Es mejor que muera un solo hombre que que perezca una nación entera

Homilética de los Padres de la Isla de Patmos

MEGLIO MUOIA UN SOLO UOMO CHE PERISCA LA NAZIONE INTERA

Per Gesù la vera morte non è quella fisica che gli uomini possono dare, pero radica en la negativa a dar la vida por los demás, el cierre estéril sobre uno mismo; al contrario, La verdadera vida es la culminación de un proceso de entrega de sí..

.

 

 

 

 

 

 

 

.

PDF artículo para imprimir

.https://youtu.be/4fP7neCJapw.

 

.

Fraintendere, ovvero prendere una cosa per un’altra. Questa attività che si è diffusa ai giorni nostri contrassegnati dall’uso consistente dei social, per l’autore del Quarto Vangelo diventa un espediente letterario per mezzo del quale, utilizzando la momentanea incomprensione, il lettore è guidato verso una conoscenza ulteriore, spesso più profonda, della realtà, del mistero che vive in Gesù. Lo abbiamo visto nell’incontro fra Lui e la samaritana e prima ancora con Nicodemo, nel Vangelo di domenica scorsa. Lo ritroviamo ancora qui, nel brano evangelico di questa quinta Domenica di Quaresima. Cosa c’è di più semplice e naturale del desiderio di vedere Gesù? Non sarebbe una richiesta che anche noi porremmo ogni giorno? Eppure l’Evangelista ci dice che Egli sembra, al parecer, non prenderla in considerazione; distratto o, mejor decir, concentrato su una prova imminente, su ciò che potrebbe distoglierlo e dunque su una presentazione di sé che la semplice curiosità di vederlo potrebbe non capire. Che cosa o chi dobbiamo guardare quando desideriamo vedere Gesù?

Secondo Tempio di Gerusalemme, modello di ricostruzione, Museo dello Stato d’Israele

"En ese momento, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: “Señor, vogliamo vedere Gesù”. Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: “È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. En verdad, de verdad te digo: se il chicco di grano, Cayó al suelo, no muere, permanece solo; si muere en cambio, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome”. Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!”. La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: “Un angelo gli ha parlato”. Disse Gesù: “Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Y yo, cuando soy levantado del suelo, attirerò tutti a me”. Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire» (Juan 12, 20-33).

Per comprendere la pericope appena letta occorre far riferimento alla montante ostilità verso Gesù segnalata dalle seguenti parole che precedono il brano appena riportato:

«”Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione”. Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, El les dijo: “Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!". Questo però non lo disse da se stesso, sino, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo» (Juan 11, 48-53).

Nelle parole delle oppositori vi è anche la constatazione che: «Il mondo (ho kósmos) gli è andato dietro» (Juan 12,19). En este contexto, nel quale le decisioni degli avversari sono già prese, alcuni greci vogliono vedere Gesù. È un primo passo, non ancora quel vedere perfetto che fa contemplare con lo sguardo trasformato dallo Spirito il senso delle cose, tutta la profondità della realtà che farà proferire a Gesù: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Juan 14,9). Questo desiderio però è positivo, di tutt’altro tenore dell’aspirazione omicida degli avversari di Gesù. Ma i greci, presenti per la Pasqua a Gerusalemme, forse simpatizzanti del monoteismo ebraico o addirittura già circoncisi, non possono entrare nella parte più interna del tempio dove probabilmente Gesù si trovava: il recinto riservato agli ebrei. A segnare questo spazio vi era infatti una balaustra di cui ci parla anche lo storico Giuseppe Flavio che riportava delle scritte, ancora oggi conservate a Gerusalemme e Istanbul, le quali recitavano in lingua greca, per essere comprese dai non ebrei:

«Nessun straniero penetri al di là della balaustra e della cinta che circonda lo hierón (la zona del Tempio riservata, n.d.r.); chi venisse preso in flagrante sarà causa a se stesso della morte che ne seguirà».

Questi che vogliono vedere Gesù si rivolgono al discepolo che porta un nome greco, filipo, che era di una città abitata anche da molti greci e forse lui stesso parlava la loro lingua. La richiesta doveva essere singolare se lo stesso Filippo si fa aiutare ed accompagnare da uno dei primi due discepoli di Gesù, anch’egli con un nome greco: Andrea.

Ricevuta la notizia Gesù coglie il momento come un altro segnale che la sua «ora» è venuta (Venit hora), quella della sua glorificazione nella sua Pasqua (Juan 17,1). A Cana di Galilea, quando si era nella fase iniziale, Gesù ne fa menzione a sua Madre, adesso qui, en cambio, si dice espressamente che l’ora: «È giunta». E come allora gli sposi delle nozze di Cana spariscono dalla scena, anche qui i greci paiono scortesemente messi da parte, affinché emerga una rivelazione su Gesù. Stavolta non un segno, ma le sue stesse parole la palesano. La sua morte sarà feconda come accade al chicco di grano che per moltiplicarsi e dare frutto deve cadere a terra e quindi marcire, Die, altrimenti resta sterile e solo. Accettando di marcire e morire, il chicco moltiplica la sua vita e dunque attraversa la morte e giunge alla resurrezione.

Ritorna il paradosso delle parabole che Gesù sente il bisogno di chiarire:

«Chi ama la propria vita, la perde, e chi odia la propria vita in questo mondo, la custodisce per la vita eterna».

Per Gesù la vera morte non è quella fisica che gli uomini possono dare, pero radica en la negativa a dar la vida por los demás, el cierre estéril sobre uno mismo; al contrario, La verdadera vida es la culminación de un proceso de entrega de sí.. La vicenda del chicco di grano è la vicenda di Gesù ma anche quella di ogni suo servo, el cual, seguendo Gesù, conoscerà la passione e la morte come il suo Signore, ma anche la resurrezione e la vita per sempre. Non sarà solo Gesù a essere glorificato dal Padre ma anche il discepolo, il servitore che, seguendo il suo Signore, diventa suo amico (Juan 15,15).

Che cosa, así pues, Gesù promette di vedere? La sua passione, morte e resurrezione, la sua glorificazione, la croce come rivelazione dell’amore vissuto fino alla fine (cf.. Juan 13,1). A ogni discepolo, proveniente da Israele o dalle genti, è dato di contemplare nella sua morte ignominiosa la gloria di chi dà la vita per amore. L’Evangelista ci permette anche di gettare uno sguardo sui sentimenti più intimi vissuti da Gesù e sulla sua coscienza filiale. Come i sinottici racconteranno l’angoscia di Gesù al Getsemani (cf.. MC 14,32-42 e par.), nel momento che precede la sua cattura, Giovanni riporta la sua confessione: «Ora l’anima mia è turbata». Egli è turbato per quel che sta per accadere, come già si era turbato e aveva pianto alla morte dell’amico Lazzaro (cf.. Juan 11,33-35). Ma questa angoscia umanissima non diventa un inciampo posto sul suo cammino: Gesù è si tentato, ma vince radicalmente la tentazione con l’adesione alla volontà del Padre. In modo diverso dai sinottici, ma concorde con loro, per Giovanni Gesù non ha voluto salvarsi da quell’ora, né esserne esentato, ma rimane fedele alla sua missione compiendo la volontà del Padre, in unione profonda con Lui, tanto che la gloria è fra loro condivisa: «Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora». Ritornano alla mente le parole della Lettera agli Ebrei:

«Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui (sua reverentia), venne esaudito» (Eb 5,7).

Ma l’ora di Gesù corrisponde anche al giudizio sul mondo che non conosce l’amore del Cristo e vi si oppone:

«Ora avviene il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo è gettato fuori. Y yo, quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me»

un rimando a quel serpente innalzato da Mosè (cf.. Nuevo Méjico 21,4-9; Juan 3,14) che salvava gli israeliti. L’«ora» messianica di Gesù espelle il principe del mondo che preferisce le tenebre del male e lascerà spazio all’autentico Re che, anche se governa da una croce, attrae tutti per amore e verso il quale bisogna rivolgere uno sguardo di fede. Ecco la vera risposta a quanti volevano, e ancora oggi vogliono, «vedere Gesù».

La pagina odierna del Vangelo è la buona notizia soprattutto per tutti quei discepoli che conoscono la dinamica del cadere a terra, del «marcire» nella sofferenza, nella solitudine e nel nascondimento. In alcune ore della vita sembra che tutta la sequela si riduca solo alla passione e alla desolazione, all’abbandono e al rinnegamento da parte degli altri, ma allora più che mai occorre guardare all’immagine del chicco di grano consegnataci da Gesù; più che mai occorre rinnovare lo sguardo della fede: «Mirarán al que han traspasado» (Juan 19,37).

Secondo un’antica tradizione il Vescovo Ignazio di Antiochia (35 circa – Roma, 107 hacia) conobbe l’apostolo San Giovanni. Non sorprende perciò ritrovare in una sua lettera indirizzata ai cristiani di Roma, dove troverà il martirio, una concordanza di termini e di vedute con il Vangelo che oggi abbiamo letto:

«Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo… È meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra… Il principe di questo mondo vuole portarmi via e soffocare la mia aspirazione verso Dio. Ogni mio desiderio terreno é crocifisso e non c’é più in me nessuna aspirazione per le realtà materiali, ma un’acqua viva mormora dentro di me e mi dice: “Vieni al Padre”».

Desde la ermita, 17 marzo 2024

.

Cueva de Sant'Angelo en Maduro (Civitella del Tronto)

 

.

Visita la página de nuestra librería AQUI y sostened nuestras ediciones comprando y distribuyendo nuestros libros.

.

______________________

Estimados lectores:,
Esta revista requiere costes de gestión que siempre hemos abordado solo con vuestras ofertas gratuitas. Quienes deseen apoyar nuestra labor apostólica pueden enviarnos su aporte por la vía cómoda y segura Paypal haciendo clic a continuación:

O si lo prefieren, pueden utilizar nuestra
cuenta bancaria a nombre de:
Ediciones La isla de Patmos

N. de Agencia. 59 de Roma
Código IBAN:
IT74R0503403259000000301118
Para las transferencias bancarias internacionales:
Codice SWIFT:
BAPPIT21D21

Si realizáis una transferencia bancaria, enviad un mensaje de aviso por correo electrónico a la redacción, el banco no nos proporciona vuestro correo electrónico y por ello nosotros no podemos enviar un mensaje de agradecimiento:
isoladipatmos@gmail.com

Os damos las gracias por el apoyo que ofréis a nuestro servicio apostólico..

Los Padres de la Isla de Patmos

.

.

.

.

.

Si uno no nace de arriba, no puede ver el reino de Dios

Homilética de los Padres de la Isla de Patmos

SE UNO NON NASCE DALL’ALTO, NON PUÒ VEDERE IL REGNO DI DIO

La morale giovannea è una morale della verità: «En cambio, el que hace la verdad viene hacia la luz, de modo que parece claramente que sus obras fueron hechas en Dios ". En la creciente conciencia de que "sin mí no puedes hacer nada", le conseguenze dell’essere cristiano, anche a livello morale, vengono collegate in Giovanni al tema del rimanere. Il rimanere con Gesù implica come dovere a livello di coerenza, ma prima e innanzitutto come conseguenza a livello dell’essere, vivere come Gesù: «Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato».

