En el monte Tabor los discípulos reciben la revelación del hijo del hombre en forma transfigurada por la luz divina
/en Omilética/por monje ermitañoSUL MONTE TABOR I DISCEPOLI RICEVONO LA RIVELAZIONE DEL FIGLIO DELL’UOMO IN UNA FORMA TRASFIGURATA DALLA LUCE DIVINA
Nella narrazione evangelica e nel cammino quaresimale viene così aggiunto un altro quadro che aiuta a rispondere alla domanda che ponevamo all’inizio: Quién es él? Ora è il Padre stesso che rivela l’identità profonda di Gesù non solo a chi assiste sul monte della Trasfigurazione, ma anche ai lettori e ai credenti in Cristo: Egli è il Figlio. Una teologia molto presente nei Vangeli che ci fa tornare alla mente quanto è scritto nel Primo Vangelo, quando Gesù dice: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre»
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Intraprendere il percorso quaresimale significa porsi di nuovo la domanda fondamentale su Gesù: Quién es él? Allo stesso modo dei discepoli seduti sulla barca sballottata dalle onde, figura della Chiesa nel periodo post pasquale, che svegliato il Signore dormiente a poppa e a tempesta sedata si chiedevano: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (MC 4, 41). Il racconto marciano della Trasfigurazione che si legge in questa seconda Domenica di Quaresima desidera rispondere a questa domanda.
"En ese momento, Jesús se llevó a Pedro con él, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, al margen, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. tomando la palabra, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, uno para usted, una per Mosè e una per Elia”. Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, el amado: Escúchalo a él!". E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con ellos. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti». (MC 9,2-10)
Tutti e tre i Vangeli sinottici inseriscono la Trasfigurazione nello stesso contesto, ossia dopo l’annuncio di Gesù della sua passione. Per il lettore si crea così un ponte fra il ministero pubblico di Gesù e la morte che avverrà in Gerusalemme. Ma anche un collegamento fra la odierna proclamazione di Gesù «Figlio di Dio», che si ode dalla nube, e altre due analoghe. Quella del Battesimo, Cuándo: «Si sentì una voce dal cielo» che diceva «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (MC 1,11); y el otro, che si trova solo in Marco, all’inizio del Vangelo, nel primo versetto del primo capitolo: "El comienzo del Evangelio de Jesucristo, Hijo de Dios ".
È molto probabile che l’episodio narrato, originalmente, fosse un racconto di apparizione del Risorto, che Marco, il quale ha escluso dalla sua narrazione siffatti racconti, avrebbe inserito al centro del Vangelo, subito dopo la confessione messianica di Pietro, per bilanciare l’annuncio del destino di morte del Figlio dell’uomo (MC 8, 31) con la visione prolettica della sua glorificazione (MC 9, 2-13). Una scelta che ne avrebbe determinato la collocazione anche in Matteo e Luca. A supporto di questa ipotesi sta il fatto che nel prosieguo dei tre racconti l’incomprensione dei discepoli nei riguardi di Gesù resta intatta, malgrado alcuni fossero stati testimoni di un evento tanto eclatante. Tiempo, collocato dopo la sua morte, il racconto assume un significato cruciale. È il punto di svolta. I tre discepoli ricevono la rivelazione del Figlio dell’uomo in una forma trasfigurata dalla luce divina. Dopo la sua morte, hanno la visione di Gesù collocato allo stesso livello di Mosè ed Elia, cioè di due figure bibliche già innalzate alla gloria celeste, e ascoltano la proclamazione della sua elezione divina, la stessa che risuona al momento del battesimo. Finalmente i discepoli «sanno» chi è Gesù, ed è alla luce di tale comprensione che l’episodio storico e iniziale del battesimo assume il suo «vero» significato di investitura divina.
Nel versetto che precede la scena della Trasfigurazione che oggi leggiamo nella Liturgia Gesù dice ai suoi discepoli: "En verdad os digo: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza» (MC 9,1). Sei giorni dopo questo annuncio Gesù porta Pietro, Giacomo e Giovanni con sé sopra un monte alto, in un luogo appartato, e si trasfigura davanti a loro. L’episodio non solo è descritto da tutti e tre i Vangeli sinottici, ma anche dalla Seconda Lettera di Pietro. Lì l’Apostolo ricorda e scrive di essere stato testimone oculare della grandezza di Gesù:
«Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”. Questa voce noi l’abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte» (2punto 1,16-18).
A differenza del Battesimo, dove la voce che proclama Gesù «Figlio» sembra sia stata udita solo da Lui, nella Trasfigurazione le parole sono indirizzate ai discepoli, che non possono ignorarle: «Ascoltatelo». È infatti importante che nel momento in cui Gesù annuncia la sua passione venga ribadita l’idea che Dio non abbandonerà il suo Figlio, anche se verrà consegnato per la crocifissione. Questa non offuscherà la fedeltà del Padre, cosicché anche il duro annuncio della passione e morte sono dentro il Vangelo, sono la buona notizia di cui il lettore deve essere consapevole, allo stesso modo dei discepoli che fecero quella esperienza.
Pedro, insieme ai compagni, è colui che più di tutti ha bisogno di ascoltare Gesù. Dopo la confessione di Cesarea di Filippo, ha preteso di mettersi davanti a lui per evitargli il pellegrinaggio a Gerusalemme. Gesù per questo chiama Pietro «Satana» (MC 8,33), ma poi lo invita a salire sul monte con lui. In altre parole qui siamo di fronte alla reazione de Dios all’incredulità di Pietro. No solo. Se i discepoli devono prepararsi alla passione del loro maestro, anche Gesù ha bisogno di istruzioni per intraprendere il «suo esodo», come specificherà Luca in 9,31: Mosè aveva condotto gli ebrei fuori dall’Egitto, Elia aveva ripercorso i suoi passi, e ora il Messia, aiutato da coloro che hanno vissuto un’esperienza analoga di sofferenza e liberazione, potrà andare deciso verso Gerusalemme.
L’interpretazione tradizionale della presenza di Mosè ed Elia sul monte dice, de hecho, che essi rappresenterebbero la Torà e i Profeti, ovvero tutta la Scrittura prima di Gesù. Ma oggi si pensa piuttosto che il significato della loro presenza sia importante se riferita a quanto Gesù sta vivendo nel momento in cui sale su quella montagna. Mosè ed Elia hanno vissuto eventi paragonabili alla reazione di Pietro all’annuncio della passione di Gesù di cui sopra. L’analogia tra gli eventi è data dal modo in cui Gesù interpreta il rifiuto di Pietro: come una nuova tentazione, analoga a quelle dell’inizio del suo ministero; così Mosè provò l’esperienza del vitello d’oro ed Elia quella della fuga verso l’Oreb. Questi due fatti ebbero luogo proprio su un monte, dopo un fallimento del popolo di Israele che aveva, en el primer caso, costruito un idolo e, en el segundo, sostenuto i sacerdoti di Baal contro cui Elia doveva lottare. A fronte di queste due delusioni, sia Mosè che Elia chiedono a Dio di morire (cf.. Es 32,32; 1Re 19,4), sino, in risposta, a tutti e due è concessa invece la visione di Dio. Moisés, spaventato, sin embargo, si nasconde nella rupe (Es 33,21-22), ed Elia si copre il volto (1Re 19,13). Mentre allora non videro Dio, ora finalmente stanno davanti a Gesù, nella sua gloria e non si velano più il volto; non hanno più paura di lui, perché «Gesù, il «Figlio amato» del Padre (MC 9,7), «l’eletto» (Lc 9,35), è egli stesso la visibilità del Padre: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Juan 14,9). In lui Mosè ed Elia si incontrano, vedono Gesù nella gloria, e gli portano il loro conforto. Al termine, il Padre conferma ai tre discepoli, Pietro incluso, la strada che Gesù dovrà intraprendere» (M. Gilbert).
