaggio per noi essere nati, se lui non ci avesse redenti».
Dimentichiamo troppo spesso che siamo stati chiamati all’esistenza per essere redenti e riscattati da Cristo ed è questo che ci permette di vedere la morte come passaggio e non una fine. In ogni funerale Cristo è lì a ricordarci di avere spezzato la morte e con essa l’assurdo dolore di una vita che può essere violata o insulsa agli occhi dei più, basta solo crederci. E i primi a crederci dovrebbero essere i sacri pastori come celebratori e zelanti custodi dei sacri misteri.
Laconi, 27 gennaio 2023
.
.
______________________
Cari Lettori, questa rivista richiede costi di gestione che affrontiamo da sempre unicamente con le vostre libere offerte. Chi desidera sostenere la nostra opera apostolica può farci pervenire il proprio contributo mediante il comodo e sicuro Paypal cliccando sotto:
O se preferite potete usare il nostro Conto corrente bancario intestato a: Edizioni L’Isola di Patmos
Agenzia n. 59 di Roma
Codice IBAN: IT74R0503403259000000301118
Per i bonifici internazionali:
Codice SWIFT: BAPPIT21D21
Se fate un bonifico inviate una email di avviso alla redazione, la banca non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un messaggio di ringraziamento: isoladipatmos@gmail.com
Vi ringraziamo per il sostegno che vorrete offrire al nostro servizio apostolico.
I Padri dell’Isola di Patmos
.
.
.
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2019/01/Padre-Ivano-piccola.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Padre Ivanohttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngPadre Ivano2023-01-27 19:50:102023-01-28 17:10:12La necessaria cura pastorale delle esequie cristiane apre alla speranza della risurrezione non all’estemporanea bizzarria del sacerdote celebrante anche quando a presiedere è un vescovo
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2023/01/ipazia-tondo-piccolo.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Ipaziahttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngIpazia2023-01-15 15:19:232023-02-28 11:10:12Esistenze parallele: Lady Diana e Georg Gänswein, come avere tutto dalla vita e passare poi il tempo a lamentarsene?
«ECCE AGNUS DEI». RICONOSCENDO GESÙ IL BATTISTA APRE LE PORTE SUL MISTERO DI DIO E IL MISTERO DI NOI STESSI
Riconoscendo Gesù con questa affermazione, Giovanni il Battista spalanca il mistero di Dio e il mistero di noi stessi e ci guida a scoprire Dio per scoprire gradualmente il mistero dell’uomo racchiuso in noi stessi.
— Le video-dirette de L’Isola di Patmos —
Autore: Jorge Facio Lince Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos
.
il teologo domenicano Gabriele Giordano M. Scardocci, padre redattore de L’Isola di Patmos
Un passo fondamentale del Vangelo del Beato Evangelista Giovanni narra:
«Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele”. Giovanni rese testimonianza dicendo: “Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio”» [Gv 1, 29-34].
Riconoscendo Gesùcon questa affermazione il Battista spalanca il mistero di Dio e il mistero di noi stessi, guidandoci a scoprire Dio per scoprire gradualmente il mistero dell’uomo racchiuso in noi stessi.
Padre Gabriele e Suor Angelikavi attendono per una catechesi interamente dedicata all’Agnello di Dio in onda nella prima livedel 2023 il 12 gennaio 2023 alle ore ore 21.00.
Cari Lettori, questa rivista richiede costi di gestione che affrontiamo da sempre unicamente con le vostre libere offerte. Chi desidera sostenere la nostra opera apostolica può farci pervenire il proprio contributo mediante il comodo e sicuro Paypal cliccando sotto:
O se preferite potete usare il nostro Conto corrente bancario intestato a: Edizioni L’Isola di Patmos
Agenzia n. 59 di Roma
Codice IBAN: IT74R0503403259000000301118
Per i bonifici internazionali:
Codice SWIFT: BAPPIT21D21
Se fate un bonifico inviate una email di avviso alla redazione, la banca non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un messaggio di ringraziamento: isoladipatmos@gmail.com
Vi ringraziamo per il sostegno che vorrete offrire al nostro servizio apostolico.
