Die letzte Andacht Christi: Das Heilige Herz ist keine Frömmigkeit, sondern ein Tor zu den Geheimnissen Gottes

Die letzte Andacht Christi: IL SACRO CUORE NON È DEVOZIONISMO MA PORTA DI ACCESSO AI MISTERI DI DIO

Per chi sa di cinema è evidente il riferimento al film di Martin Scorsese su Gesù del 1988: „Die letzte Versuchung Christi“. Aber nur um das zu sagen, mentre la finzione cinematografica può anche immaginare che Cristo fu tentato di recedere dal suo cammino, il Vangelo ci ha raccontato che Egli andò fino in fondo, con una devozione verso la sua missione che alla fine ha svelato cosa c’era dentro il suo Cuore colmo di amore.

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Autor
Iwano Liguori, ofm. Kap.

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La devozione che più si è diffusa nel popolo cristiano, almeno negli ultimi secoli, è quella rivolta al Sacro Cuore, das, natürlich, ha attratto a sé anche quella dovuta al Cuore di Sua Madre Maria. Con questo culto la Chiesa Cattolica ha inteso onorare il Cuore di Gesù Cristo, uno degli organi simboleggianti la sua umanità, che per l’intima unione con la Divinità, ha diritto all’adorazione.

Già praticato nell’antichità cristiana e nel Medioevo, il culto si diffuse molto nel secolo XVII° ad opera di San Giovanni Eudes (1601-1680) e soprattutto di Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), mentre la festa del Sacro Cuore fu celebrata per la prima volta in Francia, probabilmente nel 1685. La prima delle celebri visioni di Santa Margherita avvenne il 27 Dezember 1673, festa di San Giovanni Evangelista. Gesù le apparve e Margherita si sentì «tutta investita della divina presenza». Egli la invitò a prendere il posto che San Giovanni aveva occupato durante l’Ultima Cena e le disse:

«Il mio divino Cuore è così appassionato d’amore per gli uomini, che non potendo più racchiudere in sé le fiamme della sua ardente carità, bisogna che le spanda. Io ti ho scelta per adempiere a questo grande disegno, affinché tutto sia fatto da me».

Come per tutte le altre devozioni, affinché non rimanessero semplicemente tali o vuoti contenitori di manifestazioni popolari, la teologia e poi il magistero si sono prodigati di offrire contenuti e motivazioni che potessero non solo mantenere viva la devozione al Cuore di Cristo, ma che fosse anche continuamente alimentata dalle fonti della scrittura e della tradizione ecclesiale. Come spesso accade il devozionismo, che è invece una degenerazione dell’autentico atto di culto, tende a prevalere sui contenuti, così questi faticano a svolgere il loro compito, soprattutto ai nostri giorni, nei quali si fa presto a bollare una devozione come retaggio di un passato pre-moderno e non più attuale, o come si suol dire buona solo per gli anziani o i semplici.

Invece la devozione al Sacro Cuore avrebbe molto da insegnare anche ai moderni, anzi ai post-moderni che siamo noi, perché il simbolo del cuore e i temi a esso collegati sono spontaneamente uniti a quelli dell’affettività e dell’amore, ovvero a tutto quel mondo dei sentimenti e delle emozioni che interessano tantissimo il nostro tempo. Quando sempre più spesso, auch vor kurzem, accadono fatti di cronaca nera che interessano le relazioni amorose, subito si contattano gli esperti che avvertono preoccupati di come il nostro tempo, soprattutto le generazioni più giovani, abbia bisogno di una educazione dei sentimenti, di come bisognerebbe essere a contatto con le proprie emozioni per saperle esprimere in modo adeguato e non violento. Si tratta di quel vocabolario che ci riconduce all’interiorità e quindi al cuore umano, al quale il cuore di Cristo ha ancora molto da insegnare.

Per tornare alle fonti di questa speciale devozione cristiana e per far percepire quanto sia teologicamente fondata e collegata al mistero tutto intero della salvezza apportata da Gesù, vorrei prendere in considerazione, WHO, un semplice, sozusagen, versetto del Vangelo che ha perfetta aderenza con questa devozione del Sacro Cuore. Siccome molte immagini rappresentano Gesù nell’atto di offrire il suo cuore palpitante, quindi di aprire il suo mondo interiore e più intimo, vediamo come il Vangelo descrive questo momento. Lo fa l’Evangelista Giovanni nel capitolo ove riporta da par suo la crocifissione di Gesù, il momento in cui morente dice: "Es ist alles erledigt"; e subito dopo un soldato ferisce il suo costato per verificarne la morte. Vediamo come San Giovanni descrive la scena, che dovette essere davvero significativa. Notiamo quante volte ritorna il termine testimonianza, indirizzata alla fede e collegata a due importanti citazioni scritturistiche. A noi interessa la seconda, il versetto che vorremmo prendere in esame – «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» – appunto perché la devozione ci invita a guardare il Cuore di Gesù, ma non possiamo non prendere in considerazione l’immediato contesto nel quale la scena si svolge ed i suoi importanti significati teologici.

«Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”» (GV 19,33-37).

Il passo citato da Giovanni appartiene a un oracolo profetico che annunciava la salvezza e la restaurazione escatologica di Gerusalemme (Zac 12-14). Nella pericope, 12,1013,1 – si racconta della misteriosa morte di un re pastore che rappresenta il futuro Messia, Dio stesso si percepisce ferito da questa morte, perciò prende l’iniziativa promettendo uno spirito buono e una fontana zampillante per il loro peccato:

«Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito».(Zac 12,10).

Più avanti in 13, 1:

«In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità».

A questo versetto si può aggiungere il testo sull’acqua viva del capitolo successivo: «In quel giorno acque vive sgorgheranno da Gerusalemme e scenderanno parte verso il mare orientale, parte verso il mare occidentale: ve ne saranno sempre, estate e inverno. Il Signore sarà re di tutta la terra. In quel giorno il Signore sarà unico e unico il suo nome» (14, 8-9).

L’applicazione di questi testi a Gesù in croce è chiara. Gesù aveva annunciato che fiumi di acqua viva sarebbero usciti dal suo intimo, in GV 7,38, e l’Evangelista spiegava che diceva questo dello Spirito (7,39)[1].

Sintetizzando, la sorgente aperta per gli abitanti di Gerusalemme è il costato aperto di Gesù; le acque vive che escono da Gerusalemme (Zaccaria) sono per Giovanni le acque vive che sgorgano dal suo intimo, che è il nuovo tempio; queste acque portano a oriente e occidente purificazione e vita. Abbiamo qui il tema dell’universalità della salvezza, segnalato, nel racconto della Passione, anche dal titolo della croce che diceva: «Re dei giudei». Eppure la scritta era in ebraico, greco e latino: quindi una regalità proclamata al mondo intero. Si verificava in questo modo anche l’ultima profezia di Zaccaria dove non si parla più di un pastore trafitto, ma del Signore e della sua regalità universale al tempo escatologico: «Sarà Re di tutta la terra» (Zac 14,9). Giovanni dà quindi alla scena della croce un significato storico salvifico molto ampio, in pieno accordo con gli altri grandi tempi teologici che si allacciano a questo Vers 37 preso in esame.

Potremmo anche citare altri due passi della Scrittura dove si parla della Nuova Alleanza. Im ersten, (Bietet 31,33-34), questa non sarà più riportata su tavole esteriori di pietra, bensì inscritta nel cuore:

«Questa sarà l’alleanza che concluderò con la casa d’Israele dopo quei giorni ― oracolo del Signore ― porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, Sprichwort: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande ― oracolo del Signore ― poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato».

In der zweiten, (Dies 36,25-27), si fa riferimento sempre all’alleanza, ma sancita dal dono di uno spirito, simile ad acqua che purifica, da cui anche il dono di un cuore nuovo:

«Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme».

Tutto questo sfondo scritturale ci fa capire cosa intendesse Giovanni quando riportò la frase profetica: „Sie werden auf den schauen, den sie durchbohrt haben“; che si trova solo nel suo Vangelo, alla fine di un testo che, come abbiamo già sottolineato, è il riferimento preferito quando parliamo di devozione al Sacro Cuore di Gesù. Queste parole sintetizzano il riconoscimento e la comprensione[2] per mezzo della fede di quello che abitava nell’intimo del cuore di Cristo morente che «Avendo amato i suoi… fino alla fine» e avendo ora tutto compiuto, esprime il desiderio interiore di donare lo Spirito. Coloro che indirizzeranno verso Gesù il proprio sguardo non potranno essere più gli astanti o i soldati che hanno assistito alla crocifissione, ma sono ormai le anime credenti che penetrano e conservano con fede il mistero dell’amore di Gesù, in una parola il suo Cuore.

Cerchiamo di comprendere meglio tutto questo, lasciandoci guidare dalla struttura letteraria del brano giovanneo che descrive gli attimi precedenti e seguenti la morte di Gesù in croce. Naturalmente possiamo solo sintetizzare molto. Essa ci permette di evidenziare la presenza di tre binomi: «tutto è compiuto» e «ho sete» al v. 28; «è compiuto» e «rese lo Spirito» del v. 30; infine «sangue e acqua» del v. 34. Da questi tre si dipartono due linee tematiche, verso cui occorre dirigere lo sguardo di fede.

La prima linea che chiameremo cristologica è disegnata dalle espressioni: «tutto è compiuto», «è compiuto» e «sangue». Rappresentano il compendio dell’opera salvifica di Gesù. In questo caso lo sguardo si volge indietro, a ciò che è passato, per cogliere in queste parole la totale obbedienza di Gesù al Padre: ha portato a compimento la sua opera, fino all’effusione del sangue. Ma è anche visione del compimento di quell’amore salvifico per noi, quel «fino alla fine» di GV 13,1. Quindi vediamo qui, nel costato aperto del Cristo, sia la sua perfetta oblatività, che l’amore all’eccesso per noi.

La seconda linea tematica è rivolta invece al futuro, alla vita della Chiesa che come abbiamo provato a descrivere in un Vorheriger Artikel, è lì presente nella persona del discepolo amato e della Donna, die Mutter Jesu, chiamata ad una nuova maternità spirituale verso i discepoli credenti. Questa linea, pneumatologia, è delineata dalle parole: «Ho sete», «rese lo Spirito» ed «acqua».

L’acqua che defluisce dal costato di Cristo è simbolo del dono dello Spirito e proviene dal Cristo stesso: è lui che «diede lo Spirito»; è da lui che parte questo desiderio: «Ho sete». Notiamo infatti una significativa differenza fra la citazione di Zaccaria e il modo come la riporta Giovanni nel Vangelo. Per Giovanni non si tratta più di volgere lo sguardo verso Dio, ma verso «colui», Christus, che è stato trafitto. Tutta l’attenzione, ovvero lo sguardo credente, è concentrata su di lui e sul momento della uscita dal suo intimo del sangue e dell’acqua. Inoltre l’antica profezia parlava di pentimento, la qual cosa vien sottaciuta da Giovanni che preferisce concentrarsi sul vedere.

Esistono molti studi che confermano i diversi modi di vedere nel quarto Vangelo e come, per Giovanni, quello più perfetto è il vedere che comprende con fede il mistero rivelato e lo conserva nella memoria. Aggiungiamo che questo vedere è finalizzato alla partecipazione dei lettori del Vangelo alla medesima esperienza, come Giovanni stesso confessa nella prima finale della sua opera: «Questi (i segni) sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, der Sohn Gottes, und warum, glauben, habe das Leben in seinem Namen“ (GV 20, 31)[3].

Damit, erneut, l’Evangelista scrive per indirizzare il lettore dalla storia al mistero. Si vede un costato trafitto, del sangue e dell’acqua che escono e vi si contempla tutto il mondo interiore del Cristo e temi di grande, grandissimo spessore teologico, ecclesiale e spirituale, altro che devozionismo magico-esoterico. L’acqua del costato di Gesù è simbolo dello Spirito che sgorga dal suo fianco, Egli diventa il nuovo tempio escatologico (vgl.. Dies 47). Nello stesso tempo il sangue rimanda al suo dono oblativo al Padre, alla sua opera compiuta e al suo amore per noi. Lo sguardo di fede che contempla è desiderio di partecipare a tutto questo mondo interiore del Cristo che viene manifestato.

In questo passo giovanneo non si parla esplicitamente del cuore, piuttosto della interiorità di Gesù. Sarà la mistica medievale che identificherà questo mondo interiore come il cuore di Cristo e farà di questo passo del costato trafitto il testo biblico per eccellenza della teologia e della spiritualità del Cuore Divino di Gesù. Sant’Ambrogio diceva:

«La Chiesa sia introdotta nella stanza segreta di Cristo…; la stanza segreta della Chiesa è il Corpo di Cristo; il Re l’ha introdotta all’interno di tutti i (seine) misteri» (Sant’Ambrogio, In Ps. 218, 1,16 KÄSE 62,16).