Nella narrazione evangelica e nel cammino quaresimale viene così aggiunto un altro quadro che aiuta a rispondere alla domanda che ponevamo all’inizio: Quién es él? Ora è il Padre stesso che rivela l’identità profonda di Gesù non solo a chi assiste sul monte della Trasfigurazione, ma anche ai lettori e ai credenti in Cristo: Egli è il Figlio. Una teologia molto presente nei Vangeli che ci fa tornare alla mente quanto è scritto nel Primo Vangelo, quando Gesù dice: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre» (Mt 11,27).
Desde la ermita, 24 Febrero 2024
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Los Padres de la Isla de Patmos
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Gestos y palabras, sobre la liturgia. Rompamos una lanza a favor de “Besame Tucho”, anche se pare avere dimenticato la Redemptionis Sacramentum
/1 Comentario/en Pastoral litúrgica/por padre simoneGESTOS Y PALABRAS, SOBRE LA LITURGIA. ROMPAMOS UNA LANZA A FAVOR DE "BESAME TUCHO", AUNQUE PARECE HABERLO OLVIDADO ALLÍ EL SACRAMENTO DE LA REDENCIÓN
Muchos, por decirlo suavemente, hicieron caso omiso cuando el Pontífice eligió al actual Prefecto. No faltaron las críticas. Respondiendo con respeto y amenizando toda la discusión hasta ahora con una broma, podríamos recordar el dicho que dice: «Hasta un reloj roto da la hora dos veces al día»
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Por una curiosa ley de represalia muchos que se habían regocijado con la publicación de pidiendo confianza, declaración confusa y ambigua del Dicasterio para la Doctrina de la Fe publicada el 18 diciembre del año pasado, ante el cual se levantaron episcopados enteros, tenían ganas de discutir con la última Nota del mismo Dicasterio sobre la validez de los Sacramentos de 2 febrero de este año y titulado: Por gestos y palabras.
La pregunta surge espontáneamente.: en el 2004 la Instrucción fue publicada Sacramentum que es una obra maestra de la teología sacramental, de la disciplina de los Sacramentos y de la pastoral litúrgica. educación que, según lo que siguió sucediendo en nuestras iglesias, Fue maravillosamente ignorado por ejércitos de sacerdotes creativos y movimientos laicos que continuaron impávidos para crear sus propias liturgias personalizadas., Neocatecumenales en la cabeza, todo en total descuido y falta de vigilancia por parte de los obispos, aunque el documento habla muy claro en su conclusión final:
«Esta instrucción, redactado, por orden del Sumo Pontífice Juan Pablo II, por la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos de acuerdo con la Congregación para la Doctrina de la Fe, fue aprobado por el propio Pontífice el 19 marzo 2004, sobre la solemnidad de San José, quien ordenó su publicación y cumplimiento inmediato por parte de todos los responsables ".
¿Por qué no pedir el cumplimiento de esta instrucción?, tan bien hecho y detallado, en todo caso, establecer sanciones precisas para quien incumpla las disposiciones dadas? Porque éste es el problema de fondo que ha caracterizado los últimos cincuenta años de vida de una Iglesia que pide, exhorta, instruye y recomienda, pero todavía se ve bien, en estos documentos, establecer sanciones precisas para los infractores. No solo: en 64 notas recordatorias de Por gestos y palabras la Sacramentum nunca ha sido recordado ni citado una vez, algo objetivamente serio.
Como incluso las piedras saben ahora la primera Declaración mencionada, en el contexto más amplio del significado que se debe dar a las bendiciones en la Iglesia, abrió la posibilidad de bendecir espontáneamente a parejas en situación irregular y del mismo sexo. Algo que para muchos obispos y sacerdotes de las distintas regiones del norte de Europa no era necesario, lo han estado haciendo arbitrariamente durante años. Esta controvertida Declaración prevé que las bendiciones se den en lugares y en formas que no sean en modo alguno similares a las que se dan a las parejas normales., sino: «En otros contextos, como una visita a un santuario, el encuentro con un sacerdote, la oración recitada en grupo o durante una peregrinación. De hecho, a través de estas bendiciones que se imparten no a través de las formas rituales de la liturgia, sino más bien como expresión del corazón materno de la Iglesia, similares a los que emanan de lo más profundo de la piedad popular, no pretende legitimar nada sino sólo abrir la vida a Dios, pide su ayuda para vivir mejor, y también invocar al Espíritu Santo para que los valores del Evangelio se puedan vivir con mayor fidelidad" (no 40).
Hasta ahora todos están felices, al menos los partidarios de esta apertura, como si previamente hubiéramos negado las bendiciones a individuos, especialmente a aquellos que vivían en condiciones irregulares, o que fueron culpables de los pecados y crímenes más graves.
Irónicamente, precisamente aquellos que se habían regocijado ante la Rogando por confianza, poco después se lanzaron a duras críticas respecto de la Nota de 2 Febrero, Gestos y palabras, porque utiliza un lenguaje tradicional para definir lo que se necesita para que un Sacramento sea válido, así como legal. La crítica, en particular, señala el uso insistente de los términos "forma" y "materia" utilizados por la Nota como componentes insustituibles de toda celebración de los Sacramentos, junto con la intención del celebrante. Crítica que se refiere a la desconexión de estos tres elementos constitutivos de toda la celebración del Sacramento, por los sujetos que participan en él y por los diversos signos que intervienen, cuales deberían ser, por su propia constitucionalidad, e significativa, como se dice, Altavoces. Las notas onduladas, así pues, referirse a la forma en que la Nota no examina la totalidad del Sacramento celebrado e, como una ola de retorno, también se vierten sobre el pidiendo confianza, como hay: «…Una bendición sin forma (sin espacio, hora, palabras, por todas partes) No tiene sentido." (cf.. ver AQUI).
No me corresponde a mí defenderme de un Dicasterio estratégico como el de la Doctrina de la Fe. Con todo y esto, leyendo y releyendo esa Nota me viene a la cabeza «La navaja de Ockham» que se podría resumir más o menos así: "Todas las cosas por igual, la explicación más sencilla es la que preferimos"; o incluso «No considerar la pluralidad si no es necesaria».
esta Nota, y en la carta adjunta del Prefecto, que en su propio cuerpo, recuerda que fueron detectados por Cardenales y Obispos, y por lo tanto pidió aclaraciones, sobre los graves cambios introducidos en la materia y forma de los Sacramentos, anulándolos efectivamente. Bastaría leer algunas pistas y ejemplos., a veces extraño y curioso, a lo que se refiere el Prefecto para entender el simple propósito de la propia Nota: llamar a todos a una correcta celebración de los Sacramentos, leal, eclesial. que si se les concede, cuando lo permitan las Conferencias Episcopales, espacios de creatividad, estos no se convierten en una invención que de hecho manipula arbitrariamente el Sacramento celebrado.
