I Neocatecumenali, alla conquista dell’Asia grazie al braccio armato dei loro “utili idioti”, hanno vinto la battaglia, rimane però un quesito: i ragionevoli dubbi circa la validità delle sacre ordinazioni sacerdotali …

— attualità ecclesiale —

I NEOCATECUMENALI, ALLA CONQUISTA DELL’ASIA GRAZIE AL BRACCIO ARMATO DEI LORO “UTILI IDIOTI”, HANNO VINTO LA BATTAGLIA, RIMANE PERÒ UN QUESITO: I RAGIONEVOLI DUBBI CIRCA LA VALIDITÀ DELLE SACRE ORDINAZIONI SACERDOTALI …

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Cos’hanno architettato, Kiko Argüello ed i suoi, facendo affidamento sul braccio armato dei loro “utili idioti”? In ossequio alla verità, è necessario ammettere che Kiko Argüello ha vinta la battaglia. E non una sola, perché ne ha vinte cento. Possiamo rendergli anche il meritato onore delle armi, perché tutto sommato se lo merita pure. Però sia chiaro: ha vinto la battaglia, non ha vinta la grande guerra. Perché la vittoria della grande guerra, è già stata ascritta a Cristo Signore dal Beato Apostolo Giovanni che ce l’ha narrata con profetico anticipo nel Libro dell’Apocalisse. E se non si convertono per davvero, Kiko Argüello ed i suoi “utili idioti”; se non chiedono veramente perdono, per i danni immani che hanno recato e che seguitano a recare alla Chiesa, per loro, dopo la grande guerra vinta da Cristo Signore, sarà purtroppo pianto e stridore di denti. Cosa questa che gli autentici credenti temono animati da sacro timore di Dio, gli “utili idioti”, non so …

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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La mitica Mary Poppins che discende dal cielo con il suo ombrellino ed il suo cappellino …

I Sacramenti, fatta eccezione per il Battesimo, dove il neonato è presentato alla Madre Chiesa dispensatrice di grazia per essere lavato dalla macchia del peccato originale, producono la loro efficace azione salvifica incontrando anzitutto la libertà dell’uomo. Basti per esempio pensare al Sacramento del Matrimonio, di cui ministri sono gli stessi sposi, che si basa sul libero consenso [Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1621-1632].

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C’è un solo Sacramento che è richiesto da altri a beneficio di un neonato, ed è il Battesimo. Quindi, a meno che a chiedere il battesimo non sia un adulto, la domanda posta ai genitori che presentano la creatura è la seguente: «Che cosa chiedete alla Chiesa di Dio?». I genitori rispondono: «Il Battesimo».

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Il Battesimo è dunque quella azione di grazia che i genitori chiedono alla Santa Chiesa per loro figlio, affinché sia purificato dalla macchia del peccato originale. Il Battesimo, è forse una decisione presa da altri su un neonato non in grado d’intendere e volere? Si tratta, forse, di una imposizione fatta dai genitori sul figlio che, giunto in età adulta, potrebbe decidere, esercitando il proprio libero raziocinio, di non appartenere invece alla Chiesa Cattolica? Non sarebbe forse meglio ― come oggi sostengono diversi genitori ― che sia lui, da adulto, a decidere se essere battezzato o no, evitando in tal modo che i genitori prendano per lui delle decisioni che da adulto potrebbe anche non gradire, quindi non riconoscere?

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Questi quesiti, apparentemente ragionevoli, in realtà si basano proprio sulla totale mancanza di ragionevolezza. È presto detto il perché: le decisioni che i genitori prendono su un neonato o su un bambino, sono veramente molte. Tra l’altro, i genitori sono pure tenuti e obbligati a prenderle, queste numerose decisioni, molte delle quali destinate a incidere sulla vita futura del figlio stesso.

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Con un esempio concreto e tutt’altro che peregrino proviamo a rendere chiaro il tutto: per il sopraggiungere di una grave malattia, si pone il doloroso problema di dover amputare un arto a un bimbo di pochi mesi. L’arto non può essere salvato e se non si provvede ad amputarlo, vi sarà una inevitabile cancrena. Ragionevolmente: quale genitore risponderebbe che prima di amputare un arto, è bene che il bimbo cresca e che acquisisca le necessarie capacità cognitive, decidendo poi lui se privarsi di un arto o meno? Quale genitore risponderebbe affermando di non poter correre il rischio di ritrovarsi domani dinanzi a un figlio adulto che lo rimprovera di avere acconsentita l’amputazione di un arto contro la sua volontà?

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Il peccato originale, per noi Christi fideles è qualche cosa che va reciso per evitare la cancrena dell’anima. Per questo i genitori chiedono alla Chiesa di Dio il Battesimo.

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Gli altri Sacramenti implicano invece volontà e deliberato consenso, anche quando si tratta di bimbi. Se infatti un bambino si rifiutasse di ricevere la Prima Comunione, o se un adolescente non volesse ricevere la Cresima; se il primo manifestasse di non credere all’Eucaristia e il secondo allo Spirito Santo e alle sue azioni di grazia, né il sacerdote né il vescovo lo obbligherebbero mai a ricevere questi Sacramenti, anzi li dissuaderebbero proprio dal riceverli, se sono rispettivamente un sacerdote e un vescovo cattolici. Quante volte io — e come me diversi miei confratelli che considerano realmente e sostanzialmente i Sacramenti di grazia per ciò che essi sono — abbiamo dissuaso dei giovani che di cristiano non avevano niente, dal celebrare il matrimonio sacramentale, considerando che non credevano proprio al Sacramento, che ritenevano la chiesa solo un teatro di posa e il prete che avrebbe ricevuto il loro consenso e benedette le loro nozze null’altro che la comparsa di una sceneggiata teatrale? E quante volte è accaduto che questi sacerdoti rispettosi dei Sacramenti, i quali esigevano altrettanto rispetto per i Sacramenti anche dai non credenti, hanno dovuto subíre la rampogna del classico vescovo “arido funzionario”, che li ha più o meno aggrediti dicendogli: «Non essere così rigoroso!»?

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Il Sacramento della Penitenza, la confessione sacramentale, per poter rendere efficace l’azione di grazia in esso racchiusa, richiede un requisito fondamentale imprescindibile: il pentimento. Un sacerdote potrebbe anche recitare cento volte la formula sacramentale di assoluzione dai peccati, ma se il penitente non è pentito, quelle parole valgono esattamente quanto la filastrocca della mitica baby sitter Mary Poppins che cantava ai due bambini: «Supercalifragilistichespiralidoso» [vedere, QUI].

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Veniamo adesso al Sacramento dell’Ordine Sacro, giacché oggi sarebbe bene porsi dei terribili quesiti che, sino a sessanta o settant’anni fa, avrebbero costituito dissertazioni accademiche basate su elementi considerati di per sé assurdi, sia sul piano della dogmatica sacramentaria sia su quello della disciplina dei Sacramenti regolata dal Codice di Diritto Canonico.

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Anche per il Sacramento dell’Ordine, i requisiti richiesti sono minimi. Però, questi requisiti minimi devono sussistere. Anche in questo caso procediamo con un esempio: potrebbe un vescovo prendere lo studente di una yeshivah ebraica ― ossia una scuola rabbinica ―, oppure lo studente di una scuola teologica calvinista, disposti per varie ragioni e motivi a ricevere l’Ordine Sacro, ed a consacrarli sacerdoti?

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Anzitutto cerchiamo di non essere rigoristi, o come va di moda dire di questi tempi: “aridi legalisti”. È vero che il primo di questi due soggetti, l’ebreo, non crede alla divinità di Cristo, mentre il secondo, il calvinista, non crede al Sacerdozio apostolico e alla Santissima Eucaristia. Però, se per ragioni di vario genere ― che nulla hanno a che fare con la loro adesione alla fides catholica, decidono e accettano di essere consacrati sacerdoti, dov’è il problema? O non dobbiamo forse essere “accoglienti” e “includenti”?

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Certo, il “cupo fariseo” contemporaneo potrebbe chiedere: mancando il fondamento della fede e della piena adesione alle verità della fides catholica, questi due, hanno ricevuto validamente il Sacramento dell’Ordine? Quindi: sono due sacerdoti in tutto e per tutto, dopo che il vescovo, in ossequio ai libri liturgici e alla disciplina dei Sacramenti, gli ha imposto le mani e ha recitato su di loro la preghiera consacratoria?

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Se a questo quesito qualcuno intende rispondere di sì, affermando che quella sacra ordinazione è valida perché avvenuta secondo tutte le previste regole, quindi che i due, siano credenti o non credenti, sono stati consacrati sacerdoti, allora in tal caso potremmo dire: quel Signore che durante la celebrazione portava in testa un copricapo chiamato mitria, ed impugnava un bastone chiamato pastorale, in verità era Mary Poppins col suo cappellino in testa, che impugnava il suo ombrellino tra le mani e che cantava e danzava gioiosa: «Supercalifragilistichespiralidoso».

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Al neo consacrato presbìtero inginocchiato dinanzi a lui, il vescovo consegna le offerte dei fedeli, il pane e il vino per la celebrazione del sacro mistero. Porgendogli le offerte dice queste parole:

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«Ricevi le offerte del Popolo Santo per il sacrificio eucaristico Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conferma la tua vita al sacrificio della croce di Cristo» [Dal Rito della sacra ordinazione dei presbìteri].

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Domanda alla quale non ho risposte da dare, perché sono altri a essere legittimati a rispondere, a partire dal Prefetto della Congregazione de Propaganda Fide, al quale va il merito di avere compiuto l’ennesima opera di devastazione, come vedremo a breve … questa è la domanda: qual è la percezione della Santissima Eucaristia, infusa e trasmessa durante l’intero ciclo formativo ai seminaristi dei Seminari Redemptoris Mater, che provengono da famiglie neocatecumenali e che sono stati cresciuti ed educati in quel Cammino Neocatecumenale nel quale il Sacrificio Eucaristico è relegato, dai due fondatori della setta, a «un elemento collegato all’Eucaristia per condiscendenza alla mentalità pagana», la quale «irruppe dopo Costantino» e facendo sì che «la massa di gente pagana vide la liturgia cristiana con i suoi occhi religiosi, volti all’idea del sacrificio»? [Cf. Orientamenti di Kiko Argüello e Carmen Hernández ai catechisti del Cammino Neocatecumenale, in uso a partire dall’anno 1972 e riediti nel 1988, pagg. 321-323].

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I due fondatori del Cammino Neocatecumenale, non hanno forse trasmessa per decenni una concezione deformata e deformante della Santa Messa, negando apertamente l’elemento sacrificale alla maniera della dottrina ereticale calvinista, de-strutturando tutti gli stessi fondamenti della dogmatica sacramentaria?

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È tutto documentato. Ma non solo: si sono forse mai corretti pubblicamente dai propri errori? Tutt’altro: sono stati loro, incancreniti nelle loro eresie, che hanno ripetutamente dichiarato in errore vescovi, sacerdoti, teologi e fedeli laici ossequiosi al dogma e al depositum fidei, in quanto a loro dire «non ancora aperti e pronti al vero mistero della Pasqua».

