An diesem Tag erkannte ein Besessener Jesus Christus sofort als göttliche Macht

Homiletik der Väter der Insel Patmos

QUEL GIORNO IN CUI UN INDEMONIATO RICONOBBE IMMEDIATAMENTE GESU CRISTO COME POTENZA DIVINA

«Nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, Sprichwort: “Was wünschen Sie sich von uns?, Jesus Nazarener? Sie sind gekommen, um uns zu zerstören? ich weiß wer du bist: der Heilige Gottes!”. E Gesù gli ordinò severamente: “Taci! Esci da lui!”. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui».

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Das evangelische Lied dieses Sonntags forma parte di quella che viene comunemente definita la «giornata di Gesù a Cafarnao».

„Zu dieser Zeit, Jesus, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao] er lehrte. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Und hier, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, Sprichwort: “Was wünschen Sie sich von uns?, Jesus Nazarener? Sie sind gekommen, um uns zu zerstören? ich weiß wer du bist: der Heilige Gottes!”. E Gesù gli ordinò severamente: “Taci! Esci da lui!”. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!”. La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea». (MC 1,21-28).

Si tratta di una raccolta di brevi episodi che vanno da MC 1,21 so weit wie 1,34 che l’Evangelista racchiude nell’arco di ventiquattro ore. Si inizia con la preghiera del mattino in sinagoga, descritta dal v. 21― preghiera celebrata ancora oggi dagli Ebrei, che prevede la proclamazione della Torah, del Profeta e il successivo sermone tenuto dal rabbino ― per arrivare al tramonto del sole, quando ormai, finito lo Shabbat, è permesso portare i malati davanti a Gesù. L’attività di Gesù è frenetica: non ha tempo se non per insegnare e per guarire. C’è un avverbio, «subito» (εὐθύς, euthys), importantissimo per Marco, che si ripete nei vv. 21.23.28 ― purtroppo non colto dalla traduzione italiana, ma presente in greco ― e addirittura dodici volte solo nel primo capitolo, quarantacinque nell’intero vangelo di Marco; sta a indicare la fretta di Gesù per il quale «il tempo è compiuto» (MC 1,15): se il tempo è compiuto, non c’è tempo da perdere per mostrare come il Regno è arrivato tra gli uomini.

La prima attività che ci riferisce Marco su Gesù è il fatto che insegnava con autorità. Il primo miracolo, nennen wir es so, che compie non è una guarigione o un esorcismo, ma l’insegnamento. E, in proporzione, Marco presenta Gesù come un maestro, più degli altri Vangeli: per cinque volte usa a suo riguardo la parola didachē ― «insegnamento» ― e per dieci volte lo chiama «maestro», riferendo questo titolo solo a lui. L’insegnamento è uno dei ministeri di cui parla Paolo nella Lettera ai Romani (12,7), ed è forse la carità di cui più abbiamo bisogno in tempi in cui è difficile trasmettere la fede.

Die Anderen, a cui viene paragonato Gesù, sono gli scribi. Ma non hanno la sua stessa «autorità». Anche se non vengono disprezzati o diminuiti dall’Evangelista, Marco sottolinea due volte (vv. 22 e 27) che egli insegna in modo molto diverso rispetto a loro. La differenza tra lui e gli altri «rabbini» potrebbe stare a due livelli. Il primo è quello dell’autorevolezza con cui Gesù dice le cose. Leggendo i testi della tradizione rabbinica, che sono stati raccolti a partire dalla caduta del secondo Tempio, nella seconda metà del I secolo d.C., si rimane colpiti dall’attaccamento alle «tradizioni degli antichi» ― di cui parla anche Marco in 7,1-13 ― tramandate con una lunga catena di detti e di sentenze, ma soprattutto dal modo in cui queste sono elencate una dopo l’altra, come una raccolta di opinioni diverse ma dello stesso valore. La parola di Gesù invece ha un carattere più creativo ed un peso più grande: si rifà direttamente alla Legge e a Dio e, acquisendone forza, la sua parola non è mai solo un parere. Ma c’è di più e qui siamo al secondo livello dell’autorità di Gesù. Le sue non sono semplicemente parole, ma compiono ciò che dicono. Egli è il «santo di Dio» (MC 1,24) e perciò la sua autorità esprime il potere di Dio stesso: per questo insegna, esorcizza e guarisce, ma sempre attraverso una parola che libera e salva.

Il Regno di Dio è una nuova creazione in welchem, come già nella prima, le parole proferite autorevolmente realizzano ciò che proferiscono. Questo diventa evidente nella seconda attività che contraddistingue l’avvento del Regno in Gesù: la guarigione dei malati e gli esorcismi. Dove c’è Dio con il suo regno, lì non c’è spazio per il male e le sue potenze: se ne devono andare.

Gesù infatti non lascia parlare lo spirito immondo: «Taci», gli ordina. Non vuole che Satana apra bocca e non solo perché il diavolo è «menzognero e padre della menzogna» (GV 8,44). Infatti già era accaduto una volta che il serpente avesse parlato, ed ebbe inizio la triste storia del peccato dell’uomo: il serpente antico per tentare al male Adamo aveva infatti inculcato il veleno del dubbio in Eva: «È vero che?» (Gen 3,1). Se allora fosse stato fatto tacere, Adamo avrebbe vinto la tentazione.

In questa parte del Vangelo secondo Marco la cristologia è centrata sull’idea che Gesù sia capace di recuperare la sorte del primo uomo. WHO, quando fa tacere il demonio e anche nella scena del deserto, ovvero nel racconto della sua Versuchung. Gesù viene «cacciato» in quel luogo (MC 1,12) così come Adamo era stato «cacciato» dal paradiso (Gen 3,24), condividendone così la sventura, ma uscendo vittorioso dalla prova. Al termine di essa, registra Marco, Gesù «stava con le fiere», cioè di nuovo in pace con la creazione, come Adamo, «e gli angeli lo servivano», cioè ricevendo lo stesso onore che, secondo una tradizione rabbinica, Dio aveva dato alla sua più bella creatura, l’onore di essere nutrito dagli spiriti buoni. Jesus, letzten Endes, appare nel Vangelo di Marco non come un bambino, come invece nei vangeli dell’infanzia di Matteo e di Luca, ma arriva sulla scena già adulto, uomo fatto, come anche Adamo era stato creato adulto.

La giornata di Cafarnao si svolge in un sabato, il giorno in cui Dio si è riposato dopo aver creato l’uomo. In questo giorno Gesù può riportare alla sua originale bellezza il mondo, per mezzo della stessa parola creatrice che ha fatto l’universo e che gli permette di esercitare la sua autorità forte; ma anche esercitando su quel giorno, Samstag, una speciale signoria. Il «Figlio dell’uomo», come ascolteremo in un’altra domenica, è «Signore anche del sabato» (MC 2,28). Il tempo è di Dio e Gesù afferma questa sovranità sul tempo compiendo guarigioni di sabato. E sono guarigioni che toccano uomini e donne che a causa della loro malattia avevano perso la ragione stessa del tempo. Per una persona sana, lo svolgersi delle attività lungo l’arco della settimana mirava ad un compimento nel riposo sabbatico: l’incontro con Dio e con la sua parola permeava di significato e di speranza l’esistenza.