.

 

 

 

 

 

 

 

.

PDF artículo para imprimir

.https://youtu.be/4fP7neCJapw.

 

.

Poiché il Vangelo di Marco è più breve degli altri, alcuni brani del Vangelo di Giovanni concorrono a coprire tutte le domeniche dell’anno liturgico, especialmente durante la Cuaresma. Sono testi che aiutano a comprendere quel mistero pasquale che si celebrerà in particolare nei giorni del «Triduo». Essi anticipano temi importanti, come quello dell’innalzamento del «Figlio dell’uomo» a cui accenna il seguente brano evangelico che si proclama nella quarta domenica di Quaresima.

Henry Ossawa Tanner: Gesù e Nicodemo, óleo sobre lienzo, 1899, Pennsylvania Academy of the Fine Arts (Estados Unidos)

"En ese momento, Gesù disse a Nicodèmo: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, por eso el Hijo del hombre debe ser levantado, para que todo el que crea en él tenga vida eterna. De hecho, Dios amó tanto al mundo que dio al Hijo unigénito para que todo el que crea en él no se pierda., sino que tenga vida eterna. Dios, de hecho, no envió al Hijo al mundo para condenar al mundo, pero para que el mundo se salve a través de él. Quien cree en él no está condenado; pero los que no creen ya han sido condenados, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luz ha llegado al mundo, pero los hombres amaban las tinieblas más que la luz, porque sus obras eran malas. Cualquiera de hecho hace el mal, aborrece la luz, y no sale a la luz para que sus obras no sean reprobadas. En cambio, quien hace la verdad viene hacia la luz, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”» (Juan 3,14-21)

Nei Sinottici, Gesù predice che dovrà soffrire molto; annuncia che «sarà schernito, flagellato e crocifisso» (Mt 20,19) e che il terzo giorno risorgerà. Juan, en cambio, annunciando la passione di Gesù la presenta come una «esaltazione». Lo fa nei capitoli 3 (v.v.. 14-15), 8 (v. 28) y 12 (v. 32). L’ultimo è il brano più esplicito: «Quando io sarò innalzato [exaltatus] da terra attirerò tutti a me». Nel versetto precedente Gesù aveva detto: «Ora è il giudizio di questo mondo, ora il principe di questo mondo [Satán] sarà cacciato fuori». Gesù, innalzato da terra, prenderà il suo posto, divenendo re e attirando tutti a sé. Ma l’esaltazione di Gesù non avverrà in Paradiso, bensì sulla croce. Molti hanno interpretato, de hecho, l’innalzamento di Gesù come un anticipo giovanneo della sua Ascensione, mentre qui si fa invece esplicito riferimento alla morte del Signore. Tutto questo potrebbe apparire sconcertante perché nel nostro brano, fray el altro, siamo all’inizio del Vangelo e non alla fine, eppure Gesù già parla della sua morte. Del resto anche nel prologo avevamo letto che: «I suoi non l’anno accolto» (Juan 1,11). E non dimentichiamo che questa è anche la Domenica «In Laetare» come proclama l’antifona d’ingresso della liturgia eucaristica. Dove trovare dunque i motivi per rallegrarsi? Evidentemente in questa verticalità evangelica che da vertigini.

Il primo ad essere sconcertato è Nicodemo, l’interlocutore di Gesù, al quale viene chiesta una rinascita dall’alto (desuper), cioè dallo Spirito effuso dall’alto. La reazione stupìta di Nicodemo ― «Come può accadere questo?» ― incontra una risposta da parte di Gesù che sconcerta anche noi:

«Se non credete quando vi ho parlato di cose della terra, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?» (Juan 3,12).

Stando al contesto le cose terrestri consistono proprio nella dinamica di rinascita spirituale che deve avvenire in vita, aquí en la tierra, nell’umanità della persona che, grazie alla fede, si apre all’azione dello Spirito. Mentre le cose celesti sono il paradosso di un innalzamento che coincide con una condanna a morte e una crocifissione che, secondo Giovanni, è esaltazione e glorificazione. Ritroviamo l’eco delle parole del profeta Isaia: «Chi crederà alla nostra rivelazione(53,1); le quali seguono l’annuncio che il «servo del Signore sarà innalzato» (Es 52,13). Il verbo greco, en versione della Settanta (LXX), ypsóo, sarà usato anche da Giovanni nel nostro testo per indicare l’innalzamento del Figlio dell’uomo. Così al cuore della fede cristiana vi è qualcosa di sorprendente specificato subito dopo: l’innalzamento del Figlio dell’uomo è l’evento che adempie e realizza in pienezza il dono che il Padre ha fatto all’umanità: il dono del Figlio. L’innalzamento sulla croce che sembra apparire come il punto più infimo della vita di Gesù, per lo sguardo di fede è il momento nel quale si nasce dall’alto, come veniva chiesto a Nicodemo: "En verdad, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio»; grazie al dono dello Spirito che il crocifisso effonde. È qui il motivo per rallegrarci, poiché se «nessuno mai è salito al cielo se non colui che è disceso dal cielo» (Juan 3,13), l’evento che potremmo leggere come il più basso della vita di Gesù, la sua croce, diviene secondo Giovanni il momento più alto per lui e per noi: occasione di un dono che palesa tutto l’amore di Dio. Un amore che, como tal, non intende minimamente condannare, ma solo salvare. Un amore gratuito e incondizionato che si può diffondere e può manifestare le sue energie in chi vi fa spazio accogliendolo in sé attraverso la fede: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito». Un dono che è verticale e asimmetrico perché non cerca reciprocità: «Como el Padre me amó, così io ho amato voi. Rimanete nel mio amore» (Juan 15,9); «Come io ho amato voi, così voi amatevi gli uni gli altri» (Juan 13,34).

Qui dobbiamo insistere sull’assoluta novità di una affermazione. Nelle altre religioni si parla per esempio della profondità del mistero di Dio, della sua grandezza, della sua eternità, della sua giustizia, etcétera. Ma solo il cristianesi­mo ci insegna:

«Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui […] abbia la vita eterna» (Juan 3, 16).

Una tale rivelazione trasforma la morale cristiana. Gesù ci ha lasciato un solo comandamento, che è un comandamento nuovo, quello di amarci gli uni gli altri, come lui ha amato noi (Juan 13, 34). Solo così si spiega il fatto, a prima vista paradossale, che tutta la morale giovannea è praticamente una morale della verità. Si compendia in due pre­cetti fondamentali: la fede che ci apre al Mistero e l’amore che ci fa vivere nel mistero della rivelazione. Per converso Giovanni sembra conoscere, nella sua essenzialità e semplicità ricchissime, solo due peccati: il rifiuto della fede in Gesù e l’odio del fratello.

Così la morale giovannea è una morale della verità: «En cambio, el que hace la verdad viene hacia la luz, de modo que parece claramente que sus obras fueron hechas en Dios ". En la creciente conciencia de que "sin mí no puedes hacer nada", le conseguenze dell’essere cristiano, anche a livello morale, vengono collegate in Giovanni al tema del rimanere. Il rimanere con Gesù implica come dovere a livello di coerenza, ma prima e innanzitutto come conseguenza a livello dell’essere, vivere come Gesù: «Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato» (1 Juan 2,6). «Chiunque rimane in Lui non pecca; chiunque pecca non lo ha visto né l’ha conosciuto» (1Juan 3,6). Se il cristiano, como giovanni, rimane stupito a guardarlo, anzi se veramente rimane in Lui, allora non pecca più. In quanto chi rimane in quello stupore e in quella grazia non può peccare. È bellissimo, nella sua sinteticità, il commento di Agostino a questo versetto: «In quantum in ipso manet, in tantum non peccat». Una percezione comune soprattutto tra i padri della Chiesa orientale. Anche Ecumenio, un teologo della tradizione antiochena di Crisostomo, nel suo commento alla Prima lettera di Giovanni, escribe:

«Quando colui che è nato da Dio si è completamente dato a Cristo che abita in lui mediante la filiazione, egli resta fuori della portata del peccato».

Diventiamo impeccabili in quanto ci abbandoniamo totalmente a Gesù Cristo, in quanto rimaniamo in Lui.

Per concludere e riassumere, se mai fosse possibile, temi di così grande densità teologica ricavabili dal brano evangelico di questa domenica, riporto un brano della costituzione dogmatica Lumen Gentium:

"Cristo, de hecho, innalzato da terra, attirò tutti a sé; risorto dai morti, inviò sui discepoli il suo Spirito vivificante e per mezzo di lui costituì il suo corpo, La Iglesia, quale universale sacramento di salvezza; assiso alla destra del Padre, opera incessantemente nel mondo per condurre gli uomini alla Chiesa e per mezzo di essa unirli più intimamente a sé e renderli partecipi della sua vita gloriosa nutrendoli con il suo corpo e il suo sangue».

Desde la ermita, 10 marzo 2024

.

Cueva de Sant'Angelo en Maduro (Civitella del Tronto)

 

.

Visita la página de nuestra librería AQUI y sostened nuestras ediciones comprando y distribuyendo nuestros libros.

.

______________________

Estimados lectores:,
Esta revista requiere costes de gestión que siempre hemos abordado solo con vuestras ofertas gratuitas. Quienes deseen apoyar nuestra labor apostólica pueden enviarnos su aporte por la vía cómoda y segura Paypal haciendo clic a continuación:

O si lo prefieren, pueden utilizar nuestra
cuenta bancaria a nombre de:
Ediciones La isla de Patmos

N. de Agencia. 59 de Roma
Código IBAN:
IT74R0503403259000000301118
Para las transferencias bancarias internacionales:
Codice SWIFT:
BAPPIT21D21

Si realizáis una transferencia bancaria, enviad un mensaje de aviso por correo electrónico a la redacción, el banco no nos proporciona vuestro correo electrónico y por ello nosotros no podemos enviar un mensaje de agradecimiento:
isoladipatmos@gmail.com

Os damos las gracias por el apoyo que ofréis a nuestro servicio apostólico..

Los Padres de la Isla de Patmos

.

.

.

.

.

Gabriele Giordano M.. Scardocci
De la Orden de Predicadores
Presbítero y teólogo

( Haga clic en el nombre del autor para leer todos sus artículos )
Padre Gabriele

Viaje a la noche con Nicodemo

Homilética de los Padres de La Isla de Patmos

VIAGGIO NELLA NOTTE CON NICODEMO

«Dio, de hecho, no envió al Hijo al mundo para condenar al mundo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui»

Autor:
Gabriele Giordano M.. Scardocci, o.p.

 

PDF artículo para imprimir

 

 

Queridos hermanos y hermanas,

nelle nostre vite abbiamo avuto momenti di grande notte e tenebra esistenziale e spirituale. In quei momenti il Signore ci è stato vicino con la sua Luce, anche se forse all’inizio non ce ne siamo accorti. In questo cammino di Quaresima possiamo ripensare a quei momenti e scoprire il senso della speranza come carità teologale. Nicodemo stesso era andato da Gesù di notte. I due hanno un lungo scambio di cui oggi effettivamente è riportata solo una parte. La sezione più importante:

Cristo e Nicodemo, opera di Pieter Crijnse Volmarijn, XVII sec.

