La cultura omosessualista e il “feticcio” della omofobia

LA CULTURA OMOSESSUALISTA E IL FETICCIO  DELLA OMOFOBIA

 

Non discuto sui gusti sessuali altrui né sul diritto degli adulti a esercitarli in modo libero e consenziente, ma nessuno può impormi la sodomia a colpi di legge come modello e come stile di vita, proteggendo il tutto con una ulteriore legge — la cosiddetta legge sul feticcio della omofobia — che se mal congegnata rischia di limitare gravemente il diritto all’esercizio delle altrui libertà di pensiero, parola ed espressione.

 

 

 

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Caro Padre Ariel,

sono perplesso del suo ultimo articolo [vedere QUI], anche se non riesco a dare un giudizio, perché ne riconosco tante ragioni di fondo. Per questo le chiedo: da mesi trattate ottimamente temi teologici, era il caso di andare a cacciarsi in tematiche così politiche? La mia è solo una domanda per capire e spero in un suo chiarimento. Ossequi anche al Padre Giovanni Cavalcoli di cui ricordo omelie memorabili e toccanti confessioni, quando era qua in città da noi nel convento di San Domenico.

Giovanni Cantargianni, Bologna

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aborto sacrosanto

non solo l’aborto è un diritto ma un diritto persino “sacrosanto

Attraverso un quesito posto da un Lettore rispondo anche ad altri analoghi pervenuti alla redazione dell’Isola di Patmos, partendo ancòra una volta con un esempio: nel 1978, quando avevo 14 anni, al termine della Santa Messa domenicale accompagnai mio padre, mia madre e mia nonna in una delle sale parrocchiali nelle quali un notaio raccoglieva le firme dei fedeli cattolici da presentare contro il referendum sull’aborto promosso dal Partito Radicale con l’appoggio di altri Partiti più o meno celati dietro a queste teste di ariete. Legge poi ratificata da politici e ministri democristiani, che si guardarono bene dal dimettersi dai propri incarichi di governo, non potendo, come “cattolici”, per gravi questioni di coscienza, porre le proprie firme su quel testo, Giulio Andreotti in testa a tutti, che all’epoca era Capo del governo, checché ne dica a posteriori Renato Farina, che da tempo pare fungere quasi da postulatore per la sua causa di beatificazione [vedere QUI].

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no vatican no taleban

Emma Bonino arringa su un palco contro “l’ingerenza” della Chiesa Cattolica nelle faccende di Stato, mentre Marco Pannella e un’altra militante ostentano il cartello: no al Vaticano no ai talebani

Marco Pannella e la sua discepola Emma Bonino ― che oggi strumentalizzano l’Augusta persona del Sommo Pontefice nel vano tentativo di tirare acqua al loro mulino ― seguitano a parlare della ingerenza dei cattolici nella politica e della “mafia” del Vaticano equiparando i nostri vescovi ai talebani, ogni volta che hanno osato parlare di vita, bioetica e valori legati non solo alla morale cattolica, ma al diritto naturale. Temi sui quali esiste una enorme letteratura scritta, filmica e fotografica, fatta soprattutto di gratuite offese recate al mondo cattolico da Pannella, dalla Bonino per riflesso, ed a seguire dai loro fedeli adepti [vedere QUI].

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Domanda: dinanzi a quel referendum del 1978, i cattolici interferirono sulla politica oppure, come cittadini della Repubblica Italiana a pieni diritti e doveri, esercitarono invece un loro diritto costituzionalmente garantito?

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Sigalini 2

S.E. Mons. Domenico Sigalini, Vescovo della Diocesi suburbicaria di Palestrina

Giorni fa, S.E. Mons. Domenico Sigalini, Vescovo di Palestrina, è stato fatto come suol dirsi nero al programma Announo sulla rete La7 [puntata integrale QUI]. Cosa avvenuta per il fatto che il presule prenestino è scarso in sagacia e dialettica. E dinanzi alla domanda dell’intelligente e simpatico intellettuale omosessuale Aldo Busi ― che di sagacia e dialettica ne ha da vendere ― il quale ha rivolto al Vescovo l’infelice contestazione che nostro compito sarebbe quello di pensare alle nostre sacrestie, il presule prenestino è rimasto ammutolito, esibendo in diretta la sua faccia inquadrata, non a caso in primo piano, con stampata un’espressione smarrita.

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suor Giuliana Galli

Suor Giuliana Galli, opinionista presso il programma Piazzapulita condotto da Gad Lerner, presso il quale rispose non rispondendo a domande sibilline a lei rivolte sulla banca vaticana [vedere QUI]

Premesso che delle bestie dell’informazione e delle macchine da guerra come gli organizzatori di quel programma, se ne guarderebbero dall’invitare uno di quegli esponente del mondo cattolico che li stenderebbe a tappeto. Ecco allora che per realizzare lo scopo di far figurare la Chiesa senza argomenti dandole al tempo stesso una immagine caricaturale, non resta che invitare la suorina alla volemose bene al programma dell’altrettanto infido Gad Lerner, per impelagarsi in argomenti al di sopra delle sue capacità logiche e teologiche di dibattito, per non dire economico-bancarie. Oppure invitando il vescovo prenestino, che quando fa pessime figure a me risulta persino simpatico, se il prezzo di questa simpatia non fosse però così elevato, visto in che modo ciò può tradursi in discredito per la Chiesa Italiana intera, di cui io faccio parte non solo come fedele, ma come devoto sacerdote, quindi libero dinanzi a simili fatti di manifestare disagio e disappunto, semmai pure con un tocco di ironia, mai con mancanza di rispetto, specie nei riguardi di un vescovo.

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Aldo Busi

l’intellettuale italiano Aldo Busi al programma Announo sulla Rete La7

Io che non sono Vescovo di Palestrina e che proprio non sono vescovo affatto – a parte la sede titolare di Laodicea Combusta che mi fu assegnata il 1° di aprile a puro titolo di scherzo [vedere QUI, QUI, QUI] – al buon Busi avrei fatto anzitutto una lezione di laicità e appresso di Diritto Costituzionale, precisandogli che non può ad alcun titolo permettersi, in una Repubblica democratica, di relegare nelle sacrestie, quindi di togliere la parola a dei legittimi cittadini di questo Paese – tali sono i vescovi – aventi come tali tutti i diritti ed i doveri derivanti dallo ius civitatis [diritto di cittadinanza], incluso il diritto di pensiero, parola ed espressione, oltre al diritto di voto. Poi avrei ricordato agli organizzatori di quel programma di quante volte, genuflessi remissivi col microfono in mano, hanno invece ascoltato senza battere ciglio persone che non appartengono a questo nostro Paese, che non ne sono cittadini, ma che pur malgrado, a volte persino con arrogante insolenza, hanno contestato dalle nostre reti televisive le nostre tradizioni, le nostre leggi e le disposizioni date dai vari governi sulle più svariate questioni, immigrazione selvaggia inclusa; oppure disquisendo circa il fastidio intollerabile che causava loro la visione di un crocifisso in un luogo pubblico. E noi tutti, come perfetti beoti, zitti e muti dinanzi a persone provenienti da regimi dittatoriali retti da teocrazie religiose da essi stessi approvate e difese anche in casa nostra, salvo parlare però dalle nostre televisioni del rispetto dovuto all’altrui sensibilità religiosa; la stessa “sensibilità religiosa” in nome della quale nei loro Paesi di origine si tagliano tutt’oggi le gole e le teste ai cristiani, donne e bambini inclusi.

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Alba Parietti

Alba Parietti: quando da una bocca gonfiata come un gommone da mare messa sul trono delle opinioniste fuoriescono perle di stoltezza

Per non dire quel che avrei risposto ad Alba Parietti, che dal superiore tronetto separato a lei riservato in studio s’è persino improvvisata largitrice di etica e di morale. Anzitutto le avrei ricordato che gli italiani la ricordano sempre nel fiore dei suoi anni come una donna di indubbia bellezza, che nel corso dei suoi ormai trentennali trascorsi televisivi e cinematografici ha dimostrato in ogni modo di non saper cantare, di non saper ballare e di non saper recitare; passando infine dai programmi leggeri al ruolo di “illuminata” opinionista. Chiarito il tutto avrei cercato i punti comuni di unione e dialogo con questa Signora, ricordandole a tal proposito che anche lei, come me, forse aveva fatta “carriera” in ginocchio, con la differenza che io, “carriera”, l’ho fatta in ginocchio per pregare. E ciò beninteso, non per dispensare sferzate, ma semplicemente perché un Vescovo, che in quel delicato momento pubblico rappresenta non solo se stesso ma la dignità dell’intero Collegio Episcopale, non può né deve farsi bacchettare da una donna senza arte né talento che ultra cinquantenne vaga oggi da un chirurgo plastico all’altro. Il tutto nel pieno e legittimo esercizio delle sue insindacabili libertà che noi siamo lieti all’occorrenza di tutelare; non però insindacabili fino al punto di bacchettare un vescovo a quel modo, visto che Maddalena, dinanzi a Gesù, si presentò per essere accolta e perdonata, non per rimproverarlo con piglio altezzoso, portandogli semmai come esempio e modello di vita Giuda Iscariota.

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gallo luxuria grillini

il defunto Andrea Gallo al gay pride, alla sua sinistra il travestito Vladimiro Guadango detto Luxuria, ex parlamentare di Rifondazione Comunista, alla sua destra l’ex presidente dell’Arcigay, Franco Grillini, anch’esso parlamentare della Sinistra post-comunista

La Signora Parietti ha infatti elevato a sommo modello il presbitero comunista genovese Andrea Gallo [vedere QUI], che nella sua autoreferenzialità e nel suo egocentrismo patogeno non esitò a sbeffeggiare e “tradire” ripetutamente la dottrina e il Magistero della Chiesa [vedere QUI, QUI, QUI] sino ad affermare pubblicamente di avere accompagnato di persona delle prostitute al consultorio per abortire [vedere QUI], oltre ad avere istituito un pulmino che di notte viaggiava per Genova a distribuire alle prostitute, oltre alle bevande calde, i preservativi [QUI]. Forse è troppo pretendere dal Vescovo di Palestrina, preposto come tale al governo dei presbiteri della sua Chiesa particolare, una risposta secca per chiarire che un prete del genere tutto è fuorché un modello di vita cristiana e sacerdotale; tant’è che il presule prenestino s’è preso quella inaudita lezione da una bocca gonfiata chirurgicamente come un gommone da mare e tacendo dinanzi a milioni di cattolici italiani, compresi i giovani dell’Azione Cattolica, di cui è stato assistente ecclesiastico nazionale.

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Announo Matteo

il giovane Matteo che dagli studi di Announo ha duramente attaccato il Vescovo Domenico Sigalini

Che dir poi del giovane attivista omosessualista che con gli occhi spiritati ha aggredito più volte il vescovo prenestino, dicendogli infine che lui non accettava di sentirsi dire che cos’è la sessualità, o come viverla, da uno che la sessualità non la vive e non l’ha mai vissuta [vedere filmato integrale, QUI]. Ebbene non vi dico cosa avrei dato per essere stato lì in quel momento al posto dell’improvvido prelato, per sentirmi rivolgere quella sola contestazione. Per prima cosa, a quel modo di fare arrogante e aggressivo, con tanto di uso del “tu” verso un prelato grazie a Dio quasi settantacinquenne, avrei replicato che ero io, a non prendere lezioni di sessualità da lui, che la sua sessualità la viveva liberamente e legittimamente a quattro zampe, poi lo avrei informato che prete lo ero divenuto a 40 anni, dopo molte vicissitudini, nel corso delle quali, una delle cose che non era mancata nelle esperienze della mia vita era stata la conoscenza approfondita della sessualità umana, anche se da me mai vissuta a quattro zampe, nei tempi che furono. Il tutto col risultato che avrei finito col procacciarmi la simpatia persino di coloro che non la pensavano come me, i quali avrebbero finito col dire: «Bene ha fatto a rispondergli per le rime, dopo che quel giovinastro lo ha aggredito in modo irrispettoso, perché, in ogni caso, un ventenne non si rivolge a un ultra settantenne a quel modo, né in pubblico né in privato». Ma d’altronde, sia la Santa Sede come istituzione universale, sia la Conferenza Episcopale Italiana, che pure dispongono di uffici stampa, segretariati per le comunicazioni sociali e via dicendo, paiono seguitare a piazzare all’interno di queste strutture i più dannosi amici degli amici di quello o quell’altro monsignorotto, sempre per tornare alle lamentele del mio precedente articolo nelle quali facevo riferimento al nostro stato di mediocrità, all’interno del quale le “mezze figure” riproducono delle figure ancora più “mezze” di loro; e questi sono i pubblici risultati della nostra “perversa” selezione votata ormai al totale scadimento.

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Sigalini invasioni barbariche 2

S.E. Mons. Domenico Sigalini a Le invasioni barbariche, programma che per temi, conduzione e pubblico, potrebbe indurre a discutere circa la prudente opportunità della partecipazione di un vescovo

Se la Santa Sede o la C.E.I. suggerissero a S.E. Mons. Domenico Sigalini di fuggire in futuro la tentazione di andare ad altri programmi del genere coi risultati testè descritti, recandosi invece in un monastero di Certosini a fare un ritiro spirituale, si eviterebbero tanti disagi e sofferenze a molti cattolici, che per le prodezze di molti ecclesiastici hanno già fin troppo da soffrire e vergognarsi.

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Sigalini a piazzapulita

S.E. Mons. Domenico Sigalini all’agguerrito programma Piazzapulita dove non seppe rispondere a diverse domande-tranello a lui rivolte sugli “scandali” dello Ior

A quel programma che poteva essere interessante, sarebbe stato possibile parlare della visione che la morale cattolica ha della vita, della famiglia e dei figli, però con altra impostazione e interlocutori; ma soprattutto chiarendo che se vescovi, preti o laici cattolici impegnati si occupano di certi temi, non lo fanno per sconfinare fuori dalle loro sacrestie, né per distaccarsi dalle nuvole delle loro cattedre, attaccati alle quali taluni sono convinti che a salvare il Popolo di Dio saranno la metafisica e la epistemologia; ma semplicemente perché è nostro dovere esercitare un diritto riconosciuto anche all’ultimo dei profughi più o meno veri, più o meno realmente sfuggiti alle persecuzioni, che appena toccato il sacro suolo di Lampedusa possono dire e fare tutto quel che vogliono e come meglio vogliono.

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Leone XIII

S.S. Leone XIII, riconosciuto come il Padre della Dottrina Sociale della Chiesa

L’esprimersi del vescovo o del presbitero su certi temi non deve essere puramente politico e finalizzato alla politica, bensì all’etica, alla morale cattolica e all’annuncio del Vangelo. La nostra non deve essere quindi politica finalizzata alla politica, ma dottrina sociale della Chiesa; e tale deve essere il nostro approccio, edificato sul deposito della fede e dalla migliore teologia supportata dal meglio della filosofia, della metafisica e da tanto senso comune che può essere tale solo se basato sulla realtà.

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Ciò che in modo severo ho invece contestato nel mio precedente articolo a certe singole persone o associazioni cattoliche, sino ad usare il termine di “cattofascisti”, è proprio l’esatto contrario: usare problemi di natura etica e morale per cercare la rissa politica, quindi usando come pretesto la Chiesa e il suo messaggio di redenzione e di salvezza per sfogare il proprio essere politico, posto che diversi dei soggetti che io critico con durezza sono stati nella propria vita: o aspiranti politici, o politici mancati. Domanda: è il caso che costoro “realizzino” o “sfoghino” certe loro frustrazioni, spesso derivanti da loro mète non raggiunte, attraverso la Chiesa e l’uso pretestuoso delle tematiche legate alla morale e alla famiglia?

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gay e neonati

celebre e triste immagini di un neonato appena venuto alla luce da un “utero in affitto” e consegnato a una coppia di gay dalla “madre surrogato” che l’ha partorito

Credo di avere riassunto la mia preoccupazione in modo chiaro, per quanto riguarda questi cattolici che in modo insultate aggrediscono gli omosessuali al grido di “Invertiti, pederasti, sodomiti”, o ironizzando sui golpe “sodomitici” o “pederastici”, paventando “l’invertitismo al potere” e via dicendo, spiegando ad essi che in questo momento storico-sociale a me interessano perlopiù coloro che sono fuori dalla Chiesa o distanti da essa. A me interessano non gli intelligenti e ragionevoli personaggi della levatura di Aldo Busi, ma i giovani e meno giovani irragionevoli che nello studio de La7, se avessero potuto, avrebbero preso a cazzotti il vescovo prenestino, basti guardare il filmato di quella puntata, perché ciò è scritto nei loro occhi accesi di disprezzo e aggressività. E com’è noto e risaputo con la piazza non si ragiona, perché è brutta per sua stessa natura. Ora, se alcuni piazzisti dovessero prendere talune “espressioni” di un certo mondo cattolico come una manifestazione del naturale pensare, sentire e agire della Chiesa Cattolica, prima o poi, all’uscita delle chiese, noi che nulla abbiamo da spartire con siffatti toni aggressivi vòlti verso un mondo suscettibilissimo come il complesso e variegato mondo gay, verremmo presi a bastonate, mentre i responsabili dell’istigazione a certe reazioni sarebbero chiusi dentro le loro ville dell’Olgiata, dei Castelli Romani o nei loro super-attici ai Parioli a seguitare a dirsi gli uni con gli altri: quanto siamo cattolici … quanto siamo veramente tradizionali, il tutto mentre Roma brucia. Oppure segregati nei loro uffici accademici a dirsi e cantarsi tra di loro: quanto sono metafisico, quanto sono epistemologo, quanto sono ameriano …

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Femen 2 primate belgio

Le Femen aggredisco e insolentiscono nel nome di “no all’omofobia“, l’Arcivescovo Andre-Joseph Leonard,  Primate della Chiesa Cattolica del Belgio, durante una sua conferenza

Non ho mai mancato di rispetto agli storici Roberto de Mattei e Piero Vassallo, di cui non condivido certe posizioni e che restano per me dei gentiluomini modello. Nell’esercizio delle mie libertà mi sento però di dire che al contrario di de Mattei che tiene conferenze su potenziali scismi più o meno inevitabili [vedere QUI], io ritengo che in questo momento noi rischiamo qualche cosa di peggiore, di quegli scismi che nella Chiesa esistono tacitamente da mezzo secolo, pur non essendo mai stati ufficializzati; rischiamo di essere randellati fuori dalle Chiese da questi “pederasti, invertiti e sodomiti”, molti dei quali covano un senso di odio innato verso tutto ciò che è cattolico, basti solo pensare alle sacrileghe dissacrazioni messe in piedi quasi di prassi ad ogni gay pride contro la Chiesa Cattolica. Soggetti ai quali non vanno offerti a pretesto degli insulti non necessari, non produttivi e non conformi allo spirito della carità cristiana.

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lobby gay

delle occulte elites di potere stanno usando le lobby gay per corrompere i popoli e trascinarli nella irreversibile decadenza umana e morale

Non possiamo però cedere neppure a tentativi di imposizioni politiche affatto “liberali” e “democratiche”, auto censurandoci per il pavido timore di irritare i potenti lobbisti gay, perché detta con tutto il garbo del caso e senza nessuno ledere, per noi la sodomia, specie quella ostentata con orgoglio, rende questo peccato — che può essere molto grave se consapevolmente commesso —, più grave ancora di ciò che in sé e di per sé è [sullo specifico tema vedere articolo del Padre Giovanni Cavalcoli, QUI].

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coppia gay celebre

Jeremiah Brent e il suo fidanzato, nuove star della campagna spring-summer di Banana republic

Non discuto sui gusti sessuali altrui né sul diritto degli adulti a esercitarli in modo libero e consenziente, ma nessuno può impormi la sodomia a colpi di legge come modello e stile di vita, proteggendo il tutto con una ulteriore legge — la cosiddetta legge sul feticcio della omofobia — che se mal congegnata rischia di pregiudicare il diritto altrui all’esercizio delle libertà di pensiero, parola ed espressione. E non entriamo neppure nel complesso tema dei bimbi dati in adozione alle coppie omosessuali o da essi ottenuti attraverso “uteri in affitto” e manipolazioni genetiche, perché questo argomento è di una tale e straordinaria gravità che come tale va trattato a parte.

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prete in manette

non è fantascienza, è un concreto rischio …

Se il legislatore non presterà massima attenzione, in tal caso noi preti possiamo correre il serio rischio di essere arrestati al termine della Messa per avere letto e predicato una Lettera di San Paolo Apostolo:

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«Non illudetevi, perché né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti […] erediteranno il regno di Dio» [cf. I Cor. 6,9-10].

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Questi erano i temi che avrebbe dovuto trattare il Vescovo di Palestrina o sui quali egli avrebbe dovuto trascinare l’argomento durante lo svolgimento del programma al quale poc’anzi ho accennato, prendendo come modello d’esempio Aldo Busi che, appena i convenuti sono partiti per la tangente, ha subito chiarito: «Io sono venuto qua per parlare delle responsabilità della Chiesa sulla diffusione della omofobia, altrimenti non ho motivo per restare; e se continuate su altri temi prendo e me ne vado». E nel mentre, il presule prenestino, seguitava a tacere; e quando parlava, era peggio di quando taceva.

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Femen 1

altra manifestazione anti-cattolica

Io che pure ho tentato di lavorare al meglio delle mie possibilità, invitando anche al dovuto rispetto verso questi esseri umani che hanno una percezione della sessualità diversa dalla nostra e che la vivono in un modo che per noi è fuori di dubbio sbagliato, oltre che nocivo se imposta come modello a colpi di legge, sarò purtroppo lì a prendermi le bastonate, al momento opportuno, mentre forse, gli alabardieri che sognano i tempi “gloriosi” che furono e il gineceo delle aspiranti contessine saranno sicuramente al riparo in qualche salotto a discutere sul Vetus ordo missae.

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Femen cattedrale di Colonia

un’altra attivista fa irruzione nella Cattedrale di Colonia saltando sull’altare durante la celebrazione della Santa Messa di Natale, sul suo corpo la scritta I’m God (io sono Dio)

Tutto queste cose lo dico oggi, 15 giugno 2015, con pastorale senso comune e forse con un piccolo tocco profetico, nella certezza che domani, quando purtroppo accadrà ciò che in queste righe ho anticipato, nessuno dei diretti interessati e meno che mai le nostre Autorità ecclesiastiche avrà purtroppo la umana e cristiana umiltà di dire o di ammettere: purtroppo avevi ragione.

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Questi i motivi per i quali ho ritenuto opportuno scrivere il mio precedente articolo in toni molto duri, consapevole in coscienza di quanto sia grave appiccare i fuochi e poi fuggire, lasciando gli altri a correre tutti i rischi del caso dinanzi all’incendio che divampa e con le uscite di sicurezza bloccate. Ma soprattutto l’ho scritto perchè sono certo che le persone da me bacchettate capiranno la gravità delle situazioni che stiamo vivendo e forse cambieranno atteggiamento, perché sono persone intelligenti, buone, sofferenti e smarrite come lo siamo più o meno tutti in questo momento storico-sociale di straordinaria delicatezza; e sono pure dei cattolici devoti, anche se per provocazione, solo per provocazione e per stimolarli con essa alla riflessione, ho messo in dubbio la loro cattolicità.

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croce incendiata

un pericolo concreto dal quale non possiamo e non dobbiamo sentirci né immuni né lontani

Scopo e missione dei Padri dell’Isola di Patmos è sostenere i nostri Lettori e fedeli cattolici con scritti di sana dottrina, diffondendo e spiegando il Magistero della Chiesa. Tutto questo non può esimerci però da entrare ― a volte anche con la mia irruenza “efficace”? ― su temi molto delicati, perché, semmai alcuni non lo avessero capito, esistono da tempo forze laiciste potenti e agguerrite che sul pretesto di male intese forme di “rispetto”, di “tolleranza” e di tutela delle “diversità”, mirano nei concreti fatti a rendere fuori legge il Cristianesimo. E un problema di siffatta straordinaria delicatezza, con tutti i rischi che esso può comportare per la vita della Chiesa e la serena sicurezza dei suoi fedeli, non si risolve strillando “sodomiti, pederasti, invertiti” … il tutto proprio nei giorni in cui la nostra Roma eterna, bagnata dal sangue dei martiri, dal sangue dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, sede del Vicario di Cristo, è stata sfregiata per l’ennesima volta dalla nuova edizione di Sodoma&Gomorra 2015, vale a dire il gay pride, i cui insulti e provocazioni ostentate da parte di un esercito di maschietti travestiti da “cagne in calore“, non servono a nessuno, a partire dalla loro causa. Ma d’altronde, narcisismo e omosessualismo sono le due facce della stessa moneta, le quali si celano — come direbbe lo psicologo Roberto Marchesini — dietro al «feticcio “omosessuale” dell’omofobia» [articolo di R. Marchesini, vedere QUI].

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cassa da morto

fuggiamo alla cultura della morte …

Ha pertanto ragione in questo caso il direttore di Riscossa Cristiana, che con pacata amarezza ha invitato alla preghiera di riparazione per l’ennesimo oltraggio recato da questa cultura di morte alla nostra Roma eterna, culla della Cristianità [vedere QUI]. Ci uniamo di cuore alla preghiera affinchè la materna mano della Beata Vergine Maria seguiti a trattenere il braccio del suo Divino Figlio ed a salvarci dalla sua ira. Perchè «Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore» [cf, Sal 102,8]. Ma essere “lento all’ira” non vuol dire esserne privo; vuol dire appunto essere “lenti”, prima di giungere ad esercitarla, perché anche la Sua ira è un grande dono di misericordia, ma anche una grande medicina verso chi, dopo essersi fatto Dio, pensa di poter sovvertire tranquillamente l’ordine naturale del Creato. È il problema di sempre: la superbia, il peccato preferito da Satana tra tutti i peccati, che per le strade più diverse porta prima alla distruzione, poi alla dannazione eterna dell’anima.

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Il Sinodo ed i “cattofascisti” all’arrembaggio

— I peccati capitali: la superbia della non-ragione —

 

IL SINODO ED I “CATTOFASCISTI ” ALL’ARREMBAGGIO

 

… vi sono anche alcuni storici della Chiesa, la cui malafede nasce da dati di fatto ch’essi non dovrebbero ignorare per dovere scientifico, per esempio: durante i primi grandi Concili dogmatici, tra il IV e il IX secolo, i Padri della Chiesa non discussero forse in modo libero su tutto e poi del suo esatto contrario, prima di giungere a delle definizioni che oggi sono dogmi sui quali la fede si fonda e si regge? Se gli esponenti di una certa cosiddetta “destra” cattolica avessero abitato nel IV secolo a Nicea durante la celebrazione di quel Concilio e se in quegli anni fossero già esistiti Il Foglio dell’ateo devoto Giuliano Ferrara e l’agenzia stampa Corrispondenza Romana, tramite i quali diffondere come sensazionale scoop ciò che qualche Padre gola profonda aveva deciso di far uscire dall’aula circa il modo in cui l’assise stava discutendo sulla Natura di Cristo, in che modo costoro si sarebbero comportati? Avrebbero fatto azioni di boicottaggio … avrebbero invitato alla ribellione … avrebbero invitato a “resistere” contro il Vescovo di Roma e il Patriarca di Costantinopoli attraverso campagne fatte tramite minacce vergate sui papiri fatti portare nelle città d’Oriente e d’Occidente dai piccioni viaggiatori? 

 

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

 

 

MESSAGGIO FINALE, 'LA CHIESA NON DEVE ESCLUDERE NESSUNO'

celebrazione eucaristica in San Pietro dei Padri sinodali al termine della prima parte del Sinodo sulla famiglia

Prima di parlare del Sinodo della famiglia e dei temi che in esso saranno discussi ― posto che qualsiasi decisione è di là da venire e che nessuno dovrebbe mettere in piedi processi alle intenzioni e meno che mai guerre preventive basate sul nulla ― è necessario chiarire quello che nei concreti fatti è lo stato della Chiesa europea e del clero, perché fare buona pastorale, ed in specie pastorale della famiglia, con le chiese sempre più vuote e con un clero e un episcopato che pare rimembrare l’armata brancaleone, potrebbe risultare difficile anche allo Spirito Santo, che ha il divino potere di mutare persino gli asini in cavalli di razza; purché negli asini, animali utili e nobili, sussista un presupposto basilare: accettare d’esser trasformati in cavalli di razza, perché se non eserciteranno la libertà dei figli di Dio aprendosi alle azioni di grazia, asini sono e asini rimarranno in saecula saeculorum.