I Padri dell’Isola di Patmos
.
.
.
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/12/Jorge-Isola-piccola2.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Jorge Facio Lincehttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngJorge Facio Lince2023-01-11 20:47:222023-01-11 20:47:22«Ecce Agnus Dei». Riconoscendo Gesù il Battista apre le porte sul mistero di Dio e il mistero di noi stessi
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2023/01/ipazia-tondo-piccolo.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Ipaziahttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngIpazia2023-01-11 15:59:082023-01-15 14:43:39Dal volo del calabrone al volo dello sciacallo: Gianluigi Nuzzi, che con il suo”Quarto Grado svolge funzione di becchino di Rete4, a Papa morto si è già lanciato su Emanuela Orlandi
QUANDO DURANTE LA SANTA MESSA PADRE ARIEL FRACASSÒ UNA CHITARRA SULLA COLONNA DELLA NAVATA DI UNA CHIESA PARROCCHIALE
Quando si reca in posti che non conosce, preferisce avere vicino un poliziotto che possa eventualmente bloccarlo, “privilegio” questo concesso di motu proprio a me, povero disgraziato che non sono altro! Semplice il motivo: reggere una tigre del Bengala è più facile e meno pericoloso che reggere lui.
— Storie mai scritte —
Autore: Jorge Facio Lince Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos
.
.
.
Sono 12 anniche vivo e lavoro a stretto contatto con lui, sono quindi un archivio vivente delle gesta di Padre Ariel S. Levi di Gualdo. Naturalmente, quando si è mansueti, non si narrano le proprie gesta più belle, per questioni di mansuetudine. Temo che un giorno dovrò rendere conto a Dio per avere evitato la realizzazione di varie prodezze non belle, ma bellissime. E chissà che castigo dovrò subire per questo, quando mi troverò dinanzi al giudizio di Dio, avendo impedito la realizzazione di certi colpi di genio.
Caratteristica di Padre Arielè di spiazzarti con cose che non ti aspetteresti mai. Per questo, quando esordisce con certe perfomance, sempre e di rigore improvvise e inaspettate, le persone non riescono neppure a reagire sul momento, perché hanno bisogno di entrare nell’ordine di idee che quanto accaduto è vero, che è proprio accaduto realmente.
Mese di maggio 2010,un confratello di Padre Ariel, colombiano, mentre stava facendo il dottorato in sacra liturgia in una pontificia università romana svolgeva il ministero di secondo vice-parroco in una parrocchia che non nomino, presso una diocesi suburbicaria di Roma che non nomino. Avendo deciso di recarsi in pellegrinaggio a Fatima e soggiornare in Portogallo alcuni giorni, chiama Padre Ariel e gli chiede se può sostituirlo per la Santa Messa vespertina del sabato e per quella della domenica mattina. Lui accetta subito, anche per il profondo legame fraterno e affettivo che nutre verso quel sacerdote, che fu cerimoniere alla sua ordinazione sacerdotale.
Come solitamente fa,mi chiede se posso accompagnarlo e svolgere il servizio di accolito, non potendo ammettere che quando si reca in posti che non conosce, preferisce avere vicino un poliziotto che possa eventualmente bloccarlo, “privilegio” questo concesso di motu proprio a me, povero disgraziato che non sono altro! Semplice il motivo: reggere una tigre del Bengala è più facile e meno pericoloso che reggere lui.
Contro le chitarrePadre Ariel non ha niente, perché la chitarra, se suonata bene, da professionisti e musicisti, può essere uno splendido strumento liturgico. Più volte abbiamo udito chitarristi eseguire con la chitarra arie di J.S. Bach, in altre occasioni accompagnare in sottofondo persino i canti gregoriani. Una autentica meraviglia.
Quando però sente dei sessantenni post-sessantottini suonare le chitarre che non sanno suonare, semmai sulla melodia di When the Saints Go Marching In, Padre Ariel potrebbe persino farti pentire di non avere incontrato al posto suo Jack lo Squartatore, con il quale tutto sommato potrebbe andare meglio.