"En ese momento, Gesù disse a Nicodèmo: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, por eso el Hijo del hombre debe ser levantado, para que todo el que crea en él tenga vida eterna. De hecho, Dios amó tanto al mundo que dio al Hijo unigénito para que todo el que crea en él no se pierda., sino que tenga vida eterna. Dios, de hecho, no envió al Hijo al mundo para condenar al mundo, pero para que el mundo se salve a través de él. Quien cree en él no está condenado; pero los que no creen ya han sido condenados, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luz ha llegado al mundo, pero los hombres amaban las tinieblas más que la luz, porque sus obras eran malas. Cualquiera de hecho hace el mal, aborrece la luz, y no sale a la luz para que sus obras no sean reprobadas. En cambio, quien hace la verdad viene hacia la luz, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”» (Juan 3, 14-21).

Inizialmente Gesù fa riferimento al serpente nel deserto innalzato da Mosè (14-15), sostenendo con gran forza che Lui è il nuovo innalzato che donerà la vita eterna. Y en efecto, il richiamo al serpente non era nuovo per Nicodemo. Por aquí, Gesù, fa riferimento all’episodio in cui Mosè aveva preso un serpente e postolo su di un’asta liberava dalla morte gli ebrei avvelenati (cf.. Nuevo Méjico 21,8 ss).

Ecco allora che Gesù è il Nuovo Innalzato: colui che se accolto con fede e amore libera da tutti i veleni della nostra vita. I peccati, i vizi e le fragilità. Accogliere la vita vera ed autentica è scoprire tutte le proprie potenzialità, i doni di Dio e offrirli nella carità al prossimo. Occorre dunque purificare lo sguardo della nostra fede per cercare di incontrare Gesù innalzato anche nei momenti di difficoltà e sofferenza. Anche quel momento, se vissuto con fede dona momenti di crescita: si entra nella vita nuova quando si è innalzati sulla propria croce in Lui, nei momenti cruciali de la vida.

Questo fiorire nella vita nuova in Cristo spalanca la speranza per un mondo migliore già adesso, che costruisce il Bene Comune nella Carità, e anche la speranza escatologica. La speranza cioè di essere redenti e un giorno di andare in Paradiso. Gesù stesso lo promette a Nicodemo:

«Dio, de hecho, no envió al Hijo al mundo para condenar al mundo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

La salvezza che Gesù ci offre avviene proprio sulla croce, ¿cuándo, con un’opera supererogatoria ci ha riscattato dal dominio del peccato e del demonio; noi abbiamo attinto a questa salvezza direttamente nel nostro battesimo e l’abbiamo rinvigorita nella cresima.

En este tiempo de Cuaresma possiamo rinvigorire la fede e la speranza della vita eterna, sempre con degli atti di carità, ma anche con uno sguardo di speranza e di bene sulla storia che viviamo. De hecho, la micro-storia personale che viviamo nella nostra quotidianità è un grande dono di grazia: Dio ci ha donato vita, libertà e vocazione personale, por lo tanto, le nostre scelte personali influiscono nella costruzione del nostro quotidiano. Il nostro quotidiano se vissuto con fede e carità ci permette di sperare di costruire una macro-storia del mondo in cui viviamo, che spalanca la strada della speranza per la vita eterna. Por lo tanto, nel nostro piccolo percorso quotidiano amiamo, crediamo e operiamo nel Bene al contempo fondiamo la speranza di una vita che sarà eternamente bella perché al cospetto di Dio. La vita eterna che sarà inaugurata dalla mattina di Pasqua in cui con Cristo saremo chiamati a nascere per non morire mai più.

La Quaresima ci purifica per imparare a sperare nell’Eterno e non più solo sulle realtà temporanee. Chiediamo al Signore di crescere sempre più nella speranza e generare sempre più un cuore effuso dal suo Santo Spirito e dall’amore mariano.

Que así sea!

Santa María Novella en Florencia, 10 marzo 2024

.

.

Suscríbase a nuestro canal Jordán del Club teológica dirigido por el padre Gabriele haciendo clic en la imagen

 

LOS ÚLTIMOS EPISODIOS ESTÁN DISPONIBLES EN EL ARCHIVO: AQUI

.

Visita la página de nuestra librería AQUI y sostened nuestras ediciones comprando y distribuyendo nuestros libros.

.

.

.

______________________

Estimados lectores:,
Esta revista requiere costes de gestión que siempre hemos abordado solo con vuestras ofertas gratuitas. Quienes deseen apoyar nuestra labor apostólica pueden enviarnos su aporte por la vía cómoda y segura Paypal haciendo clic a continuación:

O si lo prefieren, pueden utilizar nuestra
cuenta bancaria a nombre de:
Ediciones La isla de Patmos

N. de Agencia. 59 de Roma
Código IBAN:
IT74R0503403259000000301118
Para las transferencias bancarias internacionales:
Codice SWIFT:
BAPPIT21D21

Si realizáis una transferencia bancaria, enviad un mensaje de aviso por correo electrónico a la redacción, el banco no nos proporciona vuestro correo electrónico y por ello nosotros no podemos enviar un mensaje de agradecimiento:
isoladipatmos@gmail.com

Os damos las gracias por el apoyo que ofréis a nuestro servicio apostólico..

Los Padres de la Isla de Patmos

.

.

.

Gabriele Giordano M.. Scardocci
De la Orden de Predicadores
Presbítero y teólogo

( Haga clic en el nombre del autor para leer todos sus artículos )
Padre Gabriele

Ser escudriñados por el corazón de Dios

Homilética de los Padres de La Isla de Patmos

ESSERE SCRUTATI DAL CUORE DI DIO

Gesù scruta il cuore degli uomini testimoni dei suoi miracoli e si accorge che la loro non è una vera fede ma solo emozione. Es una fe que sólo busca el sensacionalismo., lo que hoy definiríamos como “fideísmo”. Gesù cerca invece di donare loro una fede che sia autentica e forte.

Autor:
Gabriele Giordano M.. Scardocci, o.p.

.

PDF artículo para imprimir

 

 

 

Estimados lectores de La isla de Patmos,

In questa terza tappa verso la Pasqua osserviamo un momento molto forte della vita di Gesù. L’unico episodio in cui il Signore sembra quasi utilizzare delle azioni violente in cui combatte la mentalità del suo tempo. In effetti ogni scena di combattimento è sempre forte agli occhi. Pensiamo alle scene di guerra descritte nelle grandi opere classiche come l’Ilíada o la Jerusalén liberada. Il combattimento di Gesù, sin embargo, non è finalizzato alla guerra, ma finché nel cuore dell’uomo e in ciascuno di noi sgorghi un sentimento di fede e di conversione continua.

In questa III domenica di quaresima Leggiamo il celeberrimo passo della cacciata dei mercanti dal tempio nel (testo del Vangelo QUI). Una scena davvero forte. Una modalità da parte del Signore per purificare il Tempio, cioè la casa di Dio, dalle impurità che le vendite non sempre giuste venivano qui operate. Por otra parte, il Tempio, è spazio sacro in cui i mercanti davvero non potevano entrare per finalità di compravendita.

Este episodio si applica generalmente al nostro tempo come condanna del mercato e delle speculazioni finanziarie disumane e che non rispettano la dignità e la sacralità dell’uomo. Ma questo è anche segno che Gesù non è attento alla singola materialità economica in sé stessa ma come mezzo per il fine. Il denaro, así pues, per quanto mezzo necessario, non può mai diventare un sostituto di Dio.

Il dialogo successivo è scusa che Gesù usa per annunciare la sua Passione. Per affermare il suo atto d’amore finale. Questo atto d’amore è Redenzione e liberazione dal peccato. Ed è anche il Grande Segno di Gesù, più grande di tutti gli altri segni, che dobbiamo riscoprire anche noi in questa Quaresima. Se infatti leggiamo con attenzione questa pericope:

«Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, muchos, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo».

Comprendiamo in che modo Gesù, tramite la sua conoscenza divina per via eternitatis, scruta il cuore degli uomini che erano testimoni dei suoi miracoli. E si accorge che la loro non è una vera fede ma solo emozione. Es una fe que sólo busca el sensacionalismo., o quello che oggi definiremmo “fideismo”. Gesù cerca invece di donare loro una fede che sia autentica e forte.

Questo è il nostro cammino quotidiano che in questo periodo forte possiamo intraprendere con coraggio. Facciamoci aiutare con la preghiera, i Sacramenti e l’affidamento al Signore a liberarci da una fede poco matura, emotiva e fragile. Questo percorso può anche aiutarci a comprendere quali sono le nostre difficoltà e distrazioni nella preghiera e nella pratica delle opere di misericordia.

Il tutto ci porterà a crescere nell’essere conosciuti per divenire gradualmente sempre più intimi col Signore. E questa intimità sarà fonte di gioia e soddisfazione.

Pedimos al Señor di avere sempre un cuore aperto alle sue ispirazioni d’amore e di verità per diventare uomini nuovi in Lui.

Que así sea!

Santa María Novella en Florencia, 3 marzo 2024

.

.

Suscríbase a nuestro canal Jordán del Club teológica dirigido por el padre Gabriele haciendo clic en la imagen

 

LOS ÚLTIMOS EPISODIOS ESTÁN DISPONIBLES EN EL ARCHIVO: AQUI

.

Visita la página de nuestra librería AQUI y sostened nuestras ediciones comprando y distribuyendo nuestros libros.

.

.

.

______________________

Estimados lectores:,
Esta revista requiere costes de gestión que siempre hemos abordado solo con vuestras ofertas gratuitas. Quienes deseen apoyar nuestra labor apostólica pueden enviarnos su aporte por la vía cómoda y segura Paypal haciendo clic a continuación:

O si lo prefieren, pueden utilizar nuestra
cuenta bancaria a nombre de:
Ediciones La isla de Patmos

N. de Agencia. 59 de Roma
Código IBAN:
IT74R0503403259000000301118
Para las transferencias bancarias internacionales:
Codice SWIFT:
BAPPIT21D21

Si realizáis una transferencia bancaria, enviad un mensaje de aviso por correo electrónico a la redacción, el banco no nos proporciona vuestro correo electrónico y por ello nosotros no podemos enviar un mensaje de agradecimiento:
isoladipatmos@gmail.com

Os damos las gracias por el apoyo que ofréis a nuestro servicio apostólico..

Los Padres de la Isla de Patmos

.

.

.

En el monte Tabor los discípulos reciben la revelación del hijo del hombre en forma transfigurada por la luz divina

Homilética de los Padres de la Isla de Patmos

SUL MONTE TABOR I DISCEPOLI RICEVONO LA RIVELAZIONE DEL FIGLIO DELL’UOMO IN UNA FORMA TRASFIGURATA DALLA LUCE DIVINA

Nella narrazione evangelica e nel cammino quaresimale viene così aggiunto un altro quadro che aiuta a rispondere alla domanda che ponevamo all’inizio: Quién es él? Ora è il Padre stesso che rivela l’identità profonda di Gesù non solo a chi assiste sul monte della Trasfigurazione, ma anche ai lettori e ai credenti in Cristo: Egli è il Figlio. Una teologia molto presente nei Vangeli che ci fa tornare alla mente quanto è scritto nel Primo Vangelo, quando Gesù dice: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre»

.

