La esperanza cristiana en la justicia divina en Kafka y Van Tuan

LA SPERANZA CRISTIANA NELLA GIUSTIZIA DIVINA IN KAFKA E VAN THUAN

In un paese sotto una dittatura ― sia essa di un individuo, de una fiesta, de una religión, de la burocracia o de la toga: el sistema judicial no sirve justicia, sino al mantenimiento del poder. Le leggi sono applicate in modo arbitrario, i processi lunghi e opachi e le decisioni spesso influenzate da interessi politici e personali, senza tenere conto dei desideri della popolazione.

— Reflexiones pastorales —

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Franz Kafka (1883-1924) è stato uno scrittore ceco di lingua tedesca le cui opere sono famose per aver rappresentato l’assurdità e l’alienazione della vita moderna.

Nonostante la sua salute fragile e i continui attacchi di tubercolosi, Kafka ebbe una prolifica produzione letteraria, anche se nel corso della sua vita pubblicò pochi lavori. Il suo amico Max Brod, contrariamente a quanto l’Autore aveva disposto, pubblicò postume le sue opere più importanti: como Il Processo, Il Castello y La Metamorfosi, consolidando Kafka come una delle figure più influenti della letteratura del XX secolo.

Il suo celebre romanzo Il processo è un viaggio nei meandri della burocrazia e l’oppressione di un oscuro sistema giudiziario kafkiano. Pubblicato postumo nel 1925, il libro è una critica rappresentazione dell’arbitrarietà e della disumanizzazione dei sistemi di potere. La storia inizia con Josef K., un rispettabile direttore di banca, che finisce inspiegabilmente arrestato in casa sua da due guardie, Franz e Willem, nel giorno del suo trentesimo compleanno. Nonostante il suo arresto, a Josef K. viene detto che può continuare la sua vita quotidiana ma dovrà comparire in tribunale per affrontare accuse non specificate.

Nel corso del romanzo Josef K. cerca di comprendere la natura delle accuse e il funzionamento del tribunale, ritrovandosi invischiato in un sistema giudiziario labirintico e opaco dove logica e giustizia sembrano assenti. Tutti gli sforzi per comprendere il processo sono costantemente vanificati dalla burocrazia e dalla mancanza di trasparenza. Nonostante tutti i suoi tentativi Josef K. non riesce a ottenere informazioni chiare né un aiuto efficace. Il tribunale resta un’entità lontana e incomprensibile dinanzi alla quale egli si sente sempre più impotente.

Le ultime parole del romanzo fanno eco al sentimento di rassegnazione e smarrimento del Protagonista: «Come un cane!». Queste parole suggeriscono la disumanizzazione e il degrado che ha subito durante tutto il processo. Il processo è un lavoro complesso che affronta temi come l’alienazione, la burocrazia oppressiva e l’impotenza dell’individuo di fronte a sistemi di potere inspiegabili. La narrazione illustra come la mancanza di trasparenza e arbitrarietà possa disumanizzare e distruggere vite umane.

In un paese sotto una dittatura ― sia essa di un individuo, de una fiesta, de una religión, de la burocracia o de la toga: el sistema judicial no sirve justicia, sino al mantenimiento del poder. Le leggi sono applicate in modo arbitrario, i processi lunghi e opachi e le decisioni spesso influenzate da interessi politici e personali, senza tenere conto dei desideri della popolazione. Come in Il Processo, gli individui finiscono incolpati e puniti senza una chiara comprensione delle accuse contro di loro. La trasparenza è inesistente e i diritti fondamentali metodicamente violati con un semplice tratto di penna. Questo genere di regime crea un’atmosfera di paranoia e sfiducia, in cui la verità è manipolata e la libertà limitata con il pretesto dell’ordine e della sicurezza.

Sin embargo, in mezzo alla disperazione generata da tali sistemi, la speranza nella giustizia divina emerge come contrappunto. La giustizia divina rappresenta l’idea di un giudizio finale infallibile, dove tutte le ingiustizie terrene saranno corrette. Per coloro che soffrono sotto qualsiasi tipo di dittatura, questa speranza offre conforto e una forma di resistenza spirituale. La convinzione che, al di là dei fallimenti e delle corruzioni umane, esista una giustizia suprema e imparziale fornisce oggi un uno scopo vitale assieme a un senso di umana dignità.

Il cardinale François-Xavier Nguyễn Văn Thuận, En su trabajo Cinque pani e due pesci, offre uno sguardo ispiratore sulla speranza e sulla fede in mezzo alle avversità estreme. Ricordiamo che Van Thuan fu arrestato dal regime comunista in Vietnam e trascorse 13 anni in prigione, nove dei quali in isolamento. Durante questo periodo mantenne la sua fede e trovò modi creativi per continuare il suo ministero, inclusa la celebrazione clandestina dell’Eucaristia e la scrittura di messaggi di speranza.

En Cinque pani e due pesci, Van Thuan riflette sulla sua esperienza di sofferenza e sulla presenza di Dio nella sua vita. Sottolinea l’importanza della fede, de esperanza y caridad, anche nelle circostanze più difficili. Sottolineando che la vera giustizia e la pace vengono da Dio e che, nonostante le ingiustizie terrene, la speranza nella giustizia divina offre consolazione e forza. Questa figura eroica ha testimoniato come la fede in Dio gli ha permesso di trovare la pace interiore e di resistere all’oppressione, pur mantenendo la speranza per un futuro migliore.

Por lo tanto, anche di fronte a situazioni di impotenza, come quella di Josef K. ne Il Processo, non possiamo scoraggiarci. La speranza cristiana della giustizia si realizzerà con l’adempimento delle benedizioni donateci da Dio. Por lo tanto, la fede nella giustizia divina non solo offre conforto, ma ispira anche una silenziosa resilienza e una speranza incrollabile per il presente:

«Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati» (Mt 5,6).

 

Jundiaí, 30 Noviembre 2024

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A ESPERANÇA CRISTÃ NA JUSTIÇA DIVINA EM KAFKA EM VAN THUAN

Em um país sob uma ditadura ― seja de um indivíduo, de um partido, de uma religião, da burocracia ou da toga ― o sistema judicial não serve à justiça, mas à manutenção do poder. As leis são aplicadas de maneira arbitrária, os processos são longos e opacos, e as decisões são frequentemente influenciadas por interesses políticos e pessoais, sem levar em conta o desejo da população.

