Delle due l’una: o il Sommo Pontefice ha confuso persona, oppure ha voluto prendere per il culo da morto il Principe Filippo di Edimburgo, uno tra i più grandi puttanieri e fedifraghi del Novecento

— il cogitatorio di Ipazia —

DELLE DUE L’UNA: O IL SOMMO PONTEFICE FRANCESCO HA CONFUSO PERSONA, OPPURE HA VOLUTO PRENDERE PER IL CULO DA MORTO FILIPPO DI EDIMBURGO, UNO TRA I PIÙ GRANDI PUTTANIERI E FEDIFRAGHI DEL NOVECENTO

[…] ridatece subbito er Cardinale Angelo Becciu, già Sostituto alla Segreteria di Stato. Sì, era teneruccio come Caligola e Nerone, ma perlomeno ‘ste colossali figure de m’merda nun ve le faceva fa.

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Autore
Ipazia gatta romana

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A lavare la testa all’asino si perde il tempo, l’acqua e il sapone. L’Azione Cattolica di Castel di Lucio e di Tusa grida allo scandalo come una vergine vilipesa non accorgendosi di essere caduta nel peccato contro lo Spirito Santo

— attualità ecclesiale —

A LAVARE LA TESTA ALL’ASINO SI PERDE IL TEMPO, L’ACQUA E IL SAPONE. L’AZIONE CATTOLICA DI CASTEL DI LUCIO E DI TUSA GRIDA ALLO SCANDALO COME UNA VERGINE VILIPESA NON ACCORGENDOSI DI ESSERE CADUTA NEL PECCATO CONTRO LO SPIRITO SANTO.

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Peccato che questi rampolli di Azione Cattolica abbiano scambiato la Chiesa per una Comune Hippy e Gesù Cristo per un antesignano di Guccini e Fedez. Infatti, la loro difesa alla gaia proposta di legge ha trovato subito un fronte di resistenza compatto, non solo da parte di quei cattolici ancora credenti e fedeli ma soprattutto da alcuni intellettuali lontani dalla Chiesa.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Oramai il polverone è andato ben oltre i confini della bella e soleggiata Sicilia. Nella terra dei gattopardi soffiano da alcuni giorni venti di contestazione che hanno sconquassato la Diocesi di Patti. La Chiesa e il suo Magistero vengono messi in perenne discussione, anzi considerati omofobi e discriminanti, da un gruppo di saltafossi di Azione Cattolica, tanto che S.E. Mons. Guglielmo Giombanco e il suo presbiterio sembrano condannati all’impossibilità di domare questi novelli Vespri Siciliani.

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Il nostro episcopato, che purtroppo appare sempre più indebolito, forse non si rende conto che ormai, delle forze terribilmente distruttive entrate da tempo dentro le mura come i soldati nascosti dentro il ventre del cavallo di Troia, ci stanno attaccando direttamente da dentro. E negli attacchi interni che stiamo subendo, quelli della lobby LGBT sono i più aggressivi e pericolosi. Un tema, quello della lobby gay all’interno della Chiesa, del quale il nostro Padre Ariel già parlava dieci anni fa con delle analisi rivelatesi poi delle profezie, tutte quante racchiuse nel suo libro E Satana si fece trino, pubblicato in prima edizione nel febbraio 2011 e oggi distribuito dalle nostre Edizioni L’Isola di Patmos.

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Ma andiamo con ordine: le sezioni di Azione Cattolica di Castel di Lucio e di Tusa nei giorni scorsi hanno voluto essere smaccatamente solidali con il Ddl ZAN che, a detta loro, costituirebbe la quinta essenza dello spirito evangelico e dell’ammmore cattolico.

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Peccato che questi rampolli di Azione Cattolica abbiano scambiato la Chiesa per una Comune Hippy e Gesù Cristo per un antesignano di Guccini e Fedez. Infatti, la loro difesa alla gaia proposta di legge ha trovato subito un fronte di resistenza compatto, non solo da parte di quei cattolici ancora credenti e fedeli ma soprattutto da alcuni intellettuali lontani dalla Chiesa come è stato il caso del sito Oltre la Linea che ha avuto parole di fuoco nei confronti della posizione assunta da questi ragazzi.

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Noi Padri de L’Isola di Patmos, tra il serio e il faceto, con ben due articoli [vedere QUI e QUI] abbiamo presentato la questione sottolineandone gli errori, sempre più convinti che l’opera di misericordia più grande consista nell’ammonire i peccatori e coloro che persistono volontariamente e scientemente nell’errore. Così, la Presidenza di Azione Cattolica della Diocesi di Patti ha emesso sabato 24 aprile un comunicato prendendo le distanze dai propri tesserati e ribadendo la fedeltà al Pontefice, alla Congregazione per la Dottrina della Fede e al Magistero in tema di questioni di morale e di costumi. Ebbene, quei garibaldini di ragazzi hanno risposto sulla loro pagina Facebook ufficiale eliminando il post incriminato come è stato per il caso di Tusa, mentre Castel di Lucio ha preferito eliminare l’intera pagina della sezione locale di Azione Cattolica. Hanno forse capito l’errore che hanno commesso? Niente affatto, anzi si sono coalizzati rispondendo per le rime. Con soverchieria e spocchiosa arroganza hanno ribadito la loro adesione cosciente e volontaria al Ddl Zan manifestando de facto la loro impossibilità a fare comunione con la Chiesa Cattolica e con il Vangelo, visti ormai come intralci alla tolleranza e ben più miseri e inutili di un disegno di legge parlamentare [testi dei comunicati, QUI].

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Che dire? Siamo in pieno peccato contro lo Spirito Santo. Perché negare e rifiutare le verità di fede, che hanno sicuramente avuto modo di apprendere in parrocchia e in Azione Cattolica e combatterle considerandole erronee significa chiudere gli occhi davanti alle opere che lo Spirito Santo compie attraverso l’azione della Chiesa. Indurimento tipico della malizia farisaica che accomodando la Legge alle voglie umane, considera l’opera di Cristo come opera di Beelzebul.

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È utile riportare un autorevole commento della Bibbia di Gerusalemme [ed. 1998] al passo riguardante il peccato contro lo Spirito Santo [Mt 12,31-32] che spiega:

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«L’uomo è scusabile se si inganna sulla dignità divina di Gesù, velata dalle umili apparenze del Figlio dell’uomo, ma non lo è se chiude gli occhi e il cuore alle opere evidenti dello Spirito. Negandole, egli rigetta la proposta suprema che Dio gli fa e si mette fuori della salvezza».

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Inutili, fastidiose e fuori luogo sono le recriminazioni e il rammarico per aver subito attacchi, anatemi e insulti. Nessuno ha insultato nessuno, vi hanno semplicemente detto che non conoscete Cristo, la Chiesa e il Vangelo e questo solo per il vostro bene e per farvi crescere con un minimo di umiltà. Vi hanno detto che usare la maschera dell’Azione Cattolica come piedistallo per fare attivismo LGBT non è fare evangelizzazione dato che siete stati sconfessati dalla vostra stessa presidenza diocesana. Vi hanno detto no perché questo significa amarvi e insegnarvi a riconoscere l’errore, quel riconoscimento che poi ci porta a dire dinanzi al confessore: «[…] propongo con il tuo santo aiuto di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato. Signore misericordia, perdonami».

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Ragazzi, questo significa essere cristiani adulti con gli attributi, cosa che dovreste sapere fin dal giorno della vostra cresima. Ma, ahimè, avete preferito allo Spirito Santo che dimostra la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio [cf. Gv 16,8], lo Spirito del mondo che tutto livella, normalizza e giustifica. Che altro è possibile dire? Già troppo è stato detto. Spero e prego per un vostro ravvedimento sincero, perché forse sarebbe stato necessario darvi qualche calcione in più, così come i genitori usavano fare un tempo con i figli ribelli. Voi sì incatenati nell’ideologia e insofferenti ad ogni paterna autorevolezza, banditori di una violenta e intollerante democrazia che si volta a divorare coloro che vi hanno fatto da pastori e guide.

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Sarebbe forse chiedere troppo aspettarsi una posizione ufficiale da S.E. Mons. Guglielmo Giombanco? Sarebbe troppo vedere un vescovo che sull’esempio del mite Giovanni Paolo I, abbia il coraggio di sciogliere queste due sedi di Azione Cattolica presenti nella sua diocesi, così come il Vescovo Albino Luciani si oppose alle associazioni cattoliche che si schieravano a favore del divorzio e le sciolse negandogli l’assistenza spirituale?