E Guglielmo di Saint-Thierry:

«Che per la porta aperta noi entriamo tutti interi fino al tuo cuore, o Gesù… fino alla tua anima santa»; domandando al Salvatore: «Di aprire il fianco del suo corpo perché vi entrino coloro che desiderano vedere i segreti del Figlio» (Guglielmo di Saint-Thierry, Meditativae orationes, 6; PL 180, 226An).

Heute, grazie alla moderna esegesi accurata, diamo a queste bellissime affermazioni una solida base evangelica e le apprezziamo meglio.

Avendo, erneut, sintetizzato temi che avrebbero necessitato una trattazione più lunga e approfondita, l’intento di questo contributo potrebbe essere quello di suscitare, dopo l’assaggio, un vero gusto ed interesse. L’intelligenza della fede non smette mai di approfondire tematiche che sono care al popolo cristiano, anche una devozione può diventare una porta verso una comprensione sempre più larga e profonda dei misteri di Dio e della fede. Quando si avvicinerà il mese di giugno, tradizionalmente dedicato al Cuore di Cristo, diamo un senso nuovo a questa devozione, alle preghiere che sceglieremo o alle immagini che condivideremo sui Sozial. Zum Beispiel, la pratica dei «primi nove Venerdì», dopo quello che si è detto qui, non sia più semplicemente la preghiera e la devozione del singolo, ma sia pensata nel contesto più ampio della comunione ecclesiale e del mistero cristiano, come abbiamo scoperto riflettendo sul Vangelo, ripensando al dono di Gesù della sua vita e del suo Spirito per tutti, non solo per la singola anima.

Questi aspetti furono colti da Papa Giovanni Paolo II che li espresse in una udienza pubblica. Sono passati venticinque anni da quelle parole che riporto adesso di seguito:

«L’Evangelista parla soltanto del colpo di lancia al costato, da cui usci sangue e acqua. Il linguaggio della descrizione è quasi medico, anatomico. La lancia del soldato ha colpito certamente il cuore, per verificare se il Condannato era già morto. Questo cuore – questo cuore umano – ha smesso di lavorare. Gesù ha cessato di vivere. Contemporaneamente, Aber, questa anatomica apertura del cuore di Cristo dopo la morte – nonostante tutta l’«asprezza» storica del testo – ci spinge a pensare anche a livello di metafora. Il cuore non è soltanto un organo che condiziona la vitalità biologica dell’uomo. Il cuore è un simbolo. Parla di tutto l’uomo interiore. Parla dell’interno spirituale dell’uomo. E la tradizione subito ha riletto questo senso della descrizione giovannea. Der Rest, in einem Sinn, l’Evangelista stesso ha dato a ciò la spinta, Wann, riferendosi all’attestazione del testimone oculare che era lui stesso, si è riferito, nel medesimo tempo, a questa frase della Sacra Scrittura: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (GV 19,37; zc 12,10). So was, in Wirklichkeit, guarda la Chiesa; così guarda l’umanità. Und hier, nel Trafitto dalla lancia del soldato tutte le generazioni dei cristiani hanno imparato e imparano a leggere il mistero del Cuore dell’Uomo Crocifisso che era ed è il Figlio di Dio». (Der heilige Johannes Paul II, Udienza generale del 20 Juni 1979).

Ho intitolato questo contributo: Die letzte Andacht Christi. Per chi sa di cinema è evidente il riferimento al film di Martin Scorsese su Gesù del 1988: L’ultima tentazione di Cristo. Aber nur um das zu sagen, mentre la finzione cinematografica può anche immaginare che Cristo fu tentato di recedere dal suo cammino, il Vangelo ci ha raccontato che Egli andò fino in fondo, con una devozione verso la sua missione che alla fine ha svelato cosa c’era dentro il suo Cuore colmo di amore.

Sanluri 27 Februar 2024

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Die Väter der Insel Patmos

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Auf dem Berg Tabor empfangen die Jünger die Offenbarung des Menschensohnes in einer durch göttliches Licht verklärten Form

Homiletik der Väter der Insel Patmos

SUL MONTE TABOR I DISCEPOLI RICEVONO LA RIVELAZIONE DEL FIGLIO DELL’UOMO IN UNA FORMA TRASFIGURATA DALLA LUCE DIVINA

Nella narrazione evangelica e nel cammino quaresimale viene così aggiunto un altro quadro che aiuta a rispondere alla domanda che ponevamo all’inizio: Wer ist er? Ora è il Padre stesso che rivela l’identità profonda di Gesù non solo a chi assiste sul monte della Trasfigurazione, ma anche ai lettori e ai credenti in Cristo: Egli è il Figlio. Una teologia molto presente nei Vangeli che ci fa tornare alla mente quanto è scritto nel Primo Vangelo, quando Gesù dice: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre»

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.HTTPS://youtu.be/4fP7neCJapw.

 

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Intraprendere il percorso quaresimale significa porsi di nuovo la domanda fondamentale su Gesù: Wer ist er? Allo stesso modo dei discepoli seduti sulla barca sballottata dalle onde, figura della Chiesa nel periodo post pasquale, che svegliato il Signore dormiente a poppa e a tempesta sedata si chiedevano: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (MC 4, 41). Il racconto marciano della Trasfigurazione che si legge in questa seconda Domenica di Quaresima desidera rispondere a questa domanda.

La trasfigurazione di Cristo, opera di Giovanni Bellini, 1478. Musei Capodimonte, Naples.

„Zu dieser Zeit, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, an den Seitenlinien, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Den Boden nehmen, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, Es ist schön für uns, hier zu sein; facciamo tre capanne, eine für dich, una per Mosè e una per Elia”. Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, die Geliebte: Hör ihm zu!”. E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, mit ihnen. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti». (MC 9,2-10)

Tutti e tre i Vangeli sinottici inseriscono la Trasfigurazione nello stesso contesto, ossia dopo l’annuncio di Gesù della sua passione. Per il lettore si crea così un ponte fra il ministero pubblico di Gesù e la morte che avverrà in Gerusalemme. Ma anche un collegamento fra la odierna proclamazione di Gesù «Figlio di Dio», che si ode dalla nube, e altre due analoghe. Quella del Battesimo, Wann: «Si sentì una voce dal cielo» che diceva «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (MC 1,11); und der andere, che si trova solo in Marco, Zu Beginn des Evangeliums, nel primo versetto del primo capitolo: „Der Anfang des Evangeliums von Jesus Christus, Sohn Gottes ".

È molto probabile che l’episodio narrato, in origine, fosse un racconto di apparizione del Risorto, che Marco, il quale ha escluso dalla sua narrazione siffatti racconti, avrebbe inserito al centro del Vangelo, subito dopo la confessione messianica di Pietro, per bilanciare l’annuncio del destino di morte del Figlio dell’uomo (MC 8, 31) con la visione prolettica della sua glorificazione (MC 9, 2-13). Una scelta che ne avrebbe determinato la collocazione anche in Matteo e Luca. A supporto di questa ipotesi sta il fatto che nel prosieguo dei tre racconti l’incomprensione dei discepoli nei riguardi di Gesù resta intatta, malgrado alcuni fossero stati testimoni di un evento tanto eclatante. Während, collocato dopo la sua morte, il racconto assume un significato cruciale. È il punto di svolta. I tre discepoli ricevono la rivelazione del Figlio dell’uomo in una forma trasfigurata dalla luce divina. Dopo la sua morte, hanno la visione di Gesù collocato allo stesso livello di Mosè ed Elia, cioè di due figure bibliche già innalzate alla gloria celeste, e ascoltano la proclamazione della sua elezione divina, la stessa che risuona al momento del battesimo. Finalmente i discepoli «sanno» chi è Gesù, ed è alla luce di tale comprensione che l’episodio storico e iniziale del battesimo assume il suo «vero» significato di investitura divina.

Nel versetto che precede la scena della Trasfigurazione che oggi leggiamo nella Liturgia Gesù dice ai suoi discepoli: "Wahrlich, ich sage: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza» (MC 9,1). Sei giorni dopo questo annuncio Gesù porta Pietro, Giacomo e Giovanni con sé sopra un monte alto, in un luogo appartato, e si trasfigura davanti a loro. L’episodio non solo è descritto da tutti e tre i Vangeli sinottici, ma anche dalla Seconda Lettera di Pietro. Lì l’Apostolo ricorda e scrive di essere stato testimone oculare della grandezza di Gesù:

«Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”. Questa voce noi l’abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte» (2Pkt 1,16-18).

A differenza del Battesimo, dove la voce che proclama Gesù «Figlio» sembra sia stata udita solo da Lui, nella Trasfigurazione le parole sono indirizzate ai discepoli, che non possono ignorarle: «Ascoltatelo». È infatti importante che nel momento in cui Gesù annuncia la sua passione venga ribadita l’idea che Dio non abbandonerà il suo Figlio, anche se verrà consegnato per la crocifissione. Questa non offuscherà la fedeltà del Padre, cosicché anche il duro annuncio della passione e morte sono dentro il Vangelo, sono la buona notizia di cui il lettore deve essere consapevole, allo stesso modo dei discepoli che fecero quella esperienza.

Pietro, insieme ai compagni, è colui che più di tutti ha bisogno di ascoltare Gesù. Dopo la confessione di Cesarea di Filippo, ha preteso di mettersi davanti a lui per evitargli il pellegrinaggio a Gerusalemme. Gesù per questo chiama Pietro «Satana» (MC 8,33), ma poi lo invita a salire sul monte con lui. In altre parole qui siamo di fronte alla reazione von Gott all’incredulità di Pietro. Nicht nur. Se i discepoli devono prepararsi alla passione del loro maestro, anche Gesù ha bisogno di istruzioni per intraprendere il «suo esodo», come specificherà Luca in 9,31: Mosè aveva condotto gli ebrei fuori dall’Egitto, Elia aveva ripercorso i suoi passi, e ora il Messia, aiutato da coloro che hanno vissuto un’esperienza analoga di sofferenza e liberazione, potrà andare deciso verso Gerusalemme.

L’interpretazione tradizionale della presenza di Mosè ed Elia sul monte dice, in der Tat, che essi rappresenterebbero la Torà e i Profeti, ovvero tutta la Scrittura prima di Gesù. Ma oggi si pensa piuttosto che il significato della loro presenza sia importante se riferita a quanto Gesù sta vivendo nel momento in cui sale su quella montagna. Mosè ed Elia hanno vissuto eventi paragonabili alla reazione di Pietro all’annuncio della passione di Gesù di cui sopra. L’analogia tra gli eventi è data dal modo in cui Gesù interpreta il rifiuto di Pietro: come una nuova tentazione, analoga a quelle dell’inizio del suo ministero; così Mosè provò l’esperienza del vitello d’oro ed Elia quella della fuga verso l’Oreb. Questi due fatti ebbero luogo proprio su un monte, dopo un fallimento del popolo di Israele che aveva, im ersten Fall, costruito un idolo e, in der zweiten, sostenuto i sacerdoti di Baal contro cui Elia doveva lottare. A fronte di queste due delusioni, sia Mosè che Elia chiedono a Dio di morire (vgl.. Ist 32,32; 1Betreff 19,4), ma, in risposta, a tutti e due è concessa invece la visione di Dio. Moses, spaventato, Aber, si nasconde nella rupe (Ist 33,21-22), ed Elia si copre il volto (1Betreff 19,13). Mentre allora non videro Dio, ora finalmente stanno davanti a Gesù, nella sua gloria e non si velano più il volto; non hanno più paura di lui, perché «Gesù, il «Figlio amato» del Padre (MC 9,7), «l’eletto» (LC 9,35), è egli stesso la visibilità del Padre: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (GV 14,9). In lui Mosè ed Elia si incontrano, vedono Gesù nella gloria, e gli portano il loro conforto. Am Ende, il Padre conferma ai tre discepoli, Pietro incluso, la strada che Gesù dovrà intraprendere» (m. Gilbert).

Nella narrazione evangelica e nel cammino quaresimale viene così aggiunto un altro quadro che aiuta a rispondere alla domanda che ponevamo all’inizio: Wer ist er? Ora è il Padre stesso che rivela l’identità profonda di Gesù non solo a chi assiste sul monte della Trasfigurazione, ma anche ai lettori e ai credenti in Cristo: Egli è il Figlio. Una teologia molto presente nei Vangeli che ci fa tornare alla mente quanto è scritto nel Primo Vangelo, quando Gesù dice: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre» (MT 11,27).