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Mancando eventualmente i requisiti di una corretta percezione e quindi di una piena adesione de fide al dogma della Santissima Eucaristia; mancando eventualmente la corretta percezione di ciò che in realtà è veramente il sacerdozio cattolico, ivi incluso il fatto che è errore grave e autentica eresia affermare, come ha insegnato Kiko Argüello, che «tutti siamo sacerdoti» [Cf. Orientamenti, pagg. 56-57], in che modo, possiamo parlare della piena e perfetta validità del Sacramento dell’Ordine conferito a persone indubbiamente degnissime, sul piano umano, ma di fatto dei “non credenti”, su quello spirituale? A un elemento deformato prima dalla famiglia, poi dalle catechesi neocatecumenali, poi da un seminario neocatecumenale, nel cui animo sono state instillate e sono radicate queste eresie mai abiurate e mai corrette a partire dai due fondatori, con quale oggettiva efficacia il vescovo può consegnare le offerte del Popolo di Dio dicendo:

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«Ricevi le offerte del Popolo Santo per il sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conferma la tua vita al sacrificio della croce di Cristo».

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Ci rendiamo conto, che siamo dinanzi a un assurdo, a un autentico paradosso? Quel tal prete è stato formato prima dalla famiglia e dai mega-catechisti, poi all’interno di un seminario neocatecumenale per celebrare “la cena” secondo tutti i peggiori crismi ereticali infusi nel Movimento da Kiko Argüello e Carmen Hernández; infusi e, ripeto, mai abiurati e corretti. Come può il vescovo consegnargli le offerte per il «sacrificio eucaristico», considerando che questa parola è decisamente bandita, all’interno del Cammino Neocatecumenale, in quanto la Santa Messa non è sacrificio, ma la rinnovazione della cena pasquale durante la quale i fratelli fanno festa attorno alla gioiosa mensa? Vogliamo renderci conto, alla prova provata e documentata dei fatti,che Kiko e Carmen hanno fatto catechesi di formazione ai propri mega-catechisti irridendo per decenni il concetto di transustanziazione eucaristica [Cf. Orientamenti, pag. 325], sino a chiamare con ironico sprezzo «sacramentini» gli adoratori del Santissimo Sacramento? [Cf. Orientamenti, pag. 317]. Insomma: se un candidato al sacro ordine avesse una percezione cattolica sia della Santissima Eucaristia sia del Sacerdozio, non sarebbe proprio potuto diventare prete, in un seminario neocatecumenale, né mai potrebbe fare il prete, in Comunità Neocatecumenali. Esattamente come non potrebbe diventare prete in una delle varie chiese ortodosse, qualora considerasse il Romano Pontefice dotato della potestas piena e assoluta su tutta la Chiesa e qualora considerasse valido e giusto il concetto di Filioque inserito nella Professio Fidei della Chiesa Cattolica.

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E fu così che scoprimmo, durante le sacre ordinazioni, in un angolo del presbitério, poco distante dal vescovo ordinante, Kiko Argüello con la sua chitarra che cantava appassionato: «Supercalifragilistichespiralidoso».

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Detto ciò sia chiaro, stiamo facendo una legittima speculazione teologica di tipo accademico, sicché non si tratta né di dichiararsi offesi, né di dichiararsi lesi nella propria maestà cardinalizia, né di fare i sufficienti che non sono ad alcun titolo tenuti a scendere dal loro Olimpo per abbassarsi ai livelli di chi chiede delle risposte. Infatti si tratta di dare delle risposte a questo quesito, che  è semplice e facile da evadere: laddove mancasse piena adesione ai dogmi della Chiesa Cattolica, una corretta percezione della Santissima Eucaristia e del Sacrificio Eucaristico della Santa Messa e una corretta percezione del sacerdozio cattolico, possiamo parlare di indubitabile validità delle consacrazioni sacerdotali di soggetti carenti su questi fondamenti basilari della fede, poiché indotti a respingere come errati questi fondamenti stessi, a partire dall’Eucaristia intesa come sacrificio santificante di grazia? È proprio così difficile, rispondere a una domanda del genere?

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Il Cardinale Fernando Filoni, faccia conto che io non sia un prete e un teologo, ma un barbone che bivacca in Piazza San Pietro e che piscia e smerda sui marmi sotto il colonnato del Bernini [cf. QUI], perché forse, in quel caso, mi considererà del tutto degno di risposta, anzi: la sera correrà pure il Cardinale Konrad Krajewski a portarmi il caffè, se non è impegnato è riallacciare la luce in qualche centro sociale occupato [cf. QUI]. 

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Siccome si dice che al peggio non c’è proprio mai fine, proprio mentre mi stavo accingendo a chiudere la bozza di questo libro, ecco giungere una notizia a dir poco sconfortante:

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«La Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli ha ufficialmente istituito il Collegio Redemptoris Mater per l’evangelizzazione in Asia, con sede a Macao, affidandone la conduzione al Cammino neocatecumenale. il collegio è stato istituito con decreto firmato dal cardinale Fernando Filoni, prefetto di Propaganda Fide, il 29 giugno scorso, dopo l’udienza con Papa Francesco. Il “Collegio Redemptoris Mater per l’Asia” aprirà i battenti a settembre, con un primo nucleo di studenti provenienti da diverse nazioni del mondo. L’iniziativa intende rispondere all’appello di Giovanni Paolo II che, nella lettera enciclica Redemptoris missio, indicava il continente asiatico come ambito territoriale, “verso cui dovrebbe orientarsi principalmente la missio ad gentes” (n. 37)» [L’Osservatore Romano, edizione del 29 luglio 2019, testo QUI].

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Per meglio capire è necessario precisare che l’attuale Prefetto della Congregazione de Propaganda Fide, Cardinale Fernando Filoni, prima di essere consacrato vescovo partecipò come sacerdote ai corsi di catechesi del Cammino Neocatecumenale, altrettanto l’attuale Arcivescovo Giovanni Pietro Dal Toso, segretario aggiunto di Propaganda Fide e presidente delle Pontificie Opere Missionarie.

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Ecco quindi l’elemento inquietante: il nuovo seminario di Macao, non è uno dei semplici e tanti seminari Redemptoris Mater gestito dai neocatecumenali. Si tratta infatti di un seminario posto sotto la diretta giurisdizione della Congregazione de Propaganda Fide. O per meglio chiarire: non dipenderà dalla giurisdizione del vescovo diocesano né dalle direttive date dalla locale Conferenza Episcopale per la formazione dei sacerdoti; questo seminario dipenderà direttamente da un Dicastero della Santa Sede. A tal proposito, il Cardinale Fernando Filoni, nella sua intervista riportata da L’Osservatore Romano, illustra questa opera come un vero e proprio esperimento di «decentralizzazione» di Propaganda Fide, facendo presente:

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« […] non è impossibile che, un domani, nascano altri Collegi del genere, promossi dalla Congregazione, in altri continenti».

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Questo seminario a Macao è stato aperto sotto la diretta giurisdizione del competente Dicastero della Santa Sede, dopo che i neocatecumenali hanno ripetutamente fallito nel tentativo di dare l’arrembaggio alla piccola ma ricchissima Chiesa Cattolica del Giappone. 

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Poteva forse, il “messia” Kiko Argüello, accettare una simile sconfitta, lui che è Signore di tutte le cose visibili e invisibili? Ma per l’ennesima volta la corsa alla conquista della piccola ma ricchissima Chiesa Cattolica del Giappone, è nuovamente sfumata. Lo apprendiamo direttamente dall’Arcivescovo Metropolita di Tokyo, S.E. Mons. Isao Kikuchi, che nell’agosto del 2018 narra di avere ricevuta una lettera del Cardinale Fernando Filoni che lo informava della prossima erezione sul territorio della sua diocesi di un seminario Redemptoris Mater dipendente direttamente dalla Congregazione de Propaganda Fide. O detta in altre parole: lo metteva dinanzi al fatto compiuto. L’Arcivescovo si dichiarò decisamente confuso, dinanzi a quella lettera, né lui, né S.E. Mons. Peter Takeo Okada, suo predecessore, erano infatti stati consultati a tal proposito. Chiarito il tutto merita in breve ricordare quelle che furono tra il 2008 e il 2010 le dolorose vicende nelle quali l’episcopato giapponese si trovò coinvolto con il Cammino Neocatecumenale, che si conclusero con la chiusura disposta nel 2008 dai Vescovi del Giappone del loro seminario aperto nella Diocesi di Takamatsu nel 1990.

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Siccome però i neocatecumenali, che nell’ambito della delicata cultura del Giappone si muovevano come elefanti ubriachi dentro una vetrina di cristalli, seguitarono imperterriti a creare divisioni e danni tra i fedeli, nel 2010 ricevettero ordine dalla Conferenza Episcopale del Giappone di sospendere qualsiasi genere di loro attività in tutto il Paese. Insomma: di fatto furono dichiarati “soggetti non graditi” ed espulsi. 

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Questa improvvida lettera del Cardinale Fernando Filoni, dal fiero Episcopato Giapponese è stata recepita e sofferta come un maldestro tentativo del Signor laico Kiko Argüello e dei suoi agguerriti settaristi altrettanto laici, di averla vinta a tutti i costi sull’episcopato giapponese, usando questa volta il braccio armato amico di una figura che, in linguaggio politico, s’è soliti indicare col termine tecnico e per nulla offensivo di “utile idiota”.

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Quale sarà il prossimo passo, mirato a distruggere attraverso la neocatecumenalizzazione coatta le Chiese asiatiche, alcune delle quali, il loro profondo amore devoto a Roma, l’hanno pagato sovente anche a prezzo di persecuzioni e di sangue? Come si farà, per piegarle dall’alto alla setta del neocatecumenalesimo? Grazie all’amico “utile idiota” si imporranno forse seminari neocatecumenali aperti a raffica e dipendenti direttamente da Roma, visti gli esiti pregressi degli elefanti ubriachi a passeggio dentro le delicate cristallerie del Giappone, evitando ulteriori chiusure ed espulsioni decretate dai vescovi? In terre asiatiche di missione, si procederà forse ad erigere dei vicariati apostolici affidati ai laici neocatecumenali, i quali gestiranno vescovi neocatecumenali e preti neocatecumenali sfornati a loro servizio da questa multinazionale eretica, che può avvalersi della “fabbrica di preti” dei Seminari Redemptoris Mater, a loro concessa con discutibile prudenza dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II? Le scelte amministrative e pastorali del quale ― bene rammentarlo all’esercito sterminato di ignoranti ―, non rientrano né nell’esercizio del magistero infallibile né tanto meno costituiscono dogmi che richiedono, come tali, piena adesione di fede. Ci mancherebbe altro che il riconoscimento amministrativo della setta neocatecumenale fatto nel 2012 dal Pontificio Consiglio per i Laici, fosse posto, a livello dogmatico, quindi come obbligo per i credenti alla piena adesione di fede, tra il dogma della Immacolata Concezione e il dogma della Assunzione al Cielo della Beata Vergine Maria! Se poi Giovanni Paolo II è stato canonizzato, come certi neocatecumenali gridano, quindi elevato agli onori degli altari, è bene ricordare che la Santa Chiesa non ha canonizzato ogni suo pensiero, decisione, scelta e sospiro; a partire dalla infelice concessione da lui fatta alla setta neocatecumentale di aprire il prototipo del loro primo seminario Redemptoris Mater a Roma nel 1988.