Lo ammetto: la domenica mattina quel coretto toccò il fondo.Durante la Comunione si misero a eseguire una canzone tratta dalla celebre opera Jesus Christ Superstar. E qui va premesso: Padre Ariel apprezza molto sia quell’opera che il balletto del Martha Graham Dance Company, che considera una tra le più grandi opere rocknel Novecento. Però, al tempo stesso, è un presbitero e un teologo di solida dottrina e sa che quell’opera e i testi delle sue canzoni negano in modo deciso la divinità di Cristo. Ecco allora che sulle parole tradotte in italiano della Maddalena innamorata del Cristo il coretto si mette a cantare: «… è un uomo, è solo un uomo». Padre Ariel cessa di distribuire la Comunione, sale all’altare, vi depone la pisside sopra, si genuflette reverente, ridiscende sotto il presbiterio, toglie la chitarra di mano al chitarrista e la fracassa sulla colonna di una navata. Lascia la chitarra in pezzi a terra e dice: «Alla fine dei veri concerti rocksi fa così».
Nella chiesa calò un silenzio tombale.E come nulla fosse, composto e gelido come un pezzo di ghiaccio, proseguì e terminò la celebrazione eucaristica.
Il parroco non osò dire niente, presumo temendo di ritrovarsi con un candeliere di bronzo stampato sulla schiena. Ma il giorno dopo sostenne lui per primo la protesta di quei coristi presso il Vescovo, dicendo che non conosceva quel prete e incolpando il secondo vice-parroco che lo aveva chiamato in sua sostituzione. Ovviamente Padre Ariel si era già premurato di chiamare il suo Vescovo, che all’epoca era Mons. Luigi Negri, e di narrargli il fatto.
Non più tardi del lunedì pomeriggio il Vescovo di quella Diocesi chiama Mons. Luigi Negri, che di fondo era forse persino più indisposto del Padre Ariel stesso dinanzi a certe stramberie liturgiche, e che lo tranquillizza così: «Ti rassicuro e ti prego di rassicurare anche il chitarrista che tutto sommato gli è andata veramente bene, anzi ringrazi Dio, perché per il tipo che è, mi stupisco che la chitarra l’abbia spaccata sulla colonna e non sulla sua testa».
Trascorso un anno,mentre il sacerdote colombiano stava per lasciare Roma al termine degli studi e rientrare nella sua diocesi, pochi giorni prima di prendere l’aereo confidò a Padre Ariel di averlo invitato apposta per sostituirlo, immaginando che dinanzi a cose simili avrebbe reagito, dopo che lui aveva dovuto sopportare per due anni quel coretto e quel parroco ignorante in materia di dottrina e di fede, che nemmeno si rendeva conto delle eresie che quelle persone cantavano durante la Messa.
Però ripeto: essendo Padre Ariel mansueto, profondamente mansueto, evita di narrare alcune delle sue gesta più belle, sicuramente per un discorso di profonda umiltà.
dall’Isola di Patmos, 9 gennaio 2023
.
.
.
______________________
Cari Lettori, questa rivista richiede costi di gestione che affrontiamo da sempre unicamente con le vostre libere offerte. Chi desidera sostenere la nostra opera apostolica può farci pervenire il proprio contributo mediante il comodo e sicuro Paypal cliccando sotto:
O se preferite potete usare il nostro Conto corrente bancario intestato a: Edizioni L’Isola di Patmos
Agenzia n. 59 di Roma
Codice IBAN: IT74R0503403259000000301118
Per i bonifici internazionali:
Codice SWIFT: BAPPIT21D21
Se fate un bonifico inviate una email di avviso alla redazione, la banca non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un messaggio di ringraziamento: isoladipatmos@gmail.com
Vi ringraziamo per il sostegno che vorrete offrire al nostro servizio apostolico.
I Padri dell’Isola di Patmos
.
.
.