Aus der Eremitage, 24 Februar 2024

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Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

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Gesten und Worte, über die Liturgie. Lasst uns dafür einen Speer brechen “Küss mich, Tucho”, Auch sie haben die Redemptionis Sacramentum verehrt

GESTEN UND WORTE, ÜBER DIE LITURGIE. LASST UNS EINEN SPEER ZUGUNSTEN BRECHEN“Küss mich, Tucho”, AUCH WENN ER DAS VERGESSEN ZU HABEN SCHEINT Das Sakrament der Erlösung

Viele, um es gelinde auszudrücken, Sie rümpften die Nase, als der Papst den derzeitigen Präfekten wählte. An Kritik mangelte es nicht. Indem wir respektvoll reagierten und die ganze bisherige Diskussion mit einem Witz auflockerten, konnten wir uns an das Sprichwort erinnern: «Auch eine kaputte Uhr zeigt zweimal am Tag die richtige Zeit an»

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Autor
Simone Pizzi

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Durch ein seltsames Gesetz der Vergeltung viele, die sich über die Veröffentlichung von gefreut hatten Ich bitte um Selbstvertrauen, verwirrende und mehrdeutige Stellungnahme des Dikasteriums für die Glaubenslehre, veröffentlicht am 18 Dezember letzten Jahres, vor dem sich ganze Episkopate erhoben, Sie wollten mit der jüngsten Note desselben Dikasteriums über die Gültigkeit der Sakramente von streiten 2 Februar dieses Jahres und berechtigt: Durch Gesten und Worte.

Die Frage stellt sich spontan: In dem 2004 Die Anweisung wurde veröffentlicht Sacramentum Das ist ein Meisterwerk der Sakramententheologie, der Sakramentendisziplin und der liturgischen Seelsorge. Bildung, die, entsprechend dem, was weiterhin in unseren Kirchen geschah, Es wurde von Armeen kreativer Priester und Laienbewegungen wunderbar ignoriert, die unerschrocken weiterhin ihre eigenen personalisierten Liturgien schufen, Neokatechumenalen im Kopf, alles in völliger Nachlässigkeit und mangelnder Wachsamkeit seitens der Bischöfe, obwohl das Dokument in seiner abschließenden Schlussfolgerung sehr deutlich spricht:

«Diese Anweisung, eingezogen, im Auftrag des Papstes Johannes Paul II, von der Kongregation für den Gottesdienst und der Sakramentendisziplin in Übereinstimmung mit der Kongregation für die Glaubenslehre, wurde vom Papst selbst am genehmigt 19 Marsch 2004, über die Feierlichkeit des heiligen Josef, der die Veröffentlichung und sofortige Einhaltung durch alle Verantwortlichen angeordnet hat ".

Fordern Sie doch die Einhaltung dieser Weisung ein, so gut gemacht und detailliert, wenn überhaupt, konkrete Sanktionen für jeden festlegen, der die gegebenen Bestimmungen missachtet? Denn dies ist das zugrunde liegende Problem, das die letzten fünfzig Lebensjahre einer Kirche geprägt hat, die Fragen stellt, ermahnt, belehrt und empfiehlt, aber es sieht immer noch gut aus, in diesen Dokumenten, genaue Sanktionen für Verstöße festzulegen. Nicht nur: in 64 Erinnerungsnotizen von Durch Gesten und Worte der Sacramentum Es wurde nie ein einziges Mal in Erinnerung gerufen und zitiert, etwas objektiv Ernstes.

Wie jetzt sogar die Steine ​​wissen die erstgenannte Erklärung, im breiteren Kontext der Bedeutung, die den Segnungen in der Kirche zukommt, Es eröffnete die Möglichkeit, Paare gleichen Geschlechts in unregelmäßigen Situationen spontan zu segnen. Etwas, das für viele Bischöfe und Priester der verschiedenen Regionen Nordeuropas nicht notwendig war, Sie machen es seit Jahren willkürlich. Diese umstrittene Erklärung sieht vor, dass Segnungen an Orten und auf eine Weise gespendet werden, die in keiner Weise denen ähneln, die gewöhnlichen Paaren gegeben werden, ma: „In anderen Zusammenhängen, wie zum Beispiel ein Besuch in einem Heiligtum, das Treffen mit einem Priester, das Gebet, das in einer Gruppe oder während einer Pilgerreise gesprochen wird. In der Tat, durch diese Segnungen, die nicht durch die rituellen Formen der Liturgie vermittelt werden, sondern vielmehr als Ausdruck des mütterlichen Herzens der Kirche, ähnlich denen, die aus den Tiefen der Volksfrömmigkeit entspringen, Es soll nichts legitimieren, sondern nur dazu dienen, das eigene Leben Gott zu öffnen, Bitten Sie ihn um Hilfe, um besser zu leben, und auch den Heiligen Geist anzurufen, damit die Werte des Evangeliums mit größerer Treue gelebt werden können.“ (Nein 40).

Bisher sind alle zufrieden, zumindest die Befürworter dieser Öffnung, als hätten wir den Einzelnen zuvor den Segen vorenthalten, insbesondere für diejenigen, die in unregelmäßigen Verhältnissen lebten, oder die sich der schwersten Sünden und Verbrechen schuldig gemacht haben.

Ironisch, genau diejenigen, die sich zuvor gefreut hatten Bitte um Vertrauen, Kurz darauf äußerten sie scharfe Kritik an der Note von 2 Februar, Gesten und Worte, weil es eine traditionelle Sprache verwendet, um zu definieren, was für die Gültigkeit eines Sakraments erforderlich ist, sowie rechtmäßig. Die Kritik, bestimmtes, weist auf die beharrliche Verwendung der in der Note verwendeten Begriffe „Form“ und „Materie“ als unersetzliche Bestandteile jeder Feier der Sakramente hin, zusammen mit der Absicht des Zelebranten. Kritik, die sich auf die Trennung dieser drei konstitutiven Elemente von der gesamten Feier des Sakraments bezieht, durch die Subjekte, die daran teilnehmen, und durch die verschiedenen Zeichen, die eingreifen, was sie sein sollten, durch ihre Verfassungsmäßigkeit, bedeutsam e, wie sagt man, Lautsprecher. Die wellenförmigen Noten, damit, beziehen sich auf die Art und Weise, in der die Note nicht die Gesamtheit des gefeierten Sakraments untersucht, als Rückwelle, sie gießen auch auf die Ich bitte um Selbstvertrauen, wie dort: „…Ein Segen ohne Form (ohne Platz, Zeit, Parole, alles) Das ist Unsinn." (vgl.. Sehen WHO).

Es liegt nicht an mir, mich zu verteidigen eines strategischen Dikasteriums wie dem für die Glaubenslehre. Aber, Wenn ich diese Notiz immer wieder lese, kommt mir „Ockhams Rasiermesser“ in den Sinn, das man mehr oder weniger so zusammenfassen könnte: "Alle Dinge sind gleich, die einfachste Erklärung ist diejenige, die man bevorzugen sollte“; oder sogar „Berücksichtigen Sie Pluralität nicht, wenn sie nicht notwendig ist.“.

Dieser Hinweis, und im Begleitschreiben des Präfekten, als in seinem Körper selbst, Denken Sie daran, dass sie von Kardinälen und Bischöfen entdeckt wurden, und bat daher um Klarstellungen, über die gravierenden Änderungen in der Materie und Form der Sakramente, wodurch sie effektiv für nichtig erklärt werden. Es würde ausreichen, die wenigen Hinweise und Beispiele zu lesen, manchmal skurril und neugierig, auf die sich der Präfekt bezieht, um den einfachen Zweck der Note selbst zu verstehen: rufe alle zur richtigen Feier der Sakramente auf, Gläubigen, kirchlich. Das, wenn sie gewährt werden, sofern die Bischofskonferenzen dies zulassen, Räume der Kreativität, diese werden vielmehr nicht zu einer Erfindung, die das gefeierte Sakrament tatsächlich willkürlich manipuliert.

Es hat diesen Hintergrund und das liegt im Anliegen der Hirten der Kirchen, dass die Notiz gelesen werden muss. Das fasst dann zusammen, was erforderlich ist, damit ein Sakrament gültig ist, Erinnerung an die traditionelle Lehre, was wahr ist, In seinen wesentlichen Merkmalen geht es auf das Konzil von Trient zurück, das das Zweite Vatikanische Konzil aufgriff und im Einklang mit allem, was die Kirche inzwischen geschaffen hatte, überarbeitete, in quell’assise, entdeckte wieder über sich selbst und wie sie sich der heutigen Welt präsentieren wollte.

Es ist kein Zufall, dass die Note von der Verfassung inspiriert ist Sacrosanctum Concilium daran zu erinnern, dass der Rat: „Es bezieht sich analog auf den Begriff des Sakraments auf die gesamte Kirche.“. Und von Das Licht was über die Kirche besagt, dass diese letztere ist: „In Christus als Sakrament, das heißt, ein Zeichen und Instrument der innigen Verbundenheit mit Gott und der Einheit der gesamten Menschheit.“. Und dies geschieht vor allem durch die Sakramente, in jedem von ihnen wird der sakramentale Charakter der Kirche auf seine eigene Weise verwirklicht, Leib Christi... Die Kirche ist sich dessen bewusst, seit seinen Ursprüngen, Er achtete besonders auf die Quellen, aus denen er den Lebensnerv seiner Existenz und seines Zeugnisses schöpft: Gottes Wort, bezeugt durch die Heilige Schrift und die Tradition, und die Sakramente, in der Liturgie gefeiert, wodurch es immer wieder auf das Geheimnis des Osterfestes Christi zurückgeführt wird. (vgl.. Nein. 6, 7 e 10).

Für die Größe des Ganzen die Kirche, wenn er sagt, empfängt die Sakramente, wer verwaltete, aber sie ist nicht die Besitzerin davon. Was stattdessen offenbar mit den kreativen Variationen verschiedener Geistlicher und verschiedener Laienbewegungen geschehen ist. Nur an dieser Stelle erinnert die Note kurz daran – es handelt sich nicht um eine Abhandlung über die Liturgie –, was die wesentlichen Elemente sind. Zunächst die „Form“ des Sakraments, die den begleitenden Worten entspricht, geht darüber hinaus, Vermittlung der christlichen Bedeutung, erlösend und kirchlich für das, was in der Feier vollbracht wird. Daher besteht die „Sache“ des Sakraments vielmehr im menschlichen Handeln, durch die Christus handelt. Manchmal steckt darin auch ein materielles Element (Wasser, Scheibe, Wein, Öl), manchmal eine besonders beredte Geste (Zeichen des Kreuzes, Handauflegen, Eintauchen, Infusion, Zustimmung, Salbung). Diese Körperlichkeit erscheint unverzichtbar, weil sie das Sakrament nicht nur in der Menschheitsgeschichte verwurzelt, aber auch, grundsätzlicher, in der symbolischen Ordnung der Schöpfung und führt sie zurück zum Geheimnis der Menschwerdung des Wortes und der von ihm vollzogenen Erlösung (vgl.. Nein 13).

Schließlich die „Intention“ derjenigen, die feiern, Das hat nichts mit seiner Moral und seinem Glauben zu tun, sondern mit der Überzeugung etwas zu erreichen: «Zumindest was die Kirche tut» (Konzil von Trient). Diese Bestimmung entzieht den Zelebranten dem Automatismus und der möglichen Willkür des Einzelnen, denn dieser überaus menschliche Akt ist auch kirchlicher Natur. Interner und subjektiver Akt ja, aber doch, manifestiert sich im Sakrament, es wird zur gesamten kirchlichen Gemeinschaft und: „Denn was die Kirche tut, ist nichts anderes als das, was Christus eingesetzt hat, auch die Absicht, zusammen mit Materie und Form, trägt dazu bei, dass die sakramentale Handlung zur Erweiterung des Heilswerks des Herrn wird.“ (vgl.. Nein 18).

In diesem Zusammenhang die Kirche Er hat die liturgischen Bücher vorbereitet, die nicht verändert oder beliebig verwendet werden dürfen, ziemlich genau in den Worten und sogar in den darin angedeuteten Gesten befolgt. Sie bieten Raum für Kreativität und die Bischofskonferenzen der verschiedenen Länder haben mögliche Anpassungen und Variationen vorbereitet, die der Sensibilität und Situation der Teilnehmer entsprechen. Denken Sie an Feiern mit Kindern, zum Beispiel, zu den verschiedenen Eucharistiekanons, die für sie vorbereitet und vom CEI genehmigt wurden.

Der Hinweis erinnert auch daran, und dies scheint auf die kritischen Anmerkungen zu reagieren, das: "Materie, Form und Absicht werden immer in den Kontext der liturgischen Feier eingefügt, was keine a darstellt dekoriert Zeremonie der Sakramente und nicht einmal eine didaktische Einführung in die Realität, die stattfindet, aber insgesamt ist es das Ereignis, in dem die persönliche und gemeinschaftliche Begegnung zwischen Gott und uns weiterhin stattfindet, in Christus und im Heiligen Geist, Treffen, bei dem, durch die Vermittlung sensibler Zeichen, „Gott wird vollkommene Ehre gegeben und die Menschen werden geheiligt“. Die notwendige Sorge um die wesentlichen Elemente der Sakramente, von denen ihre Gültigkeit abhängt, es muss daher der Sorgfalt und dem Respekt der gesamten Feier entsprechen, in dem die Bedeutung und Wirkung der Sakramente durch eine Vielzahl von Gesten und Worten vollständig verständlich gemacht werden, und begünstigt somit dieAktive Teilnahme der Gläubigen (vgl.. Nein 20).