— Reflexiones pastorales —

Autor
Eneas De Camargo Bestia

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Franz Kafka (1883-1924) foi um escritor tcheco de língua alemã, cujas obras são célebres por retratar o absurdo e a alienação da vida moderna.

Apesar de sua saúde frágil e das crises constantes de tuberculose, Kafka escreveu intensamente, embora tenha publicado pouco em vida. Seu amigo Max Brod, contrariando a vontade de Kafka, publicou postumamente suas obras mais importantes, como O Processo, O Castelo y A Metamorfose, consolidando Kafka como uma das figuras mais influentes da literatura do século XX.

O Processo de Franz Kafka é um romance que explora a burocracia e a opressão de um sistema judicial obscuro e kafkiano. Publicado postumamente em 1925, o livro é uma crítica incisiva à arbitrariedade e à desumanização nos sistemas de poder. A história começa com Josef K., um respeitável gerente de banco, sendo inexplicavelmente preso em sua própria casa por dois guardas, Franz e Willem, no dia de seu 30º aniversário. Apesar da prisão, Josef K. é informado de que pode continuar sua vida cotidiana, mas deve se apresentar a um tribunal para enfrentar acusações não especificadas.

Ao longo do romance, Josef K. tenta compreender a natureza das acusações e o funcionamento do tribunal. Ele se depara com um sistema judicial labiríntico e opaco, onde a lógica e a justiça parecem ausentes. Seus esforços para entender o processo são constantemente frustrados pela burocracia e pela falta de transparência. Apesar de todas as suas tentativas, Josef K. não consegue obter informações claras ou assistência efetiva. O tribunal permanece uma entidade distante e incompreensível, e K. se sente cada vez mais impotente.

As últimas palavras do romance ecoam o sentimento de resignação e perplexidade de K.: «Como um cão!» Estas palavras sugerem a desumanização e a degradação que ele sofreu ao longo do processo. O Processo é uma obra complexa que aborda temas como a alienação, a burocracia opressiva e a impotência do indivíduo diante de sistemas de poder inexplicáveis. A narrativa ilustra como a falta de transparência e a arbitrariedade podem desumanizar e destruir vidas.

Em um país sob uma ditadura ― seja de um indivíduo, de um partido, de uma religião, da burocracia ou da toga ― o sistema judicial não serve à justiça, mas à manutenção do poder. As leis são aplicadas de maneira arbitrária, os processos são longos e opacos, e as decisões são frequentemente influenciadas por interesses políticos e pessoais, sem levar em conta o desejo da população. Como em O Processo, os indivíduos são culpabilizados e punidos sem um entendimento claro das acusações contra eles. A transparência é inexistente, e os direitos fundamentais são constantemente violados com uma canetada. Este tipo de regime cria uma atmosfera de paranoia e desconfiança, onde a verdade é manipulada e a liberdade é restringida sob o pretexto de ordem e segurança.

No entanto, em meio à desesperança gerada por tais sistemas, a esperança na justiça divina emerge como um contraponto. A justiça divina representa a ideia de um julgamento final e infalível, onde todas as injustiças terrenas serão corrigidas. Para aqueles que sofrem sob qualquer tipo de ditadura, esta esperança oferece um consolo e uma forma de resistência espiritual. A crença de que, além das falhas e corrupções humanas, existe uma justiça suprema e imparcial proporciona um sentido de propósito e dignidade vividos no hoje.

O Cardeal François-Xavier Nguyễn Văn Thuận, em sua obra Cinco Pães e Dois Peixes, oferece uma visão inspiradora sobre a esperança e a fé em meio à adversidade extrema. Van Thuan foi preso pelo regime comunista no Vietnã e passou 13 anos na prisão, sendo nove deles em isolamento. Durante esse tempo, ele manteve sua fé e encontrou maneiras criativas de continuar seu ministério, incluindo a celebração clandestina da Eucaristia e a escrita de mensagens de esperança.

em Cinco Pães e Dois Peixes, Van Thuan reflete sobre sua experiência de sofrimento e a presença de Deus em sua vida. Ele enfatiza a importância da fé, da esperança e da caridade, mesmo nas circunstâncias mais difíceis. Van Thuan destaca que a verdadeira justiça e paz vêm de Deus e que, apesar das injustiças terrenas, a esperança na justiça divina oferece consolo e força. Ele escreve sobre como a fé em Deus permitiu-lhe encontrar paz interior e resistir à opressão, mantendo sempre a esperança em um futuro melhor.

Portanto, mesmo diante de situações de impotência, como a de Josef K. em O Processo, não podemos desanimar. A esperança cristã de justiça se dará com o cumprimento das bem-aventuranças realizadas por Deus a nós. Assim, a fé na justiça divina não só proporciona consolo, mas também inspira uma resiliência silenciosa e uma esperança inabalável para agora:

«Bem-aventurados aqueles que têm fome e sede de justiça, porque serão saciados» (Mt 5,6).

Jundiaì 30 de novembro de 2024

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Cuando el obispo Luigi Negri creyó que las putas de la Via Aurelia le rendían homenaje

QUANDO IL VESCOVO LUIGI NEGRI CREDETTE CHE LE MIGNOTTE LUNGO LA VIA AURELIA OMAGGIASSERO LUI

Aveva lanciato la battuta più o meno goliardica sulle «troie ossequiose», Precisamente porque estaba muy conmovido por aquellas jóvenes y hermosas chicas reducidas a golpes en la calle.. Entonces me dijo: «Raccomandiamole alla Madonna». E cominciò: «Avemaría, Lleno de gracia, Dominus tecum …». E i suoi occhi erano lucidi.

— Los Breves de los Padres de la Isla de Patmos —

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Luigi Negri (Milano, 26 Noviembre 1941 – †Milano, 31 diciembre 2021) Obispo de San Marino-Montefeltro (2005-2012), Arzobispo de Ferrara-Comacchio (2013-2017), oggi avrebbe compiuto 83 años.