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Cos’hanno architettato, Kiko Argüello ed i suoi, facendo affidamento sul braccio armato dei loro “utili idioti”? In ossequio alla verità, è necessario ammettere che Kiko Argüello ha vinta la battaglia. E non una sola, perché ne ha vinte cento. Possiamo rendergli anche il meritato onore delle armi, perché tutto sommato se lo merita pure. Però sia chiaro: ha vinto la battaglia, non ha vinta la grande guerra. Perché la vittoria della grande guerra, è già stata ascritta a Cristo Signore dal Beato Apostolo Giovanni che ce l’ha narrata con profetico anticipo nel Libro dell’Apocalisse. E se non si convertono per davvero, Kiko Argüello ed i suoi “utili idioti”; se non chiedono veramente perdono, per i danni immani che hanno recato e che seguitano a recare alla Chiesa, per loro, dopo la grande guerra vinta da Cristo Signore, sarà purtroppo pianto e stridore di denti. Cosa questa che gli autentici credenti temono animati da sacro timore di Dio, gli “utili idioti”, non so …

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dall’Isola di Patmos, 31 luglio 2019

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UN ANNUNCIO AI LETTORI: IMMINENTE PUBBLICAZIONE

Vi avvisiamo che immediatamente dopo il 15 agosto entrerà in distribuzione il libro di Ariel S. Levi di Gualdo sulla setta neocatecumenale. Si tratta di un testo interamente costruito su documenti inoppugnabili e su testimonianze autentiche altrettanto documentate. In circa 280 pagine di testo è fatta anzitutto una rigorosa analisi storica, teologica e giuridica di questo fenomeno che, sebbene intriso da sempre di gravi eresie, ha potuto proliferare  come una pericolosa setta intra-ecclesiale, contando purtroppo anche sulla debolezza degli ultimi pontefici, condizionati loro malgrado da una situazione ecclesiale ed ecclesiastica non facilmente gestibile, che versa oggi in stato di profonda e purtroppo irreversibile decadenza. L’opera di Ariel S. Levi di Gualdo è stata dedicata alla venerabile memoria di due presbìteri e teologi romani: il Servo di Dio Pier Carlo Landucci [1900-1986] e Padre Enrico Zoffoli C.P [1915-1996], che per primi denunciarono con profetica lungimiranza, sebbene inutilmente, le gravi e pericolose eresie del Cammino Neocatecumenale.

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Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Gabriele

Il Piccolo Principe e il Re dei re: Cristo e la parte migliore

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

IL PICCOLO PRINCIPE E IL RE DEI RE: CRISTO E LA PARTE MIGLIORE

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«Ecco il mio segreto. è molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Maria e Marta, icona bizantina

Cari fratelli e sorelle,  

la Liturgia della Parola di questa XVI domenica del tempo ordinario ci offre il racconto della visita di Gesù presso la casa di Maria e Marta [testo della Liturgia della Parola, QUI].

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Nella celebre favola di Antoine de Saint Exupèry, Il Piccolo Principe, c’è un bellissimo incontro fra il piccolo principe e la volpe. Nella loro chiacchierata, il principino e la volpe intrecciano pian piano un’amicizia profonda fra serio e faceto. Prima di salutarsi, la volpe dice un’ultima cosa al piccolo principe:

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«Ecco il mio segreto. è molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».

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Questa storia è un aiuto per comprendere il bellissimo insegnamento di Gesù oggi: la preghiera e lo sguardo che essa ci dona. Uno sguardo d’amore e di verità su tutte le cose. Lo sguardo di Gesù sulle persone e gli eventi del mondo.

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Nella prima lettura di Genesi, Abramo incontra i tre uomini presso le Querce di Mamre:

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«Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo» [Gn 18].

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Secondo gli esegeti e i padri della Chiesa, i tre uomini descritti in questo passo sono una anticipazione della rivelazione sulla Trinità. Abramo infatti si rivolge al Signore uno e trino. Rivolge una preghiera spontanea, commovente e al tempo stesso autentica. Chiede al Signore di fermarsi, di rimanere con Lui. Abramo offre una preghiera affettuosa; offre la sua casa e innanzitutto la sua anima affinché Dio vi dimori.

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Nel Vangelo di Luca troviamo una differenza fra l’atteggiamento di Marta e quello di Maria. Marta infatti non sbaglia nell’essere al servizio di Gesù, mentre rassetta, sistema, pulisce, insomma fa le cose di casa. Gesù infatti le rimprovera di agitarsi, affannarsi, tralasciando «quella che è la parte migliore».

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Ogni azione, anche il servizio di casa più nascosto e insospettabile può diventare un’offerta al Signore. Può diventare anche questa una preghiera, se appunto questo nostro servizio è attuato ponendo al centro Gesù: è Lui la parte migliore, senza il quale non possiamo fare nulla. Maria, che è lì davanti e ascolta, è colei che sembra aver capito meglio questo insegnamento. È infatti lì, silenziosa, ma non per questo in preda alla pigrizia. Maria è lì che prega in modo contemplativo: prega col cuore, sapendo che tutto l’essenziale è in quel rapporto invisibile, ma vero con Gesù.

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Il senso della preghiera è dunque una amicizia vera e profonda con il Signore. Una amicizia però appunto che non rimane semplicemente un rapporto individuale col Signore, ma si apre agli altri.

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Scrive infatti San Paolo nella seconda lettura:

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«Sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare […] il mistero nascosto, ma ora manifestato ai suoi santi» [Col 1,25].

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La preghiera spalanca le porte della missione, cioè di essere mandati agli altri per annunciare quello che abbiamo ricevuto nel nostro incontro col Signore; la preghiera si sviluppa in un’azione pratica con cui tutti manifestiamo quel mistero nascosto di Dio stesso. Lo manifestiamo con la nostra vita, le nostre opere di carità e, paradossalmente, manifestiamo il mistero della misericordia di Dio anche nel nostro essere peccatori pentiti.

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Tutti quanti perciò diventiamo ministri, non solo i chierici e i religiosi: tutti quanti diventiamo coloro che amministrano e donano, secondo le loro capacità, il dono di Dio al prossimo. È il dono più grande, l’unico invisibile agli occhi davvero essenziale al cuore di chi si sente fisicamente e spiritualmente isolato e abbandonato.

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Il Signore doni a noi tutti l’abbraccio accogliente ed orante di Gesù, per sentirci amati fino alla fine dei tempi.

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Così sia.

Roma, 21 luglio 2019

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Esclusiva mondiale! Emanuela Orlandi è stata sepolta in Vaticano nelle grotte di San Pietro dentro il sarcofago del Sommo Pontefice Bonifacio VIII

— il cogitatorio di Ipazia —

ESCLUSIVA MONDIALE!

EMANUELA ORLANDI È STATA SEPOLTA IN VATICANO NELLE GROTTE DI SAN PIETRO DENTRO IL SARCOFAGO DEL SOMMO PONTEFICE BONIFACIO VIII

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La Santa Sede, a qualsiasi richiesta avanzata da Pietro Orlandi, anche e solo in base a un messaggio anonimo ricevuto, non esiterebbe ad acconsentire l’apertura e l’ispezione della qualunque. Sicché, per porre fine al tutto, il Santo Gatto Pio mi ha rivelato che la giovane è stata sepolta nelle grotte sottostanti la Pontificia Arcibasilica di San Pietro, dentro il sarcofago contenente le auguste spoglie del Sommo Pontefice Bonifacio VIII.

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Autore
Ipazia gatta romana

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Purtroppo questo pontificato finirà molto male, mentre i vescovi che compiacciono il Re Nudo giocando ai “preti di strada” finiranno parecchio peggio, intanto i laici perdono La Nuova Bussola…

PURTROPPO QUESTO PONTIFICATO FINIRÀ MOLTO MALE, MENTRE I VESCOVI CHE COMPIACCIONO IL RE NUDO GIOCANDO AI “PRETI DI STRADA” FINIRANNO PARECCHIO PEGGIO, INTANTO I LAICI PERDONO LA NUOVA BUSSOLA

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Dinanzi alla dignità apostolica così profondamente ferita, il dolore ci toglie proprio le parole, avanti alle gesta di certi vescovi buffoni …

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Chi ha sempre venerato il Vescovo come sacra figura apostolica, oggi non può che versare lacrime di sangue, dinanzi all’attuale ascesa sulle cattedre episcopali di giullari e buffoni, ma soprattutto di emulatori senza dignità, giunti all’episcopato dopo essersi costruiti l’immagine di “preti di strada” e di “preti di periferia”.

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Oltre a pregare per questi poveretti, ai quali da tempo non è più chiara la dignità apostolica che ad essi è stata conferita, è necessario pregare soprattutto per i loro preti.

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Per i pochissimi buoni preti che ci restano, avere a che fare con vescovi che spaziano in bilico tra le soubrette vanitose e le figure del teatrino comico grottesco d’avanspettacolo, è una sofferenza difficilmente descrivibile: se fallisce il vescovo, fallisce anche il prete, perché il sacerdozio del prete è totalmente legato alla pienezza del sacerdozio apostolico del vescovo. Qualcuno lo ricordi, a chi nella Domus Sancthae Marthae si diletta a tirare fuori dal cilindro del prestigiatore nidiate di conigli pazzi. I conigli sono infatti particolarmente pericolosi, perché hanno una veloce e straordinaria capacità di riprodursi tra di loro.

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Una strana e, ovviamente, pura coincidenza: La Nuova Bussola Quotidiana, rivista vetero-democristiano-ciellina diretta da Riccardo Cascioli, sempre così veloce e severa nel fare le pulci e nel tirare le orecchie a vescovi e cardinali ogni volta che escono dalle righe, a distanza di tre giorni dal felice evento non ha proferito gemito dinanzi alla sceneggiata del vescovo rockettaro. D’altronde bisogna però comprendere: si tratta di un vescovo ciellino sin dal seminario e legato ai vertici di Comunione e Liberazione. Il bello è che lo chiamano pure giornalismo cattolico di autentica e imparziale informazione, insomma: un autentico servizio alla verità. Proprio sullo stile dei comunisti europei che di fronte ai carri-armati russi che invasero Praga nel 1968, voltarono la faccia dall’altra parte e non fecero neppure mezzo commento.

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dall’Isola di Patmos, 14 luglio 2019

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Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Gabriele

Quella domanda tanto antica e tanto fondamentale: «Chi è il mio prossimo?»

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

QUELLA DOMANDA TANTO ANTICA E TANTO FONDAMENTALE: «CHI È IL MIO PROSSIMO?»

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Il prossimo che ha bisogno della carità materiale oggi, non è solo il clochard o il migrante, ma anche i disoccupati, i disabili e gli anziani abbandonati da tutti. Hanno bisogno di carità materiale quei padri o madri che hanno subito un divorzio e ingiustamente sono lontani e impoveriti dalla presenza dei loro figli.

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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PDF  articolo formato stampa
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Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P. durante la celebrazione delle sue prime Sante Messe

Cari fratelli e sorelle, 

questa XV domenica del tempo ordinario solleva un grande e fondamentale quesito: «Chi è il mio prossimo?» [Cf. testo delle Liturgia della Parola, QUI].

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Oggi viviamo nell’epoca in cui la scienza medica ha compiuto passi da gigante. Ci sono medici che con gli odierni ritrovati della clinica specialistica e delle nuove chirurgie e micro-chirurgie possono salvare vite umane in modo sino a ieri impensabili, quindi prendersi cura e garantire uno stile di vita dignitoso.

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Una bellissima figura di medico, è quella di Louis Pasteur; siamo sul finire dell’Ottocento. Egli, che dedicò la sua vita alla cura dei malati, ci ha lasciato molti pensieri profondi, trai quali mi è cara una frase in particolare:

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«Non ti domando chi sei, da dove vieni, a quale religione appartieni. Tu soffri, questo mi basta. Tu mi appartieni».

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Le letture di oggi ci introducono al tema del prendersi cura di qualcuno che Dio stesso ci ha inviato a curare e rialzare in un momento di grande sofferenza. Il Signore stesso ci dà questo incarico, come possiamo leggere nei testi vetero testamentari:

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«Questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica» [Cf. Dt: 30, 14].