In diesem Zusammenhang Die ganze Bedeutung des liturgischen Vorsitzes und der Kunst des Feierns ist enthalten. Diese erfordern die Kenntnis der dahinter stehenden theologischen Gründe, wie diejenigen, die handeln, wenn es gefeiert wird, In der Person Christi e Im Namen der Kirche. Sowie Kenntnisse über liturgische Bücher und deren Einführung in die oft übersprungen werden, weil sie langweilig sind. Aber was wäre, wenn wir einen Vergleich anstellen wollten?, was hoffentlich nicht fehl am Platz erscheint, zwischen Feiern und sportlicher Geste, Wir können sehen, wie effektiv Letzteres ist, wenn es durch gute Kenntnisse und die Umsetzung der sogenannten Grundlagen gestützt wird. Ein Champion, insbesondere jene Disziplinen, die wiederholte, identische und präzise Gesten erfordern, es vergeht viel Zeit, sogar Jahre, studieren, zu trainieren und sich dann mit einer Leichtigkeit auszudrücken, die verblüfft. Eine sehr schwierige sportliche Geste, die wir sehen, zum Beispiel während einer Olympiade, Es erforderte umfangreiche Vorbereitung, dennoch kommt es uns einfach und natürlich vor.

Schlussfolgern, Ich kenne viele, um es gelinde auszudrücken, Sie rümpften die Nase, als der Papst den derzeitigen Präfekten wählte. An Kritik mangelte es nicht. Indem wir respektvoll reagierten und die ganze bisherige Diskussion mit einem Witz auflockerten, konnten wir uns an das Sprichwort erinnern: «Auch eine kaputte Uhr zeigt zweimal am Tag die richtige Zeit an». Aber, ehrlich, Diese Note klingt dieses Mal gut. Daran ist nichts zu beanstanden, wenn die Absicht gerade darin besteht, uns einzuladen, ein solch kostbares Gut auf würdige und kirchliche Weise zu bewahren und zu präsentieren. Tatsächlich endet es so:

"Wir [...] wir haben diesen Schatz in irdenen Gefäßen, so dass es den Anschein hat, dass diese außergewöhnliche Macht Gott gehört, und es kommt nicht von uns“ (2Kor 4, 7). Die Antithese, die der Apostel verwendet, um zu unterstreichen, wie die Erhabenheit der Macht Gottes durch die Schwäche seines Amtes als Verkünder offenbar wird, beschreibt auch gut, was in den Sakramenten geschieht. Die ganze Kirche ist aufgerufen, den darin enthaltenen Reichtum zu bewahren, damit der Vorrang des Heilshandelns Gottes in der Geschichte niemals verdunkelt wird, trotz der fragilen Vermittlung menschlicher Zeichen und Gesten“ (Nein 28).

Florenz, 21 Februar 2024

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Die Väter der Insel Patmos

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Die Fans von Maria Miterlöserin, ein grober Widerspruch in theologischer Hinsicht

DIE FANS VON MARIA CO-REDEMPTOR, Ein grober Widerspruch in theologischer Hinsicht

Ist jemand wirklich bereit zu glauben, dass die Heilige Jungfrau?, diejenige, die sich selbst als „demütige Dienerin“ definierte, die Frau der begabten Liebe, Schweigen und Vertraulichkeit, derjenige, der das Ziel hat, zu Christus zu führen, Manch ein Visionär oder Seher kann es wirklich verlangen, dass er zum Miterlöser erklärt und fast auf eine Stufe mit dem Göttlichen Erlöser gestellt wird? Man könnte berechtigterweise fragen: wann, der „demütige Diener“ von Magnificat, Sie würde so anmaßend und eitel werden, dass sie den Titel einer Miterlöserin verlangt und beansprucht?

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Artikel zum Gedenken an den Jesuiten Peter Gumpel (Hannover 1923 – Roma 2023) der mein Trainer und wertvoller Lehrer in der Geschichte des Dogmas war

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Durch häufiges Besuchen i soziale Medien, Lesen und Zuhören von Priestern und Laien, zu biblischen und theologischen Themen, Manchmal hat man den Eindruck, dass es in bestimmten Fragen keine Fortschritte gibt. Es kommt vor, dass in Glaubensfragen viele Ungenauigkeiten in Umlauf gebracht werden, oder wir machen mit alten Registern weiter, hingebungsvoll und emotional.

Salvador Dalí, Die Madonna von Port Lligat, 1949, Haggerty Museum of Art, Milwaukee, WI, Vereinigte Staaten von Amerika. Detail.

Das Verlangen, vielleicht ein wenig utopisch, Es wäre Sache der Leser, es zu erkennen, mit minimalem Aufwand, die von seriösen und präzisen Erkenntnissen profitieren könnten. Zumindest ist es meine Hoffnung und die unserer Väter Insel Patmos, Seien Sie eine Hilfe für diejenigen, die es schaffen, über die vier oder fünf Zeilen hinauszugehen, die Sie weiterlesen soziale Medien, wo heute ungewöhnliche Theologen und Mariologen ihr Pontifikat halten, mit den Konsequenzen, die wir oft gut kennen: Abweichung vom wahren Glauben. Und das ist sehr traurig, weil ich Sozialen Medien Sie könnten für uns ein außergewöhnliches Werkzeug zur Verbreitung gesunder und solider katholischer Lehre sein.

In den Jahren nach dem Zweiten Vatikanischen Konzil Die Bibelwissenschaft hat wichtige Fortschritte gemacht, Bereitstellung von Beiträgen, die heute für die Theologie in ihren verschiedenen Zweigen und für das christliche Leben von wesentlicher Bedeutung sind. Das seit wann, seit der Zeit des ehrwürdigen Papstes Pius XII, In der katholischen Kirche wurde das Studium der Bibel gefördert, indem die Möglichkeit geschaffen wurde, alle Methoden anzuwenden, die normalerweise auf einen geschriebenen Text angewendet werden. Um nur einige Beispiele zu nennen: rhetorische Analyse, die strukturelle, Literatur und Semantik haben zu Ergebnissen geführt, die vielleicht manchmal unbefriedigend erschienen, Sie ermöglichten uns aber auch, den Text der Heiligen Schrift auf eine neue Art und Weise zu erforschen, was zu einer ganzen Reihe von Studien führte, die uns das Wort Gottes besser und tiefer kennenlernen ließen. Oder alte Erwerbungen noch einmal zu überdenken, der Tradition, der Heiligen Kirchenväter, obwohl es wahr und tiefgründig ist, sowie Werke der Hochtheologie, Allerdings verfügten sie nicht über die Unterstützung eines modernen Studiums heiliger Texte, gerade weil immer noch, bestimmte Werkzeuge, Zum Zeitpunkt ihrer Spekulationen waren sie verschwunden.

Bevor Sie fortfahren, ist eine Randbemerkung erforderlich: ich "teologi" da soziale Medien Sie brauchen den Kampf, Um das zu entfesseln, muss man sich einen Feind aussuchen und erschaffen. Für bestimmte Gruppen ist der Modernismus der beliebteste Feind, vom Heiligen Papst Pius richtig definiert (vgl.. Pascendi). Das heißt nicht, dass das so ist, Aber, als die Taten dieses Heiligen Papstes, davor und seines obersten Vorgängers Leo XIII, hat in den folgenden Jahrzehnten stets wohltuende Wirkungen hervorgerufen. Offensichtlich, eine objektive kritische Analyse durchzuführen, Es ist unbedingt erforderlich, die Verurteilung des Modernismus und die strengen kanonischen Maßnahmen, die genau in diesem historischen Moment folgten, in einen Kontext zu setzen, schon gar nicht, Urteile anhand von Kriterien zu äußern, die mit unserer Gegenwart in Zusammenhang stehen, denn es würden nur irreführende und verfälschende Sätze entstehen. Um dieses komplexe Problem, dem ich mein nächstes Buch widmen möchte, kurz zusammenzufassen, Es genügt zu sagen, dass die Kirche jener Jahre, nach dem Fall des Kirchenstaates, der am stattfand 20 September 1870, es war heftigen politischen und sozialen Angriffen ausgesetzt. Der römische Pontifex zog sich als „freiwilliger Gefangener“ innerhalb der Mauern des Vatikans zurück, aus denen er nur sechs Jahrzehnte später wieder hervorkam. Der Antiklerikalismus freimaurerischen Ursprungs wurde auf die höchste Stufe gehoben und die Kirche musste sich ernsthaft mit ihrem eigenen Überleben und dem der Institution des Papsttums auseinandersetzen. Sie konnte es sich sicherlich nicht leisten, Gedankenströmungen zu entwickeln, die sie direkt von innen heraus angegriffen und zersetzt hätten. In diesem heiklen Kontext findet der Kampf des Heiligen Papstes Pius statt. Mit allen, auch negativen, Konsequenzen des Falles: Die theologischen Spekulationen wurden inmitten tausender Ängste praktisch eingefroren und die Priesterausbildung auf vier Formeln der dekadenten Neuscholastik reduziert, die nicht einmal ein entfernter Verwandter der klassischen Scholastik des Heiligen Anselm von Aosta und des Heiligen Thomas von Aquin war. Dies führte zu einer solchen Unvorbereitetheit und Unwissenheit im katholischen Klerus, dass es für einen klaren Beweis ausreichen würde, die Enzyklika zu lesen Zurück zum katholischen Priestertum geschrieben in 1935 des Papstes Pius XI.

Die Folgen des Kampfes gegen die Moderne Sie waren in gewisser Weise katastrophal, Es genügt zu sagen, dass wir uns an der Schwelle der 1940er Jahre befinden, zu Beginn des Pontifikats von Pius XII, Katholische Theologen und Bibelforscher begannen, sich bestimmte Materialien anzueignen und Exegese im Kontext des Alten und Neuen Testaments durchzuführen, sie wurden gezwungen, diskret und umsichtig unter dem Tisch arbeiten, sich auf protestantische Autoren beziehen, der seit Jahrzehnten über bestimmte Themen spekuliert und eingehende Studien durchgeführt hat, insbesondere im Bereich der Bibelwissenschaften. Und so auch heute, Wenn wir den Text des Römerbriefs studieren und analysieren wollen, müssen wir unbedingt auf den Kommentar des protestantischen Theologen Carl Barth zurückgreifen, die nach wie vor grundlegend und vor allem unübertroffen ist. Auch dies waren Früchte des Kampfes gegen die Moderne, worüber die „Theologen“ sicherlich nicht reden soziale Medien dass sie, um zu existieren, einen Feind brauchen, den sie bekämpfen können. Aber wie schon gesagt, Dieses Thema wird das Thema meines nächsten Buches sein, aber dieser Rand war notwendig, um unser Thema besser vorzustellen.

Was heute noch fehlt ist, dass diese Ergebnisse, die durch moderne Exegese oder das Studium der Texte des Alten und Neuen Testaments gewonnen werden, zum Vorrecht der Mehrheit der Gläubigen werden. Und hier komme ich zurück, um die außerordentliche Bedeutung zu betonen, die das hat soziale Medien, bestimmte Materialien zu verbreiten und zugänglich zu machen. Zu oft bleiben sie auf Fachtexte beschränkt und werden nicht bestanden, wenn nicht sporadisch, in der Predigt und Katechese, Förderung eines neuen Bewusstseins für die auf dem Spiel stehenden Begriffe und damit eines gefestigteren und motivierteren christlichen Glaubens, nicht nur auf erfassten Daten basieren, die oft fragil und verwirrend sind, auf der Andacht, auf das Sentimentale, oder schlechter: über Offenbarungen, auf reale oder angebliche Erscheinungen, oder über die juckenden, zitternden „Geheimnisse“ der Redseligkeit Madam di Medjugorje (vgl.. meine Videokonferenz, WHO)…und so weiter.

Wenn bestimmte madonnolatrous Fans sie hatten Demut, vielleicht sogar der Anstand, Bücher und Artikel von angesehenen Gelehrten zu lesen, Vielleicht konnten sie das nicht nur verstehen, sie haben es nicht verstanden, aber dass sie überhaupt nichts von der Maria des Heiligen Evangeliums verstanden haben. Es würde genügen, – ich nenne nur einen von vielen – den Artikel von Pater Ignace de la Potterie zu nehmen: „Die Mutter Jesu und das Geheimnis von Kana“ (La Civiltà Cattolica, 1979, IV, PP. 425-440, voller Text WHO), um so zu verstehen, welch abgründiger Unterschied zwischen Mariologie und Mariolatrie bestehen kann.

