Francisco de Asís santo místico, no santo, es una figura muy complicada

FRANCISCO DE ASÍS SANTO MÍSTICO, NO SANTINO, È UNA FIGURA MOLTO COMPLICATA

Francesco è per la teologia, pero asegura a su fraile que esto no debe llevarlo a elucubraciones., El intelectualismo termina en sí mismo., o a una realidad que podría alejarlo del Señor en lugar de acercarlo, che lo elevi a livello intellettuale ma non a livello mistico-spirituale. Ecco perché Francesco si può permettere di correggere ed esortare anche un raffinatissimo teologo come Sant’Antonio da Padova; ecco perché Francesco resta figura molto complessa e complicata da capire, spiegare e trasmettere, soprattutto da seguire.

- Theologica -

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Autor
Ivano Liguori, ofm. tapa.

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Questo articolo sul Padre Serafico ― che a suo modo potrebbe essere definito “reattivo” in quanto “ispirato da” ― lo devo all’espressione di uno dei vari giovani vescovi di nuova nomina, che rispondendo a un intervistatore ha illustrato la propria personalità e le sue prospettive pastorali affermando che si sarebbe ispirato alla «teologia di San Francesco d’Assisi». Indubbiamente il giovane vescovo avrà cercato di dire qualche cosa di coinvolgente, con trasporto e animo sincero, forse però ignorando che non tanto il Francescanesimo, ma lo stesso Francesco d’Assisi sono qualche cosa di parecchio complesso, per noi francescani per primi.

Bartolomé Esteban Murillo (Sevilla 1618 – 1682), San Francesco abbraccia Cristo crocifisso, óleo sobre lienzo, colección particular – Foto © Christie’s

La redazione dei Padri de L’Isola di Patmos è anche e soprattutto luogo di spirituale confronto pastorale e di discussione teologica tra confratelli. Y entonces, Padre Ariel e Padre Gabriele, entrambi teologi dogmatici di formazione, a me Frate minore cappuccino e presbitero francescano hanno chiesto:

«Quale sarebbela teologia di San Francesco”? San Francesco era forse un teologo? y desde cuando? A noi risulta che i teologi francescani siano stati Antonio da Padova, oggi dottore della Chiesa, che poté esercitare il magistero di teologo con il permesso di Francesco che lo dette con non poca ritrosia iniziale; Buenaventura da Bagnoregio (Doctora de la Iglesia) che dei teologi è patrono. Per seguire con Arlotto da Prato y Matteo d’Acquasparta, ma soprattutto il grande doctor subtilis Duns Scoto, noto anche come dottore dell’immacolata concezione di Maria».

È sempre nostro dovere spiegare con veritiero rigore storico e teologico cosa è reale e cosa surreale, cosa storicamente autentico e cosa adulterato a livello leggendario, a volte anche ideologico. Per questo è ragionevole e realistico dire che oggi, molti di coloro che si ispirano al nostro Serafico Padre, di San Francesco dimostrano di sapere veramente poco. Purtroppo i fatti dimostrano ― e lo dimostrano i fatti, non i giudizi temerari ― che più che al pauperismo certi soggetti sono molto vicini a quel poverilismo ideologico di stampo socio-politico che sia Francesco d’Assisi sia la sapienza della Chiesa hanno combattuto sin dal XIII secolo, sconfessandolo apertamente e opponendosi a un concetto di povertà che non apriva alla trascendenza e al rapporto con Dio, ma diventava una povertà violenta, accusativa e punitiva verso coloro che possedevano dei beni materiali. Esattamente quella che in epoca post-industriale e post-marxista sarà definita e indicata dai sociologi come invidia sociale.

Per essere precisi bisognerebbe parlare di vecchie eresie di ritorno, a partire da quella di Frate Dolcino, preceduto da Gherardo SegarellRe e molti altri più o meno illustri facenti parte di quel movimento ereticale d’inizi XIV secolo noto come FraticellRe. francesco, a seguire il Francescanesimo che da lui prese vita e poi forma, costituirono la più eclatante sconfessione e implicita lotta contro queste correnti ereticali, nella piena aderenza alla dottrina della Chiesa e all’obbedienza alle sue autorità costituite.

Francesco è estremamente complicato, come Santo e come uomo, pur essendo il Santo da tutti riconosciuto come più semplice, in verità è estremamente complesso. Frecuentemente, i primi a non comprenderlo, siamo stati proprio noi francescani, che più volte lo abbiamo riciclato nel corso della storia a nostro vario uso e consumo, oppure “mitigato” e “addolcito”, come fecero in modi diversi ma di fondo simili Tommaso da Celano e Bonaventura da Bagnoregio.

Figure complicate da comprendere e interpretare esistono da sempre nella storia della Chiesa, anche se talvolta il popolino le ha snaturate attraverso le proprie devozioni più o meno surreali. Una di queste figure, che in tal senso possiamo portare come esempio, è Padre Pio da Pietrelcina, per capire il quale è necessario interpretarne la figura alla luce della teologia mistica in cui Dio attrae a sé l’uomo nella totalità del suo essere e divenire presente e futuro. In caso contrario San Pio da Pietrelcina diverrà una figura popolare scaramantica alla cui immagine sarà riservato il posto sul tir del camionista rigorosamente meridionale, accanto alle foto erotiche del calendario dell’anno solare in corso dove spiccano le figure di dodici fotomodelle ammalianti. Dico «camionista rigorosamente meridionale» per un discorso puramente sociologico, perché quello altoatesino compie una scelta coerente: o sul proprio camion ci mette San Pio da Pietrelcina oppure il calendario erotico dell’anno solare in corso, ma non tutti e due assieme.

San Francesco di Assisi suscita da circa nove secoli l’interesse non solo delle persone devote, ma anche di studiosi, historiadores, literatos, teologi e naturalmente artisti, a motivo della straordinarietà della sua esperienza di vita cristiana; una testimonianza del Vangelo che è stata capace di informare e trasformare la nostra società e, naturalmente, La Iglesia. Le povere parole che seguiranno non hanno alcuna pretesa poiché già tanti, è stato premesso, e di gran levatura culturale hanno parlato di Francesco mettendo in luce tutti gli ambiti della sua vita e la sua singolare personalità. L’intento semplice di questo scritto è quello di mettere in risalto il singolo aspetto della sua esperienza mistica, angolo di visuale attraverso il quale potrebbe anche essere letta tutta la sua esistenza di cristiano e di santo.

È lo stesso Francesco a ricordare l’inizio della sua nuova vita come un’esperienza mistica e un dono di Dio. Vent’anni dopo i fatti della sua conversione descrive nel Testamento ormai morente quell’evento, il suo cambiamento di vita, racchiudendolo entro queste poche, densissime parole:

«Il Signore concesse a me, Frate Francesco, d’incominciare così a far penitenza, poiché essendo io nei peccati, me parecía muy amargo ver a los leprosos; Y el Señor mismo me condujo entre ellos y con ellos misericordia. Y cuando los dejé, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. Y luego, stetti un poco, e uscii dal mondo».

Francesco non è un teologo, almeno non come siamo abituati a pensare. Non elabora una concezione sistematizzata dell’esperienza cristiana, né scrive trattati o saggi sulla fede e le sue verità. Ciononostante quando Dante, nella Divina Commedia, parla degli Ordini mendicanti e specificatamente di Francesco, l’elogio di lui viene da colui che è considerato come uno dei più grandi, se non il più grande teologo che la Chiesa abbia avuto: Santo Tomás de Aquino. Por otro lado, l’elogio di San Domenico, fondatore dell’Ordine dei Frati Predicatori, noti come domenicani, l’altro Ordine mendicante per eccellenza, verrà dalla bocca di San Bonaventura, il teologo per antonomasia dei francescani, colui che stigmatizzò per sempre l’immagine di Francesco fino a farlo apparire praticamente quasi inimitabile. Il grande poeta fiorentino, nei due canti gemelli, elXI y el XII del Paradiso, mette dolorosamente in risalto che entrambi i movimenti hanno perso lo smalto iniziale, essendosi discostati dagli insegnamenti e dalle regole dei loro fondatori. Perciò Dante, attraverso San Tommaso, fa il racconto della vita di Francesco iscrivendolo tutto in una dimensione mistica e spirituale, come dimostra il lungo preambolo che si muove interamente nell’ambito della metafora. Parla dell’unione dell’assisiate con una donna che, nonostante le sue virtù, era rimasta sola per più di millecento anni dopo la morte del primo «marito» e nessun altro uomo aveva voluto prenderla in sposa e che per amor di lei egli, francesco, andò incontro all’ira paterna. San Tommaso scioglierà la lunga metafora solo nella terzina dove espliciterà finalmente che i due sposi di cui parla sono Francesco e Monna Povertà.

Questo suo itinerario spirituale, fatto di incontri, abbraccio della povertà, fedeltà estrema al Vangelo e tanta preghiera, Francesco lo leggerà, lo abbiamo già accennato, come un dono del Signore. Ci sono tre verbi nel Testamento che sono a riguardo indicativi. Cinque volte ripeterà che «Dominus dedit mihi» di fare penitenza, di aver fede nelle chiese e nei sacerdoti, di avere dei fratelli e di scrivere la Regola per loro. Di seguito affermerà che sempre il Signore «revelavit mihRe» quanto doveva fare e di presentarsi col saluto divenuto celebre: «Il Signore ti dia pace». Ed infine «conduxit me» fra i lebbrosi.

A tal proposito Francesco, tal como lo conocemos, non offre una risposta politica alle ingiustizie sociali, al problema del male nel mondo. Non ha progetti di fattivi e concreti cambiamenti, non medita lotte e ribellioni; francesco, Sera entendido, non è né un hippy né un Che Guevara del Medioevo, né un contemporaneo di certi odierni preti cosiddetti molto sociali. Francesco risponde con la fede, quando riesce a penetrare fino in fondo, con una adesione totale e impetuosa, il sacrificio di Cristo. Cerchiamo di seguirlo nei suoi pensieri: Dios, l’Altissimo, il padrone dell’universo, di tutto il creato, ha sacrificato il Figlio unico e prediletto per non perdere la sua creatura, el hombre, capace solo di peccare. E se Cristo che è Dio è venuto sulla terra trascinato da un immenso amore, e si è fatto povero e pellegrino, ha sofferto la fame e il freddo, il tradimento e l’abbandono degli amici, fino a dare la sua vita sulla croce pur di ridare la salvezza all’umanità, la gioia eterna del Paradiso, che altro resta da fare all’uomo se non seguire, tanto como sea posible, le orme del Salvatore, el Evangelio, se non rispondere all’amore divino con il povero amore umano, cercando di amarsi l’un l’altro come fratelli? Y quien, se non il povero e il derelitto, ripetendo nella sofferenza l’esperienza terrena di Cristo, può meglio capire l’ardente carità divina e accettare con gratitudine angosce e patimenti, rimettersi, como cristo, alla volontà del Padre?

E Fioretti di san Francesco, una meravigliosa raccolta in volgare dell’ultimo quarto del Trecento di «miracoli ed esempi devoti» della sua vita, gli fanno dire, a proposito di che cosa sia la virtù della perfetta letizia:

«Sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo, e volentieri per amore di Cristo sostenere pene, ingiurie e obbrobri e disagi; imperò che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, però che non sono nostri, ma di Dio, onde dice l’Apostolo (Paolo, nella 1Cor 4, 7 n.d.r.): “Che hai tu, che non abbi da Dio? E se tu l’hai avuto da lui, perché te ne glorii, come se tu l’avessi da te?". Ma nella croce della tribolazione e dell’afflizione ci possiamo gloriare, però che dice l’Apostolo (sempre Paolo, in Gal 6,14 n.d.r): Io non mi voglio gloriare se non nella croce del nostro Signore Gesù Cristo».

E così la croce fin dall’incontro coi lebbrosi, all’inizio della sua conversione, forma parte dell’esperienza di Francesco, del suo orizzonte spirituale. Se proprio volessimo individuare una teologia di San Francesco, potremmo definirla come una «Scientia Crucis». Egli abbraccia la croce come abbraccia il lebbroso poiché ormai ciò che era amaro gli si era tramutato in dolcezza e può udire la voce di Cristo che dalla croce lo chiama, nella chiesetta di San Damiano. Ahí, il Redentore, secondo l’iconografia del Cristo trionfante, senza segni di sofferenza fisica, fissa l’osservatore con quieta dolcezza. Francesco credette che l’immagine si rivolgesse proprio a lui e gli parlasse: «Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va dunque a ripararla». Ma Francesco fraintende il significato simbolico delle parole, crede di dover salvare dalla rovina l’edificio materiale, non sospetta quale compito lo attenda: salvare l’edificio spirituale, La Iglesia. Esce tutto lieto, gli sembra che la vita abbia finalmente uno scopo. Ora sa cosa fare, le parole misteriose del precedente sogno di Spoleto, quello del palazzo e della sposa che saranno suoi, cominciano a chiarirsi; para esto, può vedere per la prima volta chi lo chiama e sentire pronunciare il proprio nome. Quello è dunque l’ordine che aspettava. E così Francesco, «munendosi col segno della croce», incominciò la sua missione.

L’afflato mistico di Francesco rintracciabile in moltissime sue opere, desde el Regola non bollata, elEpistola ai fedeli o Le lodi del Dio Altissimo si coniugano da ora in poi con la devozione per la Croce di Cristo. En el Lodi conservate nella Chartula fratri Leonis leggiamo queste famosissime parole rivolte al Signore:

«Tu sei santo, Oh Señor, solo Dio, che compi cose meravigliose. Tu sei forte, tu sei grande, tu sei altissimo, tu sei onnipotente, tu Padre Santo, re del cielo e della terra. Tu sei trino e uno, Señor, Dio degli dei. Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero. Tu sei amore, caridad; tu sei sapienza, tu sei umiltà, tu sei pazienza, tu sei bellezza, tu sei mansuetudine, tu sei sicurezza, tu sei quiete, tu sei gioia, tu sei nostra speranza e letizia, tu sei giustizia, tu sei temperanza, tu sei ogni nostra ricchezza in sovrabbondanza. Tu sei bellezza, tu sei mansuetudine; tu sei protettore, tu sei nostro custode e difensore, tu sei fortezza, tu sei refrigerio. Tu sei la nostra speranza, tu sei la nostra fede, tu sei la nostra carità, tu sei tutta la nostra dolcezza, tu sei la nostra vita eterna, o Signore grande e mirabile, Dio onnipotente, misericordioso salvatore».