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/12/Jorge-Isola-piccola2.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Jorge Facio Lincehttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngJorge Facio Lince2023-01-09 14:53:242023-01-09 14:53:24Quando durante la Santa Messa Padre Ariel fracassò una chitarra sulla colonna della navata di una chiesa parrocchiale
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2019/01/padre-Aiel-piccola.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Padre Arielhttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngPadre Ariel2023-01-08 19:03:152023-06-23 14:05:55Gli aspetti giuridici civili della Comunione sulle mani dinanzi alle assurde azioni legali intraprese da preti e vescovi che meriterebbero di essere fustigati a sangue
LA COMUNIONE DI GIORGIA MELONI E QUELL’IDEOLOGISMO CLERICALE SULLA COMUNIONE IN MANO ANCHE NELLE SITUAZIONE AD ALTO RISCHIO CHE SUPERA IL VALORE STESSO DELLA TUTELA DEL CORPO DI CRISTO
È necessario che in certe grandi celebrazioni pontificie e non solo, sia amministrata la Santa Comunione a migliaia di persone, per di più sulle mani, là dove esercitare il controllo è impossibile e dove possono verificarsi veri e propri sacrilegi, che puntualmente si sono verificati e seguitano a verificarsi?
Tra le tante, durante la celebrazione esequiale di Benedetto XVI, non è passata inosservata la foto del nostro Primo ministro Giorgia Meloni che riceve la Santa Comunione dalle mani di un sacerdote. Qualcuno ha maliziosamente fatto notale che le simpatie politiche rischiano di mettere in secondo piano il Catechismo della Chiesa Cattolica, ma noi, qui su L’Isola di Patmosnon abbiamo simpatie politiche perché teniamo alle persone e alla loro anima e sappiamo che per Dio non esistono anime di serie “a” o di serie “b”, tanto meno anime di destra o di sinistra ma tutte sono chiamate alla salvezza in Gesù Cristo, perché è per questo che Dio ha chiamato la Chiesa e un sacerdote dovrebbe preoccuparsi quotidianamente e primariamente di salvezza e di salute delle anime che gli sono state affidate, non di “altro”, ed è meglio stendere un velo pietoso e non aggiungere altro sulla natura e la modalità di questo “altro”.
.
i sacrileghi risultati visibili della Comunione data in mano senza controllo per compiacere la clericale ideologia
.
Visto il caso pubblico della Comunione alla Meloni, ci sarebbe tanto da dire e da obiettare da un punto di vista della dottrina e dell’insegnamento della Chiesa Cattolica ma credo che il punto ora non sia questo, se non per accendere sterili polemiche del tutto inutili e da evitare. A mio personale parere sarebbe certo opportuno dare una bella tirata d’orecchie alla Giorgia nazionale ― cosa pastoralmente doverosa per il bene della sua anima e per la tutela di molti cristiani che alle ultime elezioni hanno votato per lei ― che non ha avuto il minimo tentennamento a ricevere l’Eucaristia pur non potendola fare perché a tutt’oggi legata attraverso una convivenza a Andrea Giambruno. Ricordiamo che la convivenza è un legame affettivo non riconosciuto dalla Chiesa per due battezzati, il cui solo vincolo valido di unione è quello sacramentale del matrimonio, in cui Cristo stesso unisce i coniugi in uno. Al caso specifico del nostro Primo ministro si aggiunge purtroppo un’aggravante di non poco conto: entrambi, lei e il suo compagno, sono totalmente liberi da pregressi vincoli. Nessuno di loro ha contratto in precedenza un matrimonio che costituirebbe impedimento alla loro unione. Pertanto c’è proprio la manifesta volontà a non sposarsi e a vivere in uno stato di convivenza. Una situazione che merita tutto il dovuto rispetto per le libere e insindacabili scelte altrui, ma che niente ha però da spartire con quelle delle tante persone animate da profondi sentimenti cristiani, divorziati e in seguito sposati civilmente, che pur volendo vivere una situazione regolare non sono in grado di farlo, a meno che non vi siamo elementi tali da consentire al tribunale ecclesiastico di dichiarare invalido, quindi nullo, il loro precedente matrimonio.
.