Luigi Negri e Ariel S. Levi di Gualdo nella sacrestia della chiesa di Santa Prisca all’Aventino (2010)

Personalità complessa, uomo di grande fede e di solida dottrina, dotato di acume e al tempo stesso gravato da forme di ingenuità che lo portarono a compiere anche errori grossolani. Servitore fedelissimo della Chiesa e del Papato, generalmente delicato come la carta vetrata numero 10, specie quando apriva bocca nei contesti più o meno privati con esilaranti frasari da carrettiere trasteverino di fine Ottocento, che a me personalmente facevano morire dal ridere, tanto sono allergico alla falsità di certe boccucce clericali all’apparenza così delicate. todo esto, sin embargo, era perlopiù scena, perché in pochi avevano capito come realmente fosse: con queste sue pose, Luigi Negri nascondeva il proprio carattere di fondo timido e un animo sensibile persino tenero.

Correva il mese di maggio 2009 quando venne a trovarmi nella casa sacerdotale internazionale dove risiedevo sulla Via Aurelia, mentre mi accingevo a completare la mia formazione. Lasciò libero per un paio d’ore il suo autista, che lo attese davanti all’Aula Paolo VI, dove si svolgeva l’assemblea plenaria della CEI, presso la quale lo riportai io con la mia macchina.

Lungo la Via Aurelia le mignotte, perlopiù giovani romene già al palo in pieno giorno, mentre passavamo in macchina sorridevano e salutavano con gesti delle mani. Dopo una, vencer, Tres … Luigi Negri sbotta divertito: «Ma queste troie sono sempre così ossequiose verso i vescovi?». Contesté: «Non si faccia illusioni, non è lei che salutano, ma me». E gli spiegai che spesso facevo quel tragitto a piedi camminando per qualche chilometro e mi fermavo sempre a salutare quelle povere ragazze, a tutte quante avevo regalato anche una corona del rosario.

Aveva lanciato la battuta più o meno goliardica sulle «troie ossequiose», proprio perché era rimasto molto toccato da quelle ragazze giovani e belle ridotte a battere sulla strada già in pieno giorno. Dopodiché disse: «Raccomandiamole alla Madonna». E incominciò: «Avemaría, Lleno de gracia, Dominus tecum …». E i suoi occhi erano lucidi.

Anche questo era Luigi Negri, de lo contrario, soprattutto questo. Con buona pace della animelle delicate dalle clericali boccucce fiorite che non direbbero mai «cazzo!», come più o meno trenta volte al giorno diceva lui, che però si commuoveva dinanzi a delle giovani mignotte e pregava la Vergine Maria per loro.

desde la Isla de Patmos, 26 Noviembre 2024

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Los Padres de la Isla de Patmos

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Ok Houston, Aquí abajo en la Iglesia visible hemos tenido grandes problemas en la vida religiosa.

Okay, HOUSTON, QUAGGIÙ NELLA CHIESA VISIBILE ABBIAMO AVUTO DEI GROSSI PROBLEMI NELLA VITA RELIGIOSA Alcuni personaggi che nella vita da laici non avrebbero potuto adire a posti di responsabilità poiché deficitari sotto diversi punti di vista, approfittando della debolezza degli Ordini Religiosi riescono a realizzarsi in essi e acquisire prestigio e credito, mantenendo sotto traccia quelle difficoltà personali che prima o poi ritornano in superficie. Quelli un po’ più dotati, riescono a conseguire qualche titolo accademico in centri di studi ecclesiastici, ormai fin troppo facili da acquisire, vantando competenze e ascendenze sulle persone, quando spesso non servono ad altro che ad ammantare le carenze personali. È la desolazione del nulla compensata con carte accademiche che oggi non valgono niente. —...

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no puedo leer. El analfabetismo funcional y el nuevo rito de los funerales del Romano Pontífice

NO PUEDO LEER. El analfabetismo funcional y el nuevo ritual del funeral del Romano Pontífice

En la dosis diaria de veneno de 20 Noviembre 2024, ese sublime canonista que nunca puede permanecer en silencio, explica que «El Diputado de Asuntos Generales de la Secretaría de Estado también desaparece del Rito Funerario...». Y al no poder faltar su preciosa dosis de veneno, continúa especificando: «…Si la gente está podrida, Francisco no elimina sólo personas sino directamente roles".

– Los escritos de los Padres de la Isla de Patmos –

Autor Teodoro Beccia

Autor
Teodoro Beccia

 

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Hoy están muy extendidos. l’analfabetismo funcional y eso digital, desórdenes de los que ni siquiera aquellos que se atreven a dar lecciones de derecho canónico a toda la comunidad cada dos días están inmunes. mundo catolico y a nosotros canonistas profesionales.

En la dosis diaria de veneno. del 20 Noviembre 2024, ese sublime canonista que nunca puede permanecer en silencio, explica que «El Diputado de Asuntos Generales de la Secretaría de Estado también desaparece del Rito Funerario...». Y al no poder faltar su preciosa dosis de veneno, continúa especificando: «…Si la gente está podrida, Francisco no elimina sólo personas sino directamente roles".

 

Del sustituto, en realtà, hablamos de eso y como, incluso en los momentos más importantes: al cerrar el ataúd (cf.. n. 66) y en el lugar del entierro (cf.. n. 110).

inutil decir: cuando el Sr. Tacer No Puedo está contra la pared y no puede responder sobre el fondo, como cuando en uno de nuestros editoriales de octubre 2023 impugnamos su afirmación de que la Iglesia debería disculparse ante ese miserable personaje, el difunto abad de Montecassino. (cf.. nuestra editorial AQUI) -, reacciona enviando cartas a presbíteros enteros, esperando incluso ser tomado en serio. O aterrador en sus videos., entre risas y movimientos graciosos (cf.. minuto 6:18 AQUI), incluso la posible invalidez de las ordenaciones sacerdotales de otros, invocando así la intervención de los departamentos competentes de la Santa Sede, que definitivamente están ahí, dispuesto a cumplir sus peticiones y las de los francotiradores anónimos de su llamada redacción que disparan desde atrás en las sombras sin poner sus nombres y rostros. (cf.. minuto 2:07 AQUI).

los mejores comediantes siempre han sido ellos los que no saben que lo son y que en sus delirios siempre se toman terriblemente en serio.