Come pure nel capitolo terzo dei Fioretti viene narrata la profonda devozione che il Santo assisiate riservava alla Croce di Gesù:

«Viene il dì della santissima Croce, e Santo Francesco la mattina per tempo, innanzi dì, si getta in orazione dinnanzi all’uscio della sua cella, volgendo la faccia verso l’oriente, e pregava in questa forma: O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti prego che tu mi faccia, innanzi che io muoia; el primero, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione; el segundo, che io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quel grandissimo amore del quale tu, Hijo de Dios, eri acceso per sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori».

Questi aspetti della spiritualità di Francesco saranno poi figurativamente rappresentati dagli artisti, a cui si accennava all’inizio. Se ne potrebbero citare molti e fra questi il Maestro di San Francesco, il cui nome deriva da una tavola con il Santo e due angeli oggi conservata nel Museo della basilica di Santa Maria degli Angeli ad Assisi. Di lui possiamo ricordare l’imponente crocifisso nella Basilica dedicata al Santo, in Arezzo. La Croce dipinta, riprende la tipologia del Christus Patiens, d’ispirazione bizantina, dove il dolore e la morte di Gesù sono sottolineati dalla testa reclinata sulla spalla e dal corpo inarcato. Mentre la maggior parte delle croci dipinte venivano lette dal basso verso l’alto e terminavano con un’Ascensione e un Cristo in gloria, qui il messaggio va letto dall’alto verso il basso, secondo i dettami della spiritualità francescana. Questo Cristo morente, ya no Triumphans, è una novità introdotta dai francescani che coltivano l’elemento del patetico, nel senso di invito alla compassione. Ormai la parola misteriosa, depositaria del segreto del Cristianesimo, non è più «amare» ma «soffrire». Invece di apparire in piedi sulla Croce, Risorto e trionfante come in San Damiano, Gesù è raffigurato con gli occhi chiusi e la testa reclinata lateralmente su una spalla. Senza negare la resurrezione, i fedeli si affezionano di più all’Uomo della sofferenza. Il vero messaggio di questa croce è quindi che Gesù è sceso dal cielo e ha sopportato la passione inflittagli da Ponzio Pilato per gli uomini e per la loro salvezza. La devozione lascia spazio alla compassione, alla partecipazione di ciascuno alla sofferenza di Gesù. E il primo di questi devoti è proprio Francesco raffigurato sotto la croce piccolino, che poi così amava chiamarsi, il quale prende fra le mani un piede sanguinante del crocifisso e lo bacia. Un’altra opera a mio avviso capace di descrivere la «Scientia Crucis» francescana è il San Francesco che abbraccia Cristo crocifisso del Murillo. Dipinto realizzato all’incirca nel 1668 e conservato nel Museo di belle arti di Siviglia in Spagna. L’opera faceva parte di un ciclo commissionato al pittore spagnolo dai Cappuccini per una cappella della chiesa del loro convento a Siviglia. Queste opere dovevano esaltare gli elementi distintivi della spiritualità francescana. Il quadro è di una bellezza sconvolgente; commuove lo spettatore che davanti a una simile tela rimane in silenzio, come in preghiera. Il dipinto simboleggia il momento culminante della vita di Francesco: la rinuncia ai suoi beni materiali per abbracciare la vita religiosa. La composizione è armonica. Accanto alla croce, due angeli reggono un libro aperto che reca in latino il passo del Vangelo secondo Luca: «Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» (Lc 14, 25-27).

Ai piedi del Santo vi è un mappamondo, un globo terrestre; Francesco sembra allontanarlo con un piede, metafora del suo rifiuto di ogni vanità. Ma veniamo al fatto più eclatante, ed anche il più controverso almeno nelle testimonianze che lo riportano, per il quale l’afflato mistico di San Francesco si coniuga con la sua profonda devozione per la Croce di Cristo Gesù. Sto parlando dell’episodio de La Verna in Toscana, la visione del serafino e l’impressione delle stimmate. Per rendere palpabile la straordinarietà dell’evento riviviamolo attraverso le parole del biografo del Santo, Tommaso da Celano, uno che lo conobbe personalmente, il quale fu chiamato da Papa Gregorio IX a redigerne la biografia raccogliendo testimonianze sugli eventi. Anche e soprattutto su quello delle stimmate, prima che con la Legenda major San Bonaventura da Bagnoregio sostituisse le precedenti Vite, imponendone la distruzione. Come noto e risaputo Bonaventura, ministro generale dell’Ordine, fece pervenire a tutti i conventi francescani un comando preciso e tassativo: distruggere tutti i manoscritti sulla vita e le gesta del Padre Serafico. Diversi di questi manoscritti si trovavano però anche in alcune abbazie e monasteri benedettini e cistercensi, che si guardarono bene dal dare esecuzione a simile comando. È a loro che gli storici debbono grazie se da qualcuna di queste biblioteche monastiche sono stati poi dissepolti secoli dopo i manoscritti delle Vite narrate da altri autori prima di Bonaventura da Bagnoregio, considerato da taluni storici della Chiesa come il secondo fondatore, o cosiddetto ri-fondatore dell’Ordine Francescano.

Tommaso da Celano nella Vita prima conosceva certamente sui fatti de La Verna la versione di Frate Leone e ovviamente anche la lettera di Frate Elia. Il biografo non poteva permettersi di trascurare né il più caro amico del Santo e suo confessore né il potente capo dell’Ordine. Come raccordare due testimonianze così divergenti? Aggirò la difficoltà raccontando con abili aggiustamenti il miracolo delle stimmate due volte, una prima collocandolo sulla Verna, una seconda al momento dell’esposizione della salma di Francesco. Rileggiamo cosa scrive Tommaso da Celano:

«Due anni prima che Francesco morisse, passando un periodo nel romitorio che dal nome del luogo è chiamato Verna, vide in una visione mandata da Dio un uomo, quasi fosse un Serafino con sei ali, stare sopra di sé, con le mani aperte e i piedi congiunti, confitto ad una croce. Due ali salivano sopra il capo, due si stendevano al volo e due infine coprivano tutto il corpo. Vedendo questo il beato servo dell’Altissimo fu invaso da grandissimo stupore ma non riusciva a capire che cosa volesse dire quella visione. Godeva moltissimo e con grande allegrezza si allietava nel sentirsi guardare con uno sguardo benigno e dolce dal Serafino, la cui bellezza era veramente inimmaginabile, ma al tempo stesso era atterrito dall’affissione alla croce e dalla crudezza della sofferenza di lui. Così si alzò, solo digo, triste e lieto, e in Francesco si alternavano gioia e dolore. Continuava a rimuginare con ansia cosa potesse voler dire la visione, e il suo spirito era terribilmente teso a cercare di coglierne il significato. Poiché ragionando non arrivava ad alcuna interpretazione sicura e si sentiva pervaso e moltissimo agitato nel cuore dalla novità di quella visione, cominciarono ad apparire nelle mani e nei piedi i segni dei chiodi come poco prima aveva visto nell’uomo crocifisso sopra di sé. Le sue mani e i suoi piedi sembravano trafitti nel centro da chiodi: nella parte interna delle mani e su quella superiore dei piedi si vedeva la testa dei chiodi, e dalla parte opposta la punta. Quei segni erano rotondi dalla parte interna delle mani e allungati dalla parte opposta e formavano quasi una escrescenza carnosa e rilevata, come fosse la punta dei chiodi ripiegata e ribattuta. Ugualmente nei piedi erano impressi i segni dei chiodi sporgenti sul resto della carne. Anche il lato destro, quasi fosse stato trafitto da una lancia, mostrava un’ampia cicatrice che spesso emetteva sangue cosicché la tunica e i panni da gamba erano macchiati di frequente del suo santo sangue. Ah, quanti pochi finché il servo di Dio crocifisso visse, ebbero la fortuna di potere vedere la sacra ferita del costato! Ma felice Elia che mentre viveva il Santo meritò in qualche modo di vederla e non meno felice Rufino che poté almeno toccarla».

Più avanti sempre Tommaso da Celano, parlando della gioia e della mestizia delle persone e dei frati al cospetto del corpo ormai defunto del Santo così riporta:

«Pure, una gioia inaudita temperava la loro mestizia e la novità del miracolo riempiva le loro menti di straordinario stupore. Così il lutto si cambiò in canto festoso e il pianto in giubilo. Infatti mai avevano udito né letto nelle Scritture quello che ora vedevano con i loro occhi, e a stento ci avrebbero creduto se non ne avessero avuto davanti una testimonianza così probante e sicura […] Si coglieva in lui la forma della croce. Sembrava infatti appena deposto dalla croce con le mani e i piedi trafitti dai chiodi e il lato destro ferito dalla lancia. Vedevano ancora la sua carne, che prima era scura, risplendere ora di un luminoso candore e la bellezza sovrumana comprovava già il premio della beata resurrezione. Il suo volto, por fin, era come quello di un angelo […] Mentre risplendeva davanti a tutti per sì meravigliosa bellezza, la sua carne si faceva sempre più luminosa. Era davvero un miracolo scorgere al centro delle mani e dei piedi non i fori dei chiodi ma i chiodi medesimi formati dalla sua stessa carne, del color scuro come il ferro e il costato a destra imporporato di sangue. E quei segni di martirio non incutevano timore e orrore a chi li vedeva, bensì conferivano decoro e ornamento, come tessere nere in un pavimento candido».

Potremmo fermarci qui e non aggiungere altro al cospetto di un così commovente racconto. Basti sottolineare che a La Verna Francesco visse infine la sua personale e straordinaria identificazione col Cristo e con questi crocifisso. Ma in quale contesto ciò avvenne? Sul finire della vita Francesco si sentiva sempre più incalzato dalla Chiesa preoccupata di normalizzare un progetto di vita cristiana, praticare la povertà e l’amore evangelici, que, se davvero attuato, sarebbe stato rivoluzionario e pericoloso per la stessa struttura ecclesiastica, se male interpetato. Si sentiva anche incompreso da una grande parte dei frati e questo aumentava il suo scoramento. Cresciuti a dismisura non tutti erano capaci di condividere scelte tanto difficili, uomini a volte di limitate virtù o troppo colti, lontani dai purissimi ideali del loro capo spirituale. Come Cristo sempre più solo al traguardo della croce, a circa quarantaquattro anni Francesco prese con sé pochissimi compagni, intimi e partecipi, e si trasferì, como sabemos, sulla Verna, per un lungo ritiro di solitaria contemplazione. Contava di superare quella profonda crisi; chiedeva continuamente a Dio di illuminarlo, che gli indicasse come sarebbe stata la fine della sua vita. In effetti cominciò a vedere diradarsi il buio nell’anima solo quando comprese di dover rimettere alla decisione di Dio i problemi dell’Ordine e del suo futuro, sopportando, scrive Tommaso da Celano, che «si compisse in lui totalmente la misericordiosa volontà del Padre celeste». Il biografo pensa al fondatore come a un «altro Cristo» sullo sfondo del Monte degli Ulivi. Il Santo, sin embargo, avrebbe voluto almeno conoscere che fine lo attendesse, pur essendo ormai sicuro di non ribellarvisi. uno día, dopo avere a lungo pregato, ricorse alla triplice apertura dei Vangeli, che mostrarono sempre lo stesso passo o uno molto simile. Lo sguardo si posò: «sulla Passione di Cristo, ma solo nel tratto in cui viene predetta». Quando Tommaso da Celano scriveva questa parte dell’opera evidentemente conosceva già il seguito, sapeva che di lì a poco avrebbe raccontato dell’apparizione del Serafino e delle stimmate. Deliberatamente costruì l’episodio della triplice apertura con citazioni evangeliche che si riferiscono all’agonia di Cristo secondo Luca (22, 43-45). Cristo, al colmo della sofferenza chiede al Padre: «Allontana da me questo calice», ma comprende di dover accettare tutte le sofferenze della imminente Passione. en el evangelio, dopo la visione dell’angelo Gesù si sentì momentaneamente consolato; ma subito dopo ripiombò in una grande angoscia, tanto da sudare sangue. Anche Francesco è sul monte, il monte de La Verna; vede il Serafino e trova consolazione nel momento in cui accetta tutte le sofferenze che ancora lo attendono prima della morte. L’angoscia porta Cristo a sudare sangue; francesco, scomparsa la visione del Serafino, sente così vicino il Monte degli Ulivi a tal punto che i chiodi di carne, copia dei chiodi della Croce si rendono visibili. Come tutti i grandi santi mistici anche Francesco su La Verna è immerso nel buio della cosiddetta «notte oscura», neanche supportato dal suo caro amico e compagno Leone che viveva, él mismo, un momento di crisi. Dopo un lungo periodo di ritiro spirituale Francesco ha finalmente un’illuminazione, intravvede la soluzione: se Cristo, que es dios, si è rimesso alla volontà del Padre, non dovrà fare altrettanto lui stesso? Si compie così quella immedesimazione col Modello che si inscrive non solo nell’animo del Santo, ma anche nella sua carne. Gesù consola Francesco e gli rivela la giustezza del suo cammino che ebbe scaturigine e prima assicurazione dall’altra croce, quella di San Damiano; e gli fa dono anche del suo amore, adesso nel momento terminale della sua vita ed esperienza cristiana. Da questa conoscenza profonda, non intellettuale, ma mistica, della croce di Cristo sgorgheranno dal cuore di Francesco quelle parole che sopra abbiamo riportato e qui condensiamo. Testimonianza di quella «scientia» del mistero cristiano che ci fa ancora oggi emozionare per il modo come Francesco l’ha compresa e vissuta:

«Tu sei amore, caridad; tu sei sapienza, tu sei umiltà, tu sei pazienza, tu sei bellezza, tu sei mansuetudine, tu sei sicurezza, tu sei quiete, tu sei gioia, tu sei nostra speranza e letizia, tu sei giustizia, tu sei temperanza, tu sei ogni nostra ricchezza in sovrabbondanza».

In una lettera di Francesco ad Antonio da Padova in cui si rivolge a lui chiamandolo «Frate Antonio mio vescovo» diceva:

«Fai pure teologia, ma attenzione che questa non spenga lo spirito di orazione e di contemplazione».

Francesco è per la teologia, pero asegura a su fraile que esto no debe llevarlo a elucubraciones., El intelectualismo termina en sí mismo., o a una realidad que podría alejarlo del Señor en lugar de acercarlo, che lo elevi a livello intellettuale ma non a livello mistico-spirituale. Ecco perché Francesco si può permettere di correggere ed esortare anche un raffinatissimo teologo come Sant’Antonio da Padova; ecco perché Francesco resta figura molto complessa e complicata da capire, da spiegare e trasmettere, soprattutto da seguire. Anche per questo non è facile parlare di «teologia di San Francesco».