L’Italia, non è forse un paese malato all’interno del quale un cattolicesimo roso da metastasi tumorali è italia malataormai avviato verso il proprio naturale stato di agonia? Affermazione che potrebbe apparire disfattista, se vergata dalla penna di chi s’è profuso a descrivere in articoli, omelie e conferenze, l’importanza della “teologia della speranza” [vedere QUI]. Forse la domanda andrebbe posta in altri termini e volendo anche peggiori: l’Italia è mai stata un paese veramente cattolico? Ho cercato di spiegarlo tempo fa su queste nostre colonne dell’Isola di Patmos:

«… per rispondere a questo quesito credo che dovremmo analizzare il motivo per il quale in Italia il Protestantesimo non si è espanso come in Germania, Svizzera, Paesi Scandinavi, ed in seguito negli Stati Uniti d’America, a partire dal XVI secolo. Ciò non è accaduto perché la nobiltà e la borghesia divisa in tanti principati e signorie, nel XVI secolo cercò subito i compromessi più vantaggiosi con la Chiesa Cattolica. In Italia la nobiltà e la borghesia, quantunque dedita di prassi all’agnosticismo e al deismo, in materia religiosa nutriva interessi meno radicali rispetto al resto dell’Europa. Questo ha fatto sì che regnanti, politici, nobili, mercanti, banchieri e mercenari fossero più protestanti dei protestanti tedeschi nella prassi, ma cattolici nella politica e nelle forme esteriori. Ecco perché in Italia si è sempre contrapposta allo Stato borghese una Chiesa Cattolica forte e compatta, spesso formata da eserciti di “devoti” fedeli miscredenti, ma tutti ordinati e compiti in processione con la lacrima all’occhio e il cero in mano» [articolo sul luteranesimo, QUI].

presa di roma

immagine illustrativa della presa di Roma il 20 settembre 1870

Un’altra risposta a questi quesiti, oltre alla storia potrebbero darcela anche altri dati statistici. Dopo il 20 settembre 1870, data che segnò la caduta di Roma, ultimo brandello dello Stato Pontificio, assorbito progressivamente nei dieci anni precedenti dal nascente Regno d’Italia, quali sono i territori in cui l’affluenza alle chiese risultata in percentuale più bassa? Quali le diocesi che registrano il più basso numero di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa? Sono gli ex territori del vecchio Stato Pontificio con in testa la regione Lazio, per secoli cuore del governo della Chiesa, ad avere penuria di preti e di affluenza di fedeli alle chiese. Le diocesi di questa regione, in particolare le diocesi suburbicarie di Roma, hanno un clero formato da presbiteri provenienti principalmente dai Paesi in via di sviluppo, che in alcune di esse supera in proporzione anche il 50% del numero totale dei presbiteri; ad essi vanno aggiunti anche diversi ex religiosi usciti dalle rispettive congregazioni, i quali hanno trovato pronta accoglienza nel clero secolare, in particolare nelle Diocesi di Albano Laziale, Palestrina e Tivoli. Tra questi preti “transfughi” sono emersi nel tempo anche un buon numero di soggetti problematici di cui i vescovi d’origine sono stati ben lieti di liberarsi, nella sicura certezza che qualche vescovo italiano bisognoso di “manodopera” avrebbe finito per accoglierli, data la sua necessità derivante dalla carenza di clero. Ciò con tutte le conseguenze che da queste scelte scellerate possono derivare, quando una diocesi comincia a essere composta da un considerevole numero di presbiteri il cui scopo principale è perlopiù di racimolare più soldi possibile per sostenere le proprie famiglie nei rispettivi paesi d’origine, od i bambini poveri che “muoiono di fame”. Salvo scoprire appresso, come a volte accaduto, che i bimbi da sfamare erano i figli che quel prete aveva disseminati per i villaggi; questo il vero motivo per il quale il vescovo, dopo averlo spostato da un posto all’altro, appurato che in ogni dove il prete lasciava ragazze gravide, s’è infine liberato del problema mandandolo a Roma a studiare a spese della Congregazione de propaganda fide, nell’attesa che se lo prendesse qualche vescovo italiano “affamato” di clero e per questo disposto a raccattare anche oves et boves et columbas et nummularios sedentes. Di tutto questo non occorre chiedere conto ai vari vescovi italiani, né a quelli del Lazio usati come paradigma, perché la lamentela che nelle diocesi erette nei dintorni di Roma c’erano troppi sacerdoti stranieri fu sollevata dal Venerabile Pontefice Benedetto XVI, chi si sentisse pertanto punto da simili affermazioni non se la prenda con me, ma col Sommo Predecessore del Pontefice oggi felicemente regnante.

leone coniglio

tristezza e realtà …

Con questa premessa non s’intende aprire un tema nel tema, ma solo chiarire ― prima di addentrarci nei discorsi legati al Sinodo sulla famiglia ― che bisogna fare i conti con la realtà di un’Europa scristianizzata dove brulicano eserciti di ex fedeli, o nell’ipotesi migliore di fedeli smarriti che ignorano sempre più i fondamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica, cosa questa imputabile non tanto a loro quanto alla sempre più scarsa formazione del clero. Un clero formato da un numero sempre più elevato di sacerdoti che suscitano a volte serio imbarazzo ― quantunque spesso forniti di tutte le “santissime” carte accademiche tirate ormai dietro a chiunque dalle odierne università pontificie ― e tra i quali, a breve, saranno scelti i nuovi vescovi, selezionati di rigore tra i soggetti più insignificanti, affinché alcune personalità di valore, che con grande fatica possiamo comunque trovare sempre in qualche angolo di Chiesa, non finiscano con l’intaccare la mediocrità, la calma piatta è la situazione di stallo generata dai vescovi di quella regione, perché le mezze figure devono di necessità riprodurre delle figure ancora più mezze di loro. D’altronde sappiamo bene che mettere un leone dentro una gabbia di conigli o un’aquila dentro un cortile in mezzo ai polli che raspano, per molti sarebbe forse auspicabile, ma per altri impossibile. Meglio allora tutelare clericalmente certi “equilibri” concedendo a “conigli” e “polli” il pieno “diritto” a operare al “meglio” delle loro incapacità, incuranti del fatto ch’essi stiano affossando la Cristianità. D’altronde, gli “arcani” equilibri clericali, valgono bene la distruzione della Chiesa, che in fondo è solo la Sposa di Cristo; ed in nome degli “arcani” equilibri clericali la Sposa di Cristo può essere tranquillamente sacrificata, anzi gettata direttamente sul marciapiede sotto un lampione, coi vescovi ed i cardinali che l’accostano rasente a bordo degli scooters tentando pure di scipparle la borsetta, ma … solo per dare poi i soldi ai poveri, s’intende!

macerie

macerie …

Questi i motivi per i quali nella mia ultima conferenza ho concluso auspicando il «grande botto», ossia la inevitabile implosione alla quale siamo ormai vicini, per poi ricominciare da capo a costruire sopra le macerie, perché nei processi di decadenza, una volta superato il cosiddetto limite di non ritorno, non è più possibile tornare indietro. O per meglio esprimere il tutto con un esempio pertinente: un’automobile che finisce sul ciglio d’una scarpata può essere salvata con tutte le persone che porta a bordo, se prontamente si fa retromarcia rimettendola sulla sicura carreggiata. Se invece viene lanciata lungo il precipizio, a quel punto è inutile, anzi è più dannoso tentare di ingranare la retromarcia durante la caduta; il risultato sarà quello di spaccare il cambio, dato che indietro non si può più tornare.

Questa la situazione reale nella quale i Padri sinodali si ritroveranno a lavorare e dalla quale non possiamo prescindere, perché facendolo usciremo dal reale per andare a spaziare nel surreale. I padri dovranno quindi muoversi a bordo di un’automobile che sta per schiantarsi in fondo al precipizio, mentre il conducente mostra a tutti loro il cambio spezzato domandando: «E adesso, come possiamo fare per tornare indietro?». Ora, siccome ad agitare il cambio spezzato dell’automobile in caduta è il conducente, vale a dire il Santo Padre Francesco, con lungimiranza egli ha indetto un Giubileo straordinario della misericordia; e mai giubileo fu più appropriato! Cosa che affermo con quelle cognizioni sacerdotali e pastorali che non hanno toccato certi commentatori, specie quei gruppi di cattolici tristi che contesterebbero il Santo Padre anche per avere affermato che lo «Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti» [Cf. Simbolo di fede].

giubileo 2

logo del Giubileo della Misericordia

Per capire il senso del Giubileo della Misericordia è necessario essere un po’ preti con le mani dentro la pasta della pastorale, un po’ meccanici con le mani sporche d’olio. Tempo fa, il Santo Padre, usò l’espressione pittoresca «Siate pastori con addosso l’odore delle pecore» [vedere QUI]; cosa che sul momento mi fece sorridere, per esempio immaginando il suo Vicario Generale per la Diocesi di Roma che, udite quelle parole, cercava di uniformarsi commissionando sùbito alla fabbrica di profumi di Chanel il nuovo parfume des moutons [profumo delle pecore], da distribuire tra i presbiteri dell’Urbe. Intesi però perfettamente ciò che di molto giusto il Santo Padre intendesse dire e di quanto ben poco vi fosse da scherzare su quelle parole e su quell’invito tanto serio quanto profondo.

Ma ricorriamo ancora a un esempio: giorni fa, a un malato in stato terminale ho portato la grazia e la misericordia di Dio, concedendogli — come prevede il rito del Sacramento dell’unzione degli infermi ― l’assoluzione da tutti i peccati, inclusi quelli riservati alla Santa Sede, secondo i poteri a me conferiti dalla Sede Apostolica, come recita la formula: «Ego, facultate mihi ab Apostolica Sede tributa indulgentiam plenariam et remissionem omnium peccatorum tibi concedo …». Or bene, il Santo Padre, nella bolla Misericordiae vultus con la quale ha indetto questo Giubileo [vedere QUI], non ha forse fatto capire ― a coloro che hanno cuore, anima e vero sentimento cattolico ― che siamo di fatto allo stato terminale? Presto detto da dove possiamo capirlo: non solo il Romano Pontefice ha deciso di mandare in giro dei “missionari della misericordia”, ciò che dovrebbe indurre a riflettere è che ha conferito loro piena e stabile facoltà di assolvere per tutto l’anno giubilare, a partire dalla Quaresima, anche i peccati riservati dal Codice di diritto canonico alla Sede Apostolica [cf n. 18 vedere QUI]. E come noi confessori sappiamo, l’assoluzione dai peccati riservati alla Sede Apostolica possiamo appunto concederla solo a un morente o a una persona in reale pericolo di vita, mai in altre occasioni; perché in assenza di reale pericolo di vita l’assoluzione di un peccato riservato alla Sede Apostolica costituirebbe un abuso gravissimo da parte del confessore, ed il prete che l’ha impartita sarebbe soggetto a severe pene canoniche [cf. sui peccati riservati vedere QUI].

sinodo famiglia 2

Sinodo sulla famiglia 2014-2015

L’intreccio tra Sinodo sulla famiglia e Giubileo della Misericordia non è una sovrapposizione di “attività”, ma un necessario percorso logico, se consideriamo che l’Europa, sulla famiglia ormai in agonia, rischia di celebrare a breve un solenne funerale con l’orchestra al gran completo dei massoni, dei membri del liberalismo senza valori, dai burattinai dell’economia senza etica e degli ideologi della cultura omosessualista, che tutti assieme suonano la marcia funebre a trombe spiegate. E noi, che in questa situazione siamo già stati istituiti in un certo senso becchini, non possiamo giocare a fare gli ostetrici con i cadaveri, li possiamo solo benedire e seppellire, se prima i cadaveri non avranno già sepolto noi.

Burke in cappamagna

il Cardinale Raymond Leonard Burke, eletto quale “resistente” dai circoli della cosiddetta tradizione, posa in cappamagna presso uno dei vari “centri estetici” di pizzettari&merlettari. E di sicuro sono queste le cose che fanno particolarmente gioire un soggetto come il Santo Padre Francesco.

Tutte queste cose in parte ovvie in parte fondamentali, stanno sfuggendo da quasi due anni a tutti quegli ideologi pseudo-cattolici che dovendo dare sfogo al peggio di se stessi, hanno mutato il Sinodo in un terreno di scontro politico. E dinanzi ad un agonizzante si sono messi a discutere sulle strategie da adottare per vincere le prossime elezioni politiche, prima delle quali è a loro parere utile sconfiggere il “teorema Kasper” [vedere QUI, QUI], la “relazione ereticale Erdö” [vedere QUI], la cordata dei “falsi profeti” dell’episcopato tedesco [vedere QUI], dando nel mentre notizie meticolose persino su quante volte si reca al bagno colui che da essi è stato eletto qual grande antagonista e sopravvissuto “paladino” dei “valori non negoziabili” della vera “traditio catholica”, il Cardinale Raymond L. Burke, al quale è stata conferita da costoro la Palma della Resistenza … ma a chi, forse a Pietro? [vedere QUI]. Quindi informando giorno dietro giorno tramite il bollettino dell’ormai mitico e comico sito Chiesa & Postconcilio, di quanto il funzionamento della sua eminentissima prostata sia perfetto, ma soprattutto conforme al Rito romano usus antiquior, come prova la prima minzione mattutina, seguita poi dalle laudi in rito tridentino, prima delle quali è emersa una orina salubre di colore giallo paglierino da fare invidia agli angeli, che non avendo sesso non possono orinare, per questo sono invidiosi.

caffarra e Cavalcoli

l’Arcivescovo Metropolita di Bologna Carlo Caffarra con il nostro teologo domenicano Giovanni Cavalcoli nel Patriarcale convento domenicano bolognese

Facendo tutto questo, che equivale a mostrare di non voler capire che cos’è la delicata azione pastorale della Chiesa in tempi come quelli che stiamo vivendo, questi soggetti presumono pure di avere o possedere la vera fede nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, ignari di professare invece nei concreti fatti un altro battesimo, in particolare attraverso i loro moti d’astio verso Pietro [esempio, QUI].

Più volte, come pastore in cura d’anime — e non certo come taluni liberi cittadini che giocano ai sociologi o ai politologi e che come tali devono avere sempre un nemico sul quale sfogare i propri disagi interiori ― ho ricordato che la lussuria non è il primo dei peccati capitali; il primo è la superbia seguita da avarizia, invidia, ira … Su sette peccati capitali la lussuria è collocata al quinto posto. Ci sarà pure un motivo, se in ordine di graduatoria, prima dei “famigerati” peccati di sesso, ne vengono in fila altri quattro? Ma i giornalisti laicisti per un verso, certi ideologi cattolici per altro verso hanno puntato sùbito sull’antica ossessione di sempre, il sesso, per mutare questo Sinodo in una assise chiamata a discutere su problemi legati alla sessualità umana ed ai suoi vari risvolti. Cosa invero falsa, anche se al Sinodo è presente pure un eminente esperto di bioetica e di etica sessuale come il Cardinale Carlo Caffarra, che nel corso del proprio ministero apostolico si è però occupato anche di molte altre cose, dalla dogmatica cristologica all’etica dell’economia, basti leggere le sue omelie, alcune delle quali — senza eccedere in lusinghe, dato che ai cardinali strigo di solito la crina con la spazzola ferrata e difficilmente faccio carezze — degne davvero di un dottore della Chiesa, specie in questo panorama omiletico episcopale sempre più desolante [si rimanda a tal proposito alle sceneggiate del Vescovo di Noto, QUI].  

Nonostante ciò, il messaggio che riguardo questo Sinodo è stato fatto passare dagli esponenti della “tesi” e da quelli della “antitesi” è invece la solita pruriginosa caccia alle mutande ed alle perquisizioni delle camere da letto.

Giovanni Cavalcoli foto ordine

da queste colonne Giovanni Cavalcoli ha spiegato in che modo, il Santo Padre, avesse  chiarito certe sue posizioni nel discorso conclusivo alla prima parte del Sinodo, fugando paure che non avevano motivo alcuno di sussistere

Per creare scontri ideologici e guerre è stato preso il problema della eventuale ammissione alla Eucaristia dei divorziati risposati, affinché ancora una volta, quel sacro mistero che è motore, vita e centro di unità della Chiesa, fosse diabolicamente usato come mezzo di divisione e scontro ideologico; il tutto, cosa grave, sulla base di nulla. E ribadisco sulla base di nulla, anche se qualche gola profonda episcopale o cardinalizia ha fatto uscire dall’aula sinodale discorsi o relazioni private, ed a quel punto, sui giornali di tutto il mondo e sulle agguerrite riviste telematiche dei soliti noti, si è principiato a tuonare contro “colpi di mano”, potenziali “golpe” … sino a giungere al peggio: che attraverso la prassi pastorale i pericolosi modernisti ― sulla cui pericolosità non si discute ― avrebbero finito col mutare la sostanza dei Sacramenti, lanciando in tal senso degli allarmi molto gravi, ignorando, o fingendo di ignorare, che la Chiesa non può alterare la sostanza dei Sacramenti, mai, tanto meno con la prassi pastorale [vedere QUI, QUI, ecc..]. Insomma, come ha spiegato lo storico Roberto de Mattei: «La Chiesa è alla vigilia di uno scisma» [vedere QUI, QUI]. A nulla è servito che il mio insigne confratello anziano Giovanni Cavalcoli, dalle colonne di questa nostra rivista, spiegasse con la dovizia teologica che lo contraddistingue in che modo, il Santo Padre, avesse già chiarito certe sue posizioni nel discorso conclusivo alla prima parte del Sinodo, fugando in tal senso dubbi e paure che non avevano motivo alcuno di sussistere [vedere QUI].

piccioni viaggiatori

Piccioni viaggiatori usati al Concilio di Nicea nel IV secolo, quando ancora non esistevano Il Foglio e l’Agenzia Corrispondenza Romana, per la diffusione delle discussioni private dei Padri conciliari

Tra queste persone vi sono anche alcuni storici della Chiesa, la cui malafede nasce da dati di fatto ch’essi non dovrebbero ignorare, per esempio: durante i primi grandi Concili dogmatici, tra il IV e il IX secolo, i Padri della Chiesa, non discussero forse in modo libero su tutto e poi ancora del suo esatto contrario, prima di giungere a delle definizioni che oggi sono dogmi sui quali la fede si fonda e si regge? Se gli esponenti della odierna e cosiddetta “destra” cattolica avessero abitato nel IV secolo a Nicea durante la celebrazione di quel concilio e se in quegli anni fossero già esistiti Il Foglio dell’ateo devoto Giuliano Ferrara e l’agenzia stampa Corrispondenza Romana, tramite i quali diffondere come sensazionale scoop ciò che qualche Padre gola profonda aveva deciso di far uscire dall’aula circa il modo in cui l’assise stava discutendo sulla Natura di Cristo, in che modo costoro si sarebbero comportati? Avrebbero fatto azioni di boicottaggio … avrebbero incitato alla ribellione … avrebbero invitato alla resistenza contro il Vescovo di Roma e il Patriarca di Costantinopoli attraverso campagne fatte tramite minacce vergate sui papiri fatti portare nelle città d’Oriente e d’Occidente dai piccioni viaggiatori? E in tal caso, quali polemiche avrebbero imbastito, ammesso e non concesso che tra scuole avverse e soprattutto tra pericolose eresie serpeggianti nell’orbe catholica di quei tempi ― basti solo pensare all’eresia ariana ―, si stava discutendo, non della Comunione ai divorziati risposati, bensì del fondamento stesso della Chiesa: l’incarnazione del Verbo e il mistero della Persona di Cristo?

mercato della frutta

mercato della frutta in Campo dei Fiori sotto la statua di Giordano Bruno

La zia Pasqualina che vende frutta in Campo dei Fiori sotto la statua di quel ragazzaccio di Giordano Bruno, queste cose non le sa, io che però le conosco uso non a caso l’espressione di disonestà intellettuale e di carente criterio scientifico da parte di queste persone che da quasi due anni costruiscono interi teoremi su discorsi perlopiù privati fatti dai Padri sinodali i quali devono sempre, di prassi e rigore, discutere in totale libertà di tutto e poi del suo esatto contrario, prima che Pietro, assistito dalla grazia dello Spirito Santo, dica l’ultima parola, come sempre accade e come sempre è accaduto. E facendolo, sino a oggi, Pietro non ha mai sbagliato, incluso nel Vaticano II, che della Chiesa è stato l’ultimo grande concilio celebrato, sebbene per taluni di questi belligeranti contro improbabili Eucaristie concesse ai divorziati rispostati con colpi di mano dei modernisti e dei progressisti, sia stato invece non un concilio ecumenico ma un grande sbaglio, o nella migliore delle ipotesi solo un concilio pastorale di terzo, massimo di secondo grado, stando almeno alla fanta-ecclesiologia del duo teologico Gherardini&Lanzetta.

gay village

locandina del Gay Village

Dalla Eucaristia ai divorziati i soliti noti spostano poi il tiro sui gay, paventando rischi di riconoscimenti delle unioni omosessuali e via a seguire; e con uno spirito penoso, oltre che aggressivo e pure cattivo, dobbiamo sorbirci gli immancabili Paolo Deotto e Pietro Vassallo, supportati da un gineceo di donne appassionate che anziché col cervello scrivono con lo stomaco articoli da lavanderia, attraverso i quali parlano in toni aggressivi e non di rado sprezzanti di “invertiti, pervertiti, pederasti, sodomiti …” [vedere QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, ecc..]. Articoli nei quali manca solo la chiosa finale: «boia chi molla!», semmai invitando i lettori ad un pellegrinaggio commemorativo a Predappio sulla tomba di Benito Mussolini guidato personalmente da Pietro Vassallo, visti gli ultimi articoli davvero indecenti che sono stati scritti su Riscossa Cristiana in occasione della festa della Repubblica Italiana che si celebra il 2 giugno, giorno nel quale io, come prete che al tempo stesso è pure cittadino italiano a pieni diritti e pieni doveri, celebravo invece una Santa Messa per il bene e la prosperità della nostra amata Patria e dei suoi abitanti [vedere QUI, QUI, QUI].

ROlando Rivi

il martire Rolando Rivi, assassinato dai partigiani rossi. Una immagine della cerimonia di beatificazione, di spalle il prefetto della Congregazione per le cause dei Santi, Cardinale Angelo Amato

Visto che siamo caduti su questo tema che non intendo lasciare né vago né sospeso, si aggiunga anche l’uso strumentale fatto in precedenza da questi palesi nostalgici nel giorno della festa della Liberazione, che cade il 25 aprile, in occasione della quale si è abusata la venerabile memoria dei sacerdoti uccisi nel cosiddetto “triangolo rosso” dell’Emilia Romagna dai partigiani comunisti [vedere QUI, QUI], inclusa quella beata anima del seminarista Rolando Rivi [vedere QUI], pensando al quale è raro che mi tolga la talare di dosso, se non per sostituirla, in caso di reale necessità, con un decoroso clergyman. Gente a tal punto ideologizzata, questi articolisti incattiviti da strani sentimenti “autenticamente cattolici”, da non capire neppure le parole da loro stessi scritte, visto che prima di morire, rifiutandosi di togliersi la talare di dosso, il giovane disse: «Io studio da prete e la veste è il segno che io sono di Gesù». Hai capito, Paolo Deotto? Lo hai scritto tu stesso tentando di mettere in piedi l’ennesimo teatrino ideologico: il Beato martire Rolando Rivi non disse «Io sono dei fascisti contro i comunisti», né disse «io sono dei comunisti contro i fascisti», ma disse esattamente quello che tu stesso riporti, «io sono di Gesù» [vedere QUI]. Affermazione che in sé sottintende: sono di Colui che come agnello immolato è morto per la nostra redenzione e che non invita all’odio partigiano verso nessuno, invita a odiare solo il peccato che ci separa dalla comunione con Lui e dalla sua Santa Chiesa erette sulla roccia di Pietro.                          

È vero che sono stati assassinati circa 80 sacerdoti da delle “bestie” in quel caso rosse, che alzarono il tiro assassino persino su un adolescente “colpevole” di portare la talare da seminarista, ma agli ideologi falsari di Riscossa Cristiana non dovrebbero sfuggire neppure le “benemerite” bestie nere, quantunque di fatto siano capaci a strumentalizzare e alterare per i loro discutibili fini ideologici persino il celestiale manto della Beata Vergine Maria, ingaggiando di buon grado delle comari incattivite al lavatoio [esempio, QUI] per tirare fango a iosa sul Sommo Pontefice ed il Collegio episcopale, ed il tutto — va da sé — in nome della vera e autentica fede cattolica di cui questi soggetti incarogniti da superbia luciferina si sentono persino detentori.

Don GIovanni Minzoni

Don Giovanni Minzoni, Arciprete di Argenta (Ferrara) ucciso a bastonate dai fascisti il 23 agosto 1923, martire di Cristo e della Patria

Domando pertanto a tutti loro, con fatti e atti storici alla mano: perché, il 25 aprile e il 2 giugno, non celebrare anche la memoria di tutti quei preti italiani ― peraltro pure superiori in numero ― che nel corso del “glorioso” ventennio fascista sono stati tramortiti a bastonate e più volte assaliti dalle camicie nere, alcuni persino mentre erano in chiesa all’altare a celebrare la Santa Messa? Se Paolo Deotto, anziché giocare con la storia assieme all’aspirante contessina Cristina Siccardi, che nel giorno della festa della Repubblica ha tirato di nuovo fuori la trita bufala dei brogli elettorali per i quali la monarchia avrebbe perso il referendum nel 1946 e tessendo al contempo il “cattolico” elogio della massonica Casa Savoia attraverso la figura di un suo notorio donnaiolo [vedere QUI] ― ignara di cosa questa dinastia di pirati all’arrembaggio abbia comportato per il nostro Paese e per la Chiesa italiana dal 1850 a seguire ―, si premurasse invece di documentarsi a dovere, scoprirebbe quante volte gli agenti della “benemerita” Ovra fascista hanno persino inscenato dei suicidi di preti. Uno dei quali fu sepolto all’epoca in terra non benedetta e senza funerale, perché fu creduto per davvero che s’era suicidato impiccandosi sotto l’altare della chiesa dinanzi al tabernacolo della Sacra riserva eucaristica; quindi suicidio e al contempo sacrilegio. Solo verso metà anni Cinquanta, mettendo assieme quella e altre morti parecchio sospette, si cominciò a nutrire seri dubbi che quel prete privo di simpatie verso il regime fascista si fosse davvero suicidato, si preferì però non approfondire oltre e in quell’angolo di Meridione d’Italia fu fatto calare il silenzio su quello e altri tristi decessi, ma la bara fu discretamente riesumata e sepolta nell’angolo di cimitero riservato ai sacerdoti; e con ciò fu chiarito tutto senza dover spendere neppure una parola. E per la gioia di Deotto, di Vassallo e di tutto il club nostalgico di Riscossa Cristiana, potremmo seguitare coi giovani dell’Azione Cattolica e dei gruppi degli Scouts presi a bastonate, alcuni dei quali rimasti invalidi o semi-invalidi permanenti per tutta la vita, visto che rompersi le ossa negli anni Trenta non era uno scherzo e rimettere a posto un femore fratturato in quattro o cinque punti non era agevole neppure per i migliori chirurghi; per seguire con le tipografie cattoliche incendiate, compresa quella della Civiltà Cattolica e via a seguire. Va quindi ricordato con rigore storico che il cosiddetto famigerato “triangolo rosso”, prima di essere rosso, fu un “triangolo nero”, incubatrice e culla del nascente fascismo, il cui fondatore era un romagnolo in trasferta a Milano ed i suoi primi fedeli compagni erano per gran parte emiliano-romagnoli. E in quella fascistissima regione diventata poi appresso comunistissima, ad ogni sospiro reputato sbagliato dalle “sante” camicie nere i preti venivano tonificati a bastonate, come accadde a Don Giovanni Minzoni, ad Argenta di Ferrara, al quale sfondarono il cranio a bastonate. Reputo pertanto doveroso ricordare agli articolisti di Riscossa Cristiana che invitano allo sdegno il pubblico attraverso le immagini del cadavere del duce e della sua povera amante [vedere QUI, QUI, QUI], che i sacerdoti morti prima dell’8 settembre 1943 ammontano a 422, tra questi 158 furono trucidati dai nazi-fascisti e 33 dai militi fascisti della Repubblica di Salò. I parroci italiani morti violentemente prima della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo furono 238, ai quali vanno aggiunti 41 vice-parroci e 129 tra seminaristi e novizi. Dati statistici, nomi e descrizioni delle morti sono reperibili nella sezione di storia italiana dell’Archivio vaticano.