Es a partir de este trasfondo y eso es desde la preocupación de los Pastores de las Iglesias, que la Nota debe ser leída. Que luego resume lo que se necesita para que un Sacramento sea válido., recordando la doctrina tradicional, cual es verdad, en sus rasgos más destacados se remonta al Concilio de Trento, que el Vaticano II retomó y reformuló en armonía con todo lo que la Iglesia había hecho mientras tanto., en sofocar, redescubierto sobre sí misma y cómo pretendía presentarse al mundo de hoy..
No es casualidad que la Nota se inspire en la Constitución. Sacrosanctum Concilium recordar que el Consejo: «Refiere analógicamente la noción de Sacramento a toda la Iglesia». Y de Lumen Gentium que afirma sobre la Iglesia que ésta es: «En Cristo Sacramento, es decir, signo e instrumento de la íntima unión con Dios y de la unidad de todo el género humano". Y esto se logra principalmente a través de los Sacramentos., en cada uno de los cuales se realiza a su manera la naturaleza sacramental de la Iglesia, Cuerpo de Cristo... La Iglesia es consciente de ello, desde sus orígenes, cuidó especialmente las fuentes de las que extrae la savia de su existencia y de su testimonio: la palabra de Dios, atestiguado por las sagradas Escrituras y la Tradición, y los sacramentos, celebrado en la liturgia, mediante el cual se vuelve continuamente al misterio de la Pascua de Cristo" (cf.. no. 6, 7 y 10).
Por la magnitud de todo esto La Iglesia, si dice, recibe los sacramentos, quien administró, pero ella no es la dueña de ello. Lo que, en cambio, parece haber ocurrido con las variaciones creativas de varios ministros y de varios movimientos laicos.. Sólo en este punto la Nota recuerda brevemente -no es un tratado de liturgia- cuáles son los elementos esenciales. En primer lugar, la "forma" del Sacramento que corresponde a las palabras que acompañan el asunto., lo trasciende, Transmitiendo el significado cristiano., salvífico y eclesial de lo que se va realizando en la celebración. Por tanto, la "materia" del Sacramento, que consiste más bien en la acción humana, a través del cual Cristo actúa. A veces hay un elemento material en ello. (agua, cristal, vino, aceite), otras veces un gesto particularmente elocuente (señal de la cruz, imposición de manos, inmersión, infusión, consentir, unción). Esta corporalidad parece indispensable porque arraiga el Sacramento no sólo en la historia humana, pero también, más fundamentalmente, en el orden simbólico de la Creación y la reconduce al misterio de la Encarnación del Verbo y de la Redención realizada por Él (cf.. no 13).
Finalmente, la "intención" de quienes celebran, que no tiene nada que ver con su moralidad y fe, más bien con la convicción de lograr: «Al menos lo que hace la Iglesia» (Concilio de Trento). Esta disposición aleja al celebrante del automatismo y posible arbitrariedad del individuo., ya que este acto exquisitamente humano es también eclesial. Acto interno y subjetivo si, que , manifestándose en el Sacramento, se convierte en toda la comunidad eclesial y: «Porque lo que hace la Iglesia no es otra cosa que lo que Cristo instituyó, también la intención, junto con la materia y la forma, contribuye a hacer de la acción sacramental la extensión de la obra salvífica del Señor" (cf.. no 18).
En este sentido la Iglesia ha preparado los libros litúrgicos que no deben ser alterados ni usados a voluntad, bastante fielmente observado en las palabras e incluso en los gestos indicados en ellas. Proporcionan espacios para la creatividad y las Conferencias Episcopales de los distintos países han preparado posibles adaptaciones y variaciones que corresponden a la sensibilidad y situación de los participantes.. Piensa en celebraciones con niños, por ejemplo, a los diversos cánones eucarísticos preparados para ellos y aprobados por la CEI.
La nota también recuerda, y esto parece responder a las notas críticas, que: «Materia, la forma y la intención siempre se insertan en el contexto de la celebración litúrgica, que no constituye un decorado ceremonial de los Sacramentos y ni siquiera una introducción didáctica a la realidad que se desarrolla, pero sobre todo es el acontecimiento en el que se sigue produciendo el encuentro personal y comunitario entre Dios y nosotros., en Cristo y en el Espíritu Santo, reunión en la que, a través de la mediación de signos sensibles, «La gloria perfecta es dada a Dios y los hombres son santificados». La necesaria preocupación por los elementos esenciales de los Sacramentos, de la que depende su validez, por lo tanto, debe estar de acuerdo con el cuidado y respeto de toda la celebración., en el que el significado y los efectos de los Sacramentos se hacen plenamente inteligibles mediante una multiplicidad de gestos y palabras, favoreciendo así laparticipación activa de los fieles (cf.. no 20).
En este contexto Se incluye toda la importancia de la presidencia litúrgica y el arte de celebrar.. Estos requieren conocimiento de las razones teológicas detrás de ellos., como esos para actuar, cuando se celebra, En la persona de Cristo y En nombre de la iglesia. Así como el conocimiento de los libros litúrgicos y los suyos. Introducción en que a menudo se pasan por alto porque son aburridos. Pero ¿y si quisiéramos hacer una comparación?, que espero no parezca fuera de lugar, entre celebración y gesto deportivo, podemos ver cómo esto último es efectivo si está respaldado por un buen conocimiento y aplicación de los llamados fundamentos.. Un campeón, especialmente aquellas disciplinas que requieren gestos repetidos, idénticos y precisos, pasa mucho tiempo, años incluso, estudiando, entrenar y luego expresarse con una facilidad que asombra. Un gesto atlético muy difícil que vemos realizado, Durante unas Olimpíadas, por ejemplo., Requirió una preparación considerable, sin embargo, nos parece simple y natural..
Finalmente, conozco muchos, por decirlo suavemente, hicieron caso omiso cuando el Pontífice eligió al actual Prefecto. No faltaron las críticas. Respondiendo con respeto y amenizando toda la discusión hasta ahora con una broma, podríamos recordar el dicho que dice: «Hasta un reloj roto da la hora dos veces al día». Con todo y esto, honestamente, esta nota suena bien esta vez. No hay nada objetable en ello., si la intención es precisamente invitarnos a salvaguardar y presentar de manera digna y eclesial un bien tan preciado. De hecho, así es como termina.:
"Nosotros [...] Tenemos este tesoro en vasijas de barro., para que parezca que este poder extraordinario pertenece a Dios, y no viene de nosotros" (2Cor 4, 7). La antítesis utilizada por el Apóstol para subrayar cómo la sublimidad del poder de Dios se revela a través de la debilidad de su ministerio de locutor describe también bien lo que sucede en los Sacramentos.. Toda la Iglesia está llamada a salvaguardar la riqueza contenida en ellos, para que nunca quede oscurecida la primacía de la acción salvífica de Dios en la historia, a pesar de la frágil mediación de signos y gestos propios de la naturaleza humana" (no 28).
Florencia, 21 Febrero 2024
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Los fans de María corredentora, una grave contradicción en términos teológicos
/3 Comentarios/en Theologica/por Padre ArielLOS FANS DE MARÍA CORREDENTOR, UNA GRAVE CONTRADICCIÓN EN TÉRMINOS TEOLÓGICOS
¿Hay alguien realmente dispuesto a creer que la Santísima Virgen, la que se definió como una “humilde servidora”, la mujer del amor dotado, silencio y confidencialidad, el que tiene el propósito de llevar a Cristo, Realmente se puede pedir a algunos videntes o videntes que sean proclamados corredentores y puestos casi a la par del Divino Redentor.? Uno podría preguntarse razonablemente: de cuando, el "humilde servidor" de magníficat, se volvería tan pretenciosa y vanidosa como para pedir y reclamar el título de corredentor?