 

Sanluri, 17 De julio 2024

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Biblia, homosexuales y teología. La diferencia sustancial entre quienes especulan y discuten y quienes quieren introducir un peligroso caballo de Troya en la Iglesia

BIBLIA, LOS HOMOSEXUALES Y LA TEOLOGÍA. LA DIFERENCIA SUSTANCIAL ENTRE LOS QUE ESPECULAN Y DISCUTEN Y LOS QUE QUIEREN INTRODUCIR UN PELIGROSO CABALLO DE TROYA DENTRO DE LA IGLESIA

«Hoy en día un número cada vez mayor de personas, Incluso dentro de la Iglesia, ejercen presión muy fuerte para que acepte la condición homosexual, como si no estuviera desordenado, y legitimar los actos homosexuales" (José Ratzinger, 1986)

— Páginas teológicas —

 

 

 

 

 

 

 

 

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.https://youtu.be/4fP7neCJapw.

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La homosexualidad siempre ha sido un tema espinoso, genera discusiones y polarizaciones destinadas, como las famosas líneas paralelas, nunca encontrarse. Para dar un ejemplo, podría citar el revuelo que suscitó el año pasado la publicación de un libro escrito por un general del ejército italiano que contenía posiciones decididamente claras sobre este aspecto.. Por supuesto la homosexualidad, Durante los años, También fue un capítulo debatido en la Iglesia Católica., más y más; Escapó de una mención fugaz en los viejos manuales de teología moral y se ha convertido en tema de pronunciamientos magistrales., con documentos específicos dedicados, que denotan cuánto se siente el tema en la sociedad y en las comunidades cristianas que se cuestionan sobre este tema.. Se encuentran varios significados en los mismos documentos., Aperturas y cierres decisivos o tímidos que también pueden atribuirse a la sensibilidad o posición de ese representante eclesiástico o pontífice en ejercicio en un momento histórico particular..

Il Concilio Vaticano II pidió también que se le devuelva a la Sagrada Escritura la veneración que merece como fuente de la Revelación divina y a ella y a la Sagrada Tradición dedicó una de las cuatro constituciones dogmáticas emanadas de aquel encuentro., con el nombre de "Dei Verbum". Desde entonces cada pronunciamiento magistral, pero se podría decir que cualquier reflexión teológica o pastoral, cada acto de la Iglesia no puede ignorar la referencia a la Biblia. Incluso un tema que parecería delicado como el de la homosexualidad. Ahora, lo que a veces surge en muchos que quieren referirse a la Biblia cuando hablan o escriben sobre este tema, es que difícilmente pueden dejar de lado el deseo de polarizar o necesariamente salir victoriosos de las controversias., como ya señalamos al comienzo de este discurso. Así, la Sagrada Escritura, en debates o escritos, deja de ser esa fuente que nutre para convertirse en un arma blandida por quienes condenan pequeño homosexualidad, y por aquellos que, en cambio, quisieran que la Iglesia se disculpara con los homosexuales por sus cierres y por el sufrimiento que les ha causado.. ¿Cómo puedes salir de esto? punto muerto? pienso, ante todo, Reconocer el justo valor de la Sagrada Escritura, que evidentemente no es un arma que se puede utilizar a voluntad ni un manual y un folleto que se abre para consolar las propias ideas y posiciones en el mundo.. Leí algunos pasajes del voluminoso comentario publicado el año pasado con el nombre de bibbia queer para los tipos de las ediciones dehonianas (AQUI), donde entre otras cosas, En los evangelios se teme una relación homosexual entre el centurión romano y su sirviente enfermo, para quien el primero pide la curación de Jesús., sólo porque el evangelista Lucas dice que "le era muy querido" (Lc 7, 1-10). La misma interpretación fue relanzada recientemente por un blog que suele ser muy polémico hacia el actual Pontífice y los líderes de la Iglesia., pero decididamente indulgente en el tema de la homosexualidad, hasta el punto de afirmar en un artículo dedicado a la relación entre este tema y la Sagrada Escritura que:

«Leer atentamente estos textos, por ello, No hay nada contra la homosexualidad"..

Realmente? ¿Por qué hojear los documentos del Magisterio eclesiástico?, el Catecismo de la Iglesia Católica por citar un ejemplo, y por supuesto aquellos sitios o blogs con una orientación más conservadora, por así decirlo., en cambio, parece que para ellos la Biblia se posiciona decididamente en una actitud contra la homosexualidad..

Lo que quiero recordar aquí así es como el Concilio quería que se interpretara la Biblia y habla de esto en el n.. 12 de la Constitución Dogmática "Dei Verbum":

«Porque Dios en la Sagrada Escritura habló a través de los hombres a la manera humana., el intérprete de la Sagrada Escritura, para entender mejor lo que quería comunicarnos, debe investigar cuidadosamente lo que los hagiógrafos realmente querían decir y lo que a Dios le agradó demostrar con sus palabras.. Para obtener la intención de los hagiógrafos., entre otras cosas, también hay que tener en cuenta los géneros literarios. De hecho, la verdad se propone y expresa de manera diferente en los textos históricos de diversas maneras., o profético, o poético, o incluso en otros géneros de expresión. Por tanto, es necesario que el intérprete busque el significado que los hagiógrafos en determinadas circunstancias, según las condiciones de su tiempo y su cultura, a través de los géneros literarios vigentes en la época, pretendía expresar y de hecho ha expresado. De hecho, comprender exactamente lo que el autor sagrado quiso afirmar por escrito, Se debe prestar la debida atención a las formas de sentir tanto habituales como originales., expresarse y contar historias vigentes en la época del hagiógrafo, tanto a aquellos como en los diversos lugares en los que se utilizaban entonces en las relaciones humanas. La Sagrada Escritura debe ser leída e interpretada a la luz del mismo Espíritu con el que fue escrita., para derivar el significado exacto de los textos sagrados, se debe tener cuidado con no menos diligencia contenido ya la unidad de toda la Escritura, teniendo debidamente en cuenta la tradición viva de toda la Iglesia y la analogía de la fe. Es tarea de los exégetas contribuir, siguiendo estas reglas, a la más profunda inteligencia y exposición del significado de la Sagrada Escritura, para que a través de sus estudios, algo preparatorio, que madure el juicio de la Iglesia".

Esto es importante y de alguna manera el pasaje del pasaje aún no se comprende completamente "Dei Verbum" recuerdanos, en su primera parte, la cualidad sacramental, solo digo, de la Sagrada Escritura. Ya que la Palabra de Dios se presenta en forma de escritura humana que está sujeta a las condiciones de tiempo y cultura de los escritores y a la forma original de organizar ese genio literario que todo autor bíblico posee.. Así como subyace en sus "maneras de sentir", expresarse y contar historias... que se utilizaban en las relaciones humanas". En la segunda parte, en cambio, hay una invitación a una mayor excavación que va en la dirección de buscar el significado o significado más profundo de la misma Escritura. Un sentido espiritual, no es casualidad que se mencione al Espíritu con mayúscula, y teológico, de acuerdo con todo el depósito de la fe, para una comprensión cada vez más plena del texto y porque la Iglesia, en particular esa parte del mismo predispuesta a conducir, Puede expresar un juicio sobre las cosas que conciernen a la experiencia cristiana de acuerdo con la Palabra de Dios y su tradición.. Ante esto, entendemos que estamos ante un trabajo largo y paciente., Otra cosa es desenvainar la espada de la Biblia y blandirla para afirmar, o peor para imponer sus ideas.

Volviendo a nuestro tema, Está claro que el juicio de la Iglesia sobre la homosexualidad ha experimentado avances., así como mantener algunas consideraciones. Esto se puede ver en los documentos., da Persona Humana del 1975 a lo reciente Rogando por confianza del 2023, pasando por Carta a los Obispos de la Iglesia Católica sobre la pastoral de las personas homosexuales del 1986, emitido por la Congregación, ahora Dicasterio, para la Doctrina de la Fe. Este último documento es el que más que los demás hace referencia explícita a los pasajes bíblicos que condenan la homosexualidad., los enumera todos y sobre esta base y sobre la Tradición y el Magisterio, ese documento afirma que la Iglesia:

«Mantiene su posición clara sobre este asunto, que no puede modificarse bajo la presión de la legislación civil o la moda del momento" (no. 9).

Poco antes el mismo texto mencionaba que:

«Hoy en día un número cada vez mayor de personas, Incluso dentro de la Iglesia, ejercen presión muy fuerte para que acepte la condición homosexual, como si no estuviera desordenado, y legitimar los actos homosexuales" (no. 8).

Incluso el documento más reciente pidiendo confianza se basa en las Escrituras, Tradición y Magisterio, en particular del último Pontífice. Esto otorga la posibilidad de dar la bendición bajo ciertas condiciones a parejas irregulares y a personas del mismo sexo porque de esta manera:

«La Iglesia es, pues, sacramento del amor infinito de Dios. Por lo tanto, incluso cuando la relación con Dios está nublada por el pecado, siempre puedes pedir una bendición, extendiendole la mano, como lo hizo Pedro en la tormenta cuando clamó a Jesús: "Hombre, Sálvame!" (Mt 14, 30). Desear y recibir una bendición puede ser lo mejor posible en algunas situaciones". (no. 43).

Sin olvidar el Catecismo de la Iglesia Católica, publicado en 1992, lo que dice sobre las personas homosexuales:

«La homosexualidad se refiere a las relaciones entre hombres o mujeres que experimentan atracción sexual, exclusivo o predominante, hacia personas del mismo sexo. Se manifiesta de formas muy variadas a lo largo de los siglos y en diferentes culturas.. Su génesis psíquica sigue siendo en gran medida inexplicable.. Confiando en la Sagrada Escritura, que presenta las relaciones homosexuales como graves depravaciones, La tradición siempre ha declarado que "los actos de homosexualidad son intrínsecamente desordenados". Están en contra de la ley natural.. Excluyen el don de la vida en el acto sexual. No son fruto de una verdadera complementariedad emocional y sexual. Bajo ninguna circunstancia pueden ser aprobados." (cf.. 2357). «Un número no despreciable de hombres y mujeres tienen tendencias homosexuales profundamente arraigadas. Esta inclinación, objetivamente desordenado, constituye evidencia para la mayoría de ellos. Por tanto, deben ser recibidos con respeto, compasión, delicadeza. Al respecto, se evitará cualquier marca de discriminación injusta.. Estas personas están llamadas a cumplir la voluntad de Dios en su vida., y, si son cristianos, unir las dificultades que puedan encontrar como consecuencia de su condición al sacrificio de la cruz del Señor " (cf.. 2358). «Las personas homosexuales están llamadas a la castidad. A través de las virtudes del autodominio, educadores de la libertad interior, a través del apoyo, a veces, de una amistad desinteresada, con oración y gracia sacramental, ellos pueden y deben, gradual y resueltamente, acercándonos a la perfección cristiana" (cfr.2359).

¿Qué pasa con todo esto?? Evidentemente no se trata de visiones esquizofrénicas de la misma realidad.. Más bien, en los documentos antes mencionados hay un deseo de mantener el ancla en la Palabra de Dios., visto precisamente como una fuente. Está claro que los diferentes escritores querían pulsar un determinado tipo de registro en lugar de otro.. Así, el documento más reciente se basó en la enseñanza de la misericordia., tan querido por el Papa Francisco y prefieren pasajes bíblicos que subrayan la acogida de Dios en lugar de la condena. Es probable que los textos más decisivos a la hora de condenar la homosexualidad hayan sido interpretados a la luz de ese "sentido que el hagiógrafo en determinadas circunstancias, según las condiciones de su tiempo y su cultura, a través de los géneros literarios vigentes en la época, pretendía expresar y de hecho ha expresado", del que habló el Consejo. Así algunas expresiones de San Pablo y ya del Libro del Levítico que condenan las relaciones homosexuales para algunos exégetas son tales porque "la noción de homosexualidad no existía, es decir, la atracción normal que puede tener una persona hacia otra del mismo sexo, Pablo vio este comportamiento como una desviación., basado en lo que él creía que era la "relación natural". Sus opiniones al respecto tienen el mismo valor que cuando afirma que es “la naturaleza misma la que nos enseña que es indecoroso que un hombre se deje crecer el cabello”. (1 Cor 11,14) (AQUI). Asimismo, las prescripciones del Levítico del Antiguo Testamento, no están relacionados con la sexualidad, sino más bien a la procreación, ya que contravenía el mandamiento divino "Sed fecundos y multiplicaos" (Gen 1,28) (AQUI). El texto bíblico por excelencia, después, en el que se basa toda apertura hacia la condición homosexual y, últimamente, también se utiliza para la petición de ordenación femenina y es el pasaje paulino de la Carta a los Gálatas:

«No hay ni judío ni griego; no hay esclavo ni libre; no hay hombre y mujer, porque todos sois uno en Cristo Jesús" (Gal 3,28).

Texto interpretado de diversas formas y a veces obligado a decir lo que realmente no quiere decir. Sin embargo, todos los documentos, y los mas cerrados, es el último que presenta algunas aperturas respecto a la bendición de las parejas homosexuales, tienes que decirlo y aceptarlo, no se declaran abiertamente amigable con los homosexuales, como dicen hoy; por el contrario. También pidiendo confianza, que habla de misericordia, no se aparta de la doctrina tradicional ni quiere crear confusión entre la unión conyugal y otros tipos de unión:

«Esta creencia se fundamenta en la perenne doctrina católica del matrimonio.. Sólo en este contexto las relaciones sexuales encuentran su significado natural., adecuado y plenamente humano. La doctrina de la Iglesia sobre este punto sigue siendo firme." (no. 4).

Hay otro aspecto más que es necesario mencionar.. Joseph Ratzinger, quien redactó el mencionado Letra del 1986 habló de presiones muy fuertes, incluso manipulación, para garantizar que la Iglesia aceptara la condición homosexual. El documento aclara la posición de la Iglesia al respecto. Sin embargo, hay que admitir que en ese documento y en los demás la actitud de la Iglesia hacia los homosexuales ya había cambiado mucho y esto, no se puede negar, porque la sensibilidad y la opinión de los contemporáneos al respecto ha cambiado profundamente, En todos los niveles. Por eso la Iglesia hoy también deplora la opresión de los homosexuales., como lo expresa el Catecismo de la Iglesia Católica citado anteriormente, por lo tanto el uso de lenguaje y acciones violentas. Apelamos a la "dignidad propia de cada persona". El término sodomía ha desaparecido y en lugar de "contra natura" hablamos de una tendencia, incluso si no se adopta la "orientación" utilizada por la Organización Mundial de la Salud. Los homosexuales son cristianos como todos y están invitados a vivir la castidad. Aquí, No se aceptan actos homosexuales., pero ese documento, en la parte final, todo es una promoción de la acogida y atención pastoral de los homosexuales a quienes no se les niegan los Sacramentos, bajo las condiciones apropiadas.