Per una persona invalida, che era esclusa dal riposo sabbatico e dallo spazio del tempio, ecco che ogni giorno della settimana si caricava del medesimo dolore e sofferenza. Le guarigioni di Gesù nel giorno di sabato interrompono questo fluire indistinto del tempo nel corpo dei malati e ridonano a uomini e donne che hanno perso il senso del tempo il suo pieno valore attraverso il sabato. La guarigione di quell’uomo «posseduto da uno spirito impuro», che quel giorno di sabato si trovava proprio lì dove era presente anche Gesù, è l’inizio di un nuovo sabato, ossia di una nuova creazione, in cui al centro c’è la vita di ogni persona da salvare. Come ha scritto il rabbino e filosofo Heshel:

«Dobbiamo sentirci sopraffatti dalla meraviglia del tempo se vogliamo essere pronti a ricevere la presenza dell’eternità in un singolo momento. Dobbiamo vivere ed agire come se il destino di tutto il tempo dipendesse da un singolo momento» (Heshel A. (J), Am Samstag, Garzanti, Mailand 2015, P. 96).

 

Aus der Eremitage, 27 Januar 2024

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Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

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Die Väter der Insel Patmos

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Wohltätigkeit wäscht und macht sogar schmutziges Geld sauber, Das lehren uns die großen Heiligen der Nächstenliebe in der Geschichte der Kirche

CHARITY WÄSCHE UND MACHT AUCH SCHMUTZIGES GELD SAUBER, DIE GROSSEN HEILIGEN DER Nächstenliebe lehren es uns in der Geschichte der Kirche

Bestimmte Bischöfe von Migrantopoli und Pauperopoli scheinen sich heute reiner und makelloser präsentieren zu wollen als die Heilige Jungfrau Maria, Nur um der Welt zu gefallen und sie zu erfreuen. Bis wir verstehen, dass die Nächstenliebe „alles abdeckt“ und „alles verwandelt“, was sie jedoch nicht begreifen und verstehen können, wenn sie eine Person finden, die sich als ihr Präsident bestätigt: „Das Evangelium ist kein Destillat der Wahrheit“.

- Kirchennachrichten -

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Als der selige Apostel Paulus er hat das Lob der Nächstenliebe verfasst und auch heute gesprochen. Das ist das Merkmal des Wortes Gottes: eine ewige Sprache, die den Menschen aller Zeiten mitteilt und die im Laufe der Jahrhunderte neue Botschaften offenbart, die in denselben Worten enthalten sind.

Die Heiligen Schriften Sie haben einen apokalyptischen Stil und eine apokalyptische Sprache im etymologischen Sinne des Begriffs. Obwohl der Begriff Apokalypse häufig verwendet wird, der griechischen Offenbarung, wird fälschlicherweise verwendet, um auf ein katastrophales Ereignis oder das Ende der Welt hinzuweisen, seine wahre Bedeutung ist „offenbaren“, „Entferne den Schleier, der dich verhüllt“, dann finde es heraus. Zwischen dem Begriff Apokalypse und dem Begriff Epiphanie, stammt aus dem Griechischen Oberfläche, was bedeutet „Ich manifestiere mich“, es besteht eine enge Verbindung. Die Epiphanie, verstanden als Manifestation der Göttlichkeit, ist eine kontinuierliche „Enthüllung“ der in den Zeilen enthaltenen Inhalte, innerhalb und außerhalb der Zeilen der Heiligen Schrift, die das Wort Gottes enthält.

In dem betreffenden Lied, auch bekannt als Hymne an die Nächstenliebe, drückt der selige Apostel Paulus aus:

„Wohltätigkeit ist geduldig, Nächstenliebe ist freundlich; Nächstenliebe ist nicht neidisch, prahlt nicht, schwillt nicht an, fehlt es nicht an Respekt, sucht nicht sein Interesse, er ist nicht böse, es berücksichtigt nicht das empfangene Böse, genießt keine Ungerechtigkeit, aber erfreut sich an der Wahrheit. Alles deckt ab, Jeder glaubt, hoffe alles, erträgt alles. Wohltätigkeit wird niemals enden. […] Dies sind dann die drei Dinge, die bleiben: Glaube, Hoffnung und Nächstenliebe; aber von allen ist die Nächstenliebe das Größte!» (Kor 1, 1-13)

Vergleichen wir diese paulinische Passage, einfach und nur auf den ersten Blick verständlich, mit einer aktuellen kirchlichen Nachrichtenveranstaltung:

„Das Kinderkrankenhaus Bambino Gesù in Rom hat die großzügige Spende der Firma Leonardo zu Recht abgelehnt, weil es sich um schmutziges Geld handelt.“, schmutzig mit Waffen, mit Blut befleckt, Kriegsdreck“. Mons. Giovanni Ricchiuti, nationaler Präsident von Pax Christi und Bischof von Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti, nimmt danach eine mehr als klare Position ein Die Republik er schrieb, eineinhalb Millionen Euro wären abgelehnt worden. „Endlich“, sagt er, „stehen wir auf einer Linie mit einer Kirche, die sich wirklich von diesen Zwängen befreit.“, dieser Spenden, die kommen, wie im Fall, aus einer Industrie, die Waffen herstellt. Der Vatikan hatte Recht, dieses Angebot abzulehnen. Ich sage das als Bischof: es ist eine Kirche, die die Wahrheit liebt“ (vgl.. WHO e WHO).

Zuerst eine Frage. Nachdem der Präsident von Der Friede Christi Er verkündete, dass unsere Gegenwart „eine Kirche ist, die die Wahrheit liebt“., Es wäre notwendig, zwei grundlegende Dinge zu klären. Der Erste: vorher, die Kirche, welche Wahrheit er zweitausend Jahre lang liebte, vorausgesetzt, er liebte sie? Der Zweite: was ist Wahrheit?

In letzter Zeit, der Präsident der Bischöfe Italiens, Im völligen Schweigen unseres nationalen Episkopats erklärte er, dass „das Evangelium kein Destillat der Wahrheit ist“. (vgl.. WHO). Wenigstens, Pontius Pilatus, Damals gab er keine Erklärung ab wie der Präsident der italienischen Bischöfe, auf viel elegantere Weise stellte er Christus eine Frage: «Was ist Wahrheit?», Was ist Wahrheit (vgl.. GV 18,38).

Es ist nicht einfach, über die Wahrheit zu sprechen in der heutigen emotionalen Kirche von Migrantopoli und Pauperopoli. Versuchen wir also, zu dem Heiligen Thomas von Aquin zurückzukehren, der in den Wohnzimmern der zunehmend unwissenden Geistlichen lebte radikal schick wird unterschiedlich als „alt“ und „veraltet“ bezeichnet. Für die Doktor Angelicus Ö Doktor Communis Die Wahrheit ist Gott selbst die höchste und erste Wahrheit selbst (Summa, Ich q. 16 ein. 5 C). Die Wahrheit offenbart sich nie vollständig, Aus diesem Grund „Wahrheit und falsche Meinung.“, Wahrheit und Lüge vermischen sich in der Welt immer wieder auf nahezu untrennbare Weise [...] wird erkennbar, wenn Gott erkennbar wird. Er wird in Jesus Christus erkennbar. In ihm kam Gott in die Welt, und das Kriterium der Wahrheit mitten in der Geschichte erhoben“ (Josef Ratzinger, in Jesus von Nazareth, Frage des Pilatus, pp. 216-218).