— Páginas teológicas —
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Artículo dedicado a la memoria del jesuita Peter Gumpel (Hannover 1923 – Roma 2023) quien fue mi formador y precioso maestro en la historia del dogma
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Al frecuentar lo suficiente yo social media, leer y escuchar a sacerdotes y laicos, sobre temas bíblicos y teológicos, A veces uno tiene la impresión de que no se ha avanzado en determinadas cuestiones.. Sucede que se ponen en circulación muchas imprecisiones sobre cuestiones relativas a la fe., o seguimos en registros antiguos, devocional y emocional.
El deseo, tal vez un poco utópico, sería para que los lectores se dieran cuenta, con el mínimo esfuerzo, ¿Quién podría beneficiarse de conocimientos serios y precisos?. Al menos así es en mi esperanza y en la de nuestros Padres. Isla de Patmos, ser de ayuda para aquellos que logren ir más allá de las cuatro o cinco líneas leídas a continuación social media, donde hoy pontifican teólogos y mariólogos improbables, con las consecuencias que muchas veces conocemos bien: desviación de la verdadera fe. y esto es muy triste, porque yo Social Media podrían ser para nosotros una extraordinaria herramienta para la difusión de una sana y sólida doctrina católica..
En los años posteriores al Concilio Vaticano II La ciencia bíblica ha logrado avances importantes, ofreciendo aportes que hoy son esenciales para la teología en sus diversas ramas y para la vida cristiana. esto desde cuando, desde tiempos del Venerable Pontífice Pío XII, en la Iglesia Católica se ha fomentado el estudio de la Biblia dando la posibilidad de utilizar todos aquellos métodos que normalmente se aplican a un texto escrito.. Por citar sólo algunos ejemplos: análisis retórico, el estructural, La literatura y la semántica han producido resultados que quizás a veces hayan parecido insatisfactorios., pero también nos permitieron explorar el texto de la Sagrada Escritura de una manera nueva y esto dio lugar a toda una serie de estudios que nos hicieron conocer mejor y más profundamente la Palabra de Dios.. O reconsiderar adquisiciones antiguas, de tradición, de los Santos Padres de la Iglesia, que a pesar de ser cierto y profundo, así como obras de alta teología, sin embargo no contaron con el apoyo de un estudio moderno de los textos sagrados, precisamente porque todavía, ciertas herramientas, en el momento de sus especulaciones estaban desaparecidos.
Antes de continuar es necesario un aparte: yo "teólogo" da social media necesitan la pelea, para desatar lo cual es necesario elegir y crear un enemigo. Para ciertos grupos el enemigo más popular es el modernismo., correctamente definido por el Santo Pontífice Pío (cf.. Alimentación de las ovejas de Domingo). Eso no significa que, sin embargo, que las acciones de este Santo Pontífice, antes de eso y de su Supremo Predecesor León XIII, siempre ha producido efectos beneficiosos en las décadas siguientes. Obviamente, hacer un análisis crítico objetivo, Es imperativo contextualizar la condena del Modernismo y las severas medidas canónicas que siguieron en ese preciso momento histórico., Ciertamente no expresar juicios utilizando criterios vinculados a nuestro presente., porque sólo surgirían frases engañosas y distorsionantes. Para resumir brevemente este complejo problema al que pretendo dedicar mi próximo libro, Baste decir que la Iglesia de aquellos años, después de la caída del Estado Pontificio ocurrida el 20 Septiembre 1870, fue objeto de violentos ataques políticos y sociales. El Romano Pontífice se retiró como "prisionero voluntario" dentro de los muros del Vaticano de los que salió sólo seis décadas después. El anticlericalismo de origen masónico fue elevado al máximo poder y la Iglesia tuvo que afrontar seriamente su propia supervivencia y la de la institución del papado.. Ciertamente no podía permitirse el desarrollo de corrientes de pensamiento que lo habrían atacado y corroído directamente desde dentro.. Es en este delicado contexto que la lucha del Santo Pontífice Pío. Con todas las consecuencias, incluidas las negativas, del caso.: la especulación teológica quedó efectivamente congelada en medio de mil temores y la formación de los sacerdotes quedó reducida a cuatro fórmulas de neoescolasticismo decadente, que ni siquiera era un pariente lejano de la escolástica clásica de San Anselmo de Aosta y Santo Tomás de Aquino. Esto produjo tal falta de preparación e ignorancia en el clero católico que para una prueba clara bastaría leer la encíclica De vuelta al sacerdocio católico escrito en 1935 del Papa Pío XI.
Las consecuencias de la lucha contra el Modernismo fueron en cierto modo desastrosos, Baste decir que cuando en el umbral de la década de 1940, al inicio del pontificado de Pío XII, Los teólogos católicos y los eruditos bíblicos comenzaron a hacerse con ciertos materiales y a realizar exégesis en el contexto del Antiguo y Nuevo Testamento., fueron forzados, discretamente y trabajando con prudencia debajo de la mesa, para referirse a autores protestantes, que llevaba décadas especulando y realizando estudios en profundidad sobre determinados temas, especialmente en el campo de las ciencias bíblicas. Y así hoy, Si queremos hacer un estudio y análisis del texto de la Carta a los Romanos debemos necesariamente remitirnos al comentario del teólogo protestante Carl Barth., que sigue siendo fundamental y sobre todo insuperable. Estos también fueron los frutos de la lucha contra el modernismo., del que los "teólogos" ciertamente no hablan social media que para existir necesitan un enemigo con quien luchar. Pero como ya se dijo, este tema será el tema de mi próximo libro, pero esto aparte era necesario para introducir mejor nuestro tema.
Lo que todavía falta hoy es que estos resultados obtenidos a través de la exégesis moderna o el estudio de los textos del Antiguo y Nuevo Testamento se convierten en prerrogativa de la mayoría de los creyentes.. Y aquí vuelvo a reiterar la extraordinaria importancia que tiene la social media, difundir y hacer accesibles determinados materiales. Con demasiada frecuencia se limitan a textos especializados y no aprueban, si no esporádicamente, en la predicación y catequesis, Fomentar una nueva conciencia de los términos en juego y, por tanto, una fe cristiana más sólida y motivada., no se basa únicamente en datos adquiridos que a menudo son frágiles y confusos, en el devocional, en lo sentimental, o peor: sobre revelaciones, sobre apariciones reales o supuestas, o sobre los “secretos” temblorosos y picantes de la locuacidad señora en Medjugorje (cf.. mi videoconferencia, AQUI)…y así sucesivamente.
Si ciertos fans madonnolatrous tenían humildad, tal vez incluso la decencia de leer libros y artículos de académicos autorizados, tal vez podrían entender que no sólo, ellos no entendieron, pero que no han entendido nada de la María de los Santos Evangelios. Bastaría tomar - menciono sólo uno entre muchos - el artículo escrito por el Padre Ignace de la Potterie: «La Madre de Jesús y el misterio de Caná» (La Civiltà Católica, 1979, IV, pags.. 425-440, texto completo AQUI), para comprender así qué abismal diferencia puede haber entre Mariología y Mariolatría.