Pero como siempre pasa con los temas que nos interesan En la vida cristiana las discusiones nunca están cerradas, la reflexión continúa. Lo mismo Letra Joseph Ratzinger invita a los obispos a solicitar "la colaboración de todos los teólogos católicos" (no. 17). Este aspecto es probablemente el más difícil., el mas cansado, lo que más extrañamos y también lo más delicado como lo mencionaré en breve con un ejemplo. Pero también lo que más necesitamos, Precisamente porque la Biblia, para volver al corazón de nuestra discusión, no se utiliza como manual. Hay un paso más y decisivo. para que la gente, inmerso en la cultura contemporánea, puede apreciar la inteligencia de la fe, Necesitamos un esfuerzo continuo para volver a comprender hermenéuticamente los datos de la fe y traducirlos en organizaciones coherentes de pensamiento.. La Biblia debe conservar su carácter de fuente., pero necesitamos una reflexión teológica para la cual la Sagrada Escritura, según una hermosa expresión de "Dei Verbum", es como el alma que la mantiene siempre joven:

«La sagrada teología descansa como sobre un fundamento eterno en la Palabra escrita de Dios, inseparable de la sagrada Tradición; en él se consolida vigorosamente y siempre rejuvenece, escudriñando a la luz de la fe cada verdad contenida en el misterio de Cristo. Las Sagradas Escrituras contienen la Palabra de Dios y, porque estas inspirado, son verdaderamente la Palabra de Dios, que el estudio de las páginas sagradas sea el alma de la sagrada teología" (no. 24).

Llego al ejemplo al que quería referirme.: Los teólogos conocidos que han reflexionado sobre el tema de la homosexualidad pertenecen casi todos al ámbito anglosajón., a menudo con posiciones decididamente abiertas en este ámbito. Sin embargo, en Italia teníamos un teólogo, un sacerdote, quien ha pensado mucho en este tema, pero pocos lo saben. Me refiero al presbítero Gianni Baget Bozzo, a quien muchos conocen por su vocación orbital., es decir, capaz de tomar decisiones y expresar opiniones primero en una dirección y luego en la dirección opuesta. Encarnar vivo a un personaje controvertido que ahora está casi olvidado, desafortunadamente. Pero según él "en Dios los opuestos no son contradictorios" y "no hay nada más fascinante para la imaginación humana que ver los dos lados de una contradicción al mismo tiempo"[1]. Tuvo a Giuseppe Siri como profesor de religión en Génova, futuro arzobispo y cardenal de la misma ciudad que lo ordenó sacerdote, querrá que sea profesor de teología en el seminario, le confiará la revista Renovación, le quitará estas dos tareas y lo suspenderá a divinis. Cambió de opinión sobre todo., pero sobre un tema nunca cambió de opinión: sobre los homosexuales. Sus comentarios al respecto., que datan de 1976 hasta el 2008, para que no caigan en el olvido, fueron recogidos por el vaticanista Luigi Accattoli en un libro titulado: Por una teología de la homosexualidad [2].

Estos son textos que aparecieron en los periódicos., revistas o discursos en conferencias en los que hizo tenazmente sus afirmaciones, durante más de treinta años, Los derechos de quienes viven en la condición homosexual.. Y como teólogo animó a los cristianos a repensar la teología de la sexualidad y a desarrollar en ella el capítulo sin precedentes de la homosexualidad.. Con su extraordinaria aptitud para hablar de Dios en el lenguaje de su tiempo, se pregunta y pregunta cuál es la intención divina respecto a la existencia de los homosexuales.. Lo hizo con agudos argumentos y citas eruditas., hasta el punto que al final incluso tuvo que repetir en más de una entrevista que no era homosexual. Homosexuales defendidos, pero también la virginidad y el celibato y no escatimó críticas al movimiento homosexual, a la organización de Orgullo, en particular el del Año Santo de 2000, año jubilar, que tanta sensación causó en la ciudad de Roma. Aconsejó a los homosexuales tener parejas estables, en lugar de variables y también acusó a la Unión Europea de utilizar i homosexual como arma contra la Iglesia católica. Consideraba que el homoerotismo casto no era incompatible con la santidad y escribió cosas como ésta:

"Homosexualidad, de todos modos, nunca podrá ser considerado por la sociedad como un modelo. No puede ser así, ante todo, por razones biológicas.. Una sociedad biológicamente aséptica es incompatible con las enseñanzas de Cristo. Esto no debe olvidarse. La Iglesia no puede aceptar la equiparación entre las condiciones heterosexual y homosexual. Esto es válido en el nivel de la moralidad social.. Para ser claro, en el plano político. Pero en el nivel de la moralidad individual, la discusión aún está abierta y será necesario abordarla" (IL FOGLIO, junio 2020).

lo que quiero subrayar aquí no se trata tanto de defender las opiniones de Baget Bozzo, aunque es bueno que no se olviden y que haya un intelectual italiano que no haya tenido miedo de exponerse en este debate, pero que necesitamos tal esfuerzo cultural y teológico, de mentes agudas que nos ayudan a pensar en temas difíciles y por lo tanto a lidiar con aquellos que no piensan como nosotros, pero con la misma diligencia. Dejemos los atajos de quienes toman la Biblia y la leen como un manual médico a los queridos fundamentalistas de ultramar o a algún blog de poca fortuna.. La tradición católica que nunca ha recurrido a atajos, mucho menos los intelectuales, siempre nos ha invitado a pensar, después de meditar santa pagina, para citar a Tomás de Aquino, lo que era magister.

Desde la ermita, 3 Mayo 2024

 

Gianni Baget Bozzo, presbítero genovés (1925 – †2009)

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NOTAS

[1] Baget Bozzo G., Vocación, Rizzoli, 1982, pág. 68 y 142).

[2] Baget Bozzo G., Por una teología de la homosexualidaden, editado por Luigi Accattoli, Ed. Meses, 2020.

 

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Cueva de Sant'Angelo en Maduro (Civitella del Tronto)

 

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La última devoción de Cristo: el Sagrado Corazón no es devocionismo sino una puerta de entrada a los misterios de Dios

LA ÚLTIMA DEVOCIÓN DE CRISTO: EL SAGRADO CORAZÓN NO ES DEVOCIONISMO SINO UNA PUERTA DE ACCESO A LOS MISTERIOS DE DIOS

Para quienes saben de cine, es evidente la referencia a la película de Martin Scorsese sobre Jesús 1988: «La última tentación de Cristo». Pero solo para decir eso, mientras que la ficción cinematográfica también puede imaginar que Cristo fue tentado a retirarse de su camino, el Evangelio nos dijo que Él fue hasta el final, con una devoción hacia su misión que finalmente reveló lo que había dentro de su Corazón lleno de amor..

- Las páginas teológicas -

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Autor
Ivano Liguori, ofm. tapa.

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La devoción que más se ha extendido entre el pueblo cristiano, al menos en los últimos siglos, es el dirigido al Sagrado Corazón, que, naturalmente, también atrajo hacia sí que debido al Corazón de Su Madre María. Con este culto la Iglesia Católica pretendía honrar el Corazón de Jesucristo, uno de los órganos que simbolizan su humanidad, que por la unión íntima con la Divinidad, tiene derecho a adorar.

Ya practicado en la antigüedad cristiana y la Edad Media., El culto se extendió ampliamente en el siglo XVII gracias a San Juan Eudes. (1601-1680) y sobre todo de Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), mientras se celebraba por primera vez en Francia la fiesta del Sagrado Corazón, probablemente en 1685. La primera de las famosas visiones de Santa Margherita ocurrió el 27 diciembre 1673, fiesta de san juan evangelista. Jesús se le apareció y Margarita se sintió "completamente investida de la presencia divina". La invitó a ocupar el lugar que había ocupado San Juan durante la Última Cena y le dijo:

«Mi divino Corazón está tan apasionado de amor por los hombres, que ya no podía contener en sí las llamas de su ardiente caridad, tienes que difundirlos. Te he elegido para cumplir este gran plan., para que todo sea hecho por mí".

Como ocurre con todas las demás devociones., para que no sigan siendo simplemente tales o contenedores vacíos de manifestaciones populares, la teología y luego el magisterio se esforzaron por ofrecer contenidos y motivaciones que no sólo pudieran mantener viva la devoción al Corazón de Cristo, pero que también se nutrió continuamente de las fuentes de la escritura y de la tradición eclesial. Como suele ocurrir el devocionismo, que es más bien una degeneración del auténtico acto de culto, tiende a prevalecer sobre el contenido, por eso luchan por realizar su tarea, especialmente hoy en día, en el que es fácil tildar una devoción como legado de un pasado premoderno y ya no actual, o como dicen solo bueno para los mayores o los simples.

En cambio, la devoción al Sagrado Corazón Él también tendría mucho que enseñar a la gente moderna., De hecho, a los posmodernos que somos nosotros., porque el símbolo del corazón y los temas relacionados con él se combinan espontáneamente con los del afecto y el amor., es decir, todo ese mundo de sentimientos y emociones que nos interesan mucho en nuestro tiempo. Cuando cada vez más a menudo, también recientemente, Suceden hechos delictivos que afectan las relaciones amorosas, inmediatamente contactamos con los expertos que nos advierten de la preocupación sobre cómo nuestro tiempo, especialmente las generaciones más jóvenes, necesita una educación de los sentimientos, de cómo se debe estar en contacto con las propias emociones para poder expresarlas de forma adecuada y no violenta. Es ese vocabulario el que nos remonta a la interioridad y por tanto al corazón humano., a quienes el corazón de Cristo todavía tiene mucho que enseñar.

Para volver a las fuentes de esta especial devoción cristiana y hacer comprender cómo está teológicamente fundamentado y conectado con todo el misterio de la salvación traída por Jesús., me gustaría considerar, aquí, uno sencillo, por así decirlo, verso del Evangelio que tiene perfecta adherencia a esta devoción del Sagrado Corazón. Ya que muchas imágenes representan a Jesús en el acto de ofrecer su corazón palpitante, por tanto abrir su mundo interior y más íntimo, Veamos cómo el Evangelio describe este momento.. Lo hace el evangelista Juan en el capítulo donde él mismo relata la crucifixión de Jesús., el momento de morir dice: "Todo está cumplido"; e inmediatamente después un soldado le hiere el costado para comprobar su muerte.. Veamos cómo San Juan describe la escena., que debió ser verdaderamente significativo. Notemos cuantas veces aparece el término testimonio, dirigido a la fe y conectado a dos importantes citas bíblicas. Nos interesa el segundo, El versículo que nos gustaría examinar – «Mirarán al que traspasaron» – precisamente porque la devoción nos invita a mirar el Corazón de Jesús., pero no podemos dejar de tomar en consideración el contexto inmediato en el que se desarrolla la escena y sus importantes significados teológicos..

«Pero vinieron de Jesús, viendo que ya estaba muerto, no le rompieron las piernas, pero uno de los soldados lo hirió en el costado con una lanza., y al instante salió sangre y agua. El que ha visto da testimonio de ello y su testimonio es verdadero.; él sabe que está diciendo la verdad, para que tú también creas. De hecho, esto sucedió para que se cumpliera la Escritura.: No se romperá ni un solo hueso. Y otro pasaje de la Escritura dice nuevamente: “Mirarán al que traspasaron”» (Juan 19,33-37).

El pasaje citado por Juan pertenece a un oráculo profético que anunció la salvación y restauración escatológica de Jerusalén (Zac 12-14). en la pericopa, 12,1013,1 – habla de la misteriosa muerte de un rey pastor que representa al futuro Mesías, Dios mismo se siente herido por esta muerte, entonces toma la iniciativa prometiendo un buen espíritu y una fuente burbujeante por su pecado.:

«Derramaré sobre la casa de David y sobre los habitantes de Jerusalén un espíritu de gracia y de consolación.: ellos me mirarán, el que perforaron. Lo llorarán como se llora a un hijo único., Lo llorarán como se llora al primogénito".(Zac 12,10).

Más allá 13, 1:

"Ese día habrá un manantial para la casa de David y para los habitantes de Jerusalén para lavar el pecado y la impureza".

a este verso puedes agregar el texto sobre el agua viva del siguiente capítulo: «Ese día, aguas vivas fluirán desde Jerusalén y correrán en parte hacia el mar oriental., parte hacia el mar occidental: siempre habrá, verano e invierno. El Señor será rey de toda la tierra.. En aquel día el Señor será uno y su nombre será uno". (14, 8-9).

La aplicación de estos textos a Jesús en la cruz está claro. Jesús había anunciado que de su interior correrían ríos de agua viva., en Juan 7,38, y el evangelista explicó que decía esto del Espíritu (7,39)[1].

En resumen, la fuente abierta para los habitantes de Jerusalén es el lado abierto de Jesús; las aguas vivas que salen de jerusalén (Zacarías) para Juan son las aguas vivas que brotan de su interior, cual es el nuevo templo; estas aguas traen purificación y vida a Oriente y Occidente. Aquí tenemos el tema de la universalidad de la salvación., reportado, en la historia de la Pasión, también del título de la cruz que decía: "Rey de los judíos". Sin embargo, la escritura estaba en hebreo., griego y latín: por lo tanto una realeza proclamada al mundo entero. También se verificó de esta manera la última profecía de Zacarías donde ya no se menciona a un pastor traspasado., sino del Señor y su realeza universal en el tiempo escatológico: «Será Rey de toda la tierra» (Zac 14,9). Por tanto, Juan da a la escena de la cruz un significado histórico salvífico muy amplio., en total concordancia con los otros grandes tiempos teológicos que están vinculados a éste verso 37 tomado en consideración.

También podríamos citar otros dos pasajes de la Escritura. donde hablamos del Nuevo Pacto. En el primero, (ger 31,33-34), esto ya no se informará en las tablillas de piedra externas, sino más bien inscrito en el corazón:

«Esta será la alianza que concertaré con la casa de Israel después de aquellos días - oráculo del Señor - pondré mi ley dentro de ellos, lo escribiré en sus corazones. Entonces yo seré su Dios y ellos serán mi pueblo.. Ya no tendrán que enseñarse entre ellos, diciendo: “Conoce al Señor”, porque todos me conocerán, desde el menor hasta el mayor - oráculo del Señor - porque perdonaré su iniquidad y no me acordaré más de su pecado".

En el segundo, (Esta 36,25-27), siempre se hace referencia a la alianza, pero sancionado por el don de un espíritu, similar al agua que purifica, de ahí también el don de un corazón nuevo:

«Os rociaré con agua pura y seréis purificados; Yo te limpiaré de todas tus impurezas y de todos tus ídolos., te daré un corazón nuevo, Pondré un espíritu nuevo dentro de ti, Te quitaré el corazón de piedra y te daré un corazón de carne.. Pondré mi espíritu dentro de vosotros y os haré vivir según mis leyes y os haré observar y poner en práctica mis reglas".