 

 

 

 

 

 

 

.

PDF artículo para imprimir

.https://youtu.be/4fP7neCJapw.

 

.

Intraprendere il percorso quaresimale significa porsi di nuovo la domanda fondamentale su Gesù: Quién es él? Allo stesso modo dei discepoli seduti sulla barca sballottata dalle onde, figura della Chiesa nel periodo post pasquale, che svegliato il Signore dormiente a poppa e a tempesta sedata si chiedevano: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (MC 4, 41). Il racconto marciano della Trasfigurazione che si legge in questa seconda Domenica di Quaresima desidera rispondere a questa domanda.

La trasfigurazione di Cristo, opera di Giovanni Bellini, 1478. Musei Capodimonte, Nápoles.

"En ese momento, Jesús se llevó a Pedro con él, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, al margen, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. tomando la palabra, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, uno para usted, una per Mosè e una per Elia”. Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, el amado: Escúchalo a él!". E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con ellos. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti». (MC 9,2-10)

Tutti e tre i Vangeli sinottici inseriscono la Trasfigurazione nello stesso contesto, ossia dopo l’annuncio di Gesù della sua passione. Per il lettore si crea così un ponte fra il ministero pubblico di Gesù e la morte che avverrà in Gerusalemme. Ma anche un collegamento fra la odierna proclamazione di Gesù «Figlio di Dio», che si ode dalla nube, e altre due analoghe. Quella del Battesimo, Cuándo: «Si sentì una voce dal cielo» che diceva «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (MC 1,11); y el otro, che si trova solo in Marco, all’inizio del Vangelo, nel primo versetto del primo capitolo: "El comienzo del Evangelio de Jesucristo, Hijo de Dios ".

È molto probabile che l’episodio narrato, originalmente, fosse un racconto di apparizione del Risorto, che Marco, il quale ha escluso dalla sua narrazione siffatti racconti, avrebbe inserito al centro del Vangelo, subito dopo la confessione messianica di Pietro, per bilanciare l’annuncio del destino di morte del Figlio dell’uomo (MC 8, 31) con la visione prolettica della sua glorificazione (MC 9, 2-13). Una scelta che ne avrebbe determinato la collocazione anche in Matteo e Luca. A supporto di questa ipotesi sta il fatto che nel prosieguo dei tre racconti l’incomprensione dei discepoli nei riguardi di Gesù resta intatta, malgrado alcuni fossero stati testimoni di un evento tanto eclatante. Tiempo, collocato dopo la sua morte, il racconto assume un significato cruciale. È il punto di svolta. I tre discepoli ricevono la rivelazione del Figlio dell’uomo in una forma trasfigurata dalla luce divina. Dopo la sua morte, hanno la visione di Gesù collocato allo stesso livello di Mosè ed Elia, cioè di due figure bibliche già innalzate alla gloria celeste, e ascoltano la proclamazione della sua elezione divina, la stessa che risuona al momento del battesimo. Finalmente i discepoli «sanno» chi è Gesù, ed è alla luce di tale comprensione che l’episodio storico e iniziale del battesimo assume il suo «vero» significato di investitura divina.

Nel versetto che precede la scena della Trasfigurazione che oggi leggiamo nella Liturgia Gesù dice ai suoi discepoli: "En verdad os digo: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza» (MC 9,1). Sei giorni dopo questo annuncio Gesù porta Pietro, Giacomo e Giovanni con sé sopra un monte alto, in un luogo appartato, e si trasfigura davanti a loro. L’episodio non solo è descritto da tutti e tre i Vangeli sinottici, ma anche dalla Seconda Lettera di Pietro. Lì l’Apostolo ricorda e scrive di essere stato testimone oculare della grandezza di Gesù:

«Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”. Questa voce noi l’abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte» (2punto 1,16-18).

A differenza del Battesimo, dove la voce che proclama Gesù «Figlio» sembra sia stata udita solo da Lui, nella Trasfigurazione le parole sono indirizzate ai discepoli, che non possono ignorarle: «Ascoltatelo». È infatti importante che nel momento in cui Gesù annuncia la sua passione venga ribadita l’idea che Dio non abbandonerà il suo Figlio, anche se verrà consegnato per la crocifissione. Questa non offuscherà la fedeltà del Padre, cosicché anche il duro annuncio della passione e morte sono dentro il Vangelo, sono la buona notizia di cui il lettore deve essere consapevole, allo stesso modo dei discepoli che fecero quella esperienza.

Pedro, insieme ai compagni, è colui che più di tutti ha bisogno di ascoltare Gesù. Dopo la confessione di Cesarea di Filippo, ha preteso di mettersi davanti a lui per evitargli il pellegrinaggio a Gerusalemme. Gesù per questo chiama Pietro «Satana» (MC 8,33), ma poi lo invita a salire sul monte con lui. In altre parole qui siamo di fronte alla reazione de Dios all’incredulità di Pietro. No solo. Se i discepoli devono prepararsi alla passione del loro maestro, anche Gesù ha bisogno di istruzioni per intraprendere il «suo esodo», come specificherà Luca in 9,31: Mosè aveva condotto gli ebrei fuori dall’Egitto, Elia aveva ripercorso i suoi passi, e ora il Messia, aiutato da coloro che hanno vissuto un’esperienza analoga di sofferenza e liberazione, potrà andare deciso verso Gerusalemme.

L’interpretazione tradizionale della presenza di Mosè ed Elia sul monte dice, de hecho, che essi rappresenterebbero la Torà e i Profeti, ovvero tutta la Scrittura prima di Gesù. Ma oggi si pensa piuttosto che il significato della loro presenza sia importante se riferita a quanto Gesù sta vivendo nel momento in cui sale su quella montagna. Mosè ed Elia hanno vissuto eventi paragonabili alla reazione di Pietro all’annuncio della passione di Gesù di cui sopra. L’analogia tra gli eventi è data dal modo in cui Gesù interpreta il rifiuto di Pietro: come una nuova tentazione, analoga a quelle dell’inizio del suo ministero; così Mosè provò l’esperienza del vitello d’oro ed Elia quella della fuga verso l’Oreb. Questi due fatti ebbero luogo proprio su un monte, dopo un fallimento del popolo di Israele che aveva, en el primer caso, costruito un idolo e, en el segundo, sostenuto i sacerdoti di Baal contro cui Elia doveva lottare. A fronte di queste due delusioni, sia Mosè che Elia chiedono a Dio di morire (cf.. Es 32,32; 1Re 19,4), sino, in risposta, a tutti e due è concessa invece la visione di Dio. Moisés, spaventato, sin embargo, si nasconde nella rupe (Es 33,21-22), ed Elia si copre il volto (1Re 19,13). Mentre allora non videro Dio, ora finalmente stanno davanti a Gesù, nella sua gloria e non si velano più il volto; non hanno più paura di lui, perché «Gesù, il «Figlio amato» del Padre (MC 9,7), «l’eletto» (Lc 9,35), è egli stesso la visibilità del Padre: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Juan 14,9). In lui Mosè ed Elia si incontrano, vedono Gesù nella gloria, e gli portano il loro conforto. Al termine, il Padre conferma ai tre discepoli, Pietro incluso, la strada che Gesù dovrà intraprendere» (M. Gilbert).

Nella narrazione evangelica e nel cammino quaresimale viene così aggiunto un altro quadro che aiuta a rispondere alla domanda che ponevamo all’inizio: Quién es él? Ora è il Padre stesso che rivela l’identità profonda di Gesù non solo a chi assiste sul monte della Trasfigurazione, ma anche ai lettori e ai credenti in Cristo: Egli è il Figlio. Una teologia molto presente nei Vangeli che ci fa tornare alla mente quanto è scritto nel Primo Vangelo, quando Gesù dice: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre» (Mt 11,27).

Desde la ermita, 24 Febrero 2024

.

.

Cueva de Sant'Angelo en Maduro (Civitella del Tronto)

 

.

Visita la página de nuestra librería AQUI y sostened nuestras ediciones comprando y distribuyendo nuestros libros.

.

______________________

Estimados lectores:,
Esta revista requiere costes de gestión que siempre hemos abordado solo con vuestras ofertas gratuitas. Quienes deseen apoyar nuestra labor apostólica pueden enviarnos su aporte por la vía cómoda y segura Paypal haciendo clic a continuación:

O si lo prefieren, pueden utilizar nuestra
cuenta bancaria a nombre de:
Ediciones La isla de Patmos

N. de Agencia. 59 de Roma
Código IBAN:
IT74R0503403259000000301118
Para las transferencias bancarias internacionales:
Codice SWIFT:
BAPPIT21D21

Si realizáis una transferencia bancaria, enviad un mensaje de aviso por correo electrónico a la redacción, el banco no nos proporciona vuestro correo electrónico y por ello nosotros no podemos enviar un mensaje de agradecimiento:
isoladipatmos@gmail.com

Os damos las gracias por el apoyo que ofréis a nuestro servicio apostólico..

Los Padres de la Isla de Patmos

.

.

.

.

.

Sólo Jesús pudo ser tan bueno y misericordioso como para curar y sanar a una suegra

Homilética de los Padres de la Isla de Patmos

SOLO GESÙ POTEVA ESSERE COSI BUONO E MISERICORDIOSO DA CURARE E GUARIRE UNA SUOCERA

«La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Se acercó y la hizo levantarse de la mano.; la fiebre la dejo y ella les atendió. Llegó la noche, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta».

.

 

 

 

 

 

 

 

.

PDF artículo para imprimir

.https://youtu.be/4fP7neCJapw.

 

.

La pericope del Vangelo di questa V Domenica del Tempo Ordinario ci racconta ancora della giornata-tipo di Gesù a Cafarnao.

"En ese momento, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Se acercó y la hizo levantarse de la mano.; la fiebre la dejo y ella les atendió. Llegó la noche, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni». (MC 1,29-39)

Se l’utilizzo frequente in Marco dell’avverbio «subito» è servito ad accelerare il tempo narrativo, evidenziando la fretta di Gesù riguardo l’annuncio del regno; nel brano odierno, anche i luoghi qui sono presi in considerazione, come uno spazio che tende ad allargarsi sempre di più. Il movimento del racconto passa infatti dalla sinagoga della cittadina sul lago (MC 1,29) alla casa di Pietro, poi ancora dalla casa alla strada aperta davanti alla porta del cortile della casa di Pietro (v. 33), da una città ai villaggi vicini (v. 38); por fin, dai villaggi fino a «tutta la Galilea» (v. 39). Come se tutto lo spazio, velocemente, debba essere occupato da Gesù, dal suo annuncio e dalle sue opere.