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Laconi, 26 aprile 2021

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Nel salotto del fazioso Fabio Fazio l’Arcivescovo Vincenzo Paglia si conferma il fratello idiota di Don Abbondio

—  attualità ecclesiale —

NEL SALOTTO DEL FAZIOSO FABIO FAZIO L’ARCIVESCOVO VINCENZO PAGLIA SI CONFERMA IL FRATELLO IDIOTA DI DON ABBONDIO

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Il Santo Padre Francesco disse veramente la frase «chi sono io per giudicare un gay» alla maniera in cui vuol darla a intendere l’Arcivescovo Vincenzo Paglia, parlando non come il Presidente della Pontificia Accademia della vita, ma come un qualsiasi Nichi Vendola?

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rappresentazione satirica de I Promessi Sposi

Il Prof. Luigi Manconi e S.E. Mons. Vincenzo Paglia hanno dato alle stampe il libro Il senso della vita. Dialogo tra un religioso e un pococredente. Il 18 aprile i due autori sono stati ospiti nel salotto del fazioso Fabio Fazio, eccellente macchina da guerra della sinistra radical chic.

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È davvero tenero Fabio Fazio quando sorride ingenuo, fingendo imbarazzi e rossori degni di una fanciulla alle prime mestruazioni, mentre Luciana Littizzetto, feroce come una iena affamata, fa in pezzi la Chiesa Cattolica e il sentimento cristiano a suon di sberleffi. Entrambi — manco a dirsi — riparati dietro al dito del diritto alla satira: fanciulla timida e iena famelica.

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Dialogare con studiosi non credenti può essere molto importante e costruttivo. Inizialmente, Vincenzo Paglia, non parte male, comincia però a perdersi dopo la prime battute, per poi smarrirsi in breve, completamente. Da questa desolante ospitata televisiva emerge un soggetto che cerca di andare incontro all’interlocutore in modo davvero avvilente, mostrando nei concreti fatti di avere paura a dire proprio le cose che andrebbero dette. Esempio: dinanzi a una obiezione del tipo «In caso di grave malattia l’ultima decisione, se morire o vivere, deve essere la mia», l’Arcivescovo Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, non può rispondere: «L’importante è che il malato non sia lasciato solo». È un’affermazione degna di una suorina romantica convinta di risolvere i drammi della vita e della morte accarezzando la manina al morente. Tutt’altro sarebbe stato il discorso da fare, ma Vincenzo Paglia lo ha  eluso senza dare risposta a un quesito fondamentale: può un paziente chiedere allo Stato di farsi uccidere, senza che nessuno possa dargli speranze di alcun genere solo perché lui ha deciso così?

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La realtà dei fatti è che Vincenzo Paglia è un piccolo uomo limitato non in grado di reggere dialoghi di questo genere, tanto più a una diretta televisiva. Il suo grave difetto è di tendere in maniera eccessiva a snaturare l’essenza della fede e della morale cattolica per andare incontro a chi rivendica il diritto a non tenere in minima considerazione la fede e la morale cattolica. Noi possiamo, anzi dobbiamo dialogare con tutti, ma tenendo sempre dei punti fermi, perché se in alcuni casi è bene distinguersi in altri siamo tenuti a prendere le distanze e a dividerci da certi interlocutori che cercano di imporre delle idee sulla vita, l’etica e la morale che sono totalmente inaccettabili per la fede e il sentimento cattolico.

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Provo a chiarire meglio il tutto con un esempio: nel 2000, quando uscì la Dichiarazione Dominus Jesus nella quale è ribadito il concetto esclusivo di unicità salvifica di Cristo Dio, presso un Porta a Porta diretto sul Primo Canale Rai da Bruno Vespa, fu invitato il teologo domenicano Daniel Ols. Presente in studio l’allora presidente delle Comunità Ebraiche Italiane, Tullia Zevi, che conosceva già poco e male la cultura e la teologia ebraica, figurarsi quella cattolica. Pur malgrado polemizzò affermando che quella dichiarazione segnava a suo dire «un grande passo indietro nel tempo dopo il Concilio Vaticano II» (!?). Il teologo domenicano si animò e con garbo le disse in modo secco e deciso: «Signora, mi dispiace, ma io non posso svendere e avvilire i fondamenti della mia fede per fare piacere a lei».

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Lo stile di questo maestro domenicano, francese di nascita e famiglia ma di fatto più romano dei romani, fu per me modello illuminante quando anni dopo mi ritrovai, come presbitero e teologo, a interloquire su temi non particolarmente facili da trattare in un parterre televisivo durante una diretta, con tempi di risposta molto stretti e la presenza di interlocutori specializzati a sviare il discorso per impedire di parlare a chi osava sollevare questioni reputate inaccettabili dalla dittatura del politicamente corretto.      

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A un certo punto Fabio Fazio lancia questa domanda appetitosa a Luigi Manconi:

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«[…] c’è anche la scelta individuale della sfera della sessualità, è un tema che viene affrontato in modo molto chiaro. Anche qui, l’orientamento sessuale mi pare non vi veda d’accordo fino in fondo». 

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Risponde prontamente lo studioso:

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«[…] Va detto che la Chiesa Cattolica, la pastorale ecclesiale, grazie anche a Papa Francesco ha fatto passi avanti enormi. E tuttavia il Catechismo della Chiesa Cattolica ancora reca l’affermazione che l’omosessualità è espressione di disordine sessuale. Allora, la grande apertura della Chiesa nei confronti degli omosessuali rischia in sostanza di perfettuare un grave equivoco, cioè sostanzialmente accolgo l’omosessuale purché non faccia l’omosessuale, cioè accolgo l’omosessuale solo se attua la castità … cioè, quello che emerge non è solo una questione giuridica. Il matrimonio omosessuale, per capirsi, è una questione di sostanza e riguarda lo stesso concetto di amore e di piacere, questo è il nodo molto affascinante …».

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Prestate bene attenzione: con poche parole Luigi Manconi compie un’opera di totale devastazione distruttiva che scinde la morale dalla pastorale e la Chiesa dal Sommo Pontefice. Da una parte loda ed esalta il Pontefice Regnante, dall’altra attacca il Catechismo che presenta come improponibile nell’attualità. Fabio Fazio non indugia e interviene con una serie di affermazioni mascherate da domande:

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«Distanze vere, però non superabili, mi pare, da qualunque punto di vista. E non potrebbe che essere così. Diciamo che i percorsi che si compiono per accorciare queste distanze sono percorsi che segnano, per dirla bene, il tremore del timore, nel senso che non ci sono scelte in nessun modo facili e non ci sono prese di posizione in nessun modo facili. Però, Monsignore, mi pare di poter dire che il tema dell’auto-determinazione sia fondamentale, cioè le posizioni divergono quando si arriva a parlare di temi come l’eutanasia, gli orientamenti sessuali, l’aborto, in cui appunto entra in campo quella che chiamiamo auto-determinazione».

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A questo punto Vincenzo Paglia manifesta il meglio della sua limitatezza, dimostrando di non essere neppure riuscito a cogliere le distruttive scissioni operate da Luigi Manconi, mentre l’intervistatore si è premurato di confezionargli un bignè al veleno che il Presidente della Pontificia Accademia per la vita ingoia senza neppure masticare, attraverso questa sua risposta:

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«Io starei attento a riflettere su questo tema della auto-determinazione, che è una parola legata anche alla libertà. Ecco, qui il punto nodale è: ma noi, siamo liberi davvero in senso assoluto? Siamo slegati dagli altri? Per me non è così, siamo tutti uniti. Ogni nostro gesto è sempre un gesto sociale, richiede sempre una relazione con l’altro e il covid ce lo ha fatto vedere in maniera drammatica: ci mettiamo le mascherine, abbiamo una distanza, non solo per difendere noi stessi ma per difendere anche gli altri. In questo senso io dicevo, nel nostro dialogo con Luigi, che l’auto-determinazione alle libertà è ovvio che è un valore fondante, ma la libertà va sempre legata a fraternità e a uguaglianza, se vogliamo riprendere la triade della Rivoluzione Francese. E in questo la linea della carità, della solidarietà, o direbbe Papa Francesco “della fraternità universale”, credo che è una linea che dobbiamo riprendere a pieno titolo su tutti i fronti».

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Una simile risposta è peggio dell’alzare bandiera bianca dalla trincea, perché in guerra, l’atto di resa, ha una sua profonda dignità, mentre la prostituzione di chi si concede a tutti i peggiori capricci del cliente senza provare godimento e senza farsi pagare, di dignità non ne ha alcuna, dato che non lo fa neppure per piacere o per danaro, ma solo per puro e gratuito servilismo mirato all’altrui compiacimento. Per comprendere questo dialogo fallimentare che nasce dalle incapacità e dalle limitatezze di Vincenzo Paglia, basterebbe pensare al quadrato degli opposti, o logico, di Michele Psello: le proposizioni opposte volendo si vengono incontro, ma le contraddittorie no. Per questo Vincenzo Paglia si è rivelato non in grado di portare avanti un dialogo di questo tipo, non mancando di suscitare imbarazzo in tutti noi, presbiteri e teologi cattolici, mediante utilizzo di categorie degne del più scafato massone, invece che dei pastori in cura d’anime. Ecco allora che la dialettica viene trascinata ancora una volta dentro la lotta politica e l’annientamento dell’avversario, cosa ben chiara al Professor Luigi Manconi, ignota invece all’Arcivescovo Vincenzo Paglia che si lancia in un continuo gorgoglio di luoghi comuni e pastoralismi di terz’ordine, ignorando persino i basamenti di quelle categorie filosofiche e teologiche che dovrebbero sostenere un pensiero cristiano.