Todo este trasfondo bíblico nos hace entender lo que Juan quiso decir cuando informó la frase profética: «Mirarán al que han traspasado»; que se encuentra sólo en su Evangelio, al final de un texto que, como ya hemos resaltado, es la referencia favorita cuando hablamos de la devoción al Sagrado Corazón de Jesús. Estas palabras resumen el reconocimiento y la comprensión.[2] por la fe de aquello que habitó en lo más profundo del corazón de Cristo moribundo, que "habiendo amado a los suyos... hasta el fin" y habiéndolo ya cumplido todo, expresa el deseo interno de dar el Espíritu. Quienes dirigen su mirada hacia Jesús ya no pueden ser los transeúntes o los soldados que presenciaron la crucifixión., pero son ahora las almas creyentes las que penetran y preservan fielmente el misterio del amor de Jesús., en una palabra su corazón.

Intentemos entender todo esto mejor., dejándonos guiar por la estructura literaria del pasaje de Juan que describe los momentos antes y después de la muerte de Jesús en la cruz. Por supuesto, solo podemos resumir hasta cierto punto.. Nos permite destacar la presencia de tres binomios: «todo se acabó» y «tengo sed» al v. 28; "Consumado es" y "entregó el Espíritu" de v. 30; finalmente «sangre y agua» de v. 34. De estos tres se derivan dos líneas temáticas., hacia el cual debemos dirigir nuestra mirada de fe.

La primera línea la llamaremos cristológica. está dibujado por expresiones: "todo está hecho", "consumado es" y "sangre". Representan el compendio de la obra salvadora de Jesús. En este caso la mirada se vuelve hacia atrás., a lo que ha pasado, captar en estas palabras la total obediencia de Jesús al Padre: él completó su trabajo, hasta que la sangre fluya. Pero también es una visión del cumplimiento de ese amor salvador por nosotros., que "hasta el fin" de Juan 13,1. Así que veamos aquí, en el costado abierto de Cristo, sea ​​su oblación perfecta, ese amor en exceso por nosotros.

La segunda línea temática en cambio, está dirigido al futuro, a la vida de la Iglesia que, como hemos tratado de describir en un artículo anterior, está presente allí en la persona del discípulo amado y de la Mujer, la madre de jesus, llamados a una nueva maternidad espiritual hacia los discípulos creyentes. Esta línea, neumatología, está delineado por palabras: «En el set», «entregó el Espíritu» y «el agua».

El agua que brota del costado de Cristo. es símbolo del don del Espíritu y proviene del mismo Cristo: es él quien "dio el Espíritu"; es de él que se origina este deseo: «En el set». De hecho, notamos una diferencia significativa entre la cita de Zacarías y la forma en que Juan la reporta en el Evangelio.. Para Juan ya no se trata de mirar hacia Dios, sino hacia "él", Cristo, quien fue traspasado. toda la atencion, es decir, la mirada creyente, ella está concentrada en él y en el momento en que la sangre y el agua salen de su ropa interior.. Además, la antigua profecía hablaba del arrepentimiento., lo cual no dice Giovanni, quien prefiere concentrarse en ver.

Hay muchos estudios que confirman las diferentes maneras de ver en el cuarto evangelio y cómo, para juan, la más perfecta es la visión que comprende con fe el misterio revelado y lo conserva en la memoria.. Agregamos que este ver tiene como objetivo la participación de los lectores del Evangelio en la misma experiencia., como confiesa el propio Juan en el primer final de su obra: "Estos (señales) fueron escritos para que creáis que Jesús es el Cristo, el Hijo de Dios, y por qué, creyendo, tener vida en su nombre" (Juan 20, 31)[3].

Por lo tanto, Una vez más, el evangelista escribe para dirigir al lector de la historia al misterio. Vemos un lado perforado, de la sangre y del agua que salen y se contempla todo el mundo interior de Cristo y grandes temas, gran profundidad teológica, eclesial y espiritual, nada más que devocionismo mágico-esotérico. El agua del costado de Jesús es símbolo del Espíritu que fluye de su costado, Se convierte en el nuevo templo escatológico (cf.. Esta 47). Al mismo tiempo la sangre se refiere a su entrega al Padre., a su obra terminada y a su amor por nosotros. La mirada de fe que contempla es el deseo de participar de todo este mundo interior de Cristo que se manifiesta.

En este pasaje Juanina no hay mención explícita del corazón, en lugar de la interioridad de Jesús. Será la mística medieval la que identificará este mundo interior como el Corazón de Cristo y hará de este pasaje del costado traspasado el texto bíblico por excelencia de la teología y espiritualidad del Divino Corazón de Jesús.. San Ambrosio dijo:

«Que la Iglesia sea introducida en la habitación secreta de Cristo...; el cuarto secreto de la Iglesia es el Cuerpo de Cristo; el Rey lo introdujo en todos (su) misterio" (San Ambrosio, En Ps. 218, 1,16 QUESO 62,16).

Y Guillermo de Saint-Thierry:

«Que por la puerta abierta entremos, todos de una sola pieza, en tu corazón, o Jesús... hasta tu santa alma"; preguntando al salvador: «Abrir el costado de su cuerpo para que entren aquellos que deseen ver los secretos del Hijo» (Guillermo de Saint-Thierry, Oraciones meditativas, 6; ES 180, 226A).

Hoy en día, gracias a la exégesis moderna y precisa, demos a estas hermosas afirmaciones una sólida base evangélica y apreciémoslas mejor.

Teniendo, Una vez más, resumió temas que habrían necesitado un tratamiento más largo y profundo, La intención de esta contribución podría ser despertar, después de degustar, un verdadero gusto e interés. La inteligencia de la fe no deja de profundizar en cuestiones queridas por el pueblo cristiano, Incluso una devoción puede convertirse en una puerta hacia una comprensión cada vez más amplia y profunda de los misterios de Dios y de la fe.. Cuando se acerca el mes de junio, tradicionalmente dedicado al Corazón de Cristo, demos un nuevo significado a esta devoción, a las oraciones que elegiremos o las imágenes que compartiremos en social. Por ejemplo, la práctica de los «nueve primeros viernes», después de lo dicho aquí, ya no es simplemente la oración y la devoción del individuo, pero debe pensarse en el contexto más amplio de la comunión eclesial y el misterio cristiano., como descubrimos al reflexionar sobre el Evangelio, Pensando en el regalo de Jesús de su vida y de su Espíritu para todos., no sólo para el alma individual.

Estos aspectos fueron captados por el Papa Juan Pablo II quien las expresó en audiencia pública. Han pasado veinticinco años desde aquellas palabras que ahora relato a continuación:

«El evangelista habla sólo del golpe de lanza al costado, del que manaba sangre y agua. El lenguaje de la descripción es casi médico., anatómico. La lanza del soldado ciertamente golpeó el corazón., para comprobar si el condenado ya estaba muerto. Este corazón – este corazón humano – ha dejado de funcionar. Jesús dejó de vivir. Al mismo tiempo, sin embargo, Esta apertura anatómica del corazón de Cristo después de la muerte - a pesar de toda la "dureza" histórica del texto - nos empuja a pensar también en un nivel metafórico.. El corazón no es sólo un órgano que condiciona la vitalidad biológica del hombre. El corazón es un símbolo.. Habla de todo el hombre interior.. Habla del interior espiritual del hombre.. Y la tradición inmediatamente reinterpretó este sentido de la descripción de Juan.. Del resto, en un sentido, el propio evangelista dio el impulso a esta, Cuándo, refiriéndose al testimonio del testigo que fue él mismo, fue reportado, al mismo tiempo, a esta frase de la Sagrada Escritura: “Mirarán al que traspasaron” (Juan 19,37; ZC 12,10). Así, en realtà, mira la iglesia; Así mira a la humanidad. Y aquí, En Traspasado por la lanza del soldado todas las generaciones de cristianos han aprendido y están aprendiendo a leer el misterio del Corazón del Crucificado que fue y es el Hijo de Dios". (San Juan Pablo II, audiencia general de 20 junio 1979).

Titulé esta contribución: La última devoción de Cristo. Para quienes saben de cine, es evidente la referencia a la película de Martin Scorsese sobre Jesús 1988: La última tentación de Cristo.. Pero solo para decir eso, mientras que la ficción cinematográfica también puede imaginar que Cristo fue tentado a retirarse de su camino, el Evangelio nos dijo que Él fue hasta el final, con una devoción hacia su misión que finalmente reveló lo que había dentro de su Corazón lleno de amor..

Sanluri 27 Febrero 2024

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El último libro de Ivano Liguori, para acceder a la librería haga clic en la portada

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Los Padres de la Isla de Patmos

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Los fans de María corredentora, una grave contradicción en términos teológicos

LOS FANS DE MARÍA CORREDENTOR, UNA GRAVE CONTRADICCIÓN EN TÉRMINOS TEOLÓGICOS

¿Hay alguien realmente dispuesto a creer que la Santísima Virgen, la que se definió como una “humilde servidora”, la mujer del amor dotado, silencio y confidencialidad, el que tiene el propósito de llevar a Cristo, Realmente se puede pedir a algunos videntes o videntes que sean proclamados corredentores y puestos casi a la par del Divino Redentor.? Uno podría preguntarse razonablemente: de cuando, el "humilde servidor" de magníficat, se volvería tan pretenciosa y vanidosa como para pedir y reclamar el título de corredentor?

— Páginas teológicas —

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Artículo dedicado a la memoria del jesuita Peter Gumpel (Hannover 1923 – Roma 2023) quien fue mi formador y precioso maestro en la historia del dogma

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Al frecuentar lo suficiente yo social media, leer y escuchar a sacerdotes y laicos, sobre temas bíblicos y teológicos, A veces uno tiene la impresión de que no se ha avanzado en determinadas cuestiones.. Sucede que se ponen en circulación muchas imprecisiones sobre cuestiones relativas a la fe., o seguimos en registros antiguos, devocional y emocional.

Salvador Dalí, La Madonna di Port Lligat, 1949, Museo de Arte Haggerty, milwaukee, Wisconsin, Estados Unidos. Detalle.

El deseo, tal vez un poco utópico, sería para que los lectores se dieran cuenta, con el mínimo esfuerzo, ¿Quién podría beneficiarse de conocimientos serios y precisos?. Al menos así es en mi esperanza y en la de nuestros Padres. Isla de Patmos, ser de ayuda para aquellos que logren ir más allá de las cuatro o cinco líneas leídas a continuación social media, donde hoy pontifican teólogos y mariólogos improbables, con las consecuencias que muchas veces conocemos bien: desviación de la verdadera fe. y esto es muy triste, porque yo Social Media podrían ser para nosotros una extraordinaria herramienta para la difusión de una sana y sólida doctrina católica..

En los años posteriores al Concilio Vaticano II La ciencia bíblica ha logrado avances importantes, ofreciendo aportes que hoy son esenciales para la teología en sus diversas ramas y para la vida cristiana. esto desde cuando, desde tiempos del Venerable Pontífice Pío XII, en la Iglesia Católica se ha fomentado el estudio de la Biblia dando la posibilidad de utilizar todos aquellos métodos que normalmente se aplican a un texto escrito.. Por citar sólo algunos ejemplos: análisis retórico, el estructural, La literatura y la semántica han producido resultados que quizás a veces hayan parecido insatisfactorios., pero también nos permitieron explorar el texto de la Sagrada Escritura de una manera nueva y esto dio lugar a toda una serie de estudios que nos hicieron conocer mejor y más profundamente la Palabra de Dios.. O reconsiderar adquisiciones antiguas, de tradición, de los Santos Padres de la Iglesia, que a pesar de ser cierto y profundo, así como obras de alta teología, sin embargo no contaron con el apoyo de un estudio moderno de los textos sagrados, precisamente porque todavía, ciertas herramientas, en el momento de sus especulaciones estaban desaparecidos.

Antes de continuar es necesario un aparte: yo "teólogo" da social media necesitan la pelea, para desatar lo cual es necesario elegir y crear un enemigo. Para ciertos grupos el enemigo más popular es el modernismo., correctamente definido por el Santo Pontífice Pío (cf.. Alimentación de las ovejas de Domingo). Eso no significa que, sin embargo, que las acciones de este Santo Pontífice, antes de eso y de su Supremo Predecesor León XIII, siempre ha producido efectos beneficiosos en las décadas siguientes. Obviamente, hacer un análisis crítico objetivo, Es imperativo contextualizar la condena del Modernismo y las severas medidas canónicas que siguieron en ese preciso momento histórico., Ciertamente no expresar juicios utilizando criterios vinculados a nuestro presente., porque sólo surgirían frases engañosas y distorsionantes. Para resumir brevemente este complejo problema al que pretendo dedicar mi próximo libro, Baste decir que la Iglesia de aquellos años, después de la caída del Estado Pontificio ocurrida el 20 Septiembre 1870, fue objeto de violentos ataques políticos y sociales. El Romano Pontífice se retiró como "prisionero voluntario" dentro de los muros del Vaticano de los que salió sólo seis décadas después. El anticlericalismo de origen masónico fue elevado al máximo poder y la Iglesia tuvo que afrontar seriamente su propia supervivencia y la de la institución del papado.. Ciertamente no podía permitirse el desarrollo de corrientes de pensamiento que lo habrían atacado y corroído directamente desde dentro.. Es en este delicado contexto que la lucha del Santo Pontífice Pío. Con todas las consecuencias, incluidas las negativas, del caso.: la especulación teológica quedó efectivamente congelada en medio de mil temores y la formación de los sacerdotes quedó reducida a cuatro fórmulas de neoescolasticismo decadente, que ni siquiera era un pariente lejano de la escolástica clásica de San Anselmo de Aosta y Santo Tomás de Aquino. Esto produjo tal falta de preparación e ignorancia en el clero católico que para una prueba clara bastaría leer la encíclica De vuelta al sacerdocio católico escrito en 1935 del Papa Pío XI.

Las consecuencias de la lucha contra el Modernismo fueron en cierto modo desastrosos, Baste decir que cuando en el umbral de la década de 1940, al inicio del pontificado de Pío XII, Los teólogos católicos y los eruditos bíblicos comenzaron a hacerse con ciertos materiales y a realizar exégesis en el contexto del Antiguo y Nuevo Testamento., fueron forzados, discretamente y trabajando con prudencia debajo de la mesa, para referirse a autores protestantes, que llevaba décadas especulando y realizando estudios en profundidad sobre determinados temas, especialmente en el campo de las ciencias bíblicas. Y así hoy, Si queremos hacer un estudio y análisis del texto de la Carta a los Romanos debemos necesariamente remitirnos al comentario del teólogo protestante Carl Barth., que sigue siendo fundamental y sobre todo insuperable. Estos también fueron los frutos de la lucha contra el modernismo., del que los "teólogos" ciertamente no hablan social media que para existir necesitan un enemigo con quien luchar. Pero como ya se dijo, este tema será el tema de mi próximo libro, pero esto aparte era necesario para introducir mejor nuestro tema.