Auch heute noch sprechen wir von der Jungfrau Maria, Leider erleben wir selbst bei bestimmten Priestern – und noch mehr bei bestimmten gläubigen Gläubigen – die abgedroschene Wiederholung der üblichen Andachts- und Emotionsdiskurse, bis wir mit den Schritten von Elefanten in einem Glaswarengeschäft das sehr heikle und diskutierte Thema der Miterlöserin Maria erreichen, dass, wie allgemein bekannt ist – und wie die letzten Päpste mehrfach betont haben –, Es ist ein Begriff, der an sich enorme theologische Probleme mit der Christologie und dem Geheimnis der Erlösung selbst schafft. Bestätige tatsächlich, dass Maria, vollkommenes Geschöpf, geboren ohne Sünde, aber immer noch eine geschaffene Kreatur, er arbeitete an der Erlösung der Menschheit mit, Es ist nicht genau dasselbe, als würde man sagen, dass er die Menschheit miterlöst hätte. Es war Christus, der die Erlösung herbeiführte, der kein geschaffenes Geschöpf war, sondern das menschgewordene Wort Gottes, gezeugt, nicht aus der gleichen Substanz wie Gott der Vater geschaffen, wie wir in der handeln Symbol des Glaubens, der Ich glaube, wo wir uns bekennen «[...] und durch das Wirken des Heiligen Geistes wurde er im Schoß der Jungfrau Maria Mensch.“. Im Symbol des Glaubens, Die Erlösung konzentriert sich ausschließlich auf Christus. Deshalb sagen wir, dass die Heilige Jungfrau “er hat kooperiert” und sag “ha miterlösen” es hat einen wesentlich und radikal anderen theologischen Wert. Tatsächlich ist nur einer der Erlöser: Jesus Christus, Gott, hat den Menschen „gezeugt, nicht aus derselben Substanz wie der Vater erschaffen“, das als solches kein geschaffenes Geschöpf braucht, das es als Miterlöser oder Miterlöser unterstützt oder erhält, einschließlich der Heiligen Jungfrau Maria“ (vgl.. Ariel S. Levi di Gualdo, in Die Insel Patmos, sehen WHO, WHO, WHO). Anfrage: an die Fans des Miterlösers, Wie kommt es, dass es nicht ausreicht, dass Maria diejenige ist, die tatsächlich mehr als jedes andere Geschöpf dazu beigetragen hat, dass das Geheimnis der Erlösung verwirklicht wurde?? Aus welchem ​​Grund, aber vor allem für welche Hartnäckigkeit, unzufrieden mit ihrer Rolle als Mitarbeiterin, um jeden Preis wollen sie, dass sie mit einer feierlichen dogmatischen Definition zur Miterlösung erklärt wird?

Aus theologischer Sicht und Dogmatik, Das bloße Konzept der Miterlöserin Maria schafft zunächst einmal große Probleme für die Christologie, mit der Gefahr, einer Art „Quatrinität“ Leben einzuhauchen und die Madonna zu erheben, das ist perfekt Kreatur ohne Makel der Erbsünde geboren, auf die Rolle der realen Götter. Christus hat uns mit seinem hypostatischen kostbaren menschlichen und göttlichen Blut erlöst, mit seinem glorreichen auferstandenen Körper, der noch heute die Zeichen der Leidenschaft trägt. Stattdessen Mary, und deckt gleichzeitig eine außergewöhnliche Rolle in der Geschichte der Heilsökonomie ab, Es arbeitete an unserer Erlösung. Miterlösend zu sagen ist gleichbedeutend mit der Aussage, dass wir von Christus und Maria erlöst wurden. Und hier ist es gut zu klären: Christus rettet, Mary interveniert für unser Heil. Es ist kein kleiner Unterschied zwischen „retten“ und „fürbitten“, sofern nicht anders eine andere Religion aus dem über das Geheimnis des Wortes Gottes gegründet erstellen (vgl.. Meinem vorherigen Artikel WHO).

Mariologie ist kein Selbstzweck, fast so, als würde er ein unabhängiges Leben führen. Die Mariologie ist nichts anderes als ein Anhang der Christologie und fügt sich in eine präzise theologische Dimension des Christozentrismus ein. Wenn sich die Mariologie irgendwie von dieser christozentrischen Zentralität löst, Man kann ernsthaft Gefahr laufen, in den schlimmsten und schädlichsten Mariozentrismus zu verfallen. Ganz zu schweigen von der offensichtlichen Arroganz der Vertreter einer jungen und problematischen Kongregation franziskanisch-marianischen Ursprungs, die sich nicht darauf beschränkten, Hypothesen oder theologische Studien aufzustellen, um die wandernde Idee des sogenannten Miterlösers zu stützen, aber tatsächlich führten sie seinen Kult und seine Verehrung ein.

Der Dogmen verkündet, die es nicht gibt begeht ein größeres Verbrechen als diejenigen, deren Dogmen sie leugnen, weil es funktioniert, indem sich über die Autorität der gleichen heiligen Kirche platzieren Mater et Magistra, Inhaber einer Autorität, die von Christus selbst stammt. Und letzteres ja, Das ist ein Dogma des katholischen Glaubens, was durch logische Schlussfolgerung nach Jahrhunderten von Studien und Spekulationen nicht erreicht werden konnte – wie im Fall des Dogmas von der unbefleckten Empfängnis und der Aufnahme Mariens in den Himmel –, sondern auf der Grundlage klarer und präziser Worte des menschgewordenen Wortes Gottes (vgl.. MT 13, 16-20). Und wenn Dogmen verkündet werden, die es nicht gibt, In diesem Fall tritt der Stolz in seiner schlimmsten Form auf den Plan. Ich habe es in mehreren meiner vorherigen Artikel geschrieben und erklärt, aber es verdient, noch einmal wiederholt zu werden: in der sogenannten Todsündenskala weist der Katechismus der Katholischen Kirche den Stolz an erster Stelle aus, mit dem schmerzlichen Frieden derer, die darauf beharren, das gesamte Geheimnis des Bösen in der Lust zu konzentrieren – die, wie wir uns erinnern, überhaupt nicht an erster Stelle steht, aber nicht einmal auf die Sekunde, zum dritten und vierten [Sehen. Katechismus Nr. 1866] ―, unabhängig von der Tatsache, dass die schlimmsten Sünden jeden und Strenge von seinem Gürtel bis hin zu steigen, nicht statt seinem Gürtel zu fallen, wie ich vor Jahren in meinem Buch in ironischem, aber theologisch sehr ernstem Ton geschrieben habe Und Satan kam triune, in einem meiner Bücher erklären 2011 wie oft das sechste Gebot maßlos übertrieben wurde, Dabei vergisst man oft die schlimmsten und schwerwiegendsten Sünden gegen die Nächstenliebe.

Wenn dann ist das alles gefiltert durch fideistische Emotionen – als ob ein solch heikles Thema, das sich auf die komplexesten Bereiche der Dogmatik konzentriert, eine Art gegensätzliche Fangemeinde aus Lazio-Fans und Roma-Fans wäre –, in diesem Fall kann man in einen echten Marien-Götzendienst oder die sogenannte Mariolatrie verfallen, Was ist zu sagen: reines Heidentum. Zu diesem Zeitpunkt konnte Maria problemlos den Namen einer beliebigen Göttin des griechischen Olymps oder des römischen Pantheons annehmen.

Die Fans von soziale Medien der Miterlösung der Heiligen Jungfrau bestätigen als eine Art unwiderlegbaren Beweis, dass es Maria selbst war, die um die Verkündigung dieses fünften marianischen Dogmas gebeten hat (vgl.. unter vielen Artikeln, WHO). Etwas, worüber sie sagen, dass es keine Diskussion gibt, Die Heilige Jungfrau selbst hätte es gefragt, als sie Ida Peerdeman in Amsterdam erschien. Vorausgesetzt, dass es keine Marienerscheinung gibt, einschließlich derjenigen, die von der Kirche als authentisch anerkannt wurden, Fatima inklusive, es kann Gegenstand und verbindlicher Gegenstand des Glaubens sein; wenn man auch bedenkt, dass die Äußerungen bestimmter Seher noch weniger so sind, Wir können über gewisse Höflichkeiten von Laientheologen nur lächeln, die uns Priestern und vor allem uns Theologen die Bewältigung bestimmter Themen erschweren, Gerade weil ihre Arroganz mit ihrer Ignoranz einhergeht, die dazu führt, dass sie ein solches Thema so behandeln, als wäre es wirklich ein hitziger Schlagabtausch zwischen Lazio-Fans und Roma-Fans, die sich aus den gegenüberliegenden Ecken des Stadions gegenseitig anschreien. Auch in diesem Fall ist die Antwort einfach: Ist irgendjemand wirklich bereit, an die Heilige Jungfrau zu glauben?, diejenige, die sich selbst als „demütige Dienerin“ definierte, die Frau der begabten Liebe, Schweigen und Vertraulichkeit, derjenige, der das Ziel hat, zu Christus zu führen, Manch ein Visionär oder Seher kann es wirklich verlangen, dass er zum Miterlöser erklärt und fast auf eine Stufe mit dem Göttlichen Erlöser gestellt wird? Man könnte berechtigterweise fragen: wann, der „demütige Diener“ von Magnificat, Sie würde so anmaßend und eitel werden, dass sie den Titel einer Miterlöserin verlangt und beansprucht?

Endlich ist es hier “Beweis des Beweises”: „Mehrere Hohepriester haben den Begriff Miterlösung verwendet“, Vor diesem Hintergrund folgt die Liste ihrer verschiedenen Reden, obwohl alles das genaue Gegenteil von dem zeigt, was die Miterlösungsfans gerne erleben würden. Es stimmt, dass Papst Johannes Paul II, in einer Rede von ihm am 8. September 1982, angegeben:

«Maria, sogar ohne Makel der Sünde empfangen und geboren, sie nahm in bewundernswerter Weise an den Leiden ihres göttlichen Sohnes teil, Miterlöser der Menschheit sein“.

Dieser Ausdruck zeigt jedoch genau das Gegenteil auf theologischer und mariologischer Ebene. Lassen Sie uns klären, warum: Von da an folgte er Johannes Paul II. – der zweifellos ein Pontifex von tiefer Marienverehrung war –, er hatte andere vor sich 23 Jahre Pontifikat. Kommen Mai, in dieser langen Zeit, sowie die Nichtverkündigung des fünften marianischen Dogmas der Miterlösung Mariens, er lehnte den Antrag rundweg ab, als es ihm zweimal überreicht wurde? Er lehnte sie ab, weil zwischen den 1962 und das 1965, Der damals junge Bischof Karol Woytila ​​war eine aktive und aktive Persönlichkeit des Zweiten Vatikanischen Konzils, der in einer seiner dogmatischen Konstitutionen klarstellte, wie Maria „in einzigartiger Weise am Werk des Erlösers mitgewirkt“ hatte. (Das Licht, 61). Die im vorherigen Artikel eingeführte Erklärung besagt, dass die alleinige Vermittlung des Erlösers „nicht ausschließt“., aber es weckt in den Geschöpfen eine vielfältige Zusammenarbeit, an der eine einzige Quelle beteiligt ist. (Das Licht 60; CCC 970). Und die höchste und außergewöhnlichste Mitarbeit war die der Jungfrau Maria. Dies sollte ausreichen, um zu verstehen, dass die Päpste, als sie in ihren Reden manchmal auf den Begriff „Miterlösung“ zurückgriffen, niemals in Enzykliken oder feierlichen Akten des obersten Lehramtes, Sie wollten damit das Konzept der Mitwirkung Mariens am Geheimnis des Heils und der Erlösung zum Ausdruck bringen.

Der Begriff Miterlösung selbst Es ist an und für sich eine theologische Absurdität, die zu enormen Konflikten mit der Christologie und dem Geheimnis der Erlösung führt, die allein durch Gott, das fleischgewordene Wort, geschaffen wurde, die keine Miterlöser und Miterlöser braucht, er wiederholte es dreimal, In dem 2019, 2020 e 2021 auch der Papst Franziskus:

«[...] Seinem Meister treu, Wer ist sein Sohn?, der einzige Erlöser, er wollte nie etwas von seinem Sohn für sich nehmen. Sie hat sich nie als Miterlöserin präsentiert. Nein, Schüler. Und es gibt einen Heiligen Vater, der überall sagt, dass Jüngerschaft würdiger sei als Mutterschaft. Fragen der Theologen, aber ein Schüler. Er hat seinem Sohn nie etwas für sich selbst gestohlen, Sie hat ihm gedient, weil sie eine Mutter ist, gibt diesem Sohn, der von einer Frau geboren wurde, Leben in der Fülle der Zeit (vgl.. Predigt von 12 Dezember 2019, voller Text WHO) [...] Unsere Liebe Frau wollte Jesus keinen Titel wegnehmen; Sie erhielt das Geschenk, seine Mutter zu sein, und die Pflicht, uns als Mutter zu begleiten, unsere Mutter zu sein. Sie hat nicht darum gebeten, Quasi-Erlöserin oder Miterlöserin zu sein: Nein. Der Erlöser ist nur einer und dieser Titel wird nicht verdoppelt. Nur Schülerin und Mutter (vgl.. Predigt von 3 April 2020, voller Text WHO) [...] die Madonna, die, als die Mutter, der Jesus uns anvertraut hat, umhüllt uns alle; aber als Mutter, nicht als Göttin, nicht als Miterlöserin: als Mutter. Es ist wahr, dass christliche Frömmigkeit immer schöne Titel erhält, wie ein Sohn für seine Mutter: Wie viele schöne Dinge sagt ein Sohn zu der Mutter, die er liebt! Aber seien wir vorsichtig: Die schönen Dinge, die die Kirche und die Heiligen über Maria sagen, nehmen der erlösenden Einzigartigkeit Christi keinen Abbruch. Er ist der einzige Erlöser. Sie sind Ausdruck der Liebe wie ein Sohn zu seiner Mutter, manchmal übertrieben. Aber die Liebe, wir wissen, bringt uns immer dazu, übertriebene Dinge zu tun, aber mit Liebe“ (vgl.. Hören von 24 Marsch 2021, voller Text WHO).