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Avere poi magnificato l’idolo di cartone della Rivoluzione Francese per piacere a tutti i costi agli ultra laicisti, ha segnato l’apoteosi dell’oggettiva idiozia di Vincenzo Paglia, ignaro che i principi di libertà, uguaglianza e fraternità sono dei fondamenti dell’etica cristiana, non un’invenzione dell’Illuminismo e tanto meno della Rivoluzione Francese, che fu il più grande e violento bagno di sangue della modernità. Questi tre principi evangelici furono quindi presi, stravolti e mutati in elementi anti-cristiani, mentre il sangue correva a fiumi sotto le ghigliottine. Insomma, quale storia ha studiato Vincenzo Paglia, se l’ha studiata? Nessuno gli ha mai detto che la Rivoluzione Francese culmina con il periodo del terrore di Robespierre, con gli innocenti condannati e uccisi sulla base di semplici delazioni, ma soprattutto che il grande frutto da essa prodotto fu Napoleone Bonaparte? Proprio così: tagliata la testa a un re che proveniva perlomeno da un casato antico di mille anni, i francesi misero in testa la corona di imperatore a un piccolo caporale della Corsica, che poi se la mise in testa da solo, tanto era arrogante. Questi, sono i frutti storici della rivoluzione francese, tutto il resto sono falsi storici e leggende create a tavolino nel corso dell’Ottocento da illuministi liberali e massoni. Ebbene temo che tutto questo il povero Vincenzo Paglia lo ignori, allo stesso modo in cui forse lo ignora chi lo ha messo nel delicato ruolo che ricopre.

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Dopo avere fatto centro, Fabio Fazio riprende le redini per condurre l’asino e legarlo infine dove vuole il padrone, proseguendo così:

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«La domanda la giro naturalmente a Monsignor Paglia e la estendo appena. Non trova che — quello che stava dicendo il Professor Manconi — si possa riassumere così: non c’è un eccesso di attenzione da sempre, da molto tempo, da parte della Chiesa, rispetto alla sessualità, che questo distinguo, che poi Manconi ha sintetizzato perfettamente in questa obiezione, sia effettivamente superato dalla realtà dei fatti e dalla natura umana?»   

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Legato ormai come un asino al palo per lui prescelto, Vincenzo Paglia è ormai letteralmente drogato dal desiderio di piacere a tutti i costi e costi quel che costi, sino a dare una risposta che sembra confezionata e poi uscita fuori dalla bocca di Nichi Vendola:

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«Anzitutto andiamo per ordine, il tema del matrimonio è chiaro da sempre, il matrimonio è tra un uomo e una donna. Poi, che ci possano essere altre convivenze di altra natura questo è ovvio e a me basta sul tema della omosessualità quello che Papa Francesco ha detto con grande chiarezza: “Chi sono io per giudicarlo?”. Quindi in questo senso è una dimensione che va recuperata e certamente va combattuta con decisione ogni omofobia. Per quanto riguarda poi la domanda che faceva lei, lo sappiamo che non è mai stato lineare il rapporto tra la Chiesa e la sessualità, in effetti è vero che a volte c’è stata come una identificazione tra sessualità e peccato e viceversa e questo ha portato un sacco di danni […]»          

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Il Sommo Pontefice Francesco I, che come più volte ho scritto e spiegato non è un poliglotta come lo era il suo Sommo Predecessore Giovanni Paolo II e che non padroneggia particolarmente bene la lingua italiana, ma che presuntuoso e testardo come pochi si ostina a parlare con i giornalisti a braccio, in ogni caso ha enunciato un concetto profondamente e ovviamente cattolico. Andiamo per ordine, anzitutto ha cominciato dicendo: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà» — premessa questa di non poco conto — «chi sono io» prosegue il Sommo Pontefice «per giudicarla?». Poi prosegue affermando: «Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte». A chi poi il messaggio non fosse stato chiaro aggiunge: «Il problema non è avere queste tendenze, sono fratelli, il problema è fare lobby […]».

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Questa è la frase intera pronunciata in risposta al giornalista dal Sommo Pontefice Francesco durante uno dei suoi voli di rientro a Roma. Sono anni che purtroppo, inutilmente, in miei articoli, video-lezioni e conferenze, spiego che cosa ha detto realmente il Sommo Pontefice con quella frase: anzitutto che accogliere il peccatore che cerca Dio è missione fondante della Chiesa, che non respinge nessuno, a partire dalle persone omosessuali. Inoltre, nessuno di noi, a partire dal Successore del Beato Apostolo Pietro può leggere e giudicare la coscienza di un uomo, che Dio solo può leggere e, soprattutto, giudicare. Da qui l’ovvia affermazione coerentemente e teologicamente cattolica: «Chi sono io per giudicare?». Per seguire con il richiamo alle lobby che equivale a dire: il problema non è avere queste tendenze, ma farle passare come bene attraverso l’attivismo sociale e politico delle lobby gay. Che equivale a dire: il problema, per la Chiesa che deve sempre accogliere il peccatore, non è avere queste tendenze; il problema è il peccato, o meglio le lobby che pretenderebbero l’accoglienza e la legittimazione non del peccatore, ma del peccato. E la Chiesa non potrà mai santificare il peccato, neppure se tutte le lobby di questo mondo lo rivendicano e lo pretendono.

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Purtroppo, la frase mozza «chi sono io per giudicare?» strappata da questo suo articolato contesto, è finita sugli striscioni del Gay Pride tra i gridolini delle checche impazzite mascherate da suorine con le calze a rete e i tacchi a spillo. Quindi il Sommo Pontefice non ha detto questo allo stesso modo in cui, per citare un altro cartellone del Gay Pride, quando Sant’Agostino vescovo e Dottore della Chiesa afferma «ama e fa ciò che vuoi», non intende affatto dire che un maschietto possa mettersi a quattro zampe con un altro maschietto che gli lavora dietro. Questa espressione agostiniana malamente estrapolata, è inserita in un commento alla Prima Lettera di San Giovanni, nella quale, amare, vuol dire conformare, attraverso l’umana libertà, la nostra volontà alla volontà di Dio. Questo vuol dire «ama e fa ciò che vuoi», fare pienamente la volontà di Dio fonte dell’eterno amore.  Non vuol dire mettersi a quattro zampe con un maschietto che ti lavora dietro e con tutto quanto il Gay Pride che inneggia «ama e fa ciò che vuoi».

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Mi rifiuto di commentare questo confuso florilegio di Vincenzo Paglia, nella stessa misura in cui mi rifiuterei di vedere e poi commentare un film porno. Battuta quest’ultima legata a una espressione del grande filosofo e teologo del Novecento Cornelio Fabro, che indicava certi soggetti come porno-teologi della porno-teologia. Ecco, Vincenzo Paglia è un autentico pornocrate quando afferma:

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«[…] è vero che a volte c’è stata come una identificazione tra sessualità e peccato e viceversa e questo ha portato un sacco di danni. In realtà sta emergendo invece un rapporto più sereno […]».

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Affermando questo si sta in pratica scusando con gli ultra-laicisti se la Chiesa, per lungo tempo, ha annoverata la lussuria tra i Sette Peccati Capitali. Anche per questo mi rifiuto di commentare le parole deficienti e incoscienti di questo piccolo uomo, che di sicuro, un vescovo e dottore della Chiesa come Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, considerato padre della morale cattolica, avrebbe preso letteralmente a legnate. Perché questo, in fondo, meriterebbe Vincenzo Paglia: essere preso a legnate come i mercanti nel tempio.

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L’ossequio alla verità impone di concludere ricordando a tutti gli affetti da anti-bergoglismo cronico che Vincenzo Paglia lo ha voluto vescovo il Santo Padre santo subito Giovanni Paolo II, con il Cardinale Camillo Ruini che questa nomina la caldeggiò accogliendo i pii suggerimenti della Comunità di Sant’Egidio. Tutto questo avveniva nel 2000, mentre colui che alcuni hanno preso il vezzo a indicare come il più grande teologo del Novecento, era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Cardinale Joseph Ratzinger, assurto poi al sacro soglio. E sotto il pontificato di Benedetto XVI, il buon Vincenzo Paglia ha prosperato per otto anni, facendo danni a non finire nella Diocesi di Terni-Narni-Amelia, dove tra l’altro lasciò un deficit per decine di milioni di euro e un affresco nella chiesa cattedrale che pare la raffigurazione di un’orgia in un locale gay del Testaccio. Detto questo è bene chiarire che al Sommo Pontefice Francesco I, che pure ha dato saggio di essere straordinario nella scelta delle persone sbagliate, non è però imputabile la responsabilità di avere scelto Vincenzo Paglia. Perché la colpa è tutta quanta del Santo Padre santo subito e del più grande teologo del Novecento, Benedetto XVI. 