Don Umbeto Pessina

il cadavere di Don Umberto Pessina assassinato dai comunisti in odio alla fede il 18 giugno 1946 a Correggio (Reggio Emilia)

A conclusione di questo penoso tema affermo — e non certo a cuor leggero — che “benedire” in modo più o meno subliminale il “cattofascismo” ed i “devoti” Savoia “cattolici” nel giorno in cui l’Italia festeggia la Liberazione del patrio suolo dal nazi-fascismo e ancora nel giorno in cui si festeggia la festa della Repubblica, fa di questi soggetti delle autentiche vergogne sia come italiani sia come “cattolici”. Il tutto espresso in tono rammaricato e severo dal discendente di una famiglia i cui membri hanno avuto il “privilegio” di prendersi prima le manganellate dei fascisti e poi quelle dei comunisti, con la differenza che per me costituiscono il male sia gli uni sia gli altri. È pertanto mio dovere — anche per qualche discreta sollecitazione ricevuta da alcune autorità ecclesiastiche che hanno lasciato il tutto alla mia libera decisione — di rendere noto per il tramite della mia penna, ai non credenti ed a tutte le persone distanti dalla Chiesa Cattolica le quali, equivocando, potrebbero scambiare questi soggetti ed i loro scritti molto livorosi come espressione del mondo cattolico, o peggio del pensare e del sentire della Chiesa italiana, che questi personaggi sono solo dei “cani sciolti” senza padrone che come tali rappresentano solo se stessi, non rappresentano ad alcun titolo il mondo cattolico e tanto meno il Collegio sacerdotale italiano, che ha sempre pianto e pregato sia per le vittime del fascismo sia per le vittime del comunismo, senza mai esaltare quelle uccise da una parte e ignorando con ideologica malafede quelle uccise dalla parte avversa. La Chiesa ha sempre onorata la memoria dei suoi sacerdoti uccisi in odio alla fede sia dai fascisti sia dai comunisti, compreso un beato martire di appena 14 anni.

omosessuale pianto

… non tutti i gay sono affatto dei patetici ragazzacci travestiti da cagne in calore che si esibiscono senza dignità e pudore nelle Sodoma e Gomorra dei gay pride o nei festini orgiastici del gay village

Ecco dipinta la vera pasta di cui è fatta questa gente cupa e incattivita alla quale domando: avete mai avuto a che fare — pastoralmente parlando — con degli omosessuali? Avete mai accolto dentro un confessionale questi ”invertiti, pederasti, sodomiti”, tali siete soliti definire “caritatevolmente” questi esseri umani con spirito e frasari da Repubblica Sociale di Salò e con metodi ideologici da gulag sovietico? Vi siete mai fermati ad ascoltare questi soggetti, per apprendere che cosa hanno vissuto e spesso sofferto nel corso della loro esistenza, posto che non tutti i gay sono dei patetici ragazzacci travestiti da cagne in calore che si esibiscono senza dignità e pudore nelle Sodoma e Gomorra dei gay pride o nei festini orgiastici del gay village? A quanto pare non li avete mai incontrati e ascoltati, stando almeno a ciò che da mesi state scrivendo e affermando nella “vostra” pseudo “chiesa” intrisa di politica, di ideologia, di nostalgie passate, nella quale la carità non alberga manco di straforo, presi come siete a rifiutare in modo ostinato il presente e quel divenire futuro che caratterizza invece la Chiesa di Cristo pellegrina sulla terra. Avete mai accolto, ascoltato e appreso le vite e le esperienze quasi sempre sconvolgenti di travestiti e transessuali? Io si, li ho ascoltati per ore, quando per un anno ho prestato servizio in un’antica basilica romana; e ricordo pure con affetto questo gruppo di ragazzi che tutti i sabato sera venivano alla Messa vespertina, si mettevano in fondo alla basilica e ascoltavano devotamente, ovviamente non si avvicinavano a fare la Comunione, come invece fece a suo tempo per sacrilega provocazione politica il genderista Vladimiro Guadagno, detto Luxuria, al funerale del prete eretico Andrea Gallo; ed alla fine della Santa Messa, questi ragazzi, mi attendevano per chiedermi la benedizione e preghiere per i propri defunti o per i propri familiari che vivevano nei loro paesi d’origine.

anziano con ragazza

… se nel giorno del giudizio il Signore dovesse spedire questi gaudenti e ricchi vecchietti all’Inferno, in tal caso potrebbe provvedere il capo-fariseo nonché vescovo scismatico Bernard Fellay ad andare a sollevare quaestioni “canoniche” con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, protestando energicamente per il fatto che questi “ottimi clienti” avevano regolarmente “pagato” Messe di suffragio sino alla parusia.

Ma tutte queste sono appunto azioni pastorali alle quali un prete non deve sottrarsi. Azioni che non vengono fatte dalla Fondazione Lepanto, troppo impegnata a contemplare lo stagno d’acqua rafferma dei lefebvriani, che danno semmai manforte a promuovere conferenze contro “invertititi“, “pederasti” e “sodomiti“, spiegando con disumana “morale” farisaica in che modo un adolescente, casomai morisse senza confessione, finirebbe indubitabilmente ad abbrustolire tra le fiamme dell’inferno per essersi masturbato. Luogo dal quale sarebbero invece immuni tutti i ricchi imprenditori dell’estrema destra americana o quelli arricchitisi in Brasile in modi e forme tutte da chiarire, che pur sollazzandosi all’ombra dei loro settant’anni nelle piscine delle proprie ville con delle ventenni statuarie — non si pensi male, si tratta di nipotine che recitano pure lodi e vespri col breviario tridentino — voleranno invece diritti in Paradiso per tutti i soldi mollati a favore delle opere della scismatica ed ereticale Fraternità di San Pio X e per le Messe perpetue che la stessa si è offerta di celebrare previa cospicua donazione. Ovviamente, se nel giorno del giudizio il Signore dovesse spedire questi gaudenti e ricchi vecchietti all’Inferno, in tal caso potrebbe provvedere il capo-fariseo nonché vescovo scismatico Bernard Fellay ad andare a sollevare questioni “canoniche” con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, protestando energicamente per il fatto che questi “ottimi clienti” avevano regolarmente “pagato” Messe di suffragio sino alla parusia; e non è da escludere che inviti pure alla “resistenza” contro il Supremo Giudice, che a dire suo e dei suoi, avrebbe organizzato male il Giudizio Universale, semmai con de Mattei che mette in piedi una raccolta firme per protestare contro il provvedimento preso e il giudizio dato dall’Onnipotente.

Worlds Largest Crocodile in Captivity

… non possiamo chiuderci all’interno di un fortilizio dal quale urlare “boia chi molla!”, dopo avere tirato su il ponte levatoio e avere riempito il fossato di caimani tenuti a digiuno.

Dai “cattofascisti”, che sono peggiori dei “cattocomunisti”, passiamo dunque alla concreta dimensione pastorale; e perdonatemi se ancora una volta mi rifaccio alla mia ultima conferenza nella quale, in tutta la prima parte, parlo di quel progresso sociale e scientifico col quale la Chiesa del Novecento è stata chiamata a fare seriamente i conti, sino ad equipaggiarsi pastoralmente attraverso il Concilio Vaticano II [vedere QUI] Noi viviamo oggi in una società soggetta a dei mutamente radicali, di fronte alla quale non possiamo chiuderci all’interno di un fortilizio dal quale urlare “boia chi molla!”, dopo avere tirato su il ponte levatoio e avere riempito il fossato di caimani tenuti a digiuno. Dinanzi a questi mutamenti radicali che toccano anzitutto la famiglia e la percezione sempre più deteriorata e deteriorante dell’idea di sessualità, di rapporto tra persone, di vita sentimentale o di coppia, noi pastori in cura d’anime dobbiamo essere muniti dalla Chiesa di adeguati strumenti pastorali; perché a fronte di situazioni del genere la Chiesa non può lasciare i vescovi preposti al governo delle Chiese particolari e tutti i loro presbiteri ad agire in solitudine o singolarmente secondo coscienza personale, se non peggio secondo libero arbitrio. Ancora una volta procediamo con quegli esempi concreti di cui non troverete traccia alcuna negli articolo del club dei “Boia chi molla!” che lanciano fuochi e fulmini su “concubini“, “pederasti” e “invertiti”, tuonando con urla da bettola contro i “patti sodomitici” [vedere QUI]. Premesso che la sodomia, ieri come oggi rimane sempre un grave peccato ma premesso altresì che si condanna il peccato, sempre, mentre invece il peccatore lo si assolve ogni volta che è pentito, il nostro problema odierno non è certo l’essere contrari a quella pericolosa carnevalata che è il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso, perché dobbiamo prendere atto del fatto che ormai siamo al di là di questo e che l’Europa — e non solo — ha ormai ceduto a questa triste realtà che per noi, cristianamente parlando, è una autentica aberrazione, che può solo condurre prima verso la follia, poi dalla follia all’auto-distruzione, perché alla cultura della vita che nella vita nascente e nel nucleo familare ha il proprio centro, stanno sostituendo un cultura della negazione della vita, imponendo in tal modo un’autentica cultura della morte.

coppia gay

… se una coppia di due “lui” o una coppia di due “lei” mi si presentano a chiedere il battesimo del “bimbo giocattolo” preso in adozione a coronamento della finzione di coppia e di famiglia messa in piedi, io prete, come mi devo comportare?

Bisogna però capire e accettare — e qui la parola accettare va letta come accettazione di un fallimento colossale — che in diversi Paesi europei il matrimonio tra coppie dello stesso sesso e la possibilità ad esse data di adottare i bambini è un fatto sancito da leggi a nostro parere inique e mostruose. Ora, dinanzi a leggi che hanno sancito un fatto, il problema non è più la lotta contro il matrimonio gay, che è appunto un fatto in quanto legge dello Stato in vari paesi; il problema ormai è divenuto un altro, ossia ciò verso il quale a breve dovremo agire e reagire, per esempio: se una coppia di due “lui” o una di due “lei” mi si presentano a chiedere il battesimo del “bimbo giocattolo” preso in adozione a coronamento della finzione di coppia e di famiglia messa in piedi, io prete abituato a prendere ordini dalla Chiesa — e non certo da Il Foglio e dalla Fonfazione Lepanto — come mi devo comportare? Ho sicuramente il dovere di battezzare una creatura e forse anche l’obbligo di farlo. Come posso però, a due lesbiche o a due gay che giocano alla famiglia e ai genitori e che hanno creato una vera e propria parodia satanica di famiglia, far recitare la professione di fede? Come faccio a chiedere a soggetti del genere, secondo il Sacro rito del battesimo: «Rinunci a Satana … a tutte le sue opere … a tutte le sue seduzioni?», se nei concreti fatti l’opera di Satana incarnata sono loro attraverso ciò che hanno fatto e messo in piedi tramite uteri in affitto, madri-surrogato e manipolazioni genetiche? È presto detto che in tal caso agirei secondo coscienza, posto che la mia priorità sarebbe quella di battezzare la creatura, quindi prenderei i due, premetterei che non intendo sindacare sulla loro vita privata e sulle loro pubbliche scelte che assolutamente non approvo e, se proprio vogliono battezzare la creatura, che me la facciano presentare da un padrino e da una madrina, maschio e femmina, animati da autentici sentimenti cristiani, perché in caso contrario, presentata da loro, io non amministro il Sacramento del battesimo, che da molti di questi soggetti verrebbe chiesto solo a titolo puramente provocatorio al fermo scopo di tentare per l’ennesima volta di obbligare la Chiesa a chinare il capo dinanzi alla loro volontà e quindi accettare quell’inaccettabile che noi non possiamo e non dobbiamo accettare.

coppie di fatto

… se una coppia di conviventi desidera ricevere il Sacramento del matrimonio, dopo avere avuto anche più figli, come mi devo comportare, posto che per la Chiesa sono di fatto due pubblici concubini?

Non sono parroco ma collaboro da sempre con le parrocchie per le loro varie necessità non solo liturgiche ma soprattutto pastorali, quindi posso mettermi facilmente nei panni dei miei confratelli parroci. Per esempio: se una coppia di conviventi desidera ricevere il Sacramento del matrimonio, dopo avere avuto anche più figli, come mi devo comportare, posto che per la Chiesa sono di fatto due pubblici concubini? Devo forse, come molti parroci, far finta di non sapere che i due convivono da anni e che seguitano imperterriti la loro convivenza mentre si stanno preparando al matrimonio? Devo invitarli a separarsi e andare a vivere assieme solo dopo il matrimonio, oppure, con una famiglia di fatto messa in piedi e con dei figli che stanno già crescendo, devo rispondere imponendo loro di vivere come fratello e sorella fino a dopo il matrimonio? Insomma, cosa devo rispondere e, soprattutto, come mi devo comportare nell’esercizio del sacro ministero, che non esercito certo a mio nome ma a nome della Chiesa di Cristo, invocando per ogni Sacramento e Sacramentale celebrato, impartito o amministrato la grazia del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo?

coppia fidanzati

… a due giovani che hanno trovato impiego a distanza dai loro luoghi di origine e che lavorano duramente per pagarsi il mutuo della casa e sposarsi quanto prima, che vivono in un monolocale condividendo gli spazi e soprattutto risparmiando sulle spese, che cosa devo dire, di andare a vivere in case separate?

E ancora: a due giovani fidanzati ventenni che con sacrificio vanno fuori sede a studiare all’università ― cosa che possono fare solo perché in due condividono una camera e quindi le spese sono dimezzate, altrimenti le rispettive famiglie non potrebbero sostenerli a singole spese piene perché prive di mezzi ― cosa devo dire? Come devo considerare questi giovani che con sacrificio, riuscendoci o non riuscendoci, provano a vivere sotto lo stesso tetto come due fidanzati cristiani? devo imporgli d’obbligo di “fuggire dalle tentazioni”? Li devo trattare da concubini conviventi ed escluderli dai Sacramenti solo perché in simile situazione vivono sotto lo stesso tetto? A due giovani che hanno trovato impiego a distanza dai loro luoghi di origine e che lavorano duramente per potersi pagare il mutuo della casa e sposarsi quanto prima, che vivono in un monolocale condividendo gli spazi e soprattutto risparmiando sulle spese, che cosa devo dire, di andare a vivere in case separate e bruciare buona parte dei loro profitti per pagare l’affitto di due singoli alloggi, altrimenti non li ammetto ai Sacramenti? Certo, sono circostanze che impongono sempre di valutare caso per caso, potrei quindi agire rispondendo in coscienza, ma, per quanto pura, la coscienza dell’uomo può essere molto defettibile, per ciò è opportuno che la mia coscienza di prete sia adeguatamente supportata da precise indicazioni date dalla Chiesa, che dinanzi a queste realtà non può né scappare né nascondere la testa sotto la sabbia come lo struzzo, lasciando in tal modo allo scoperto ed esposta ai peggiori attacchi la parte del corpo più vulnerabile e più meritevole di dignitosa tutela.

divorziati

quando alcuni dirvorziati risposati si sono presentati a me  dicendomi appresso che erano divorziati ma che “l’amico prete” gli aveva detto che “potevano ricevere la Comunione”, io ho sempre risposto dicendo: «Il prete che vi ha detto questo – se ve l’ha detto – ha sbagliato, pertanto vi invito a non ricevere la Comunione»

Più complesso il discorso dei divorziati risposati ai quali io non amministro l’Eucaristia. E quando alcuni si sono presentati a me dicendo che erano divorziati ma che «l’amico prete» gli aveva detto che «potevano ricevere la Comunione», ho sempre risposto: «Il prete che vi ha detto questo – se ve l’ha detto – ha sbagliato gravemente, pertanto vi invito a non ricevere la Comunione, pur invitandovi a partecipare con devozione alla Messa». Gli esempi sarebbero tanti, inclusi preti che si sono anche sostituiti al giudizio dell’autorità della Chiesa, incaricando persino come catechisti e catechiste uomini e donne divorziati risposati, permettendo loro di ricevere la Comunione senza che ancora i tribunali ecclesiastici interpellati per il caso si fossero espressi sulla validità o meno del vincolo sacramentale precedente, attraverso il quale si erano uniti in matrimonio e per il quale seguitavano ad essere vincolati per la Chiesa da Sacramento indissolubile.

Corte di cassazione

… il Sinodo sulla famiglia, che poi dovrà darci delle chiare risposte e soprattutto precise direttive pastorali alle quali attenerci con zelo, affinché noi pastori in cura d’anime si possa subito procedere a spiegarle e trasmetterle al Popolo di Dio e all’occorrenza imponendone la scrupolosa osservanza.

Può la Chiesa consentire a parroci o singoli preti di legiferare a titolo personale su materie così delicate, o lasciarli liberi di agire in coscienza, considerando che spesso la coscienza, ed in specie quella del prete malformato, può essere — come poco prima ho spiegato — anche parecchio viziata? Ecco perché ho cominciato questo articolo proprio parlando del triste livello odierno e della formazione sempre più scarsa dei preti, non certo per tirare le solite meritate stoccate ai vescovi ed ai responsabili dei seminari, a mirare sui quali, oggi come oggi, equivale neppure più a sparare sulla croce rossa, ma su un carro funebre che porta la bara del morto al cimitero.

Questi sono alcuni dei problemi reali e molto delicati che dovranno essere discussi al Sinodo sulla famiglia, che poi dovrà darci delle chiare risposte e soprattutto precise direttive pastorali alle quali attenerci con zelo, affinché noi pastori in cura d’anime si possa subito procedere a spiegarle e trasmetterle al Popolo di Dio e all’occorrenza imponendone la scrupolosa osservanza. Usare e abusare di tutto questo per scontri politici e idologici, spesso giocati sul Sacro Mistero Eucaristico usato come terreno di scontro, è cosa nociva e disonesta; è la disonestà tipica dei politici mancati, o dei politici trombati, che hanno scelto la Chiesa come loro campo di sfogo e di scontro; è la disonestà tipica di chi, al mistero della Misericordia di Dio, sostituisce l’ululato del «Boia chi molla!». E chi opera a questo modo può anche proclamarsi cattolico dalla mattina alla sera, giocare all’ecclesiologo e scrivere articoli tinti di toni apocalittici sul Sinodo della famiglia che segnerà ― a loro dire ― la totale caduta nella grande apostasia dalla fede. Mentre triste e drammatico resta il fatto che quanti agiscono così non sono in comunione con la Chiesa, perché come il giovane ricco [cf. Mc 10, 17-22] non si sono mai svuotati delle peggiori “ricchezze” di se stessi per riempirsi di Cristo e seguirlo, il quale attraverso l’Apostolo Paolo ci indica come più importante tra le virtù la carità [cf. I Cor 13, 12-13] , che non si regge né sul sentimentalismo né sul buonismo, né sul misericordismo mondano, ma neppure sul feroce giustizialismo e meno che mai sulla spietata e disumana morale farisaica; si regge sulla giustizia e sulla verità, amalgamate ad essa dalla fede e dalla speranza. E chi scrive e semina certe cose così tristi e cattive, peraltro in nome della propria presunta e unica vera “tradizione”, non ha fede, non ha speranza e non ha carità; insomma non è cristiano, è altro, ma non vuole rendersi conto della sua triste alterità, perché se il Demonio riesce a prenderci nella superbia, prima ci acceca, poi farà di noi tutto ciò che vuole.

Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo:
«Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore
è lontano da me.
Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini
».

[Mt 15, 7-9]

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

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Padre Giovanni

L’apologia della superbia

— I peccati capitali: la superbia come rifiuto della verità —

L’APOLOGIA DELLA SUPERBIA

 

Tra il panteista che crede di essere l’Io assoluto e il demente che crede di essere Napoleone, la differenza sta nel fatto che certi ambienti accademici credono al primo e lo considerano un genio, mentre compassionano il secondo considerandolo, peraltro giustamente, bisognoso di cure. Ma non si accorgono che il fattore propulsivo fondamentale dell’atteggiamento di entrambi è il medesimo: una superbia sottile, intelligente e raffinata, nutrita di lunghi studi filosofico-teologici nel teologo o nel docente universitario, perfetto fariseo; ed una superbia rozza, grossolana e ridicola nel secondo.

 

 

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

Chiunque fa il male, odia la luce
e non viene alla luce
perchè non siano svelate le sue opere [Gv 3,20]

Nessuno può porre un fondamento
diverso da quello che già vi si trova
[I Cor 3,11]

 

LA QUESTIONE DELLA SUPERBIA

 

superbia mosaico

raffigurazione della Superbia in un mosaico bizantino

La superbia è già nota presso i saggi pagani, i quali l’hanno rappresentata col mito di Narciso, di Icaro, di Prometeo e dei Titani. Nella letteratura greca ci sono molti personaggi superbi, spacconi e gradassi guardati con ammirazione, come certi eroi omerici. La superbia si dice in greco anche yperefanìa, vocabolo composto che implica l’idea di mostrarsi superiore a ciò che si è realmente. Ad essa corrisponde il latino superbia. Nell’uno e nell’altro caso il significato del termine è ambiguo: può significare sì il vizio, ma può avere anche il senso positivo di superare se stessi, magnificenza, nobile sentire, fierezza, cosa che ci fa capire come il mondo pagano non avesse le idee chiare su questo punto così importante dell’agire umano.

C’è voluta la sapienza ebraico-cristiana per dare alla superbia un significato superbia melanegativo, legato alla disobbedienza a Dio, opponendola all’umiltà e distinguendola dalla giusta aspirazione dell’uomo a superare le proprie limitatezze, alla grandezza e all’ascesa a Dio. Non si tratta di una tendenza al soprannaturale, che con ciò stesso lo annullerebbe, ma semplicemente di un bisogno di perfezione. Gesù nel Vangelo di Marco [7,22] condanna senza mezzi termini la superbia (yperefanìa). Con tutto ciò la Grecia, con Aristotele e con Antigone, ci ha lasciato anche stupendi esempi di umiltà, che è il rimedio alla superbia, ricordandoci come il nostro pensiero dev’essere sottomesso al reale — il famoso realismo aristotelico — e la nostra volontà deve accettare umilmente la legge morale naturale non scritta, ma stampata nella coscienza.

La superbia in Grecia è chiamata anche hybris, espressione che significa un pensare che va oltre i limiti del lecito, quella che in senso etimologico è la tra-cotanza, ossia il trans-cogitare, una coscienza di sè che va oltre ciò che è lecito pensare di sè. La superbia ha quindi un sostanziale e fondamentale riferimento all’io e precisamente all’autocoscienza, alla coscienza della propria intelligenza e della propria dignità spirituale.

L’ESSENZA DELLA SUPERBIA

 

Superbia verita

superbia come rifiuto di sottomettersi alla verità

La superbia è sostanzialmente e originariamente il rifiuto di sottomettersi alla verità, alla verità su di sè e su Dio. Questo appare chiaro dal racconto biblico del peccato originale. Per quanto possa sembrare strano per una creatura come l’uomo, fatta per trovare nella verità la sua felicità, restano vere le amare parole di Cristo: «Gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce» [Gv 3,19]. E la causa di ciò non è altro che la superbia, triste lascito del peccato originale. Essa dunque è un peccato del pensiero di se stessi; è una considerazione di sè e della propria dignità o grandezza, che non sta nei limiti del vero e del giusto, non è regolato dal reale o dall’essere, non riconosce i limiti della propria essenza creaturale, ma fa sì che il soggetto abbia di sè una considerazione ed una stima superiore a ciò che egli effettivamente è. È ciò che si chiama presunzione.

superbia jolie

… parola di una celebre star adepta della setta di Scientology!

Difficilmente la cultura liberale contemporanea capisce e accetta che ci possa essere un pensare colpevole e censurabile, che si possa peccare nel pensiero, convinta che il pensare come tale possa creare il vero come pare e piace, ebbra come essa è di una falsa libertà di pensiero, ignorando che il pensiero è veramente libero e sano, quando si sottomette alla verità oggettiva e alla realtà esterna, indipendente dall’io o dal pensiero, creata da Dio e non dall’uomo. La superbia è una forma di auto-inganno con la quale poi il superbo cerca di ingannare ed affascinare gli altri facendo creder loro di essere ciò che egli, nel suo delirio, immagina di essere. La superbia produce così vanteria e millanteria, tipici di coloro che hanno sempre bisogno di avere qualcuno attorno a suo servizio, di essere al centro dell’attenzione, di parlare con fierezza agli altri anche senza essere interrogati, delle proprie doti eccezionali e delle loro grandi imprese, superiori a quelle di molti altri.

superbia gatto leone

superbia e mancata percezione del dato reale

Tra il panteista che crede di essere l’Io assoluto e il demente che crede di essere Napoleone, la differenza sta nel fatto che certi ambienti accademici credono al primo e lo considerano un genio, mentre compassionano il secondo considerandolo, giustamente, un soggetto bisognoso di cure. Ma non si accorgono che l’elemento propulsivo fondamentale dell’atteggiamento di entrambi è il medesimo: una superbia sottile, intelligente e raffinata, nutrita di lunghi studi filosofico-teologici, nel teologo o nel docente universitario, perfetto fariseo; ed una superbia rozza, grossolana e ridicola nel secondo. Ma forse avrebbe più bisogno di cure il primo, rimediando alla sua superbia con un sincero pentimento e l’esercizio dell’umiltà, che fa raggiungere quella vera grandezza, che la superbia promette in modo fallace.

superbia vignetta

superbia intellettuale

La superbia è spesso il vizio degli intellettuali e di persone colte, raffinate, controllate, cortesi, intellettualmente dotate, titolate. Ma appunto sta qui l’insidia e il problema: che costoro, in ultima analisi e in modo speciale, cadono in quella abbominevole categoria di «ricchi», dei quali parla Cristo, egoisti e sfruttatori, ambiziosi ed ingordi e alla fine empi e candidati alla dannazione. È grave non impiegare nel soccorso ai poveri le proprie ricchezze materiali; ma è ancora più grave l’apologia della superbia, che fa sprecare le proprie ricchezze spirituali e spinge le anime a ribellarsi a Dio e ad andare all’inferno.

IL PECCATO DI SUPERBIA
superbia tarquinio

Tarquinio il Superbo

Ma come il superbo inganna? Come agisce? In che modo? Per quali vie? Sotto quali pretesti? Con quali sofismi ed astuzie? Il superbo fa leva sul nostro innato bisogno di grandezza e di autoaffermazione, per esempio la certezza della verità e la sicurezza di far bene. Tutte cose e degne in se stesse e più che legittime, doni e comandi che ci vengono da Dio. Il superbo inganna dandoci ad intendere in vari modi che il nostro io o l’umanità vale e può molto di più di quanto a tutta prima, empiricamente appare. Si sforza di dimostrare che noi non siamo sottomessi a nessuno, ma che siamo origine e regola di noi stessi.

superbo egocentrico

il superbo e gli altri

Non si tratta di riconoscere una realtà fuori di noi e indipendente da noi, ma siamo noi a porre il reale e noi stessi col nostro pensiero e la nostra volontà, giacchè il reale non è altro che il nostro pensare: l’essere è l’essere pensato, esse est percipi. Non esiste un principio o fondamento del sapere e dell’agire oggettivo e certo, uno per tutti; ma ciascuno di noi è libero di porre il principio che preferisce.