Velletri de Roma, 25 Noviembre 2024

 

Después de escribir del 26.11.2024

Y también estar presente ante el profesor en el aula., castigador de todo y de todos, que ni el Romano Pontífice ni el Obispo fueron enterrados jamás con la férula, dicho personal pastoral. limitarlo, el personal pastoral, lo exponen, que es algo diferente a ser enterrado con un bastón pastoral … Signor Maestro!

 

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Los Padres de la Isla de Patmos

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La cruz de Cristo Rey con el signo del triunfo sobre sus hombros

Homilética de los Padres de la Isla de Patmos

LA CROCE DI CRISTO RE CHE PORTA SULLE SUE SPALLE IL SEGNO DEL TRIONFO

Cristo portò per sé la croce, y para los malvados fue una gran burla pero para los fieles un gran misterio. Cristo lleva la cruz como un rey lleva su cetro, como signo de su gloria, della sua sovranità universale su tutti. La porta come un guerriero vittorioso porta il trofeo della sua vittoria

 

 

 

 

 

 

 

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Se Domenica scorsa è stato proclamato l’annuncio della seconda venuta di Cristo «sulle nubi con grande potenza e gloria» (MC 13, 26), hoy en día, nell’ultima Domenica di questo Anno Liturgico, riapriamo il Vangelo secondo Giovanni nel punto dove viene svelata una qualità peculiare del Signore veniente, la sua regalità. Il singolare contesto, la passione del Signore, e l’interlocutore, un funzionario imperiale, rendono particolarmente intrigante la comprensione della regalità che Gesù incarna.

Ciò che il mondo rappresentato da Pilato non può capire, lo comprende invece chi con fede si apre ad una rivelazione inusitata e sorprendente. Leamos el pasaje.

"En ese momento, Pilato disse a Gesù: "Tú eres el rey de los judíos?". Jesús respondió: "Dices esto por ti mismo, o tienen otras le ha hablado de mí?". Pilato dijo: "Quizás soy judío? Tu pueblo y los principales sacerdotes me han entregado. Qué has hecho?". respondió Jesús: "Mi reino no es de este mundo; si mi reino fuera de este mundo, mis sirvientes habrían luchado para evitar que me entregaran a los judíos; pero mi reino no es de aquí”. Entonces Pilato le dijo: "Entonces eres rey?". respondió Jesús: "Lo dices: Soy un rey. Para esto he nacido y para esto he venido al mundo:: para dar testimonio de la verdad. El que pertenece a la verdad, ascolta la mia voce”» (Juan 18,33-37).

Viene descritto qui il primo dei due confronti che Pilato ebbe con Gesù all’interno del Pretorio. Essi culmineranno in quella scena centrale di tutta la narrazione della passione secondo San Giovanni, avvenuta sul Litòstroto, dove Pilato pronunciò le parole: «Ecco il vostro Re» (Juan 19,14). Per dare risalto all’importanza della scena ed alla profondità di significato delle parole pronunciate, Giovanni annoterà che in quello stesso momento venivano preparati gli agnelli della Pasqua, nel giorno di Parasceve.

Nel brano evangelico di questa domenica Pilato, senza perder tempo, arriva subito al punto e alla questione cruciale che più gli interessa: «Tú eres el rey de los judíos?». Per il Prefetto romano, rappresentante del potere imperiale, questa domanda evidenzia una preoccupazione circa il governo dei suoi territori. In occasione della Pasqua ebraica, de hecho, il Prefetto si spostava, truppe al seguito, da Cesarea a Gerusalemme, proprio per scongiurare che una sommossa potesse destabilizzare l’ordine e la pax romana. Si embargo,, come diversi commentatori fanno risaltare, l’espressione «Re dei giudei» che Pilato utilizza può essere compresa, nel nostro brano, almeno in due altri modi, diversi da quello che egli probabilmente intende. I giudei, con quell’espressione, intendevano il re messia atteso fin dall’epoca di Davide per il tempo della salvezza, investito di una missione sia religiosa che politico-nazionale. Il termine Re ha qui, por lo tanto, in tale contesto, un significato terreno e storico, con anche un’allusione ad un contenuto teologico. Nella storia biblica, ambedue sono strettamente legati e impiegati l’uno per l’altro; tanto che i due significati giocheranno un ruolo decisivo nell’accusa rivolta a Gesù.

Ma bisogna tener conto del senso che le parole devono aver avuto per Gesù, particolarmente indicativo per la comprensione della festa di oggi. Sulla bocca di Gesù questo titolo rivela un nuovo significato, che solo San Giovanni mette in luce e fa risaltare. Gesù accettando il titolo e rispondendo: "Usted dice: Io sono re», nello stesso tempo nega il significato che Pilato vuole attribuirgli, per insistere invece sulla sua speciale regalità. Gesù si rifiuta di incarnare un messianismo terreno, come quello evocato già nelle tentazioni nel deserto, in particolare nella versione lucana della prova: «Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, el le conto: «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo» (Lc 4,5-7). «Tutto il mondo appartiene a Satana, che è disposto a dare a Gesù il potere su tutti i regni della terra. Pero Jesús, fin dall’inizio della sua vita pubblica, rifiuta radicalmente di fondare un regno terreno» (cf.. Ignace de La Potterie, La passione di Gesù secondo il Vangelo di Giovanni, 1993). Se la regalità di Cristo deve essere compresa in un altro modo, questo non deve portarci all’idea contrapposta, ovvero ad immaginare un Messia estraniato dal mondo. Il testo del vangelo di questa domenica va letto con attenzione. In greco, le parole di Gesù al v. 36 son, literalmente significa: «Il mio regno non è «da» questo mondo». Quanta differenza rispetto agli apocrifi. «In certi scritti gnostici ispirati dal quarto vangelo, per esempio gli Atti di Pilato, viene introdotta in questo testo la piccola modifica seguente: «Il mio regno non è «in» questo mondo»; il che ha evidentemente un significato del tutto differente e porta a una separazione tra il mondo e il regno di Dio». Le parole di Gesù invece significano che «la regalità di Cristo non si fonda sui poteri di questo mondo e non è minimamente ispirata a questi. È una sovranità nel mundo, ma che si realizza in maniera diversa dal potere terreno e attinge la sua ispirazione da un’altra fonte» (cf.. Ignace de La Potterie).