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Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P. durante la celebrazione delle sue prime Sante Messe

La parola che Mosè riporta è la parola di Dio una parola che rende vicini noi e il Signore. Questa vicinanza indica che la parola di Dio, il messaggio di Gesù Cristo va conosciuto, amato e reso intimo. Per ciò qui si parla di una vicinanza nella bocca: cioè questa parola va testimoniata, annunciata con gioia a chi non la conosce. Subito dopo c’è una vicinanza del cuore è [dall’antico ebraico לֵבָב lebav]: nel linguaggio ebraico, il cuore indica la intima scelta concreta di Dio: dunque un passaggio dalla testimonianza all’azione. In particolare l’azione del credente è proprio quella della misericordia spirituale e materiale, il prendersi cura di chi è bisognoso in modo materiale e soprattutto spirituale. 

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Questa azione avviene in un luogo ben preciso: la Chiesa. Come spiega il bellissimo inno paolino: la Chiesa, cioè noi stessi, è la comunità dei credenti e al tempo stesso il corpo mistico di Cristo, il luogo cioè dove tutti credenti, diversificati secondo la loro vocazione, esprimono concretamente la loro testimonianza ed azione uniti a Gesù stesso [Cf. Col 1, 15. 18]. La Chiesa allora è il luogo dove agisce Gesù insieme a noi, e doniamo cura e misericordia in Lui.

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La parabola del buon samaritano infine spiega a chi, come Chiesa, dobbiamo rivolgerci. Per tanto, la domanda base di ogni cattolico è questa: «Chi è il mio prossimo?» [Lc 10, 30].

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Il prossimo che ha bisogno della carità materiale oggi, non è solo il clochard od il migrante, ma anche i disoccupati, i disabili e gli anziani abbandonati da tutti. Hanno bisogno di carità materiale quei padri o madri che hanno subito un divorzio e ingiustamente sono lontani e impoveriti dalla presenza dei loro figli.

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Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P. 

Soprattutto, l’allarme principale è per coloro che hanno bisogno della carità spirituale: gli atei, gli agnostici, tutti coloro che combattono la Chiesa in nome della cultura gender, della necro-cultura, o che favoriscono i peccati più gravi come l’aborto e l’eutanasia.

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Noi da samaritani, siamo chiamati a portarli all’albergo con le fasciature necessarie: cioè essere accanto a loro, nell’ascolto e nel dialogo, per accogliere le loro ferite esistenziali, mostrargli il volto del Dio vivente e vero, e donargli il regno di Dio, di fasciarli della Verità di Dio e donargli il vino per eccellenza, il Preziosissimo Sangue di Nostro Signore.

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Scriveva il poeta Kahlil Gibran: «Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici».

Il Signore doni ad ognuno di noi il coraggio, la tenerezza e la forza del buon samaritano per accogliere le ferite e le cicatrici di tutti coloro che incontriamo, e donare la speranza dell’amore di Cristo.

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Così sia.

Roma, 13 luglio 2019

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È in distribuzione il primo libro delle Edizioni L’Isola di Patmos, visita la pagina del nostro negozio QUI. Sostenete le nostre edizioni acquistando i nostri libri   

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Novità dalla Provincia Domenicana Romana: «La prudenza di…», di Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P. [testo, QUI].

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Il vento caldo dell’estate e quella pontificia corte dei nani bugiardi col complesso dei giganti che non dobbiamo prendere sul serio, ma per salvifico imperativo di coscienza cristiana dobbiamo prendere solo per il culo

— negozio librario delle Edizioni L’Isola di Patmos —

IL VENTO CALDO DELL’ESTATE E QUELLA PONTIFICIA CORTE DEI NANI BUGIARDI COL COMPLESSO DEI GIGANTI CHE NON DOBBIAMO PRENDERE SUL SERIO, MA PER SALVIFICO IMPERATIVO DI COSCIENZA CRISTIANA DOBBIAMO PRENDERE SOLO PER IL CULO

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[…] questi personaggi, io non ho affatto paura a pigliarli all’occorrenza per il culo, avrei invece terribilmente paura a pigliarli sul serio, perché a prendere sul serio questa gente così bugiarda e sprezzante l’intelligenza altrui, quindi ad agire di conseguenza, c’è il serio rischio di sperimentare il caldo vero, il caldo eterno, vale a dire il caldo dell’Inferno. E all’Inferno in compagnia di chi ha fatto sì che E Satana si fece trino, io non ci voglio proprio andare.

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Nella edizione 2019 del mio libro E Satana si fece trino, di cui pochi giorni fa Jorge Facio Lince, presidente delle nostre Edizioni L’Isola di Patmos, ha presentata ai nostri Lettori l’uscita [leggere QUI], ho inserita anzitutto una articolata presentazione alla nuova edizione, poi, in varie parti del testo, non ho potuto omettere di inserire a fondo di pagina delle note con la dicitura: “N.d.A. all’edizione del 2019”.  

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Invitandovi a legger questo libro sotto Il vento caldo dell’estate [cf. QUI], desidero procurarvi una ulteriore vampata di calore proprio con una di queste note. O non ci hanno forse insegnato di recente che le questioni più serie e delicate sono fatte finire in noticine a fondo di pagina? La noticina in questione è stata inserita nelle pagine in cui tratto il problema della pornocrazia clericale, si tratta della numero 287 nella pagina 239, dove a riguardo di questo delicato e diffuso fenomeno scrivo:

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… a questa faccia, affideresti il tuo amato chihuahua per portarlo dieci minuti a passeggio nel parco? Il Cardinale Francesco Coccopalmerio, al quale qualcuno ha affidato il Pontificio consiglio per i testi legislativi

«Se davvero vogliamo affrontare questo problema drammatico, dobbiamo partire da un triste dato di fatto: oggi, all’interno del clero secolare e religioso maschile, il numero degli omosessuali è spaventosamente alto e si divide tra gay praticanti e gay repressi; i secondi più attivi dei primi nell’esercizio della loro logorante omosessualità psicologica. Gli omosessuali per carattere psichico repressi nel corpo, sono di gran lunga peggiori di coloro che praticano l’omosessualità fisica, causando da sempre all’interno della Chiesa dei danni talora enormi talora irreparabili, puntando sempre e di rigore a piazzarsi nei posti più alti e nei ruoli-chiave di governo, per meglio rafforzare una lobby molto potente e solidale al suo interno, retta su criteri pornocratici.

Quello della pornocrazia è un dramma che ferisce la Chiesa colpendola con affondi mortali. Termine recente di origine francese, pornocrazia indica una forma di governo caratterizzata dal nefasto influsso di cicisbei e prostitute sugli uomini preposti all’esercizio del potere. Alla lettera significa “governo delle prostitute”, o governo fondato in buona parte sui meccanismi tipici della prostituzione. A caratterizzare la pornocrazia, non è tanto il baratto di favori sessuali con posizioni di privilegio, come nelle consuete relazioni tra potente e prostituta, perché questi rapporti di potere non sempre hanno avuto connotazioni di tipo sessuale, specie all’interno di certe sacche decadenti, che hanno costituito nei tempi passati e presenti orribili zavorre per la Chiesa, dove spesso il meccanismo, lungi dell’essere quello del tutto naturale della sessualità eterosessuale, si fonda sulla asessualità, o su puri meccanismi omosessuali, spesso più psicologici che fisici. Nella pornocrazia clericale, l’omosessualità praticata a livello fisico è solo la punta estrema di un’omosessualità mentale radicalizzata e andata non di rado al potere. Con l’esercizio del proprio influsso sull’uomo di potere la prostituta, o il gay-prostituto, non tanto riescono a esercitare in modo indiretto il loro personale potere, perché simili meccanismi di ruolo sono stati più volte esercitati in modo quasi istituzionale dalle legittime consorti dei sovrani, o dai loro vari amichetti-gay. Quel che risulta particolarmente logorante nella Chiesa, più che nel potere civile laicista, è la capacità del prostituto di creare un proprio potere personale a volte quasi assoluto, che si sostituisce spesso all’autorità del potente e che non di rado sopravvive al potente stesso. Si pensi per esempio al giovane ed efebico segretario dalle cui labbra il potente pendeva e che dopo avere influito sull’esercizio del potere del prelato – che era preposto a servire, non a pilotare colpendolo con le frecce di Cupido –, quando questi sta per ritirarsi dalla carica per sopraggiunti limiti di età, viene promosso vescovo prendendo il posto – in rango e dignità sacramentale – del suo padrone platonicamente innamorato» [E Satana si fece trino, cit. pag. 238-239].

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Rileggendo queste mie allarmanti analisi scritte un decennio fa e rimaste ovviamente inascoltate da parte delle autorità ecclesiastiche, come potevo, al termine di questo periodo che si conclude sulla dolce frase «del suo padrone platonicamente innamorato», omettere di inserire — con grande amore e letizia, s’intende! — una doverosa, anzi obbligatoria noticina a fondo di pagina nella edizione del 2019? Infatti ce l’ho messa, ed è la seguente:  

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A questa faccia, volteresti la schiena in tutta sicurezza? Il Cardinale Angelo Becciu, già sostituto alla segreteria di Stato, oggi Prefetto della Congregazione delle Cause di Santi. Nasce nella cittadina sarda di Pattada, famosa per la fabbricazione di coltelli artigianali a serramanico, detti resolza.

«N.d.A all’edizione del 2019 — Fatto di cronaca così riportato dagli organi di stampa: “Nell’estate 2017 la Gendarmeria Vaticana arresta Monsignor Luigi Capozzi, di anni cinquanta, segretario del Cardinale Francesco Coccopalmerio e addetto di seconda classe presso il Pontificio consiglio per i testi legislativi, presieduto da questo porporato. Il fatto: nel suo appartamento collocato in Vaticano nel palazzo dell’ex Sant’Uffizio, Monsignore organizzava festini gay a base di droga, tanto da render poi necessario il suo ricovero nella clinica romana Pio XI per adeguate terapie di disintossicazione” [Cf. Franca Giansoldati, Il Messaggero, 29 giugno 2017; Francesco A. Grana, Il Fatto Quotidiano, 5 luglio 2017; Libero, 7 luglio 2017; Domenico Gramazio, La Città di Salerno, 2 luglio 2017; Emanuele Barbieri, Corrispondenza Romana, 22 novembre 2017; Riccardo Cascioli, La Nuova Bussola Quotidiana, 4 dicembre 2017, etc..]. Rifacendosi a notizie a loro pervenute dall’interno della Santa Sede, i giornali precisano che Monsignore «era già stato proposto dal Cardinale per essere elevato alla dignità episcopale» [Francesco A. Grana, Il fatto Quotidiano, 28 Giugno 2017]. A oltre un anno dal fatto, i giornalisti Maike Hickson e John Henry Westen di LifeSiteNews lanciano una notizia poi riportata dal vaticanista Marco Tosatti [Stylum Curiae 11 ottobre 2018] e da Giuseppe Aloisi [Il Giornale, 11 ottobre 2018] e da vari organi di Stampa: “Il Cardinale Francesco Coccopalmerio […] era presente al party omosessuale a base di droga in cui ha fatto irruzione la polizia vaticana nell’estate del 2017 e in cui fu arrestato il suo segretario, Mons. Luigi Capozzi”. A questa notizia risponde la sera stessa con un tweet il Cardinale Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, all’epoca dell’accaduto Sostituto della Segreteria di Stato: “La notizia è priva di fondamento. Fui io ad informare dell’arresto del sacerdote il Card. Coccopalmerio a fine giornata, non avendolo trovato, per un disguido, il mattino. Il prete non fu arrestato durante un fantomatico party, ma nel cortile della casa”. Chiariamo: per oltre un anno il Cardinale Angelo Becciu ha permesso ai giornali di infangare un prete scrivendo senza mai essere smentiti che “l’arresto è avvenuto all’interno dell’appartamento durante un party gay a base di droga”, poi, trascorsi sedici mesi – quando in ballo è stato tirato un cardinale – l’ex sostituto alla Segreteria di Stato, con solerte tempismo e improvviso amore per la verità, informa con un tweet che l’arresto non avvenne “durante un fantomatico party” ma “nel cortile di casa” (!?). “Il 29 agosto 2018 crolla il tetto della chiesa romana di San Giuseppe ai Falegnami” [La Repubblica, 30 agosto 2018] il cui titolo è detenuto dal Cardinale Francesco Coccopalmerio. Dopo avere illustrata questa fedele cronologia non passibile di smentita, forse sarebbe bene tenere sotto stretto controllo, al fine di evitare altri crolli improvvisi, la necropoli etrusca maremmana di Roselle, di cui il Cardinale Angelo Becciu è stato Arcivescovo titolare, quindi il tetto della chiesa romana di San Lino, di cui egli detiene il titolo cardinalizio.  