Per il superbo il mondo non è un mondo a sè, che debba essere spiegato da una causa diversa da noi stessi. Il mondo è il nostro mondo, è ciò che noi pensiamo e vogliamo essere mondo. Il mondo è effetto del nostro pensiero e della nostra azione. Non si tratta del semplice fatto che noi conosciamo ciò che facciamo, secondo il celebre motto di Gian Battista Vico, verum est ipsum factum, ma della pretesa empia di proprio il proprio stesso essere.

superbia paraocchi

naturale accessorio della superbia: i paraocchi

Indubbiamente, le persone meschine, dagli obbiettivi limitati, incapaci di astrazioni intellettuali, che vivono alla giornata in mezzo a tanti guai o banalità o immerse nei vizi carnali, dotate di un certo crudo realismo, sono in certo modo al riparo dal credere alle manie di grandezza ed ai sogni folli dei superbi, che promettono di prendere coscienza di essere Dio o l’Assoluto, nel quale magari non credono neppure, di raggiungere un sapere assoluto o una libertà sconfinate ed un’onnipotenza, che all’uomo carnale non interessano nè giudica possibili, accontentandosi, per usare una frase di Sartre, di nourritures terrestres. Queste persone indubbiamente peccano, ma non in modo così grave e responsabile come i superbi, sia per la materia del peccato dei superbi, che tocca più da vicino la vita spirituale e il destino eterno dell’uomo, sia per il fatto che il peccato di superbia comporta una lucidità di coscienza, un calcolo astuto e un libero arbitrio, che non esistono così perfettamente nei peccati carnali, i quali, benchè possano essere gravi, sono solitamente effetto più di debolezza o spinta passionale che di malizia, dato che spesso hanno le loro origini occasionali in una cattiva educazione ricevuta, in ambienti moralmente degradati, in situazioni di miseria o di abbandono, o con un retroterra psichicamente tarato o deficitario.

superbia le intellettuali

scena tratta dall’opera teatrale “Le intellettuali” di Moliere

La superbia, più diffusa negli ambienti colti e nei ceti elevati, fieri delle loro qualità, prestigio sociale e ricchezze, civili ed ecclesiastici, può valersi di raffinate coperture culturali e pretesti ideologici, tratti con grande abilità da diverse filosofie e religioni, in particolare quelle tradizioni gnostico-idealistico-panteistiche, eventualmente occultistiche od esoteriche, che in Occidente iniziano con Parmenide e in India col Vedanta. L’io si illude di essere l’apparire o avatar o “momento” sensibile dell’Assoluto, sicchè alla fine non ha da render conto a nessuno del suo operato, tutto gli è concesso e arriverebbe al più assoluto pervertimento morale, se normalmente non fosse trattenuto dalle comuni norme della convivenza civile ed ecclesiale, non certo per intima convinzione, ma per pura convenienza, che gli consente di ottenere posizioni di primo piano e passare per uomo saggio e ragguardevole.

lavanda dei piedi

Gesù e la lavanda dei piedi

L’avvento del cristianesimo, erede della saggezza vetero testamentaria, così consapevole della creaturalità dell’uomo, con la predicazione dell’umiltà, il suo spirito di penitenza e conversione, il suo caratteristico realismo gnoseologico e culto dell’obbedienza a Dio, genera una lotta ancora più dura contro lo spirito di superbia, le cui origini risalgono al peccato di Adamo. Fondamentale diventa l’esempio di Cristo, che pur essendo Figlio, abbassò se stesso nell’umiliazione della croce e ci comanda: «Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore» [Mt 11,29]. Il cristianesimo è indubbiamente una grande esaltazione dell’uomo chiamato in Cristo ad essere figlio di Dio, partecipe della vita divina, ma a patto di abbassarsi e ad umiliarsi davanti a Dio ed agli stessi fratelli, ai quali chiedere perdono e misericordia.

superbia ipocrisia

altra faccia della superbia: l’ipocrisia

All’empietà, al rifiuto del trascendente e di onorare Dio, alla auto-divinizzazione, alla magia ed alla ribellione a Dio, la religione cristiana sostituisce l’umile confidenza, l’ascolto fedele della Parola di Dio e della comunità ecclesiale, la devozione, l’adorazione, la lode e la contemplazione. Alla prepotenza verso il prossimo, alla sete di dominio, all’egoismo, all’egocentrismo, allo sfruttamento degli altri, all’ipocrisia, alla spocchia, alla albagia, all’alterigia, all’oppressione del debole, al disprezzo o al dileggio offensivo degli altri, all’orgoglio che non perdona, alla permalosità, all’impazienza, alla caparbietà, alla vendetta, all’ingordigia, odiose proprietà e conseguenze della superbia nei rapporti con gli altri, l’etica cristiana sostituisce l’umiltà, la mitezza, la dolcezza, l’indulgenza, la misericordia, la cordialità, la gratitudine, lo spirito di sacrificio, la dedizione generosa, lo spirito di servizio, la disponibilità, la docilità, la socievolezza, la solidarietà, l’apertura e la semplicità di cuore, l’amore disinteressato.

superbia pensieri

la superbia è anzitutto un pensiero

Il superbo concepisce intenzionalmente pensieri che fanno apparire plausibile la superbia o incitano alla superbia sotto speciosi pretesti, per coprire o giustificare le proprie azioni, nascondendo il male che pensa e che fa. Ma non è detto che chiunque concepisce quei pensieri, soprattutto se li apprende da altri, o ne fosse anche lo stesso autore, sia un superbo e quindi abbia colpa. Può capitare, infatti, che uno li concepisce senza rendersi conto della gravità di ciò che pensa o delle sue conseguenze, o resti ingannato credendo di aver fatto una grande scoperta per il bene dell’umanità. In tal caso i suoi pensieri restano oggettivamente dannosi e pericolosi, ma chi li formula o li accoglie in buona fede resta innocente.

Anche nei Santi o in degni uomini come per esempio un Sant’Anselmo, un Duns Scoto, un Eckhart, un Cusano, uno Suarez, un Rosmini esistono princìpi o dottrine che, soprattutto se portati alle estreme conseguenze, sono gravemente errati; ma ciò non impedisce che gli esimi autori restino moralmente irreprensibili. Peccheranno coloro che accoglieranno questi pensieri con malizia, per soddisfare la loro superbia o le loro passioni. Del resto, non è affatto detto che tutti gli errori servano a favorire la superbia, giacchè ci sono anche altri sei vizi capitali, che attendono di avere i loro apologeti.

 

DEACADENZA DELL’IDEALE DELL’UMILTÀ E RITORNO DELLA SUPERBIA

 

Machiavelli 1

Niccolò Machiavelli e l’antico culto pagano del dominatore

Col passar dei secoli l’ideale cristiano della grandezza umana fondata sull’umiltà non è stato sempre rettamente inteso. Dopo le avvisaglie della teologia emanatista di Scoto Eriugena nel IX secolo, a cominciare dal misticismo tedesco del XIV secolo, l’assimilazione a Cristo è stata confusa in Meister Eckhart con un’impossibile identificazione con Cristo, perdendo di vista i limiti della natura umana; e soprattutto poi a partire dal Rinascimento italiano, col suo caratteristico antropocentrismo ispirato all’ermetismo di Marsilio Ficino, una cattiva interpretazione del cristocentrismo, ha ricominciato a far capolino l’antico culto pagano dell’individuo dominatore con Nicolò Machiavelli e della magia con Pico della Mirandola e più tardi Giordano Bruno. Sorge un cristianesimo che invece di incitare all’umiltà, sotto pretesto della dignità dell’uomo redento in Cristo, comincia in pratica ad esaltare la superbia e ad incitarlo alla superbia, naturalmente con tutti i possibili accorgimenti, essendo ben nota la netta opposizione di questo vizio alla virtù cristiana.

superbia nietsche

Nietzsche e la volontà di potenza

Ciò avvenne all’inizio, con l’Umanesimo italiano, timidamente e con grande circospezione; ma successivamente nei secoli seguenti in modo sempre più aperto, fino a giungere, a partire dal XVIII secolo, a considerare la dottrina cristiana dell’umiltà come nemica dell’uomo. Il culmine di questo processo sarà raggiunto da Nietzsche, alla fine del XIX secolo, con la sua aperta esaltazione della “volontà di potenza” in feroce polemica col cristianesimo. Ma ad aprire la stura a questo torrente di empietà, che si ingrosserà viepiù, sino ai nostri giorni, sarà paradossalmente proprio il luteranesimo, che pure volle presentarsi come cantore della divina misericordia e nemico dell’orgoglio umano e della sua pretesa di avanzare meriti davanti a Dio. Ma il fatto ben noto è che Lutero impostò questa predicazione non priva di aspetti positivi, sulla base totalmente falsa e sulle sabbie mobili della ribellione al Magistero della Chiesa, sotto pretesto di opporsi alla corruzione morale del papato, dando mostra evidente che la sua esaltazione dell’umiltà era una finta, che nascondeva la sostanziale superbia di ribellarsi all’autorità dottrinale del Vicario di Cristo e di erigersi a giudice della sua ortodossia, rompendo con ciò stesso la comunione con la Chiesa, che pretendeva di “riformare“, quando il primo che avrebbe dovuto riformare era se stesso. In tal modo i contenuti della Rivelazione cristiana, non più custoditi dal Magistero, venivano a trovarsi alla mercè del primo esaltato o filofastro, il quale, sulla base delle sue idiosincrasie e di una cultura raccogliticcia, e ritenendosi ispirato dallo Spirito Santo, si sentiva libero ed autorizzato a saccheggiare il patrimonio della Rivelazione, scegliendo o rifiutando quello che gli garbava e mescolandolo eventualmente — in barba al “puro Vangelo” di Lutero — con altre ideologie di accatto: nuova maniera per soddisfare la sua superbia ed il suo desiderio di fama e notorietà.

lutero 95 tesi

Lutero paradigma della ribellione dettata dalla superbia

Già nella sua vita Lutero, come è noto, ebbe a che fare con personaggi di questo genere, che lo facevano andare su tutte le furie, senza che egli si rendesse conto che essi non facevano altro che mettere in pratica l’approccio alla Scrittura, che egli stesso per primo stava praticando, in opposizione all’interpretazione del Magistero della Chiesa. Non comprese che lo sganciarsi dalla supervisione —”episkopè“— e dalla guida del Magistero non è un fenomeno di libertà, ma produce il caos e un bellum omnium contra omnes, mascherato poi da Hegel sotto l’eufemismo della “dialettica”. E pare che ancora a tutt’oggi i protestanti non l’abbiano capito. Servirà ad essi il dialogo ecumenico?

supervia vizi capitali

la rassegna integrale dei vizi capitali

In tal modo la superbia cristiana divenne assai più grave e dannosa della superbia grossolana pagana, giacchè se questa poteva gonfiare i valori della ragione o la semplice forza bruta, l’eretico che si trova a disposizione gli immensi tesori della Rivelazione, poteva adornarsi di questi gioielli, che il pagano non conosceva neppure. Ed è così che è nato il panteismo cristiano, soprattutto con Hegel e seguaci fino ai nostri giorni. Ma le cose diventarono ancora più pericolose, allorchè non furono più soltanto esaltati, visionari e falsi mistici ad accostarsi alle dottrine di Lutero e ad usare il suo metodo di interpretazione, ma arrivarono filosofi indubbiamente geniali, con titoli accademici, tali quindi da acquistarsi credito anche presso gli ambienti colti sino ad oggi e da fondare la teologia luterana e comunque una filosofia che fosse compatibile con la dottrina di Lutero. Questi filosofi non tardarono a venire. Il primo fu Cartesio. Poi coloro che vollero utilizzare Cartesio per una fondazione razionale del protestantesimo, furono Leibniz e Wolff. E la cosa paradossale fu che Cartesio fondò un approccio razionalistico alla Scrittura, sicchè si cominciò a scegliere nella Bibbia non più ciò che aveva già scelto Lutero, il che era dato per scontato, ma ciò che doveva essere conforme a “ragione”; non più però la sana ed equilibrata ragione aristotelico-tomista, già raccomandata dal Magistero della Chiesa, ma proprio quella ragion superba ed orgogliosa, che già aveva costituito oggetto dell’odio di Lutero. Fu così che il suo fideismo generò esattamente il suo opposto, ossia il razionalismo, proprio ciò che Lutero voleva evitare.

cartesio

immagine pittorica di Cartesio

Tuttavia i protestanti presto si accorsero dell’affinità che il cogito di Cartesio aveva con l’io luterano. L’impostazione psicologica era la stessa: il medesimo ripiegamento dell’io su se stesso come fondamento della certezza; e per questo adottarono la filosofia cartesiana, benchè nata in ambiente cattolico, come la filosofia del protestantesimo, nonostante il disprezzo luterano per la filosofia e per la ragione. Ma la filosofia cartesiana, nonostante il suo razionalismo, sembrava più vicina a Lutero della filosofia scolastica, perchè Cartesio come Lutero, dava un primato alla coscienza rispetto all’oggettività della realtà come regola della verità, principio, questo, della filosofia aristotelico-tomista appoggiata da Roma. Cartesio, sul piano della ragione, respingeva l’oggettività del sensibile; Lutero, sul piano della fede, respingeva l’oggettività della Chiesa Romana. Ma entrambi, poi, sulla base dell’io, ritrovavano, Cartesio, la realtà delle cose esterne e Lutero l’oggettività della comunità luterana.

Tanto l’autocoscienza cartesiana quanto la coscienza luterana ponevano se stesse all’inizio e al fondamento del sapere: sapere di ragione, quello di Cartesio; sapere di fede, quello di Lutero. Ma nulla dal di fuori poteva e doveva contraddire questa coscienza o entrare in questa coscienza, fonte prima della verità e della certezza. Segno palese anche questo di superbia.

In Cartesio l’idealismo delle idee innate era esplicito, velato da un realismo posticcio e di convenienza; in Lutero, sostanzialmente realista alla Ockham, l’idealismo implicito verrà alla luce in forza del trattamento cartesiano, che il luteranesimo subirà ad opera dell’idealismo trascendentale del XIX secolo.

I DUE RIFORMATORI

 

presunzione

saggezza cinese: «Per quanto allunghi il collo, un’oca non diventerà mai un cigno»

Ecco dunque queste due figure paradigmatiche, strettamente tra di loro associate, in questo processo di decadenza dell’ideale dell’umiltà e di riviviscenza mascherata dell’insidia della superbia: Lutero e Cartesio. Ovviamente a parole essi respingono la superbia, ben sapendo, come cristiani, che si tratta di un vizio capitale. Senonchè però in pratica elaborano un pensiero tale, per cui oggettivamente, forse senza che essi stessi se ne rendano conto, esprime una condizione di spirito ed un intento che appaiono chiaramente ispirati dalla superbia e che pertanto di fatto, indipendentemente dalle loro intenzioni e dichiarazioni, danno l’apparenza di virtù alla superbia. Entrambi intendono fondare un pensare cristiano tale da correggere la sua impostazione così come si configurava al loro tempo. Lutero volle correggere il Magistero della Chiesa nell’interpretazione del Vangelo e della Scrittura; Cartesio credette di dover dare una base definitiva di certezza alla filosofia, fino ad allora, a suo dire, posta su basi incerte, nell’intento poi di fornire una solida base razionale alle verità di fede ed alla teologia. Non è forse, anche, questa superbia?

Lutero brucia bolla

raffigurazione pittorica di Lutero che brucia la bolla pontificia

Lutero insiste molto sull’umiltà in polemica contro la superbia, continuando in ciò uno dei temi di fondo della spiritualità agostiniana e medioevale in genere; ma stravolge gravemente il senso dei concetti, perchè nella sua mente l’umiltà diventa l’accettazione dell’impotenza della ragione e della volontà, schiave della concupiscenza e comporta la fede nella grazia senza le opere; mentre la superbia sarebbe l’atteggiamento di colui che pretende di collaborare con la ragione e il libero arbitrio all’opera della grazia. L’umiltà, però, osservo io, non comporta affatto la rinuncia ad opere razionalmente e volontariamente compiute sotto l’influsso della grazia in vista della nostra salvezza. Anzi, ciò è proprio frutto di umiltà, per la quale, fidandoci di Dio, accettiamo umilmente il piano della salvezza, che prevede appunto questa sinergia dell’umano col divino, entrambi provenienti da Dio.

lutero brucia la bolla 2

… l’umiltà di Lutero

Quale umiltà si può trovare nella ribellione al Magistero della Chiesa? Concediamo pure la legittimità della protesta contro certi abusi amministrativi di Roma e contro la corruzione del papato; ma l’acrimonia forsennata con la quale Lutero si scaglia contro lo stesso sacro ministero del Papa, toglie a Lutero toglie qualsiasi credibilità nel farsi esempio e predicatore di umiltà. Inoltre, come fece notare a Lutero l’Imperatore Carlo V in una dura ma giusta requisitoria, che cosa può aver spinto un semplice monaco agostiniano, sia pur dottore in teologia, a ritenersi, da solo, dopo quindici secoli di Cristianesimo, contro tutti i Papi, i Concili, i Santi Padri, i Santi Dottori e i Santi che lo hanno preceduto, lo scopritore del vero Vangelo, fino ad allora sepolto nella magia, nelle favole e nella superstizione, se con una folle ed incommensurabile superbia? E dunque, quale umiltà?

Lutero pubblico e privato

Lutero pubblico e Lutero privato

In realtà nell’io di Lutero, sotto le apparenze dell’amore per la Parola di Dio, si nasconde un principio di superbia, che effettivamente ad uno sguardo superficiale può essere scambiato per zelo ardente per la Parola di Dio e la riforma della Chiesa, ma che non è difficile riconoscere considerando l’orgoglioso e caparbio sentimento che Lutero ha di questo suo io, che egli dice sì, di sottomettere alla Parola di Dio, ma che in realtà falsifica e rifiuta questa stessa Parola nel momento in cui rifiuta di ascoltarla nell’interpretazione della Chiesa. È una falsa umiltà quella che dice di sottomettersi a Cristo e al suo Vangelo, ma rifiuta, con atto di superbia, l’obbedienza alla Chiesa e al Papa.

Cartesio non fa questione apertamente di umiltà o di superbia; tuttavia, è evidente per chi legge attentamente i suoi scritti fondamentali, come egli sia mosso da uno stato d’animo di millantatore e di presuntuoso, al di là di tutte le sue assicurazioni di cercare esclusivamente la verità. Infatti, egli mostra di non essere sincero in queste dichiarazioni, attesa la sua pretesa insensata di presentarsi come colui che, dopo millenni di incertezza della ragione umana, anche nei più grandi sapienti che l’hanno preceduto, compresa quindi anche la sapienza ebraico-cristiana, finalmente arriva lui a dare all’umanità fondamento certo ed inconcusso al sapere per tutti i secoli a venire. Si stenta a capire come uno spaccone di tal fatta abbia potuto raccogliere attorno a sè tanti consensi fino ad oggi ed essere considerato il fondatore della “filosofia moderna”. La filosofia di Cartesio non ha apportato affatto quel fondamento assolutamente e definitivamente certo del sapere, che aveva promesso, nè lo poteva fare, perchè tale fondamento esisteva già nel realismo aristotelico-tomista, raccomandato ormai da secoli dalla Chiesa, mentre le opere di Cartesio furono messe all’Indice nel 1663.

cogito

cogito, ergo sum

Anche il famoso principio del cogito, risponde a un atteggiamento della mente che manca di umiltà. Infatti il cogito si presenta come risposta risolutiva a un dubbio assurdo, che riguarda la certezza della conoscenza sensibile, che è l’inizio e la base della conoscenza umana, sulla quale si edifica tutto l’edificio del sapere; per cui, se essa non dovesse valere, ogni altro livello superiore del sapere sarebbe impossibile. Il cogito cartesiano suppone che la mente possa intuire direttamente l’autocoscienza e il mondo spirituale senza passare dall’esperienza sensibile, cosa che non corrisponde affatto al vero dinamismo della conoscenza umana, che si eleva all’intellezione del puro intellegibile partendo dall’esperienza delle cose materiali.

cartesio noetica

alcuni sviluppi postumi basati sul pensiero cartesiano

La gnoseologia cartesiana suppone quindi un disprezzo presuntuoso e arrogante della dimensione sensitiva del nostro conoscere, che abbiamo in comune con gli animali e la pretesa di concepire l’io o la persona come un puro spirito, confondendo l’uomo con l’angelo. Nella gnoseologia di Cartesio gioca solo la prudenza e peraltro esagerata ed irragionevole, in quanto dissociata da quella semplicità di spirito, che si arrende all’evidenza ad essa umilmente si assoggetta, giusta il comando del Signore: «Semplici come le colombe, prudenti come i serpenti» [Mt 10,16].

Prudenza Piero del Pollaio XV sec

raffigurazione pittorica della Prudenza, opera di Piero del Pollaio, XV sec.

 

È giusta la prudenza che vuol tenersi al riparo dal rischio di ingannarsi e vuole avere uno sguardo critico sulla realtà. Occorre certo evitare l’ingenuità che sconfina nella dabbenaggine ed adottare tutte le precauzioni, risolvere tutti i possibili dubbi, ma dubitare dell’evidenza, dubitare dell’indubitabile è stoltezza, e indocilità — apaideusìa, dice Aristotele — contraria a quella semplicità, che è comandata dal Signore e che è saggezza ed umiltà. Compito del filosofo è certo quello di affrontare le questioni di fondo e di risolvere dubbi e problemi, che si trascinano da molto tempo anche presso i sapienti o di mostrare come dubbio ciò che fino ad allora appariva certo; ma non può permettersi di stabilire lui la base del sapere con princìpi di suo conio, perche essa è un logos che esiste già nella mente di ogni uomo, in modo certo ed irrefutabile, e questa base è la certezza dell’esistenza delle cose. Infatti la base del sapere — senso e intelletto — fonda con evidenza elementare ciò che su di essa si costruisce, ma non ha bisogno a sua volta di essere fondata, appunto perchè è la base, nè essa può essere messa in dubbio, perchè non ammette un’altra certezza esterna o superiore, tale da risolvere l’eventuale dubbio, sì da esser bisognosa di essere sostituita con una base ulteriore e migliore, perchè, essendo l’unica base, chi la ponesse in dubbio, lungi dal dar certezza, fondamento e principio al pensiero, lo farebbe crollare dalle fondamenta aprendo le porte al nichilismo.

Tommaso Aquino XIV sec

San Tommaso, tavola del XV sec.

San Tommaso invece dimostra che il vero principio della certezza basilare non è la certezza di dubitare, ma la certezza di sapere. Dubitare circa il principio oggettivo del sapere non è saggezza, nè è prudenza, ma tradisce l’orgoglio e la stoltezza di chi non accetta la realtà o si ritrae davanti ad essa con la pretesa di sostituirla col proprio pensiero e le proprie idee. Il dubbio, come osserva San Tommaso sulla scorta di Aristotele, non è un vero pensare, ma al contrario è un blocco e una paralisi del pensiero, perchè non ha un oggetto reale, dato che oscilla tra il sì e il no. Pertanto, il cogito cartesiano, ben lungi dall’aprire le porte al pensiero, le apre al nichilismo, con la presunzione di aver trovato finalmente la verità per primo in tutta la storia dell’umanità. Il vero principio non confonde il pensare col dubitare, ma si esprime in questa formula: cogito vel scio aliquid, ergo sum.

Al filosofo non è proibito di formulare per ipotesi il dubbio circa la base del pensiero, anzi deve farlo; lo ha fatto lo stesso San Tommaso con la sua famosa universalis dubitatio de veritate; ma per poi ritrarsi subito da questo dubbio o da questo orrendo abisso infernale, giudicandolo assurdo. Cartesio, invece, ha preso quel dubbio sul serio, per cui, come ha osservato giustamente il Gilson, nonostante tutti i suoi sforzi, Cartesio non ne è più uscito, sicchè la certezza che egli ci offre è in fin dei conti fondata sulla sabbia e sulla presunzione. E cosa infatti può spingere un filosofo a voler sostituire con le sue idee il principio oggettivo universale del sapere, se non la superbia?

GLI EPIGONI DEI RIFORMATORI
lutero sermone

raffigurazione pittora del sermone di Lutero

La storia del luteranesimo segue sostanzialmente due filoni: c’è un filone tradizionalista, che coglie il Lutero organizzatore, pastore e dottore, proprio delle comunità luterane guidate dai rispettivi pastori, come il proprio simbolo di fede luterana e i propri riti e ministeri, come il Battesimo e la Cena; è l’ambiente proprio delle facoltà teologiche protestanti; e c’è un luteranesimo gnostico, individualista e liberale, niente affatto privo di valori religiosi e culturali, che coglie invece lo spirito profondo di Lutero, carismatico e soggettivista, più diffuso negli ambienti laici e filosofici, che non ha mancato di darci grandi personalità da Leibniz a Kant, a Fichte, a Schleiermacher, a Schelling, ad Hegel fino a Kierkegaard, Von Harnack e a Bultmann.

Mentre il dialogo ecumenico col primo filone è facile e costruttivo, date le numerose convergenze tra il Credo luterano e quello cattolico, più difficile appare il confronto col secondo filone, sia perchè, mentre nel primo caso si tratta pur sempre di una comune visuale di fede cristiana, nel secondo la visuale è di tipo gnostico-razionalista, e sia anche perchè, essendo il secondo filone privo di una dottrina ecclesiale comune , non ci si può confrontare a livello di rappresentanti ufficiali, ma occorre farlo con i singoli filosofi, anche se caposcuola, i quali peraltro spesso hanno assorbito la teologia e il dogma nella loro filosofia.

Mentre esiste una dottrina luterana ufficiale custodita dalla Federazione Luterana Mondiale, il confronto col secondo filone richiede necessariamente la scelta dell’interlocutore in base alle grandi differenze esistenti tra i singoli pensatori. Qui un conto è trattare col kantismo, un conto è trattare con Fichte, un conto è trattare con l’hegelismo e così via.

lutero edizione bibbia

prima edizione della Bibbia luterana tradotta in lingua tedesca

È così che troviamo studiosi specialisti per i singoli autori. In costoro però l’applicazione dello stesso metodo soggettivista ed anarchico di Lutero, avverso a lasciarsi controllare da qualunque autorità, che non fosse la propria coscienza millantata come “Parola di Dio”, li porta ad annacquare a loro arbitrio la stessa dottrina di Lutero creando sincretismi con altre tendenze filosofiche al limite anche d el tutto contrarie — ciò per degli hegeliani non crea difficoltà —, contrariamente a quanto avviene nel primo filone, ligio all’ortodossia luterana. Il nostro voto è che una rifioritura della fede cristiana, grazie anche ai progressi dell’ecumenismo, tornino a diffondere quello spirito di umiltà, che è uno tesori più belli del Vangelo, il principio della vera grandezza dell’uomo e ciò che ha fatto lo splendore culturale, morale e spirituale della civiltà europea nel mondo.

Varazze, 10 giugno 2015

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“Lettere” – Castighi divini, amore e misericordia. Le ragioni di Roberto de Mattei

lettere dei lettori 2

 

Lettere dei Lettori dell’Isola di Patmos

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CASTIGHI DIVINI, AMORE, MISERICORDIA. LE RAGIONI DI ROBERTO de MATTEI

 

«Gentili Padri dell’Isola di Patmos, mi sono imbattuto in un video del Prof. Roberto de Mattei nel quale si collegano certi eventi naturali quali il terremoto di Messina del 1908 a un … castigo divino (!?). Sono esterrefatto che si usino ancora certi toni e capisco perché il Padre Ariel gli ha tirato alcune sferzate in suoi articoli. Il tutto per giunta alle porte del Giubileo della Misericordia. Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione »  

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Autore Redazione dell'Isola di Patmos

Autori
Giovanni Cavalcoli, OP
Ariel S. Levi di Gualdo

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«Gentili Padri dell’Isola di Patmos, mi sono imbattuto in un video del Prof. Roberto de Mattei nel quale si collegano certi eventi naturali quali il terremoto di Messina del 1908 a un … castigo divino (!?). Sono esterrefatto che si usino ancora certi toni e capisco perché il Padre Ariel gli ha tirato alcune sferzate in suoi articoli. Il tutto per giunta alle porte del Giubileo della Misericordia. Mi piacerebbe conoscere la vostra opinione» [N.d.R. vedere video QUI ]

Stefano Salvitti, Roma

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Gentile Lettore.

roberto de mattei primo piano

Roberto de Mattei, nato a Roma ma appartenente ad una famiglia della vecchia aristocrazia siciliana, parlando del terremoto di Messina non ha espresso “opinioni personali” od “opinioni cattoliche di parte”, si è basato su fatti storici.

Le rispondiamo assieme per spiegarle perché condividiamo ciò che espose il Prof. Roberto de Mattei e perché lo difendemmo quando fu aggredito dagli “integralisti” laicisti in modo scomposto e senza argomenti, come lui stesso spiega in modo preciso e pacato nel video che lei ci ha inviato.

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Non faccia torto al Padre Ariel mal interpretando le sue «sferzate», perché si tratta di scambi d’opinioni colorite talora dal suo spirito toscano, attraverso le quali mai ha sminuito questo valente accademico cattolico, che entrambi conosciamo di persona. Quindi non confonda certe normali pizzicate tra studiosi con forme di astio che non toccano i Padri dell’Isola di Patmos. Sappia infatti che filosofi, teologi e storici si accapigliano da quando sono nate le discipline filosofiche, teologiche e storiche, finendo poi a cena assieme, perché il litigare finisce col metter loro fame, tante sono le energie che bruciano in certe discussioni.

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Nell’ambito di certi dibattiti noi non abbiamo accettato la critica di de Mattei al Concilio Vaticano II, a cui riguardo abbiamo all’occorrenza polemizzato. E qui non si tratta di opinioni, ma di fedeltà al Magistero della Chiesa, sul quale non possiamo transigere, pur nel profondo rispetto della cara persona.