Das Geheimnis der Erlösung es ist eins mit dem Geheimnis des Kreuzes, an dem Gott den Menschen als Opferlamm starb. Am Kreuz wurde die selige Jungfrau Maria nicht wie ein Opferlamm zu Tode genagelt, dass sie am Ende ihres Lebens einschlief und in den Himmel aufgenommen wurde, Sie starb nicht und stand am dritten Tag wieder auf und besiegte den Tod. Die selige Jungfrau, erste Geschöpf der ganzen Schöpfung vor allen Heiligen für seine makellose Reinheit, Er vergibt unsere Sünden nicht und erlöst uns nicht, er tritt für die Vergebung unserer Sünden und für unsere Erlösung ein. Wenn er uns also nicht erlöst, weil wir darauf bestehen, einen Titel zu dogmatisieren, der darauf abzielt, feierlich zu definieren, was uns miterlöst?

Viele Fans der Miterlösung dürften es sein Ich habe den Anrufungen der Loreto-Litanei nie Beachtung geschenkt, die sicherlich nicht das Werk eines neuen Papstes mit einem Hauch von Modernismus waren, wie manche sagen würden, Sie wurden vom Heiligen Papst Pius V. nach dem Sieg der Heiligen Liga in Lepanto im Jahr 2000 zum Gebet des Heiligen Rosenkranzes hinzugefügt 1571, Obwohl es bereits seit mehreren Jahrzehnten im Heiligtum des Hauses Loreto verwendet wird, von dem sie ihren Namen haben. Dennoch würde es genügen, diese Frage zu stellen: Wie kommt, wenn zu Beginn dieser Litaneien Gott der Vater angerufen wird, Gott der Sohn und Gott der Heilige Geist, sagen wir "erbarme dich unser» (habe Gnade mit uns)? Während ich gerade erst angefangen habe, mit der Anrufung heilige Maria, alle Titel der Heiligen Jungfrau auszusprechen, Von diesem Moment an sagen wir: „Bete für uns» (bete für uns)? Einfach: denn Gott, der Vater, der uns erschaffen hat und sich der Menschheit durch die Menschwerdung des Wortes Gottes hingegeben hat, hat den Menschen geschaffen, Jesus Christus, der dann den Heiligen Geist brachte, der „vom Vater und vom Sohn ausgeht“, Mit barmherziger Barmherzigkeit gewähren sie die Gnade der Sündenvergebung durch ein trinitarisches Handeln des dreieinigen Gottes, die Jungfrau Maria nicht, Er vergibt uns unsere Sünden nicht und vergibt uns nicht, denn in der Heilsökonomie ist seine Rolle die der Fürbitte. Dies ist der Grund, warum, wenn wir uns im Gebet an sie wenden, beide im Ave-Maria dadurch gekennzeichnet, dass Hallo Regina, stets, In der gesamten Geschichte und Tradition der Kirche rufen wir sie an und sagen: „Betet für uns Sünder.“, wir bitten sie nicht, unsere Sünden zu vergeben oder uns zu retten (vgl.. Meinem vorherigen Artikel, WHO). Dies allein sollte ausreichen und vorantreiben, um zu verstehen, dass der Begriff „miterlösend“ selbst auf theologischer Ebene einen groben Widerspruch darstellt, Leider genug, um diejenigen Theologen, die darauf bestehen, die Verkündigung dieses fünften marianischen Dogmas zu fordern, als unhöflich zu bezeichnen, Randgruppen von Gläubigen, von denen die meisten tiefe und gravierende Lücken in den Grundlagen des Katechismus der Katholischen Kirche haben, werden angeklagt und als Fans genutzt.

Die Person der Jungfrau Maria, die Mutter Jesu, Es wird mit einer theologischen Tiefe betrachtet und angedeutet, die es in eine enge Beziehung zur Sendung seines Sohnes stellt und mit uns Jüngern vereint, denn das ist seine Rolle, die uns die Evangelien mitteilen und an die wir erinnern wollten, Alles bei allem Respekt vor denen, die Anspruch erheben, manchmal sogar arrogant, die Frau degradieren Magnificat in einem Mikrokosmos emotionaler Andachten, die oft sogar den Fumus des Neuheidentums offenbaren. Der Papst Franziskus hat also Recht, als mit seinem sehr einfachen und direkten Stil, teilweise sogar bewusst provokativ und für manche sogar irritierend, aber gerade deshalb in der Lage, sich jedem verständlich zu machen, er präzisierte, dass Maria „[...] er wollte nie etwas von seinem Sohn für sich nehmen. Sie hat sich nie als Miterlöserin präsentiert“. Und sie stellte sich nicht als solche dar, denn Maria ist die Frau von Magnificat: „Er blickte auf die Demut seines Dieners, Von nun an werden mich alle Generationen gesegnet nennen.; gesegnet, weil ich ein Diener geworden bin, sicherlich nicht, warum ich gefragt habe, an einen wahnsinnigen Seher, zur Miterlöserin ernannt werden.

 

von der Insel Patmos, 3 Februar 2024

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Die Väter der Insel Patmos

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Die Mutter Jesu, der Schatz, der in den Evangelien verborgen ist

DIE MUTTER JESU, IL TESORO NASCOSTO NEI VANGELI

«Il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, vor allem die religiösen, lernen “die erhabene Wissenschaft von Jesus Christus” (Fil 3,8) mit häufigem Lesen der göttlichen Schriften. “L’ignoranza delle Scritture, in der Tat, è ignoranza di Cristo”. Si accostino essi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia, che è impregnata di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l’approvazione e a cura dei pastori della Chiesa, lodevolmente oggi si diffondono ovunque».

- Die theologischen Seiten -

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Autor
Iwano Liguori, ofm. Kap.

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Artikel im PDF-Druckformat

 

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In den Jahren nach dem Zweiten Vatikanischen Konzil Die Bibelwissenschaft hat wichtige Fortschritte gemacht, offrendo contributi che ormai sono imprescindibili per la Teologia nelle sue diverse branche e per la vita cristiana. Questo almeno da quando, fin dall’epoca di Pio XII, nella Chiesa Cattolica è stato favorito lo studio della Bibbia dando la possibilità di utilizzare tutti quei metodi che di norma si applicano ad un testo scritto.

L’AnnuncioOpera di Salvador Dalì, 1960, Musei Vaticani (cliccare sull’immagine per aprire la pagina)

Quanti sono a conoscenza degli enormi vantaggi che gli studi esegetici hanno recato alla teologia che indaga la figura e il ruolo della Vergine Maria, la cosiddetta mariologia. Quale ricchezza poter dire oggi che il racconto dell’annunciazione (LC 1, 26-38) per la sua forma letteraria, pur conservando all’interno la comunicazione di una nascita miracolosa, è tuttavia un racconto di vocazione: la vocazione di Maria. Ma chi lo sa? Chi si è accorto che nella versione CEI della Bibbia del 2008, quella che leggiamo attualmente nelle nostre liturgie, l’annuncio dell’angelo a Maria è oggi reso con: «Rallegrati»; quando nella precedente versione del 1974 si leggeva: «Ti saluto»; a causa della grande influenza dovuta alla preghiera dell’Ave-Maria? Fu il gesuita Padre Stanislas Lyonnet[1] il primo che nel 1939 fece notare che l’imperativo invito alla gioia («rallegrati», Kayre Von LC 1,28) faceva riferimento ai testi profetici rivolti alla «figlia di Sion» (Sof 3,14). Cambia tutto, non più un semplice saluto, ma a Maria viene comunicato un invito che in passato era rivolto ad Israele verso cui i profeti si rivolgevano come a una donna. Nel medioevo dicevano che per la sua funzione materna Maria era «Figura della sinagoga»[2], heute, grazie alle acquisizioni esegetiche diamo a questa affermazione una connotazione nuova e più solida dal punto di vista scritturistico.

Auch heute noch sprechen wir von der Jungfrau Maria, purtroppo anche fra i presbiteri e a maggior ragione i fedeli, assistiamo alla trita ripetizione dei soliti discorsi devozionali ed emozionali; al massimo ci si spinge a ricalcare il delicato e discusso tema di Maria co-redentrice. Quante omelie volendo spiegare l’episodio di Cana ne parlano ancora come di un semplice miracolo? Nel brano evangelico questa parola non c’è. Si parla invece di «segno» ― «Gesù fece questo come inizio dei segni» (GV 2,11) ― che nel Quarto Vangelo ha tutt’altra profondità teologica e pregnanza. E lì era presente Maria, che neanche viene chiamata per nome, ma solo identificata come: «Donna». Eppure non si sente altro che parlare della Madonna: La Madonna che ha forzato il miracolo. Chissà quanti sanno che la frase di Gesù a sua Madre è con molta probabilità una interrogativa ― «Non è ancora giunta la mia ora?» ― come ha provato un valente esegeta ormai decine di anni fa[3]. La nuova Bibbia Cei non lo riporta ancora, aber wenigstens, dalla precedente versione, è stato cambiato il termine miracolo e ora possiamo leggere finalmente la parola «segno» (GV 2,11).

Un altro interessante cambio di prospettiva che pian piano è avvenuto, mentre si scrutava con attenzione la figura di Maria nei Vangeli, è stato quello di accantonare il tradizionale legame fra Lei e la figura di Eva, protagonista del protovangelo di Genesi. Perché più aderente ai testi e ricco di prospettive teologiche ed ecclesiologiche risultava invece vedere Maria come immagine di quella figlia di Sion biblica (Soll 86 [87],5, 5 LXX), la Gerusalemme nuova che diviene protagonista della nuova Alleanza con Gesù.

Questo emerge con evidenza nei racconti evangelici, soprattutto in due testi giovannei che vedono Maria, mai chiamata col suo nome proprio, ma identificata piuttosto come «La madre di Gesù» o più curiosamente come «Donna». L’episodio delle nozze di Cana (GV 2, 1-11) e quello della «Madre» sotto la croce (GV 19,25-27) insieme al discepolo amato, sono direttamente collegati proprio in ragione della presenza in entrambi i momenti di questa «Donna».

Im ersten Fall, a Cana, siamo all’inizio della manifestazione di Gesù, nel secondo episodio siamo invece al termine di questa rivelazione, : «Tutto era compiuto» (GV 19,28). Rivelazione che rappresenta il motivo conduttore del Vangelo giovanneo: „Dio, niemand hat ihn gesehen: der einzige Sohn, wer ist Gott und ist am Vater, ist er es, der ihn bekannt gemacht hat " (GV 1,18). Cana è il punto culminante di una settimana nella quale Gesù inizia a manifestarsi ai suoi primi discepoli, dopo il primo grande giorno senza tempo del prologo; la croce è il momento finale, prima della risurrezione certo, che vede Gesù rivelare alla Madre e al discepolo, colui che non ha mai smesso di seguire Gesù fin dall’inizio, il grande mistero della Chiesa che guarda con fede ciò che è accaduto e lo testimonia: «Chi ha visto ne da testimonianza» (GV 19,35).

A Cana, Maria, die Mutter Jesu, è quella Donna che rappresenta l’umanità nell’indigenza e il giudaismo che viveva della speranza messianica. Le parole così apodittiche ― «Essi non hanno vino» (GV 2,3) ― starebbero a significare il desiderio d’Israele di vedere il diffondersi del vino messianico ovvero la rivelazione definitiva della Nuova Alleanza, secondo il ricco simbolismo del vino nella tradizione biblica e giudaica. Ella invita, deshalb, i discepoli a rinnovare quel proposito espresso già nella antica alleanza del Sinai: «Tutto ciò che Jahvè ha detto, noi lo faremo»; «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Ist 19,8; cfr anche 24,3.7; GV 2,5).

San Giovanni evangelista, come spesso fa nel corso della sua opera, per esempio nel racconto della Samaritana al pozzo (GV 4,13-14), ci chiede di elevarci dal piano umano e storico a quello più spirituale e teologico. Dove spirituale non vuol dire meno aderente al vero, bensì designa e indica il significato più nascosto e profondo celato dentro un racconto, in linea con quello che anche la moderna ermeneutica va scoprendo. Martin Heidegger nei suoi scritti dice che il linguaggio si trova nell’«impronunciabile» e il senso nel «non-detto» del testo, mentre il filosofo Emmanuel Lévinas parla di andare «al di là del versetto», Gregorio Magno, un medievale, diceva addirittura che: «Il testo cresce con colui che lo legge».