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Musica pop anni Settanta: Boney vestito di rosso porpora che con lodevole serietà e professionalità canta Rasputin [cliccare sopra l’immagine per aprire il video]

Chi non compra e legge il mio libro, è uno che odia il caldo, anzi un grandissimo odiatore di caldo. Perché vedete: io non ho affatto paura a pigliare all’occorrenza per il culo questi personaggi mosso da imperativo di coscienza cristiana. Avrei invece terribilmente paura a pigliarli sul serio, perché a prendere sul serio questa gente così bugiarda, cattiva e sprezzante l’intelligenza altrui, quindi ad agire di conseguenza, c’è il serio rischio di sperimentare il caldo vero, il caldo eterno, vale a dire il caldo dell’Inferno. E all’Inferno in compagnia di chi ha fatto sì che Satana si fece trino, non ci voglio andare. Come infatti diceva San Filippo Neri: «Preferisco il Paradiso!». Siccome purtroppo non sono santo, ma sono però un autentico credente e un servo fedele della Chiesa di Cristo, ogni giorno prego affinché Dio mi conceda nella sua amorevole misericordia la grazia di un leggero Purgatorio, tenendo conto del doloroso Inferno che a me, come ad altri miei confratelli sacerdoti, hanno fatto sperimentare certi ecclesiastici corrotti e corruttori in questa nostra terrena valle di lacrime, dopo avere permesso a Satana di farsi trino e di infangare nel peggiore dei modi la nostra Santa Madre Chiesa.

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Musica anni Settanta: Boney in Rivers of Babylon [Sulle rive di Babilonia], Salmo 136 cantato in versione pop [cliccare sopra l’immagine per aprire il video]

Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo 
ricordandoci di Sion.

Ai salici di quella terra 
appendemmo le nostre cetre,

perché là ci chiedevano parole di canto 
coloro che ci avevano deportato, 

allegre canzoni, i nostri oppressori: 
“Cantateci canti di Sion!”.

Come cantare i canti del Signore 
in terra straniera?

Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra;

mi si attacchi la lingua al palato 
se lascio cadere il tuo ricordo, 
se non innalzo Gerusalemme 
al di sopra di ogni mia gioia.

Ricordati, Signore, dei figli di Edom, 
che, nel giorno di Gerusalemme, 
dicevano: “Spogliatela, spogliatela 
fino alle sue fondamenta!”.

Figlia di Babilonia devastatrice,
beato chi ti renderà quanto ci hai fatto.

Beato chi afferrerà i tuoi piccoli 
e li sfracellerà contro la pietra [Salmo 136].

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dall’Isola di Patmos, 8 luglio 2019

 

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Gabriele Giordano M. Scardocci
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Padre Gabriele

La virile tenerezza dei guerrieri della luce, mandati come pecore in mezzo ai lupi

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

LA VIRILE TENEREZZA DEI GUERRIERI DELLA LUCE, MANDATI COME PECORE IN MEZZO AI LUPI

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Essere agnelli mandati da Gesù è un po’ questo: essere guerrieri della Luce, capaci a sconfiggere i lupi, od ammansirli, per la potenza di grazia di Colui che ci ha mandati come agnelli in mezzo a lupi.

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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PDF  articolo formato stampa

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Cari fratelli e sorelle,

guerrieri della luce

Questa XIV domenica del tempo ordinario ci offre un Vangeli denso di immagini che ci parla della missione affidata da Cristo agli Apostoli [cf. testi della Liturgia della Parola, QUI].

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In questi periodi di vacanza può capitare spesso di fare memoria di quando eravamo più piccoli. Quando le vacanze al mare erano con i nostri genitori, e si trascorreva molto tempo in spiaggia fra scherzi, giochi e tanta dolcezza e tenerezza. Anche adesso, se trascorriamo del periodo coi nostri genitori, ringraziamo Dio per il dono del loro amore e della fede: questo infatti ci ha portato fino ad oggi e fino a qui, ad essere chi siamo nella via del Signore.

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Le letture di oggi vogliono farci addentrare in questo grande mistero di Dio nella sua consolazione e tenerezza che ci invia ad essere creature nuove, e dunque inviati del suo grande amore.

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Nei testi profetici vetero testamentari leggiamo:«Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; a Gerusalemme sarete consolati» [Is 66, 13]. Si noti che il terzo Isaia scrive nel post esilio ebraico del VI a.C., quindi la Città di Gerusalemme, in questa precisa circostanza, è il luogo che richiama simbolicamente la consolazione materna di Dio. Questo ci insegna che Dio non sta rinchiuso nei cieli ma ci consola, ci è vicino con affetto di una mamma. Di questa tenerezza parla spesso Papa Francesco, e questo ci deve far porre attenzione: la tenerezza consolatrice è uno degli elementi caratteristici propri di Dio, quasi fosse il DNA stesso di Dio. Noi non siamo lontani da questa mano tenera del Signore, eterno innamorato di noi. Siamo consolati quando veniamo assolti nella confessione e quando riceviamo la fragranza della Eucarestia. Oppure nella misericordia amichevole di qualche amico e familiare.

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Questa consolazione ci rende nuovi di zecca. In un brano delle sue lettere apostoliche San Paolo scrive:

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«Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura» [cf. Gal 6, 15].

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Ricevere la consolazione e tenerezza di Dio ci fa sentire immensamente amati. Cambia tutto il nostro modo di essere da testa a piedi. E nonostante i nostri difetti, peccati, vizi, debolezze noi siamo continuamente amati da Dio. Nel suo amore, ogni giorno siamo resi nuovi, ricostruiti, riprogettati ogni volta che ci sembra di fallire. Ognuno di noi è chiamato a un progetto più grande da Dio stesso: per questo siamo resi incredibilmente nuovi dal Signore, forti e ad un tempo tranquilli e sereni nella Sua Verità.

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Consolati e resi creature nuove, finalmente Dio ci invia. Come ha fatto con i Settantadue discepoli qui descritti nel Vangelo di Luca. A questi discepoli Gesù dice: «Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi» [Lc 10,3].

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Anche noi siamo mandati, come creature nuove per portare quella consolazione e tenerezza che abbiamo ricevuto. Questo ci permette di trasmettere anche la gioia e la comunione con Dio. Ci permette di essere suoi missionari di pace nelle sofferenze e nelle difficoltà della vita, di tutti coloro che incontreremo. Questa è l’ottica di essere agnelli fra i lupi. Il lupo è l’immagine biblica di chi è rapinatore rapace che viene nella notte. È l’immagine della cultura attuale che non rispetta chi ha bisogno di cure. Si pensi a tal proposito alle terribile sofferenze che sta soffrendo ora Vincent Lambert [cf. QUI]. L’agnello invece è l’immagine di chi è mansueto e buono. Appunto di chi è ripieno della pace di Dio e si fa missionario della luce e della consolazione di Dio.

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Ricordo di aver letto a 16 anni un bellissimo libro di Paulo Coelho, da un titolo altrettanto splendido: Manuale del Guerriero della Luce.

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Essere agnelli mandati da Gesù è un po’ questo: essere guerrieri della Luce, capaci a sconfiggere i lupi, od ammansirli, per la potenza di grazia di Colui che ci ha mandati come agnelli in mezzo a lupi.

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Il Signore ci conceda la Luce della Sua Grazia e della Sua consolazione, perché diventiamo tradizione viva e autentica del Suo Amore che si donò fino alla fine.

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Così sia.

Roma 6 luglio 2019

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È in distribuzione il primo libro delle Edizioni L’Isola di Patmos, visita la pagina del nostro negozio QUI

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Novità dalla Provincia Domenicana Romana: «Il bene di vivere ed il diritto di non soffrire: il testamento biologico», di Riccardo Lufrani, O.P. [testo, QUI].

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« E SATANA SI FECE TRINO » un esordio nel ricordo del Cardinale Carlo Caffarra, mentre nella Chiesa tutto sembra procedere in caduta libera inarrestabile …

— negozio librario delle Edizioni L’Isola di Patmos —

«E SATANA SI FECE TRINO», UN ESORDIO EDITORIALE NEL RICORDO DEL CARDINALE CARLO CAFFARRA, MENTRE NELLA CHIESA TUTTO SEMBRA PROCEDERE IN CADUTA LIBERA INARRESTABILE …

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Perché ricordare in questo nostro esordio editoriale il Cardinale Carlo Caffarra? Perché è stato un nostro grande amico, padre e maestro. Perché è stato un modello d’amore e servizio alla Chiesa, ai Pontefici e al Popolo di Dio, per questo è morto soffrendo. Alcuni dei suoi ultimi colloqui col Padre Ariel S. Levi di Gualdo furono drammatici, ma in essi era racchiusa la drammaticità della fede che in sé non contiene solo la tenera immagine della mangiatoia di Betlemme, ma soprattutto lo strazio del Cristo sulla croce che ci invita a farci con Lui sacrifici vivi e santi. Questo abbiamo imparato dal Cardinale Carlo Caffarra: amico, padre e maestro. E a lui ci raccomandiamo per questa nostra opera editoriale, nella cui utilità e bontà egli credeva. Se è opera di Dio, darà frutti e prospererà.

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Autore:
Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

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PDF  articolo formato stampa
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Le Edizioni L’Isola di Patmos esordiscono con un’opera di Ariel S. Levi di Gualdo scritta tra il 2008 e il 2010 e pubblicata a inizi 2011: «E Satana si fece Trino».