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Dall’Isola di Patmos, 23 aprile 2021

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Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

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Padre Gabriele

Il Buon Pastore è colui che guida con serenità donandosi con carità nel mondo liquido

—  omiletica —

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

IL BUON PASTORE È COLUI CHE GUIDA CON SERENITÀ DONANDOSI CON CARITÀ NEL MONDO LIQUIDO

 

Gesù descrive la figura del mercenario come opposta alla sua. Il mercenario esprime la mentalità del mondo liquido. Infatti non dà la vita, fugge dinanzi ai pericoli di chi gli è stato affidato. Il mercenario usa le pecore come oggetti, finché gli è comodo e per tornaconto personale. Egli non sa custodire, ma usa solo un’ottica di dominio

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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acquedotto romano sull’Appia Antica

Cari Lettori de L’Isola di Patmos,

quando ero liceale andavo ogni tanto a fare una corsa nel parco vicino casa, una enorme campagna dentro il Parco dell’Appia Antica. Un giorno ricordo che in questo grande verde comparì un folto gregge di pecore. Dietro un giovane pastore che le indirizzava fischiando in loro direzione. E le pecore silenziose, accompagnate anche dal cane pastore, obbedivano.

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Questo racconto del Vangelo di San Giovanni offerto dalla liturgia di questa IV domenica di Pasqua [cfr. 10, 11-18], ci ricorda provvidenzialmente che in questi tempi di grande incertezza, oggi il Signore ci viene incontro e ci ricorda che Lui è il Buon Pastore della nostra vita. È proprio in questo grande mistero che ci introducono le letture di oggi. In particolar modo nel Vangelo di Giovanni, Gesù si presenta come tale affermando:

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«Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario […] vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore».

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Notiamo immediatamente che Gesù descrive la figura del mercenario come opposta alla sua. Il mercenario esprime chiaramente la mentalità del mondo liquido. Infatti non dà la vita, fugge dinanzi ai pericoli di chi gli è stato affidato. Il mercenario usa le pecore come oggetti, finché gli è comodo e per un tornaconto personale. Egli non sa custodire, ma usa solo un’ottica di dominio. Ha dunque una mentalità solo utilitaristica.

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Tutto il contrario è invece il buon Pastore. Egli conosce ed ama le sue pecore. Interessante come ci sia questo legame fra conoscere ed amare, che trova fondamento nel rapporto di conoscenza ed amore che c’è fra l’Eterno Padre e il Cristo Logos. Infatti, nella lingua ebraica e aramaica parlata da Gesù, la parola conoscere è detta con il vocabolo yadah che indica sia una conoscenza intellettuale, sia allo stesso tempo una intimità affettiva. Quando Gesù dice conoscere allora vuole indicare che c’è un rapporto di verità e intimissimo fra lui e noi, le sue pecore. Proprio perché ci ama, offre la sua vita e rimane, donandosi fino alla fine, nel Getsemani. Offre tutto sé stesso per liberarci dalla schiavitù del peccato.

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Nell’offrire la vita c’è la ragione più profonda di tutto il moto trinitario.  Ce lo spiega con parole chiare il Signore proseguendo così:

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«Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

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L’Eterno Padre infatti ha affidato la missione visibile a Gesù di incarnarsi, diventare uomo come noi, vivere i giorni della passione e morte per poi risorgere. Ecco allora che l’Incarnazione e la Pasqua hanno in comune l’elemento dell’amore: tutti quanti in Gesù risorto otteniamo la grazia per amare e conoscere Dio. La mentalità trinitaria di offerta ed amore di sé supera la mentalità utilitaristica. Perché rinnova l’uomo in Dio integralmente: anima, corpo e spirito. Questo interroga profondamente le nostre vite di fede.

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Vogliamo essere mercenari o pastori? Vogliamo entrare nell’ottica del dominio o dell’offerta di sé? Se davvero scegliamo di sforzarci ad essere coerenti con la nostra vocazione, entriamo anche noi nell’ottica dell’Eterno Padre che invia Gesù: rispondiamo allora al Suo comando, che però non è un’imposizione dittatoriale. È aderire ad un progetto d’amore personale comunitario che è espressione di una libertà più grande. Entrare nella prospettiva della Trinità, vuol dire accogliere la nostra missione che offrirà una gioia e soddisfazione impagabili.

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Chiediamo al Signore di entrare sempre più nella sua ottica di offerta e oblazione di noi stessi, per coinvolgere tutto il mondo nell’orizzonte della carità teologale e generare la vera civiltà dell’amore, uniti nell’amore dell’unico Pastore.

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Roma, 25 aprile 2021

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Aveva ragione il cantante Zucchero che nel 1987 cantava «Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica». Qualcuno insegni ai giovani dell’Azione Cattolica di Castel Lucio la cristologia

— attualità ecclesiale —

AVEVA RAGIONE IL CANTANTE ZUCCHERO CHE NEL 1987 CANTAVA «SOLO UNA SANA E CONSAPEVOLE LIBIDINE SALVA IL GIOVANE DALLO STRESS E DALL’AZIONE CATTOLICA». QUALCUNO INSEGNI AI GIOVANI DELL’AZIONE CATTOLICA DI CASTEL DI LUCIO LA CRISTOLOGIA

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Con la tipica arroganza di chi non ammette l’errore, ma anzi lo conferma, i giovani hanno rimosso questo post sostituendolo con un altro nel quale confermano i contenuti del precedente. E se c’è qualche cosa di peggiore del commettere comprensibili, a volte inevitabili e soprattutto perdonabili errori umani, è l’ostinazione a sostenere e confermare l’errore. Cosa questa che ci conduce al più grande e grave tra tutti i peccati capitali: la superbia.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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PDF  articolo formato stampa

 

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Dopo i deliranti e farseschi approcci propagandistici dei Vip stellati in favore del disegno di legge Scalfarotto-Zan, che a seguito di una intervista fatta durante il programma Dritto e Rovescio del 22 aprile hanno manifestato tutta la loro crassa ignoranza sulle specifiche e sulle conseguenze pratiche del disegno di legge, timidamente fanno la loro comparsa sulla scena del cattolicamente corretto i Catholic Boys del «chi sono io per giudicare». È quello che accade, da meno di ventiquattrore, a Castel di Lucio (Messina) in Diocesi di Patti, dove diciassette ragazzi dell’Azione Cattolica postano sulla loro pagina Facebook una foto in cui vengono ritratti con le manine vergate a sostegno alla legge contro la transomofobia.

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Se ne sentiva proprio il bisogno, vero? Tanto da chiedermi: quanto ancora ci manca per vedere anche in altre pagine Facebook ― della Gioventù Francescana, dei vari Terz’Ordini, dell’Agesci e delle altre realtà cattoliche ― posizioni similari, inneggianti e benedicenti a una legge palesemente contraria all’uomo e che certamente non aiuta le persone con orientamento omosessuale?

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È necessario ribadire, una volta per tutte, che la manifestazione del pensiero è libera. Così come resta ugualmente libera la decisione di aderire al Cristianesimo Cattolico e di cercare di mantenersi all’interno di esso con una coerenza di fede che include soprattutto l’obbedienza al dogma e alle disposizioni della Chiesa in materia di morale e di costumi, così come è stato da poco riaffermato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede sulle unioni tra persone dello stesso sesso.

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È vero, resto libero di pensare diversamente dalla Rivelazione e dalla Chiesa ma in questo caso avrò la decenza e l’intelligenza di non definirmi cristiano cattolico e di non usufruire di una realtà ecclesiale, com’è l’Azione Cattolica, per pubblicizzare le mie personali e sconclusionate posizioni di pensiero eterodiretto. Perché se così fosse la gloriosa Azione Cattolica, un tempo garanzia di cattolicità per tanti fedeli, si ritroverebbe a essere declassata a vespasiano pubblico dove i suoi giovani rampolli hanno già iniziato a fare pipì fuori dal vaso, con la sola conseguenza di propagare non buon profumo di Cristo ma quello di urina così come accade per ogni bagno pubblico. Dopodiché, appena il loro post ha cominciato a circolare, ma soprattutto, dopo che la nostra Ipazia Gatta Romana ha vergato un breve articolo ironico su L’Isola di Patmos, aperto in poco più di un’ora da quasi 100.000 visitatori, è accaduto che, con la tipica arroganza di chi non ammette l’errore, ma anzi lo conferma, i giovani hanno rimosso questo post sostituendolo con un altro nel quale confermano i contenuti del precedente. E se c’è qualche cosa di peggiore del commettere comprensibili, a volte inevitabili e soprattutto perdonabili errori umani, è l’ostinazione a sostenere e confermare l’errore. Cosa questa che ci conduce al più grande e grave tra tutti i peccati capitali: la superbia.