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Attraverso la sua domanda ella offre conferma di quanto oggi sia difficile parlare una “lingua” cattolica. Per questo più volte i Padri dell’Isola di Patmos hanno insistito in vari articoli sulla “perdita della lingua”, o sul dramma derivante dal parlare una lingua che il mondo laicista, ma spesso anche un certo mondo cattolico intriso di modernismi e di sociologismi non è più disposto a recepire e capire [vedere QUI].

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Roberto de Mattei Castighi di Dio

il libro di Roberto de Mattei [ed. Fede&Cultura]

La citazione di Salviano di Marsiglia [Cf. De Gubernatione Dei] da parte di de Mattei è pertinente e applicabile al nostro tempo, dato l’evidente riferimento biblico ai famosi episodi di Sodoma e Gomorra. Una società come la nostra, sempre più accondiscendente per non dire favorevole a comportamenti contrari alla legge divina, quale appunto può essere la sodomia, rischia effettivamente di subire un severo castigo divino. Se infatti Dio, come spesso dice il Santo Padre Francesco, è sempre pronto ad accogliere chi si pente, non dimentica le esigenze della giustizia, che vogliono la punizione del peccatore arrogante, sfrontato e ostinato. Se non mantenessimo questo concetto di giustizia comune a tutte le religioni e fondato sulla coscienza morale naturale, crollerebbe l’intero ordine giuridico della Chiesa e dello Stato. Homo homini lupus. I delinquenti schiaccerebbero gli onesti, i prepotenti renderebbero schiavi i giusti.

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Occorre tener conto della importante distinzione contenuta nella Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1986, n.3 [vedere QUI]. Si tratta della distinzione fra condizione o tendenza omosessuale e atti omosessuali. L’inclinazione, spiega il documento, «benchè non sia in sè peccato», perchè è istintiva o spontanea, e a volte innata, «costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale», in quanto gli atti ai quali spinge o sollecita, «vengono privati della loro finalità essenziale e indispensabile», che è la procreazione. Costituisce dunque peccato o colpa non la semplice presenza dello stimolo omosessuale, ma l’accondiscendere volontariamente a questa inclinazione. Accondiscendere volontariamente a un’inclinazione cattiva, benchè involontaria, non può che essere un’azione cattiva. Il che lascia alla pastorale ecclesiale ed alla legge civile un giusto ed ampio spazio di interventi specifici e calibrati, a seconda dei casi, da attuare con prudenza, carità e rispetto delle persone, giacchè occorre sempre ricordare la fondamentale distinzione tra la qualifica morale oggettiva di un peccato o reato in rapporto alla legge morale o civile e l’entità della responsabilità concreta, se esiste e quanto esiste, nelle circostanze concrete, della persona che li commette. Giudicare dell’atto in linea di principio non è lo stesso che giudicare della coscienza del singolo in quelle determinate circostanze. È in relazione a questo secondo aspetto, non al primo, che bisogna intendere la famosa e articolata frase del Santo Padre riassunta dai giornali in: «Chi sono io per giudicare?» [vedere II parte della conferenza di Ariel S. Levi di Gualdo, minuto 18,40 QUI].

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bologna spettacolo blasfemo

la nuova Sodoma&Gomorra, spettacolo blasfemo sulla passione di Cristo messo in scena dall’Arcigay di Bologna [vedere QUI]

Per sostenere la teologia del castigo o la teologia dell’Inferno, basterebbe rifarsi alle numerose volte in cui il Signore Gesù vi fa riferimento nei Vangeli, indicandolo in vario modo come «fornace ardente» e come luogo «dove sarà pianto e stridore di denti» [Mt 13, 42]. Anche nell’Antico Testamento si fa frequente riferimento al giudizio di Dio e al suo castigo per i peccatori. Nella letteratura biblica l’ira di Dio viene posta assieme all’amore dal Salmista che canta le lodi di Dio celebrandolo come «lento all’ira e grande nell’amore» [Sal 102,8], ed ancora «Paziente e misericordioso è il Signore, lento all’ira e ricco di grazia» [Sal 144,8].

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Il castigo divino non sempre è necessariamente un atto positivo di Dio nei confronti del peccatore, quanto piuttosto una conseguenza necessaria dello stesso peccato, che egli commette, così come è logico che muoia chi beve un veleno. Però, secondo imperscrutabili piani di giustizia e di misericordia, Dio nella vita presente in certi casi punisce, in altri no, lasciando il castigo alla vita futura. Meglio subire il castigo adesso, perchè ci si può redimere, piuttosto che nell’al di là, dove non c’è più rimedio. Per questo, è bene approfittare subito della divina misericordia, facendo penitenza dei nostri peccati, perchè se non faremo questo adesso, di là, al posto della misericordia, ci sarà la giustizia, il cui rigore non auguriamo a nessuno.

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Le pene di questa vita possono colpire anche innocenti, mentre certi malfattori sembrano farla franca. Sembrerebbe a tutta prima che ci fosse in Dio una mancanza di giustizia, perchè non punisce i malfattori e non difende degli oppressi; e di misericordia, perchè lascia soffrire gli innocenti? La risposta ci viene dalla fede, la quale ci dice che gli innocenti vengono uniti dal Padre alla croce di Cristo, l’Innocente per eccellenza, diventano in Cristo strumenti di salvezza del mondo. Verso questi innocenti la giustizia coincide con la misericordia, secondo l’insegnamento paolino [Rm 3,21], in quanto si tratta di Dio che giustifica per misericordia. Quanto ai malfattori, esiste la misericordia anche per loro, ma a patto che si convertano. E Dio è giusto anche per loro, perchè offre anche a loro i mezzi per salvarsi.

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L’ira divina nel senso biblico non significa poi dare in escandescenze, nè significa tanto meno crudeltà, è semplicemente la volontà divina di fare giustizia e quindi il giusto castigo. Essere lenti all’ira non vuol quindi dire essere privi di ira, perché nell’immensa grazia dell’amore di Dio risiede anche la giustizia di quella misericordia attraverso la quale il Divino Giudice concederà il premio della beatitudine del Paradiso, assegnerà la destinazione dell’anima alla purgazione, cioè alla purificazione nel Purgatorio, ed irrogherà la pena eterna nell’Inferno per coloro che in modo ostinato e pervicace avranno rifiutato il suo amore, i suoi doni di grazia e quindi la sua misericordia e il suo perdono.

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Paul Rubens 1615 lot fugge con la sua famiglia

dipinto di Paul Rubens (1615) Lot fugge con la sua famiglia mentre su Sodoma e Gomorra piovono fuoco e zolto

Come sacerdoti e teologi ci rendiamo conto che urge sempre più ripartire da una accurata catechesi del Popolo di Dio, eliminando le imposture di un falso buonismo e di un falso perdonismo, ed al tempo stesso dando una corretta formazione ai sacerdoti, posto che molti fedeli, ma purtroppo anche diversi pastori in cura d’anime, hanno un’idea errata della misericordia di Dio, che non esclude la giustizia punitiva, così come l’esistenza del bene non esclude l’esistenza del male; e la buona azione non esclude il peccato. La misericordia non è solo dono, ma è anche premio. Non si premia il male, ma il bene.

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La misericordia divina suppone il castigo e la pena del peccato. La misericordia è la volontà divina di liberare in Cristo l’uomo dal peccato e di sollevarlo dalle sue miserie, conseguenze del peccato originale e, a volte, di peccati personali. Essa rimette il peccato, ma non necessariamente toglie o allevia la pena, la quale pertanto, unita per amore alla croce di Cristo, assume un valore riparatore ed espiativo. La remissione del peccato mortale libera dalla pena dell’inferno, mentre la pena per il peccato veniale è temporale, scontabile o quaggiù con la penitenza e l’uso delle indulgenze, oppure in Purgatorio. Dove pure le anime possono fruire delle indulgenze.

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Dio vuol fare a tutti misericordia. Se quindi di fatto — e questa è verità di fede — alcuni sono premiati e oggetto di misericordia, mentre altri sono dannati e castigati, tale differenza non dipende da Dio, ma dall’oscillazione tipica del libero arbitrio umano, capace di operare ora il bene ora il male. Per questo è giusto che i buoni siano premiati e i cattivi siano castigati. Sarebbe infatti ingiusto che Dio premiasse i cattivi. Sarebbe come autorizzarli a compiere il male. Potrà mai Dio permettere una cosa simile? D’altra parte, se l’uomo vuole evitare il castigo, non ha che da compiere il bene, cosa nella quale Dio lo soccorre infallibilmente e sovrabbondantemente con la sua grazia e la sua misericordia.

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Il castigo non contraddice né nega la misericordia, la quale si attua senza limiti, così come l’esistenza dei cattivi non esclude quella dei buoni. Se qualcuno è castigato e rifiuta la misericordia, non è perchè Dio faccia preferenze di persone, ma è solo colpa del peccatore. Siamo solo noi, col nostro peccato, a porre un freno alla misericordia divina, la quale, di per sè, come torrente inesauribile, fluirebbe in continuazione.

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La divina misericordia toglie il castigo o la trasfigura. I nostri progenitori hanno ricevuto un castigo che si è ripercosso in tutta l’umanità. Ma Dio ha avuto pietà di noi donandoci suo Figlio, sicchè mediante la croce noi siamo perdonati dei nostri peccati e trasformiamo il castigo in espiazione. E non solo, ma siamo resi anche figli di Dio. Se qualcuno invece non riceve misericordia, non è perchè Dio non gliela vuol dare, ma perchè è lui che non si pente delle sue colpe, sicchè il castigo, invece di essere espiazione, resta come castigo in tutta la sua severità.

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papa francesco misericordia

il Santo Padre sul Giubileo della Misericordia

Tanto la misericordia quanto il castigo sono dettati dall’amore. Infatti, l’amore che cosa chiede? Volere il bene dell’altro. Se dunque è bene che il malfattore, se merita il castigo, sia castigato, ed eventualmente obbligato a riparare il mal fatto o a risarcire i danni, onde nel contempo eventualmente farlo riflettere, ne viene che il castigare, da parte dell’autorità competente [Dio, Papa, vescovo, giudice, superiore, genitore, educatore, ecc.] è un atto di amore, per quanto ciò possa sembrare strano a chi ha un concetto solo emotivo-sentimentale dell’amore. Anzi, possiamo arrivare a dire che gli stessi dannati dall’Inferno continuano ad essere amati da Dio, che li conserva in vita nell’ordine della città infernale e — come ritiene San Tommaso d’Aquino — non li castiga tanto per quanto meriterebbero. Per questo la misericordia divina si fa sentire anche nell’Inferno.

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È sbagliato credere che uno che castiga odia il castigato. Al contrario, chi castiga deve dare un giudizio lucido, prudente, obbiettivo, spassionato ed imparziale, nell’applicazione della legge, come il giudice di un tribunale, per la rieducazione se è possibile dello stesso castigato, per la salvaguardia del bene comune, nonchè per la difesa e la soddisfazione di chi ha ricevuto torto, senza lasciarsi trasportare da interessi privati o dalla passione, altrimenti non attuerebbe la giustizia.

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Questo lo spirito col quale invitiamo a partecipare al Giubileo della Misericordia, aperti all’accoglimento della grazia e del perdono di Dio, che ci sono concessi a condizione della nostra conversione e del ripudio dei nostri peccati, sinceramente dediti alle opere della giustizia e della misericordia, curando la nostra salvezza «con timore e tremore», ma anche grande fiducia nella divina misericordia. «Ecco il momento favorevole!» — direbbe San Paolo —. «Ecco l’ora della salvezza!» [II Cor 6,2].

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Se Dio consente disastri naturali è solo per ammonirci su questa terra, non per sferrare su di noi la propria vendetta, bensì per donare agli uomini la sua misericordia, tanto desidera la nostra conversione per strapparci al castigo eterno. Ma per strapparci alla «fornace» dove «sarà pianto e stridore di denti», Egli ha bisogno del nostro consenso, perché liberi ci ha creati, liberi ci vuole.

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Cena de destrui͋o apos o terremoto no bairro de Bel Air centro de Porto Principe - Haiti - 15/01/2010 - FOTO JONNE RORIZ/AE

il terribile terremoto di Haiti, dinanzi al quale, a giudizio di taluni, non è lecito ricordare che quel Paese era: crocevia di tutti i vizi, dei peggiori traffici, con un tasso altissimo di omicidi, uno dei massimi centri al mondo di “magia nera”, un centro di prostituzione  soprattutto minorile, luogo di espianti e di traffico di organi umani, ecc …

Il problema è che oggi non riusciamo più a leggere i segni sempre più numerosi: alterazioni climatiche insolite, siccità, terremoti, maremoti … e se qualcuno in tutto questo invita a leggere anche degli avvertimenti o dei moniti divini, finisce sotto il tiro incrociato di coloro che hanno sfrattato Dio dalla storia e dall’esperienza umana. E proprio costoro, che in tutti i modi vogliono privare l’umanità di Dio, all’occorrenza pure a colpi di leggi inique, finiscono poi con l’accusarci di mancanza di umanità, cosa questa accaduta anche a Roberto de Mattei subissato a suo tempo d’insulti, ma pure a noi, quando predicando certe pagine del Vangelo o ricordando ai fedeli certi moniti del Signore Gesù, ci siamo sentiti rispondere, persino da certi confratelli sacerdoti, che «l’Inferno è una contraddizione in termini della Misericordia di Dio che è amore» e che come tale «non permetterebbe mai la condanna dell’uomo all’eterna dannazione». E tutto questo, nel linguaggio dottrinale della Chiesa, si chiama eresia, solo e null’altro che eresia.

 

Dall’Isola di Patmos, 30 maggio 2015

 

 

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Super Quark, servizio sul terremoto di Messina-Reggio di Calabria

Lectio sulla Tradizione presso i Francescani dell’Immacolata tenuta da Ariel S. Levi di Gualdo

LECTIO  SULLA TRADIZIONE PRESSO I  FRANCESCANI DELL’IMMACOLATA TENUTA DA ARIEL S. LEVI di GUALDO

 

«La Tradizione, tra il Gesù della Storia e il Cristo della fede» è stato l’argomento trattato dal Padre Ariel nel corso di una conferenza divisa in due lectiones.

 

Autore Redazione dell'Isola di Patmos

Autore
Redazione
dell’Isola di Patmos

 

 

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I Frati Francescani dell’Immacolata con il Santo Padre Francesco

Il 2 Maggio, Ariel S. Levi di Gualdo ha tenuto in Roma una lectio sulla Tradizione presso i Francescani dell’Immacolata, pubblicata integralmente sul canale youtube dell’Isola di Patmos.

Rinnovando auspici d’ogni grazia del Signore a questa giovane e preziosa Famiglia religiosa, i Padri dell’Isola di Patmos ringraziano Fra Carlo per le riprese video e Jorge, collaboratore del Padre Ariel, per il montaggio del filmato.

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Canale Youtube dell’Isola di Patmos

CLICCARE SOPRA LE IMMAGINI PER APRIRE I FILMATI

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Cristo non ci vuole ruffiani e cortigiani, infatti non ci chiama “servi” ma “amici”

CRISTO NON CI VUOLE RUFFIANI E CORTIGIANI, INFATTI NON CI CHIAMA “SERVI” MA “AMICI”

Una volta il messaggio della Chiesa era la salvezza, oggi il suo messaggio è divenuto una non meglio precisata povertà che ha tanto il sapore dell’ideologico e poco dell’evangelico, al punto tale che, per accedere all’episcopato o alla porpora cardinalizia, pare siano richiesti come requisiti imprescindibili l’essere andati e venuti dai campi Rom, od avere presenziato agli sbarchi di profughi o dei troppi presunti tali a Lampedusa. San Giovanni Paolo II, il quale conobbe il meglio del peggio della ideologia comunista direttamente sulla propria pelle, agli inizi del suo pontificato non disse: «Aprite le porte ai poveri delle periferie esistenziali », invitò il mondo ad «Aprire le porte a Cristo ed alla sua salvatrice potestà ». E chi l’ha canonizzato, nel farlo ce l’ha proprio presentato e proposto come modello di eroiche virtù da perseguire, non come un “santino” da iconografia popolare.

 

 

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

« Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi »

      [Vangelo di San Giovanni 15,15]

 

Il primo aprile feci un cosiddetto “pesce” [vedere QUI] che poi rettificai subito indicandolo come tale attraverso un articolo scritto nella forma di “Supplica al Sommo Pontefice” [vedere QUI], che naturalmentepesce di aprile rimase senza risposta. Forse perché il Santo Padre sembra preferire di telefonare ad una celebre accolita di Lucifero, la Signora Emma Bonino, che assieme a quel famoso indemoniato di Marco Pannella hanno imposto tramite referendum la legge sull’aborto col placet degli elettori e dei governi dei peggiori baciapile democristiani? Aborto oggi celebrato da questi due anticristi come “diritto civile” e “conquista sociale”. In seguito, il duo Pannella&Bonino, ha lottato in favore di tutte le peggiori aberrazioni: dalla manipolazione genetica all’eutanasia, dall’omosessualismo alla cultura del gender. E mentre le mie parole facevano il giro della Curia romana e non pochi prelati, nella loro notoria pavidità, si fregavano le mani o m’inviavano messaggi privati dicendo: «Meno male che tu dici ciò che noi non possiamo dire», il Santo Padre, lungi dall’invitare la satanassa Bonino colpita nella vecchiaia da un tumore a convertirsi, preparandosi così attraverso pubblico pentimento e penitenza al proprio grande incontro con la morte, ossia col giudizio di Dio, senza nulla sospirare su tutto questo la esortava invece a … «tenere duro» (!?) [vedere QUI, QUI, QUI, ecc..].

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Il Santo Padre Francesco sulla Cattedra del Vescovo di Roma

Un Romano Pontefice sarà sempre oggetto della mia obbedienza, è un fatto pacifico da me scritto e spiegato in numerosi articoli. Anche dinanzi ad un Alessandro VI, persino dinanzi ad un Giovanni XII redivivo io vedrò e di conseguenza venererò sempre in qualsiasi Successore del Principe degli Apostoli il mistero della Chiesa eretta da Cristo su Pietro. Come infatti diceva il Santo vescovo e dottore della Chiesa Ambrogio: ubi Petrus, ibi Ecclesia [Expositio in Ps., XL, § 30].

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Celebre foto di Emma Bonino che praticava aborti con una pompa da bicicletta. Mai pentita del suo passato, seguita nel suo presente a chiamare l’aborto “grande conquista sociale”.

Ciò non toglie nulla al fatto che il Santo Padre, in certe sue manifestazioni private poi riportate di rigore dai giornali e dalle televisioni di tutto il mondo in modo più o meno corretto, più o meno strumentale, finisca con l’essere talvolta imbarazzante, ma non per quel che ha detto – o meglio spesso proprio non detto – ma per quello che i mass media finiscono col fargli dire di ciò che in verità non ha mai detto. Come infatti ho più volte scritto: Nella «Chiesa “ospedale da campo”, a fare i conti con i feriti che giungono al pronto soccorso; spesso feriti anche da certe parole e gesti ambigui, ci siamo noi preti, che mai come oggi eravamo stati bistrattati e all’occorrenza rimproverati da un Romano Pontefice che reputa però opportuno rincuorare due figli dell’Anticristo come Marco Pannella [vedere QUI, QUI, ecc..] ed Emma Bonino, ai quali ognuno di noi, dal Successore di Pietro sino all’ultimo presbitero dell’Orbe Catholica, può dire solo una cosa, semmai anche ponendosi supplice in ginocchio davanti a loro con le lacrime agli occhi: “Ti prego, convertiti e credi al Vangelo, altrimenti il giudizio di Dio su di te sarà severissimo, perché con le tue opere diaboliche hai creato tutti i presupposti per un sicuro castigo eterno, tanto hai disprezzato le leggi di Dio e il mistero del dono della vita!”.

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i frutti della “conquista sociale” portata avanti dalla sua giovinezza sino ad oggi dalla mai pentita Emma Bonino che dovrebbe … “tenere duro”

Predicando alle sabbie del deserto, usando parole mie ma nella sostanza facendo uso di certi contenuti espressi ad altri Pontefici da San Bernardo di Chiaravalle e da Santa Caterina da Siena, in un passo di quello scritto mi rivolsi al Santo Padre con queste parole:

[…] non bisognerebbe mai fidarsi di chi passa con siffatta disinvoltura dai broccati decorati in oro e argento agli stracci dozzinali in acrilico sintentico, perché ciò denota che questi clericali trasformisti non sono mai se stessi, quindi non manifestano mai la genuina sincerità del proprio essere. Coloro che dopo la Vostra Augusta elezione al Sacro Soglio hanno riposte in cassaforte le croci pettorali d’oro per presentarsi alle assemblee episcopali o in udienza privata dal Romano Pontefice con croci pettorali di ferro, o quelli che per figurare più poveri ancora si presentano direttamente con croci pettorali di legno a forma di tau francescano, sono il segno vivente della inaffidabilità più falsa e pericolosa, oltre che paradigma di quella desolante mediocrità che oggi soffoca la Chiesa di Cristo dai più bassi ai più alti livelli [vedere QUI].

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l’organo di informazione della Diocesi di Roma

Non guardo la televisione, se non molto di rado; so bene però che esistono vari programmi comici che aiutano il pubblico a ridere in un’epoca nella quale ci sarebbe invece molto da piangere, basti pensare che l’Europa è al collasso sociale e politico, con i tagliagole che stanno sfondando le sue porte e con molte vecchie chiese del Nord dell’Europa e della Francia ormai spopolate e per questo date in uso ai mussulmani affinché possano ricavarne delle moschee. In ogni caso le boutade comiche più esilaranti sono contenute di questi tempi nei messaggi seri ed ufficiali diramati da certi uffici e istituzioni ecclesiastiche. Vi segnalo a tal proposito un articolo su RomaSette.it, l’informazione on-line della Diocesi dell’Urbe, che vi prego di leggere bene per poi rispondere a questa domanda: Roberto Benigni e Maurizio Crozza, all’apice dei loro “deliri” di comicità, ce la farebbero mai ad arrivare ai livelli di questi nuovi clericali da spot pubblicitario nazional-popolare?

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S.E. Mons. Paolo Schiavon, Vescovo ausiliare di Roma dimessosi dall’incarico al compimento del 75° anno di età

Ma partiamo dal fatto oggetto di questo mio commento: al compimento del 75° anno di età s’è dimesso dall’ufficio di vescovo ausiliare dell’Urbe S.E. Mons. Paolo Schiavon, sostituito da un cinquantenne, Augusto Paolo Lojudice, sacerdote del presbiterio romano. Non conosco questo confratello che tra pochi giorni riceverà i doni di grazia dello Spirito Santo attraverso la consacrazione episcopale e desidero precisare senza pena di equivoco che sicuramente sarà persona pia e degna di ricevere la pienezza del sacerdozio apostolico e ricoprire quindi l’ufficio che gli è stato affidato. Non è infatti questo presbitero romano – al quale porgo ogni migliore auspicio e per il quale invoco ogni grazia del Signore – a farmi ridere, ma ciò che è stato scritto dall’organo ufficiale informativo del Vicariato di Roma con ripetuti richiami al Cardinale Agostino Vallini:

«Peculiare la sua attenzione ai poveri, sottolineata dal Cardinale Vallini, che ha ricordato le visite ad alcuni campi rom in cui don Lojudice l’ha accompagnato in questi anni: una realtà di “frontiera” che il vescovo eletto aveva scelto di seguire alcuni anni fa insieme ad un gruppo di alunni del Seminario Romano Maggiore, dove è stato padre spirituale dal 2005 al 2014. Un segno di riconoscimento di Papa Francesco “per l’impegno di carità della diocesi – ha detto il cardinale – portato avanti dalla Caritas, dalle parrocchie, dalle associazioni” » [Vedere testo QUI].

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New style – il Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento, ed il nuovo saluto episcopale: il pollicione alzato

Dinanzi a queste affermazioni è di rigore precisare che il Vicario Generale di Sua Santità, oggi eminente scopritore di poveri e dagli stessi rimasto folgorato negli ultimi due anni lungo la via del conformismo clericale anziché lungo la via di Damasco, vive ed ha il proprio ufficio in un palazzo – quello del Laterano – che è indubbio emblema della Chiesa povera per i poveri sognata dal Santo Padre sin dagli inizi del suo pontificato. Basta infatti entrare in quel palazzo ed accedere semmai negli appartamenti privati di certi prelati, oppure andare a ricercare nei faldoni dell’economato le cifre esorbitanti spese per la ristrutturazione di diversi di essi. Proprio così, perché appena certi monsignorotti prendevano possesso dell’alloggio a loro assegnato, di prassi e rigore dovevano rifarlo tutto da cima a fondo.

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New style – “i gattopardi” e il Cardinale Montenegro. Fino a ieri principi borbonici, tali erano sino a pochi anni fa i vescovi siciliani, oggi mutati in “ragazzi” in vena di goliardate nazional popolari

L’attuale Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma è ricordato da diversi miei confratelli, sacerdoti da oltre due decenni, con sempre vivo terrore, quand’essi rimembrano i tempi in cui era loro rettore presso il seminario arcivescovile di Napoli. Eletto poi vescovo ausiliare di quella città, non pare trascorresse le sue giornate come pio pellegrino tra le “periferie esistenziali” – che a Napoli non mancano – od a servire pasti nelle mense dei poveri, od a visitare baraccopoli o campi Rom. Nella antica e nobile Partenope nessuno ha memoria di fatti del genere. Né risulta che questo Vescovo ausiliare partenopeo sia mai sceso in piazza per strappare la giovane manovalanza a quei figli del Demonio dei camorristi, che di fatto governano da decenni quella splendida Città, non solo come Stato illegale nello Stato legale, ma come potere superiore allo stesso potere legale dello Stato.

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New style della “Chiesa povera per i poveri”, il Cardinale Montenegro con un modello di croce pettorale di legno

Eletto Vescovo di Albano, diocesi perlopiù disseminata nelle esclusive zone dei Castelli Romani, nessuno dei tanti sacerdoti che festeggiarono giubili il giorno che fu destinato ad altro incarico ricorda di averlo mai visto girare per le ville dei Castelli Romani con una vecchia Fiat-Panda d’inizi anni Ottanta, coi sedili posteriori tirati giù per far spazio alle buste della spesa da portare agli imprenditori od ai professionisti con le parcelle a sei zeri che si trovavano ad attraversare dei momenti di difficoltà, al punto da essere costretti a risparmiare sui costi di manutenzione delle loro piscine; tanto che la Caritas diocesana si domandò se era il caso di mandare dei volontari a tagliare l’erbetta dei loro campi da golf.

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New style della “Chiesa povera per i poveri”. Il Cardinale Montenegro con un altro modello di croce pettorale di legno

Poi fu nominato Presidente del Tribunale della Segnatura Apostolica, con sede in un grande e splendido palazzo i cui spazi, a quanto ci è dato sapere, non furono mai mutati in alloggi o in dormitori per i senzatetto dell’Urbe Quirite, né in centro di accoglienza per quei Rom che oggi ti assaltano come mosche nella vicina Via della Conciliazione, tirandoti dietro parolacce e bestemmie se non gli dai i soldi.

Infine è nominato Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, con residenza nel Palazzo del Laterano, dove non risulta che i Rom salgano e scendano lungo i solenni scaloni, anche perché all’ingresso, per convenzione col Ministero degli Interni, è stato collocato per sicurezza un posto di polizia. A nessuno risulta che i poliziotti abbiano ricevuta disposizione dall’autorità ecclesiastica di indicare agli zingari il piano e il corridoio nel quale si trova l’ufficio del Cardinale Vallini, presso il quale mandare i bambini che il mattino non vanno a scuola per chiedere direttamente a lui l’elemosina, perché quella – l’elemosina – la chiedono in modo fastidioso ai cittadini italiani che all’ingresso delle loro case o durante i loro tragitti non sono protetti dai poliziotti contro petulanti e a volte pure pericolosi molestatori.

Se ai poveri – ed in specie a certi Rom dalle mani svelte – non è affatto consentito l’accesso al solenne palazzo lateranense che gode peraltro del regime giuridico di extraterritorialità secondo le convenzioni internazionali, in compenso è stato permesso loro di sviluppare, sotto questo papato “povero per i poveri”, un vero e proprio racket delle elemosine per tutta Via Merulana, da San Giovanni in Laterano sino a Santa Maria Maggiore, come mai s’era visto prima. E gli accattoni – che ripeto fanno parte di un vero e proprio racket gestito dalla criminalità – sono tutti e di rigore piazzati a seminare molestie sul territorio della Repubblica Italiana, di cui io prete mi onoro di essere cittadino ed al quale sono lieto di pagare le tasse, contrariamente a certi prelati,  ivi incluso il Cardinale Vallini, che può beneficiare di un posto di polizia preposto al controllo dell’ingresso del suo palazzo di residenza e che dispone di passaporto della Santa Sede la quale lo ha munito anche di un’auto blu con targa diplomatica.