Lo que todavía falta hoy es que estos resultados obtenidos a través de la exégesis moderna o el estudio de los textos del Antiguo y Nuevo Testamento se convierten en prerrogativa de la mayoría de los creyentes.. Y aquí vuelvo a reiterar la extraordinaria importancia que tiene la social media, difundir y hacer accesibles determinados materiales. Con demasiada frecuencia se limitan a textos especializados y no aprueban, si no esporádicamente, en la predicación y catequesis, Fomentar una nueva conciencia de los términos en juego y, por tanto, una fe cristiana más sólida y motivada., no se basa únicamente en datos adquiridos que a menudo son frágiles y confusos, en el devocional, en lo sentimental, o peor: sobre revelaciones, sobre apariciones reales o supuestas, o sobre los “secretos” temblorosos y picantes de la locuacidad señora en Medjugorje (cf.. mi videoconferencia, AQUI)…y así sucesivamente.

Si ciertos fans madonnolatrous tenían humildad, tal vez incluso la decencia de leer libros y artículos de académicos autorizados, tal vez podrían entender que no sólo, ellos no entendieron, pero que no han entendido nada de la María de los Santos Evangelios. Bastaría tomar - menciono sólo uno entre muchos - el artículo escrito por el Padre Ignace de la Potterie: «La Madre de Jesús y el misterio de Caná» (La Civiltà Católica, 1979, IV, pags.. 425-440, texto completo AQUI), para comprender así qué abismal diferencia puede haber entre Mariología y Mariolatría.

Cuando aún hoy hablamos de la Virgen María, Desgraciadamente, incluso entre ciertos sacerdotes -y más aún entre ciertos creyentes devotos- asistimos a la trillada repetición de los habituales discursos devocionales y emotivos., hasta llegar, con paso de elefante dentro de una cristalería, al delicadísimo y discutido tema de María corredentora, que, como es bien sabido -y como lo han señalado varias veces los últimos Pontífices-, es un término que en sí mismo crea enormes problemas teológicos con la cristología y el misterio mismo de la redención.. De hecho, afirma que María, criatura perfecta nacida sin pecado, pero sigue siendo una criatura creada, cooperó en la redención de la humanidad, no es exactamente lo mismo que decir que corredendió a la humanidad. Fue Cristo quien realizó la redención, que no era una criatura creada sino el Verbo de Dios hecho hombre, engendrado no creado de la misma sustancia que Dios Padre, mientras actuamos en el Símbolo de la fe, el Credo, donde profesamos «[...] y por obra del Espíritu Santo se encarnó en el vientre de la Virgen María". En el Símbolo de la fe, la redención está enteramente centrada en Cristo. Por eso decimos que la Santísima Virgen “el cooperó” y decir “ja co-redee” tiene un valor teológico sustancial y radicalmente diferente. De hecho, sólo uno es el redentor.: Jesucristo Dios hecho hombre "engendrado, no creado de la misma sustancia que el Padre", quien como tal no necesita de ninguna criatura creada que lo sostenga o sostenga como corredentor o corredentor, incluida la Santísima Virgen María" (cf.. Ariel S. Levi di Gualdo, en La Isla de Patmos, ver AQUI, AQUI, AQUI). Pregunta: a los fans del corredentor, ¿Cómo es que no basta que María sea quien de hecho cooperó más que cualquier criatura para que se realizara el misterio de la redención?? Por qué razón, pero sobre todo por qué obstinación, no contenta con su papel de cooperadora, quieren a toda costa que sea proclamada corredentora con una solemne definición dogmática?

Desde un punto de vista teológico y dogmático, El concepto mismo de María corredentora crea ante todo grandes problemas para la cristología., con el riesgo de dar a luz a una especie de "quatrinità" y elevar la Virgen, es decir criatura perfecta que nacen sin la mancha del pecado original, al papel de dioses reales. Cristo nos redimió con su hipostática preciosa sangre humana y divina., con su glorioso cuerpo resucitado que aún hoy lleva impresos los signos de la pasión. María en cambio, al mismo tiempo que cubre un papel extraordinario en la historia de la economía de la salvación, Se cooperó en nuestra redención. Decir corredentores equivale a decir que hemos sido redimidos por Cristo y María. Y aquí es bueno aclarar.: Cristo salva, Mary intercede por nuestra salvación. No es una pequeña diferencia entre “salvar” e “interceder”, a menos que de lo contrario crear una religión diferente de la fundada en el misterio de la Palabra de Dios (cf.. mi anterior artículo AQUI).

La mariología no es algo en sí mismo., casi como si viviera una vida independiente. La mariología no es más que un apéndice de la cristología y se inserta en una precisa dimensión teológica del cristocentrismo.. Si la mariología se desliga de alguna manera de esta centralidad cristocéntrica, se puede correr el grave riesgo de caer en el peor y más nocivo mariocentrismo. Por no hablar de la evidente soberbia de los exponentes de una joven y problemática Congregación de impronta franciscano-mariana., quienes no se limitaron a realizar hipótesis o estudios teológicos para sustentar la idea peregrina de la llamada corredentoria, pero en realidad instituyeron su culto y veneración.

Quien proclama dogmas que no existen Comete un crimen mayor que aquellos cuyos dogmas los niegan., porque opera mediante la colocación por encima de la autoridad de la misma santa Iglesia Mater et Magistra, poseedor de una autoridad que deriva del mismo Cristo. Y este ultimo si, que es un dogma de la fe católica, a la que no se llegó por deducción lógica después de siglos de estudios y especulaciones -como en el caso del dogma de la inmaculada concepción y de la asunción de María al cielo-, sino sobre la base de palabras claras y precisas pronunciadas por la Palabra de Dios hecha Hombre (cf.. Mt 13, 16-20). Y cuando se proclaman dogmas que no existen, en ese caso el orgullo entra en escena en su peor manifestación. Lo he escrito y explicado en varios de mis artículos anteriores pero merece ser repetido nuevamente.: en la llamada escala de los pecados capitales el Catecismo de la Iglesia Católica indica el orgullo en primer lugar, con dolorosa paz de quien se obstina en concentrar todo el misterio del mal en la lujuria - que, recordemos, no figura en absoluto en primer lugar, pero ni siquiera al segundo, al tercero y cuarto [Ver. catecismo no. 1866] -, sin tener en cuenta el hecho de que los peores pecados que van todo el mundo y el rigor de su cinturón se eleven, no en lugar de su cinturón a caer, como escribí en un tono irónico pero teológicamente muy serio hace años en mi libro Y Satanás se hizo trino, explicando en uno de mis libros 2011 cómo el sexto mandamiento a menudo ha sido exagerado sin medida, olvidando a menudo los peores y más graves pecados contra la caridad.

Si entonces todo esto se filtra a través de emociones fideístas - como si un tema tan delicado centrado en las esferas más complejas de la dogmática fuera una especie de afición opuesta formada por aficionados de la Lazio y aficionados de la Roma -, en ese caso se puede caer en la actual idolatría mariana o la llamada mariolatría., que es lo mismo que decir: puro paganismo. En ese momento María fácilmente podría tomar el nombre de cualquier diosa del Olimpo griego o del Panteón romano..

los fans de social media de corredención de la Santísima Virgen afirman como una especie de prueba incontrovertible que fue María misma quien pidió la proclamación de este quinto dogma mariano (cf.. entre muchos artículos, AQUI). Algo sobre lo que dicen que no hay discusión., la misma Virgen María se lo habría preguntado al aparecerse en Amsterdam a Ida Peerdeman. Dado que ninguna aparición mariana, incluyendo aquellos reconocidos como auténticos por la Iglesia, Fátima incluida, puede ser objeto y materia vinculante de la fe; dado también que las locuciones de ciertos videntes lo son aún menos, sólo podemos sonreír ante ciertas bromas de los teólogos aficionados que hacen que ciertos temas sean difíciles de manejar para nosotros, los sacerdotes y, sobre todo, para nosotros los teólogos., Precisamente porque su arrogancia va de la mano con su ignorancia que les lleva a tratar un tema como si realmente se tratara de un acalorado intercambio entre aficionados de la Lazio y aficionados de la Roma que se gritan desde los rincones opuestos del estadio.. Incluso en este caso la respuesta es simple.: ¿Hay alguien verdaderamente dispuesto a creer que la Santísima Virgen, la que se definió como una “humilde servidora”, la mujer del amor dotado, silencio y confidencialidad, el que tiene el propósito de llevar a Cristo, Realmente se puede pedir a algunos videntes o videntes que sean proclamados corredentores y puestos casi a la par del Divino Redentor.? Uno podría preguntarse razonablemente: de cuando, el "humilde servidor" de magníficat, se volvería tan pretenciosa y vanidosa como para pedir y reclamar el título de corredentor?

Finalmente aquí está “prueba de prueba”: «varios Sumos Pontífices han hecho uso del término corredentor», Dicho esto, la lista de sus diversos discursos sigue a continuación., aunque todo demuestra exactamente lo contrario de lo que a los fans de la corredención les gustaría vivir. Es cierto que el Sumo Pontífice Juan Pablo II, en un discurso suyo el 8 de septiembre 1982, él afirmó:

«María, aunque concebido y nació sin la mancha del pecado, participado de una manera maravillosa de los padecimientos de su Divino Hijo, ser corredentor de la humanidad".

Sin embargo, esta expresión demuestra exactamente lo contrario. a nivel teológico y mariológico. aclaremos por qué: desde entonces, siguiendo a Juan Pablo II -sin duda un Pontífice de profunda devoción mariana-, tuvo otros antes que él 23 años de pontificado. Ven mayo, en este largo periodo de tiempo, así como no proclamar el quinto dogma mariano de la corredención de María, rechazó rotundamente la petición, cuando se lo presentaron dos veces? Él la rechazó porque entre los 1962 y el 1965, el entonces joven obispo Karol Woytila ​​​​fue figura participante y activa en el Concilio Vaticano II quien en una de sus constituciones dogmáticas aclaró cómo María había «cooperado de manera única en la obra del Salvador» (lumen gentium, 61). Declaración introducida por el artículo anterior donde se precisa que la única mediación del Redentor «no excluye, pero suscita en las criaturas una variada cooperación participada por una única fuente". (lumen gentium 60; CCC 970). Y la cooperación más alta y extraordinaria fue la de la Virgen María.. Esto debería bastar para comprender que los Sumos Pontífices, cuando a veces recurrían al término corredentor en sus discursos, nunca en encíclicas o actos solemnes del magisterio supremo, quisieron expresar con él el concepto de la cooperación de María en el misterio de la salvación y de la redención..

El mismo término corredentor es en sí mismo un absurdo teológico que crea enormes conflictos con la cristología y el misterio de la redención realizado únicamente por Dios, el Verbo encarnado., que no necesita corredentores y corredentores, lo repitió tres veces, en el 2019, 2020 y 2021 también el Sumo Pontífice Francisco:

«[...] Fiel a su Maestro, quien es su hijo, el único redentor, nunca quiso tomar algo de su Hijo para sí. Nunca se presentó como corredentora. No, discípula. Y hay un Santo Padre que dice por ahí que el discipulado es más digno que la maternidad. Preguntas de teólogos, pero un discípulo. Nunca le robó nada a su Hijo para sí mismo., ella le sirvió porque es madre, da vida en la plenitud de los tiempos a este Hijo nacido de una mujer (cf.. Homilía de 12 diciembre 2019, texto completo AQUI) [...] Nuestra Señora no quiso quitarle ningún título a Jesús; ella recibió el don de ser su Madre y el deber de acompañarnos como Madre, ser nuestra Madre. Ella no pidió para sí misma ser cuasi-redentora o corredentora: no. El Redentor es uno solo y este título no se duplica. Única discípula y Madre (cf.. Homilía de 3 abril 2020, texto completo AQUI) [...] la virgen que, como la Madre a quien Jesús nos ha confiado, nos envuelve a todos; pero como madre, no como una diosa, no como corredentora: como madre. Es verdad que la piedad cristiana siempre le da hermosos títulos, como un hijo a su madre: cuantas cosas bonitas le dice un hijo a la madre que ama! pero tengamos cuidado: las cosas hermosas que la Iglesia y los Santos dicen de María no quitan nada a la singularidad redentora de Cristo. Él es el único Redentor. Son expresiones de amor como un hijo a su madre., a veces exagerado. Pero amor, sabemos, siempre nos hace hacer cosas exageradas, pero con amor" (cf.. Audiencia de 24 marzo 2021, texto completo AQUI).

El misterio de la redención es uno con el misterio de la cruz, en el que Dios hizo al hombre murió como cordero de sacrificio. En la cruz la Santísima Virgen María no fue clavada a muerte como un cordero sacrificado, que al final de su vida se durmió y fue asunta al cielo, ella no murió y resucitó al tercer día, venciendo a la muerte. La Santa Virgen, primera criatura de toda la creación sobre todos los santos por su pureza inmaculada, no perdona nuestros pecados y no nos redime, intercede por la remisión de nuestros pecados y por nuestra redención. Entonces si él no nos redime, porque insistimos en dogmatizar un título destinado a definir solemnemente quién nos corredende?

Es probable que muchos fanáticos de la corredención Nunca he prestado atención a las invocaciones de las Letanías de Loreto., que ciertamente no fueron obra de algún pontífice reciente que oliera a modernismo, como algunos dirían, fueron añadidos al rezo del Santo Rosario por el Santo Pontífice Pío V tras la victoria de la Santa Liga en Lepanto en 1571, aunque ya en uso desde hace varias décadas en el Santuario de la Casa de Loreto, de donde toman su nombre. Sin embargo, bastaría con hacer esta pregunta.: ¿Por qué, cuando al comienzo de estas letanías se invoca a Dios Padre, Dios Hijo y Dios Espíritu Santo, digamos "Miserere nobis» (ten piedad de nosotros)? Mientras recién comienza, con la invocación Sancta Maria, enunciar todos los títulos de la Santísima Virgen, a partir de ese momento decimos «Ruega por nosotros» (Oren por nosotros)? Sencillo: porque Dios Padre que nos creó y que se entregó a la humanidad mediante la encarnación del Verbo de Dios hecho hombre, Jesucristo, quien luego trajo al Espíritu Santo que "procede del Padre y del Hijo", con misericordia compasiva dan la gracia del perdón de los pecados mediante una acción trinitaria del Dios trino, la virgen maria no, él no nos perdona nuestros pecados y no los perdona, porque en la economía de la salvación su papel es el de intercesión. Por esta razón, cuando acudimos a ella a través de la oración, ambos en el Avemaría que en la hola regina, desde siempre, a lo largo de la historia y tradición de la Iglesia la invocamos diciendo "ruega por nosotros pecadores", no le pedimos que perdone nuestros pecados o que nos salve (cf.. mi anterior artículo , AQUI). Esto por sí solo debería ser suficiente y avanzar para comprender que el término corredentor en sí mismo es una gran contradicción a nivel teológico., desgraciadamente lo suficiente como para hacer que aquellos teólogos que insisten en pedir la proclamación de este quinto dogma mariano sean groseros, cargar y utilizar como fanáticos a franjas de fieles, la mayoría de los cuales tienen profundas y graves lagunas en los fundamentos del Catecismo de la Iglesia Católica..