Cuando aún hoy hablamos de la Virgen María, Desgraciadamente, incluso entre ciertos sacerdotes -y más aún entre ciertos creyentes devotos- asistimos a la trillada repetición de los habituales discursos devocionales y emotivos., hasta llegar, con paso de elefante dentro de una cristalería, al delicadísimo y discutido tema de María corredentora, que, como es bien sabido -y como lo han señalado varias veces los últimos Pontífices-, es un término que en sí mismo crea enormes problemas teológicos con la cristología y el misterio mismo de la redención.. De hecho, afirma que María, criatura perfecta nacida sin pecado, pero sigue siendo una criatura creada, cooperó en la redención de la humanidad, no es exactamente lo mismo que decir que corredendió a la humanidad. Fue Cristo quien realizó la redención, que no era una criatura creada sino el Verbo de Dios hecho hombre, engendrado no creado de la misma sustancia que Dios Padre, mientras actuamos en el Símbolo de la fe, el Credo, donde profesamos «[...] y por obra del Espíritu Santo se encarnó en el vientre de la Virgen María". En el Símbolo de la fe, la redención está enteramente centrada en Cristo. Por eso decimos que la Santísima Virgen “el cooperó” y decir “ja co-redee” tiene un valor teológico sustancial y radicalmente diferente. De hecho, sólo uno es el redentor.: Jesucristo Dios hecho hombre "engendrado, no creado de la misma sustancia que el Padre", quien como tal no necesita de ninguna criatura creada que lo sostenga o sostenga como corredentor o corredentor, incluida la Santísima Virgen María" (cf.. Ariel S. Levi di Gualdo, en La Isla de Patmos, ver AQUI, AQUI, AQUI). Pregunta: a los fans del corredentor, ¿Cómo es que no basta que María sea quien de hecho cooperó más que cualquier criatura para que se realizara el misterio de la redención?? Por qué razón, pero sobre todo por qué obstinación, no contenta con su papel de cooperadora, quieren a toda costa que sea proclamada corredentora con una solemne definición dogmática?
Desde un punto de vista teológico y dogmático, El concepto mismo de María corredentora crea ante todo grandes problemas para la cristología., con el riesgo de dar a luz a una especie de "quatrinità" y elevar la Virgen, es decir criatura perfecta que nacen sin la mancha del pecado original, al papel de dioses reales. Cristo nos redimió con su hipostática preciosa sangre humana y divina., con su glorioso cuerpo resucitado que aún hoy lleva impresos los signos de la pasión. María en cambio, al mismo tiempo que cubre un papel extraordinario en la historia de la economía de la salvación, Se cooperó en nuestra redención. Decir corredentores equivale a decir que hemos sido redimidos por Cristo y María. Y aquí es bueno aclarar.: Cristo salva, Mary intercede por nuestra salvación. No es una pequeña diferencia entre “salvar” e “interceder”, a menos que de lo contrario crear una religión diferente de la fundada en el misterio de la Palabra de Dios (cf.. mi anterior artículo AQUI).
La mariología no es algo en sí mismo., casi como si viviera una vida independiente. La mariología no es más que un apéndice de la cristología y se inserta en una precisa dimensión teológica del cristocentrismo.. Si la mariología se desliga de alguna manera de esta centralidad cristocéntrica, se puede correr el grave riesgo de caer en el peor y más nocivo mariocentrismo. Por no hablar de la evidente soberbia de los exponentes de una joven y problemática Congregación de impronta franciscano-mariana., quienes no se limitaron a realizar hipótesis o estudios teológicos para sustentar la idea peregrina de la llamada corredentoria, pero en realidad instituyeron su culto y veneración.
Quien proclama dogmas que no existen Comete un crimen mayor que aquellos cuyos dogmas los niegan., porque opera mediante la colocación por encima de la autoridad de la misma santa Iglesia Mater et Magistra, poseedor de una autoridad que deriva del mismo Cristo. Y este ultimo si, que es un dogma de la fe católica, a la que no se llegó por deducción lógica después de siglos de estudios y especulaciones -como en el caso del dogma de la inmaculada concepción y de la asunción de María al cielo-, sino sobre la base de palabras claras y precisas pronunciadas por la Palabra de Dios hecha Hombre (cf.. Mt 13, 16-20). Y cuando se proclaman dogmas que no existen, en ese caso el orgullo entra en escena en su peor manifestación. Lo he escrito y explicado en varios de mis artículos anteriores pero merece ser repetido nuevamente.: en la llamada escala de los pecados capitales el Catecismo de la Iglesia Católica indica el orgullo en primer lugar, con dolorosa paz de quien se obstina en concentrar todo el misterio del mal en la lujuria - que, recordemos, no figura en absoluto en primer lugar, pero ni siquiera al segundo, al tercero y cuarto [Ver. catecismo no. 1866] -, sin tener en cuenta el hecho de que los peores pecados que van todo el mundo y el rigor de su cinturón se eleven, no en lugar de su cinturón a caer, como escribí en un tono irónico pero teológicamente muy serio hace años en mi libro Y Satanás se hizo trino, explicando en uno de mis libros 2011 cómo el sexto mandamiento a menudo ha sido exagerado sin medida, olvidando a menudo los peores y más graves pecados contra la caridad.
Si entonces todo esto se filtra a través de emociones fideístas - como si un tema tan delicado centrado en las esferas más complejas de la dogmática fuera una especie de afición opuesta formada por aficionados de la Lazio y aficionados de la Roma -, en ese caso se puede caer en la actual idolatría mariana o la llamada mariolatría., que es lo mismo que decir: puro paganismo. En ese momento María fácilmente podría tomar el nombre de cualquier diosa del Olimpo griego o del Panteón romano..
los fans de social media de corredención de la Santísima Virgen afirman como una especie de prueba incontrovertible que fue María misma quien pidió la proclamación de este quinto dogma mariano (cf.. entre muchos artículos, AQUI). Algo sobre lo que dicen que no hay discusión., la misma Virgen María se lo habría preguntado al aparecerse en Amsterdam a Ida Peerdeman. Dado que ninguna aparición mariana, incluyendo aquellos reconocidos como auténticos por la Iglesia, Fátima incluida, puede ser objeto y materia vinculante de la fe; dado también que las locuciones de ciertos videntes lo son aún menos, sólo podemos sonreír ante ciertas bromas de los teólogos aficionados que hacen que ciertos temas sean difíciles de manejar para nosotros, los sacerdotes y, sobre todo, para nosotros los teólogos., Precisamente porque su arrogancia va de la mano con su ignorancia que les lleva a tratar un tema como si realmente se tratara de un acalorado intercambio entre aficionados de la Lazio y aficionados de la Roma que se gritan desde los rincones opuestos del estadio.. Incluso en este caso la respuesta es simple.: ¿Hay alguien verdaderamente dispuesto a creer que la Santísima Virgen, la que se definió como una “humilde servidora”, la mujer del amor dotado, silencio y confidencialidad, el que tiene el propósito de llevar a Cristo, Realmente se puede pedir a algunos videntes o videntes que sean proclamados corredentores y puestos casi a la par del Divino Redentor.? Uno podría preguntarse razonablemente: de cuando, el "humilde servidor" de magníficat, se volvería tan pretenciosa y vanidosa como para pedir y reclamar el título de corredentor?