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New style della “Chiesa povera per i poveri”. Un altro modello ancora di croce pettorale di legno del Cardinale Montenegro

È vero che l’asino viene legato al palo dove vuole il padrone, come dice il vecchio proverbio; ma la massima evangelica è del tutto diversa da certi proverbi della saggezza popolare, perché il Signore non ci ha chiamati servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone [Gv, 15,15]. Non a caso il Signore ci ha chiamati amici, perché vuole la nostra fedele amicizia, vale a dire il nostro senso cristiano, o meglio cristologico, non vuole il nostro servile ruffianesimo, meno che mai ci vuole cortigiani calcolatori, pronti a saltare sul carro del nuovo padrone, o come qualsivoglia del vincitore, alla cosiddetta faccia di Cristo e di tutti i suoi Santi.

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New style della “Chiesa povera per i poveri”, ennesima croce pettorale di legno della ricca collezione da falegnameria del Cardinale Montenegro

La verità è che in questa Chiesa ridotta spesso a un teatrino fatto di spot pubblicitari ad effetto, noi ci troviamo dinanzi a degli autentici morti che camminano su due gambe senza sapere d’essere morti. Non ci rimane dunque che restare prudenti e vigili sul ponte, facendo nel mentre tutto ciò che è in nostro potere pastorale fare per salvare le anime, nell’attesa che la corrente trascini via questi cadaveri. Perché con buona pace dei lacchè, dei ruffiani e dei compiacenti cortigiani di tutti i tempi, Cristo Dio sa da sempre quando e come cambiare programma attraverso l’opera dello Spirito Santo sulla sua Chiesa. E forse, il Santo Padre Francesco, per grazia e misteriosi progetti di Dio potrebbe essere proprio l’elemento fondamentale utile per ridurre il lento strazio della nostra agonia, facendoci fare il grande crollo in tempi brevi, affinché si possa poi cominciare presto a ricostruire da capo sopra le macerie. E di questo, un giorno, dovremmo essere grati allo Spirito Santo ed al Santo Padre Francesco per essere stato suo fedele ed efficace strumento di grazia per la Chiesa di Cristo ed il Popolo ad essa affidato dal Signore.

aprite le porte a Cristo

… è a Cristo, che dobbiamo aprire le porte, a Lui e soprattutto alla sua salvatrice potestà. Questo è ciò per il quale dobbiamo “tenere duro”, fino al Suo ritorno alla fine dei tempi.

Credo meriti ricordare ― non ultimo per il fatto che la Chiesa lo ha voluto di recente proclamare santo e quindi modello di eroiche virtù ― che San Giovanni Paolo II, il quale conobbe il meglio del peggio della dittatura proletario-comunista direttamente sulla propria pelle, agli inizi del suo pontificato non disse: «Aprite le porte ai poveri delle periferie esistenziali», invitò il mondo ad «Aprire le porte a Cristo ed alla sua salvatrice potestà». Esattamente questo, disse quel Giovanni Paolo II offerto oggi come modello perseguibile e realizzabile di eroiche virtù. E chi l’ha canonizzato, nel farlo ce l’ha proprio presentato e proposto come modello di eroiche virtù da perseguire, non come un “santino” da iconografia popolare.

Ormai siamo oltre la cosiddetta frutta, siamo oltre allo stesso digestivo. Ormai necessitiamo di un potente lassativo, se non di una vera e propria lavanda gastrica, per liberare quanto prima l’intestino della nostra povera ma pur sempre Santa Chiesa, che malgrado le opere nefaste degli sciocchi mediocri − che da sempre sono di gran lunga peggiori delle opere degli intelligenti eretici – rimarrà sempre la Sposa Immacolata di Cristo fino al suo ritorno alla fine dei tempi. Questa è la nostra fede, questa è la nostra cristologica speranza: «Le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» [Mt 13, 16-20]. E noi non cesseremo mai di spalancare le porte a Cristo ed alla sua salvatrice potestà. Le poverolatrie mondane che celano solo conformismi e opportunismi servili le lasciamo di buon grado ai clericali da strapazzo, compresi quei cardinali che d’improvviso hanno scoperto come strumento di discernimento e come mezzo di suprema misura i Rom, anziché l’autentico valore di un Vangelo sempre più sconosciuto e inascoltato dagli uomini di questo mondo; compresi quei cardinali con le crocette di legno pendenti sul petto. Temo infatti che questa gente corra il serio rischio di rappresentare sempre più se stessa e le proprie dissociazioni dal reale umano e pastorale, anziché l’autentica e unica Chiesa di Cristo che ci tratta da amici, non da servi; che ci vuole annunciatori della salvezza e fedeli strumenti per la relizzazione dei suoi piani di redenzione, perché questa è la missione che Cristo ha affidato alla sua Chiesa edificata su Pietro.

Amen!

Domando perdono a Sua Santità per il “Pesce d’Aprile” offrendo una riflessione sul carrierismo-camaleontico

DOMANDO PERDONO A SUA SANTITÀ PER IL «PESCE D’APRILE» OFFRENDO UNA RIFLESSIONE SUL CARRIERISMO-CAMALEONTICO

 

Chi spera di ottenere qualche cosa non dice mai la verità, si limita solo a cercare di compiacere in tutti i modi il padrone per ottenere da esso ogni possibile beneficio. E nella Chiesa d’oggi non abbiamo purtroppo né un San Bernardo di Chiaravalle né una Santa Caterina da Siena che si rivolgano al Romano Pontefice in modo deciso, avvolti d’amore e sacro rispetto verso l’Augusta Persona della Santità di Nostro Signore; temo quindi che in questi tempi di vacche magre la Santità Vostra debba accontentarsi di un mezzo scarto come me.

 

«Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore»

[Vangelo di San Marco 2, 21]

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

Beatissimo Padre.

Consapevole che un “rattoppo” può dare vita a uno “strappo peggiore” [Mc 2, 21] umile e sincero Vi domando perdono per avere esordito il 1° aprile sulla seguita rivista telematica L’Isola di Patmos con un genere di scherzo noto in ambito europeo come «Pesce d’Aprile» [ndr. vedere QUI], lo stesso genere di scherzo che nelle terre d’origine della Santità Vostra è noto invece come «las bromas del dia de los Santos Inocentes» [gli scherzi del giorno dei Santi Innocenti], che in America Latina cade il 28 dicembre.

Confido anche nel sorriso di S.E. Mons. Guido Pozzo che dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei è stato promosso nunzio apostolico nella Repubblica di Nauru, perché anch’esso nella sua vita ecclesiastica avrà forse ricevuto o fatto qualche “scherzo da prete”, a partire dai tempi in cui era studente presso l’antico Collegio Capranica, dal quale sono uscite nel corso degli ultimi decenni cordate di soggetti che di scherzi alla Chiesa ne hanno fatti svariati e pesanti; molti dei vescovi donati alle diocesi italiane da quest’Almo Collegio sotto la precedente presidenza della C.E.I. ne sono infatti prova palese.

Nessuno potrà dire che io abbia dei celati sentimenti di carrierismo, piaga contro la quale ho spesso combattuto e scritto in toni duri nei miei libri e articoli; perché chiunque miri nel proprio intimo a qualche cosa si guarda bene dal promuovere per scherzo se stesso ad una sede vescovile, tanto è noto e risaputo che neppure uno che aspiri a diventare parroco di una chiesa di campagna farebbe pubblici scherzi del genere.

I carrieristi non sono spariti, hanno solo cambiata veste: sotto il pontificato del Vostro Sommo Predecessore erano tutti presi in sfoggi d’attenzioni per la sacra liturgia ed i suoi importanti apparati, tanto che all’epoca le sartorie ecclesiastiche e le fabbriche di paramenti artistici facevano affari d’oro. Oggi invece le stesse sartorie e fabbriche piangono miseria, perché il nuovo stile inaugurato dalla Santità Vostra è tutto improntato sulla semplicità e su una povertà francescana che neppure San Francesco d’Assisi conobbe mai, visto che i suoi frati erano sì poveri, ma le loro chiese erano dotate per la gloria di Dio dei paramenti più belli e delle suppellettili più preziose. I calici di coccio hanno cominciato a usarli di recente per ostentata “povertà” quei certi Frati Minori che hanno poi spinto il proprio Ordine verso la bancarotta per speculazioni finanziarie spericolate con le banche svizzere, mentre giocondi cantavano le lodi a Madonna Povertà e ponevano al contempo il Corpo e il Sangue di Cristo in vasellami di terracotta decorati con i colori della “bandiera della pace“, la quale nasce peraltro in ambito esoterico ed occultistico, come ormai risaputo e spesso inutilmente ripetuto ai diversi preti che si ostinano a metterla sugli altari dai quali da tempo hanno tolto il crocifisso centrale, affinché l’ombra di Nostro Signore non debba offuscare l’immagine del “prete-protagonista“.

Sono quindi certo che con la Vostra grazia di stato e la sapienza di cui siete Sommo Maestro sarete prudente e lungimirante quanto basta a non fidarvi di questi camaleonti, perché i carrieristi che oggi parlano di poveri e barboni sono gli stessi che sino a due anni fa spendevano somme esorbitanti di danaro solo per organizzare una sontuosa cena per celebrare il loro anniversario di consacrazione episcopale, alla presenza del gotha della vecchia aristocrazia e dei membri degli ordini cavallereschi che durante certe feste degne delle corti rinascimentali versavano lacrime di nostalgia per il vecchio Stato Pontificio. Ma ecco che d’improvviso ce li siamo ritrovati dinanzi totalmente trasformati, ed a soli due anni di distanza da allora, oggi non perdono occasione per parlare di poveri e di barboni ad ogni pubblica occasione propizia.

Forse sarebbe bene informare la Santità Vostra che ci sono Vescovi che nelle proprie omelie hanno posto ormai in secondo piano il Verbo di Dio fatto Uomo per parlare ai fedeli dei barboni, delle docce e dei barbieri che il Romano Pontefice ha fatto mettere a loro disposizione. A quanto però ci è dato sapere nessuno di loro ha messo a disposizione dei barboni né il proprio super-attico in città, né la propria villa, né il prezioso rustico di campagna che si sono preparati con gran cura e dispendio di danaro per potersi ritirare a quieta vita quando saranno “vescovi emeriti”; né pare che alcuno di essi abbia messo a disposizione dei barboni i cospicui risparmi accumulati durante gli anni del proprio ministero episcopale.

La mia modesta esperienza mi insegna che non bisognerebbe mai fidarsi di chi passa con siffatta disinvoltura dai broccati decorati in oro e argento agli stracci dozzinali in acrilico sintentico, perché ciò denota che questi clericali trasformisti non sono mai se stessi e quindi non manifestano mai la genuina sincerità del proprio essere. Coloro che dopo la Vostra Augusta elezione al Sacro Soglio hanno riposte in cassaforte le croci pettorali d’oro per presentarsi alle assemblee episcopali o in udienza privata dal Romano Pontefice con croci pettorali di ferro, o quelli che per figurare più poveri ancora si presentano direttamente con croci pettorali di legno a forma di tau francescano, sono il segno vivente della inaffidabilità più falsa e pericolosa, oltre che paradigma di quella desolante mediocrità che oggi soffoca la Chiesa di Cristo dai più bassi ai più alti livelli.

Quelli che invece scherzano in modo molto serio sono parecchio più affidabili di questi trasformisti, perché come ci ha insegnato quel giocoso santo di Filippo Neri essi servono veramente la Chiesa e il Romano Pontefice usque ad effusionem sanguinis, mentre i camaleonti tradiscono sempre; e non si limitano a tradire i vivi, tradiscono anche i morti.

Mi piacerebbe che in occasione della benedizione Urbi et Orbi la Santità Vostra si presentasse assiso sul trono dorato con l’abito corale pontificale, dopo avere celebrato le solennità pasquali con i paramenti storici più belli di cui è ricca la papale basilica di San Pietro, perché a quel punto, coloro che cavalcano una immagine di povertà da marketing mediatico e che offrono omelie unicamente a base di barboni, descrivendo ai nostri tanti fedeli che non conoscono più neppure i rudimenti del Catechismo della Chiesa Cattolica l’importanza delle docce e dei barbieri messi a loro servizio; gli eretici modernisti per un verso e gli eretici lefebvriani per altro verso, sarebbero messi tutti quanti in totale stato confusionale; e più li metteremo in confusione, più li porteremo allo scoperto; più li porteremo allo scoperto, più possibilità avremo di liberare la Santa Chiesa di Cristo da queste cellule tumorali sparse nel suo Corpo Santo come delle metastasi.

Di questi tempi, per preservare e per salvare la Santa Chiesa di Cristo non bisogna portare la pace, ma una spada [Mt 10, 34], che all’occorrenza può essere anche la spada della sana e cristiana ironia utile a mettere a nudo quanti sono pronti a cambiare con estrema facilità bandiera ed a saltare all’istante sul carro del nuovo vincitore, pur di rimanere gli stessi di sempre, cercando di ottenere tutto quello che si può riuscire ad ottenere in benefici e cariche ecclesiastiche persino dopo certi radicali cambi di governo. E costoro, da cui la Santità Vostra è purtroppo circondato, sono la moderna incarnazione di Giuda che rimproverò Maria di avere unto il Signore con un prezioso olio di nardo che a parere dell’Iscariota poteva essere venduto per 300 denari per darne poi il ricavato ai poveri [Gv 12, 5]; sono gli stessi che dopo avere accompagnato il Signore nel suo ingresso trionfale a Gerusalemme poco dopo lo abbandonarono dinanzi al pericolo e fuggirono [Mt 26, 56], mentre la folla di ieri, come quella di oggi, sceglieva Barabba e gridava nel pretorio di Pilato: «Crocifiggilo, crocifiggilo!» [Gv 19, 6].

Il mio cuore si rallegra dinanzi alla misericordia ed alla tenerezza più volte invocata dalla Santità Vostra e questo mi rende fiducioso che assieme ai barboni potremo esserne beneficiati anche noi figli Vostri e servitori devoti della Chiesa, resi indegnamente partecipi per mistero di grazia al sacerdozio ministeriale di Cristo, pur essendo noi sacerdoti sempre più carenti sia di misericordia sia di tenerezza da parte delle nostre Autorità Ecclesiastiche.

La Santità Vostra ha mai pensato — ed assieme a Voi quei Vostri Venerabili Fratelli Vescovi dediti oggi alla predicazione del nuovo Vangelo dei barboni  di mandare questi amabili clochards a celebrare il Sacrificio Eucaristico, a dare la sacra unzione a un infermo, ad assolvere i fedeli dai loro peccati, a guidare in vario modo il Popolo di Dio sulla via della fede in tutte quelle regioni del mondo dove la mancanza di sacerdoti aumenta sempre di più e dove l’età del clero è sempre più elevata? Perché anche noi presbiteri che serviamo la Chiesa con la nostra vita ed a prezzo della nostra vita e che spesso siamo parecchio più soli e abbandonati dei barboni, abbiamo bisogno di “docce”, di “barbieri” e di varie altre attenzioni che però nessuno ci dà.

Chi spera di ottenere qualche cosa non dice mai la verità, si limita solo a cercare di compiacere in tutti i modi il padrone per ottenere da esso ogni possibile beneficio. E nella Chiesa d’oggi non abbiamo purtroppo né un San Bernardo di Chiaravalle né una Santa Caterina da Siena che si rivolgano al Romano Pontefice in modo deciso, avvolti d’amore e di sacro rispetto verso l’Augusta Persona della Santità di Nostro Signore; temo quindi che in questi tempi di “vacche magre” la Santità Vostra debba proprio accontentarsi di un mezzo scarto come me.

Prostrato ai Vostri piedi bacio con devota obbedienza l’anello del Pescatore, con gli occhi illuminati da quel dono della grazia nella fede attraverso i quali non cesserò mai di venerare in Voi il Mistero della Chiesa eretta dal Verbo di Dio sulla roccia di Pietro.

Ariel S. Levi di Gualdo, presbitero

Dall’Isola di Patmos, 1 aprile 2015, ore 23.00
Vigilia della Missa in Coena Domini

 

papa crisma

Nella foto: il Santo Padre Francesco durante la Santa Messa del Crisma del 2014

O Redemptor sumet carmen

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Cari Lettori: “Mi scuso, ma al tempo stesso sono commosso”

CARI LETTORI: «MI SCUSO, MA AL TEMPO STESSO SONO COMMOSSO»

L’ambizione rende quasi sempre l’uomo non libero, quindi falso, ed il falso, oltre a non essere in alcun modo affidabile, è sempre e di rigore un dannoso avvelenatore della vita ecclesiale, ed i danni e le guerre fratricide che spesso produce all’interno del mondo ecclesiastico sono talvolta incalcolabili.

 

pesce di aprile

appendice al “pesce d’aprile”

 

È difficile che gli altri mi prendano in giro perché io mi prendo in giro da solo. Poi, per essere veramente seri non bisogna mai essere seriosi bensì giocosi, perché con un sorriso, ciò che di più serio esiste si trasmette e s’imprime, mentre con la seriosità arcigna, ed in specie quella clericale, ciò che di più serio esiste si cancella e nulla rimane  [Ariel S. Levi di Gualdo]

 

 

Autore Padre Ariel

Autore
+ Ariel S. Levi di Gualdo Vescovo titolare di Laodicea Combusta

 

Il Cardinale Crescenzo Sepe mostra dall'altare del Duomo di Nap

I lettori rimasti male per questa mancata nomina non si disperino: per il “Pesce d’Aprile” del 2016 sarò nominato Arcivescovo di Napoli [fotomontaggio di Andrea

Cari Lettori / Care Lettrici.

Prego coloro che in toni persino commossi mi hanno inviato messaggi di felicitazione per la mia nomina a vescovo titolare di Laodicea Combusta, di non sentirsi sbeffeggiati per questo Pesce d’Aprile [vedere QUI]. Basterà però attendere ancora poco affinché io possa succedere al cardinale residenziale di una antica sede: Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli. Ho già fatto le prove per il Pesce d’Aprile 2016 e posso anticiparvi una mia foto con la reliquia di San Gennaro in mano, fotomontaggio eseguito dall’amico Andrea nel quale per inciso — ci tengo a precisarlo — le due pagnottelle che vedete in foto non sono le mani mie ma quelle dell’amabile episcopo dell’antica Partenope.

Proprio quando scherzo faccio molto sul serio e molti di voi coglieranno il messaggio di fondo che è questo: chi spera di ottenere qualsiasi cosa, piccola o grande che sia, non fa certi scherzi, per fare i quali occorre la forza della libertà umana e cristiana da qualsiasi celata o mal celata ambizione. Per gli ecclesiastici l’ambizione è particolarmente nefasta, perché se il Demonio riesce a prenderci in essa, di noi può riuscire a fare tutto ciò che vuole. Lungo e penoso sarebbe l’elenco derivante da mie esperienze di vita sacerdotale a volte dolorose. Ho conosciuto vescovi che anziché servire e amare le Chiese particolari a loro affidate hanno dissipato il proprio episcopato per cercare di auto-promuoversi a più grande e prestigiosa sede, sempre disponibili per politici, giornalisti o membri della curia romana ravvoltolati come donnette al lavatoio nel peggiore chiacchiericcio, scostanti e non dediti alle cure del proprio clero e dei propri fedeli; pronti a emarginare in modi finanche crudeli tutti coloro che con onestà e devoto rispetto li hanno messi dinanzi alle loro gravose responsabilità pastorali, ma circondati in compenso di untuosi e adoranti segretarietti o di collaboratori rigorosamente più mediocri del vescovo stesso, promossi non di rado a loro volta alla dignità episcopale. È infatti ormai prassi triste e incontrollata che le mezze figure, prima si circondino, poi portino avanti appresso delle figure ancora più mezze di loro, tant’è vero che difficilmente, un pollo che razzola nel cortile, si mette un’aquila nelle proprie vicinanze.

Ho conosciuto giovani preti che si vedevano già nunzi apostolici a Washington, ma grazie a Dio scivolati infine su una buccia di banana, vittime della propria scaltrezza tutta quanta presunta. È che purtroppo ne ho visti molti altri andare avanti e soprattutto di molto peggiori. Troppi altri ancora ne ho visti accompagnarsi servili e ruffiani a cordate di curiali ai quali un prete per bene non allungherebbe mai la mano neppure con la canna da pesca; e sono gli stessi che appena ieri, sotto il pontificato del Venerabile Benedetto XVI, erano tutto un trionfo di rocchetti, damaschi e pose ieratiche, sempre pronti a sospirare in buon latino liturgico. Oggi questi stessi personaggi indossano paramenti dozzinali in vile acrilico, vanno in giro con un mezzo clergyman scollacciato e ti spiegano che nella vita ecclesiale il valore della povertà è tutto; e se per caso ti lasci scappare di bocca mezza orazione in latino, rischi di essere marchiato a fuoco come retrò. Evidentemente hanno capito — o credono di avere capito — che oggi, per fare carriera nel nuovo mondo ecclesiastico, bisogna parlare di poveri, di barboni e di periferie esistenziali di vario genere; ignari che forse, tutto questo, potrebbe essere invece solo un abile gioco per farli venire allo scoperto e indurli a cadere dentro la rete da pesca a loro tesa in modo magistrale, o se preferiamo con autentica scaltrezza papal-gesuitica.

In questo variegato campionario i peggiori in assoluto sono sicuramente quelli che non sono riusciti nelle loro scalate e che finiti in seguito licenziati dalla curia romana o dal servizio diplomatico, una volta rimandati trombati&frustrati nelle loro diocesi di origine si sono rivelati per i loro vescovi ed i loro confratelli degli ingestibili concentrati dei peggiori veleni.

L’ambizione rende quasi sempre l’uomo non libero, quindi falso, ed il falso, oltre a non essere in alcun modo affidabile, è sempre e di rigore un dannoso avvelenatore della vita ecclesiale, ed i danni e le guerre fratricide che spesso produce all’interno del mondo ecclesiastico sono talvolta incalcolabili.

Più volte, parlando privatamente col mio allievo e collaboratore e vari altri miei figlioli, ho affermato con triste ironia che potrei scrivere in anticipo sin d’ora l’elenco di tutti i peggiori elementi conosciuti durante la mia formazione al sacerdozio, ed appresso nella mia vita sacerdotale, che a uno a uno diventeranno tutti vescovi, i vescovi più mediocri diventeranno cardinali, i cardinali più mediocri diventeranno, chissà … perché in tal senso si sono programmati sin dai primi mesi di seminario e molti di essi riusciranno ad ottenere ciò che si sono prefissi. Detto questo ho sempre aggiunto: … e per ineffabile mistero, questi soggetti falsi, limitati, mediocri, spesso lacunosi sul piano dottrinale e pastorale e non di rado imbarazzanti sul piano morale, ricevuta la sacra unzione e con essa la pienezza del sacerdozio saranno comunque dei legittimi strumenti di grazia; e come tali dovranno essere rispettati e venerati ed all’occorrenza protetti come dei tesori, ma non per ciò che sono, ma per ciò che rappresentano e soprattutto per i Sacramenti che saranno chiamati ad amministrare. Certo, non saranno mai destinatari della mia stima, ma saranno sempre destinatari della mia sacerdotale venerazione, perché essi incarnano la pienezza del sacerdozio apostolico nel Mistero della Chiesa che sin dalla sua nascita lotta con il Mistero del Male.

Troppo a lungo nei seminari e nei noviziati religiosi si è spesso insistito ed esagerato in modi a volte rasenti l’ossessione sul peccato capitale della lussuria, come se nella sessualità umana risiedesse l’intero mistero del male. E mentre eravamo presi a concentrarci su questo, sotto gli occhi dei pii formatori, dei vescovi e dei superiori maggiori preoccupati quasi e solo dei pericoli dell’umana sessualità dei futuri preti e frati, crescevano e si moltiplicavano eserciti di incontenibili superbi, avari, invidiosi, iracondi. E la superbia, come varie volte ho scritto e ripetuto anche su queste nostre colonne dell’Isola di Patmos, è la regina di tutti i peccati, la somma auriga che si tira dietro tutti gli altri. È per questo e non certo per caso che al primo posto c’è lei, la superbia, non la lussuria, che è comunque un grave peccato ma che nella lista dei Sette peccati capitali sta però al 5° posto, perché prima di essa ne vengono altri quattro: I. superbia, II. avarizia, III. invidia, IV. ira … forse che questi siano più gravi, se l’ordine cronologico di grado del Catechismo della Chiesa Cattolica ha un suo senso preciso?

Per il mio spirito di libertà da certe ambizioni che reputo alquanto sano, confesso che qualche volta mi sarebbe persino piaciuto essere un po’ apprezzato dall’Autorità Ecclesiastica, anziché trattato a pesci in faccia. Quando però in questa valle di lacrime — e spesso anche di nani affetti dal complesso dei giganti terrorizzati per questo dal confronto con gli altri — scatta in me l’umano desiderio di essere apprezzato, cerco di fuggire questa “tentazione” recitando a memoria le Litanie dell’Umiltà del Cardinale Rafael Merry del Val … e tutto mi passa. Più volte le ho consigliate a diversi confratelli sacerdoti miei penitenti, ed anche a loro, o perlomeno ai più, tutto è passato. 

E adesso rinchiudiamoci nel mistero dei Sacri Riti Pasquali, domani mattina i Presbiteri di tutto il mondo celebreranno con i propri Vescovi la Santa Messa del Crisma durante la quale rinnoveranno le loro promesse, poi la Missa in Coena Domini nella quale si rinnova il ricordo della istituzione dell’Eucaristia e del Sacerdozio. 

 

 

LITANIE DELL’UMILTÀ

scritte dal Servo di Dio Rafael Merry del Val

O Gesù! mite ed umile di cuore! Esaudiscimi.
Dal desiderio di essere stimato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere amato – Liberami, Gesù,
Dal desiderio di essere decantato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere onorato – Liberami Gesù.
Dal desiderio di essere lodato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere preferito agli altri – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere consultato – Liberami, Gesù.
Dal desiderio di essere approvato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere umiliato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere disprezzato – Liberami, Gesù.
Dal timore di soffrire ripulse – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere calunniato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere dimenticato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere preso in ridicolo – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere ingiuriato – Liberami, Gesù.
Dal timore di essere sospettato – Liberami Gesù.
Che gli altri siano amati più di me – Gesù, datmmi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri siano stimati più di me – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano crescere nell’opinione del mondo e che io possa diminuire – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere impiegati ed io messo in disparte – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere lodati ed io, non curato – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere preferiti a me in ogni cosa – Gesù, dammi la grazia di desiderarlo!
Che gli altri possano essere più santi di me, purché io divenga santo in quanto posso – Gesù dammi la grazia di desiderarlo!

O Dio, che resisti ai superbi e dai la grazia agli umili: concedimi la virtù della vera umiltà, di cui il Tuo Unigenito mostrò ai fedeli l’esempio nella Sua Persona; affinché non avvenga mai di provocare la Tua indignazione con l’esaltarmi nell’orgoglio, ma piuttosto, sottomettendomi umilmente possa ricevere i doni della Tua grazia.
Così sia.