Nei riguardi di Maria, il Vangelo ci fa dunque passare dal significato immediato e più evidente di Lei in quanto madre di Gesù perché lo ha portato in grembo e partorito, a quello di rappresentante di un’intera comunità che desidera unirsi a Gesù che, angesichts des Kontextes, vuole legarsi a Lui come una Sposa al suo Sposo, poiché Egli è Colui che porta la salvezza, il vino nuovo simbolo della nuova alleanza messianica. Tutto l’insieme del brano e l’uso del termine «Donna» è un invito ad elevarci dal piano storico e letterale al senso più recondito e profondo che è spirituale, teologico e altamente significativo per i credenti. È per questo che l’episodio di Cana si colloca alla fine di una prima settimana di manifestazione di Gesù ai suoi discepoli, curiosi di sapere chi sia, cosa porta di nuovo rispetto a Giovanni che lo ha indicato (GV 1,36) e dove sta il suo segreto: «Dove rimani? » (GV 1,38). Non a caso l’evangelista commenta alla fine che proprio a Cana Gesù non fece un semplice miracolo, ma «manifestò la sua gloria e i suoi discepoli iniziarono a credere in lui» (GV 2,11).

Se il ruolo materno della Donna verso i discepoli, a Cana, era abbozzato o per meglio dire iniziale, sotto la croce questo appare con evidenza. Maria riceve proprio lì una nuova maternità spirituale che si esplica nella mutua relazione fra lei ed un discepolo: «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, Er sagte seiner Mutter,: "Donna, hier ist dein Sohn!». Dann sagte er zu dem Jünger: «Ecco tua madre!». Und von jener Stunde an nahm sie der Jünger zu sein " (GV 19,25-27).

Si suole dire che quando qualcuno si trova in punto di morte di solito pronuncia parole importanti, endgültig. E queste sono le ultime parole di Gesù prima di morire, prima di proferire quel definitivo: «Ho sete». Ma ancora una volta San Giovanni ci avverte che qui è celata una importante rivelazione. Lo fa adoperando uno schema più volte usato nella sua opera, ovvero utilizzando i due verbi: sehen, sagen; e poi l’avverbio «ecco», in sequenza. Gli studiosi chiamano questo procedimento: schema di rivelazione; perché sta ad indicare che l’autore ci sta segnalando qualcosa di nuovo che viene illustrato.

Nel raccontare la passione, la crocifissione e la morte di Gesù, Giovanni non si smentisce e vi addensa temi di grande importanza teologica. La regalità di Gesù è universale, come segnalano le lingue del titolo della croce: «Era scritta in ebraico, in latino e in greco» (GV 19,20); tutti i figli di Dio dispersi sono radunati: «E io, wenn ich vom Boden erhoben werde, Ich werde alle zu mir ziehen" (GV 12,32); la sua tunica inconsutile rappresenta l’unità della Chiesa, almeno nella esegesi patristica per via del verbo skizo («σχίζω») qui usato, da cui scisma: «Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Egli è l’agnello pasquale integro: «Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso» (GV 19,36; vgl.. Ist 12,46). E al culmine di questa rivelazione c’è la consegna da parte di Gesù di «sua madre» al discepolo.

Notiamo infatti nei versetti che la Madre di Gesù che è «sua» (termine ripetuto quattro volte), diventa per le parole di Gesù al discepolo: «Tua madre»; e viceversa lui per Lei: «Tuo figlio». Questo discepolo è amato perché è colui che non ha mai smesso di seguire Gesù fin dall’inizio, da quella iniziale settimana che sfocia nel segno di Cana a cui abbiamo accennato più sopra; Ding, stattdessen, non era riuscita a Pietro che dovrà riprendere la sequela più avanti. In questo senso rappresenta il discepolo per eccellenza verso cui tutti dovremmo conformarci, è simbolo di ogni vero discepolo di Gesù, capace, chinandosi sul suo petto, di cogliere gli aspetti più intimi di Lui. La Madre, come abbiamo visto a Cana, rappresenta la figlia di Sion, ma adesso nella sua funzione materna pienamente svelata. E’ colei che vede i suoi figli prima dispersi, ora radunarsi (Ist 60, 4-5 LXX). Se a Cana, nella fase iniziale, questo rapporto era accennato, qui raggiunge tutta la sua evidenza. La «Donna» ora diventa la madre della Chiesa, rappresentata dal discepolo.

In che consiste questa nuova maternità che chiamiamo spirituale, in ragione del fatto che il vero e unico Figlio che lei ha avuto è Gesù? Proprio per il suo legame indissolubile con Gesù, Lei non potrà che essere da adesso in poi per il nuovo figlio, die Kirche, colei che conduce a Gesù, che invita a entrare nell’alleanza non più iniziale come a Cana, ma definitiva, sancita dalla morte salvifica del Cristo sulla croce. Sarà colei che rinnova nei riguardi dei discepoli quello che è stata per Gesù nell’incarnazione: sarà la Madre. Se già a Cana i discepoli non erano chiamati schiavi, bensì servi, i «diakonoi» di GV 2,5, a maggior ragione qui essi sono considerati come figli. E questa maternità, donata sotto la croce, si esplica nell’aiutare il discepolo, wir alle, a capire il significato profondo di quel che è avvenuto fin dall’inizio e di quel che sta accadendo in quel momento sul calvario. È per questo che il discepolo, sagt das Evangelium, comprende immediatamente le parole di Gesù e prende quella che ormai è Sua Madre nel suo intimo. Non prende possesso, come se una donna passasse di proprietà da uno ad un altro, ma la accoglie per tutto quello che ora significa, grazie alla parola rivelativa appena detta da Gesù. Per tal motivo commenta l’evangelista: «E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (GV 19,27).

Il discepolo, partecipe dell’ora messianica del Signore e grazie alla presenza materna di Maria può volgere verso Gesù in croce lo sguardo di colui che ha compreso, nel senso più ampio del termine, quello di portare con sé e dentro di sé il mistero grande di cui è testimone. Ed infatti queste sono le sue parole: «Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate» (GV 19,35).

Cosa testimonia il discepolo, appena dopo aver ricevuto questa nuova Madre? Che ha udito le ultime parole di Gesù sulla sua opera compiuta e le altre che esprimevano il suo desiderio di donare lo Spirito: «Ho sete» (Gv 19,28b). Sarà dopo la morte di Gesù, che Giovanni descriverà proprio come un consegnare lo Spirito – «tradidit spiritum» (GV 19,30 Vulgata) – con l’apertura del costato da cui defluisce sangue, cioè la vita di Gesù donata finora, e l’acqua, simbolo appunto del dono dello Spirito come più volte nel Vangelo era stato preannunciato (GV 7, 37-38), che il suo sarà finalmente e definitivamente uno sguardo di fede rivolto perennemente a Gesù: „Sie werden auf den schauen, den sie durchbohrt haben“. (GV 19,37). Scrive un Padre della Chiesa:

«Nessuno può raggiungere il senso (des Johannesevangeliums) se non abbia reclinato il capo sul petto di Gesù e da Gesù non abbia ricevuto Maria per madre, E, per essere un altro Giovanni, in modo che si senta designare da Gesù come fosse Gesù stesso. Perché… Maria non ha altri figli che Gesù; quando Gesù dice a sua Madre: “Ecco tuo figlio” und nicht: “Ecco questo uomo è anche tuo figlio”, è come se le dicesse: “Ecco Gesù che tu hai partorito”. In effetti chiunque è arrivato alla perfezionenon vive più ma Cristo vive in luie poiché Cristo vive in lui, Cristo dice di lui a Maria: “Ecco tuo figlio, der Christus”»[4].

Se oggi rileggendo queste audaci parole di Origene ci accorgiamo di quanta verità teologica e bellezza spirituale esse contengano lo dobbiamo anche al fatto che lo studio di Maria nella Scrittura, che negli ultimi decenni è rifiorito, ci permette di raccogliere i frutti di un lavoro di analisi insieme rigorosa e amorosa dei testi biblici e di gustare affermazioni antiche con rinnovata consapevolezza. E la Chiesa raccomanda non solo che il testo sia studiato dagli specialisti, ma che tutti possano abbeverarsi alla fonte della Sacra Scrittura:

«Il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, vor allem die religiösen, lernen “die erhabene Wissenschaft von Jesus Christus” (Fil 3,8) mit häufigem Lesen der göttlichen Schriften. “L’ignoranza delle Scritture, in der Tat, è ignoranza di Cristo”. Si accostino essi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia, che è impregnata di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l’approvazione e a cura dei pastori della Chiesa, lodevolmente oggi si diffondono ovunque. Si ricordino però che la lettura della sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l’uomo; so lange wie “quando preghiamo, parliamo con lui; lui ascoltiamo, quando leggiamo gli oracoli divini”». (Gottesschwert, 25).

Eccoci allora giunti allo scopo di questo piccolo contributo. Instillare nei lettori il desiderio di amare e conoscere la Scrittura in modo serio, ma anche appassionato. Qui abbiamo molto sintetizzato, davvero tanto, perché ogni singolo aspetto avrebbe richiesto una trattazione più diffusa. Speriamo serva almeno da stimolo o da input come si dice in gergo, soprattutto perché l’argomento trattato faceva riferimento alla Vergine Maria. Questo piccolo scritto possa aiutare chi legge a tornare a quella fonte della rivelazione che è la Bibbia che tanto può raccontarci di Maria, più che le narrazioni circolanti, anche sui Sozial, spesso non di eccelsa qualità. Perché come diceva un antico autore e lo lascio in latino tanto è di immediata comprensione: «Omnis Sacra Scriptura unus liber est, et ille unus liber Christus est»[5].

Sanluri, 6 Februar 2023

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HINWEIS

[1] LYONNET S., Kaire, Kejaritomene, Bíblica 20 (1939)

[2] Glossa interlinearis a Gv 2,1: «Mater figura synagogae», in Biblia sacra cura Glossa ordinaria…, v, Antverpiae, 1617, 1044; SAN TOMMASO D’AQUINO, Super evang. S. Joannis (ed. Cai.), n. 346: «[…] gerens in hoc figuram synagogae, quac est mater Christi».

[3] VANHOYE A., Interrogation johannique et exégèse de Cana (GV 2,4), in Biblica 55 (1974).

[4] Ursprung, Commento su San Giovanni, ich,4,23; SC 120,70,72.

[5] Ugo di San Vittore, De Arca Noe, 2, 8: PL 176, 642; cf Ibid. 2, 9: PL 176, 642-643; Katechismus der Katholischen Kirche, Nein 134).

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Nur Jesus konnte so gut und barmherzig sein, eine Schwiegermutter zu heilen und zu heilen

Homiletik der Väter der Insel Patmos

SOLO GESÙ POTEVA ESSERE COSI BUONO E MISERICORDIOSO DA CURARE E GUARIRE UNA SUOCERA

«La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Er näherte sich ihr und zwang sie, an der Hand aufzustehen; Das Fieber verließ sie und sie diente ihnen. Kam am Abend, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta».

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.HTTPS://youtu.be/4fP7neCJapw.

 

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La pericope del Vangelo di questa V Domenica del Tempo Ordinario ci racconta ancora della giornata-tipo di Gesù a Cafarnao.

„Zu dieser Zeit, Jesus, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Er näherte sich ihr und zwang sie, an der Hand aufzustehen; Das Fieber verließ sie und sie diente ihnen. Kam am Abend, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni». (MC 1,29-39)

Se l’utilizzo frequente in Marco dell’avverbio «subito» è servito ad accelerare il tempo narrativo, evidenziando la fretta di Gesù riguardo l’annuncio del regno; nel brano odierno, anche i luoghi qui sono presi in considerazione, come uno spazio che tende ad allargarsi sempre di più. Il movimento del racconto passa infatti dalla sinagoga della cittadina sul lago (MC 1,29) alla casa di Pietro, poi ancora dalla casa alla strada aperta davanti alla porta del cortile della casa di Pietro (v. 33), da una città ai villaggi vicini (v. 38); letzten Endes, dai villaggi fino a «tutta la Galilea» (v. 39). Come se tutto lo spazio, velocemente, debba essere occupato da Gesù, dal suo annuncio e dalle sue opere.

I personaggi del racconto sono i discepoli più vicini a Gesù, la suocera di Simone e soprattutto i malati. Sono questi ad impadronirsi della scena. Essi si possono trovare già dove arriva Gesù, come la suocera di Pietro, oppure vengono portati a lui; altri ancora lo cercano spontaneamente sin dall’alba, quando egli sta pregando. La malattia incornicia il nostro brano: che si tratti di una febbre o di una sofferenza più profonda, spirituale o fisica (come quella causata dagli spiriti impuri del v. 39), il vocabolario del campo semantico dell’infermità costella il racconto ed è presente in modo consistente, includendo tutta la narrazione.