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Il fedele cattolico è ben consapevole che il suo pensiero è illuminato dalla grazia di Cristo che attraverso il Battesimo e la Confermazione è stato informato dallo Spirito Santo affinché Cristo e la Chiesa non divengano le vittime del liberismo ideologico che omologa la retta ragione. Per questo cari ragazzi di Castel di Lucio, non avete scusanti e anche quando vi faranno gli elogi ― preti compresi ― per il vostro rispettabilissimo post, sappiate che sono elogi falsi e bugiardi! Sì, vi dico falsi e bugiardi sulla scorta degli stessi elogi che Gesù fuggiva perché consapevole del fatto che la malizia umana elegge a sovrano chiunque soddisfi il proprio ventre [cfr. Gv 6,15] dimenticandosi dell’anima in cui Dio dimora.

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Ma leggiamo direttamente dalla pagina ufficiale Facebook dell’Azione Cattolica di Castel di Lucio il commento, al momento rimosso, a sostegno della foto propagandistica al disegno di legge Scalfarotto-Zan:

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splendido esemplare di scimmia cappuccina

«Nel corso della sua vita pubblica Gesù si è costantemente schierato dalla parte di coloro che la società escludeva, dei più indifesi e degli “ultimi” della terra. Ha rimproverato apertamente l’ipocrisia dei farisei, di coloro che nei loro precetti morali volevano ingabbiare l’uomo in sterili leggi, impedendo all’uomo di manifestarsi nella sua piena libertà e nella sua vera essenza voluta da Dio. Concordi all’esempio di Cristo, l’Azione Cattolica di Castel di Lucio sostiene l’approvazione del ddl Zan che prevede misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità. La misoginia, l’omotransfobia e l’abilismo sono delle gravi forme di peccato che vanno totalmente contro i precetti evangelici, ed è nostro compito schierarci affinché tali eventi vengano contrastati il prima possibile».

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Così formulato questo comunicato è a dir poco imbarazzante, perché basterebbe un seminarista mediamente formato del terzo anno di teologia per evidenziarne tutti gli errori grossolani sia in materia scritturistica che in materia morale. Ma entriamo nel dettaglio:

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«Nel corso della sua vita pubblica Gesù si è costantemente schierato dalla parte di coloro che la società escludeva, dei più indifesi e degli “ultimi” della terra. Ha rimproverato apertamente l’ipocrisia dei farisei, di coloro che nei loro precetti morali volevano ingabbiare l’uomo in sterili leggi, impedendo all’uomo di manifestarsi nella sua piena libertà e nella sua vera essenza voluta da Dio».

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Questo è palesemente falso e malizioso! Perché Cristo non rientra dentro l’immaginario del rivoluzionario sudamericano assertore della Teologia della Liberazione o del Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri. La vicinanza di Cristo per tutti gli uomini, quindi non solo per i poveri, si capisce solo guardando al mistero dell’Incarnazione. E in modo particolare è al momento del suo battesimo al Giordano che egli ― vero Dio e vero uomo ― solidarizza e condivide la condizione di debolezza dell’uomo. Si sottopone a un battesimo di conversione affinché l’uomo comprenda che solo con l’uomo Dio è possibile affrancarsi dal peccato. La stessa cosa la vediamo nella sera di Pasqua in cui Gesù affianca i discepoli di Emmaus i quali, stolti e lenti di cuore nel credere [cfr. Lc 24,25], non avevano ancora ben compreso e abbisognavano di un cammino insieme al Risorto affinché i loro occhi potessero vedere.

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quando uno scherzo goliardico tra liceali adolescenti diventa un caso nazionale grazie alle ideologie di adulti senza senso della misura e del ridicolo …

Per Gesù gli ultimi sono i peccatori, così come è stato nel caso di Matteo il Pubblicano, di Zaccheo, dell’Adultera, del Paralitico, della donna Cananea, del Buon Ladrone. Egli è venuto infatti a chiamare non i giusti ma i peccatori, e nell’incontro con il peccatore egli dona abbondanza di misericordia insieme al comando a non più peccare [cfr. Gv 5,14; 8-11], lo stesso che il sacerdote confessore pronuncia dopo l’assoluzione sacramentale.

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Nel rapporto con gli scribi e con i farisei è vero che possiamo leggere l’aperto contrasto di Gesù al loro stile di vita ipocrita ma esso è volto anzitutto al ravvedimento. Anche loro in un certo senso vengono chiamati amici. Come per Nicodemo, Gesù invita scribi, farisei e dottori della Legge a rinascere dall’alto [cfr. Gv 3,1-15] affinché possano acquistare la sapienza dello Spirito Santo e adempiere in tal modo al ruolo di maestri nella comunione alla volontà di Dio.

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Va da sé che un tale atteggiamento di Gesù non inficia la bontà della Legge Mosaica che, pur essendo insufficiente alla salvezza così come dirà l’apostolo Paolo nella lettera ai Romani, non viene rigettata:

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«Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno» [cfr. Mt 23,1-7] […] «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento» [cfr. Mt 5,17]. 

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Questi sono gay omofobi, o semplicemente esseri umani omosessuali dotati di buonsenso?

Gesù conosce la Legge e la interpreta come il più sapiente e fine esegeta, rifiutando quelle connotazioni falsate che tentano di adeguare la Legge alle miserie e volontà umane, così come è il caso del ripudio e dell’adulterio:

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«[…] la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque, l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» [cfr. Mc 10,5-9].

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La vera essenza dell’uomo, cari ragazzi di Azione Cattolica, si scopre solo nell’incontro con Dio, nel conformare attraverso l’umana libertà, la mia volontà alla volontà di Dio non nel fare quello che la mia pancia mi suggerisce! Ma andiamo avanti…

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«Concordi all’esempio di Cristo, l’Azione Cattolica di Castel di Lucio sostiene l’approvazione del ddl Zan che prevede misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità.

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Quale esempio potete portare in cui Cristo, in tutto il Santo Vangelo, approva e sostiene il peccato? O avete intenzione di fare delle membra di Cristo, membra di una prostituta? Inoltre…

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La scultura di bronzo nota come Manneken Pis e conservata nel centro storico di Bruxelles

«La misoginia, l’omotransfobia e l’abilismo sono delle gravi forme di peccato che vanno totalmente contro i precetti evangelici, ed è nostro compito schierarci affinché tali eventi vengano contrastati il prima possibile».

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Cari ragazzi, vi consiglio di frequentare nuovamente il Catechismo in preparazione alla Cresima, perché in quel caso verreste a scoprire che il peccato più grave è il peccato contro lo Spirito Santo, non certo la misoginia, l’omotransfobia e l’abilismo:

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«[…] tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna» [cfr. Mc 3,28-29]

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Se volete schierarvi fate gli attivisti politici, ma prima combattete la vostra ignoranza che vi impedisce non solo di leggere un testo e capirlo ma che anzitutto vi priva di quella necessaria umiltà che vi porta ad interrogare i vostri assistenti spirituali affinché vi evitino queste figure miserande e miserevoli davanti a tutta la Chiesa di Dio.