I personaggi del racconto sono i discepoli più vicini a Gesù, la suocera di Simone e soprattutto i malati. Sono questi ad impadronirsi della scena. Essi si possono trovare già dove arriva Gesù, come la suocera di Pietro, oppure vengono portati a lui; altri ancora lo cercano spontaneamente sin dall’alba, quando egli sta pregando. La malattia incornicia il nostro brano: che si tratti di una febbre o di una sofferenza più profonda, spirituale o fisica (come quella causata dagli spiriti impuri del v. 39), il vocabolario del campo semantico dell’infermità costella il racconto ed è presente in modo consistente, includendo tutta la narrazione.

«E subito gli parlarono di lei». La sollecitudine verso questa donna anziana colpisce, perché manifesta un’attenzione verso i fragili e la fede nella presenza di Gesù. La donna anziana e febbricitante non viene nascosta al Maestro come fosse un problema o qualcuno di cui vergognarsi, per cui non varrebbe la pena disturbare. Il fatto che i discepoli parlino subito della suocera di Pietro a Gesù mostra che quella donna era per loro una priorità. Non ne chiedono la guarigione, non sfruttano la presenza del Maestro ai loro fini, semplicemente indicano la donna malata: questa persona per loro è importante. Da questo si può capire il senso e il valore dell’intercessione come del parlare a favore di qualcuno. Gesù lo apprezza, tanto che fa subito qualcosa: le tende la mano, la solleva e poi la guarisce dalla sua malattia. Gesù vuol essere disturbato dai malati. Gesù apprezza e ammira l’intercessione a favore dei malati, come nel caso del centurione che intercede per il suo servo malato (Lc 7,1-10).

Il tema della malattia, dicevamo, percorre tutto il testo marciano. La sofferenza tocca ogni uomo, ma «sperimentando nella malattia la propria impotenza, l’uomo di fede riconosce di essere radicalmente bisognoso di salvezza. Si accetta come creatura povera e limitata. Si affida totalmente a Dio. Imita Gesù Cristo e lo sente personalmente vicino» (Catechismo degli Adulti, La verdad os hará libres, 1021). È la «conversione» alla quale sono chiamati i malati sanati da Gesù, de lo contrario, alla quale siamo chiamati tutti noi.

Scopriamo così un altro senso delle prime parole di Gesù nel Vangelo di Marco: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» (MC 1,15). Il tempo e lo spazio, ma anche gli uomini e le donne sono toccati dalla pienezza della presenza di Dio e il regno è quella realtà in cui è possibile l’incontro con Gesù. Gesù non compie solo attività terapeutiche, perché i suoi gesti sono accompagnati da parole, da insegnamenti. In effetti si tratta di segni per dire che il regno è vicino: i miracoli annunciano e inaugurano il regno di Dio e corrispondono alle attese di Israele, dove si credeva che il Messia sarebbe venuto con capacità taumaturgiche. Per questo motivo l’annuncio che «il regno è vicino» è complementare alla parola «convertitevi e credete al vangelo», perché le folle che accorrono da Gesù, davanti a questi gesti divini, sono chiamate a credere e a convertirsi. Se questo non accade, i miracoli non servono, come spiega Matteo in un altro passo: «Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, porque no se arrepintieron: Guai a te, Corozaín! Guai a te, Betsaida. Porqué , si en Tiro y en Sidón se hubieran hecho los milagros que se hicieron en medio de ti, algún tiempo habría arrepentido, ravvolte nel cilicio e nella cenere» (Mt 11,20-21). La guarigione più grande che Dio può operare è quella dalla nostra incredulità.

Finalmente, forse collegato a ciò che abbiamo appena detto, notiamo la piccola discrepanza fra i «tutti» che accorrono a Gesù per essere sanati (v.v.. 32.33.37) e i «molti» che invece, Realmente, sono guariti: «Guarì molti che erano afflitti da varie malattie» (v. 34). Que, sin embargo, viene superata dal vocabolario della risurrezione usato da Marco. Infatti il verbo che Marco adopera per narrare la guarigione della suocera di Pietro — «la sollevò» del v. 31) — è molto importante nel Nuovo Testamento, perché non ricorre soltanto nei contesti delle guarigioni (MC 2,9.11; 5,41; 9,27), ma soprattutto nel racconto della risurrezione di Lazzaro (Juan 12,1.9) e di Cristo (ad es.: Hc 3,15; Rm 10,9). Come Gesù è stato capace di sollevare la suocera di Simone, così sarà capace di dare la vita ai morti, a todos. Si chiarisce allora la strada che vuol farci percorrere Marco per arrivare a conoscere chi è Gesù. Colui che nell’apertura del Vangelo viene definito come «Figlio di Dio» (MC 1,1), come il Battezzatore nello Spirito Santo (v. 8), come il «Figlio prediletto» (v. 11) è finalmente svelato nel suo essere nei confronti degli uomini: è colui che è «venuto» («uscito», literalmente significa, dal verbo exérchomai; cf.. v. 38) agli uomini perché lo ascoltino e siano guariti dalle loro infermità.

Il racconto della giornata di Gesù prosegue col riposo, ma poi «al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!» (MC 1,35-37). Non sappiamo a quale luogo deserto possa riferirsi l’evangelista, ma certo non doveva essere distante dal lago. Marco ha già accennato alla preghiera di Gesù, nella forma celebrata in sinagoga. Questa preghiera mattutina e personale, come apprendiamo anche da altre tradizioni evangeliche, sembra essere il modo in cui il Signore riconduce tutto al Padre: quello che ha vissuto dalla sera precedente, quello che lo aspetterà nel giorno che continua. Così Gesù insegna ai discepoli che la preghiera è indispensabile per fare unità nella propria vita.

Desde la ermita, 4 Febrero 2024

.

.

Cueva de Sant'Angelo en Maduro (Civitella del Tronto)

 

.

Visita la página de nuestra librería AQUI y sostened nuestras ediciones comprando y distribuyendo nuestros libros.

.

______________________

Estimados lectores:,
Esta revista requiere costes de gestión que siempre hemos abordado solo con vuestras ofertas gratuitas. Quienes deseen apoyar nuestra labor apostólica pueden enviarnos su aporte por la vía cómoda y segura Paypal haciendo clic a continuación:

O si lo prefieren, pueden utilizar nuestra
cuenta bancaria a nombre de:
Ediciones La isla de Patmos

N. de Agencia. 59 de Roma
Código IBAN:
IT74R0503403259000000301118
Para las transferencias bancarias internacionales:
Codice SWIFT:
BAPPIT21D21

Si realizáis una transferencia bancaria, enviad un mensaje de aviso por correo electrónico a la redacción, el banco no nos proporciona vuestro correo electrónico y por ello nosotros no podemos enviar un mensaje de agradecimiento:
isoladipatmos@gmail.com

Os damos las gracias por el apoyo que ofréis a nuestro servicio apostólico..

Los Padres de la Isla de Patmos

.

.

.

.

.

Ese día cuando un endemoniado reconoció inmediatamente a Jesucristo como poder divino

Homilética de los Padres de la Isla de Patmos

ESE DÍA CUANDO UN POSEÍDO RECONOCIÓ INMEDIATAMENTE A JESUCRISTO COMO PODER DIVINO

«En su sinagoga había un hombre poseído por un espíritu impuro y empezó a gritar, diciendo: “Qué quieren de nosotros, Jesús de Nazaret? Has venido a destruirnos? Se quien eres: el santo de dios!”. Y Jesús le ordenó severamente: “Ella dijo! sal de el!”. Y el espíritu impuro, destrozándolo y llorando en voz alta, salió de él".

.

 

 

 

 

 

 

 

.

PDF artículo para imprimir

.https://youtu.be/4fP7neCJapw.

.

.

El canto evangélico de este domingo forma parte de lo que comúnmente se define como "el día de Jesús en Cafarnaúm".

"En ese momento, Gesù, entró en la sinagoga el sábado, [en Capernao] él enseñó. Y estaban asombrados de su enseñanza.: porque les enseñaba como quien tiene autoridad, y no como los escribas. Y aquí, En su sinagoga había un hombre poseído por un espíritu impuro y comenzó a gritar., diciendo: “Qué quieren de nosotros, Jesús de Nazaret? Has venido a destruirnos? Se quien eres: el santo de dios!”. Y Jesús le ordenó severamente: “Ella dijo! sal de el!”. Y el espíritu impuro, destrozándolo y llorando en voz alta, salió de el. Todos se llenaron de miedo, tanto es así que se preguntaron entre ellos: “que nunca es esto? una nueva enseñanza, dado con autoridad. Incluso manda a los espíritus inmundos y le obedecen.!”. Su fama se extendió inmediatamente por todas partes., en toda la región de Galilea". (MC 1,21-28).

Esta es una colección de episodios cortos. que van desde MC 1,21 hasta 1,34 que el evangelista contiene en veinticuatro horas. Comienza con la oración de la mañana en la sinagoga., descrito por v. 21– oración que los judíos todavía celebran hoy, que implica la proclamación de la Torá, del Profeta y el posterior sermón pronunciado por el rabino - llegar a la puesta del sol, cuando ahora, finito lo Shabat, Está permitido traer a los enfermos ante Jesús.. La actividad de Jesús es frenética: No tiene tiempo excepto para enseñar y sanar.. hay un adverbio, "de inmediato" (derecho, eutis), muy importante para marco, que se repite en vv. 21.23.28 - lamentablemente no capturado por la traducción italiana, pero presente en griego - e incluso doce veces sólo en el primer capítulo, cuarenta y cinco en todo el evangelio de Marcos; indica la prisa de Jesús para quien "el tiempo se ha cumplido" (MC 1,15): si se cumple el tiempo, No hay tiempo que perder en mostrar cómo llegó el Reino entre los hombres..

La primera actividad de la que nos habla Marco acerca de Jesús es el hecho de que enseñó con autoridad. El primer milagro, llamémoslo así, lo que hace no es una curacion ni un exorcismo, pero enseñando. Y, en proporción, Marcos presenta a Jesús como maestro, más que los otros evangelios: usa la palabra cinco veces sobre sí mismo didache ― «enseñanza» ― y diez veces lo llama «maestro», refiriéndose este título sólo a él. La enseñanza es uno de los ministerios de los que habla Pablo en la Carta a los Romanos (12,7), y es quizás la caridad que más necesitamos en tiempos en los que cuesta transmitir la fe.

Los demás, con quien se compara a Jesús, ellos son los escribas. Pero no tienen la misma "autoridad" que él.. Aunque no sean despreciados ni menospreciados por el evangelista, Marco subraya dos veces (v.v.. 22 y 27) que él enseña de manera muy diferente a ellos. La diferencia entre él y los otros "rabinos" podría ser de dos niveles.. El primero es el de la autoridad con la que Jesús dice las cosas.. Lectura de los textos de la tradición rabínica., que se han recopilado desde la caída del segundo Templo, en la segunda mitad del siglo I d.C., llama la atención el apego a las "tradiciones de los antiguos" - de las que también habla Marcos en 7,1-13 - transmitido con una larga cadena de dichos y frases, pero sobre todo por la forma en que se enumeran uno tras otro, como una colección de opiniones diferentes pero del mismo valor. La palabra de Jesús, sin embargo, tiene un carácter más creativo y un peso mayor: se refiere directamente a la Ley y a Dios y, ganando fuerza, su palabra nunca es solo una opinión. Pero hay más y aquí estamos en el segundo nivel de la autoridad de Jesús.. Las suyas no son simples palabras., pero hacen lo que dicen. Él es el "santo de Dios" (MC 1,24) y por lo tanto su autoridad expresa el poder de Dios mismo: por eso enseña, exorciza y cura, pero siempre a través de una palabra que libera y salva.