Mi auguro che qualche confratello sacerdote, magari amico della Meloni, le abbia fatto capire la responsabilità del proprio gesto pubblico, non tanto come rappresentante civile e laico dello Stato Italiano lì presente a rendere omaggio a un Pontefice defunto, ma soprattutto come persona che si definisce cristiana cattolica e che in più di una occasione ha voluto proporsi come custode dei valori tradizionali della fede. Salvo dare ripetute garanzie in campagna elettorale che nessuno avrebbe toccato in alcun modo la Legge sull’aborto, cosa ulteriormente garantita dalla cattolica Elisabetta Gardini a vari programmi televisivi nel periodo pre-elettorale [cfr. Vedere QUI, QUI]
.
Nel passato recente,abbiamo avuto altri politici che hanno brandito rosari e immagini sacre a fini propagandistici e siamo sempre giunti alla farsa, con gran detrimento per la fede dei semplici e degli sprovveduti. Questo non perché a un politico sia vietato di testimoniare la propria fede e appartenenza religiosa in pubblico, ma perché quando lo si fa si deve tenere ben distinto il proprio ruolo di funzionario di uno Stato laico che ha determinati obblighi così come quello di persona di fede che ne ha altri e forse più gravosi e vincolanti perché rivolti a Dio e alla Chiesa che non sono certamente elettori.
.
Ecco dunque il punto focale della questione:ma è mai possibile che nell’organizzazione delle celebrazioni della Santa Sede non sia previsto di limitare questi abusi e questi slanci di sentimentale trasporto, soprattutto nella sezione riservata ai politici e alle pubbliche autorità di cui è facile risalire alla condizione di vita e conoscerne il pensiero pubblico così da valutare l’opportunità o meno di far accedere queste persone ai Sacramenti? Se questo è possibile farlo in contesti più piccoli e meno organizzati, dobbiamo forse pensare che il braccio organizzativo e diplomatico della Santa Sede si sia così accorciato da essere a tal punto miope e non vedere certe situazioni? Non vogliamo e non possiamo crederlo.
.
La realtà che più colpisce è quella di una organizzazione del cerimoniale fallace e dissipata. Se una reprimenda è necessaria, bisogna farla al cerimoniere di Sua Santità e agli altri cerimonieri preposti all’ordine e al decoro della celebrazione, che non si sono organizzati per prevenire certi illeciti che, sebbene non devono essere usati per formulare un giudizio sprezzante e offensivo sulla persona, devono essere assolutamente e con tutti i mezzi evitati in virtù della loro sacralità che può portare facilmente allo scandalo — nel senso di inciampo per la fede — e alla mortificazione dei misteri celebrati.
.
Ricordo molto beneche ai funerali di Giovanni Paolo II, al momento della Comunione, venne dato chiaro l’avviso ― doveroso visto l’affluire di persone di diverse derivazioni da tutte le parti del mondo ― che all’Eucaristia si accostava solo chi era nelle condizioni richieste dalla Chiesa per poterla ricevere, così da evitare l’equivalenza che il Corpo del Signore ha lo stesso valore e importanza di un abbraccio consolatorio, di un gesto di solidarietà nel momento del bisogno o peggio di un trasporto sentimental-passionale in cui io “mi sento di fare la Comunione” per un non meglio precisato motivo.
.