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Se non fosse provato che questo libro fu stampato un decennio fa, potrebbe essere accolto come un libro di attualità, perché è della nostra attualità che parla, anticipando di molti anni ciò che oggi, di triste e terribile, abbiamo sotto gli occhi. Dunque proviamo a estrapolare dalle pagine di questo libro uno dei tanti passi scritti in cosiddetti “tempi non sospetti”, per vedere ciò che un decennio fa l’Autore denunciava …

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«Dal Nord dell’Europa ormai ripiegata in forme esasperanti e aggressive di laicismo scristianizzante, sta scendendo un fiume in piena che a breve investirà e travolgerà l’intera Chiesa. Mentre questo fiume si gonfiava, molti nostri buoni vescovoni, cardinaloni e curialoni, mostrandosi dotati di una vista equiparabile a quella di una talpa, credettero sul serio di poter seguitare ad agire come fossimo sempre nella Italietta democristiana degli anni Cinquanta. Come se fossimo sempre nella cattolica Irlanda, dove vedendo a distanza un prete giungere per la strada la gente scendeva dal marciapiede per lasciargli il passo, chinando con deferenza il capo al suo passaggio […] Non avere la capacità di vedere che la società era cambiata e che in questa nostra moderna e involuta civiltà, in virtù della nuova psicologia tecnologica, i cambiamenti sono quasi sempre e di rigore repentini, ha concorso in modo determinante alla nostra rovina. Essersi rifiutati di cogliere tutto questo e indurre di conseguenza – o peggio obbligare il clero a questo rifiuto e formare i futuri preti in questo rifiuto quasi istituzionalizzato – è stata la nostra somma disgrazia, inaugurata nella stagione di un post-concilio che per un verso ha de-sacralizzato la Chiesa, per l’altro verso l’ha clericalizzata come mai lo era stata prima. Ciechi e sordi più che mai, ci siamo rifiutati di capire che i giudici dei tribunali civili e penali non erano più disposti a dire: “In questa intentata causa c’è di mezzo un prete, una diocesi e persino un vescovo. Non possiamo procedere. Se lo facessimo verremmo subito frenati dall’alto, dal ministero di Grazia e giustizia, da politici influenti di area cattolica o dalla suprema corte di Cassazione, con tutti i rischi del caso legati anche alle nostre carriere”. D’un tratto è cominciato ad accadere l’esatto contrario: “In questa intentata causa c’è di mezzo un prete, una diocesi e persino un vescovo? Bene. Allora bisogna andare a fondo il più possibile e quanto meglio, affinché nessuno possa affermare che nel nostro Paese ci sono caste di intoccabili e che la magistratura, anziché svolgere il proprio compito indagando e se necessario condannando, le protegga in modo complice e solidale”. È stato così che in vari paesi del mondo è esploso il pubblico problema della pedofilia, legato anche a diversi membri del nostro clero. E, di fronte a questo problema, la Chiesa è stata colta impreparata, perché molti nostri buoni vescovoni, cardinaloni e curialoni, pensavano di poter seguitare a vivere e comportarsi come quelli di sempre: coprire … coprire … coprire. Certi di essere gli intoccabili di sempre, quelli della Italietta democristiana degli anni Cinquanta, quelli della cattolica Irlanda dove ieri si scendeva dal marciapiede per far passare un prete chinando il capo al suo passaggio. Oggi invece, se passa un prete per le strade di Dublino, capita che la gente gli strilli dietro cose orribili e irripetibili. Paghiamo forse il prezzo di una società laica, scristianizzata e senza Dio? In parte sì. Però va tenuto conto che questa società è stata resa tale anche da molti nostri buoni vescovoni, cardinaloni e curialoni ammalati di impunità e di onnipotenza nel loro vivere fuori dal reale. Ignari che stavano muovendosi in un mondo diverso che non riuscivano più a gestire, relegati in un microcosmo di ori, stucchi e privilegi che la società ha presto cominciato a vedere come un virus, come una metastasi da bombardare con la chemioterapia … e, in parte, qualche volta, o forse anche più volte, la società civile aveva perfettamente ragione, perché il clericalismo, ed in specie quello di stampo mafioso, intriso di coercizioni e di omertà, andrebbe letteralmente estirpato».

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La figura di Satana è usata dall’Autore seguendo l’insegnamento dei Santi Padri della Chiesa, che nel Demonio — da San Girolamo a Sant’Agostino — hanno sempre identificato colui che vuole scimmiottare Dio per creare un’altra realtà. Satana, il grande invertitore, deve confondere e capovolgere bene e male, mutando il vizio in virtù e la virtù in vizio, la sana dottrina in eresia e l’eresia in sana dottrina. Il risultato lo abbiamo oggi sotto gli occhi: il peccato non è più tale, non è più un elemento di rottura della comunione con Dio, ma è una “diversità” definita da taluni “colma di ricchezze”, da accogliere con spirito “aperto” e “includente”. Ecco cos’è e qual è l’opera terribile del Grande Invertitore.

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Quando poi il fumo di Satana penetra all’interno della Chiesa non andrebbe temuta la sgradevole verità ma la gradevole menzogna, consapevoli che saremo chiamati a rendere conto a Dio non solo di pensieri, parole e opere, ma soprattutto di omissioni.

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Caduti come pioggia cinque decenni di bizzarrie dottrinali e di stravaganze liturgiche, i risultati si sono infine dischiusi: il clero cattolico è travolto da gravi scandali morali, mentre la Chiesa è condizionata al proprio interno da una potente lobby gay che determina nomine, carriere e riforme.

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Quella della Chiesa odierna è una crisi originata da una profonda decadenza dottrinale che ha generata una grave crisi morale, alla base dell’una e dell’altra c’è la distruzione del principio di autorità, dal quale ha preso vita il golpe della peggiore risma di dittatori: gli eretici al potere. Tramite questi accoliti, il Principe delle Tenebre mira a creare una Chiesa completamente invertita, svuotata del tutto di Cristo e riempita di altro.

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« U N   P R E Z I O S O   R I C O R D O » 

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Cardinale Carlo Caffarra

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Bologna, 12 maggio 2017

Cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo emerito di Bologna [1938-2017] – Un amico, un padre e un maestro.

Caro e stimato Padre Ariel.

Quando leggo il complesso brano di San Matteo [24, 1-36] che si conclude con le parole: «Quanto a quel giorno e a quell’ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre», oggi mi verrebbe da dire che i segni di cui ci parlano Gesù Cristo, San Paolo e l’Apocalisse di San Giovanni, sembrerebbero ricorrere tutti. 

Anni fa, in un paio di tuoi articoli, hai concluso riportando il passo lucano in cui Gesù dice: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» [Lc 1, 18].

Questo passo lo commentasti con parole che sul momento, ti confesso, reputai un “fuoco d’artificio”, una di quelle iperbole di cui faceva uso letterario anche lo stesso San Paolo.

A quell’interrogativo, infatti, tu dai risposta con un altro interrogativo:

« … e se il Verbo di Dio fatto uomo, che pone un drammatico quesito sulla fede, al proprio ritorno alla fine dei tempi trovasse sì, sempre la Chiesa, ma una Chiesa completamente invertita, svuotata del tutto di Cristo e riempita di altro?».

Queste tue parole oggi non suonano come un “fuoco d’artificio” o una “iperbole” e, forse, non immagini neppure, quanto mi stiano gravemente accompagnando verso la conclusione della mia vita.

A quell’interrogativo, hai abbozzata una risposta che dovrebbe generare profondo tremore in qualsiasi uomo di buona volontà, proprio perché, al drammatico quesito, tu rispondi con un drammatico quesito contenente un’ipotesi sconvolgente:

«… una Chiesa completamente invertita, svuotata del tutto di Cristo e riempita di altro».

Prega per me, che sono verso il tramonto della vita, come io prego per te che hai sempre molte albe all’orizzonte della vita, ma soprattutto tanto bene da fare, a questa nostra tormentata ma sempre Santa Chiesa e al popolo di Dio sempre più disorientato e bisognoso di santi pastori.

 

Tuo

+Carlo

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Nel corso degli anni, il nostro lavoro è stato molto duro e il nostro sacrificio notevole. È quindi con comprensibile timore e tremore che abbiamo dato inizio a questa attività editoriale, che può reggersi in un solo modo: con la vendita dei libri. Se però il tutto è opera di Dio, sopravvivrà e andrà avanti.

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Siamo certi che ci aiuterete a diffondere le opere delle Edizioni L’Isola di Patmos, specie per il servizio che esse possono rendere in questo momento così difficile alla Chiesa di Cristo e al Popolo di Dio.

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Un profondo ringraziamento ai nostri preziosi collaboratori di redazione: Ettore Ripamonti, Dorothy Lancel, Ester Maria Ledda, Licia Oddo, Manuela Luzzardi.

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dall’Isola di Patmos, 5 luglio 2019

 

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Il Sinodo Pantedesco celato dietro al Sinodo Panamazzonico: quella vecchia voglia di dare moglie ai preti in una Chiesa visibile superba e cieca che non vuole imparare dagli errori della storia e dagli errori altrui

— attualità ecclesiale —

IL SINODO PANTEDESCO CELATO DIETRO AL SINODO PANAMAZZONICO: QUELLA VECCHIA VOGLIA DI DARE MOGLIE AI PRETI, IN UNA CHIESA VISIBILE SUPERBA E CIECA CHE NON VUOLE IMPARARE DAGLI ERRORI DELLA STORIA E DAGLI ERRORI ALTRUI

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Insomma: si può essere così empi da usare come pretesto l’Amazzonia per celebrare un Sinodo il cui unico scopo è di portare a compimento l’ennesimo colpo di stato di quella frangia di episcopato tedesco che di cattolico, ormai, ha solo il nome? La cosa è infatti a tal punto evidente nella propria palese sfacciataggine, che due sole sono le soluzioni: o abbiamo a che fare con ingenui, oppure — Dio non voglia! — con autentici delinquenti. Perché a chi davvero non fosse chiaro è bene ricordare che questo non è il Sinodo Panamazzonico, bensì null’altro che il Sinodo Pantedesco che, usando a pretesto l’Amazzonia e la rassicurante formula ad experimentum, vuol dare l’ennesimo colpo di grazia all’intera Chiesa universale.

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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PDF  articolo formato stampa
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il dittatore della Corea del Nord Kim Jong

Tra la fine del 2019 e gli inizi del 2020 si terranno due grandi eventi: dal 6 al 27 ottobre 2019 il Sinodo Panamazzonico, dal 21 al 26 febbraio il carnevale di Rio de Janeiro. Considerando che in Brasile il sincretismo religioso è ufficiosamente riconosciuto, ci si potrebbe attendere una sintesi di unione tra questi due eventi.

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Per quanto riguarda l’uso che da alcuni anni s’è cominciato a fare dei sinodi, il quesito lo posi già in un mio articolo pubblicato nell’ottobre del 2018, dove domando:

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«Se infatti la Corte dei Miracoli, come la chiamo io, oppure il Cerchio Magico, come invece lo chiama il Cardinale Gerhard Ludwig Müller, ha già un’agenda pronta con tutta una serie di questioni già stabilite, ma soprattutto e di fatto già approvare, perché convocare dei sinodi? Forse per dare la parvenza di collegialità allo stesso modo in cui il giovane dittatore della Corea del Nord, Kim Jong, vuol dare una parvenza di democrazia parlamentare? E che fine hanno fatto i dissidenti coreani, sono forse finiti legati sulle testate dei missili, poi lanciati appresso per le prove sperimentali?» [cf. vedere articolo, QUI].

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Se possiamo facilmente presumere la fine che hanno fatto i dissidenti della Corea del Nord, meno facilmente possiamo immaginare quella riservata ai dissidenti all’interno della Chiesa. In ogni caso, ciò che cambia sono solo le forme, perché la sostanza è quella: nella Corea del Nord i dissidenti sono giustiziati, nella Chiesa visibile odierna, i dissidenti sono invece misericordiati. Nella Corea del Nord, ogni forma di pacato dissenso è bollata come azione operata dai nemici asserviti al potere liberal-capitalista; nella Chiesa visibile, ogni forma di pacato dissenso è bollata dal Cerchio Magico, o Corte dei Miracoli, come «ostilità dei nemici del nuovo corso della Chiesa», il tutto attraverso le trombe di un giornalismo schierato che ha rinunciato da tempo immemorabile alla verità.