La persona de la Virgen María, la madre de jesus, es mirado e indicado con una profundidad teológica que lo sitúa en estrecha relación con la misión de su Hijo y unido a nosotros los discípulos., porque este es su papel que los Evangelios quisieron comunicar y recordarnos, todo con el debido respeto a quienes afirman, a veces incluso con arrogancia, relegar a la Mujer de magníficat en un microcosmos de devociones emocionales que a menudo incluso revelan el humo del neopaganismo. Por tanto, el Sumo Pontífice Francisco tiene razón, que con su estilo muy simple y directo, a veces incluso deliberadamente provocativo y para algunos incluso irritante, pero precisamente por eso capaz de hacerse entender por todos, precisó que María «[...] nunca quiso tomar algo de su Hijo para sí. Ella nunca se presentó como corredentora". Y ella no se presentó como tal porque María es la Mujer de magníficat: «Miró la humildad de su siervo, Desde ahora me llamarán bienaventurada todas las generaciones”.; bendito porque me hice siervo, ciertamente no por qué pregunté, a algún vidente demente, ser proclamada corredentora.

 

desde la Isla de Patmos, 3 Febrero 2024

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Los Padres de la Isla de Patmos

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La Madre de Jesús, El tesoro escondido en los evangelios.

LA MADRE DE JESÚS, EL TESORO ESCONDIDO EN LOS EVANGELIOS

«El santo Concilio exhorta con fervor e insistencia a todos los fieles, especialmente los religiosos, aprender “la sublime ciencia de Jesucristo” (Dentro 3,8) con lectura frecuente de las divinas Escrituras. “La ignorancia de las Escrituras, de hecho, es ignorancia de cristo”. Que se acerquen voluntariamente al texto sagrado., tanto a través de la sagrada liturgia, que está imbuido de palabras divinas, tanto a través de la lectura piadosa, tanto a través de iniciativas adecuadas a este fin como de otras subvenciones, que con la aprobación y cuidado de los pastores de la Iglesia, es digno de elogio que hoy se difundan por todas partes".

- Las páginas teológicas -

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Autor
Ivano Liguori, ofm. tapa.

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En los años posteriores al Concilio Vaticano II La ciencia bíblica ha logrado avances importantes, ofreciendo aportes que hoy son esenciales para la Teología en sus diversas ramas y para la vida cristiana. Así ha sido al menos desde, desde tiempos de Pío XII, en la Iglesia Católica se ha fomentado el estudio de la Biblia dando la posibilidad de utilizar todos aquellos métodos que normalmente se aplican a un texto escrito..

El anuncio – Obra de Salvador Dalí, 1960, museos vaticanos (haga clic en la imagen para abrir la página)

¿Cuántos son conscientes de los enormes beneficios que los estudios exegéticos han aportado a la teología que investiga la figura y el papel de la Virgen María, la llamada mariología. ¡Qué riqueza poder decir hoy que la historia de la anunciación (Lc 1, 26-38) por su forma literaria, conservando en él la comunicación de un nacimiento milagroso, sin embargo, es una historia de vocación: la vocacion de maria. Pero quién sabe? ¿Quién notó que en la versión CEI de la Biblia de 2008, el que leemos actualmente en nuestras liturgias, El anuncio del ángel a María se hace hoy con: "Alegrarse"; cuando en la versión anterior del 1974 fue leído: "Te saludo"; debido a la gran influencia debido a la oración deAvemaría? Fue el padre jesuita Stanislas Lyonnet[1] el primero que en 1939 señaló que la imperiosa invitación a la alegría ("animar", Kayre de Lc 1,28) se refirió a los textos proféticos dirigidos a la "hija de Sión" (sof 3,14). Cambia todo, ya no es un simple saludo, pero a María se le hace una invitación que en el pasado fue dirigida a Israel, a quien los profetas se dirigían como a una mujer.. En la Edad Media decían que por su función materna María era “Figura de la sinagoga”[2], hoy en día, gracias a adquisiciones exegéticas damos a esta afirmación una connotación nueva y más sólida desde el punto de vista escritural.

Cuando aún hoy hablamos de la Virgen María, lamentablemente también entre los sacerdotes y más aún entre los fieles, somos testigos de la trillada repetición de los habituales discursos devocionales y emotivos.; a lo sumo llegamos a seguir el delicado y discutido tema de María corredentora. ¿Cuántas homilías queriendo explicar el episodio de Caná hablan todavía de un simple milagro?? Esta palabra no está presente en el pasaje del Evangelio.. En lugar de eso hablamos de una "señal": "Jesús hizo esto como el principio de las señales". (Juan 2,11) - que en el Cuarto Evangelio tiene una profundidad y un significado teológico completamente diferente. Y María estaba presente allí., que ni siquiera se llama por su nombre, pero sólo identificado como: «doña». Sin embargo, todo lo que escuchamos es sobre la Virgen.: La Virgen que forzó el milagro. Quién sabe cuántos saben que la frase de Jesús a su Madre es probablemente una pregunta: «Aún no ha llegado mi hora».?» - como lo demostró un talentoso exégeta hace décadas[3]. La nueva Biblia CEI aún no lo reporta, pero al menos, de la versión anterior, El término milagro ha sido cambiado y ahora por fin podemos leer la palabra "señal". (Juan 2,11).

Otro cambio de perspectiva interesante que poco a poco sucedió, mientras escudriñamos atentamente la figura de María en los Evangelios, fue dejar de lado el vínculo tradicional entre Ella y la figura de Eva, protagonista del protovangelio di Genesi. Porque, en cambio, era más acorde con los textos y rico en perspectivas teológicas y eclesiológicas ver a María como imagen de aquella hija bíblica de Sión. (Sal 86 [87],5, 5 LXX), la nueva Jerusalén que se convierte en protagonista de la nueva Alianza con Jesús.

Esto emerge claramente en las historias del Evangelio., especialmente en dos textos juánicos que ven a María, nunca llamado por su nombre propio, pero identificada más bien como «La madre de Jesús» o más curiosamente como «Mujer». El episodio de las bodas de Caná (Juan 2, 1-11) y el de la "Madre" bajo la cruz (Juan 19,25-27) junto al discípulo amado, están directamente conectados precisamente por la presencia en ambos momentos de esta "Mujer".

En el primer caso, una Caná, Estamos en el inicio de la manifestación de Jesús., En el segundo episodio, en cambio, estamos al final de esta revelación., allá: «Todo se cumplió» (Juan 19,28). Revelación que representa el leitmotiv del Evangelio de Juan: «Dio, nadie lo ha visto: el único Hijo, ¿quién es Dios y está en el Padre, es él quien ha dado a conocer " (Juan 1,18). Caná es el colofón de una semana en la que Jesús comienza a revelarse a sus primeros discípulos, después del primer gran día atemporal del prólogo; la cruz es el momento final, antes de la resurrección por supuesto, que ve a Jesús revelarse a la Madre y al discípulo, el que nunca dejó de seguir a Jesús desde el principio, el gran misterio de la Iglesia que mira con fe lo que ha sucedido y da testimonio de ello: «El que lo vio da testimonio» (Juan 19,35).

Una Caná, María, la madre de jesus, ella es esa Mujer que representa a la humanidad en la pobreza y al judaísmo que vivió de la esperanza mesiánica. Las palabras tan apodícticas - «No tienen vino» (Juan 2,3) - significarían el deseo de Israel de ver la difusión del vino mesiánico o la revelación definitiva de la Nueva Alianza, según el rico simbolismo del vino en la tradición bíblica y judía. Ella invita, por lo tanto, los discípulos para renovar ese propósito ya expresado en la antigua alianza del Sinaí: «Todo lo que dijo Yahweh, lo haremos"; «Lo que él te diga, hazlo" (Es 19,8; ver también 24,3.7; Juan 2,5).

San Juan Evangelista, como suele hacer a lo largo de su obra, por ejemplo en la historia de la mujer samaritana junto al pozo (Juan 4,13-14), nos pide elevarnos del nivel humano e histórico al más espiritual y teológico. Donde espiritual no significa menos fiel a la verdad, más bien designa e indica el significado más oculto y profundo escondido dentro de una historia., en línea con lo que también la hermenéutica moderna está descubriendo. Martin Heidegger en sus escritos dice que el lenguaje se encuentra en lo “impronunciable” y el significado en lo “no dicho” del texto, mientras el filósofo Emmanuel Lévinas habla de ir "más allá del verso", Gregorio Magno, uno medieval, incluso dijo eso: «El texto crece con quien lo lee».

Respecto a María, El Evangelio, por tanto, nos lleva a través del significado inmediato y más evidente de ella como madre de Jesús porque lo llevó en su seno y lo dio a luz., a la de un representante de toda una comunidad que desea unirse con Jesús que, dado el contexto, ella quiere unirse a Él como una Esposa a su Novio, porque él es quien trae la salvación, el nuevo vino símbolo de la nueva alianza mesiánica. Todo el pasaje y el uso del término "Mujer" es una invitación a elevarnos desde el nivel histórico y literal al sentido más oculto y profundo que es el espiritual., teológico y muy significativo para los creyentes.. Por eso el episodio de Caná tiene lugar al final de la primera semana de la manifestación de Jesús a sus discípulos., curiosidad por saber quien es, lo que trae nuevo respeto a John quien lo indicó (Juan 1,36) y donde esta su secreto: "Dónde te estás quedadando? » (Juan 1,38). No es casualidad que el evangelista comente al final que Jesús no realizó un simple milagro en Caná., pero "manifestó su gloria y sus discípulos comenzaron a creer en él" (Juan 2,11).

Si el papel maternal de la Mujer hacia los discípulos, una Caná, era incompleto o más bien inicial, bajo la cruz esto aparece claramente. Allí María recibe una nueva maternidad espiritual que se expresa en la relación mutua entre ella y un discípulo.: «Estaban cerca de la cruz de Jesús su madre, la hermana de su madre, María madre de Cleofás y María Magdalena. Jesús entonces, viendo a su madre y junto a ella al discípulo que amaba, Le dijo a su madre: «Donna, aquí está su hijo!». Luego dijo al discípulo:: «Aquí está tu madre!». Y desde aquella hora el discípulo la recibió en su " (Juan 19,25-27).

Se dice que cuando alguien está a punto de morir Generalmente pronuncia palabras importantes., definitivo. Y estas son las últimas palabras de Jesús antes de morir, antes de pronunciar aquella definitiva: «En el set». Pero una vez más San Juan nos advierte que aquí se esconde una importante revelación.. Lo hace utilizando un esquema utilizado muchas veces en su trabajo., o usando los dos verbos: ver, decir; y luego el adverbio "aquí", en secuencia. Los académicos llaman a este proceso: esquema de revelación; porque indica que el autor nos está diciendo que se está ilustrando algo nuevo.

Al contar la pasión, la crucifixión y muerte de Jesús, Juan no se contradice y reúne temas de gran importancia teológica. El reinado de Jesús es universal, como indican los idiomas del título de la cruz: «Estaba escrito en hebreo, en latino y en greco» (Juan 19,20); todos los hijos de Dios dispersos están reunidos: "Y yo, cuando soy levantado del suelo, Atraeré a todos hacia mí" (Juan 12,32); su túnica inutilizable representa la unidad de la Iglesia, al menos en la exégesis patrística debido al verbo bosquejo ("astilla") usado aquí, de ahí el cisma: «Por eso dijeron entre ellos: «No lo rompamos, pero saquemos suertes a quién le tocará". Él es el cordero pascual intacto.: «Esto, en efecto, sucedió para que se cumpliera la Escritura.: No se romperá ni un solo hueso". (Juan 19,36; cf.. Es 12,46). Y como culminación de esta revelación está la entrega de Jesús de "su madre" al discípulo..

De hecho, notamos en los versos que la Madre de Jesús que es "suyo" (término repetido cuatro veces), se convierte a través de las palabras de Jesús al discípulo: "Tu madre"; y viceversa el por ella: "Tu hijo". Este discípulo es amado porque es el que nunca ha dejado de seguir a Jesús desde el principio., de esa semana inicial que desemboca en el signo de Caná que mencionamos anteriormente; que eso, en cambio, Pietro no tuvo éxito y tendrá que retomar su seguimiento más tarde.. En este sentido representa al discípulo por excelencia con quien todos debemos conformarnos., es un símbolo de todo verdadero discípulo de Jesús, ser capaz, inclinado sobre su pecho, captar los aspectos más íntimos de Él. La Madre, como vimos en Caná, representa a la hija de Sion, pero ahora en su función maternal plenamente revelada. Ella es la que ve a sus hijos antes perdidos., ahora reúnete (Es 60, 4-5 LXX). Se a Cana, en la fase inicial, esta relación fue mencionada, aquí llega toda su evidencia. La "Mujer" se convierte ahora en madre de la Iglesia, representado por el discípulo.

¿En qué consiste esta nueva maternidad? que llamamos espiritual, debido a que el verdadero y único Hijo que tuvo fue Jesús? Precisamente por su vínculo indisoluble con Jesús, De ahora en adelante ella sólo puede ser para el nuevo niño., la Iglesia, el que lleva a jesus, que nos invita a entrar en una alianza que ya no es inicial como en Caná, pero definitivo, sancionado por la muerte salvadora de Cristo en la cruz. Ella será quien renueve para los discípulos lo que fue para Jesús en la encarnación.: será la madre. Si ya en Caná los discípulos no fueron llamados esclavos, pero sirve, i "diakonoi" De Juan 2,5, Más aún aquí son considerados como niños.. Y esta maternidad, dado bajo la cruz, se expresa ayudando al discípulo, todos nosotros, Comprender el significado profundo de lo que sucedió desde el principio y lo que está sucediendo en ese momento en la prueba.. Por eso el discípulo, dice el evangelio, comprende inmediatamente las palabras de Jesús y toma en su corazón a la que ahora es su Madre. No toma posesión, como si una mujer pasara la propiedad de uno a otro, pero lo acoge con agrado por todo lo que ahora significa, gracias a la palabra reveladora que acaba de pronunciar Jesús. Por eso el evangelista comenta: «Y desde aquella hora el discípulo la acogió consigo» (Juan 19,27).

el discípulo, participante de la hora mesiánica del Señor y gracias a la presencia materna de María puede volver la mirada de quien ha comprendido hacia Jesús en la cruz., en el sentido más amplio del término, el de llevar consigo y dentro de sí el gran misterio del que es testigo. Y de hecho estas son sus palabras.: «El que ha visto da testimonio de ello y su testimonio es verdadero; él sabe que está diciendo la verdad, para que vosotros también creáis" (Juan 19,35).