El Reino de Dios es una nueva creación. en el cual, como en el primero, las palabras pronunciadas con autoridad se dan cuenta de lo que pronuncian. Esto se hace evidente en la segunda actividad que caracteriza el advenimiento del Reino en Jesús.: la curación de los enfermos y los exorcismos. Donde esta Dios con su reino, allí no hay lugar para el mal y sus poderes: ellos tienen que ir.

De hecho, Jesús no deja hablar al espíritu inmundo.: "Silencio", él le ordena. No quiere que Satanás abra la boca y no sólo porque el diablo es "mentiroso y padre de la mentira". (Juan 8,44). De hecho ya había ocurrido una vez que la serpiente había hablado, Y comenzó la triste historia del pecado del hombre.: la serpiente antigua, para tentar a Adán a hacerle daño, había infundido en realidad el veneno de la duda en Eva: "Es cierto que?» (Gen 3,1). Si tan solo lo hubieran silenciado entonces, Adán habría vencido la tentación.

En esta parte del Evangelio según Marcos La cristología se centra en la idea de que Jesús es capaz de recuperar el destino del primer hombre.. Quién, cuando silencia al diablo y también en la escena del desierto, o en la historia de su tentación. Jesús es "expulsado" a ese lugar (MC 1,12) Así como Adán había sido "expulsado" del paraíso. (Gen 3,24), compartiendo así su desgracia, pero saliendo victorioso de la prueba. Al final de esto, registra Marco, Jesús "estaba con las fieras", es decir, una vez más en paz con la creación, como adán, «y los ángeles le sirvieron», es decir, recibir el mismo honor que, según una tradición rabínica, Dios le había dado a su criatura más hermosa., el honor de ser nutrido de buenos espíritus. Gesù, por fin, aparece en el Evangelio de Marcos no como un niño, como en cambio en los evangelios de la infancia de Mateo y Lucas, pero llega a escena ya adulto, hecho por el hombre, Así como Adán fue creado siendo adulto..

El día de Cafarnaúm se lleva a cabo un sábado, el día que Dios descansó después de crear al hombre. En este día Jesús puede restaurar el mundo a su belleza original., a través de la misma palabra creativa quien hizo el universo y quien le permite ejercer su fuerte autoridad; pero también hacer ejercicio ese día, Sábado, un señorío especial. El "Hijo del Hombre", como lo escucharemos un domingo más, él es «Señor también del sábado» (MC 2,28). El tiempo pertenece a Dios y Jesús afirma esta soberanía sobre el tiempo realizando curaciones en sábado.. Y son curaciones que tocan a hombres y mujeres que por su enfermedad habían perdido la razón misma del tiempo.. Por una persona sana, el desarrollo de actividades a lo largo de la semana encaminadas a su realización durante el descanso sabático: el encuentro con Dios y con su palabra impregnó la existencia de sentido y esperanza.

Para una persona discapacitada, quien fue excluido del descanso sabático y del espacio del templo, aquí todos los días de la semana estaba cargado con el mismo dolor y sufrimiento. Las curaciones de Jesús en sábado interrumpen este indistinto fluir del tiempo en los cuerpos de los enfermos y devuelven a los hombres y mujeres que han perdido el sentido del tiempo todo su valor a través del sábado.. La curación de aquel hombre "poseído por un espíritu impuro", que en aquel día de reposo él estaba allí mismo donde Jesús también estaba presente, es el comienzo de un nuevo sábado, es decir, de una nueva creación, en el que en el centro está la vida de cada persona a salvar. Como escribió el rabino y filósofo Heshel:

“Debemos sentirnos abrumados por la maravilla del tiempo si queremos estar preparados para recibir la presencia de la eternidad en un solo momento.. Debemos vivir y actuar como si el destino de todos los tiempos dependiera de un solo momento." (Heshel A. J, Sabado, Garzanti, Milano 2015, pag. 96).

 

Desde la ermita, 27 Enero 2024

.

.

Cueva de Sant'Angelo en Maduro (Civitella del Tronto)

 

.

Visita la página de nuestra librería AQUI y sostened nuestras ediciones comprando y distribuyendo nuestros libros.

.

______________________

Estimados lectores:,
Esta revista requiere costes de gestión que siempre hemos abordado solo con vuestras ofertas gratuitas. Quienes deseen apoyar nuestra labor apostólica pueden enviarnos su aporte por la vía cómoda y segura Paypal haciendo clic a continuación:

O si lo prefieren, pueden utilizar nuestra
cuenta bancaria a nombre de:
Ediciones La isla de Patmos

N. de Agencia. 59 de Roma
Código IBAN:
IT74R0503403259000000301118
Para las transferencias bancarias internacionales:
Codice SWIFT:
BAPPIT21D21

Si realizáis una transferencia bancaria, enviad un mensaje de aviso por correo electrónico a la redacción, el banco no nos proporciona vuestro correo electrónico y por ello nosotros no podemos enviar un mensaje de agradecimiento:
isoladipatmos@gmail.com

Os damos las gracias por el apoyo que ofréis a nuestro servicio apostólico..

Los Padres de la Isla de Patmos

.

.

.

.

.

«Ven detrás de mí, Los haré pescadores de hombres”. E inmediatamente dejaron sus redes y lo siguieron.

Homilética de los Padres de la Isla de Patmos

«VEN DETRÁS DE MÍ, YO LOS HARÉ PESCADORES DE HOMBRES". E SUBITO LASCIARONO LE RETI E LO SEGUIRONO

Come potremmo descrivere il regno di Dio proclamato da Gesù? La principal dificultad es que Jesús nunca usó ninguna definición para hablar de ello.. Más bien, usó parábolas e imágenes., paragonandolo, per rimanere sempre al Vangelo di Marco che leggeremo quest’anno, a un seminatore che getta del seme in terra o a un granello di senapa e così via.

.

 

 

 

 

 

 

 

.

Artículo en formato de impresión PDF

.https://youtu.be/4fP7neCJapw.

.

Lasciato alle spalle il passaggio nel Vangelo secondo Giovanni di domenica scorsa, il lezionario ci riporta a Marco, el cual, terminata l’esposizione della trilogia comune ai sinottici (Juan Bautista, Battesimo di Gesù e la prova nel deserto), riprende la narrazione dandoci un’indicazione temporale importante che apprendiamo dall’attacco del Vangelo di oggi.

«Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vio a Simone y Andrea, hermano de Simone, mientras arrojan sus redes al mar; de hecho eran pescadores. Jesús les dijo:: «Venite dietro a me, Los haré pescadores de hombres”. E inmediatamente dejaron sus redes y lo siguieron.. Yendo un poco más lejos, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. (MC 1,14-20).

Scrive Marco che Gesù inizia a proclamare il regno di Dio «dopo che Giovanni fu arrestato» (MC 1,14 cf.. también Mt 4,12). Molti immaginano che la cronologia dell’inizio del ministero pubblico di Gesù si sia svolta così: de Galilea, regione da cui viene, Gesù scende al Giordano per essere battezzato. Subito dopo, intento, rimane quaranta giorni nel deserto per poi ritornare in Galilea. Ma deve invece essere passato più tempo e il punto di svolta, ciò che fa tornare Gesù in Galilea è rappresentato dall’arresto del Battista. Forse è in quel preciso momento che per Gesù giunge la consapevolezza che è ora di assumersi le sue responsabilità.

La voce che gridava nel deserto, poiché è stata messa a tacere, passa ora alla Parola che annuncia il regno. Questa interpretazione aiuta noi credenti nei momenti di difficoltà e sofferenza, come deve essere stato per Gesù l’arresto di Giovanni e ci fa proferire: bisogna fare qualcosa. È in tali situazioni che, se non vai tu, nessuno può andare al posto tuo. La chiamata che ora Gesù farà dei discepoli, l’ha vissuta in prima persona lui; il regno che annuncia l’ha visto arrivare per primo lui, anche nella dolorosa notizia che Giovanni non può più parlare.

Ma eccoci a una questione teologica importante. Come potremmo descrivere il regno di Dio proclamato da Gesù? La principal dificultad es que Jesús nunca usó ninguna definición para hablar de ello.. Más bien, usó parábolas e imágenes., paragonandolo, per rimanere sempre al Vangelo di Marco che leggeremo quest’anno, a un seminatore che getta del seme in terra (MC 4,26) o a un granello di senapa (MC 4,31) y así. Il regno, dice jesus, non solo è vicino, ma bisogna accoglierlo come fanno i bambini (MC 10,15) ed entrarci dentro, anche se non è così facile, soprattutto se si hanno molte ricchezze (MC 10,23). È presente, cioè qui o vicino, ma è anche futuro, come quello in cui Gesù berrà, junto con nosotros, il vino nuovo, altro vino rispetto a quello dell’ultima sua cena (MC 14,25). La teologia cristiana ha elaborato a proposito una formula, quella del «già» ma «non ancora», quasi un ossimoro che dice però come il regno possiamo già ereditarlo e viverci, anche se non è ancora compiuto. Non è ancora esteso a tutti gli uomini, sino, come insegna il documento del Concilio Vaticano II Lumen Gentium «è già presente in mistero» con la Chiesa (cf.. n. 5).

En este sentido Gesù si distingue dalle due principali concezioni sul regno che circolavano nel giudaismo del suo tempo. Egli infatti non ha inventato questa idea, già nota all’Antico Testamento (cf. 1cr 28,5) e non l’ha applicata né a quel modo di pensare che vedeva il regno come una realtà «nazionalistica», tutta presente, da attuare magari ad ogni costo, né tanto meno alla concezione opposta, di tipo apocalittico, che vedeva il regno possibile solo come una realizzazione futura che negava il presente. Se vogliamo rintracciare questi due estremi nella storia dell’umanità, potremmo dire che il materialismo si è spesso fondato sull’illusione che tutto potesse risolversi qui, ahora; ma dall’altra parte è facile riconoscere in certi movimenti spiritualistici la svalutano del presente, considerato in modo negativo.

Gesù ha invece usato l’idea di regno per dire anzitutto che è arrivato e quindi ci si può entrare. Ma per farlo bisogna cambiare mentalità, modo di ragionare e pensare; per dirlo con le parole di Gesù: «convertirsi» (MC 1,15). "Ven a tu reino!», prega ancora la Chiesa, hoy en día, después de dos mil años. Il regno c’è già, ma deve ancora essere accolto come un dono e trovato lì anche dove si fatica a vederlo.