Finalmente aquí está “prueba de prueba”: «varios Sumos Pontífices han hecho uso del término corredentor», Dicho esto, la lista de sus diversos discursos sigue a continuación., aunque todo demuestra exactamente lo contrario de lo que a los fans de la corredención les gustaría vivir. Es cierto que el Sumo Pontífice Juan Pablo II, en un discurso suyo el 8 de septiembre 1982, él afirmó:
«María, aunque concebido y nació sin la mancha del pecado, participado de una manera maravillosa de los padecimientos de su Divino Hijo, ser corredentor de la humanidad".
Sin embargo, esta expresión demuestra exactamente lo contrario. a nivel teológico y mariológico. aclaremos por qué: desde entonces, siguiendo a Juan Pablo II -sin duda un Pontífice de profunda devoción mariana-, tuvo otros antes que él 23 años de pontificado. Ven mayo, en este largo periodo de tiempo, así como no proclamar el quinto dogma mariano de la corredención de María, rechazó rotundamente la petición, cuando se lo presentaron dos veces? Él la rechazó porque entre los 1962 y el 1965, el entonces joven obispo Karol Woytila fue figura participante y activa en el Concilio Vaticano II quien en una de sus constituciones dogmáticas aclaró cómo María había «cooperado de manera única en la obra del Salvador» (lumen gentium, 61). Declaración introducida por el artículo anterior donde se precisa que la única mediación del Redentor «no excluye, pero suscita en las criaturas una variada cooperación participada por una única fuente". (lumen gentium 60; CCC 970). Y la cooperación más alta y extraordinaria fue la de la Virgen María.. Esto debería bastar para comprender que los Sumos Pontífices, cuando a veces recurrían al término corredentor en sus discursos, nunca en encíclicas o actos solemnes del magisterio supremo, quisieron expresar con él el concepto de la cooperación de María en el misterio de la salvación y de la redención..
El mismo término corredentor es en sí mismo un absurdo teológico que crea enormes conflictos con la cristología y el misterio de la redención realizado únicamente por Dios, el Verbo encarnado., que no necesita corredentores y corredentores, lo repitió tres veces, en el 2019, 2020 y 2021 también el Sumo Pontífice Francisco:
«[...] Fiel a su Maestro, quien es su hijo, el único redentor, nunca quiso tomar algo de su Hijo para sí. Nunca se presentó como corredentora. No, discípula. Y hay un Santo Padre que dice por ahí que el discipulado es más digno que la maternidad. Preguntas de teólogos, pero un discípulo. Nunca le robó nada a su Hijo para sí mismo., ella le sirvió porque es madre, da vida en la plenitud de los tiempos a este Hijo nacido de una mujer (cf.. Homilía de 12 diciembre 2019, texto completo AQUI) [...] Nuestra Señora no quiso quitarle ningún título a Jesús; ella recibió el don de ser su Madre y el deber de acompañarnos como Madre, ser nuestra Madre. Ella no pidió para sí misma ser cuasi-redentora o corredentora: no. El Redentor es uno solo y este título no se duplica. Única discípula y Madre (cf.. Homilía de 3 abril 2020, texto completo AQUI) [...] la virgen que, como la Madre a quien Jesús nos ha confiado, nos envuelve a todos; pero como madre, no como una diosa, no como corredentora: como madre. Es verdad que la piedad cristiana siempre le da hermosos títulos, como un hijo a su madre: cuantas cosas bonitas le dice un hijo a la madre que ama! pero tengamos cuidado: las cosas hermosas que la Iglesia y los Santos dicen de María no quitan nada a la singularidad redentora de Cristo. Él es el único Redentor. Son expresiones de amor como un hijo a su madre., a veces exagerado. Pero amor, sabemos, siempre nos hace hacer cosas exageradas, pero con amor" (cf.. Audiencia de 24 marzo 2021, texto completo AQUI).
El misterio de la redención es uno con el misterio de la cruz, en el que Dios hizo al hombre murió como cordero de sacrificio. En la cruz la Santísima Virgen María no fue clavada a muerte como un cordero sacrificado, que al final de su vida se durmió y fue asunta al cielo, ella no murió y resucitó al tercer día, venciendo a la muerte. La Santa Virgen, primera criatura de toda la creación sobre todos los santos por su pureza inmaculada, no perdona nuestros pecados y no nos redime, intercede por la remisión de nuestros pecados y por nuestra redención. Entonces si él no nos redime, porque insistimos en dogmatizar un título destinado a definir solemnemente quién nos corredende?
Es probable que muchos fanáticos de la corredención Nunca he prestado atención a las invocaciones de las Letanías de Loreto., que ciertamente no fueron obra de algún pontífice reciente que oliera a modernismo, como algunos dirían, fueron añadidos al rezo del Santo Rosario por el Santo Pontífice Pío V tras la victoria de la Santa Liga en Lepanto en 1571, aunque ya en uso desde hace varias décadas en el Santuario de la Casa de Loreto, de donde toman su nombre. Sin embargo, bastaría con hacer esta pregunta.: ¿Por qué, cuando al comienzo de estas letanías se invoca a Dios Padre, Dios Hijo y Dios Espíritu Santo, digamos "Miserere nobis» (ten piedad de nosotros)? Mientras recién comienza, con la invocación Sancta Maria, enunciar todos los títulos de la Santísima Virgen, a partir de ese momento decimos «Ruega por nosotros» (Oren por nosotros)? Sencillo: porque Dios Padre que nos creó y que se entregó a la humanidad mediante la encarnación del Verbo de Dios hecho hombre, Jesucristo, quien luego trajo al Espíritu Santo que "procede del Padre y del Hijo", con misericordia compasiva dan la gracia del perdón de los pecados mediante una acción trinitaria del Dios trino, la virgen maria no, él no nos perdona nuestros pecados y no los perdona, porque en la economía de la salvación su papel es el de intercesión. Por esta razón, cuando acudimos a ella a través de la oración, ambos en el Avemaría que en la hola regina, desde siempre, a lo largo de la historia y tradición de la Iglesia la invocamos diciendo "ruega por nosotros pecadores", no le pedimos que perdone nuestros pecados o que nos salve (cf.. mi anterior artículo , AQUI). Esto por sí solo debería ser suficiente y avanzar para comprender que el término corredentor en sí mismo es una gran contradicción a nivel teológico., desgraciadamente lo suficiente como para hacer que aquellos teólogos que insisten en pedir la proclamación de este quinto dogma mariano sean groseros, cargar y utilizar como fanáticos a franjas de fieles, la mayoría de los cuales tienen profundas y graves lagunas en los fundamentos del Catecismo de la Iglesia Católica..
La persona de la Virgen María, la madre de jesus, es mirado e indicado con una profundidad teológica que lo sitúa en estrecha relación con la misión de su Hijo y unido a nosotros los discípulos., porque este es su papel que los Evangelios quisieron comunicar y recordarnos, todo con el debido respeto a quienes afirman, a veces incluso con arrogancia, relegar a la Mujer de magníficat en un microcosmos de devociones emocionales que a menudo incluso revelan el humo del neopaganismo. Por tanto, el Sumo Pontífice Francisco tiene razón, que con su estilo muy simple y directo, a veces incluso deliberadamente provocativo y para algunos incluso irritante, pero precisamente por eso capaz de hacerse entender por todos, precisó que María «[...] nunca quiso tomar algo de su Hijo para sí. Ella nunca se presentó como corredentora". Y ella no se presentó como tal porque María es la Mujer de magníficat: «Miró la humildad de su siervo, Desde ahora me llamarán bienaventurada todas las generaciones”.; bendito porque me hice siervo, ciertamente no por qué pregunté, a algún vidente demente, ser proclamada corredentora.
desde la Isla de Patmos, 3 Febrero 2024
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La Madre de Jesús, El tesoro escondido en los evangelios.