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

La questione dell’eresia e degli eretici, ieri e oggi

LA QUESTIONE DELL’ERESIA E DEGLI ERETICI, IERI E OGGI

Qualunque fedele ben saldo nella fede, sensibile al bene delle anime, bene informato del caso, può pronunciare, con prudenza e dopo attento esame, la nota di eresia a carico di un altro fedele; può anche denunciarlo, se crede e se ciò può servire al bene dell’eretico e a quello dei fedeli […]

 

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

eresia la questione della eresia oggi

l’opera del teologo domenicano Giovanni Cavalcoli, La questione dell’eresia oggi [vedere QUI]

Un termine delicato ma importante del linguaggio cristiano, da usare con prudenza, nelle dovute circostanze e con cognizione di causa, è quello di “eresia”, la quale consiste in generale nella scelta (àiresis, αἵρεσις) di una proposizione falsa nel campo della dottrina della fede o nella soppressione o negazione o dubbio volontari di qualche verità di fede. Ora, siccome la fede è verità, l’eresia è una proposizione falsa contro la dottrina della fede. L’eretico non accoglie con vera fede (fides qua) tutto quanto (fides quae) la Chiesa, a vari livelli di autorità, ci dà a credere come è contenuto nel deposito della divina Rivelazione, le cui fonti sono la Scrittura e la Tradizione. Egli invece fa una cernita arbitraria; ossia, ritenendosi magari direttamente illuminato da Dio, sceglie soggettivisticamente tra i contenuti della fede solo quelli che gli piacciono o gli fanno comodo o trova conformi alla sua ragione. Il che denota la mancanza di una vera fede, anche se il soggetto accetta gli altri contenuti, perchè chi crede, accoglie con fiducia tutto quello che l’autorità gli rivela. Viceversa, è precisamente quando si tratta di dati univoci od omogenei alla ragione, che la ragione ha il diritto e il dovere di fare un vaglio in base ai suoi princìpi e al suo metodo e di assumere solo ciò che è conforme a ragione e può essere intuìto o dimostrato dalla ragione. Invece le verità di fede non contrastano con la ragione, ma le sono però superiori, in quanto verità divine, cosicchè, se può esservi armonia tra ragione e fede, dato che l’una e l’altra si fondano in Dio, tale armonia non consente alla ragione di rendersi evidenti quelle verità, che restano certissime, ma per lei misteriose e trascendenti.

giovanna arco

Giovanna d’Arco guidò le armate francesi contro quelle inglesi durante la guerra dei cent’anni. Catturata dai Borgognoni fu venduta agli inglesi che la processarono per eresia. Il 30 maggio 1431 fu arsa viva al rogo. Nel 1456 il Pontefice Callisto III dichiarò nullo quel processo. Nel 1909 fu beatificata dal Santo Pontefice Pio X e canonizzata nel 1920 dal Pontefice Benedetto XV.

Questa incongruenza dell’intelletto dell’eretico con la verità e quindi la sua nozione falsa, che peraltro a lui appare vera, può essere cosciente e intenzionale, oppure può essere inconsapevole e involontaria. Nel primo caso si dà una colpa grave, perchè sopprime o falsifica la fede sotto l’angolo di quella proposizione. E poichè ogni verità di fede è necessaria alla salvezza, un’eresia compromette la salvezza, anche se si tratta di una sola proposizione, così come basta un solo peccato mortale per togliere la grazia. Così similmente in un organismo, qualunque corruzione o disfunzione di un organo vitale, anche se gli altri restano sani, provoca la morte del soggetto.

Nel secondo caso il soggetto non sa di essere nell’errore, per cui non ne ha colpa. Supponendo che egli ami la verità, se viene illuminato, facilmente si corregge. Invece l’eretico volontario, siccome è attaccato al suo errore, anche se confutato, persiste nel restargli attaccato in quanto preferisce il suo giudizio a quello della Chiesa, che lo avverte della sua eresia, che egli continua a professare non per amore della verità, ma perchè gli fa comodo o per superbia o per altri interessi estranei all’amore per la verità.
L’eretico non è semplicemente chi nega una verità di fede o un dogma, ma è il cattolico che tradisce la fede passando all’eresia. Per questo, quei soggetti, come per esempio i protestanti, che nascono in un ambiente protestante e ricevono un’educazione protestante, benchè nelle loro dottrine siano contenute oggettivamente delle eresie, non possono propriamente essere denominati “eretici”, ma, secondo l’espressione coniata da San Giovanni XXIII, ed entrata nell’uso, sono “fratelli separati“, Essi, come insegna il Concilio, appartengono alla Chiesa, ma senza essere in piena comunione, per cui la Unitatis Redintegratio auspica che essi un giorno entrino nella Chiesa cattolica [vedere QUI].

eretici donatisti

Sant’Agostino disputa con gli eretici donatisti, dipinto di Carl Van Loo (1753)

L’eresia si oppone alla verità rivelata o di fede, sia essa la Parola di Dio, sia il dogma o sia la dottrina della Chiesa. Essa dubita del vero e sospetta il falso; scambia il vero col falso e il falso col vero; l’apparenza con la verità e la verità con l’apparenza; relativizza l’assoluto ed assolutezza il relativo; rende mutevole l’immutabile ed immutabile il mutevole; confonde ciò che è distinto; oppone ciò che è unito; prende la parte per il tutto (“ideologia”) e il tutto per la parte.
Il Nuovo Testamento, pur ritenendo inevitabili le eresie a causa della debolezza e della malizia umana [I Cor 11,19], considera le eresie come “dottrine diaboliche” [I Tm 4,1] e mette in guardia contro gli eretici [Tt 3,10]. L’eretico «rifiuta di volgersi alla verità per dare ascolto alle favole» [II Tm 4,4]. È un “anticristo” che si separa dalla comunità cristiana [I Gv 2,19]. L’eresia è una sapienza “terrena, carnale, diabolica” [Gc 3,15]. San Giovanni è severo contro gli eretici: occorre star lontani da loro: «chi va oltre e non si attiene alla dottrina di Cristo, non ricevetelo in casa e non salutatelo; poichè chi lo saluta, partecipa delle sue opere perverse» [II Gv 11].

eretici giordano bruno

la celebre statua eretta in onore di Giordano Bruno in Campo dei Fiori a Roma dopo l’Unità d’Italia. Il Bruno subì un lungo processo a partire dal 1592. Nel 1599 il tribunale dell’inquisizione lo invitò ad abiurare sette proposizioni eretiche. Dopo la condanna fu fatto trascorrere un altro anno durante il quale l’invito fu più volte ripetuto. I giudici dell’inquisizione, oltre a condannare le sue eresie, per anni cercarono di salvarlo.

La Chiesa sin dagli inizi, nei decreti dei Papi e dei Concili, dopo un opportuno avvertimento all’eretico, se questi non si correggeva, si è sempre premurata di segnalare gli eretici alla comunità ed eventualmente di punirli, affinchè stesse in guardia ed evitasse il loro errore. Un provvedimento disciplinare canonico è la scomunica, il cosiddetto anàthema sit, la quale ha il compito di chiarire che l’eretico, a causa della sua eresia, non può essere considerato come membro di quella comunità, che è fondata su quella verità che egli rifiuta. Tuttavia la Chiesa, anche nel caso degli eretici, non sempre ricorre alla scomunica, ma possiede anche altri mezzi e modi per stimolare ed indurre il peccatore al pentimento e ad abbandonare il suo errore.

Mentre tuttavia una scomunica può essere tolta, quando la Chiesa condanna un’eresia, come è dimostrato dalla storia stessa [vedere QUI], non ritira mai la sua sentenza [vedere QUI, QUI], perchè è da ritenersi che la Chiesa sia infallibile in questo tipo di giudizi, che toccano, sia pur sub contrario, la dottrina della fede.

Nel diritto canonico l’eresia si configura come un crimine o un delitto, che quindi può essere punito dietro regolare processo, avviato a seguito di denuncia sporta alla competente autorità giudiziaria ecclesiale, da quella episcopale a quella romana. Oggi i processi per eresia sono molto rari. I pastori preferiscono interventi meno formalizzati e più morbidi o duttili, a seconda dei casi, promovendo le buone qualità dell’eretico e mirando più che alla punizione, alla correzione. Questo stile più evangelico e più rispettoso della persona dell’eretico e fiducioso nelle capacità di autodifesa di un popolo di Dio dovutamente informato in quelle verità che sono negate dall’eretico, trae origine dalla riforma pastorale e canonica promossa dal Concilio Vaticano II, il quale, pur condannando gravi errori del mondo moderno, non pronuncia mai la parola “eresia” preferendo espressioni equivalenti. E neppure esistono i tradizionali canoni contro gli eretici.

eresia ario

antico affresco raffigurante l’eresiarca Ario

L’eresia nel senso più forte è la negazione di un dogma solennemente ed esplicitamente definito [dottrina ex cathedra]. Ma siccome il Magistero della Chiesa insegna infallibilmente le verità di fede o connesse alla fede anche a due livelli o modalità inferiori di autorevolezza, come per esempio è avvenuto per le dottrine del Concilio Vaticano II [vedere mi precedente articolo QUI], chi non accettasse queste dottrine di autorità inferiore, certamente non peccherebbe contro la fede divina e quindi non potrebbe essere considerato propriamente eretico; e tuttavia il suo errore potrebbe essere qualificato come “prossimo all’eresia” (haeresi proximum), in odore di eresia (haeresim sapiens) o quanto meno disobbediente al Magistero autentico della Chiesa: offensivo delle pie orecchie (piis auribus infensum).

eretici agostino pietro della francesca

Sant’Agostino in una raffigurazione di Pietro della Francesca. L’Ipponate fu strenuo nel combattere l’eresia di Pelagio

Qualunque fedele ben saldo nella fede, sensibile al bene delle anime, bene informato del caso, può pronunciare, con prudenza e dopo attento esame, la nota di eresia a carico di un altro fedele; può anche denunciarlo, se crede e se ciò può servire al bene dell’eretico e a quello dei fedeli, al Vescovo o alla Congregazione per la Dottrina della Fede [vedere nostro precedente articolo QUI]. Non è quindi necessario considerare eresie o eretici solo quelle dottrine o coloro che sono stati esplicitamente condannati dalla Chiesa. Certo, di queste eresie si può avere assoluta certezza e il condannarle da parte nostra può dare gran forza al nostro giudizio. Ma nessuno ci impedisce, anzi l’amor Christi che urget nos, ci spinge a prender nota delle eresie che sono in circolazione, e sono parecchie, per vedere che cosa si può fare per porvi rimedio.

Indubbiamente il vaglio e il discernimento delle eresie non è facile. Occorre avere un grande amore per la verità ed essere animati da una grande carità: occorre essere ben preparati nella dottrina cattolica e saper interpretare i detti e gli scritti degli altri. Occorre sforzarsi di interpretare in bene, a meno che l’errore non sia evidente. Occorre sempre però, in linea di principio, mettere in conto di potersi sbagliare nell’interpretare o nel giudicare: o troppo severi o troppo miti. Una proposizione che appare ereticale ut littera sonat, ossia secondo il significato oggettivo, proprio e coerente delle parole, potrebbe non essere eretica nelle intenzioni e nel significato inteso dall’autore, che non si è espresso bene o con proprietà di linguaggio, ma intendeva dire un’altra cosa che, a conti fatti, è ortodossa.

eretici farinata dante

Farinata illustra a Dante la condizione degli eretici condannati a dannazione eterna

La Chiesa condanna sempre, quando lo fa, un’eresia ut littera sonat, ossia nel significato letterale, in quanto oggettivamente reca danno ai fedeli e suscita adepti, magari senza fare il nome dell’autore, per non affrontare la questione a volte spinosa di cosa intendeva dire esattamente l’autore, ma la cosa da un punto di vista pastorale non interessa. L’importante è che i fedeli vengano preservati dall’errore e sappiano qual è la verità opposta.

La Chiesa fa il nome dell’autore, quando si tratta di una dottrina sua propria o intende censurare l’esponente principale o l’iniziatore di un movimento ereticale o quando gli aderenti di tale movimento eventualmente sono astuti nel declinare o nascondere la loro responsabilità. Oggi però la Chiesa evita spesso di fare il nome, onde impedire un’esagerata opposizione all’eretico, che ne misconoscerebbe le qualità, che possono essere anche grandi e benefiche per altri versi.

eresia rosmini

il Beato Antonio Rosmini

Oggi però soprattutto — si veda per esempio il caso del Beato Antonio Rosmini — la Chiesa, valendosi di più progrediti metodi e mezzi dell’ermeneutica, come per esempio il metodo della contestualizzazione, della storicizzazione, o della varietà dei linguaggi e dei modi espressivi o la stessa psicologia dell’autore, cerca di mettere in luce eventuali buone intenzioni o buona fede dell’autore, così da scagionarlo almeno dall’eresia “formale”, ossia colpevole e da ammettere solo un'”eresia materiale”, inconscia ed involontaria, che salva l’innocenza dell’autore.

eretici luterro 95 tesi

Martin Luther affigge 95 tesi sul portale della chiesa di Wittenberg. Forse nessuno gli aveva mai spiegato che la porta della chiesa rappresenta “Cristo porta della salvezza” e “porta del gregge“, se lo avesse appreso, avrebbe cercato altro luogo per piantare chiodi ed eresie …

Non si può ammettere invece che la Chiesa si sbagli nell’interpretare il pensiero di un autore, sì da condannarlo erroneamente per eresia. L’dea quindi di certi falsi ecumenisti, secondo la quale il Concilio di Trento non avrebbe capito Lutero è assolutamente falsa e il tentativo di presentarlo come cattolico incompreso è pure causa assolutamente persa, dopo cinque secoli di studi dottissimi ed numerosi interventi del Magistero a suo riguardo.

L’ecumenismo voluto dal Concilio è certo una benedizione e un dono dello Spirito Santo, in quanto accordo tra cattolici e protestanti nelle verità che sono rimaste comuni; ma non facciamone il cavallo di Troia per far entrare le eresie di Lutero all’interno della Chiesa, chè questa non sarebbe più opera dello Spirito Santo, ma del demonio. E ne abbiamo già la prova dalla confusione creata dai modernisti, i quali, come già osservava San Pio X nella Pascendi dominici gregis, sono allievi dei protestanti [vedere nostri articoli precedenti QUI, QUI]. Semmai, sono questi falsi ecumenisti, che non hanno capito nè Lutero nè il Concilio di Trento. Ma essi stanno recando un grave danno, in quanto impediscono che oggi l’autorità ci ricordi le eresie di Lutero. Ma se circolano come circolano le eresie luterane, sotto mentite spoglie, senza che l’autorità intervenga, ciò non toglie che esse restino eresie; tuttavia non si può escludere che in certi casi il mancato intervento dell’autorità sia motivato da ragioni valide, come per esempio l’opportunità o l’evitare un male maggiore e però anche da motivi meno nobili, come la negligenza o il rispetto umano.

eretici giudici rotali

assisa dei giudici del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica

Considerando i contenuti ereticali o supposti tali o para-ereticali, occorre stabilire l’entità o la portata o il peso dell’errore, a quale grado di autorità della Chiesa esso si oppone, di quanto si allontana dalla verità, il danno che esso provoca, quelle che tradizionalmente si chiamano le “note teologiche”. Il supposto errore si oppone a un dogma o solo a una dottrina della Chiesa o solo a un’opinione teologica? Una volta accertata l’entità dell’errore, occorre innanzitutto tentare di persuadere l’eretico a tu per tu, come prescrive il Vangelo. La denuncia pubblica dell’errore va fatta solo se l’eretico rifiuta la correzione e se la sua eresia seduce molti. Per una piccola fiammata possono bastare due secchi d’acqua. Ma per un incendio, bisogna chiamare i pompieri. Per questo Cristo dice che, se il fratello non ascolta nel colloquio privato o nel trattare la cosa tra due o tre, occorre avvertire la Chiesa [cf. Lc 17, 1-4; Mt 18, 15-17].

L’eresia non è una semplice opinione contraria che non scalfisce l’unità della fede, ma essa invece corrompe la fede. Guai a eresiaq opinionitrattare da eretico chi semplicemente ha un’opinione contraria o diversa! Ma anche guai a lasciar correre eresie che mandano in perdizione le anime sotto pretesto della libertà di pensiero o di pluralismo teologico! Certezza teologica e certezza di fede sono due cose ben diverse. Oggi si tende a ridurre tutto ad opinione, anche le certezze di fede: per questo, se qualcuno cade nell’eresia, si pensa semplicemente che abbia un’opinione diversa. Non si dà peso al fatto che un certo modernismo e un certo tradizionalismo retrivo sono eresie. Oppure avviene il contrario: chi la pensa diversamente da me è un eretico. Occorre recuperare i criteri oggettivi per le valutazioni e non lasciarsi trasportare dai pregiudizi, dall’emotività e dalla faziosità. Altrimenti, che cattolici, che “universali” siamo, se ognuno vuol tirare il sacro nome di cattolico dalla sua parte?

eresia errore

sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico

Occorre distinguere l’errore in campo teologico o esegetico dall’eresia. Il teologo e l’esegeta si occupano certo della dottrina della fede o della Chiesa, ma mediante la loro scienza, la quale certamente è fondata su princìpi di fede e sui dogmi; ma la teologia e l’esegesi costruiscono il loro sapere mettendo in opera e avvalendosi di mezzi e metodi cognitivi elaborati dalla ragione.
Ciò comporta il fatto che la ragione, essendo fallibile, può sbagliare in due modi: o all’interno del suo stesso procedere, e allora abbiamo l’errore; oppure in quanto la ragione interpreta la verità di fede, il dato biblico o dogmatico, e allora abbiamo l’eresia. Se per esempio un esegeta si sbaglia nell’ubicare una città o nell’interpretare la natura di uno strumento musicale dell’Antico Testamento, senza che ciò entri nel merito della dottrina della fede, questo è un semplice errore esegetico. Se invece dovesse affermare che gli angerli nella Sacra Scrittura sono meri personaggi simbolici e fantastici, è chiaro che cadrebbe nell’eresia.

E così pure, se un teologo preferisse dividere l’ente in ente finito ed ente infinito piuttosto che in ente per essenza ed eresia imparare dagli erroriente per partecipazione, ciò non comprometterebbe la dottrina della fede. Ma se dovesse risolvere la persona umana nella relazione, metterebbe in pericolo il dogma della Santissima Trinità, per il quale solo la Persona divina è relazione sussistente. E se non cade nell’eresia formalmente e direttamente, vi cade indirettamente e per conseguenza (propositio haeresi proxima).

L’eresia propriamente è una tesi ribelle alla dottrina della Chiesa interprete infallibile della Parola di Dio. Ma esiste un errore contro la fede ancora più grave, il massimo grado dell’errore: la bestemmia, che è l’insulto verbale alla stessa Parola di Dio, ossia a Dio, a Cristo e alla sua dottrina, con l’attribuzione a Dio o a Cristo di epiteti o attributi sprezzanti, offensivi e ingiuriosi. Alla bestemmia, nella prassi, specie liturgica e sacramentale, corrisponde il sacrilegio o l’empietà.

dogma assunzione

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Si danno dunque quattro gradi di autorità nella dottrina della fede e per corrispettivo di ribellione alla verità di fede: il grado massimo è la Parola di Dio, alla quale si oppone la bestemmia. Al di sotto della Parola di Dio, che esce dalla stessa bocca di Cristo, vi sono poi gli insegnamenti della Chiesa: il grado più elevato è il dogma definit (ex cathedra), oggetto del Magistero straordinario (Papa e Concili) e di solenne definizione (de fide credenda).

Sotto il dogma c’è la dottrina prossima alla fede, oggetto del Magistero semplice ed ordinario (il Papa con i vescovi sparsi nel mondo); contiene le verità logicamente connesse, dedotte o presupposte, al dogma (de fide tenenda). A questo grado si oppone la dottrina prossima all’eresia. Al grado più basso abbiamo il semplice Magistero autentico, che tratta sempre di fede, ma di ciò che la Chiesa deduce o ricava dalla sua stessa dottrina. E quindi anch’esso è infallibile, però ad esso si deve il religioso ossequio della volontà. L’errore contrario è la disobbedienza al Magistero della Chiesa.

congregazione della dottrina della fede

La Congregazione per la Dottrina della Fede

Chi oggi si occupa o s’interessa di eresie, chi cerca di individuarle e correggerle, chi esprime giudizi su di esse, chi formula accuse, rilievi o note di eresia; al limite il solo parlare seriamente di eresie che non siano quelle dei primi secoli, è spesso malvisto soprattutto negli ambienti modernisti. Si vede subito in lui con una certa ironia o con fastidio il cacciatore di streghe, il cerbero inesorabile, l’aggressore dei mulini a vento, un patetico residuo del passato, l’ansioso inseguitore di fantasmi, l’avanzo dell’Inquisizione, la mente rigida incapace di elasticità o duttilità, la mente ristretta di chi vede il nemico nel diverso, il tradizionalista retrogrado, il presuntuoso intollerante e senza misericordia, chiuso nelle proprie idee superate, invidioso di chi ha successo, il pedante che cerca il pelo nell’uovo, il fariseo che pretende di giudicare gli altri, colui che mira a dominare le coscienze, l’aspirante vescovo tosatore del gregge.

dominus jesus

cliccare sull’immagine per leggere il testo della Dichiarazione Dominus Jesus

In nome di un malinteso ecumenismo, di una falsa libertà religiosa, e di un dialogo a tutto campo, abbiamo perduto la coscienza dell’universalità oggettiva della verità come bene vitale comune. Siamo ancora sensibili, grazie a Dio, alla sofisticazione dei cibi, al pericolo delle epidemie, alla falsificazione della moneta, giustamente tutti assieme cerchiamo di rimediare a questi mali, consapevoli della loro oggettività. Quando invece si tratta di idee, di dottrine, di contenuti intellegibili, di verità di ragione o di fede, ecco comparire il mostro piacevole del soggettivismo e del relativismo e quindi il menefreghismo per i pericoli nostri e degli altri.

 

Cop_SanTommaso

una interessante opera su San Tommaso d’Aquino [vedere QUI]

Quanta consapevolezza invece aveva la cristianità medioevale del danno arrecato a tutti dall’eresia. Non per nulla si parlava di “peste ereticale”. E San Tommaso non esitava appunto a paragonare la falsificazione della fede alla falsificazione della moneta. Quale senso del peso delle realtà spirituali nel bene come nel male! Quale viva percezione dell’importanza della fede nella nostra vita! Quale coscienza della fede come bene comune! Si parla molto di verità e di fede. E ciò va senz’altro bene. Ma si parla poco o non si sa parlare nel dovuto modo di eresia. Non ci siamo ancora liberati dai fantasmi del passato, che pesano su questa fatidica parola. Alcuni forse vorrebbero toglierla dal vocabolario; ma è sbagliato. La Chiesa la usa ancora e la userà sempre. Si tratta di imparare o reimparare ad usarla. Anzi è del tutto auspicabile che la Chiesa organizzi dei centri di ricerca, di raccolta di dati, e di cura delle eresie, così come in campo medico esistono poderose organizzazioni e strutture che studiano e risolvono in équipe e scientificamente i problemi della salute.

eresia ritrattazione eretico

raffigurazione pittorica della ritrattazione dell’eretico dinanzi al Sommo Pontefice

Perchè mai notiamo i più lusinghieri progressi, con la presenza di personale altamente specializzato, nel campo della cura della salute fisica, per cui esistono tante strutture, tanta serietà e competenza, mentre nel campo della vita spirituale e in particolare dei problemi riguardanti la verità e le sue contraffazioni sembra regnare l’indifferenza, il dilettantismo, l’arretratezza e il pressapochismo? Non solo alla Santa Sede e nelle grandi istituzioni accademiche, ma in ogni diocesi, in ogni parrocchia, in ogni istituto religioso, in ogni centro culturale laico cattolico dovrebbero esistere uffici e servizi ben forniti, per aiutare i fedeli nel discernimento e a difendersi o a difendere gli altri dal veleno dell’eresia. È giunto il momento di parlare dell’eresia con serietà, con serenità, con oggettività, con senso di responsabilità, con pastoralità, in un clima di carità e di servizio fraterno, senza ironie, senza ansietà e senza isterismi, un po’ come il medico parla dell’influenza o del vaccino contro il morbillo.

eresia lefebvre consacra i vescovi

eresie ed eretici moderni: il vescovo scismatico Marcel Lefebvre consacra illecitamente quattro vescovi in disobbedienza a Roma, da lui dichiarata “caduta in apostasia” a causa delle “dottrine eretiche” del Concilio Vaticano II [vedere i filmati QUI e QUI]

Certo l’eresia è una cosa seria, ma appunto perchè tale, occorre riprendere a parlarne con serietà, calma e cognizione di causa, senza lasciarla in mano alle sette o agli estremisti, che ne squalificano e distorcono il significato, se ne servono per divorarsi tra di loro e per affermare una meschina dominazione sulla coscienza degli altri. Operare contro l’eresia per la vittoria della verità e quindi per la salvezza delle anime, non è cosa da poco.

Occorre un forte equipaggiamento non solo culturale, ma anche spirituale, perchè, oltre a dover lottare contro l’ignoranza, la malizia e la dabbenaggine umane, si tratta di far fronte anche alle insidie del padre della menzogna; dal che torna assai consigliabile, se non necessario, ricorrere all’intercessione di Maria Santissima, vincitrice di tutte le eresie.

Varazze, 6 marzo 2015

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

I compiti del Sommo Pontefice ed i gradi della infallibilità

I COMPITI DEL SOMMO PONTEFICE ED I GRADI DELLA INFALLIBILITÀ

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Secondo la nota esplicativa della Congregazione per la dottrina della Fede alla Lettera Apostolica Ad tuendam fidem di San Giovanni Paolo II del 1998, l’infallibilità pontificia nell’insegnare le verità di fede si pone su tre gradi di autorevolezza: un massimo, un medio, un minimo. Se quindi il Sommo Pontefice enuncia una nuova dottrina che tocchi direttamente o indirettamente la verità di fede, perché la spiega o la commenta, anche se in questa circostanza non ci sono le condizioni dettate dal Concilio Vaticano I, non per questo l’insegnamento del Sommo Pontefice non è infallibile […]

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Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

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Pietro rubens

Ubi Petrus, ibi Ecclesia

Dopo aver ascoltato la professione di fede di Simone «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» [cf. Mt 16,16], Nostro Signore Gesù Cristo ha voluto edificare la sua Chiesa sulla roccia, e questa roccia è Pietro. Il che vuol dire che Cristo concepisce la “sua” Chiesa, ossia la Chiesa da Lui progettata, voluta, istituita, la nuova Assemblea o Convocazione (קהל, qahàl) di Israele, come un edificio ben fondato, robusto, resistente ad ogni attacco nemico ed incrollabile: «Le forze degli inferi non prevarranno contro di essa» [cf. Mt 16,18]. Nessuno, nel corso della storia fino alla fine del mondo, potrà mai mutare, falsificare o distruggere l’essenza e quindi l’esistenza della Chiesa. Questo non vuol dire che periodicamente la Chiesa, per il suo aspetto umano, non abbia bisogno di essere riformata; non nel senso tuttavia che essa, deviando dalla sua essenza o dalla sua forma, sì da divenire deforme, abbia bisogno di recuperare la sua forma essenziale. Questa forma infatti è immutabile e incorruttibile ed è mantenuta in essere nella sua identità dall’assistenza dello Spirito Santo. La forma della Chiesa può chiarirsi, consolidarsi, irrobustirsi o migliorarsi lungo i secoli — questa è opera speciale dei Concili ecumenici —, ma non può sostanzialmente mutare.

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popolo in cammino

la Chiesa è un popolo in cammino

La Chiesa certo conosce un divenire nella sua storia, che però non intacca la sua essenza o costituzione fondamentale — il cosiddetto “diritto divino” —, che Cristo ha voluto darle. Essa conosce alti e bassi, periodi di decadenza o di ripresa, periodi di stasi o di progresso, di crescita o di diminuzione, di espansione o di restringimento. Essa sa conservare l’essenziale e il perenne senza cadere nel conservatorismo e sa rinnovarsi e progredire senza cadere nell’evoluzionismo o nel modernismo, secondo il quale la Chiesa non ha un’essenza fissa concettualmente definibile una volta per tutte — il dogma —, ma è un evento esistenziale e concreto in continuo divenire come manifestazione nella storia e nella modernità della volontà salvifica di Cristo. La Chiesa è in continua radicale evoluzione senza che nulla resti di fisso, perchè l’“evento Cristo”, come essi si esprimono, ossia lo “scandalo della croce”, sconvolge tutte le nostre certezze.

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piatra angolare

Gesù è indicato più volte come pietra angolare

Più volte il Nuovo Testamento chiama Gesù «pietra angolare» [cf. Mt 21,42; At 4,11; Ef 2,20; I Pt 2,6-7]. È allora evidente che Pietro è la “pietra” non in senso originario, primario, radicale e fondamentale, ma derivato dalla prima pietra divina, che è Cristo e quindi in rappresentanza di Lui, partecipe dei suoi stessi poteri, il cosiddetto “potere delle chiavi”. Il fatto dunque che Cristo sia il Capo celeste della Chiesa animata dallo Spirto Santo non ha impedito al Signore di volere un capo visibile, suo vicario sulla terra, per guidare infallibilmente — benché peccatore — la Chiesa terrena al regno di Dio. Cristo così ha edificato la Chiesa nella sua essenza e nelle sue funzioni essenziali; e tuttavia anche Pietro, per comando stesso di Cristo, ha un compito secondario di edificazione — quello che si chiama “diritto ecclesiastico” —, il quale, erigendosi sulla Chiesa fondata da Cristo, la edifica nel senso che la guida a nome di Cristo con l’assistenza dello Spirito Santo, verso una sempre più profonda conoscenza della Parola di Dio, verso la conquista a Cristo di sempre più numerose anime, fomentando l’unione nella carità, educando alla fede e a tutte le virtù, indicando sempre la meta ultima del cammino della Chiesa, istituendo e formando i sacri ministri, convalidando i carismi, incitando i buoni, richiamando a sé i ribelli, correggendo gli errori e i cattivi costumi ed esortando tutti ad entrare nel regno di Dio.