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Il Sinodo Panamazzonico — attraverso il quale l’equipollente clerico-parlamento della Corea del Nord pare intenzionato a sdoganare il sacerdozio per gli uomini sposati —, è proprio giocato tutto su questo: sulla pressoché totale falsificazione storica e su quella emotività che non ragiona, perché non impara dagli errori del passato, ma vive un presente cieco, senza prospettiva futura, nel quale ciò che solo conta è il tutto e subito. Solo con queste chiare premesse potremmo parlare di quel fenomeno di sincretismo che darà vita ad un pericoloso connubio tra questo Sinodo e il Carnevale di Rio de Janeiro.

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Se nella Corea del Nord il parlamento serve per dare esecuzione a quanto stabilisce e vuole Kim Jong, nella Chiesa visibile i sinodi servono ormai per dare esecuzione a quanto stabilisce e vuole il nostro Kim Jong. Però, anche in questo caso, la differenza e ancóra una volta sostanziale: mentre tutti sappiamo che la Corea è governata da Kim Jong che impone le proprie decisioni, per quanto ci riguarda noi sappiamo sì, chi governa la Chiesa Cattolica universale, ma non sappiamo però chi è o chi sono i vari Kim Jong che impongono le loro decisioni, servendosi dei sinodi nello stesso modo in cui questo giovane dittatore si serve del Parlamento della Corea.

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Prendiamo come esempio l’ultimo Sinodo sulla Famiglia: tra il 5 e il 19 ottobre del 2014 si tenne una assemblea generale per discutere sulle «sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione», il tutto per raccogliere testimonianze e proposte. Dal 4 al 25 ottobre del 2015 si svolge il sinodo ordinario incentrato su «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo», scopo del quale era ricercare e poi tracciare nuovi modelli pastorali della persona e della famiglia. Dopodiché, il 19 marzo 2016, è pubblicata la esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia.

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Quando tra il 2014 e il 2015 si incominciò a percepire verso che cosa miravano alcune frange di episcopato tramite i propri rappresentanti al sinodo, non si è tardato ad assistere a vere e proprie levate di scudi, ma soprattutto a decise opposizioni da parte dei rappresentati di altre e ben più maggioritarie frange di episcopato. Dopodiché, tra il 2015 e il 2016, nella Chiesa in dialogo, aperta, accogliente e includente, s’è assistito a diversi lanci di missili, sulle testate dei quali erano stati legati — in modo tanto fraterno quanto misericordioso —, uomini di profonda e solida dottrina come il compianto Cardinale Carlo Caffarra e il Cardinale Gerhard Ludwig Müller, mentre sul missile di lancio campeggiava da cima a fondo la scritta: misericordia.

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A riguardo delle scritte su missili e bombe merita ricordare che durante la Seconda Guerra Mondiale, quando sugli aerei i prodi Alleati caricavano le bombe da sganciare sulle città d’Europa per distruggere vite umane di civili inermi assieme a opere d’arte d’inestimabile valore, i buoni soldati liberatori scrivevano varie dediche sulle bombe, solitamente omaggi ironici ad Adolf Hitler e al Nazismo, per esempio quando rasero inutilmente al suolo Dresdren e München nel febbraio del 1945, perché la Germania era già sconfitta, non occorreva decimare le popolazioni di queste due Città e distruggerne ricchezze storiche e artistiche di inestimabile valore. Come non era necessario che degli ufficiali britannici legati da affiliazione alle logge massoniche più esasperatamente anti-cattoliche della Gran Bretagna distruggessero l’Abbazia di Montecassino, la quale non fu affatto ricostruita coi soldi degli americani, che offrirono sì contributi, ma a patto però che l’Arciabate cassinense mentisse dichiarando che dentro il perimetro del grande monastero si trovavano truppe tedesche. L’Arciabate si rifiuto di affidare un falso alla storia, così, la storica abbazia, fu sì ricostruita, ma coi soldi del Governo della Repubblica Italiana, tanto per essere chiari.

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Quando dopo i massicci bombardamenti sinodali la Chiesa dovrà essere ricostruita, la grazia di Dio metterà sulla nostra strada un uomo giusto e veritiero che negherà di affidare alla storia una menzogna, proprio come fece l’Arciabate cassinense; e la Chiesa sarà ricostruita sopra le macerie coi soldi dei fedeli, vale a dire con la fede autentica dei credenti.

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Dopo il Sinodo sulla Famiglia, tra bombardamenti e missili caduti che recavano sopra la scritta «misericordia» e «tenerezza», si è andato formando un episcopato molto debole, anche perché alla data del 2013 l’età media dei vescovi sparsi per il mondo era piuttosto elevata e nel corso degli ultimi sei anni sono stati rinnovati con centinaia di nomine i vescovi di molte diocesi del mondo.

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A giorni di distanza dalla sua pubblicazione, il breve, conciso e drammatico documento del Cardinale Walter Brandmuller sullo Instrumentum laboris del Sinodo panamazzonico è passato del tutto sotto silenzio [vedere testo, QUI]. Compatta più che mai, la cosiddetta “stampa di regime” ha taciuto. Un silenzio che ricorda quello della stampa comunista e dei grandi partiti e circoli ad essa legati, quando nel 1968 i carri armati russi invasero la Città di Praga, dopo i moti di liberazione della cosiddetta Primavera di Praga. E si tratta di un silenzio insolito, quantomeno assordante, perché l’anziano Cardinale, considerato uno tra i più grandi storici della Chiesa ed ecclesiologi al momento viventi, non ha mosso semplici e ordinarie critiche, ma ha spiegato che il testo contiene delle eresie che costituiscono un atto di apostasia dalla fede cattolica. Inutile commentare il tutto, basta prendere il testo del Cardinale Walter Brandmuller e leggerlo, perché chiunque non consideri la teologia un’emozione, un sentimento soggettivo e una poesia, non potrà che dargli ragione: quel testo è una istigazione alla apostasia dalla fede cattolica.

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Sorge adesso una domanda a dir poco legittima: perché mandare avanti un lucido e determinato Cardinale novantenne? Capisco che nessun cardinale elettore gradisce correre il rischio di decadere da questo diritto prima ancora del compimento dell’80° anno di età; capisco che i vescovi diocesani non gradiscono correre il rischio di essere rimossi dalle loro cattedre episcopali. Per seguire con un esercito di presbìteri che non vogliono correre il rischio di essere rimossi dai loro incarichi pastorali, per seguire con tutti quei laici impegnati all’interno delle strutture ecclesiastiche che con la Chiesa non si limitano a mantenere la famiglia, ma con essa si arricchiscono, sino a risultare per questo più pavidi ancòra degli ecclesiastici stessi.

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Tempo fa cercai di spiegare il tutto con la tragica — ma penso realistica — immagine del “processo di Norimberga” [vedere articolo QUI]. Da tempo temo che abbiamo a che fare con un esercito di cardinali, vescovi e preti che pensano di superare domani il grande esame del giudizio di Dio affermando in serena coscienza, come i gerarchi nazisti, di avere solo ubbidito a ordini superiori. Sempre ammesso che credano alla verità di fede che il giudizio di Dio sarà immediato dopo la nostra morte, poi universale alla fine dei tempi, quando il Cristo tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti.

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Il fatto provato, doloroso e realistico, come a volte molto dolorosa è la realtà, ormai dovrebbe brillare alla luce del sole, fatta unicamente eccezione per chi decide di non vedere il sole che brilla nel cielo: partecipare ai Sinodi dei Vescovi vuol dire fare da comparse a una tragedia classica, oppure a una commedia comica del cinema italiano degli anni Settanta, dove i tre o quattro protagonisti principali che reggono tutta la sceneggiatura hanno bisogno di un certo numero di figuranti. In questo genere di rappresentazioni teatrali o filmiche, le comparse hanno un’unica utilità: porre in risalto gli attori principali. Che si tratti del giovane Vittorio Gassman che recita per due ore il Prometeo di Eschilo a testa all’ingiù nel teatro greco di Siracusa, o che si tratti del non meno grande Alberto Sordi nel film satirico Vacanze intelligenti, il principio che regge il tutto è lo stesso. Detto questo: possono, comparse o figuranti, incidere in qualche modo? No, perché il loro ruolo è silenzioso e limitato a una pura presenza, finalizzata in un modo o nell’altro a far risaltare l’attore od i due o tre attori principali.  

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Abbiamo capito da tempo che i Sinodi servono a far risaltare un pastoralismo divenuto ormai “pastoralismo selvaggio”, ed assieme ad esso quel cosiddetto conciliarismo che sin dalla stagione del post-concilio ha perduto ogni genere di parentela, persino alla lontana, col Concilio Vaticano II. E l’operazione, in corso da anni, oggi non è neppure più evidente, ma decisamente sfacciata: la dottrina non si tocca, però, pur lasciando inalterata la dottrina, si muta la prassi pastorale. O per meglio chiarire il tutto con un esempio: la carrozzeria della Ferrari rimane tale e quale, nessuno la tocca e la modifica, però, dal suo interno, si toglie il motore sostituendolo con quello della nuova Fiat 500. Poi, se qualcuno solleverà proteste, si risponderà che la carrozzeria della Ferrari è rimasta tal quale. Ovviamente c’è una domanda che dinanzi a questo dovrebbero porsi tutti: ma una Ferrari, esiste in quanto tale per la sua carrozzeria, o per il motore che racchiude dentro? E dinanzi a questa operazione evidente, anzi sfacciata, chi rimane dietro le quinte e manda avanti a sollevare quesiti un Cardinale novantenne, dovrà risponderne veramente, ma soprattutto molto seriamente davanti a Dio.

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Il Sinodo Panamazzonico servirà per sdoganare in qualche modo il clero sposato. Forse, in questa assenza sempre più inquietante di memoria storica, pochi ricordano che l’attore principale di questo Sinodo, il Cardinale tedesco-brasiliano Clàudio Hummes, voluto e nominato Prefetto della Congregazione per il Clero dal Sommo Pontefice Benedetto XVI nel 2006, appena giunto a Roma dichiarò che il celibato è una disciplina ecclesiastica, non un dogma della fede cattolica. Cosa vera, anzi ovvia. Ma siccome il tutto fu espresso in un certo modo, ossia nel modo ambiguo tipico di queste persone, sulla stampa internazionale si ingenerarono numerosi dibattiti. Così, pochi giorni dopo, lo stesso Prefetto chiariva e smentiva, dando implicita colpa ai giornalisti bisognosi di lanciare sempre sulla stampa titoli a effetto [vedere QUI]. In ogni caso il messaggio era stato lanciato, il Cardinale Clàudio Hummes doveva solo pazientare altri sette anni, per poi poter dire al nuovo eletto al sacro soglio nel 2013: «Non dimenticare mai i poveri!» [cf. video QUI]. Quindi agire di conseguenza, con tutta la fiducia ed i benefici che già i cardinali delle famiglie Orsini, Colonna e Farnese riconoscevano ai propri fedeli elettori in conclave. Il tutto con buona pace di chi non perde occasione per disprezzare Roma, la sua storia ed i suoi personaggi, salvo però comportarsi nei concreti fatti tal quale, se non peggio. Infatti, gli Orsini, i Farnese e i Colonna, Roma la amavano, basti vedere come l’hanno arricchita d’opere d’arte di valore inestimabile, non hanno certo trasformato il colonnato del Bernini in dormitorio per barboni, i dintorni di San Pietro in un pisciatoio a cielo aperto e le chiese storiche in osterie gestite dai radical chic dalla Comunità di Sant’Egidio [cf. vedere precedenti articoli, QUI, QUI]. 