In conformità dunque con l’attesa escatologica giudaica, ma con la differenza decisiva però che non più di attesa si tratta, il Regno di Dio è l’effetto dell’evento messianico annunciato da Gesù e in lui presente. Il pieno dispiegamento della sua sovranità redentrice non si è ancora realizzato, ma il tempo della fine è giunto e dunque per parlare in modo appropriato non c’è più sviluppo storico, bensì ricapitolazione di tutta la storia chiamata a giudizio.

«È questo il contenuto dell’«evangelo di Dio» quale ci è sinteticamente riferito dalla tradizione più antica raccolta da Marco: «Il tempo è compiuto ed è vicino il Regno di Dio: convertitevi, e credete nell’evangelo» (1,14-15). Ciò che qui viene annunciata è l’ora (el kairós) del compimento definitivo, l’avvento promesso del Regno, la grande svolta del mondo inaugurata da Gesù di cui sta per compiersi l’ultimo atto con la sua parusia. Evidentemente qui non può essere il Gesù storico a parlare, bensì il Risorto predicato dall’evangelista, che segna con precisione il tempo della fine tra resurrezione e parusia, come un evento unico in cui tutto il tempo, tutta la storia si condensa, ivi compresa la vita stessa di Gesù. Per questo ora, a differenza dell’escatologia giudaica, occorre «fede nell’evangelo», cioè in Gesù Cristo, nel Messia, che è presente come colui che è venuto e che viene. Tutto dunque in forza di questa fede precipita e si concentra nel presente, non vi è più oscillazione tra passato e futuro, tradizione e attesa; ma solo l’ora attuale in cui il passato è redento e il futuro è solo desiderio del compimento: «Vieni Signore Gesù» (Ap 22, 20).[1]

Il Vangelo prosegue descrivendo la fretta di Gesù di portare ad attuazione la sua parola sul regno, perché “il tempo è compiuto”. Il concetto emerge molto chiaramente nel Vangelo di Marco, dove abbonda l’avverbio euthus (εὐθὺς), "de inmediato", ripetuto decine di volte. Tale sollecitudine trova una prima applicazione nella chiamata dei quattro discepoli (v.v.. 16-20) e nell’episodio dell’insegnamento nella sinagoga di Cafarnao, accompagnato dalla liberazione di un indemoniato (el domingo próximo). Gesù, con gesti e con parole, mostra davvero come il regno è arrivato, e lo dice: ai discepoli (appena chiamati a sé) e alla sua gente (nella sinagoga). Ecco che allora il regno può essere solo uno spazio in cui Dio è presente, donde es eso, cabe notar, solo lui regna. Le altre potenze non possono fare altro che riconoscerne l’autorità («Io so chi tu sei: il santo di Dio» di MC 1,24) e sottomettersi.

I padri della Chiesa erano colpiti dal modo in cui Gesù chiamò i primi a seguirlo: rilevano che erano persone semplici e illetterate (Orígenes), che probabilmente avranno obiettato con la loro inadeguatezza (Eusebio); noi ci stupiamo anche del fatto che questi «subito» lascino le reti lo seguano (cf.. MC 1,18), ma soprattutto per il fatto che ancora oggi, después de muchos años, Gesù ancora «passi accanto» (MC 1,16) alle nostre situazioni, al nostro quotidiano, alle nostre reti, e ci inviti a seguirlo per stare con lui.

Ciascuno di noi viene chiamato lì dove si trova e ogni inizio ha sempre un prima che lo ha preparato su cui poi si innesta una novità, un cambiamento: come il seme che è stato seminato ha una forma diversa dalla pianta che poi germoglierà, così anche noi siamo presi dal Signore a partire dalle nostre storie e dal nostro oggi per far sviluppare quelle potenzialità di bene e di vita che sono racchiuse nel «piccolo seme» della nostra vita e che solo il Signore può dischiudere e trasformare con la forza e la fantasia del suo Spirito. A noi è chiesta l’attenzione alla sua voce che chiama, l’abbandono filiale e fiducioso alle sue parole, e la prontezza nel rispondere senza dilazioni nel tempo o attaccamenti al «già», a quel noto e conosciuto che ci rassicura ma anche rischia di bloccarci: «E subito lasciarono le reti e lo seguirono».

 

Desde la ermita, 21 Enero 2024

 

NOTAS

[1] Gaeta G., Il tempo della fine, Quodlibet, 2020

.

.

Cueva de Sant'Angelo en Maduro (Civitella del Tronto)

 

.

Visita la página de nuestra librería AQUI y sostened nuestras ediciones comprando y distribuyendo nuestros libros.

.

______________________

Estimados lectores:,
Esta revista requiere costes de gestión que siempre hemos abordado solo con vuestras ofertas gratuitas. Quienes deseen apoyar nuestra labor apostólica pueden enviarnos su aporte por la vía cómoda y segura Paypal haciendo clic a continuación:

O si lo prefieren, pueden utilizar nuestra
cuenta bancaria a nombre de:
Ediciones La isla de Patmos

N. de Agencia. 59 de Roma
Código IBAN:
IT74R0503403259000000301118
Para las transferencias bancarias internacionales:
Codice SWIFT:
BAPPIT21D21

Si realizáis una transferencia bancaria, enviad un mensaje de aviso por correo electrónico a la redacción, el banco no nos proporciona vuestro correo electrónico y por ello nosotros no podemos enviar un mensaje de agradecimiento:
isoladipatmos@gmail.com

Os damos las gracias por el apoyo que ofréis a nuestro servicio apostólico..

Los Padres de la Isla de Patmos

.

.

.

.

.

Gabriele Giordano M.. Scardocci
De la Orden de Predicadores
Presbítero y teólogo

( Haga clic en el nombre del autor para leer todos sus artículos )
Padre Gabriele

Una maestría caritativa: "Rabino, Donde vives? Ven y mira"

Homilética de los Padres de La Isla de Patmos

UNA MAESTRÍA CARITATIVA: "RABINO, DONDE VIVES? VEN A VER "

Isaac Newton escribió «Cuanto más aprendo, Cuanto más me doy cuenta de cuántas cosas no sé". Hoy parece que muchos no quieren aprender a pesar de tener la certeza y la seguridad de que saben..

 

Autor:
Gabriele Giordano M.. Scardocci, o.p.

.

PDF artículo para imprimir

 

 

 

Estimados lectores de La isla de Patmos,

Una de las actitudes más naturales que todos tenemos es la de investigar.. Cuando somos niños muchas veces nos preguntamos el por qué de las cosas.. A medida que crecemos encontramos respuestas., y renovamos continuamente nuestra búsqueda del significado de la verdad en las cosas. Isaac Newton escribió «Cuanto más aprendo, Cuanto más me doy cuenta de cuántas cosas no sé".

En el evangelio de hoy Jesús nos muestra a dos hombres en la búsqueda y el camino a seguir para encontrar la respuesta definitiva. La respuesta es muy hermosa.: ve con El y mira donde habita el Señor.

«Entonces Jesús se volvió y, observando que [Juan y dos discípulos] ellos lo siguieron, El les dijo: “Qué estás buscando?”. ellos le respondieron: “rabino—que, traducido, significa maestro — , Donde vives?”. El les dijo: “Ven y mira”».

Nos encontramos pues con una escena muy bella.. Juan, Andrés y otro discípulo cuyo nombre desconocemos siguen a Jesús. Él se da cuenta y les pregunta.. Responden y así lo reconocen como maestro y quieren saber donde vive.. Y ahí es cuando Jesús los invita a venir y ver..

Es un diálogo vivo y fuerte entre los tres y Jesús.. El Señor con su divina mirada humana capta un corazón y una mente dispuestos a buscar la casa de Dios. Listos para buscar ese lugar donde puedan encontrar la verdad que desvele su misterio y el de Dios..

Jesús es verdaderamente un maestro para ellos. porque como hijo de Dios puede guiar a Andrés, Juan y el otro discípulo hacia una maestría, a un conocimiento que se convierte en amor. Un conocimiento de Dios que le permite amarse a sí mismo y a los demás de manera concreta y práctica..

Nosotros también estamos en esta reunión.. Podríamos decir que estamos simbolizados por ese discípulo anónimo.. El sin nombre es el que escucha y pregunta a Jesús cuál es hoy su hogar en 2024.

El Señor nos pide a todos que lo busquemos ante todo en la Iglesia, la su residencia principal, porque en ella se vive y celebra la Eucaristía, es decir, la presencia real de Jesús en el cuerpo, sangre, alma y divinidad. Si seguimos y vemos a Jesús en la Iglesia que celebra la Eucaristía, y por tanto nos hace participar activamente en el encuentro con Él, Todos también podemos crecer en el aprendizaje de la comunión con los demás.. Porqué , efectivamente, el segundo hogar donde podemos encontrarnos con Jesús hoy, el es nuestro vecino. De hecho, todos somos templo del Espíritu Santo y templo de la Eucaristía.. Por eso, aprendamos a mirar a nuestro prójimo sufriente y necesitado., el mismo Jesús que nos pide ayuda.

Por eso primero debemos aprender a escuchar la voz de Jesús. quien hoy pregunta a nuestro corazón “¿Qué buscas?”?". Preguntémonos si nuestros deseos son santos, justo y bueno, y realmente sentiremos al Señor invitándonos a caminar por los caminos de la Eternidad..

Pedimos al Señor el don de la investigación que nos lleva a la vida auténtica, vida en Él y en su Iglesia, para convertirnos en buscadores de la Luz Eterna.

 

Santa María Novella en Florencia, 14 Enero 2024

.

.

Suscríbase a nuestro canal Jordán del Club teológica dirigido por el padre Gabriele haciendo clic en la imagen

 

LOS ÚLTIMOS EPISODIOS ESTÁN DISPONIBLES EN EL ARCHIVO: AQUI

.

Visita la página de nuestra librería AQUI y sostened nuestras ediciones comprando y distribuyendo nuestros libros.

.

.

.

______________________

Estimados lectores:,
Esta revista requiere costes de gestión que siempre hemos abordado solo con vuestras ofertas gratuitas. Quienes deseen apoyar nuestra labor apostólica pueden enviarnos su aporte por la vía cómoda y segura Paypal haciendo clic a continuación:

O si lo prefieren, pueden utilizar nuestra
cuenta bancaria a nombre de:
Ediciones La isla de Patmos

N. de Agencia. 59 de Roma
Código IBAN:
IT74R0503403259000000301118
Para las transferencias bancarias internacionales:
Codice SWIFT:
BAPPIT21D21

Si realizáis una transferencia bancaria, enviad un mensaje de aviso por correo electrónico a la redacción, el banco no nos proporciona vuestro correo electrónico y por ello nosotros no podemos enviar un mensaje de agradecimiento:
isoladipatmos@gmail.com

Os damos las gracias por el apoyo que ofréis a nuestro servicio apostólico..

Los Padres de la Isla de Patmos

.

.

.

El divino provocador Jesús a los Apóstoles: "¿Qué estás buscando??»

Homilética de los Padres de la Isla de Patmos

EL DIVINO JESUS ​​PROVOADOR A LOS APÓSTOLES: "QUÉ ESTÁS BUSCANDO?»