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Laconi, 24 aprile 2021

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La sicula Azione Cattolica di Castel di Lucio, la libidine e la profezia di Zucchero: «Salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica»

— il cogitatorio di Ipazia —

LA SICULA AZIONE CATTOLICA DI CASTEL DI LUCIO, LA LIBIDINE E LA PROFEZIA DI  ZUCCHERO: «SALVA IL GIOVANE DALLO STRESS E DALL’AZIONE CATTOLICA»

[…] Solo una sana e consapevole libidine, salva il giovane dallo stress e dall’Azione Cattolica

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Autore
Ipazia gatta romana

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Dal teatro tragico di Alessandro Zan e Ivan Scalfarotto al teatrino grottesco di Luciana Littizzetto, mentre nani e ballerine plaudono il disegno legge sulla transomofobia

— attualità ecclesiale —

DAL TEATRO TRAGICO DI ALESSANDRO ZAN E IVAN SCALFAROTTO AL TEATRINO GROTTESCO DI LUCIANA LITTIZZETTO, MENTRE NANI E BALLERINE PLAUDONO IL DISEGNO DI LEGGE SULLA TRANSOMOFOBIA

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Alessandro Cecchi Paone risponde a una intervista dichiarandosi massone, favorevole all’aborto, all’eutanasia e all’omosessualismo, affermando al tempo stesso che «Francesco è un Papa fantastico» e che «con lui è cambiato tutto». Siamo sicuri che Francesco sarebbe disposto a benedire la massoneria? Certo, al punto da tuonare che la Massoneria è incompatibile col Cattolicesimo. Veramente, sarebbe disposto a benedire l’aborto? Certo, al punto da dichiarare che abortire equivale ad affittare un sicario per uccidere una persona. Veramente, sarebbero disposto a benedire la pratica dell’omosessualità? Certo, al punto da strigliare i vescovi italiani riuniti in assemblea plenaria affermando che nel dubbio è meglio rinunciare a una vocazione anziché correre il rischio di ammettere un omosessuale in seminario.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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PDF  articolo formato stampa

 

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Fernando Botero, Gente del circo, esposizione: Galleria Contini, Venezia, aprile 2010

Non ho potuto fare a meno di assistere al teatrino mediatico dei Vip che in questi giorni hanno imbrattato il palmo della loro mano dando appoggio e sostegno al disegno di legge Scalfarotto-Zan [cfr. QUI]. Ho trovato molto vero e appropriato il post di Facebook della giornalista cattolica Costanza Miriano che dice:

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«Non vedo molte mani callose, tra quelle reclutate per la campagna a favore del ddl Zan. Non vedo mani abituate a lavorare […] nessuna mano di persone comuni. Vedo solo mani e facce di vip che hanno poca dimestichezza con la vita reale e con i suoi veri problemi».

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L’Identikit dell’Artista Unico è dunque tracciato [vedere, QUI]. Di quella massa variopinta e variegata di influencer, attori, icone dei film porno, cantanti, soubrette, cuochi, nani e ballerine che recitano in modo acritico gli stessi slogan e danzano i medesimi balli. Di quel politicamente corretto che, ahinoi, trascina l’improvvido uomo qualunque nel labirinto della libertà democratica, dove si aggira uno spaventoso Minotauro pronto a ghermire e dove non basta più un filo d’Arianna per poter trovare l’uscita ma è saggio e prudente non entraci proprio [sul tema vedere i nostri precedenti articoli QUI, QUI].   

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Quanto hai ragione cara Costanza, stiamo assistendo a un vero e proprio scollamento con la realtà! Il tempo di prova pandemico che stiamo ancora attraversando ― con le sue immancabili tragedie e povertà ― non ha insegnato proprio nulla all’uomo, anzi ha indurito la sua intelligenza e sclerotizzato il suo cuore. 

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Fernando Botero, Gente del circo, esposizione: Galleria Contini, Venezia, aprile 2010

In questo panorama surreale, quello che ho trovato di particolare cattivo gusto è stato il caso della Signora Luciana Littizzetto, femme fatale della sinistra take-away, che nel salotto di Fabio Fazio prende per i fondelli il senatore Simone Pillon con una letterina che irride la sua presunta omofobia [cfr. QUI]. Questo nei giorni presenti, perché è bene ricordare come in un passato affatto remoto, questa Gentile Torinese, bisognosa più d’altri di pietas e misericordia cristiana, irrideva così il Sommo Pontefice Benedetto XVI [cfr. QUI] ma nel presente si guarda però bene dal farlo con il Sommo Pontefice Francesco I, col quale è tutta simpatia, sino al punto di dichiararsi «bergogliosa» [cfr. QUI] … chissà perché? Proviamo a capirlo attraverso una recente intervista fatta a Alessandro Cecchi Paone sul Canale 9 da Peter Gomez, perché quel colloquio è un vero paradigma. Questo celebre giornalista, prima risponde all’intervistatore premettendo di essere membro dei più alti vertici della Massoneria, poi prosegue dichiarandosi favorevole all’aborto, all’eutanasia e all’omosessualismo. Tutte queste affermazioni intervallate con la giaculatoria: «Francesco è un Papa fantastico» e «con lui è cambiato tutto» [vedere frammento, QUI]. Ma costoro, sono davvero sicuri che il Francesco surreale da loro inventato sia disposto a benedire la massoneria? Certo, al punto che fece “commissariare” il Sovrano Ordine di Malta lamentando che era infiltrato da massoni e tuonando che la Massoneria era incompatibile con il Cattolicesimo [cfr. QUI]. Veramente, il Francesco surreale da loro inventato, sarebbe disposto a benedire l’aborto? Certo, a tal punto da avere dichiarato che praticare l’aborto è come affittare un sicario per uccidere un innocente [cfr. QUI]. Veramente, sono sicuri che il Francesco surreale da loro inventato sia disposto a benedire la esaltazione socio-culturale della pratica attiva dell’omosessualità? Certo, a tal punto che parlando a porte chiuse a tutti i vescovi italiani lamentò ― ossia li rimproverò ― che i seminari erano pieni di omosessuali, affermando a tal proposito che nel dubbio era meglio rinunciare a una vocazione piuttosto che correre il rischio di ammettere un omosessuale in seminario [cfr. QUI]. 

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Fernando Botero, Gente del circo, esposizione: Galleria Contini, Venezia, aprile 2010

È un copione già visto e ancora si vedrà e si ripeterà nei mesi a seguire, la politica è un Leviatano che tutto stritola e divora e c’è da dar ragione a Platone quando nella Apologia di Socrate suggerisce che è molto meglio ascoltare quella voce divina del δαίμων socratico, che vieta al filosofo di occuparsi delle cose dello stato pena la morte, il discredito o l’esilio (cfr. Platone, Apologia di Socrate, XIX).

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I cristiani non temono la morte, il discredito o l’esilio, perché non prendono vita dal teatrino di quella massa variopinta e variegata di influencer, attori, icone dei film porno, cantanti, soubrette, cuochi, nani e ballerine che recitano in modo acritico gli stessi slogan e danzano i medesimi; i cristiani sono figli del Dio dell’Exultet della Veglia di Pasqua, inno che narra la vittoria sulla morte e che ci ha insegnato una strada per uscire dal sepolcro. Né tantomeno fanno caciara nei talk show sostituendosi in questioni di teologia e morale ai sacerdoti preparati che non fondano certamente partiti a denominazione cristiana controllata ma che stanno in prima linea per cercare di formare e difendere il popolo di Dio a loro affidato.

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Lo stile del Vangelo è lo stesso del granellino di senape che germoglia nella piccolezza e nel nascondimento per rivelarsi capace di sostenere gli uccelli del cielo e di dare riparo agli sventurati. Ecco perché provo sempre una vera tristezza nel constatare che diversi cristiani, alcuni dei quali impegnati nelle parrocchie e nei conventi, stanno con la Littizzetto e condividono su Facebook le prodezze canzonatorie della guitta gianduiotta, riportata in video persino sulla pagina on-line di Famiglia Cristiana [cfr. QUI].

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Fernando Botero, Gente del circo, esposizione: Galleria Contini, Venezia, aprile 2010

La questione è semplice, per noi cristiani certi discorsi o posizioni non dovrebbero essere visti nella dialettica del contrasto politico ma dell’esperienza pasquale sperimentata su Cristo vivo, risorto, che mangia con i suoi apostoli e invita a toccarlo [cfr. meditazione di Gabriele Giordano M. Scardocci, QUI].

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Perciò cari cristiani, rifiutare certe idee, posizioni etiche, indirizzi politici e sociali significa non assecondare e addomesticare la concupiscenza che è causa del peccato. Cerchiamo invece il necessario, anzi l’urgente, invocando quella grazia divina che sposta le montagne del nostro peccato, così come la Chiesa ci insegna a ripetere in quella bella invocazione della Liturgia delle Ore che apre ogni ora canonica: «O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto».

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Sì Signore, vieni in nostro aiuto, noi siamo troppo incapaci per aiutarci da soli, se perdiamo la fede nell’illusione di seguire le febbri politiche smettiamo di credere per scoprirci tristemente pagani.

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Laconi, 20 aprile 2021

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Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Gabriele

La memoria della vittoria finale. Il “pesce arrostito” per l’uomo nella risurrezione di Cristo

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

—  omiletica —

LA MEMORIA DELLA VITTORIA FINALE. IL “PESCE ARROSTITO” PER L’UOMO NELLA RESURREZIONE DI CRISTO

«L’amore è l’anello di una catena che inizia da uno sguardo e sfocia nell’eterno»

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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PDF  articolo formato stampa

 

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Ci scusiamo con la ipersensibilità degli appartenenti alla “religione vegana”, ma Gesù Cristo mangiava i pesci arrosto (cfr. Lc 24, 35-48)

In questa domenica del tempo di Pasqua continuiamo a meditare sulle apparizioni del Risorto. Questo è un esercizio continuo di ripetizione e memorizzazione dei grandi eventi di Pasqua. In effetti una delle cose che più manca alla nostra società è l’aspetto della memoria. Facilmente dimentichiamo gli eventi belli, o quelli di sofferenza che ci sono accaduti. La memoria è invece una delle nostre facoltà più importanti, anche per la comprensione e l’elaborazione del mondo intorno a noi.