Durch den Willen seines göttlichen Gründers Die Kirche Christi wurde nicht geboren, um der Welt zu gefallen und ihr zu gefallen, sondern um dagegen anzukämpfen:

„Wenn die Welt euch hasst, wissen, dass es hasste mich vor. Wenn Sie von der Welt, die Welt würde Sie als seine eigene Liebe; da Sie sind nicht von der Welt, sondern ich habe euch von der Welt gewählt, Deshalb hasst dich die Welt " (GV 15, 18-19).

Wenn falsche Meinungen die Wahrheit überlagern die aus subjektiven oder kollektiven emotionalen Elementen zum Leben erwachen, es bleibt in der emotionalen Kirche von Migrantopoli und Pauperopoli völlig verborgen, wo man ohne Zögern feststellen kann, dass „das Evangelium kein Destillat der Wahrheit ist“, alles im Schweigen des gesamten italienischen Episkopats.

Durch die Ablehnung dieser Spende Wieder einmal haben wir versucht, der Welt eine Freude zu machen, insbesondere diejenigen, die sich aus Menschen zusammensetzen, die weit davon entfernt sind, zu Ostern und Weihnachten zur Heiligen Messe zu gehen, Sie wissen nicht einmal, wie man das Kreuzzeichen macht. Dies ist die Welt, die unsere sichtbare Kirche mit zunehmend exotischem Flair um jeden Preis erfreuen möchte, die eigene Geschichte vergessen, ausgehend von dem der großen Heiligen der Nächstenliebe.

Beginnen wir mit den Jesuiten, wem es im gegenwärtigen historischen Moment richtig ist, ein verdientes Vorrangrecht einzuräumen: die pharaonischen Institute, die auf der ganzen Welt gebaut wurden, grenzt oft an Größenwahn, zusammen mit den angrenzenden Kirchen ihre Kollegien, was die Diözesanbischöfe mehrfach sehr verärgert hat, denn sie wurden bewusst größer gebaut, reich und feierlich ihrer Domkirchen, mit dem Geld und den Beiträgen derer, die sie gebaut haben? Denn die Spanier und Portugiesen, die ihnen großzügige Finanzmittel anboten, waren dieselben, die den Sklavenhandelsmarkt verwalteten oder, wenn nötig, auf lockere Weise die Justiz verwalteten, das bedeutet: Zuerst haben sie dir den Kopf abgeschnitten oder dich aufgehängt, dann wurde schließlich beurteilt, ob man wirklich etwas falsch gemacht hat. Die heutigen Jesuiten, die der treibende ideologische Motor von Migrantopoli und Pauperopoli sind, Sie haben wirklich keine Erinnerung an die Geschichte?

An die großen Heiligen der Nächstenliebe und den großen Pädagogen, denen wir die Gründung wertvoller Wohlfahrtseinrichtungen für Waisenkinder verdanken, verlassene ältere menschen, für die Bildung armer Kinder und für die Aufnahme und Betreuung behinderter Menschen, gibt Der heilige Philipp Neri aber zum Heiligen John Bosco, durch San Vincenzo de 'Paoli und zu den aktuellsten gelangen Der heilige Josef Benedikt Cottolengo, San Giovanni Kalabrien und San Luigi Orione, die die notwendigen finanziellen Mittel für die Realisierung ihrer Werke bereitstellten? Wenn im 1980 Luigi Orione wurde seliggesprochen, Kurz darauf kam es zu diversen Protesten aus Kreisen von Menschen, die nicht einmal die ersten sechs Wörter des Buches kannten Unser Vater, einschließlich des erbärmlichen Protests von ANPI (Nationaler Verband italienischer Partisanen) der ihn beschuldigte, ein Unterstützer des faschistischen Regimes gewesen zu sein, wodurch er Gelder für die Schaffung seiner Werke erhielt; Protest, der dann wiederholt wurde 2004, als der selige Luigi Orione heiliggesprochen wurde.

Die großen Werke dieser Heiligen der Nächstenliebe Sie sind noch heute aktiv, Bei einigen davon handelt es sich um Klinik- und Betreuungszentren, die auf europäischer Ebene als echte Exzellenz gelten: das Turiner Werk von San Giovanni Benedetto Cottolengo, die riesigen Wohlfahrtswerke von San Luigi Orione in Genua, das Sacred Heart Hospital von Verona in San Giovanni Kalabrien... jemand, Haben Sie sich jemals gefragt, woher und von wem das Geld kam?? Mehr als alles andere fragt man sich, ob heute, vor allem angesichts gewisser absurder Proteste, die sichtbare Kirche hätte den Mut gehabt, sie zu selig- und heiligsprechen, oder ob er stattdessen Gruppen von Menschen nachgegeben hätte, die nicht einmal die ersten sechs Wörter des Buches kennen Unser Vater die aber wider Willen behaupten, uns das Gesetz zu diktieren, mit unseren kirchlichen Autoritäten, die ihre Köpfe neigen und den politischen und ideologischen Launen nichtkatholischer und nichtchristlicher Umgebungen nachgeben. Diesbezüglich verweise ich auf meine Werke Kräuter Amare e Pius XII und die Shoah in dem ich die äußeren Einflüsse bestimmter aggressiver Gruppen erkläre, die es mit allen unfairen Mitteln versuchten, bis hin zur Herstellung völliger historischer Fälschungen, den Seligsprechungsprozess von Pius XII. und die Seligsprechungszeremonie von Pater zu blockieren Leon Dehon für den der Termin bereits festgelegt war 24 April 2005 auf dem Petersplatz, Die Veranstaltung wurde jedoch aufgrund der unwahrscheinlichen Vorwürfe einiger jüdischer Kreise gegen ihn des Antisemitismus abgesagt. Angesichts der Tatsache, dass die Kirche niemals und unter keinen Umständen Befehle des modernen Großen Sanhedrins entgegennehmen und seine Proteste akzeptieren kann, Die zu stellende Frage war folgende: unter der Annahme, dass Pater Leon Dehon einige kritische Sätze über jüdische Unternehmer schrieb – die im Kontext der industriellen Revolution gelesen und historisch kontextualisiert werden mussten –, Angesichts der Tatsache, dass sein Seligsprechungsprozess fast ein halbes Jahrhundert dauerte, weil bestimmte jüdische Kreise Sie warteten geduldig, bis die Seligsprechungszeremonie zu dieser öffentlichen Kontroverse in der Weltpresse führen sollte? Einfach: auch wenn sie diese Schriften schon immer gekannt hatten, sie mussten es beweisen, mit einem echten Kräftemessen, dass sie in der Lage waren, der Kirche Befehle zu erteilen und sie nicht nur zum Rückzug von einer getroffenen Entscheidung zu bewegen, sondern sogar von einer Seligsprechungszeremonie, die bereits formalisiert und geplant wurde. Das war der eigentliche Zweck, was größtenteils durch ihre Arroganz und unsere Schwäche erreicht wurde. Das Problem war nicht die Seligsprechung von Pater Leon Dehon an sich, Die Kirche kann seligsprechen, wen sie will, und darf zu diesem Zweck niemals Proteste akzeptieren, denn Juden haben keinerlei Verpflichtung, unsere Seligen und Heiligen in ihren Synagogen zu verehren, genau wie bestimmte Randgruppen des politischen Zionismus, geboren und entwickelt aus dem Herzen des Judentums, Sie akzeptieren keine Kritik an der israelischen Armee, wenn diese ganze Bevölkerungszentren im Gazastreifen dem Erdboden gleichmacht, außer, wie antisemitische Trauernde jeden anzuschreien, der es wagt, mit Handlungen nicht einverstanden zu sein, die keine Selbstverteidigung darstellen, sondern echte Verbrechen dagegen darstellen Menschheit.