/1 Comentario/en Theologica/por padre ivanoSólo Jesús pudo ser tan bueno y misericordioso como para curar y sanar a una suegra
/en Omilética/por monje ermitañoSOLO GESÙ POTEVA ESSERE COSI BUONO E MISERICORDIOSO DA CURARE E GUARIRE UNA SUOCERA
«La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Se acercó y la hizo levantarse de la mano.; la fiebre la dejo y ella les atendió. Llegó la noche, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta».
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.https://youtu.be/4fP7neCJapw.
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La pericope del Vangelo di questa V Domenica del Tempo Ordinario ci racconta ancora della giornata-tipo di Gesù a Cafarnao.
"En ese momento, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Se acercó y la hizo levantarse de la mano.; la fiebre la dejo y ella les atendió. Llegó la noche, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni». (MC 1,29-39)
Se l’utilizzo frequente in Marco dell’avverbio «subito» è servito ad accelerare il tempo narrativo, evidenziando la fretta di Gesù riguardo l’annuncio del regno; nel brano odierno, anche i luoghi qui sono presi in considerazione, come uno spazio che tende ad allargarsi sempre di più. Il movimento del racconto passa infatti dalla sinagoga della cittadina sul lago (MC 1,29) alla casa di Pietro, poi ancora dalla casa alla strada aperta davanti alla porta del cortile della casa di Pietro (v. 33), da una città ai villaggi vicini (v. 38); por fin, dai villaggi fino a «tutta la Galilea» (v. 39). Come se tutto lo spazio, velocemente, debba essere occupato da Gesù, dal suo annuncio e dalle sue opere.
I personaggi del racconto sono i discepoli più vicini a Gesù, la suocera di Simone e soprattutto i malati. Sono questi ad impadronirsi della scena. Essi si possono trovare già dove arriva Gesù, come la suocera di Pietro, oppure vengono portati a lui; altri ancora lo cercano spontaneamente sin dall’alba, quando egli sta pregando. La malattia incornicia il nostro brano: che si tratti di una febbre o di una sofferenza più profonda, spirituale o fisica (come quella causata dagli spiriti impuri del v. 39), il vocabolario del campo semantico dell’infermità costella il racconto ed è presente in modo consistente, includendo tutta la narrazione.
«E subito gli parlarono di lei». La sollecitudine verso questa donna anziana colpisce, perché manifesta un’attenzione verso i fragili e la fede nella presenza di Gesù. La donna anziana e febbricitante non viene nascosta al Maestro come fosse un problema o qualcuno di cui vergognarsi, per cui non varrebbe la pena disturbare. Il fatto che i discepoli parlino subito della suocera di Pietro a Gesù mostra che quella donna era per loro una priorità. Non ne chiedono la guarigione, non sfruttano la presenza del Maestro ai loro fini, semplicemente indicano la donna malata: questa persona per loro è importante. Da questo si può capire il senso e il valore dell’intercessione come del parlare a favore di qualcuno. Gesù lo apprezza, tanto che fa subito qualcosa: le tende la mano, la solleva e poi la guarisce dalla sua malattia. Gesù vuol essere disturbato dai malati. Gesù apprezza e ammira l’intercessione a favore dei malati, come nel caso del centurione che intercede per il suo servo malato (Lc 7,1-10).
Il tema della malattia, dicevamo, percorre tutto il testo marciano. La sofferenza tocca ogni uomo, ma «sperimentando nella malattia la propria impotenza, l’uomo di fede riconosce di essere radicalmente bisognoso di salvezza. Si accetta come creatura povera e limitata. Si affida totalmente a Dio. Imita Gesù Cristo e lo sente personalmente vicino» (Catechismo degli Adulti, La verdad os hará libres, 1021). È la «conversione» alla quale sono chiamati i malati sanati da Gesù, de lo contrario, alla quale siamo chiamati tutti noi.
Scopriamo così un altro senso delle prime parole di Gesù nel Vangelo di Marco: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» (MC 1,15). Il tempo e lo spazio, ma anche gli uomini e le donne sono toccati dalla pienezza della presenza di Dio e il regno è quella realtà in cui è possibile l’incontro con Gesù. Gesù non compie solo attività terapeutiche, perché i suoi gesti sono accompagnati da parole, da insegnamenti. In effetti si tratta di segni per dire che il regno è vicino: i miracoli annunciano e inaugurano il regno di Dio e corrispondono alle attese di Israele, dove si credeva che il Messia sarebbe venuto con capacità taumaturgiche. Per questo motivo l’annuncio che «il regno è vicino» è complementare alla parola «convertitevi e credete al vangelo», perché le folle che accorrono da Gesù, davanti a questi gesti divini, sono chiamate a credere e a convertirsi. Se questo non accade, i miracoli non servono, come spiega Matteo in un altro passo: «Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, porque no se arrepintieron: Guai a te, Corozaín! Guai a te, Betsaida. Porqué , si en Tiro y en Sidón se hubieran hecho los milagros que se hicieron en medio de ti, algún tiempo habría arrepentido, ravvolte nel cilicio e nella cenere» (Mt 11,20-21). La guarigione più grande che Dio può operare è quella dalla nostra incredulità.
Finalmente, forse collegato a ciò che abbiamo appena detto, notiamo la piccola discrepanza fra i «tutti» che accorrono a Gesù per essere sanati (v.v.. 32.33.37) e i «molti» che invece, Realmente, sono guariti: «Guarì molti che erano afflitti da varie malattie» (v. 34). Que, sin embargo, viene superata dal vocabolario della risurrezione usato da Marco. Infatti il verbo che Marco adopera per narrare la guarigione della suocera di Pietro — «la sollevò» del v. 31) — è molto importante nel Nuovo Testamento, perché non ricorre soltanto nei contesti delle guarigioni (MC 2,9.11; 5,41; 9,27), ma soprattutto nel racconto della risurrezione di Lazzaro (Juan 12,1.9) e di Cristo (ad es.: Hc 3,15; Rm 10,9). Come Gesù è stato capace di sollevare la suocera di Simone, così sarà capace di dare la vita ai morti, a todos. Si chiarisce allora la strada che vuol farci percorrere Marco per arrivare a conoscere chi è Gesù. Colui che nell’apertura del Vangelo viene definito come «Figlio di Dio» (MC 1,1), come il Battezzatore nello Spirito Santo (v. 8), come il «Figlio prediletto» (v. 11) è finalmente svelato nel suo essere nei confronti degli uomini: è colui che è «venuto» («uscito», literalmente significa, dal verbo exérchomai; cf.. v. 38) agli uomini perché lo ascoltino e siano guariti dalle loro infermità.
Il racconto della giornata di Gesù prosegue col riposo, ma poi «al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!» (MC 1,35-37). Non sappiamo a quale luogo deserto possa riferirsi l’evangelista, ma certo non doveva essere distante dal lago. Marco ha già accennato alla preghiera di Gesù, nella forma celebrata in sinagoga. Questa preghiera mattutina e personale, come apprendiamo anche da altre tradizioni evangeliche, sembra essere il modo in cui il Signore riconduce tutto al Padre: quello che ha vissuto dalla sera precedente, quello che lo aspetterà nel giorno che continua. Così Gesù insegna ai discepoli che la preghiera è indispensabile per fare unità nella propria vita.