Pilato era un funzionario esperto, concreto e, a la tarea, violento e spietato. Secondo San Giovanni alle parole di Gesù, quasi sorpreso, non poté che chiedere: "Así que usted es un rey?». respondió Jesús:

"Usted dice: Soy un rey. Para esto he nacido y para esto he venido al mundo:: para dar testimonio de la verdad. El que pertenece a la verdad, oye mi voz ".

E qui che il Signore specifica il senso profondo della sua regalità e da dove scaturisce. La sua fonte è nel Padre che lo ha inviato, per divenire la via della verità e della vita. Afferma Giovanni nel Prologo:

«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; y vimos su gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno della grazia della verità» (Juan 1, 14).

Continua poi incalzante San Giovanni:

"De su plenitud todos hemos recibido: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia della verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dios, nadie lo ha visto: el único Hijo, ¿quién es Dios y está en el Padre, es él quien ha dado a conocer " (Juan 1, 16-18).

La verità dunque che Gesù porta all’umanità come una grazia, un dono e una missione dal Padre, è la sua rivelazione. Non una semplice verità astratta ed asettica, ma la vita, la palabra, l’esistenza tutta del Signore Gesù, nella pienezza inesauribile del suo significato di amore, di salvezza e di vita nel Padre, per ogni persona che si apre ad essa e vi aderisce con la fede. In ogni uomo o donna che accoglie la verità di Cristo Egli regna nella pace. E questo nonostante la regalità del Signore sia dovuta passare attraverso il crogiuolo della passione, di cui la scena evangelica di questa domenica è il prodromo. Ma per San Giovanni, e solo per lui, proprio la passione sarà la manifestazione della regalità di Gesù: Il Cristo regna dalla Croce.

Juan, mentre racconta la passione di Cristo, non nega la realtà o la materialità degli avvenimenti che furono dolorosi. Mette però in rilievo, a differenza dei Sinottici, l’aspetto di regalità e di trionfo, di vittoria sul male e il valore salvifico, che è insito nella passione e nella morte subita da Gesù Cristo: mentre la narra ci dona anche il senso degli eventi. Questi aspetti emergono già durante il processo e poi alla crocifissione di Gesù. Alla fine del processo romano Pilato conduce Gesù di fronte alla folla e dice: «Ecce homo, Ecco l’uomo» (Juan 19,5). Gesù in quel momento indossa i simboli della regalità e oltre alla corona di spine ha ancora il mantello. Mentre i vangeli sinottici dicono che la porpora gli fu tolta causandogli dolore, nel Quarto Vangelo si ha addirittura l’impressione che Gesù vada verso la croce indossando ancora sia la porpora che la corona. E c’è un impressionante parallelismo, anche letterario, tra la scena avvenuta nel pretorio, nel luogo chiamato Gabbatà (Juan 19, 13-16), e quanto accade ai piedi della croce, sul Golgota (Juan 19, 17-22). In entrambi i casi Giovanni pone l’accento sul tema della regalità e in entrambi i casi è Pilato, cioè il detentore del più alto potere civile, che rende gli onori a Gesù. «Ecco il vostro re» dice alla folla radunata davanti al pretorio (Juan 19,14); poi sopra la croce egli fa scrivere: «Il re dei Giudei» (Juan 19,19). Esto es, di fronte al mondo, una proclamazione della regalità di Cristo fatta in tre lingue: en hebreo, la lingua di Israele, en greco, la lingua della cultura; e in latino, la lingua del potere civile. L’episodio, Una vez más, viene raccontato solo da San Giovanni. E non è un caso se nella tradizione cristiana la Via crucis, ispirata principalmente al racconto di Giovani, diventerà una via trionfale. Così pure non poche croci dipinte, come il celebre Crocifisso di San Damiano in Assisi che parlò a San Francesco, raffigurano Gesù secondo la tipologia del Christus triumphans. Giovanni scrive che Gesù esce dalla città: «Et baiulans sibi crucem». Abitualmente viene tradotto: «Portando la croce da sé». In realtà la traduzione corretta è: «Portando la croce per sé», cioè portandola come strumento della sua vittoria. San Tommaso d’Aquino conferma questa traduzione e dice: «Cristo portò per sé la croce, y para los malvados fue una gran burla pero para los fieles un gran misterio. Cristo lleva la cruz como un rey lleva su cetro, como signo de su gloria, della sua sovranità universale su tutti. La porta come un guerriero vittorioso porta il trofeo della sua vittoria». E nei primi secoli san Giovanni Crisostomo aveva già usato un’espressione analoga: «Egli portò sulle proprie spalle il segno del trionfo».

Desde la ermita, 24 Noviembre 2024

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Cueva de Sant'Angelo en Maduro (Civitella del Tronto)

 

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El nombramiento episcopal de Renato Tarantelli Baccari. Cuando quienes padecen cáncer de hígado se lanzan al ataque, quienes no pueden permanecer en silencio

EL NOMBRAMIENTO EPISCOPAL DE RENATO TARANTELLI BACCARI. CUANDO ESTÁS AFECTADO POR CÁNCER DE HÍGADO, CARGAN AL ATAQUE A LOS QUE NO PUEDEN CALLAR

Quienes no pueden permanecer en silencio truenan que esta persona tiene una “vocación demoníaca de adulto”, llamándolo en varios posts "abogado fracasado" que recibió la orden sagrada 42 años, y hoy, sólo 48 años, transcurrido desde la ordenación sacerdotal i 5 años previstos por la tarifa, fue llamado a la orden episcopal.

El cogitativo de Hipatia.