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gerusalemme celeste

raffigurazione pittorica della Gerusalemme Celeste

Con la sua divina potenza se Cristo avesse voluto avrebbe potuto guidare direttamente dal cielo anche la Chiesa terrena e visibile, servendosi dell’unica mediazione dello Spirito Santo che agisce nei cuori e nelle anime. In tal modo Cristo guida ed organizza le schiere beate degli angeli e le stesse anime della Chiesa celeste. Ciò è appunto ciò che credono i luterani e gli ortodossi scismatici orientali e molti altri eretici. Ma ciò, stando alla narrazione evangelica ed alla millenaria tradizione della Chiesa, non corrisponde a verità. In realtà, l’istituzione del papato da parte di Cristo si è rivelata molto saggia, anche se il suo esercizio di fatto, data la debolezza e la malizia degli uomini, presenta a volte alcune difficoltà, che tuttavia possono essere risolte. È quello che cercherò di fare in questo articolo.

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successione apostolica

opera raffigurante la successione apostolica

Una prima questione può esser quella della regolamentazione della successione di un Papa ad un altro. Cristo non ha dato disposizioni precise in merito. Nel Nuovo Testamento si fanno raccomandazioni circa la prudenza nella scelta dei pastori e se ne elencano i requisiti e le virtù necessari. Una cosa che comunque dà sicurezza è l’assicurazione data da Cristo che la Chiesa, assistita dallo Spirito Santo, non mancherà del suo pastore fino alla fine e del mondo. E di fatti è sorprendente notare la perfetta successione dei Pontefici da San Pietro all’attuale Santo Padre Francesco. L’elezione dei Papi è avvenuta sin dagli inizi — e ciò è abbastanza logico — sulla base del voto del collegio apostolico e poi, in seguito sino ai nostri giorni, del collegio cardinalizio. Tuttavia a questo punto, data la fragilità e la malizia degli uomini, possono sorgere angosciosi interrogativi: si sono sempre rispettate le regole? E se un Papa viene eletto a seguito di un’infrazione delle regole dell’elezione, è valido? E noi comuni fedeli, come possiamo esser certi che un dato Papa è stato validamente eletto? Chi ce lo assicura? Chi può illuminarci? Gli antipapi non sono forse sorti in seguito a contestazioni da parte dei cardinali circa la validità dell’elezione del Papa? A chi spetta dirimere questioni di questo genere? Come fare per discernere il vero Papa? Io credo che non dobbiamo porci tanti problemi. Il comune fedele non ha normalmente gli strumenti per verificare cose così difficili. Il Papa è sempre eletto dal collegio cardinalizio ormai da molti secoli. Quando un Papa viene ufficialmente proclamato, c’è da supporre che la sua elezione sia stata valida. Se ci fosse stata qualche irregolarità tale da invalidarla, l’unica voce autorevole e credibile sarebbe quella non dico di uno o due cardinali, che magari parlino di straforo, ma occorrerebbe un pronunciamento pubblico di almeno un gruppo di cardinali, i quali dovrebbero fornire le prove, cosa che non avvenne in occasione dello scisma di Occidente. E per questo i cardinali ribelli non elessero un vero Papa, ma solo un anti papa.

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pettegolezzo

il pettegolezzo, quel male così tristemente diffuso anche dentro la Chiesa …

Non basta attenersi alle voci che girano, perché possono essere interessate, dettate da desiderio di novità, invidia o da altri inconfessabili motivi. Anche ammesso che possano trapelare forti indizi presso privati, o anche in certi ambienti più o meno estesi, se il collegio cardinalizio nel suo insieme non dà segni di contestazione, è bene stare con le posizioni ufficiali. Fu questo probabilmente il caso di Alessandro VI, che ottenne l’elezione in modo simoniaco, ma, siccome non apparve una chiara contestazione da parte dei cardinali, la storia ha registrato questo Papa come valido.

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Benedetto XVI atto di rinuncia

Il Sommo Pontefice Benedetto XVI durante la lettura del suo pubblico atto di rinuncia al ministero attivo

Una questione che si è posta di recente con l’atto di rinuncia al ministero petrino di Benedetto XVI e l’elezione dell’attuale Pontefice è quella del significato giuridico del cosiddetto “pontificato emerito”, considerando soprattutto che un evento di tal fatta non si era mai verificato nella storia della Chiesa. Si tratta di due Papi legittimi coesistenti, dei quali uno è in carica, mentre l’altro è a riposo; una cosa simile a quanto già avviene nelle diocesi, dove capita la coesistenza del vescovo emerito col titolare ufficiale. La questione può essere la seguente: qual è l’autorità del Papa “emerito”? Certamente egli ha cessato dalle funzioni pontificie di capo della Chiesa, che sono state assunte da Papa Francesco. Dunque il caso di Papa Benedetto XVI mette in luce il fatto che si può dare un vero Papa, che però, per giustificato motivo, non esercita più il ministero petrino. Dunque l’autorità di Joseph Ratzinger sembra limitarsi a quella che già possedeva prima di esser stato eletto a Papa, vale a dire un’autorità episcopale cardinalizia, nonchè quella di eminente teologo, ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, uomo quindi di grande valore e prestigio internazionale, ex perito del Concilio, che può dare un valido aiuto all’azione del Papa presente, ovviamente in sottomissione a lui, come quella di qualunque fedele.

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Un’altra questione sono i gradi di autorità dottrinale del ministero petrino. Gesù si è limitato qui a due direttive fondamentali: “Confirma fratres tuos” e “Pasce oves meas”. Esistegradi di autorità allora una prima distinzione, che tocca i due piani dell’agire: il magistero e il governo: dunque un potere di insegnamento della fede e un potere di governo o pastorale. Gesù ha promesso a Pietro l’assistenza dello Spirto Santo, che rende infallibile, ossia assolutamente vero, l’insegnamento dottrinale o dogmatico. Ma non gli ha promesso l’impeccabilità nella condotta morale e nella conduzione della Chiesa dal punto di vista pastorale e disciplinare. Un Papa può essere un uomo mediocre, un cattivo pastore, un uomo vizioso, ma non può mai essere un eretico o un falsario nella fede. Tutti possono errare nella fede all’infuori di Pietro. Il Papa corregge chiunque erra nella fede: ma egli non è corretto da nessuno.

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Bisogna distinguere, senza separare, la dottrina dei Pontefici dalla dottrina della PonteficiChiesa. La prima nasce dall’iniziativa del Papa — per esempio il motu proprio — e con ciò stesso diventa dottrina della Chiesa. La seconda invece nasce dai Concili, e viene approvata dal Papa.
Di fatto non si dà mai il caso di un Papa che, abusando del suo carisma di maestro universale della fede, abbia sostenuto l’eresia o che viceversa abbia insegnato come dogma qualcosa che poi si è rivelato eretico o non conforme al Vangelo, come ha creduto stoltamente Lutero. Un caso del genere del resto sarebbe impensabile, perché smentirebbe l’assistenza dello Spirito Santo promessa da Cristo.

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condanna di ario

raffigurazione dell’assisa del Concilio di Nicea che condannò l’eresiarca Ario

Il Papa è infallibile sia quando condanna un’eresia, sia quando approva o dogmatizza una dottrina. Roma locuta, causa finita. Il Papa, assistito dallo Spirito Santo, in queste sue decisioni non torna mai indietro. Se così non fosse, bisognerebbe dire che il Papa può confondere ciò che è di fede con ciò che gli è contrario, il che è empio al solo pensarlo. E si badi bene che non è solo questione di condannare un’eresia in se stessa, ma anche di condannarla nel senso inteso dall’eretico. Famoso a questo riguardo fu il caso dei giansenisti, i quali pretendevano di accettare la condanna papale dell’eresia in se stessa, ma negavano che fosse condannata nel senso inteso da Giansenio. Al che il Papa rispose dicendo che invece l’aveva condannata proprio nel senso inteso da Giansenio. Da qui si può capire quanto stolti sono i luterani e i modernisti nel sostenere, ancora dopo cinque secoli, in base ad inutili cavilli, che il Concilio di Trento si è sbagliato nel condannare Lutero. E invece in realtà sono loro che dovrebbero decidersi una buona volta ad accogliere la verità, senza prendere in giro gli ecumenisti ingenui.

Giovanni XXII

raffigurazione pittorica del Sommo Pontefice Giovanni XXII

Vi sono stati sontanto alcuni pochissimi casi di Papi che hanno ceduto momentaneamente a minacce; ma è evidente che tale loro atto estorto è stato estraneo alla loro responsabilità, tanto è vero che, dopo aver riacquistata la loro libertà, loro stessi hanno annullato l’atto invalido. Il caso più difficile è forse quello di Giovanni XXII nel XIV secolo il quale, in alcune sue omelie, sostenne che le anime dei defunti hanno la visione beatifica solo alla fine del mondo. È vero che non esisteva un dogma in questo senso; ma la cosa avrebbe dovuto esser chiara dalla Tradizione e dalla Scrittura. Pensò poi Benedetto XII nel 1336 a definire dogmaticamente la visione beatifica come atto dell’anima immediatamente dopo la morte. Con Giovanni XXII abbiamo il caso di un attaccamento indiscreto alla propria opinione, anche se il Papa si ritrattò in punto di morte. Qui in ogni caso il carisma di Pietro ne esce indenne, perché il Papa si fermò al videtur e non volle dare alcuna definizione. Ciò non vuol dire che il Papa non possa avere opinioni personali su questioni teologiche discusse o su dottrine teologiche incerte e che quindi in questo campo non possa errare. Quando invece, come maestro della fede, tratta nelle più svariate circostanze, livelli, forme o modalità, di temi che riguardano direttamente o indirettamente la fede, ossia gli insegnamenti di Cristo, la divina Rivelazione o il Simbolo della fede o dogmi già definiti, il Papa non può errare, ossia è infallibile, perché se errasse vorrebbe dire che Cristo non mantiene le promesse, che sarebbe cosa blasfema solo il pensarlo.

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concilio vaticano i

Il Beato Pontefice Pio IX al centro dell’assisa del Concilio Vaticano I

Il Concilio Vaticano I stabilisce alcune condizioni nelle quali un insegnamento dottrinale del Sommo Pontefice è infallibile, ma ciò non vuol dire che è infallibile solo a quelle condizioni: condizioni di infallibilità non vuol dire le uniche condizioni di infallibilità. Così io posso dire che un laureato in medicina può curare l’influenza. Ma questo non vuol dire che non possa farlo anche chi non è medico. Le condizioni stabilite dal Vaticano I sono di carattere straordinario, sono quelle più rigorose e solenni, che danno la massima certezza, certezza di fede divina o teologale, che l’insegnamento è di fede. Esse riguardano la definizione di un nuovo dogma, ossia appunto di un’interpretazione che il Papa fa della Parola di Dio. In tale occasione il Papa dichiara o definisce che la dottrina che egli propone è di fede o è contenuta nella divina Rivelazione. Abbiamo qui il cosiddetto dogma definito.

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confusione

il non lieve problema della confusione …

Occorre fare attenzione a non confondere la modalità definitoria caratteristica della proclamazione di un nuovo dogma col semplice definire cose di fede o prossime alla fede. Il Papa può dare delle definizioni nel campo della fede, per esempio può dare una definizione o dire o spiegare che cosa è la Chiesa, che cosa è la santità, che cosa è il dogma, che cosa è la verità, che cosa è l’eresia, che cosa sono il paradiso e l’inferno, che cosa è la creazione, che cosa è la grazia, che cosa è la transustanziazione, che cosa è la fede, che cosa è la carità, che cosa è la legge naturale, cosa sono i sacramenti, chi è il sacerdote, chi è il religioso, che cosa è la risurrezione e via discorrendo, senza che per questo egli si ponga sul piano del dogma. Ma trattandosi di temi nei quali egli è maestro della fede, assistito dallo Spirito Santo, anche in questi casi è infallibile, e va ascoltato, se non proprio con fede divina come nelle definizioni solenni, certamente con totale fiducia e con religioso ossequio della volontà e dell’intelligenza.

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compendio dottrina sociale

il compendio della Dottrina Sociale della Chiesa

Così pure, se il Papa enuncia una nuova dottrina che tocchi direttamente o indirettamente la verità di fede, perché la spiega o la commenta, anche se in questa circostanza non ci sono le condizioni dettate dal Vaticano I, non per questo l’insegnamento del Papa non è infallibile. Dunque, per sapere se il contenuto di una dottrina, di un discorso, di un documento, di un intervento, o di un qualunque pronunciamento pontifici sono di fede, occorre anzitutto vedere se il Papa parla come dottore privato, nel qual caso non abbiamo atti di magistero, ma solo opinioni private e discutibili, oppure se parla come Papa. In questo secondo caso non occorre esigere tutte le condizioni poste dal Vaticano I, ma è necessario e sufficiente che il Papa espliciti, sviluppi, spieghi, commenti o applichi un dato che si sa già essere di fede o perché Parola di Cristo o perché dato della Tradizione o di precedenti Concili o perché articolo del Credo, o perché dogma già definito o perché comunque insegnamento del Magistero ecclesiale precedente.

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papa colomba

 San Giovanni Paolo II

Secondo la nota esplicativa della Congregazione per la dottrina della Fede alla Lettera Apostolica Ad tuendam fidem di San Giovanni Paolo II del 1998 [cf. QUI], l’infallibilità pontificia nell’insegnare le verità di fede si pone su tre gradi di autorevolezza: un massimo, un medio, un minimo. Questi tre gradi si giustificano in relazione a tre livelli di fermezza o certezza o credibilità con i quali un maestro può proporre la medesima verità di fede. Il Papa può parlare o a nome di Cristo, suprema autorità, oppure può parlare come mandato da Cristo ad annunciare il Vangelo, oppure come interprete del Vangelo.

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Pio IX

immagine del Beato Pontefice Pio IX

La dottrina enunciata al primo livello è il dogma definito, ossia quella proposizione di fede che è definita dal Papa ex cathedra come di fede o come contenuta nella Rivelazione — per esempio la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione o dell’Assunzione di Maria al cielo —. Tale dottrina è oggetto della fede divina o teologale. Negarla è eresia.

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La dottrina del secondo livello è derivata o dedotta dal dogma o è necessariamente connessa al dogma, per cui, se viene negata, viene negato il dogma. Per esempio, sostenere il sacerdozio della donna, non è direttamente eresia, ma è prossimo all’eresia, perché contrasta col sacramento dell’Ordine, che è dogma di fede. Oppure quanto Papa Francesco ha insegnato sulla misericordia. Queste dottrine sono oggetto di fede ecclesiastica o di fede cattolica. Negarle è errore prossimo all’eresia.
Mentre al primo grado il Papa insegna simpliciter la dottrina di Cristo non nelle formali parole di Cristo, ma sotto forma di dogma, al secondo grado egli insegna, come Vicario di Cristo, la sua interpretazione del dogma e le verità che occorre rispettare per salvare il dogma, verità razionali, come per esempio la legge naturale o l’esistenza del libero arbitrio o della coscienza, e verità di fatto, come per esempio la legittimità di un dato Pontefice: se egli infatti non fosse legittimo, crollerebbe tutto quanto egli ha insegnato in fatto di fede.

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tre livelli

tre livelli, tre gradi …

Al terzo livello, poi, il Papa deduce conseguenze, offre spiegazioni ed interpretazioni del suo stesso insegnamento al secondo livello. È comprensibile, allora, che qui siamo al livello più basso della sua autorità; però, come fa intendere il commento della Congregazione per la dottrina della fede al documento pontificio, facciamo attenzione che anche qui si tratta sempre di materia di fede, anche se non si tratta più di prestare un assenso di fede teologale. Si tratta invece di un “ossequio religioso della volontà”. Ipotizzare, quindi, che almeno a questo livello l’insegnamento del Papa sia fallibile, è impensabile. Negare queste dottrine è disobbedienza alla dottrina della Chiesa.

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sacra scrittura

la sacra scrittura

Come esempi di quest’ultimo livello possiamo pensare alle conseguenze che Papa Francesco trae dal suo insegnamento sulla misericordia, relativamente al dovere di ogni fedele di aprirsi maggiormente ai bisogni degli altri, soprattutto dei piccoli, dei poveri e dei sofferenti, al dovere di perdonare chi si pente, di tollerare i deboli e gli incapaci. Il Papa è il supremo predicatore del Vangelo, sommo ed infallibile custode e trasmettitore della Parola di Dio, ovvero della divina Rivelazione contenuta nella Scrittura e nella Tradizione. Egli ha il compito di promuovere una sempre migliore conoscenza della Parola di Dio stimolando i doni profetici, gli studi biblici e teologici e la predicazione del Vangelo in ogni forma, modalità e grado. Deve affrontare e risolvere le grandi questioni dottrinali e disciplinari, soprattutto quelle che possono turbare la Chiesa, servendosi dei suoi collaboratori, di esperti e della Curia Romana, a cominciare dalla Congregazione per la dottrina della fede e, nei casi più seri, dell’opera dei sinodi episcopali e soprattutto dei concili ecumenici.

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accademia teologica

La Pontificia Accademia Teologica, di cui il nostro Padre Giovanni Cavalcoli è membro ordinario

Il Papa deve fare particolare attenzione al lavoro dei teologi, che paiono a volte dotati di doni profetici, lavoro in sé preziosissimo, ma che oggi spesso dà preoccupazioni ai buoni fedeli ed alla Chiesa stessa per l’indipendenza di alcuni dal Magistero della Chiesa, quindi in ultima analisi, dalla Parola di Dio e dalla fede stessa. Il teologo può, con le sue ricerche, proporre nuove interpretazioni del dato di fede, che possono essere approvate dal Magistero e addirittura assurgere al livello del dogma; ma certi teologi, per la loro indisciplina, hanno bisogno di essere corretti. Grande influsso hanno oggi anche i giornalisti nel bene come nel male: il Papa ha il compito di seguire ed essere informato sulle loro idee, che possono influenzare un pubblico vastissimo per il bene come per il male.

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papa francesco dialogo

immagine del Santo Padre Francesco durante una catechesi

Il Papa deve promuovere il dialogo religioso e sapienziale con tutti gli uomini di buona volontà, quale che sia la cultura o la religione alla quale appartengono, compresi i non-credenti. Deve illuminare i ciechi, avvicinare i più lontani, migliorare i più vicini, conciliare tra di loro gli avversari, correggere gli erranti, ammonire i peccatori, consigliare i dubbiosi, incoraggiare i pusillanimi, intimorire gli arroganti, redarguire i superbi, consolare gli afflitti, pregare Dio per i vivi e per i morti.

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Il linguaggio del Papa dev’essere dignitoso, consono alla sua dignità, né troppo elevato o raffinato, né secolaresco e volgare, sicché la gente, anche la più lontana dalla fede si accorga di essere davanti ad un uomo di Dio, un segno della bontà e della misericordia divina tra gli uomini. Deve “esprimere cose spirituali in termini spirituali” [cf. I Cor 2,13].

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Pope Francis gives a thumbs up next to father Lombardi during his flight to Turkey

il Santo Padre durante un colloquio con i giornalisti

I gradi di autorevolezza del magistero pontificio appaiono in qualche modo dal genere dei documenti pontifici. Partendo dall’alto, abbiamo le solenni definizioni dogmatiche, che sono eventi molto rari. Scendendo si passa alle Lettere encicliche e ancora scendendo troviamo denominazioni diverse come “Epistola enciclica”, “Costituzione apostolica”, “Lettera apostolica”, fino ai discorsi, alle udienze generali, ai discorsi di circostanza e alle omelie delle Sante Messe.

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Il Papa attuale ha molta inventiva nell’adottare nuovi mezzi di predicazione un tempo impensabili per un Pontefice, come l’intervista, il telefono, twitter ed altri. Stiamo attenti che la novità e la modestia del mezzo non devono farci dimenticare l’importanza del magistero pontificio. Per quanto riguarda il governo della Chiesa (“pasce oves meas”) — potere di santificazione, potere pastorale, giurisdizionale ed amministrativo — il Papa possiede certo un apposito carisma, ma non è infallibile, né è impeccabile, anche se c’è da presupporre, in linea di massima, che normalmente agisca con carità, prudenza e giustizia. Fortuna grandissima è quando abbiamo Papi santi. I lefevriani, che si dichiarano tanto religiosi, sono in questo non scusabili e giustificabili nella loro ingiusta polemica contro i Papi del Concilio e del post concilio. Ma in questo campo anche un Papa di ottime intenzioni ed ottimi princìpi può essere mal informato, mal consigliato, circonvenuto. Nell’arco della storia della Chiesa, può egli stesso avere difetti morali, come attaccamento al potere, arroganza, ambizione, faziosità, impetuosità, slealtà, favoritismo, cocciutaggine, diffidenza, irresolutezza, mollezza, tergiversazione, timidezza, astuzia, rispetto umano, ecc.

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papa unita chiesa

unità della Chiesa

Il Papa è il promotore e il custode supremo ed inappellabile dell’unità e della concordia nella Chiesa, nel pluralismo delle legittime tendenze. Egli deve diffondere la Chiesa nel mondo, deve sostenerla davanti ai poteri terreni e difenderla dagli attacchi dei nemici. Ma non è detto che tutte le sue iniziative siano le migliori; anzi a volte può commettere dei veri e propri errori o può trascurare il suo dovere o non essere all’altezza della situazione o mancare di imparzialità.

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papa giudici rota

il Santo Padre durante l’udienza concezza ai giudici della Rota Romana

Il Papa come supremo giudice e magistrato della Chiesa visibile, è tenuto a far rispettare l’ordine e la legge da parte di tutti i fedeli. Egli ha quindi la facoltà di scomunicare gli scismatici, i disobbedienti, i ribelli, gli eretici. Oggi l’uso della scomunica è molto raro. Ma non che non si diano molti che, a rigor di legge, meriterebbero di esser scomunicati o per le loro offese al Papa o alla Chiesa o per le loro infrazioni alla disciplina ecclesiastica o per la loro falsificazione della dottrina della fede. Ma i Papi, soprattutto a partire dal post concilio, preferiscono solitamente affrontare la grave questione dei meritevoli di scomunica, che oggi sono moltissimi, anche in alti posti della Chiesa, con mezzi più di carattere pastorale che canonico, con gesti miti ma significativi, che non hanno una configurazione giuridica, ma fanno comunque comprendere la disapprovazione del Papa, come la correzione fraterna, spostamenti, degradazioni, isolamento, diminuzione degli incarichi, sospensione dall’insegnamento, allontanamenti, promoveatur ut amoveatur, interruzione o raffreddamento dei rapporti. Nulla di canonistico; ma chi ha orecchi da intendere, intende; si tratti dei fedeli o dell’interessato.

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rahner 2

il gesuita tedesco Karl Rahner

È interessante notare come i Papi del post-concilio non nominino mai né Rahner né i rahneriani, benché questa corrente modernistica sia molto diffusa anche in alti posti; ma il Pontefice non perde l’occasione per confutare con garbo e acutezza gli errori del rahnerismo.

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Il Papa può irrogare anche una scomunica ingiusta e quindi invalida e nulla. È questo il caso della scomunica inferta da Alessandro VI al Savonarola. Per lungo tempo si sono avuti dubbi se il Savonarola avesse ragione di parlare di scomunica “surrettizia”. Il Padre Giacinto Scaltriti, che per cinquant’anni si è dedicato allo studio di questo intricato caso, è giunto alla conclusione, sulla base di prove sicure, che il Savonarola aveva ragione. Per questo l’Ordine domenicano da qualche tempo si è fatto promotore della causa di beatificazione del martire domenicano.

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giovanni Paolo II e giovanni XXIII

gli ultimi due Pontefici canonizzati

Il Papa, come ogni buon cristiano, è tenuto a farsi santo, ed anzi, come Papa, ad essere di esempio agli altri fedeli. Questo dovere appare ancora più chiaro, se pensiamo all’ufficio che il Papa ha, come sacerdote e vescovo, di santificare i fedeli. E questo ufficio appare ancora di più, se pensiamo che egli, sempre come Papa, è il sommo liturgo e supremo moderatore nella Chiesa dell’amministrazione e della disciplina dei sacramenti.

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Pietro conferma i tuoi fratelli

«Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede, e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli».

Se però Cristo ha assicurato al Papa, come maestro della fede (“confirma fratres tuos”) l’inerranza ovvero l’infallibilità, non gli ha assicurato, benché la grazia non gli manchi, l’impeccabilità, che non appartiene a nessuno, anche i più santi dei figli di Adamo. Il Papa dunque può peccare sia nella sua condotta morale personale, sia nel suo modo di governare la Chiesa (“pasce oves meas”). Come supremo pastore del gregge di Cristo, come giudice e magistrato nelle cause della Chiesa, e nei rapporti di questa con i poteri mondani, può commettere imprudenze, ingiustizie, soprusi, infrazioni alla legge.

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Paolo VI berretta a Ratzinger

il Beato Pontefice Paolo VI impone la berretta cardinalizia all’Arcivescovo Joseph Ratzinger

Il Papa è il capo del collegio cardinalizio e di quello episcopale. Dal punto di vista sacramentale egli è il vescovo di Roma ed è quindi vescovo come tutti gli altri. Tuttavia solo il vescovo di Roma è il Romano Pontefice. Il suo primato sui vescovi non è un primato sacramentale, ma di magistero, di santificazione e di giurisdizione e consiste nel confermarli nella fede e pascerli come parte eletta del gregge di Cristo. Anzi, come successori degli apostoli, essi sono suoi stretti collaboratori nell’annuncio del Vangelo e nella guida della Chiesa. Il collegio episcopale unito al Papa, nel suo ministero dottrinale, è infallibile.

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giuda

il tradimento di Giuda

Cristo ha conferito a Pietro un potere spirituale, ovviamente senza proibirgli di esercitare un’amministrazione terrena, come testimonia il fatto che Giuda “teneva la cassa”. Così, sin dai primi secoli la sede romana ha cominciato ad amministrare una serie di territori via via crescente o perché donati ai Papi dai potenti della terra o da privati o perché si offrirono spontaneamente ad essere sotto la guida temporale del Papa. Così nacquero gli Stati della Chiesa, che assunsero la loro massima estensione e potenza nel XVI secolo. È successo allora che il papato si è trovato gradatamente e sempre maggiormente impegnato in un governo temporale così assorbente, che finiva per impedire al governo spirituale una più ampia libertà, e per certi aspetti, se offriva alla Santa Sede un’indipendenza nei confronti degli altri Stati europei, costituiva una contro-testimonianza per il fatto inevitabile di proporsi ed agire come forza terrena contro altre forze terrene, tra l’altro con mezzi guerreschi, che ben poco ricordavano il regno di Cristo che non è di questo mondo.

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La riforma tridentina dette certamente al papato un nuovo slancio spirituale, ma non mise in discussione il compito di dover gestire immensi territori per quel tempo, sempre quindi col rinnovato rischio del temporalismo e l’eccessivo coinvolgimento negli affari terreni e politici.
Ancor oggi il Papa è un capo di Stato, la Città del Vaticano, entità statale minuscola, la cui guida peraltro il Pontefice affida ad un apposito governatorato retto da laici, il che evidentemente lascia al Papa tutta la libertà di dedicarsi in pienezza al suo ministero spirituale di pastore universale della Chiesa.

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Concilio Vaticano II

l’assisa del Concilio Vaticano II

Quello che rimpiangiamo del Medioevo di un Innocenzo III o un Gregorio IX è quell’unità religiosa, che purtroppo si è spezzata con la riforma luterana. Soltanto per quel breve periodo il papato riuscì ad essere il signore spirituale dell’Europa utilizzando il suo potere temporale per il bene dell’Europa. In tal modo la Santa Sede riuscì a conquistarsi da tutta Europa una stima che da allora non è più riuscita a riconquistare.

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Il Concilio Vaticano II programma un rinnovamento anche nell’esercizio del ministero pontificio prospettandogli una più stretta comunione con l’episcopato (collegialità) e un’impronta maggiormente missionaria ed evangelizzatrice, aperta a tutti gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti, soprattutto quelli che cercano la verità e la giustizia ed hanno bisogno della divina misericordia. È il programma di Papa Francesco, al quale auguriamo pieno successo ed al quale promettiamo piena obbedienza, affidandolo a Maria Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa.

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Varazze, 17 febbraio 2015

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