Este primer encuentro de Jesús con sus primeros discípulos es una mezcla de miradas y testimonios que convergen hacia el Señor. El profundo misterio de su persona comienza a revelarse, así como los nombres de los primeros seguidores. Este momento debió ser tan significativo que incluso mantuvieron el horario.: cuatro de la tarde, la décima hora.

.

 

 

 

 

 

 

 

.

PDF artículo para imprimir

.https://youtu.be/4fP7neCJapw.

 

En el Evangelio de este Segundo Domingo del Tiempo Ordinario leamos: «En aquel tiempo estaba Juan con dos de sus discípulos y, fijando su mirada en Jesús al pasar, dijo: «He aquí el cordero de Dios!». Y sus dos discípulos, oirlo hablar asi, ellos siguieron a jesus. Entonces Jesús se volvió y, observando que lo seguían, El les dijo: "¿Qué estás buscando??». ellos le respondieron: «Rabino – ¿qué?, traducido, significa maestro –, Donde vives?». El les dijo: «Ven y mira». Entonces fueron y vieron dónde se alojaba, y se quedaron con él aquel día.; eran alrededor de las cuatro de la tarde. Uno de los dos que habían oído las palabras de Juan y lo seguían., era andrea, hermano de Simón Pietro. Se encontró primero con su hermano Simón y le dijo: “Hemos encontrado al Mesías” –que se traduce como Cristo– y lo hemos llevado a Jesús. Fijando la vista en él, Jesus dijo: «tú eres simón, el hijo de juan; Te llamarás Cefas" – que significa Pedro». (Juan 1,35-42).

La Iglesia ha comprendido la unidad de los tres misterios que se relacionan con la revelación de Jesús, y ya los enlazó en la antigua antífona de las Segundas Vísperas del día de la Epifanía:

«Tres maravillas que celebramos en este día santo: hoy la estrella guió a los reyes magos hasta el belén, hoy el agua se transformó en vino en la boda, hoy Cristo es bautizado por Juan en el Jordán para nuestra salvación, aleluya".

Este año el tercer misterio relativo a la manifestación de Jesús siempre se anuncia a través del Evangelio según San Juan, pero en lugar del episodio de Caná, la liturgia propone la de la primera manifestación de Jesús a los discípulos, siguiendo la indicación de Juan Bautista que lo define como "Cordero de Dios".

El episodio evangélico tiene lugar el tercer día de la semana inaugural del ministerio de Jesús, semana que culminará con la manifestación de su gloria en Caná ante sus discípulos que "creyeron en él" (Juan 2,11). El texto ofrece la versión joánica del llamado de los primeros discípulos narrada por la tradición sinóptica, pero con diferencias notables. Juan presenta un esquema en el que es fundamental la mediación de un testigo que confiesa la fe en Jesús y lleva a otros a su encuentro.: Así le pasa a Juan Bautista con dos de sus discípulos (1,35-39), por Andrea hacia Simon Pietro (1,40-41), por Felipe que recurre a Natanael. En particular Juan el Bautista quien, después de un testimonio negativo sobre sí mismo («Yo no soy el Cristo») y uno positivo sobre Jesús («He aquí el Cordero de Dios»), revela delante de dos de sus discípulos la identidad de aquel de quien fue precursor y los lleva a ser discípulos de Jesús. El que fue enviado por Dios como testigo de la Palabra "para que todos creyeran por él" (1,7) Cumple así su mandato dejando que sus discípulos se conviertan en los hijos de Jesús., pidiéndoles que se unan a él.

Que estamos ante la manifestación de un misterio. también está señalado por el “esquema de revelación”, frecuentemente utilizado por el evangelista en su obra y que se puede resumir en las tres fases de ver, decir y pronunciar el adverbio: «Eco». Se abre el pasaje evangélico, Así, con Juan que "fija la mirada" (1,36) sobre Jesús y dice: «He aquí el Cordero de Dios» y termina con Jesús que «mira su mirada» (1,42) sobre Simón Pedro le dice: «tú eres simón, el hijo de juan, Te llamarás Cefas, que significa Pedro.. Se trata de, en ambos casos, de una mirada intensa, una visión en profundidad, un discernimiento de la identidad de una persona. La vocación no es sólo una vocación como en los sinópticos, pero también una mirada como aquí en Giovanni. La mirada, gusta y quizás más que la voz es comunicación y revelación. En Juan el verbo más neutro es percibir., ellos ven (blepein). Lo encontramos para la escena inicial del bautismo en el Jordán.. Juan el Bautista ve a Jesús venir hacia él y le dice: «He aquí el cordero de Dios». Pero ya podemos ver en este episodio una transición del ver a la contemplación. (Juan 1,32) y luego al "vi" de Juan 1,34, Adelante Juan 14,9.

A la forma verbal más completa. llegamos a Juan 14,9, donde el verbo «ver» se utilizará en tiempo perfecto: Lo lamento (Euraka). Aplicado a Jesús, describe lo que la mirada atenta y asombrada ha descubierto en él y cuyo descubrimiento se conserva en la memoria. Podemos observar que cada vez que Juan usa este verbo "vi" (y aprecio el recuerdo de ello) Jesús es reconocido como el lugar santo donde Dios se manifiesta, el templo de la presencia divina, la casa, es decir, la morada en la que vive Dios mismo. En tal contexto, el significado del versículo queda claro. Gv14,9: «Quien me ha visto ha visto al padre». Haber visto a Jesús y conservar en la memoria su visión interior significa reconocer a Jesús como morada del Padre, presente en su Hijo como en una morada. Por esto, Volviendo al pasaje del Evangelio de este domingo., hay que decir que la versión renovada de la Biblia CEI de manera adecuada 2008 tradujo el v.38 como: «Rabino ¿dónde vives??» y no «dónde vives?» como estaba en la versión anterior, dada la presencia del verbo permanecer (Yo no) que tiene particular importancia en el cuarto evangelio. El tema de los jonrones, de hecho, como un hilo rojo a lo largo de todo el cuarto evangelio, enriqueciéndose progresivamente. Ampliando nuestra mirada a la totalidad del Evangelio y tratando de trazar los hilos de nuestra discusión podemos afirmar que el mismo evangelista en 1,14 nos invita a comprender que en el hombre Jesús -el Verbo hecho carne "lleno de la gracia de la verdad" en el que los testigos "contemplaban la gloria del unigénito"- había un misterio, "insondablemente oculta" pero que se nos revela "simbólicamente" (San Máximo el Confesor). Es el misterio del "unigénito del Padre", quien "vino a plantar su tienda entre nosotros". Así se convierte en la morada del Padre. (Juan 14,10), el nuevo templo de la presencia de Dios (Juan 2,21; cf.. Juan 4,20-24). Un hermoso pasaje de San Máximo el Confesor, seppur difficile, dice lo esencial:

"El señor […] se ha convertido en su propio precursor; se ha convertido en un tipo y símbolo de sí mismo. Simbólicamente se da a conocer a través de sí mismo.. Es decir, dirige toda la creación., a partir de sí mismo tal como se manifiesta, sino para llevarlo a sí mismo como está insondable oculto ".

Quizás más inteligible y a la vez admirable es esta frase de Guillermo de Saint-Thierry, el amigo de san bernardo, que interpretó la pregunta de los primeros discípulos en un sentido espiritual y trinitario:

"Maestro, Donde vives? Ven y mira, Él dijo. No creéis que estoy en el Padre, y que el Padre está en mí? Gracias, Señor! […] Hemos encontrado tu lugar. Tu lugar es el Padre; todavía, el lugar del padre eres tú. Por lo tanto estás ubicado desde este lugar.. Pero esta localización, Cual es tuyo, […] es la unidad del Padre y del Hijo"[1].

Este primer encuentro de Jesús con sus primeros discípulos es una maraña de miradas y testimonios que convergen hacia el Señor. El profundo misterio de su persona comienza a revelarse, así como los nombres de los primeros seguidores. Este momento debió ser tan significativo que incluso mantuvieron el horario.: cuatro de la tarde, la décima hora. Así empezamos a conocer a Andrea, el hermano de Simon Pietro, (1,42) quien de Jesús recibe la vocación de ser "roca" (esto significa «Cefas»), entre sus hermanos. ¿Quién es el otro discípulo que estaba con Andrés?? Podemos suponer que él es "el discípulo amado".. Él es quien, presente en la cruz de jesus, Ver a Jesús morir como un Cordero cuyos huesos no son quebrantados. (Juan 19,33.36) "Él testifica para que creáis" (Juan 19,35), así como Juan el Bautista testifica de Jesús, después de haberlo visto y haberlo señalado como Cordero de Dios para que todos crean (Juan 1,34.36.37). El paralelismo entre Juan 1,38 («Jesús se volvió y vio que lo seguían y les dijo») y Juan 21,20-21 ("Giro de vuelta, Pedro ve seguir al discípulo a quien Jesús amaba... y le dice a Jesús: ") muestra que al lado de Peter, al comienzo de la secuela y después de Pascua, hay, con toda probabilidad, el discípulo amado que siguió fielmente al Cordero desde el principio. y pedro, mientras él es hecho pastor de las ovejas del Señor y nuevamente invitado a seguir a Jesús como oveja misma (cf.. Juan 10,4), recibe la revelación de que seguir al Cordero y el ministerio pastoral encuentran su resultado en dar la vida por las ovejas, en glorificar a Dios con el martirio. Este será el testimonio de Pedro.: en la muerte en la cruz el apóstol se encontrará donde estaba su Señor: «Si alguien quiere servirme que me siga y donde estoy, Mi siervo también estará allí". (Juan 12,26).

Desde la ermita, 13 Enero 2024

 

NOTAS

[1] GULLIEM DE SAINT-THIERRY, Contemplación de Dios. La oración de Dom Guillaume, París, Ed. Ciervo, 1959 (Col. Fuentes cristianas, n.61), 124-125.

.

.

Cueva de Sant'Angelo en Maduro (Civitella del Tronto)

 

.

Visita la página de nuestra librería AQUI y sostened nuestras ediciones comprando y distribuyendo nuestros libros.

.

______________________

Estimados lectores:,
Esta revista requiere costes de gestión que siempre hemos abordado solo con vuestras ofertas gratuitas. Quienes deseen apoyar nuestra labor apostólica pueden enviarnos su aporte por la vía cómoda y segura Paypal haciendo clic a continuación:

O si lo prefieren, pueden utilizar nuestra
cuenta bancaria a nombre de:
Ediciones La isla de Patmos

N. de Agencia. 59 de Roma
Código IBAN:
IT74R0503403259000000301118
Para las transferencias bancarias internacionales:
Codice SWIFT:
BAPPIT21D21

Si realizáis una transferencia bancaria, enviad un mensaje de aviso por correo electrónico a la redacción, el banco no nos proporciona vuestro correo electrónico y por ello nosotros no podemos enviar un mensaje de agradecimiento:
isoladipatmos@gmail.com

Os damos las gracias por el apoyo que ofréis a nuestro servicio apostólico..

Los Padres de la Isla de Patmos

.

.

.

.

.