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Autora Hipatia Gatta Romana

Autor
Hipatia Gatta romana

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Puntual como prostatitis bacteriana aguda. aquí viene la pequeña lección de derecho del más eminente canonista de Italia aderezada con salsa de cianuro, es el que no puede quedarse callado, junto con los anónimos de su fantasma "redacción", que no están firmados porque son personas demasiado importantes dentro de la Santa Sede, asegura y justifica al Señor «Nosotros en el Vaticano… aquí en el Vaticano…». Por eso se lanzan desde 2022 ataca por detrás sin poner tu nombre y cara, porque son demasiado importantes para firmar, obvio! Y entonces, hoy incineran con napalm al manso cardenal Mauro Gambetti, Luego juegan al tiro al pichón y disparan Kalashnikov cada dos días en el Prefecto de Comunicaciones Paolo Ruffini., sobre el director de los medios vaticanos Andrea Tornielli, sobre el director de la Oficina de Prensa de la Santa Sede, Matteo Bruni, acusándolos de "ignorantes", "incompetente", "analfabeto", «idiotas» … pero sobre todo robarnos los salarios que «pagamos… pagamos!», truena señor tacer no puedo, casi como si fuera el empleador que paga a esta pandilla de empleados torpes y vagos.

El hecho de: el presbítero romano Renato Tarantelli Baccari fue nombrado obispo auxiliar y vicegerente de la diócesis de Roma. No conozco a este miembro recién elegido., sobre el cual no pude expresar ninguna opinión, Me limito a desearle todo lo mejor y abundantes gracias del Señor por el alto cargo al que ha sido llamado..

El que calla no puede Sin embargo, truena que tiene una "vocación demoníaca de adulto", llamándolo en varios posts "abogado fracasado" que recibió la orden sagrada 42 años, y hoy, sólo 48 años, transcurrido desde la ordenación sacerdotal i 5 años previstos por el canon fue llamado a la orden episcopal.

La verdad es que los francotiradores anónimos del señor. no puedo estar en silencio, inexorablemente atado al polo frustrante de una carrera eclesiástica descolorida y por tanto enfurecido y envenenado al máximo poder, Fueron transportados de urgencia al Centro Nacional de Cáncer Regina Elena en Roma y actualmente se encuentran bajo estrecha observación por sospecha de cáncer de hígado con metástasis generalizadas..

En mi nombre y en el de la Pía Cofradía de Gatti Romani Cattolici, Expreso mis mejores deseos al nuevo obispo auxiliar vicegerente de la diócesis de Roma, invocando sobre él la protección materna de Nuestra Señora Gattara, nuestra protectora.

desde la Isla de Patmos, 22 Noviembre 2024

Santísima Virgen María Gattara, protector de los gatos católicos

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Los Padres de la Isla de Patmos

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El cardenal Carlo Caffarra y su enseñanza sobre el vital pluralismo de pensamiento en la Iglesia

IL CARDINALE CARLO CAFFARRA E IL SUO INSEGNAMENTO SUL VITALE PLURALISMO DI PENSIERO ALL’INTERNO DELLA CHIESA

Possano queste parole indurre alla riflessione certi emulatori con la croce di legno pendente dal collo, los pobres de corazon, el migrante sagrado en la boca y el báculo de madera en la mano, terrorizzati all’idea di non omologarsi a quel sistema che l’Arcivescovo emerito di Pisa Alessandro Plotti definì senza mezzi termini come il conformismo dei vescovi mediocri e ruffiani.

— Los Breves de los Padres de la Isla de Patmos —

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Sono stato molto vicino al Cardinale Carlos Caffarra negli ultimi anni della sua vita e conobbi il suo disagio quando alcuni tentarono di contrapporlo al Sommo Pontefice Francesco, ciò lo toccò così tanto da indurlo a dichiarare:

«Avrei avuto più piacere che si dicesse che l’Arcivescovo di Bologna ha un’amante piuttosto che si dicesse che ha un pensiero contrario a quello del Papa. Se un vescovo ha un pensiero contrario a quello del Papa se ne deve andare, pero sólo tiene que ir por la diócesis. Debido a llevar a los fieles en un camino que no es lo que Jesucristo. Así perderse para siempre y correría el riesgo de pérdida eterna de los fieles " (ver el vídeo AQUI).

Oggi qualcuno tenta di sostenere che quella dichiarazione la fece nell’ottobre del 2014 e che negli anni successivi cambiò opinione, dopo gli esiti del Sinodo sulla famiglia (!?). Posso testimoniare che il tutto è falso e che nel maggio 2017, quattro mesi prima della sua morte, in uno dei nostri lunghi colloqui tornò sul tema dicendomi:

«Nella Chiesa, le diverse voci, sono sempre state estremamente preziose. Ci sarebbe infatti da temere se i vescovi avessero tutti lo stesso identico pensiero. Nella Chiesa è necessario convivano assieme e si esprimano Bruno Forte e Carlo Caffarra. Una Chiesa formata unicamente da dei Bruno Forte o formata unicamente da dei Carlo Caffarra sarebbe una Chiesa pericolosamente squilibrata, se non peggio morta a qualsiasi forma di speculazione teologica».

Possano queste parole indurre alla riflessione certi emulatori con la croce di legno pendente dal collo, los pobres de corazon, el migrante sagrado en la boca y el báculo de madera en la mano, terrorizzati all’idea di non omologarsi a quel sistema che l’Arcivescovo emerito di Pisa Alessandro Plotti definì senza mezzi termini come il conformismo dei vescovi mediocri e ruffiani (il testo integrale dell’intervista sul mensile Jesús del febbraio 2014 «Basta ruffiani, ora serve coraggio», è riportata AQUI).

desde la Isla de Patmos, 17 Noviembre 2024

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Los Padres de la Isla de Patmos

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El cielo y la tierra pasarán pero mis palabras no pasarán.