Diese großen Heiligen der Nächstenliebe Sie scheuten sich nicht, Geld aus dem Vermögen von Personen anzunehmen, die für ihre Unmoral und die eher lockere Art und Weise bekannt waren, in der sie ihre Geschäfte ohne allzu große Skrupel abwickelten. Die guten Jesuiten was sie waren, dessen strenge Moral bekannt war und der lange Zeit versuchte, Heranwachsende in hormonellen Krisen in eine keusche Armee von San Luigi Gonzaga zu verwandeln, Sie hatten nie besondere Skrupel, große Spenden von den größten Hurern und Betrügern der spanischen Gerichte anzunehmen. Nur Heranwachsende sollten rein und keusch sein, wem er sich in ihren Colleges aufdrängte, bis weit in ferne Zeiten, Schlafen Sie mit den Händen außerhalb der Bettdecke, um das Risiko einer Bindung zu vermeiden “abscheuliche unreine Taten”, während zur gleichen Zeit, unter den Laken derer, denen sie große Geldspenden für den Bau ihrer pharaonischen Bauten schuldeten, Stattdessen hätte alles und noch mehr getan werden können, in wirklich abscheulichen unreinen Taten.

Das große Problem - angesichts der Tatsache, dass "das Evangelium kein Destillat der Wahrheit ist" - ergibt sich aus der Unfähigkeit, die Worte des seligen Apostels Paulus über die Nächstenliebe zu lesen, zum Beispiel die Aussage, dass es „alles abdeckt“. Wenn seine Worte in ihrer Tiefe gelesen und verstanden würden, Wir würden verstehen, dass wir für die Verwirklichung wohltätiger Zwecke nicht nur das Geld von Unternehmen annehmen sollten, die Waffen herstellen, aber auch das Geld, das von mexikanischen Drogenhändlern gespendet wurde. Denn wenn dieses schmutzige Geld ausschließlich für wohltätige Zwecke für die Armen verwendet wird, schwach, unterdrückt, behindert und krank, sie werden trotzdem sauber, weil die Nächstenliebe „alles abdeckt“, oder wenn wir es vorziehen: «Alles verändert sich», denn nur göttliche Nächstenliebe, was Christus, kann Böses in Gutes verwandeln, Also aus schmutzigem Geld sauberes Geld machen. Andernfalls könnte ein theologisches Problem von nicht geringer Bedeutung entstehen: leugnen, dass Gottes Gnade das Böse in Gutes verwandeln kann. Wie allgemein bekannt ist, jedoch, Eines der Dinge, die heutzutage in der emotional und politisch korrekten Kirche weniger in Mode sind, ist genau die Theologie.

Bestimmte Bischöfe von Migrantopoli und Pauperopoli es scheint, dass sie sich heute reiner und makelloser präsentieren wollen als die Heilige Jungfrau Maria, Nur um der Welt zu gefallen und sie zu erfreuen. Bis wir verstehen, dass die Nächstenliebe „alles abdeckt“ und „alles verwandelt“, was sie jedoch nicht begreifen und verstehen können, wenn sie eine Person finden, die sich als ihr Präsident bestätigt: „Das Evangelium ist kein Destillat der Wahrheit“.

von der Insel Patmos, 23 Januar 2024

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„Komm hinter mich, Ich werde euch zu Menschenfischern machen“. Und sofort verließen sie ihre Netze und folgten ihm

Homiletik der Väter der Insel Patmos

„Komm hinter mich, Ich werde euch zu Menschenfischern machen“. E SUBITO LASCIARONO LE RETI E LO SEGUIRONO

Come potremmo descrivere il regno di Dio proclamato da Gesù? Die Hauptschwierigkeit besteht darin, dass Jesus nie eine Definition verwendet hat, um darüber zu sprechen. Vielmehr verwendete er Gleichnisse und Bilder, paragonandolo, per rimanere sempre al Vangelo di Marco che leggeremo quest’anno, a un seminatore che getta del seme in terra o a un granello di senapa e così via.

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Lasciato alle spalle il passaggio nel Vangelo secondo Giovanni di domenica scorsa, il lezionario ci riporta a Marco, WHO, terminata l’esposizione della trilogia comune ai sinottici (Johannes der Täufer, Battesimo di Gesù e la prova nel deserto), riprende la narrazione dandoci un’indicazione temporale importante che apprendiamo dall’attacco del Vangelo di oggi.

«Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: „Die Zeit ist erfüllt und das Reich Gottes ist nahe.“; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, er sah Simone und Andrea, Bruder von Simone, als sie ihre Netze ins Meer warfen; Sie waren tatsächlich Fischer. Jesus sagte zu ihnen:: «Venite dietro a me, Ich werde euch zu Menschenfischern machen“. Und sofort verließen sie ihre Netze und folgten ihm. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. (MC 1,14-20).

Scrive Marco che Gesù inizia a proclamare il regno di Dio «dopo che Giovanni fu arrestato» (MC 1,14 vgl.. Auch MT 4,12). Molti immaginano che la cronologia dell’inizio del ministero pubblico di Gesù si sia svolta così: dalla Galilea, regione da cui viene, Gesù scende al Giordano per essere battezzato. Subito dopo, versucht, rimane quaranta giorni nel deserto per poi ritornare in Galilea. Ma deve invece essere passato più tempo e il punto di svolta, ciò che fa tornare Gesù in Galilea è rappresentato dall’arresto del Battista. Forse è in quel preciso momento che per Gesù giunge la consapevolezza che è ora di assumersi le sue responsabilità.

La voce che gridava nel deserto, poiché è stata messa a tacere, passa ora alla Parola che annuncia il regno. Questa interpretazione aiuta noi credenti nei momenti di difficoltà e sofferenza, come deve essere stato per Gesù l’arresto di Giovanni e ci fa proferire: bisogna fare qualcosa. È in tali situazioni che, se non vai tu, nessuno può andare al posto tuo. La chiamata che ora Gesù farà dei discepoli, l’ha vissuta in prima persona lui; il regno che annuncia l’ha visto arrivare per primo lui, anche nella dolorosa notizia che Giovanni non può più parlare.