«E subito gli parlarono di lei». La sollecitudine verso questa donna anziana colpisce, perché manifesta un’attenzione verso i fragili e la fede nella presenza di Gesù. La donna anziana e febbricitante non viene nascosta al Maestro come fosse un problema o qualcuno di cui vergognarsi, per cui non varrebbe la pena disturbare. Il fatto che i discepoli parlino subito della suocera di Pietro a Gesù mostra che quella donna era per loro una priorità. Non ne chiedono la guarigione, non sfruttano la presenza del Maestro ai loro fini, semplicemente indicano la donna malata: questa persona per loro è importante. Da questo si può capire il senso e il valore dell’intercessione come del parlare a favore di qualcuno. Gesù lo apprezza, tanto che fa subito qualcosa: le tende la mano, la solleva e poi la guarisce dalla sua malattia. Gesù vuol essere disturbato dai malati. Gesù apprezza e ammira l’intercessione a favore dei malati, come nel caso del centurione che intercede per il suo servo malato (LC 7,1-10).

Il tema della malattia, dicevamo, percorre tutto il testo marciano. La sofferenza tocca ogni uomo, ma «sperimentando nella malattia la propria impotenza, l’uomo di fede riconosce di essere radicalmente bisognoso di salvezza. Si accetta come creatura povera e limitata. Si affida totalmente a Dio. Imita Gesù Cristo e lo sente personalmente vicino» (Catechismo degli Adulti, Die Wahrheit wird dich frei machen, 1021). È la «conversione» alla quale sono chiamati i malati sanati da Gesù, eher, alla quale siamo chiamati tutti noi.

Scopriamo così un altro senso delle prime parole di Gesù nel Vangelo di Marco: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» (MC 1,15). Il tempo e lo spazio, ma anche gli uomini e le donne sono toccati dalla pienezza della presenza di Dio e il regno è quella realtà in cui è possibile l’incontro con Gesù. Gesù non compie solo attività terapeutiche, perché i suoi gesti sono accompagnati da parole, da insegnamenti. In effetti si tratta di segni per dire che il regno è vicino: i miracoli annunciano e inaugurano il regno di Dio e corrispondono alle attese di Israele, dove si credeva che il Messia sarebbe venuto con capacità taumaturgiche. Per questo motivo l’annuncio che «il regno è vicino» è complementare alla parola «convertitevi e credete al vangelo», perché le folle che accorrono da Gesù, davanti a questi gesti divini, sono chiamate a credere e a convertirsi. Se questo non accade, i miracoli non servono, come spiega Matteo in un altro passo: «Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, weil sie nicht umkehrten: Wehe euch, Chorazin! Wehe euch, Bethsaida. Weil, wenn in Tyrus und Sidon sie hatten die Wunder geschehen, die unter euch geschehen sind, einige Zeit hätte bereute, ravvolte nel cilicio e nella cenere» (MT 11,20-21). La guarigione più grande che Dio può operare è quella dalla nostra incredulità.

Endlich, forse collegato a ciò che abbiamo appena detto, notiamo la piccola discrepanza fra i «tutti» che accorrono a Gesù per essere sanati (vv. 32.33.37) e i «molti» che invece, eigentlich, sono guariti: «Guarì molti che erano afflitti da varie malattie» (v. 34). Dass, Aber, viene superata dal vocabolario della risurrezione usato da Marco. Infatti il verbo che Marco adopera per narrare la guarigione della suocera di Pietro — «la sollevò» del v. 31) — è molto importante nel Nuovo Testamento, perché non ricorre soltanto nei contesti delle guarigioni (MC 2,9.11; 5,41; 9,27), ma soprattutto nel racconto della risurrezione di Lazzaro (GV 12,1.9) e di Cristo (ad es.: Bei 3,15; RM 10,9). Come Gesù è stato capace di sollevare la suocera di Simone, così sarà capace di dare la vita ai morti, allen. Si chiarisce allora la strada che vuol farci percorrere Marco per arrivare a conoscere chi è Gesù. Colui che nell’apertura del Vangelo viene definito come «Figlio di Dio» (MC 1,1), come il Battezzatore nello Spirito Santo (v. 8), come il «Figlio prediletto» (v. 11) è finalmente svelato nel suo essere nei confronti degli uomini: è colui che è «venuto» («uscito», Verbatim, dal verbo exérchomai; vgl.. v. 38) agli uomini perché lo ascoltino e siano guariti dalle loro infermità.

Il racconto della giornata di Gesù prosegue col riposo, ma poi «al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!» (MC 1,35-37). Non sappiamo a quale luogo deserto possa riferirsi l’evangelista, ma certo non doveva essere distante dal lago. Marco ha già accennato alla preghiera di Gesù, nella forma celebrata in sinagoga. Questa preghiera mattutina e personale, come apprendiamo anche da altre tradizioni evangeliche, sembra essere il modo in cui il Signore riconduce tutto al Padre: quello che ha vissuto dalla sera precedente, quello che lo aspetterà nel giorno che continua. Così Gesù insegna ai discepoli che la preghiera è indispensabile per fare unità nella propria vita.

Aus der Eremitage, 4 Februar 2024

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Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

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Die Väter der Insel Patmos

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Ein guter Priester ist ein solcher, wenn er das Ende seines Mandats abwartet, um seinen Bischof zu loben: Andrea Turazzi, ab heute emeritierter Bischof der Diözese San Marino-Montefeltro

Ein guter Priester ist so, wenn er, um seinen Bischof zu loben, auf das Ende seines bischöflichen Mandats wartet: ANDREA TURAZZI, AB HEUTE EMERITIERTER BISCHOF DER DIÖZESE SAN MARINO-MONTEFELTRO

„Ehrwürdiger Bischof, Ich möchte, dass Sie wissen, dass Sie mir während Ihres Episkopats die zehn besten Jahre meines Priestertums beschert haben, Dafür werde ich Ihnen immer zutiefst dankbar sein.“

- Kirchennachrichten -

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Ab heute ist S.E. Mons. Andrea Turazzi Er ist emeritierter Bischof von San Marino-Montefeltro, meine Diözese der Zugehörigkeit.

Mein Bischof für ein Jahr, Nachdem er mich getroffen hatte, erzählte er es mir in jenem fernen Mai 2015: „Du wurdest als Jäger geboren und ich wurde als Tierarzt geboren“. Er lächelte mich liebevoll an und fuhr fort: „Die Kirche braucht sowohl Jäger als auch Tierärzte, Bitte schießen Sie nicht mit schwerem Schrot, Wenn überhaupt, verwenden Sie kleinere Pellets..

Für einen Priester, Es ist unmöglich, einen Bischof, der sich so präsentiert, nicht zu lieben. Und ich liebte meinen Bischof, Auch wenn ich es nie öffentlich gesagt habe, weil es weder angemessen noch klug gewesen wäre.

Letztes Jahr, während eine Kontroverse tobte, in die ich mich direkt in meiner Soutane gestürzt hatte, ohne mich überhaupt auszuziehen und meinen Badeanzug anzuziehen, mi sagte: „Ich stelle Ihre Gründe nicht in Frage, auf doktrinärer und theologischer Ebene einwandfrei, Ich bitte Sie nur, zu versuchen, etwas gemäßigter zu sein.. Nachdem er mir diese Einladung ausgesprochen hatte, fügte er hinzu: „Natürlich, Niemand kann sagen, dass es dir an Mut mangelt, vielleicht hast du sogar zu viel davon. Aus diesem Grund habe ich keine Lust, Sie in irgendeiner Weise anzusprechen, denn das ist deine Natur und der Charakter, den Gott dir gegeben hat, Niemand kann von dir verlangen, anders zu sein als du bist, Ich bitte Sie nur um etwas Mäßigung in der berechtigten Kontroverse, nichts mehr".

Wie immer habe ich ihm zugehört. Und ein paar Tage später schickte ich ihm eine private Nachricht, in der ich mich in diesen Worten bei ihm bedankte: „Ehrwürdiger Bischof, Ich möchte, dass Sie wissen, dass Sie mir während Ihres Episkopats die zehn besten Jahre meines Priestertums beschert haben, Dafür werde ich Ihnen immer zutiefst dankbar sein.“.

Wenn Sie diese Worte der Zuneigung verwenden möchten er ist jemand wie ich, dass ich nicht gezögert habe, einen mächtigen Kardinal öffentlich als Verbrecher zu bezeichnen und zu erklären, dass ich es lieber mit denen der Banda della Magliana zu tun gehabt hätte als mit ihm und seinen Handlangern (vgl.. WHO), Das bedeutet, dass ich die Gnade hatte, als Bischof einen authentischen Mann Gottes und ein wahres Vorbild für einen Seelsorger in der Seelsorge zu haben, etwas, das in diesen traurigen Zeiten, die die Weltkirche durchlebt, immer seltener vorkommt. Mein Bischof war in seinem Leben und in seiner bischöflichen Leitung ein erhabenes Vorbild und eine lebendige Verwirklichung der Lehren der mahnenden Kirchenväter:

„Alle Priester, in Gemeinschaft mit den Bischöfen, Sie nehmen am gleichen und einzigartigen Priestertum und Amt Christi teil, so dass die gleiche Einheit von Weihe und Mission die hierarchische Gemeinschaft der Priester mit der Ordnung der Bischöfe erfordert […] Die Bischöfe daher, Dank der Gabe des Heiligen Geistes, die den Priestern bei der heiligen Weihe verliehen wird, Sie verfügen über die notwendigen Mitarbeiter und Berater im Dienst und in der Funktion des Lehrens, heilige und regiere das Volk Gottes […] Für diese gemeinsame Teilnahme am gleichen Priestertum und Amt, Bischöfe sollten Priester daher als Brüder und Freunde betrachten, und kümmere dich um sie, in allem, was sie können, ihr materielles und vor allem geistiges Wohlergehen“ (Sehen. Durch Dekret der Presbyter des Ordens, n. 7).

Erst jetzt der nicht mehr die pastorale Leitungsgewalt über die Diözese und über mich hat, Ich kann öffentlich sagen, wie sehr ich es verehrte, Ich schätzte und liebte meinen Bischof. Und wie schwierig es für mich überhaupt nicht war, mit so einem Bischof, Setzen Sie diese Ermahnung der Kirchenväter in die Tat um:

„Ich presbiteri, die ihrerseits, unter Berücksichtigung der Fülle des Weihesakramentes, dessen sich die Bischöfe erfreuen, lasst sie in sich die Autorität Christi, des höchsten Hirten, verehren. Mögen sie daher ihrem Bischof in aufrichtiger Nächstenliebe und Gehorsam verbunden sein. Dieser priesterliche Gehorsam, durchdrungen vom Geist der Zusammenarbeit, es basiert auf der gleichen Beteiligung des bischöflichen Amtes, den Priestern durch das Weihesakrament und die kanonische Mission verliehen“ (Sehen. Durch Dekret der Presbyter des Ordens, n. 7).

Zum Bischof Respekt und hingebungsvoller Gehorsam sind geboten vom Presbyter, Dies versprechen wir feierlich am Tag unserer Priesterweihe. Und ich habe meinen Bischof respektiert und ihm gehorcht, weil es ihm zu verdanken war. Dann habe ich ihn auch respektiert und geliebt, aber nicht, weil es ihm zu verdanken war, denn weder Achtung noch Liebe gebührt einem Bischof als solchem; wenn ich sie über ihn schütte, es liegt daran, dass er sie zutiefst verdient hat.

Entschuldigung für die Bruderpriester und es tut weh Gläubige Christi der Diözese Feretra, dass das Mandat des Bischofs nicht verlängert wurde. Man würde fast „verschwenderisch“ schreien.!” vor einem Mann von 75 Jahre in vollkommener körperlicher Gesundheit, ausgestattet mit allen notwendigen menschlichen und spirituellen Kräften, von Wissen und Weisheit. Andererseits, das Rom der „Feldlazarettkirche“ und der „existenziellen Vorstädte“ scheint daran gewöhnt zu sein, heute noch mehr als gestern, sich für die trockenen Karten zu entscheiden, vor allem, wenn es um die vielgepriesenen „Vororte“ geht.

Ich habe keine Ahnung, wer sein Nachfolger ist weil ich ihn nicht kenne, Ich weiß nur, dass er Domenico Beneventi heißt, 49 Jahre, Priester der Diözese Acerenza, eine Diözese, die Kardinal Crescenzio Sepe besonders am Herzen liegt, war in letzter Zeit sehr aktiv und fleißig dabei, neue geeignete Kandidaten für das Episkopat vorzustellen. Von nun an wünsche ich dem neu gewählten Bischof nicht nur Respekt und Gehorsam, als ihm durch sakramentale Bindung zusteht; Ich wünsche ihm auch, dass er genauso geliebt und geschätzt wird wie sein Vorgänger. Doch die Liebe und Wertschätzung des Klerus und der Gläubigen muss teuer erkauft werden, oft sogar um den Preis von Tränen und Blut, gerade weil es keine notwendigen Dinge sind. Das ist die härteste Arbeit für jeden Bischof, was immer nur bei authentischen Männern Gottes zum Erfolg führt, bereit, sich dem Geheimnis des Kreuzes Christi, des Herrn, anzupassen.

 

von der Insel Patmos, 3 Februar 2024

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