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Troppo facilmente dimentichiamo il centro della nostra fede: la crocifissione e resurrezione. Prontamente la Scrittura però ce lo ricorda. Nel Vangelo lucano di oggi infatti leggiamo:

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«In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane» (Lc 24, 35-48].

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Gli stessi discepoli di Emmaus raccontano agli undici cosa è avvenuto: Gesù ha spezzato con loro il pane. C’è un elemento di narrazione, di racconto, e soprattutto di ricordare che proprio in quel pane spezzato avevano riconosciuto Gesù. Questo avviene anche per noi oggi: infatti quando nella Santa Messa vediamo il sacerdote spezzare il pane, vediamo Gesù Eucarestia presente fra noi. In quello spezzarsi, ricordiamo e riviviamo il sacrificio di Gesù in un memoriale che è per noi vitale: Gesù si offre nella Santa Messa, quale sacrificio incruento, per donarci la grazia e la vita eterna.

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Ecco allora la memoria del sacrificio di Cristo per noi. Vitale e fondante della nostra vita terrena in cammino verso la santità. Ora Gesù dopo il suo sacrificio della Passione è veramente risorto. E così appare immediatamente fra gli apostoli e i due di Emmaus per confermare che è tutto vero. Gesù non è un fantasma dei film horror. È davvero lui nel corpo risorto glorificato:

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«Ma egli disse: “Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?  Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho”. Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. […] “Avete qui qualche cosa da mangiare?”. Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro» [Lc 24, 38-43].

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Questo soffermarsi di Luca su un pesce arrostito può sembrare un particolare insignificante. Invece il pesce è un acronimo greco che richiama il Mistero di Cristo, salvatore e redentore, dal greco ichtus (Iesùs Christòs theòs uiòs sotèr, Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore).  È dunque un secondo richiamo, un po’ nascosto forse stavolta, alla sua passione redentrice.

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Infine Gesù è esplicito. Il centro della comprensione delle scritture e della parola di Dio è il suo Mistero di Crocifissione.

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«Allora aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture e disse: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni”» [Lc 24, 47-48].

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Da quella crocifissione e resurrezione, i discepoli e gli apostoli sono testimoni e predicatori. Per questo tale mistero si è trasmesso nel corso dei secoli ed è giunto fino a noi mediante i Successori degli apostoli. Ricordando quindi che il centro di tutto è Cristo risorto, nella gioia e nella pace, anche la nostra vita quotidiana, illuminata e galvanizzata dalla fede cambia. Perché è effusa dalla pace e dalla bontà di Gesù. Ogni istante della vita non va perciò dimenticato, ma posto sotto la lente pasquale. Sapendo che nella notte più oscura o nella luce più forte della nostra vita, Gesù ci rende testimoni della sua gioia.

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Ciò trasfigura completamente tutto e ci invita ad uno sguardo diverso sul mondo. Non uno sguardo sciocco o poco attento; ma uno sguardo da risorti in Cristo. Da vincitori con Lui, nel cammino della Chiesa, nella fede cattolica. Scriveva il poeta libanese Khalìl Gibràn:

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«L’amore è l’anello di una catena che inizia da uno sguardo e sfocia nell’eterno».

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Chiediamo al Signore la grazia dell’amore di carità e con l’aiuto della tenerezza della Beata Vergine Maria, scruteremo tutto il mondo con lo sguardo caritatevole della Trinità.

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Roma, 18 aprile 2021

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È morto il presbitero e teologo Hans Küng. Tra lui e il coetaneo Joseph Ratzinger correva questo abisso: Küng era dotato di genialità, Ratzinger assolutamente no!

—  attualità ecclesiale —

È MORTO IL PRESBITERO E TEOLOGO HANS KÜNG. TRA LUI E IL COETANEO JOSEPH RATZINGER CORREVA QUESTO ABISSO: KÜNG ERA DOTATO DI GENIALITÀ, RATZINGER ASSOLUTAMENTE NO!  

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Hans Küng è sempre stata una persona di rara gradevolezza, dotato per natura anche di un aspetto fisico che lo rendeva simile a un attore hollywoodiano, specie in fascia d’età tra i cinquanta e i sessant’anni, quando alla naturale bellezza univa pure il fascino tipico degli uomini maturi che hanno cominciato nella migliore forma il loro cammino verso la vecchiaia. Una figura dunque bella, maschia e affascinante, che nulla aveva da spartire con le figure di quei preti e di quei teologi che nel loro aspetto fisico appaiono spesso delle macchiette in bilico tra l’androgino, l’asessuato e il femmineo.

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Hans Küng, presbitero e teologo (Sursee, 19 marzo 1928 – †Tubinga, 6 aprile 2021). Foto scattata in occasione del suo 80° compleanno

In gergo giornalistico si chiama “coccodrillo” il pezzo già scritto e riposto nel cassetto in attesa della morte del celebre personaggio. Gli archivi dei giornalisti sono piedi di coccodrilli. Scrivere un pezzo in breve, semmai su un personaggio complesso e controverso, non è agevole. Detto questo premetto che nessuno dei Padri de L’Isola di Patmos aveva pronto un coccodrillo per il presbitero e teologo svizzero-tedesco Hans Küng.

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Spesso ho fatto richiami ad Hans Küng, di recente anche in un mio libro dedicato a due celebri eretici di piccolissimo taglio: Kiko Argüello e Carmen Hernandez, gli iniziatori del Cammino Neocatecumenale, un vero e proprio concentrato di eresie di ritorno. Il tutto con una differenza formale e sostanziale: gli eretici sono da sempre menti superiori e molto brillanti, basti pensare a un Ario o a un Pelagio. Contrariamente ai due bohemiens spagnoli che fecero scadere persino l’eresia, da sempre appannaggio delle menti più eccelse. E proprio in questo mio libro intitolato La setta neocatecumenale. L’eresia si fece Kiko e venne ad abitare in mezzo a noi, torno a usare questo celebre teologo come paradigma.

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Dare dell’eretico a chi cade e permane in eresia sostanziale e formale non è un insulto, ma semplice constatazione di fatto legata all’ambito della dottrina della fede. O per meglio intendersi: conosco eretici conclamati che sul piano umano sono persone di rara amabilità; e gli stessi, sul piano etico e morale, sono persone di condotta ineccepibile. Conosco invece altrettante persone, dotate della più pura e ortodossa dottrina, teologi zelanti ineccepibili, con i quali cerco d’evitare di stare in compagnia per soli dieci minuti, tanto li reputo umanamente sgradevoli e a volte persino repellenti.

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Nel corso degli anni, dissertando su vari temi teologici mi è capitato frequentemente di indicare il Reverendo Professore Hans Küng come un pericoloso eretico, accusandolo a varie riprese di avere compiuto opere di devastante demolizione attraverso la metodica de-strutturazione di alcuni dei fondamentali dogmi della fides catholica.

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Ho forse mai affermato e scritto che Hans Küng fosse un poco di buono, una cattiva persona o un mediocre soggetto sgradevole? Certo che no! Hans Küng è sempre stata una persona di rara gradevolezza, dotato per natura anche di un aspetto fisico che lo rendeva simile a un attore hollywoodiano, specie in fascia d’età tra i cinquanta e i sessant’anni, quando alla naturale bellezza univa pure il fascino tipico degli uomini maturi che hanno cominciato nella migliore forma il loro cammino verso la vecchiaia. Una figura dunque bella, maschia e affascinante, che nulla aveva da spartire con le figure di quei preti e di quei teologi che nel loro aspetto fisico appaiono spesso delle macchiette in bilico tra l’androgino, l’asessuato e il femmineo.

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Hans Küng era un autentico astro nascente della teologia, con delle naturali doti intellettive e speculative e delle qualità oratorie e comunicative che altri teologi non avevano, tra questi il suo insigne coetaneo Joseph Ratzinger. Tutti e due furono periti nell’assise del Concilio Vaticano II tra il 1962 e il 1965, entrambi poco più che trentenni, ma con questa differenza: quando prendeva parola Josef Ratzinger, gli ascoltatori dicevano tra di loro «questo è un teologo molto bravo», quando invece prendeva parola Hans Küng, gli ascoltatori, nel rimanere profondamente affascinati dalla sua figura, dalla sua oratoria e dalla sua profonda competenza, dicevano tra di loro «questo a chissà quali livelli giungerà tra un po’ di anni».

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Il risultato di entrambi è noto universalmente: Hans Küng è divenuto un diffusore di eresie, Joseph Ratzinger è divenuto Arcivescovo Metropolita di München, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e in seguito 265° successore del Beato Apostolo Pietro.