Ma eccoci a una questione teologica importante. Come potremmo descrivere il regno di Dio proclamato da Gesù? Die Hauptschwierigkeit besteht darin, dass Jesus nie eine Definition verwendet hat, um darüber zu sprechen. Vielmehr verwendete er Gleichnisse und Bilder, paragonandolo, per rimanere sempre al Vangelo di Marco che leggeremo quest’anno, a un seminatore che getta del seme in terra (MC 4,26) o a un granello di senapa (MC 4,31) usw. Il regno, sagt Jesus, non solo è vicino, ma bisogna accoglierlo come fanno i bambini (MC 10,15) ed entrarci dentro, anche se non è così facile, soprattutto se si hanno molte ricchezze (MC 10,23). È presente, cioè qui o vicino, ma è anche futuro, come quello in cui Gesù berrà, mit uns, il vino nuovo, altro vino rispetto a quello dell’ultima sua cena (MC 14,25). La teologia cristiana ha elaborato a proposito una formula, quella del «già» ma «non ancora», quasi un ossimoro che dice però come il regno possiamo già ereditarlo e viverci, anche se non è ancora compiuto. Non è ancora esteso a tutti gli uomini, ma, come insegna il documento del Concilio Vaticano II Das Licht «è già presente in mistero» con la Chiesa (vgl.. n. 5).

In diesem Sinne Gesù si distingue dalle due principali concezioni sul regno che circolavano nel giudaismo del suo tempo. Egli infatti non ha inventato questa idea, già nota all’Antico Testamento (vgl. 1Kr 28,5) e non l’ha applicata né a quel modo di pensare che vedeva il regno come una realtà «nazionalistica», tutta presente, da attuare magari ad ogni costo, né tanto meno alla concezione opposta, di tipo apocalittico, che vedeva il regno possibile solo come una realizzazione futura che negava il presente. Se vogliamo rintracciare questi due estremi nella storia dell’umanità, potremmo dire che il materialismo si è spesso fondato sull’illusione che tutto potesse risolversi qui, jetzt; ma dall’altra parte è facile riconoscere in certi movimenti spiritualistici la svalutano del presente, considerato in modo negativo.

Gesù ha invece usato l’idea di regno per dire anzitutto che è arrivato e quindi ci si può entrare. Ma per farlo bisogna cambiare mentalità, modo di ragionare e pensare; per dirlo con le parole di Gesù: «convertirsi» (MC 1,15). "Dein Reich!», prega ancora la Chiesa, heute, nach zweitausend Jahren. Il regno c’è già, ma deve ancora essere accolto come un dono e trovato lì anche dove si fatica a vederlo.

In conformità dunque con l’attesa escatologica giudaica, ma con la differenza decisiva però che non più di attesa si tratta, il Regno di Dio è l’effetto dell’evento messianico annunciato da Gesù e in lui presente. Il pieno dispiegamento della sua sovranità redentrice non si è ancora realizzato, ma il tempo della fine è giunto e dunque per parlare in modo appropriato non c’è più sviluppo storico, sondern vielmehr eine Zusammenfassung der gesamten Geschichte, die vor Gericht steht.

«È questo il contenuto dell’«evangelo di Dio» quale ci è sinteticamente riferito dalla tradizione più antica raccolta da Marco: «Il tempo è compiuto ed è vicino il Regno di Dio: Konvertieren, e credete nell’evangelo» (1,14-15). Was hier angekündigt wird, ist die Zeit (der Kairos) der endgültigen Fertigstellung, die versprochene Ankunft des Königreichs, der große Wendepunkt der Welt, eingeleitet durch Jesus, dessen letzte Tat mit seiner Parusie bevorsteht. Evidentemente qui non può essere il Gesù storico a parlare, bensì il Risorto predicato dall’evangelista, che segna con precisione il tempo della fine tra resurrezione e parusia, come un evento unico in cui tutto il tempo, tutta la storia si condensa, ivi compresa la vita stessa di Gesù. Dafür jetzt, im Gegensatz zur jüdischen Eschatologie, occorre «fede nell’evangelo», das heißt, in Jesus Christus, im Messias, der gegenwärtig ist als der, der gekommen ist und der kommt. Tutto dunque in forza di questa fede precipita e si concentra nel presente, non vi è più oscillazione tra passato e futuro, tradizione e attesa; ma solo l’ora attuale in cui il passato è redento e il futuro è solo desiderio del compimento: „Komm Herr Jesus“ (Ap 22, 20).[1]

Il Vangelo prosegue descrivendo la fretta di Gesù di portare ad attuazione la sua parola sul regno, perché “il tempo è compiuto”. Il concetto emerge molto chiaramente nel Vangelo di Marco, dove abbonda l’avverbio euthus (εὐθὺς), «subito», ripetuto decine di volte. Tale sollecitudine trova una prima applicazione nella chiamata dei quattro discepoli (vv. 16-20) e nell’episodio dell’insegnamento nella sinagoga di Cafarnao, accompagnato dalla liberazione di un indemoniato (nächsten Sonntag). Jesus, con gesti e con parole, mostra davvero come il regno è arrivato, e lo dice: an die Jünger (appena chiamati a sé) e alla sua gente (nella sinagoga). Ecco che allora il regno può essere solo uno spazio in cui Dio è presente, wo ist das, note, solo lui regna. Le altre potenze non possono fare altro che riconoscerne l’autorità («Io so chi tu sei: il santo di Dio» di MC 1,24) e sottomettersi.

I padri della Chiesa erano colpiti dal modo in cui Gesù chiamò i primi a seguirlo: rilevano che erano persone semplici e illetterate (Ursprung), che probabilmente avranno obiettato con la loro inadeguatezza (Eusebio); noi ci stupiamo anche del fatto che questi «subito» lascino le reti lo seguano (vgl.. MC 1,18), ma soprattutto per il fatto che ancora oggi, nach so vielen Jahren, Gesù ancora «passi accanto» (MC 1,16) alle nostre situazioni, al nostro quotidiano, alle nostre reti, e ci inviti a seguirlo per stare con lui.

Ciascuno di noi viene chiamato lì dove si trova e ogni inizio ha sempre un prima che lo ha preparato su cui poi si innesta una novità, un cambiamento: come il seme che è stato seminato ha una forma diversa dalla pianta che poi germoglierà, così anche noi siamo presi dal Signore a partire dalle nostre storie e dal nostro oggi per far sviluppare quelle potenzialità di bene e di vita che sono racchiuse nel «piccolo seme» della nostra vita e che solo il Signore può dischiudere e trasformare con la forza e la fantasia del suo Spirito. A noi è chiesta l’attenzione alla sua voce che chiama, l’abbandono filiale e fiducioso alle sue parole, e la prontezza nel rispondere senza dilazioni nel tempo o attaccamenti al «già», a quel noto e conosciuto che ci rassicura ma anche rischia di bloccarci: «E subito lasciarono le reti e lo seguirono».

 

Aus der Eremitage, 21 Januar 2024

 

HINWEIS

[1] Gaeta G., Die Zeit des Endes, Beliebig, 2020

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Die Väter der Insel Patmos

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Eine wohltätige Meisterschaft: "Rabbi, wo Sie leben? Kommen Sie und sehen Sie“

Homiletik der Väter der Insel Patmos

Eine wohltätige Meisterschaft: "RABBI, WO SIE LEBEN? VENITE E VEDETE»

Scriveva Isaac Newton «Più imparo, Je mehr ich merke, wie viele Dinge ich nicht weiß“. Heutzutage scheint es, dass viele nicht lernen wollen, obwohl sie sicher sind, dass sie es wissen.