Homilética de los Padres de la Isla de Patmos

EL CIELO Y LA TIERRA PASARAN, PERO MIS PALABRAS NO PASARAN

En esta condición el creyente puede, por tanto, asumir espiritualmente la dimensión de la venida del Señor en el espacio de espera.. No será angustioso ni presagio de ansiedad., bastante lleno de confianza, ya que se basa en la seguridad del Señor: "Vendré pronto"

 

 

 

 

 

 

 

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un evento determinado, pero no sabemos cuando sucederá, exige que lo esperemos. Esto es lo que se desprende del pasaje del Evangelio de este domingo. Tomado del discurso escatológico de Marcos (Gorra. 13), anuncia la venida del Señor como cierta, pero afirma que su fecha y hora son inciertas. vamos a leerlo:

"En ese momento, Jesús dijo a sus discípulos: “en esos dias, después de aquella tribulación, el sol se oscurecerá,, la luna no dará su resplandor, las estrellas caerán del cielo y los poderes que están en los cielos se trastornarán. Entonces verán al Hijo del Hombre viniendo en las nubes con gran poder y gloria. Él enviará a los ángeles para reunir a sus elegidos de los cuatro vientos, desde el extremo de la tierra hasta el extremo del cielo. De la higuera aprended la parábola: Cuando sus ramas están tiernas y brotan las hojas, sabéis que el verano está cerca. Por lo que hacer: cuando vea estas cosas, sabe que él está cerca, Está llegando. De cierto os digo: esta generación no pasará hasta que sucedan todas estas cosas. El cielo y la tierra pasarán, pero mis palabras no pasarán. Pero de aquel día y hora,, nadie sabe, ni los ángeles del cielo ni el Hijo, excepto el padre”» (MC 13,24-32).

Él gorra. 13 del evangelio de marcos Comienza con dos preguntas de los discípulos dirigidas a Jesús al salir del Templo y en el Monte de los Olivos:

«Cuando salía del templo, uno de sus discípulos le dijo: “Maestro, Mira esas piedras y qué edificios!”. Jesús le respondió: “Ves estos grandes edificios.? No quedará aquí piedra sobre piedra que no sea destruida.” (vv.1.2). «Mientras estaba en el Monte de los Olivos, sentado frente al templo, Pedro, Giacomo, Giovanni y Andrea lo interrogaron aparte.: “Cuéntanos: cuando sucederán estas cosas y cuál será la señal cuando todas estas cosas estén por cumplirse?”» (v.v.. 3.4).

Jesús no responde inmediatamente a la pregunta de los cuatro discípulos, pero mientras tanto tiene la oportunidad de hablar sobre las últimas novedades.. Las palabras de Jesús que describen la llegada de estas "últimas cosas", en "aquellos días", son un resurgimiento de los textos proféticos de Isaías, joel y daniel. ¿Quién los escuchó de la boca de Jesús?, Probablemente entendió el significado mejor que nosotros., que después de tantos años lejos nos cuesta orientarnos. En realidad, el lenguaje apocalíptico no está lejos de nuestra cultura., de hecho, está fuertemente impregnado de ello. Hay que tener en cuenta, sin embargo, que dicha lengua es un "género literario", Por lo tanto, no es un cuento histórico ni un tratado científico.. Desafortunadamente, muchos creyentes lo interpretan exactamente así., Leer los acontecimientos presentes como una realización de las palabras de Jesús.. El lenguaje escatológico tiene su propia clave y debe ser interpretado como tal.. Es un género que surge de la confluencia de la sabiduría y la corriente profética.. Especialmente cuando esto último termine, se esperará en Israel un profeta que arregle las cosas.: «Colocaron las piedras en el monte del templo en un lugar conveniente, hasta que apareció un profeta para decidir sobre ellos" (1Mac 4, 46). Después de todo, no podemos pensar que Jesús quiso decir que el fin del mundo ocurrirá exactamente como lo describió.. Y luego, estamos seguros que hablaba del "fin del mundo", y no, en cambio, de un nuevo comienzo? Porque dice que "esta generación" verá lo que anunció.

La figura central del evangelio de hoy es la del Hijo del Hombre. Mientras que anteriormente el Señor había hablado de su destino sufriente, esta vez coincide con lo que se pensaba sobre este personaje en su momento y por ende entre los discípulos. El Hijo del Hombre es una figura poderosa, casi una hipóstasis divina como la describe el profeta Daniel (7, 13-14), cuya tarea principal parece ser la del juez (Libro de los jubileos). Jesús se describe a sí mismo de esta manera., cuando responde al Sumo Sacerdote que le pregunta si es el Mesías: "Soy! Y veréis al Hijo del Hombre sentado a la diestra del Poder y viniendo entre las nubes del cielo." (MC 14,62); y estas palabras se convertirán en uno de los motivos de su condena.. Pero hoy habla del Hijo del Hombre, vinculándolo a un tema muy querido por el judaísmo., o la reunión de los desaparecidos. Asombrosamente, de hecho, para las tradiciones evangélicas esto no sucederá sólo en el "fin del mundo", pero ya se realizó en un momento particular, es decir, en la muerte del Mesías Jesús. Esto es particularmente claro en el Cuarto Evangelio cuando San Juan relata las palabras de Jesús: "Y yo, cuando soy levantado del suelo, Atraeré a todos hacia mí" (Juan 12,32). La reunión del pueblo provocada por el Hijo del Hombre está precedida por conmociones celestiales. Entonces, si miramos la forma en que el evangelista Marcos describe la muerte del Mesías, encontramos que se cumplen algunas señales que fueron anunciadas en el pasaje evangélico de hoy. Jesús había dicho que el sol se oscurecería (MC 13,24), y aquí está después de la crucifixión de Jesús, « ven al mediodía, se hizo oscuro sobre toda la tierra, hasta las tres de la tarde" (MC 15,33). mateo, amplificando la historia marciana, Luego añade que "la tierra tembló y las rocas se partieron". (Mt 27,51), una referencia a la frase de Jesús de que "las estrellas empezarán a caer del cielo" (MC 13,25). Por lo tanto, nos enfrentamos no sólo al anuncio del fin del mundo y del tiempo. que, por otra parte, ya se había entrevisto en las primeras palabras del Evangelio: «El tiempo se ha cumplido y el reino de Dios está cerca; Conviértete y cree en el Evangelio" (MC 1,15). Pero con la venida del Mesías y la muerte del Señor Jesús comienza el tiempo escatológico, el tiempo del fin, por donde pasa el escenario de este mundo: «Esto te lo digo, Hermanos: el tiempo se ha acortado... de hecho la figura de este mundo pasa!» (1Cor 7, 29-31).

