Delle due l’una: o il Sommo Pontefice ha confuso persona, oppure ha voluto prendere per il culo da morto il Principe Filippo di Edimburgo, uno tra i più grandi puttanieri e fedifraghi del Novecento
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Chissà se il papa rimuoverà il vescovo Gisana che ha difeso il prete pedofilo e porcello o la chiesa accetterà pure questo in silenzio.
A me viene il vomito a leggere che il prete li toccava in sagrestia mentre preparava la pisside
Sarebbero anche articoli simpatici quelli come questo, se non fossero infarciti di rozza provinciale volgarità fine a se stessa.
Perché il nostro Santo Padre avrebbe dovuto criticare il marito del capo della Chiesa Inglese, che si è fatto guidare, nei suoi rapporti coniugali, da Amoris Laetitia?
ll testo ufficiale e completo del telegramma si legge qui:
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2021/04/10/0217/00476.html
Va ricordato che il telegramma è un gesto formale pubblico di buona creanza, e le affermazioni in esso contenute riflettono semplicemente i canoni usuali del galateo diplomatico.
Non è e non poteva essere una valutazione morale della vita passata del defunto, il cui giudizio finale è comunque riservato esclusivamente a Dio.
Essendo io consapevole di essere un peccatore, nella circostanza ho recitato cristianamente qualche requiem a favore dell’anima del defunto, affidandolo alla divina misericordia.
Paolo VI, che dettò le linee generali dell’attuale organizzazione della Curia, mise al centro la Segreteria di Stato. Scelta abbastanza giustificabile per vari motivi, oltretutto era il dicastero nel quale il giovane Montini fu allevato. Il punto è che ciò presuppone che il Segretario di Stato sia persona dalle non comuni capacità di governo e goda di riconosciuta autorevolezza. Altrimenti sono dolori, soprattutto se il Pontefice non è interessato all’andamento della “macchina curiale”. Ora, sarò io pessimista, ma l’ultimo ad avvicinarsi ai requisiti richiesti (pur essendo tutt’altro che esente da limiti) fu il card. Agostino Casaroli.
Caro Andrea,
se percorriamo gli ultimi 100 anni scopriamo che la carica di Segretario di Stato è stata ricoperta da uomini molto diversi in carattere, temperamento, qualità umana, provenienza e ceto sociale di appartenenza, si pensi al grande Rafael Merry del Val (1903-1914), proveniente da una della famiglie della più blasonata aristocrazia europea, al quale è succeduto Pietro Gasparri (1914-1930) soprannominato negli acidi corridoi della curia er pecoraro, proveniente da una famiglia di poveri pastori abruzzesi emigrati nel Lazio, ma non meno grande e talentato del suo predecessore.
Cosa dire di Eugenio Pacelli (1930-1939), sul quale ogni parola sarebbe superflua.
Altra grande figura Luigi Maglione (1939-1944) amico e uomo fedelissimo a Pio XII.
Dopodiché Pio XII, dal 1944 al 1958 non assegnò l’incarico a nessuno, rimanendo di fatto senza segretario di Stato e facendo il segretario di Stato di se stesso. Scelta che la storia non ha ancora chiarito e sulla quale possono essere fatte solo ipotesi, che tali però rimangono.
E a seguire:
Domenico Tardini (1958-1961), altra grande figura, come lo fu Amleto Cicognali (1961-1969).
Poi Paolo VI scelse un uomo senza colore, odore e sapore, Jean-Marie Villot (1969-1979). Non fu affatto un errore ma proprio una scelta fatta in modo deliberato. Paolo VI, forse rimasto con l’amarezza di non essere divenuto a suo tempo segretario di Stato, della segreteria aveva una sua idea ben precisa, per realizzare la quale aveva bisogno di un uomo con tre precise caratteristiche: mediocre, apatico e pigro.
Di Agostino Casaroli (1979-1990) ha detto lei quel che c’era da dire.
Angelo Sodano (1990-2006) è un uomo che forse un giorno sarà rivalutato, anche perché è stato l’ultimo dei diplomatici. Su di lui sono state create leggende nere fantasiose e quasi sempre ingenerose, mentre in verità è stato un fedelissimo servitore ed esecutore di Giovanni Paolo II.