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

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Liebe Leserinnen und Leser der Insel Patmos,

uno degli atteggiamenti più naturali che tutti abbiamo è quello della ricerca. Quando siamo bambini ci domandiamo spesso il perché delle cose. Crescendo troviamo poi delle risposte, e continuamente rinnoviamo questa nostra ricerca del senso della verità nelle cose. Scriveva Isaac Newton «Più imparo, Je mehr ich merke, wie viele Dinge ich nicht weiß“.

Nel Vangelo di oggi Gesù ci mostra due uomini in ricerca e la via da seguire per trovare la risposta definitiva. La risposta è molto bella: andare con Lui e vedere dove dimora il Signore.

«Gesù allora si voltò e, osservando che [Giovanni e due discepoli] lo seguivano, er hat ihnen gesagt: “Che cosa cercate?”. Sie antworteten ihm: “Rabbì — che, tradotto, significa maestro — , wo Sie leben?”. er sprach zu ihnen:: “Venite e vedrete”».

Troviamo dunque una scena molto bella. Johann, Andrea e un altro discepolo di cui non sappiamo il nome si muovono seguendo Gesù. Lui se ne accorge e li interroga. Rispondono e così lo riconoscono come maestro e vogliono sapere dove abita. Ed è allora che Gesù li invita a venire e vedere.

È un dialogo vivido e forte fra i tre e Gesù. Il Signore con il suo sguardo umano divino coglie un cuore e una mente pronti a cercare la casa di Dio. Pronti a cercare quel luogo dove possono trovare la verità che schiude il loro mistero e quello di Dio.

Gesù è davvero maestro per loro perché in quanto figlio di Dio può condurre Andrea, Giovanni e l’altro discepolo ad una maestria, ad una conoscenza che diventa amore. Una conoscenza di Dio che gli permette di amare in modo concreto e pratico sé stessi e gli altri.

In questo incontro ci siamo anche noi. Potremmo dire che siamo simboleggiati da quel discepolo innominato. Quello senza nome è colui che ascolta e chiede a Gesù qual è la sua dimora oggi nel 2024.

Il Signore chiede a tutti noi di cercarlo innanzitutto nella Chiesa, la sua dimora principale, perché in essa si vive e si celebra l’Eucarestia, cioè la presenza reale di Gesù in corpo, Blut, Seele und Göttlichkeit. Se seguiamo e vediamo Gesù nella Chiesa che celebra l’Eucarestia, e dunque ci rende partecipi attivamente nell’Incontro con Lui, tutti possiamo crescere anche nell’imparare la comunione con il prossimo. Weil, effektiv, la seconda dimora dove possiamo incontrare Gesù oggi, è proprio il nostro prossimo. Tutti noi infatti siamo tempio dello Spirito Santo e tempio dell’Eucarestia. Perciò impariamo a guardare nel prossimo sofferente e bisognoso, quello stesso Gesù che ci chiede aiuto.

Così dobbiamo innanzitutto imparare ad ascoltare la voce di Gesù che oggi domanda ai nostri cuori “Cosa cercate?”. Domandiamoci se i nostri desideri sono santi, giusti e buoni, e davvero sentiremo il Signore invitarci a camminare sui sentieri dell’Eternità.

Chiediamo al Signore il dono di una ricerca che ci porti alla vita autentica, la vita in Lui e nella sua Chiesa, per diventare ricercatori della Luce Eterna.

 

Novelle Santa Maria in Florenz, 14 Januar 2024

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Die Väter der Insel Patmos

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Der göttliche Provokateur Jesus zu den Aposteln: "Wonach suchst du??»

Homiletik der Väter der Insel Patmos

DER GÖTTLICHE PROVOKER JESUS ​​ZU DEN APOSTELN: "WONACH SUCHST DU?»

Questo primo incontro di Gesù coi suoi primi discepoli è un intreccio di sguardi e di testimonianze che convergono verso il Signore. Das tiefe Geheimnis seiner Person beginnt sich zu offenbaren, sowie die Namen der ersten Follower. Tanto significativo dovette essere questo momento che ne conservarono anche l’orario: le quattro del pomeriggio, l’ora decima.

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Artikel im PDF-Druckformat

.HTTPS://youtu.be/4fP7neCJapw.

 

Nel Vangelo di questa II domenica del tempo ordinario leggiamo: «In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, er sagte: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, er hat ihnen gesagt: "Wonach suchst du??». Sie antworteten ihm: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, wo Sie leben?». er sprach zu ihnen:: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro». (GV 1,35-42).

La Chiesa ha compreso l’unità dei tre misteri che hanno attinenza con la rivelazione di Gesù, e li ha legati già nell’antica antifona dei Secondi Vespri del giorno dell’Epifania:

«Tre prodigi celebriamo in questo giorno santo: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l’acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia».

Quest’anno il terzo mistero che attiene alla manifestazione di Gesù è annunciato sempre tramite il Vangelo secondo San Giovanni, ma invece che l’episodio di Cana, la liturgia propone quello della prima manifestazione di Gesù ai discepoli, a seguito della indicazione di Giovanni Battista che lo definisce come «Agnello di Dio».

L’episodio evangelico si colloca al terzo giorno della settimana inaugurale del ministero di Gesù, settimana che culminerà nella manifestazione della sua gloria a Cana davanti ai suoi discepoli che «credettero in lui» (GV 2,11). Il testo offre la versione giovannea della chiamata dei primi discepoli narrata dalla tradizione sinottica, ma con differenze rimarchevoli. Giovanni presenta uno schema in cui è fondamentale la mediazione di un testimone che confessa la fede in Gesù e conduce altri all’incontro con lui: è così per Giovanni Battista nei riguardi di due suoi discepoli (1,35-39), per Andrea nei confronti di Simon Pietro (1,40-41), per Filippo che si rivolge a Natanaele. In particolare Giovanni Battista che, dopo una testimonianza negativa su di sé («Io non sono il Cristo») e una positiva su Gesù («Ecco l’Agnello di Dio»), rivela davanti a due suoi discepoli l’identità di colui di cui egli è stato il precursore e li conduce a farsi discepoli di Gesù. Colui che era stato inviato da Dio come testimone del Verbo «perché tutti credessero per mezzo di lui» (1,7) adempie così il suo mandato lasciando che i suoi discepoli diventino di Gesù, chiedendo che aderiscano a lui.

Che siamo di fronte alla manifestazione di un mistero è segnalato anche dallo “schema di rivelazione”, spesso usato dall’evangelista nella sua opera e che si può riassumere nelle tre fasi del vedere, dire e proferire l’avverbio: «Ecco». Il brano evangelico si apre, also, con Giovanni che «fissa lo sguardo» (1,36) su Gesù e dice: «Ecco l’Agnello di Dio» e si chiude con Gesù che «fissando lo sguardo» (1,42) su Simon Pietro gli dice: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, sarai chiamato Cefa – che significa Pietro». Es beschäftigt sich mit, in beiden Fällen, di uno sguardo intenso, un vedere in profondità, un discernere l’identità di una persona. La vocazione non è solo una chiamata come nei sinottici, ma anche uno sguardo come qui in Giovanni. Lo sguardo, come e forse più della voce è comunicazione e rivelazione. In Giovanni Il verbo più neutro è scorgere, βλέπειν (Blepein). Lo troviamo per la scena iniziale del battesimo al Giordano. Giovanni Battista scorge Gesù che viene a lui e dice: «Ecco l’agnello di Dio». Ma si nota già in questo episodio un passaggio dallo scorgere al contemplare (GV 1,32) e poi all’«ho visto» di GV 1,34, come in GV 14,9.