Il problema da sempre discussoè anche un altro: è necessario che in certe grandi celebrazioni pontificie e non solo, sia amministrata la Santa Comunione a migliaia di persone, per di più sulle mani, là dove esercitare il controllo è impossibile e dove possono verificarsi veri e propri sacrilegi, che puntualmente si sono verificati e seguitano a verificarsi? A certe grandi e affollate celebrazioni, non sarebbe meglio selezionare un gruppetto di fedeli che ricevono la Santa Comunione, per esempio dal Sommo Pontefice o dal Vescovo, mentre altre migliaia di fedeli si uniscono a loro in comunione spirituale? O vogliamo dimenticare quando nel 2005, poco dopo la morte di Giovanni Paolo II, fu messa all’asta su EBayun’Ostia ricevuta da un partecipante non cattolico a una Santa Messa da lui celebrata nel 1988? Il problema fu risolto dalla Diocesi Statunitense di Sioux City che riuscì a ritirarla. Ma c’è di molto peggio: il cosiddetto “artista” spagnolo Abel Azcona sottrasse 242 Ostie presentandosi a ricevere la Santa Comunione, ovviamente data sulle mani, usandole poi per comporre a terra la parola «pederastia» che in lingua spagnola significa pedofilia. Eppure nemmeno casi di questo genere hanno mai dissuaso gli ideologi clericali della Comunione in mano a tutti i costi, in qualsiasi situazione anche ad alto rischio. Per intima conoscenza del soggetto in questione aggiungo: è ragionevole dare torto al nostro confratello Ariel S. Levi di Gualdo che da sempre si rifiuta di dare la comunione sulle mani a chicchessia, dopo essere incorso in un tentativo di sottrazione proprio durante la celebrazione della sua prima Santa Messa? C’è un filmato che lo documenta nel quale si vede Padre Ariel che con la pisside in mano rincorre una donna e le toglie l’Ostia dalla borsa nella quale l’aveva riposta. Qualcuno ha idea del trauma incancellabile che comporta per un sacerdote avere dato l’Eucaristia a una persona che ha tentato di sottrarla, per di più durante la celebrazione della sua prima Santa Messa? Vogliamo dare la Comunione sulle mani? Bene, ma che almeno si imponga di controllare con estrema attenzione. Non è possibile che molti sacerdoti mettano la Santissima Eucaristia sulle mani di persone sconosciute senza esercitare alcun controllo. Quante persone, anziché consumarla dinanzi al sacerdote come si dovrebbe, voltano le spalle o se ne vanno nella totale incuria del celebrante, o la consumano passeggiando per chiesa senza che alcuno le richiami? Sono scene all’ordine del giorno. Però è risaputo quanto l’ideologia clericale superi di gran lunga il valore stesso del Corpo di Cristo e la massima tutela che esso dovrebbe richiedere.
.
Se queste cose non si bonificano alla fonte,difficilmente a valle ci sarà qualcuno che ne custodirà e apprezzerà il valore così da farle rispettare. E tra le febbri politiche che attendono di cogliere in fallo il piede dell’avversario che sbaglia e i tradizionalisti puritani d’assalto che gridano al peccato e minacciano l’inferno, in mezzo ci sarà sempre lo scappato di casache seraficamente ci ricorderà: «chi sono io per giudicare?». Forse noi non siamo nessuno, ma da sacerdoti e custodi dei misteri di Dio che ci sono stati affidati con l’imposizione delle mani, vogliamo con tutto noi stessi evitare che le cose sante vengano date ai cani, così come le perle ai porci [Cfr. Mt 7,6]. Non si tratta di razzismo spirituale ma di carità pastorale che desidera tutelare primariamente coloro che ancora devono crescere nella conoscenza di Dio e nell’annuncio di salvezza dentro un cammino di fede ecclesiale graduale e maturo. Non possiamo permetterci di sprecare le grazie di Dio, e questo vale anche per coloro che ancora non sono in grado di apprezzarle per crescere nella giusta conoscenza di Lui e non già per aumentare il proprio narcisistico e patologico senso religioso. Forse sprechiamo tempo ma è utile richiamare la prima lettera ai Corinzi del Beato Apostolo Paolo [Cfr. 1Cor 11,17-34] in cui si sottolinea la modalità corretta con cui il fedele è chiamato ad accostarsi al Corpo del Signore, non solo inteso nella sua componente sacramentale ma ecclesiale, perché è l’Eucaristia che fa la Chiesa, Corpo del Signore. In poche righe «Paolo ci educa ad avere questo sguardo di responsabilità su ambedue questi “Corpi” comunicando al rito instaurato da Cristo, si dà forma e coesione anche alla comunione ecclesiale» [Cfr. B. Standaert, Lettere di San Paolo, introduzione, traduzione e commento, San Paolo, 2021].
.
Non pretendiamo che in Vaticanocapiscano questo concetto teologico paolino ma almeno non sarebbe male avere un po’ di rispettosa decenza verso tutti quei fratelli che per la loro condizione irregolare non possono ancora accedere pienamente alla Santa Comunione e che osservano rispettosi il digiuno verso le sacre specie del Signore manifestando così una testimonianza eroica di amore alla Chiesa Corpo di Cristo.