Con Tarcisio Bertone prende avvio una caduta libera che sino a un ventennio prima non sarebbe mai stata ipotizzabile neppure da un autore di racconto fantasy.
E qui mi fermo, non altro per pudore.
Padre Ariel,
in questi giorni circolano voci di totale isolamento dei primi tre che sono freddi tra loro: Francesco, Parolin, Parra.
Parolin isolato da tutti e da Francesco.
Chi comanda in questo momento in questa cacchio di Segreteria di Stato?
Certo che, o sono scemi o sono dei gran mattacchioni, per scrivere quel telegramma ???
Caro Francesco,
sembra di essere tornati indietro agli ultimi delicati e tragici anni del pontificato di Giovanni Paolo II, quando il Sommo Pontefice era ormai totalmente debilitato dalla malattia. Tra il 2000 e il 2005 più volte ci chiedemmo: «… ma chi è, che governa la Chiesa?».
In quegli anni, a onor del vero, mentre da una parte uscivano le nomine dei vescovi più improbabili, grazie soprattutto all’opera del Cardinale Giovanni Battista Re, all’epoca prefetto della Congregazione per i vescovi, dalla Congregazione per la dottrina della fede, di cui all’epoca era prefetto il Cardinale Joseph Ratzinger, uscivano documenti come la Dominus Jesus Redemptionis Sacramentum.
La domanda «chi sta governando la Chiesa?», oggi ce la poniamo in molti e ormai da anni, sin dal giugno del 2013, dopo i primi 100 giorni di pontificato.
Non so che cosa rispondere, perché davvero non lo so, chi la governa.
Ciò che invece posso dire è che contrariamente ai documenti degli ultimi anni di Giovanni Paolo II, oggi stanno uscendo documenti in bilico tra le boutade dell’associazione goliardica e l’incoscienza allo stato brado.
Riporto di seguito un estratto da un articolo di Giulio Andreotti su 30 Giorni del Lug-Ago 1999 dal titolo: La castità regale.
Il ministro dell’Interno Francesco Crispi aveva ritenuto opportuno far conoscere in Vaticano il testo delle iscrizioni funerarie che si intendeva porre al lato del catafalco, in occasione di una solenne messa di trigesimo. L’inviato speciale, barone Monti, aveva riferito che, attesa la delicatezza della questione, era stato accompagnato presso lo stesso Sommo Pontefice trovandolo molto stanco, ma vivace e polemico. Con qualche disagio il barone aveva annotato i pungenti commenti di Pio IX alle singole lodi: «“Amò la libertà”: infatti disse il Papa noi siamo prigionieri; “Amò la giustizia”: infatti ha preso quello che non è suo». E così via. Ma il finale era stupendo: «Richiesta Sua Santità di un giudizio globale ha detto di ringraziare il signor ministro per l’attenzione usatagli e ha proposto una piccola aggiunta per farne un monumento di verità: dilexit castitatem».
Altra stoffa, altri tempi.
Monsignor Giovanni Zanchi, Arezzo
Lessi da qualche parte che, in occasione dei solenni funerali di Vittorio Emanuele II, famoso puttaniere per gran parte della vita, al Pantheon di Roma furono issati come allora d’uso i cartelli epigrafici ipocritamente celebrativi delle virtù e opere del regale defunto; dal Vaticano, il beato Pio IX commentò ironicamente che ne mancava giusto uno, con la scritta DILEXIT CASTITATEM. Pare allora che ai nostri tempi tale epigrafe funebre mancante l’abbia issata direttamente l’undicesimo successore di quel Pontefice.
* * *
N.d.R.
Il nostro Confratello Giovanni Zanchi, uomo di profonda cultura e solida dottrina, ha donato a L’Isola di Patmos, durante il primo lockdown, una serie di pregevoli omelie e meditazioni che rimangono tutt’oggi di grande attualità e che sono conservate nella nostra pagina dei video:
https://isoladipatmos.com/stage/category/i-nostri-video/
Cara Ipazia, come diceva la bbon’anima de la sora Lella: “Ah, annamo bbene! Propio bbene!“. Io aggiungo solo: pori noi!
Una carezza, Ipazia.