Alla forma verbale più completa arriviamo in GV 14,9, dove il verbo «vede­re» verrà usato al perfetto: έώρακα (Eoraka). Applicato a Gesù, descrive ciò che lo sguardo attento e stupito ha scoperto in lui e di cui si conserva nella memoria la scoperta. Possiamo osservare che ogni volta che Giovanni usa questo verbo «ho visto» (e ne conservo la memoria) Gesù viene riconosciuto come il luogo santo dove Dio si manifesta, il tempio della presenza divina, la casa, ovvero la dimora in cui Dio stesso abita. In un tale contesto diventa chiaro il senso del versetto di Gv14,9: "Wer mich gesehen hat hat den Vater gesehen". Aver visto Gesù e conservarne la visione interiore nella memoria vuol dire riconoscere Gesù come il luogo di inabitazione del Padre, presente nel suo Figlio come in una dimora. Aus diesem Grund, ritornando al brano evangelico di questa domenica, bisogna dire che in modo adeguato la versione rinnovata della Bibbia CEI del 2008 ha tradotto il v.38 con: «Rabbì dove dimori?» e non «dove abiti?» come era nella precedente versione, data la presenza del verbo μένεις (Menein) che riveste nel quarto Vangelo una importanza particolare. Il tema del dimorare corre, in der Tat, come un filo rosso attraverso tutto il quarto Vangelo, arricchendosi progressivamente. Allargando lo sguardo all’insieme del Vangelo e provando a tirare le fila del nostro discorso possiamo affermare che lo stesso evan­gelista in 1,14 ci invita a comprendere che nell’uomo Gesù — il Verbo fatto carne «pieno della grazia della verità» in cui i testimoni hanno «contemplato la gloria dell’unigenito» — c’era un mistero, «insondabilmente nascosto» ma che ci viene manifestato «simbolicamente» (San Massimo il Confessore). È il mistero dell’«unigenito venuto da presso il Padre», che «è venuto a mettere la sua tenda in mezzo a noi». Così egli diventa la dimora del Padre (GV 14,10), il nuovo tempio della presenza di Dio (GV 2,21; vgl.. GV 4,20-24). Un bellissimo brano di san Massimo il Confessore, sep­pur difficile, dice l’essenziale:

„Der Herr […] er ist sein eigener Vorläufer geworden; es ist zum Typus und Symbol seiner selbst geworden. Simbolicamente fa conoscere se stesso attraverso se stes­so. Das heißt, er leitet die gesamte Schöpfung, ausgehend von sich selbst, wie er sich manifestiert, sondern um es zu sich selbst zu führen, da es unergründlich verborgen ist..

Forse più intellegibile e nello stesso tempo mirabile è questa frase di Guglielmo di Saint-Thierry, l’amico di San Bernardo, che interpretò in senso spirituale e trinitario la domanda dei primi discepoli:

"Maestro, wo Sie leben? Vieni e vedi, disse Egli. Non credi che io sono nel Padre, e che il Padre è in me? Grazie a te, Mann! […] Noi abbiamo trovato il tuo luogo. Il tuo luogo è il Padre; es ist immer noch, il luogo del Padre sei tu. Tu sei dunque localizzato a partire da questo luogo. Ma questa localizzazione, che è la tua, […] è l’unità del Padre e del Figlio»[1].

Questo primo incontro di Gesù coi suoi primi discepoli è un intreccio di sguardi e di testimonianze che convergono verso il Signore. Das tiefe Geheimnis seiner Person beginnt sich zu offenbaren, sowie die Namen der ersten Follower. Tanto significativo dovette essere questo momento che ne conservarono anche l’orario: le quattro del pomeriggio, l’ora decima. Così iniziamo a conoscere Andrea fratello di Simon Pietro, (1,42) che da Gesù riceve la vocazione a diventare «roccia» (questo significa «Cefa»), in mezzo ai suoi fratelli. Chi è l’altro discepolo che era insieme a Andrea? Possiamo ipotizzare che sia «il discepolo amato». Egli è colui che, presente alla croce di Gesù, vedendo Gesù morire come Agnello a cui non viene spezzato alcun osso (GV 19,33.36) «testimonia perché voi crediate» (GV 19,35), proprio come Giovanni Battista testimonia di Gesù, dopo averlo visto e indicato come Agnello di Dio perché tutti credano (GV 1,34.36.37). Il parallelismo tra GV 1,38 («Voltatosi Gesù e vedendo essi che lo seguivano dice loro») e GV 21,20-21 («Voltatosi, Pietro vede il discepolo che Gesù amava che seguiva … e dice a Gesù») mostra che accanto a Pietro, agli inizi della sequela e dopo la Pasqua, Es gibt, con ogni probabilità, il discepolo amato che ha seguito l’Agnello con fedeltà fin dagli inizi. E Pietro, mentre viene costituito pastore delle pecore del Signore e invitato nuovamente a seguire Gesù come pecora egli stesso (vgl.. GV 10,4), riceve la rivelazione che la sequela dell’Agnello e il ministero pastorale trovano il loro esito nel dare la vita per le pecore, nel glorificare Dio con il martirio. Questa sarà la testimonianza di Pietro: nella morte di croce l’apostolo si troverà là dove è stato il suo Signore: «Se uno mi vuol servire mi segua e dove sono io, là sarà anche il mio servo» (GV 12,26).

Aus der Eremitage, 13 Januar 2024

 

HINWEIS

[1] GUGLIELMO DI SAINT-THIERRY, La contemplation de Dieu. L’oraison de Dom Guillaume, Paris, Ed. Du Cerf, 1959 (Koll. Sources Chrétiennes, n.61), 124-125.

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Die Väter der Insel Patmos

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Giuseppe Betori, ein gebildeter Mann und ein Bischof, dem die schwierige Aufgabe gelang, sich beim Florentiner Presbyterium beliebt zu machen

GIUSEPPE BETORI, EIN KULTURMANN UND BISCHOF, DEM DIE SCHWIERIGE AUFGABE GELUNGEN WIRD, DAS FLORENZER PRESBYTERIUM WILLKOMMEN ZU MACHEN

Während ein elender Gifthändler feststellt: „Ohne zu vergessen, dass der Klerus von Florenz Betori satt hat, der mehr Schaden angerichtet hat als alles andere.“, Stattdessen schwingt in uns allen eine Frage mit, die, wenn gewünscht, Ängste in unserer Seele weckt: und nach?

- Kirchennachrichten -

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Autor
Simone Pizzi

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Artikel im PDF-Druckformat

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Ab der letzten Adventswoche und gefolgt von den Feierlichkeiten des Heiligen Weihnachtsfestes, Die Patmos-Väter, die vor ihrer Tätigkeit als Gelehrte und Publizisten in erster Linie Priester waren, waren pastoral tätig. Bestimmte Feierlichkeiten, insbesondere Heilige Weihnachten und Heilige Ostern, Ihnen gehen stets Predigten voraus, Bekenntnisse und spirituelle Richtungen, heute mehr denn je alles andere als einfach, Einerseits angesichts der Zeiten der Verwirrung, die die katholischen Gläubigen erleben, Wir Priester hingegen. Deshalb nehmen wir unsere Werbeaktivitäten für dieses Magazin mit der Präsentation eines sehr interessanten Videos wieder auf, das wir Ihnen zum Anschauen empfehlen..