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Il Cardinale Clàudio Hummes e gli altri sodali, hanno avuto la pazienza davvero ammirevole di attendere anni. Allo stesso modo in cui i modernisti hanno avuto la pazienza di avere atteso per dei decenni, lavorando frattanto in modo sottile e accorto. Giunto infine il momento propizio, con la scusa della Regione del Rio delle Amazzoni, ecco sortire fuori confezionata a meraviglia l’idea dei viri probati: uomini adulti sposati scelti e consacrati sacerdoti per zone nelle quali c’è molta penuria di clero. E siccome, certe radicali rotture con l’antica tradizione della Chiesa, nella quale il celibato affonda le radici sin dalla prima epoca apostolica, vanno quanto più possibile mitigate, ecco servita la rassicurazione … tranquilli: il tutto, solo ad experimentum!

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Gli ultimi cinquant’anni di storia della Chiesa ci insegnano in modo esauriente che cosa accade quando si parte col concetto ad experimentum, basti prendere la sacra liturgia nella quale, quelli che mezzo secolo fa erano considerati gravi abusi, oggi sono elementi non solo intangibili, ma da molti considerati indiscutibili molto di più delle fondamentali verità della fede. Infatti, per cercare di sanare degli abusi gravi, si ricorse alle concessioni ad experimentum affinché, quegli stessi abusi, fossero corretti. Invece, quegli stessi abusi, sono finiti dogmatizzati. Un solo esempio tra i tanti: l’abuso della ricezione della Comunione sulle mani, a cui riguardo rimando all’opera di un mio confratello canonista e storico, Federico Bortoli [vedere video QUI] che in un suo libro spiega e chiarisce come il tutto nasca da un abuso e come non sia affatto vero che questo modo di ricevere la Santissima Eucaristia fosse la prassi nella Chiesa delle origini [cf. scheda libro, QUI].

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Se questo sinodo, coi suoi attori principali e le sue silenti comparse, stabilirà il tutto ad experimentum per la Regione del Rio delle Amazzoni, entro breve questo experimentum sarà esteso alla Germania, alla Francia, all’Olanda, al Belgio … Quindi, come avvenuto in passato per vari altri generi di abusi, anche in questo caso ci ritroveremo in siffatta situazione: sarà possibile salire sulla cattedra di una università pontificia e definire come elemento allegorico la risurrezione di Cristo e la sua ascesa al cielo, ma non sarà possibile discutere sulla disastrosa inopportunità d’aver dato vita a un clero sposato, che in modo appunto disastroso sarebbe destinato a sovvertire radicalmente la struttura pastorale stessa della Chiesa.

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Perché un clero sposato è da evitare? Se i teologi e gli ecclesiologi del para-concilio, dal quale nacque il post-concilio, fossero onesti, dovrebbero ricordare che sia gli scismatici Ortodossi sia gli scismatici Anglicani, invitati assieme ad altre Comunità Cristiane separate dalla comunione cattolica come osservatori al Concilio, quando alcuni periti sfiorarono solo questo argomento, per tutta risposta, ed in specie gli Ortodossi, replicarono: «Voi che avete il celibato sacerdotale, tenetelo e conservatelo». Quindi procedettero a spiegare, a quanti intendevano rifare la Chiesa Cattolica attraverso trasformazioni radicali, che cosa comportava per loro, come vescovi di chiese autocefale, dover gestire, con gravi difficoltà, il clero sposato. Gli Anglicani fecero invece presente: «Se voi deste vita al clero sposato, vi ritrovereste come noi a dover fare i conti con ecclesiastici che avranno come prima priorità la cura delle loro famiglie e la crescita e la sistemazione dei loro figli, dedicando alle comunità un tempo limitato ai servizi domenicali di culto. Poi, se nella famiglia di un prete vi fossero problemi, il tutto si ripercuoterà in modo negativo sulla comunità ed i fedeli ch’egli dovrebbe curare e accudire». Nessuno ricorda proprio questi discorsi e queste esortazioni, avvenute durante la celebrazione di quello che taluni definiscono come il più grande concilio dell’intera storia della Chiesa? Evidentemente, anche dai cosiddetti “fratelli separati”, si tende a prendere solo ciò che si vuole, operando a volte vere e proprie manipolazioni della realtà. Infatti, la lezione delle loro esperienze e ciò che ci dissero durante la assise del Concilio Vaticano II, è stata talmente recepita che mezzo secolo dopo, qualcuno, ha persino deciso di istituire una commissione di studio per valutare la opportunità di una qualche forma di diaconato femminile, il tutto mentre il ripristinato diaconato permanente dei viri probati è di fatto ormai fallito, nonché divenuto in molte regioni del mondo, a partire dalla stessa Diocesi di Roma, un appannaggio e una egemonia della setta para-cattolica dei Neocatecumenali. Proprio così: in molte diocesi non si riesce a diventare diaconi permanenti se non si fa parte della setta dei Neocatecumenali, che gestiscono questo ministero riproducendosi tra di loro.

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Anglicani e protestanti, con la istituzione delle “donne-prete” e delle “donne-vescovo” si sono ulteriormente fratturati. E, pur essendo in profonda crisi e con una vera e propria emorragia di fedeli in corso dagli anni Sessanta, con queste trovate liberal-femministe hanno solo perduto ulteriori fedeli. Perché non dire quanto numerosi furono gli anglicani che dopo la istituzione delle “donne-prete” e delle “donne-vescovo” entrarono nella Chiesa Cattolica? O forse si dimentica che il Sommo Pontefice Benedetto XVI pubblicò a tal fine nel 2009 la lettera apostolica Anglicanorum coetibus [cf. QUI] per dettare le necessarie norme utili al rientro degli anglicani che, sempre più numerosi, chiedevano di essere ammessi alla comunione cattolica, dopo la carnevalata liberal-femminista della donne-prete e delle donne-vescovo?

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Gli anglicani che chiedevano di entrare nella comunione cattolica, da quali ragioni erano spinti? Forse da ragioni che non sono state spiegate bene e per tempo dal Cardinale Walter Kasper al Pontefice regnante, prima che Sua Santità partisse per Lund dove nel 2017, proprio nel centenario delle apparizioni della Madonna di Fatima, si è recato ad abbracciare una donna mascherata da arcivescova durante i festeggiamenti dei cinquecento anni della pseudo-riforma di Martin Luther, che lungi dall’esser tale — vale a dire una riforma — fu un drammatico scisma, con tutte le peggiori conseguenze religiose, teologiche e infine anche politiche.

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Anziché un discorso di carattere teologico, a tutti quei laicisti che non conoscono neppure la preghiera del Padre Nostro, che sono distanti dalla vita ecclesiale e sacramentale, ma ai quali tanto preme dare moglie e figli ai preti, desidero fare un discorso di carattere molto pratico, a partire da una domanda: al mantenimento di questi nuclei familiari, intendono forse provvedere loro? Perché forse è il caso di chiarire che la Chiesa Cattolica universale non è la opulenta e ricca Chiesa catto-protestante tedesca, che con la Kirchensteuer – la tassa di culto – giunge a incamerare circa dieci miliardi di euro, oltre a tutte le proprietà e quote di partecipazioni aziendali e bancarie di cui essa beneficia. In Germania, sono stipendiati anche i catechisti ed i membri dei consigli pastorali delle parrocchie, tanto per intendersi. La Chiesa Cattolica universale, non è però tutta quanta una grande Germania: in molte parti del mondo ci sono preti che per potersi sostenere devono lavorare. Per esempio, in varie regioni dell’America Latina possiamo trovare preti di varie zone — che io stesso ho conosciuti —, dediti a vari lavori o piccoli commerci: dal parroco che alleva le galline e vende uova, al parroco che coltiva il terreno di proprietà della parrocchia e vende ortaggi al mercato della frutta. C’è il parroco che ha acquistato, o avuto in dono quattro o cinque vacche e che vende latte, il parroco che fa lezioni private agli studenti, quello che lavora come traduttore e via dicendo. In questi contesti, i preti più fortunati — ma sono invero pochi — sono quelli che sono riusciti ad avere un posto come insegnanti nelle scuole, dopo avere conseguito, oltre ai titoli di studio ecclesiastici, anche dei titoli di studio civili nelle varie discipline. Posto quindi che la Chiesa Cattolica universale non è affatto una grande, opulenta e ricca Germania, a preti che già vivono in queste condizioni e che per sostentarsi ed esercitare il loro sacro ministero devono cercare di sbarcare il lunario, vogliamo forse dare anche il gravame di una famiglia, ma soprattutto di figli da cresce e mantenere?

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Ovviamente, io non sono stato invitato al Sinodo, sono un prete fedele alla dottrina e al magistero della Chiesa, non sono né un eretico come Enzo Bianchi né tanto meno sono la suorina pace&amore che vive di surrealismo, mentre la sua congregazione ridotta ad un manipolo di quattro vecchie litigiose, grazie a Dio si sta estinguendo. Però, se fossi un partecipante al Sinodo, soprassedendo del tutto dal piano teologico, ecclesiologico e anche pastorale, porrei una domanda molto pratica, puntando anche i piedi e battendo i pugni sul tavolo affinché mi sia data una risposta. Perché proprio da questa Chiesa visibile ormai specializzata nelle non risposte o nelle risposte del tutto evase, una risposta chiara la esigerei: ma le famiglie, ed in particolare i figli, ai preti, chi glieli mantiene? E aggiungerei anche una seconda domanda: in contesti culturali molto delicati come quelli di certi Paesi dell’Africa o dell’India, dove sono sempre forti certe antiche tradizioni locali, vogliamo per caso creare, sullo stile dei vecchi capi tribù o su quello dei bramini, una casta sacerdotale che finirebbe trasmessa e tramandata di padre in figlio, dopo essere divenuta prerogativa di certi gruppi e famiglie?

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Insomma: si può essere così empi da usare come pretesto l’Amazzonia per celebrare un Sinodo il cui unico scopo è di portare a compimento l’ennesimo colpo di stato di quella frangia di episcopato tedesco che di cattolico, ormai, ha solo il nome? La cosa è infatti a tal punto evidente nella propria palese sfacciataggine, che due sole sono le soluzioni: o abbiamo a che fare con ingenui, oppure — Dio non voglia! — con autentici delinquenti. Perché a chi davvero non fosse chiaro è bene ricordare che questo non è il Sinodo Panamazzonico, bensì null’altro che il Sinodo Pantedesco che, usando a pretesto l’Amazzonia e la rassicurante formula ad experimentum, vuol dare l’ennesimo colpo di grazia all’intera Chiesa universale.

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A queste domande molto concrete, nessuno risponderà, perché a partire dal Cardinale Clàudio Hummes, per seguire col Cardinale Lorenzo Baldisserri, questi personaggi vivono nel mondo dell’irreale. E, come purtroppo sappiamo, nel mondo dell’irreale hanno la meglio le ideologie, o quelle che il Beato Apostolo Paolo chiamava favole per le quali, ed in nome delle quali, si voltano le spalle alla verità [cf. II Tm 4, 1-5] mentre la superbia cala sui nostri occhi un velo che impedisce di vedere:

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«Ma le loro menti furono rese ottuse; infatti, sino al giorno d’oggi, quando leggono l’antico patto, lo stesso velo rimane, senza essere rimosso, perché è in Cristo che esso è abolito. Ma fino a oggi, quando si legge Mosè, un velo rimane steso sul loro cuore; però quando si saranno convertiti al Signore, il velo sarà rimosso» [II Cor 3, 14-16].

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Devono convertirsi al Signore, ecco il punto. Purtroppo, per adesso, stanno però dimostrando di essersi invece convertiti al Principe di questo mondo, che li ha resi ciechi e quindi terribilmente dannosi.

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dall’Isola di Patmos, 3 luglio 2019

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