En esta condición El creyente puede, por tanto, asumir espiritualmente la dimensión de la venida del Señor en el espacio de espera.. No será angustioso ni presagio de ansiedad., bastante lleno de confianza, ya que se basa en la seguridad del Señor: "Vendré pronto" (Ap 22,7). La expectativa cristiana de la segunda venida del Señor es un acto de fe. Se ramificará en las diferentes direcciones de la paciencia., de resistencia, de perseverancia y sobre todo de esperanza. Dice el apóstol Pablo: «Pero si esperamos lo que no vemos, lo esperamos con perseverancia" (esperamos pacientemente, cf.. Rm 8,25). La espera paciente se convierte incluso en motivo de dicha según el libro de Daniel: «Bienaventurado el que espera con paciencia» (dn 12,12).

Cabe subrayar que el pasaje evangélico de este domingo está enmarcado entre dos avisos casi idénticos: blepete, "mirar", "ten cuidado"; y agrupación, «mantén los ojos bien abiertos y cuídate» (MC 13,23.33). El texto se enmarca dentro de una exhortación a la vigilancia y al discernimiento. El tiempo de la historia está habitado por tribulaciones de las que habló Marcos en los versículos anteriores. (MC 13,19-20), tribulaciones que preceden al acontecimiento central del anuncio escatológico, que pondrá fin a la historia dándole un final: la venida del Hijo del Hombre. La agitación de las realidades celestiales (MC 13,24-25) dice que un evento divino esta ocurriendo, un evento del cual el Dios creador es el protagonista. Pero el sol y la luna, las estrellas y los poderes celestes también formaban parte del panteón de los antiguos romanos, entidades deificadas e ídolos; y sabemos que Marcos escribe a los cristianos en Roma. Por eso aquí no sólo se anuncia el fin del mundo, pero también el fin de un mundo, el colapso del mundo de los dioses paganos destronados por el Hijo del Hombre. Y si se afirma que el fin de la idolatría se cumplirá con el Reino de Dios establecido con la venida del Señor, también se insinúa que la práctica de los cristianos en el mundo puede representar un signo del reino de Dios; gracias a tu vigilancia, para no dejar que los ídolos reine sobre él. Anunciando su gloriosa venida, Por eso Jesús pide a los cristianos, como gesto profético, Conversión de ídolos y poderes mundanos.. Vivir la espera del Señor significa vivir en estado de conversión. Pero la conversión tiene como premisa necesaria la vigilancia.

He aquí entonces la muy dulce imagen de la higuera brotando., en todas las direcciones, ya que casi da un anticipo del resultado final cuando aparece el fruto maduro. Esta es una parábola del Señor que nos enseña cómo mirar las señales celestiales y observar las terrestres no son alternativas.. El futuro se prepara en el presente, en la tierra donde estamos plantados y donde podemos ver muchas señales de la venida gloriosa del Señor. Sólo quien sabe observar bien también puede verlos.: «De la higuera aprende la parábola: cuando su rama ya se pone tierna y echa hojas, sabes que el verano está cerca" (MC 13,28).

Desde la ermita, 17 Noviembre 2024

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Cueva de Sant'Angelo en Maduro (Civitella del Tronto)

 

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Coincidencia de opuestos. Entre la utopía y los fundamentalistas católicos sexofóbicos

Coincidencia de opuestos. TRA UTOPIA E INTEGRALISTI CATTOLICI SESSUOFOBICI Certi tristi personaggi sono capaci a criticare due omosessuali che, o por falta de verguenza, o por estúpida provocación, se besan en plena calle bajo el sol apoyados contra la pared de un edificio, ma non si curano affatto, né si scandalizzano minimamente che sulle impalcature, al terzo e quarto piano di quello stesso palazzo sotto il quale due scandalosi omosessuali si baciavano, lavorino degli operai in nero, non ingaggiati e non assicurati, sotto-pagati e sfruttati. E non si dica che sono cose diverse, perché sono proprio gli ipocriti di tutti i tempi che posti con le spalle al muro tentano l’ultima disperata difesa del … ma sono cose diverse! . AutoreSimone...

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La Conferencia Episcopal Italiana sobre Rai: «No dividir lo que une». y la basura?

LA CONFERENCIA DE OBISPOS ITALIANOS SOBRE LA RAI: «NO DIVIDIR LO QUE UNE». Y LA BASURA?

Posible no ver, o peggio sorvolare su tutta la spazzatura ideologica scaricata notte e giorno incessantemente da decenni direttamente nelle case degli italiani dalla radiotelevisione statale asservita all’individualismo scientista e involgaritasi nella rincorsa al ribasso di quella privata berlusconiana e quindi strumento efficace della definitiva scristianizzazione del Paese, unitamente alla Scuola Statale di ogni ordine e grado?

– Los escritos de los Padres de la Isla de Patmos –

AutoreTeodoro Beccia

Autor
Teodoro Beccia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Cardenal Matteo María Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, nella Santa Messa per la RAI in occasione dei 70 anni della televisione e dei 100 anni della radio ha commentato:

«L’ethos nazionale non sarebbe lo stesso, il nostro Paese e noi tutti non saremmo gli stessi senza questi 70 anni di televisione. Un’intera generazione non sarebbe uscita dall’analfabetismo senza la tv e l’Italia sarebbe stata meno unita senza questo immaginario comune che crea quel tanto che ci unisce. Guai a dividerlo o indebolirlo» (cf.. AQUI).


Forse sarebbe stato bene ricordare che il Servizio Pubblico, precisamente porque es asi, dovrebbe aiutare “il senso del bene comune”, libero da forti condizionamenti commerciali e ideologici. A meno che non si scelga di vivere nel mondo delle fiabe, popolato di fatine alfabetizzanti in stile maestro Alberto Manzi.

Posible no ver, o peggio sorvolare su tutta la spazzatura ideologica scaricata notte e giorno incessantemente da decenni direttamente nelle case degli italiani dalla radiotelevisione statale asservita all’individualismo scientista e involgaritasi nella rincorsa al ribasso di quella privata berlusconiana e quindi strumento efficace della definitiva scristianizzazione del Paese, unitamente alla Scuola Statale di ogni ordine e grado?

Tutto questo con la connivenza e spesso con la complicità di tanti sedicenti cattolici, che non dovrebbero essere né conniventi né tanto meno celebratori di un tale stato di cose.

Velletri de Roma, 3 Noviembre 2024

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