.
Queste Comunioni non fatte, più di tutte quelle fatte con l’inganno o con il sentimentale trasporto occasionale, oggi più che mai sono come un dito puntato verso noi sacerdoti che da tempo abbiamo abdicato al ruolo di padri nella fede per diventare amici che tutto permettono, scusano e concedono. Anche a noi sacerdoti, che ci comunichiamo a ogni Santa Messa, qualcuno dovrebbe farci riflettere, sapere se siamo veramente in grazia per poter ricevere quel Corpo sacramentale che consacriamo quotidianamente quando forse siamo ancora totalmente incapaci di custodire, far crescere e difendere quel Corpo ecclesiale che è ugualmente segno di Cristo nel mondo e comunione con Lui.
Laconi, 8 gennaio 2023
.
.
______________________
Cari Lettori, questa rivista richiede costi di gestione che affrontiamo da sempre unicamente con le vostre libere offerte. Chi desidera sostenere la nostra opera apostolica può farci pervenire il proprio contributo mediante il comodo e sicuro Paypal cliccando sotto:
O se preferite potete usare il nostro Conto corrente bancario intestato a: Edizioni L’Isola di Patmos
Agenzia n. 59 di Roma
Codice IBAN: IT74R0503403259000000301118
Per i bonifici internazionali:
Codice SWIFT: BAPPIT21D21
Se fate un bonifico inviate una email di avviso alla redazione, la banca non fornisce la vostra email e noi non potremmo inviarvi un messaggio di ringraziamento: isoladipatmos@gmail.com
Vi ringraziamo per il sostegno che vorrete offrire al nostro servizio apostolico.
I Padri dell’Isola di Patmos
.
.
.
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2019/01/Padre-Ivano-piccola.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Padre Ivanohttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngPadre Ivano2023-01-08 01:07:202023-01-08 01:17:17La Comunione di Giorgia Meloni e quell’ideologismo clericale sulla Comunione in mano anche nelle situazioni ad alto rischio che supera il valore stesso della tutela del Corpo di Cristo
Babamın ikinci evliliğini yapmasıyla birlikte üvey kız kardeşe sahip oldum porno indir Yeni kız kardeşim tembelin teki porno izle ne okula gidiyor ne ders çalışıyor seks hikaye Bulduğu her fırsatta okulu ekiyor bedava porno aile bireyleri bu yüzden ona çok kızıyor brazzers porno Bugün evde kimsecikler yokken bahçede biraz spor yapayım dedim sex hikayeleri Şans eseri kız kardeşimi gördüm okula gitmemiş odasında saklanıyor rokettube Ona bağırdım ve zorla okula gitmesini sağladım türk porno Evden çıktığı vakit bahçede sporuma başladım porno Kısa bir süre sonra telefonuma evdeki alarmın devre dışı kaldığına dair bildirim geldi ensest hikayeler Karşımda çıplak durması ve tahrik edici konuşmalarıyla beni sekse ikna etti.
Manage consent
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. These cookies ensure basic functionalities and security features of the website, anonymously.
Cookie
Durata
Descrizione
cookielawinfo-checkbox-analytics
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Analytics".
cookielawinfo-checkbox-functional
11 months
The cookie is set by GDPR cookie consent to record the user consent for the cookies in the category "Functional".
cookielawinfo-checkbox-necessary
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookies is used to store the user consent for the cookies in the category "Necessary".
cookielawinfo-checkbox-others
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Other.
cookielawinfo-checkbox-performance
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Performance".
viewed_cookie_policy
11 months
The cookie is set by the GDPR Cookie Consent plugin and is used to store whether or not user has consented to the use of cookies. It does not store any personal data.
Functional cookies help to perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collect feedbacks, and other third-party features.
Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.
Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.
Advertisement cookies are used to provide visitors with relevant ads and marketing campaigns. These cookies track visitors across websites and collect information to provide customized ads.