Desde la ermita, 4 Febrero 2024
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Un buen sacerdote es tal si espera el final de su mandato para alabar a su Obispo: Andrea Turazzi, desde hoy Obispo emérito de la Diócesis de San Marino-Montefeltro
/en Actualidad/por Padre ArielUN BUEN SACERDOTE ES TAL SI PARA ALABAR A SU OBISPO ESPERA EL FIN DE SU MANDATO EPISCOPAL: ANDREA TURAZZI, DESDE HOY OBISPO EMERITO DE LA DIÓCESIS DE SAN MARINO-MONTEFELTRO
«Venerable Obispo, Quiero que sepas que durante tu episcopado me regalaste los diez mejores años de mi sacerdocio., Esto es algo por lo que siempre les estaré profundamente agradecido".
- Noticias eclesiales -
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Desde hoy S.E.. Mons. Andrea Turazzi es obispo emérito de San Marino-Montefeltro, mi Diócesis de pertenencia.
Mi Obispo por un año, después de conocerme me dijo en aquel mayo lejano 2015: «Tú naciste para ser cazador y yo nací para ser veterinario». Me sonrió con cariño y continuó.: «En la Iglesia se necesitan tanto cazadores como veterinarios, Sólo por favor no dispares con perdigones pesados., en todo caso utilice bolitas más pequeñas".
para un sacerdote, No amar a un Obispo que se presenta así es imposible.. Y amaba a mi obispo, aunque nunca lo he dicho públicamente, porque no hubiera sido apropiado y prudente.
El año pasado, mientras se desataba una polémica en la que yo me había sumergido directamente con la sotana puesta sin siquiera desvestirme y ponerme el bañador, mi dijo: «No cuestiono tus razones, impecable a nivel doctrinal y teológico, Sólo les pido que traten de ser un poco más moderados".. Después de extenderme esta invitación añadió: "Por supuesto, nadie puede decir que te falta coraje, tal vez incluso tengas demasiado. Por esto no tengo ganas de dirigirme a usted de ninguna manera., porque esta es tu naturaleza y el carácter que Dios te ha dado, nadie puede pedirte que seas diferente de lo que eres, Sólo les pido un poco de moderación en la legítima polémica., nada mas".
Como siempre lo escuché. Y a los pocos días le envié un mensaje privado en el que le agradecía en estos términos: «Venerable Obispo, Quiero que sepas que durante tu episcopado me regalaste los diez mejores años de mi sacerdocio., Esto es algo por lo que siempre les estaré profundamente agradecido"..
Si usar estas palabras de cariño el es alguien como yo, que no dudé en llamar públicamente criminal a un cardenal poderoso, afirmando que hubiera preferido tratar con los de la Banda della Magliana que con él y sus secuaces (cf.. AQUI), esto significa que tuve la gracia de tener como Obispo a un auténtico hombre de Dios y un verdadero modelo de Pastor en el cuidado de las almas., algo que es cada vez más raro en estos tiempos tristes que vive la Iglesia universal. En su vida y en su gobierno episcopal mi Obispo fue un elevado modelo y realización viva de la enseñanza de los Padres de la Iglesia que exhortan:
«Todos los sacerdotes, en unión con los obispos, participan del mismo y único sacerdocio y ministerio de Cristo, de tal manera que la misma unidad de consagración y misión requiere la comunión jerárquica de los presbíteros con el orden de los obispos […] Los obispos por lo tanto, gracias al don del Espíritu Santo que se concede a los sacerdotes en la sagrada ordenación, tienen en ellos los colaboradores y asesores necesarios en el ministerio y en la función de instruir, Santificar y gobernar al pueblo de Dios. […] Por esta participación común en el mismo sacerdocio y ministerio, Por lo tanto, los obispos deben considerar a los sacerdotes como hermanos y amigos., y cuidarlos, en todo lo que puedan, su bienestar material y sobre todo espiritual" (Ver. Por decreto de los Presbíteros de la Orden, n. 7).
Solo ahora que ya no tiene el poder de gobierno pastoral sobre la Diócesis y sobre mí, Puedo decir públicamente cuánto lo reverenciaba., apreciaba y amaba a mi obispo. Y que difícil no fue para mí nada, con un obispo asi, poner en práctica esta exhortación de los Padres de la Iglesia:
«Yo presbíteros, por su parte, teniendo presente la plenitud del sacramento del orden que disfrutan los obispos, veneren en ellos la autoridad de Cristo, pastor supremo. Por tanto, estén unidos a su obispo con sincera caridad y obediencia.. Esta obediencia sacerdotal, impregnado del espíritu de colaboración, se basa en la misma participación del ministerio episcopal, conferida a los sacerdotes por el sacramento del orden y la misión canónica” (Ver. Por decreto de los Presbíteros de la Orden, n. 7).
al obispo Es debido respeto filial y obediencia devota por el presbítero, Esto lo prometemos solemnemente el día que recibamos la consagración sacerdotal.. Y respeté y obedecí a mi Obispo, porque fue por él. Entonces yo también lo respeté y lo amé., pero no porque fuera por él, porque ni estima ni amor se debe a ningún Obispo como tal; si se los derramo encima, es porque los merecía profundamente.
Perdón por los hermanos sacerdotes Y duele Christi fideles de esta Diócesis de Feretra que el mandato del Obispo no ha sido prorrogado. Casi se gritaría "despilfarro".!"frente a un hombre de 75 años en perfecta salud física, dotado de todas las fuerzas humanas y espirituales necesarias, de conocimiento y sabiduría. Pero por otro lado, la Roma de la "Iglesia hospital de campaña" y de los "suburbios existenciales" parece acostumbrada a ello, hoy incluso más que ayer, para decidir sobre las cartas secas, especialmente cuando se trata de los tan cacareados "suburbios".
No tengo idea de quién es su sucesor. porque no lo conozco, Sólo sé que se llama Domenico Beneventi., 49 años, sacerdote de la diócesis de Acerenza, una diócesis particularmente querida por el cardenal Crescenzio Sepe, Muy activo y laborioso en los últimos tiempos en la presentación de nuevos candidatos idóneos para el episcopado.. Desde ahora deseo que el nuevo Obispo elegido no sólo sea respetado y obedecido, como se le debe por vínculo sacramental; Deseo también que sea amado y estimado como lo fue su predecesor.. Pero el amor y la estima del clero y de los fieles deben ganarse a un alto precio, a menudo incluso a costa de lágrimas y sangre, precisamente porque no son cosas necesarias. Este es el trabajo más duro para cualquier obispo., lo cual siempre se traduce en éxito sólo en auténticos hombres de Dios, dispuestos a conformarnos al misterio de la Cruz de Cristo Señor.
desde la Isla de Patmos, 3 Febrero 2024
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El sitio web de esta revista y las ediciones toman nombre de la isla del Egeo en la que el Beato Apóstol Juan escribió el libro del Apocalipsis, Isola también conocido como «el lugar de la última revelación»
«Dios reveló los secretos de los demás ALTIUS»
(en más alto que los demás, Juan ha trasmitido a la Iglesia, los misterios arcanos de Dios)
El bisel utilizado como portada de nuestra página de inicio es un fresco del siglo XVI de Correggio. conservada en la iglesia de San Juan Evangelista en Parma
Creador y editor de la revista de este sitio web:
Manuela Luzzardi