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Che io sia dalla parte ecclesiale e dottrinale di Joseph Ratzinger e non di Hans Küng, non può in alcun modo indurmi, per emotivo affetto irrazionale, a negare l’evidenza dei fatti: Hans Küng, a livello intellettivo e speculativo aveva qualità naturali maggiori rispetto a quelle molto elevate di Joseph Ratzinger. Se infatti il primo era per dono di natura un genialoide, il secondo era una persona intelligente dotata per gli studi teologici. E tra un genialoide e un soggetto intelligente e dotato la differenza che corre è veramente notevole. Poi, col correre del tempo, è accaduto che il primo è diventato un pericoloso eretico e il secondo Sommo Pontefice [brano tratto dall’opera citata, pag. 43-44, I ed. Roma 2019, Edizioni L’Isola di Patmos].

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I danni che Hans Küng ha prodotto sono stati notevoli, a partire da una intelligenza geniale con tutte le capacità più elevate a essa connesse, usata per recare danni alla Chiesa e al mondo teologico. Motivo questo per il quale i sacerdoti, quelli che ancora credono al giudizio di Dio, alla vita eterna, al Paradiso, all’Inferno e al Purgatorio ― cosa non affatto scontata di questi tempi ― farebbero bene a offrire Sante Messe di suffragio per l’anima di questo nostro confratello, che sicuramente ne avrà molto bisogno. 

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 Dall’Isola di Patmos, 6 aprile 2021

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Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Gabriele

Perché Gesù una volta morto discese agli inferi prima di risorgere dai morti il terzo giorno?

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

—  omiletica —

PERCHÈ GESÙ UNA VOLTA MORTO DISCESE AGLI INFERI PRIMA DI RISORGERE DAI MORTI IL TERZO GIORNO?   

Prima della risurrezione avviene qualche cosa che molti non riescono a comprendere e che altri, purtroppo, non conoscono proprio: Cristo, una volta morto, discende agli inferi. Scrive San Paolo Apostolo: «Era disceso nelle regioni inferiori della terra. Colui che discese è lo stesso che anche ascese»

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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PDF  articolo formato stampa
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Cari fratelli e sorelle,

Beato Angelico, Cristo entra negli inferi abbattendo la porta e schiacciandovi sotto un dèmone

buona Pasqua! Dopo il cammino quaresimale il Signore ci permette di giungere all’attesa meta della sua resurrezione, sulla quale si fonda e si regge la nostra fede [Cfr. I Cor 15, 14]. Davvero oggi ci stringiamo tutti in Gesù e in Lui siamo tutti uniti e gioiosi. Pasqua è davvero il passaggio dalla schiavitù del peccato, della tenebra, quindi della tristezza e dell’incertezza alla liberazione della gioia, della felicità della certezza della resurrezione.

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Prima della risurrezione avviene qualche cosa che molti non riescono a comprendere, altri purtroppo non conoscono proprio: Cristo, una volta morto, discende agli inferi. Scrive San Paolo Apostolo: «Era disceso nelle regioni inferiori della terra. Colui che discese è lo stesso che anche ascese» [Ef 4,10]. Insegna a tal proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica ai numeri 632-637:

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«La Scrittura chiama inferi [cfr. il 2,10; At 2,24; Ap 1,18; Ef 4,9] il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della visione di Dio [cfr. Sal 6,6; 88,11-13]. Tale infatti è, nell’attesa del Redentore, la sorte di tutti i morti, cattivi o giusti [cfr. Sal 6,6; 88,11-13]; il che non vuol dire che la loro sorte sia identica, come dimostra Gesù nella parabola del povero Lazzaro accolto nel “seno di Abramo” [Cfr. Lc 16,22-26]. ”Furono appunto le anime di questi giusti in attesa del Cristo a essere liberate da Gesù disceso all’inferno” [Catechismo Romano, 1, 6, 3: ed. P. Rodríguez (Città del Vaticano-Pamplona 1989) p. 71]”. Gesù non è disceso agli inferi per liberare i dannati [cfr. Concilio di Roma (anno 745), De descensu Christi ad inferos: DS 587] né per distruggere l’inferno della dannazione [cfr. Benedetto XII, Libello Cum dudum (1341), 18: DS 1011; Clemente VI, Lettera Super quibusdam (anno 1351), c. 15, 13: DS 1077] ma per liberare i giusti che l’avevano preceduto [Cfr. Concilio di Toledo IV (anno 633), Capitulum, 1: DS 485; Mt 27,52-53].

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Adesso vediamo le letture di questa Liturgia della Parola [cfr. QUI]. La mattina di Pasqua i testimoni della Passione, col cuore ancòra travolto dagli eventi drammatici, fanno una sorprendente scoperta. Si reca al sepolcro innanzitutto Maria di Magdala. Immaginate la scena di quel cammino: l’affettuosa amica di Gesù è col cuore sgomento gonfio di tristezza per quello che era avvenuto appena due giorni prima. Appena giunta alla porta del sepolcro, ci si rende conto che il corpo di Gesù è sparito.

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«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!» [Gv, 20,2].

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Anche Pietro e Giovanni vengono avvertiti. Ma, dice il Vangelo, non avevano ancora compreso che Gesù doveva risorgere dai morti; sebbene Giovanni, che entra dopo Pietro nel sepolcro, vide e credette. La fede dei due apostoli in questo evento prodigioso rimane: nonostante non si comprenda tutto e subito. Gesù glielo aveva ripetuto più volte, che sarebbe stato crocifisso e poi risorto. E però loro stessi faticano a credere e a capire.

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È anche un po’ la situazione di tutti noi oggi. Crediamo nel mistero della resurrezione, ma fatichiamo ad entrarci a fondo. Forse perché Gesù non lo abbiamo incontrato risorto, ma la sua Resurrezione ci è stata santamente tramandata. O forse perché c’è un motivo più semplice. Perché abbiamo perso l’allenamento a pregare, contemplare e meditare questi divini misteri. Travolti dalla velocità della vita odierna, dai messaggi social, dal lavoro pressante, dalle uscite dei libri abbiamo un po’ messo in soffitta le cose importanti. Anche noi imitiamo la corsa sfrenata di Pietro e Giovanni. Ma a differenza degli apostoli non corriamo verso Gesù risorto, ma verso mille distrazioni. Oltre quello che ci sono già.

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In questa Pasqua 2021, proviamo allora a fermarci su questi versetti del Vangelo. Entriamo nell’ottica della Resurrezione, che è azione di risorgere con Cristo. La resurrezione per noi comincia già oggi, se ci orientiamo a rileggere ogni evento con l’ottica dei risorti. Cioè con l’ottica di non vivere più da uomini destinati a morire, ma da credenti destinati a morire per poi vivere eternamente. Facciamo nostro allora l’invito di San Paolo quando dice:

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«Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra». [Col 3,1]

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Pensare alle cose di lassù ovviamente non implica vivere in un continuo stato di visionari metafisici o persi in una sorta di trance mistica indotta. Cercare le cose di lassù significa appunto cercare di vivere concretamente e nel quotidiano la nostra fede. Che è fede perché diventa vita di santità. Pietro e Giovanni, come vedremo nelle prossime domeniche, si spiegheranno il sepolcro vuoto perché vedranno Gesù risorto. A quel punto, si renderanno primi testimoni dell’evento gioioso della Pasqua; gli apostoli, che senza più la paura che li aveva fatti fuggire davanti alla Passione, hanno trasmesso questo evento straordinario fino a noi. Pietro ci offre la sua testimonianza, quando nella prima lettura degli atti dice:

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«[…] Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, […] Essi [i Giudei] lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti» [At 10, 38. 39 – 42]

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Questo richiamo al mangiare e bere con Lui, oltre ai momenti passati insieme con Gesù a tavola, è richiamo all’Eucaristia. Ecco allora dove attingere il nostro cibo e bevanda spirituali per poter camminare nella via della fede. La resurrezione si vive specialmente a Pasqua, ma ogni domenica, in cui Cristo si fa presente in corpo, sangue, anima e divinità è sempre Pasqua e resurrezione in Lui, per Lui, con Lui.

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Questo sentimento di vicinanza è descritto in una commovente poesia di Giuseppe Ungaretti:

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Cristo, pensoso palpito, / Astro incarnato nell’umane tenebre, / Fratello che t’immoli / Perennemente per riedificare/ Umanamente l’uomo, / Santo, Santo che soffri, /Maestro e fratello e Dio che ci sai deboli, / Santo, Santo che soffri / Per liberare dalla morte i morti /

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Ringraziamo il Signore, per il dono della Resurrezione, chiediamogli la grazia di unirci pian piano sempre più a Lui nella fede, nella speranza e nella carità teologale, protetti dal dolce manto mariano.

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Roma, 4 aprile 2021

Pasqua di Risurrezione

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