Ende Februar nächsten Jahres Kardinal Giuseppe Betori, Metropolit Erzbischof von Florenz, feiert seinen 77. Geburtstag. Er hat viele dieser Jahre seines Lebens verbracht 16 an der Spitze der Florentiner Kirche, was bald kommt’ in die Hände seines Nachfolgers legen.

Trotz der böswilligen Urteile Kürzlich von einem obskuren, schmerzhaften Charakter verbreitet, der sich als unnachgiebiger Richter der gesamten kirchlichen Hierarchie etabliert hat (vgl.. WHO) und der normalerweise sagt: „Wir im Vatikan … hier im Vatikan …“, außer dass man nicht einmal in die Nähe der Tore dieses kleinen souveränen Staates kommen konnte, Unter den meisten florentinischen Geistlichen herrscht das Bewusstsein, dass dieser umbrische Bischof – trotz der Einschränkungen jedes Menschen – wirklich einen großen Beitrag für seine Teilkirche und die gesamte italienische Kirche geleistet hat. Aus diesem Grund wird man das Gleichgewicht zweifellos bedauern, die Klarheit und theologische und kulturelle Tiefe, die er in seinem apostolischen Dienst an den Tag legte.

Eine realistische Analyse durchführen In den letzten zwanzig Jahren wird sich herausstellen, dass wir die Gelegenheit hatten, mit zwei völlig unterschiedlichen Arten von Bischöfen zu experimentieren. In der Vergangenheit, Zwischen dem Ende des Pontifikats des Heiligen Papstes Johannes Paul II. und dem Pontifikat des Ehrwürdigen Benedikt XVI. hatten wir die Zeit der „Professorbischöfe“.. Verständlich, Die Krise der Lehre hatte Situationen hervorgebracht, die er gut veranschaulichte 14 Vor Jahren hat unser Vater Ariel S. Levi di Gualdo in einem seiner Bücher über die Analyse der Kirche:

„Die Krise der Lehre hat eine tiefe Glaubenskrise ausgelöst, die wiederum zu einer moralischen Krise innerhalb unseres Klerus geführt hat.“ (vgl.. Und Satan kam triune, Editions Die Insel Patmos, 2010).

Zu diesem Thema Auch unser Pater Ivano Liguori kehrte kürzlich mit einem präzisen und dramatischen Artikel von ihm zurück:

„Von der doktrinären Desorientierung der Kirche über die Sünde der Priester bis hin zur Wiederverwertung der Laien.“. Aussicht auf eine unnachgiebige Kultur, die durch Verurteilung heiligt und durch Heiligung verurteilt. (vgl.. WHO).

Die sogenannten „Professorbischöfe“, angesichts dieser Probleme, An sich waren sie keine schlechte Idee, aber die Ergebnisse sind nicht immer erfreulich, als wir begannen, Menschen von einem Universitätsstuhl auf einen bischöflichen Stuhl an der Spitze der Diözesen katapultieren zu lassen, denn es handelt sich um zwei wesentlich unterschiedliche Professuren. Bischöfe, denen es oft an pastoraler Erfahrung mangelte, neigten dazu, ihre Priester als Lehrer gegenüber Studenten zu betrachten oder Versammlungen und Zusammenkünfte des Klerus in akademischen Unterricht umzuwandeln, ignorieren, oft überhaupt kein Verständnis, die Probleme, mit denen ihre Priester jeden Tag konfrontiert waren und denen sie sich stellen mussten.

Beim nächsten Windwechsel Man begann, die Notwendigkeit von „Hirten mit dem Geruch von Schafen“ zu beschwören, was an sich gar keine schlechte Idee wäre, ebenso wenig wie das der „Professorbischöfe“.. Unglücklicherweise, wenn die Ideologie die scheinbar guten Absichten untergräbt, oder ob wir wirkliche Prävention gegenüber dem „Fürstlichen“ wollen (!?) Italienisches Episkopat, Die Ergebnisse können nur bedauerlich sein. Und heute sehen wir uns mit einer beträchtlichen Anzahl von Bischöfen konfrontiert, die aus Caritas-Zentren oder aus nicht näher bezeichneten „Peripherien“ abgezogen wurden., Ich kann nur über die Armen sprechen, Migranten und die «Kirche im Aufbruch».

Anstatt vorwärts zu gehen wir wurden nach hinten katapultiert, in den frühen siebziger Jahren, als die Achtundsechziger von „verboten zu verbieten“ und von „Phantasie an der Macht“ sprachen. Über die doktrinäre und theologische Vorbereitung dieser Bischöfe, die alle in ein soziales System hineinprojiziert wurden, haben wir in den verschiedenen sozialen und politischen Bereichen bereits zahlreiche Fehlschläge gesehen, Lasst uns einen mitfühlenden Schleier über die christliche Nächstenliebe ziehen. Wenn der Präsident der italienischen Bischöfe antwortet, dass „das Evangelium kein Destillat der Wahrheit ist“ (vgl.. WHO), Es gibt nicht viel mehr hinzuzufügen, sowohl in Bezug auf die „Grenzpriester“ als auch auf die „Straßenpriester“., beide beziehen sich auf die „aufgehende Kirche“, die uns erscheint, mehr als „kontaktfreudig“, kurz vor dem Bankrott, Ein Beweis dafür ist die Tatsache, dass wir seit einigen Jahren versuchen, die Probleme zu lösen, indem wir alle möglichen und vorstellbaren Kommissare unter die Kommissare stellen, mit einer Ausnahme: die Gesellschaft Jesu.

Kardinal Giuseppe Betori, vielleicht einer der letzten einer Generation, die jetzt ausgestorben ist, er konnte seine Wissenschaft und Kultur in den vollen Dienst der Seelsorge stellen. Der Charakter ist zunächst introvertiert und schüchtern, In seinen Beziehungen zu seinen Geistlichen zeigte er große Zuhörer- und Gastfreundschaftsfähigkeiten, er war ein Lehrer und Hüter des Glaubens, kein Professor auf dem Lehrstuhl. Er liebte seine Kirche und wusste, wie er sich beliebt machen konnte, sogar von denen, die ihn bei seiner Ankunft mit dieser herablassenden Miene begrüßten, Misstrauen und Misstrauen, typisch für uns Florentiner, dass wir historisch gesehen Subjekte sind, mit denen man nicht gerade leicht umgehen kann, behandeln und regieren. Seine Predigten, immer tiefgründig, aber gleichzeitig klar und verständlich, haben bei den katholischen Gläubigen Wertschätzung und Respekt hervorgerufen.

Und während ein elender Gifthändler feststellt: „Ohne zu vergessen, dass der Klerus von Florenz Betori satt hat, der mehr Schaden angerichtet hat als alles andere.“ (vgl.. WHO), Stattdessen schwingt in uns allen eine Frage mit, die, wenn gewünscht, Ängste in unserer Seele weckt: und nach?

Florenz, 12 Januar 2024

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