¿Qué testifica el discípulo?, justo después de recibir esta nueva Madre? Que escuchó las últimas palabras de Jesús sobre su obra terminada y las otras que expresaron su deseo de dar el Espíritu: «En el set» (Gv 19,28b). Será después de la muerte de Jesús., que Juan describirá precisamente como una entrega del Espíritu - «Renunció a su espíritu» (Juan 19,30 Vulgata) – con la abertura del lado por donde drena la sangre, es decir, la vida de Jesús dada hasta ahora, y agua, símbolo del don del Espíritu como había sido anunciado varias veces en el Evangelio (Juan 7, 37-38), que su voluntad sea definitiva y definitivamente una mirada de fe dirigida perennemente a Jesús: «Mirarán al que han traspasado». (Juan 19,37). Un Padre de la Iglesia escribe:

«Nadie puede alcanzar el significado (del evangelio de juan) si no reclinó su cabeza sobre el pecho de Jesús y recibió de Jesús a María como madre, Y, ser otro juan, para que se sienta designado por Jesús como si fuera el mismo Jesús. Porque… María no tiene más hijos que Jesús; cuando Jesús le dice a su Madre: “aqui esta tu hijo” y no: “Aquí este hombre también es tu hijo.”, es como si le estuviera diciendo: “Aquí está Jesús, a quien diste a luz.”. De hecho, todos han alcanzado la perfección. “ya no vive mas vive Cristo en el” y porque Cristo vive en él, Cristo le cuenta a María sobre él: “aqui esta tu hijo, el cristo”»[4].

Si hoy releo estas atrevidas palabras de Orígenes Si nos damos cuenta de cuánta verdad teológica y belleza espiritual contienen, también se lo debemos al hecho de que el estudio de María en las Escrituras, que ha vuelto a florecer en las últimas décadas, nos permite recoger los frutos de un trabajo de análisis riguroso y amoroso de los textos bíblicos y disfrutar con renovada conciencia de las afirmaciones antiguas. Y la Iglesia recomienda no sólo que el texto sea estudiado por especialistas, pero que todos puedan beber de la fuente de la Sagrada Escritura:

«El santo Concilio exhorta con fervor e insistencia a todos los fieles, especialmente los religiosos, aprender “la sublime ciencia de Jesucristo” (Dentro 3,8) con lectura frecuente de las divinas Escrituras. “La ignorancia de las Escrituras, de hecho, es ignorancia de cristo”. Que se acerquen voluntariamente al texto sagrado., tanto a través de la sagrada liturgia, que está imbuido de palabras divinas, tanto a través de la lectura piadosa, tanto a través de iniciativas adecuadas a este fin como de otras subvenciones, que con la aprobación y cuidado de los pastores de la Iglesia, Es digno de elogio que hoy se difundan por todas partes.. Sin embargo, recuerden que la lectura de la Sagrada Escritura debe ir acompañada de la oración., para que se establezca el diálogo entre Dios y el hombre; Desde “cuando oramos, hablemos con el; lo escuchamos, cuando leemos los oráculos divinos”». ("Dei Verbum", 25).

Aquí estamos ahora en el propósito de esta pequeña contribución.. Inculcar en los lectores el deseo de amar y aprender acerca de las Escrituras de manera seria., pero también apasionado. Hemos resumido mucho aquí., mucho, porque cada aspecto habría requerido un tratamiento más amplio. Esperemos que sirva al menos como estímulo o como... aporte como dicen en la jerga, especialmente porque el tema tratado se refería a la Virgen María.. Este pequeño escrito puede ayudar a quienes lo leen a regresar a esa fuente de revelación que es la Biblia que tanto nos puede decir sobre María., más que las narrativas que circulan, también en social, a menudo no es de excelente calidad. Porque como dijo un autor antiguo y lo dejo en latín es muy fácil de entender: «Toda la Biblia es un solo libro., y ese libro es Cristo»[5].

Sanluri, 6 Febrero 2023

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NOTAS

[1] LYONNET S., Kairé, kejaritomene, Bíblico 20 (1939)

[2] Un brillo interlineal de Gv 2,1: «La figura materna de la sinagoga», en el sagrado cuidado del Glosario Bíblico ordinario…, V, Amberes, 1617, 1044; SAN TOMMASO D'AQUINO, súper evangelista. S. de juan (ed. Cai.), n. 346: «[…] teniendo en esto la forma de una sinagoga, quien es la madre de cristo".

[3] VANHOYE A., Cuestionamiento joánico y exégesis de Caná (Juan 2,4), en la Biblia 55 (1974).

[4] Orígenes, Comentario sobre San Juan, E,4,23; CAROLINA DEL SUR 120,70,72.

[5] Hugo de San Víctor, De Arca Noe, 2, 8: ES 176, 642; cf Ibídem. 2, 9: ES 176, 642-643; Catecismo de la Iglesia Católica, no 134).

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Desde la desorientación doctrinal de la Iglesia hasta el pecado de los sacerdotes y el reciclaje de los laicos.. Perspectiva de una cultura intransigente que condenando santifica y condena santificando

DE LA DESORIENTACIÓN DOCTRINAL DE LA IGLESIA AL PECADO DE LOS SACERDOTES Y EL RECICLAJE DE LOS LAICOS. PERSPECTIVA DE UNA CULTURA NO TRANSANSIGENTE MIENTRAS QUE SENTENCIAR SANTIFICAN Y SANTIFICAN SENTENCIAS

El “tolerante” moderno, en cambio, no se sacrifica por sus ideas como lo haría el idealista, por el contrario, uno no tiene escrúpulos para sacrificar a aquellos que tienen ideas contrarias a su, tal como lo haría un dictador hacia sus oponentes. ¿Cuántos mártires de tolerancia y derechos existen hoy?? Pero tal vez los mártires más numerosos son aquellos que son detenidos como sembradores involuntarios de odio precisamente porque divergen, portadores de odio que no se ve porque está presente solo en la mirada del tolerante de turno que tiene interés en usar el odio como instrumento ideológico de control de masas.

- Las páginas teológicas -

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Autor
Ivano Liguori, ofm. tapa.

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E. UNA PREGUNTA DE PRINCIPIO

Supongo que no revelo secretos no confiable si digo que mantener cristianos cristianos, hoy en día, no es una tarea simple. No se trata tanto de preservar solo una identidad tradicional aparente, al menos en lo que respecta al continente europeo, sino de demostrar que Dios todavía tiene un cierto derecho de ciudadanía en la vida de los hombres y que Cristo es reconocido como el evento fundador y definitivo de la revelación. divina.

El colapso de la bóveda de la basílica de San Francisco en Asís en 1997 [Haga clic en la imagen para abrir el video]

Según una encuesta del Centro de Investigación Pew [cf. AQUI] lo guie, lo conduje, llevo a 2017 en una muestra de 1.804 encuestados, 80% de los italianos se declaran cristianos, el hecho preocupante se refiere a la frecuencia, de hecho el 23% participa en servicios religiosos al menos una vez a la semana, el 20% una vez al mes y en 34% tiene una práctica mucho menos asidua. Según otros datos relacionados con una investigación de Ipsos de 2017, siempre en Italia, en 60.000 encuestados, Los católicos están disminuyendo. Va del 85.4% de 2007 al 74,4% del 2017. Un estudio más reciente de la 2018 de laEstudio de valores europeos El 84,4% de los italianos en general dicen que creen en Dios sin más especificaciones útiles..

Datos en mano Estamos experimentando una disminución drástica en la fe cristiana, pero lo que una encuesta nunca puede decir se refiere a la motivación teológica que representa la verdadera razón de esta disminución.. La motivación teológica que se convierte en una piedra escandalosa sobre la cual se rompen las estadísticas despiadadas radica en el hecho de que uno ya no posee la especificidad del cristianismo., para que a menudo nos perdamos, a merced de una forma de Alzheimer que nos hace incapaces de reconocer la fe y de reconocernos a nosotros mismos como creyentes listos para dar razón, como San Pedro expresa en su primera epístola [cf.. 1punto 3,15-16].

Doy un ejemplo para ser más claro. No judío, ayer y hoy, Uno nunca soñaría con rechazar el pacto entre Dios y Abraham y, sobre todo, el evento fundador que unificó al pueblo elegido durante la Pascua de liberación en Egipto.. No judío, cuerdo, dudaría de que Dios sea el Goel libertador y redentor del pueblo y que en Moisés hizo posible la salvación contra el dominio del faraón de Egipto. Aunque esta fe ha sido severamente probada frente a los terribles eventos de Auschwitz, La fe de nuestros hermanos en Abraham se ha mantenido sustancialmente sin cambios durante siglos y se convierte en una razón para que la identidad étnica y religiosa se celebre con orgullo en cada familia..

Para nosotros los cristianos, en cambio, tener una cierta fe no es una cuestión de orgullo sino de vergüenza, a menudo somos los primeros en considerarnos intransigentes y fanáticos cuando intentamos superar la mediocridad. Luego, ser más digerible a los ojos del espectador, preferimos volvernos rosados ​​y mostrar un amor universal que podemos justificar bellamente a través del discurso escatológico de Mateo 24,31-46 que, dicho sea de paso, según una exégesis correcta, nunca debe divorciarse de los pasajes posteriores, narrados por el santo evangelista Mateo., primero la parábola de las diez vírgenes [cf.. Mt 25,1-13] y luego el de los talentos [cf.. Mt 25,14-29] — con el riesgo de hacer que el texto sagrado diga lo que realmente no pretende decir.

Como evidencia de esto, Les traigo un ejemplo en apoyo de mis palabras.. ¿Cuántas veces hemos escuchado de la predicación sobre el amor desde los púlpitos?? ¿Cuántas veces se ha usado el amor como eslogan y pasa por todos lados para justificar todo, incluso lo injustificable y lo irrazonable? ¿Cuántas veces en nombre del amor han tomado decisiones completamente malvadas, expresando el sentimentalismo más emocional y la pasión más seductora?? El término cristiano de caridad se refiere a Dios, según la enseñanza del apóstol Juan: "Querido, amémonos, porque el amor es de dios: cualquiera que ama nació de Dios y conoce a Dios. Quien no ama no ha conocido a Dios, porque Dios es amor " [cf.. 1Juan 4,7-8]. Triste es la conciencia al verificar que este "amor" tan publicitado hoy en día se ve privado de la presencia de Dios Trinidad y se usa como una coartada a través de la cual el pecado se normaliza hasta que se agota en una actitud exclusivamente filantrópica y utilitaria.. Esta actitud de empobrecimiento caridad de hecho, no es un vicio moderno de la persona de Dios, fuerte de esa sabiduría diciendo Nada nuevo bajo el sol [Nada nuevo bajo el sol] La historia del cristianismo ya conoce esta degeneración del concepto de amor desde sus primeros siglos..

En el 361 corriente continua. el emperador Julián el apóstata, Se opone enérgicamente al cristianismo implementando una política de paganización del pueblo y un retorno al pensamiento neoplatónico.. El cristianismo retendrá solo la actividad caritativa y la atención al prójimo que intenta injertar dentro de la anti-Iglesia pagana que diseñó. La historia nos dice que el intento fue inviable, paganismo decadente, así como el ateísmo moderno asumido por la élite de la religiosidad, no podía competir con el auténtico amor de Dios que en Cristo consiste en la característica del heroísmo hasta el sacrificio de la vida y en el Espíritu Santo de la característica del misionero que es la causa principal de toda acción virtuosa.. El amor, ser auténticamente cristiano, no solo tiene que hacer el bien, pero debe conducir a una entrega total, incluso con esas personas y en esas situaciones sin amor, en virtud del hecho de que si la justicia del discípulo no excede la del mundo, no hay más que sea una indicación de perfección y una garantía de la presencia del Espíritu del Padre, como lo indica el Santo Evangelista Mateo [cf.. Mt 5,20]. El amor cristiano es esa virtud teológica que se reconoce en Dios y lo conduce a él., anuncia salvación al alma, se convierte del pecado y abre las puertas del cielo.

Después de esta digresión necesaria sobre la relación entre Dios y el amor., Volvamos a la búsqueda de las preguntas de significado que desafían nuestra fe.. Quién es Jesús? ¿Qué vino a hacer en el mundo?? Estas son las preguntas básicas todavía, en la mayoría de los casos, las preguntas siguen sin respuesta para muchos jóvenes que asisten al catecismo y para muchos jóvenes cristianos. La situación no cambia mucho si tuviéramos que enviar esta pregunta a adultos, a los padres de estos niños, o a sus abuelos que, trágico decir, se están moviendo hacia un retorno al analfabetismo religioso que conduce a un ateísmo práctico real.

Para saber quién es Jesucristo nos resignamos a cuestionar a los diversos laicistas de moda que están en social y en televisión con un aire tenue dictan la nueva cristología en la página con la agravante circunstancia de que la Iglesia, el oficial, el asignado al control de la doctrina correcta, que debería confirmar a los hermanos en la fe, Es silencioso. E incluso cuando habla, tratando de armar una negación fallida y pálida, lo hace con poca convicción para hacer sospechar que ciertas afirmaciones heréticas han ganado cierta simpatía incluso dentro de los palacios sagrados.

Podemos decir, en este punto, ese dogma ha entrado en crisis? Por supuesto que no. Quien ha entrado en crisis es cierto Esestablecimiento eclesiástico formado por pastores y teólogos que han perdido - eso sí - la brújula de la fe y que recurren cada vez más a la categoría de "misterio" tratando de esconderse detrás de una pantalla, ya que ya no pueden dar razón de la fe y la esperanza que hay en ellos, todo está encerrado en la primera y segunda epístolas de San Pedro y en el Evangelio de San Juan [cf.. 1punto 3,15; 2punto 1,16-19; 1 gv1, 1-4]. De este modo, perdió las dos virtudes teologales de la fe y la esperanza, lo que queda, el amor, asume las connotaciones de la modernidad y la búsqueda del consentimiento a cualquier costo. ¿Habéis notado alguna vez que la modernización de la persona de Cristo, de la Iglesia, del magisterio, de la moralidad, de la formación del clero y su identidad siempre ha sido llevada a cabo por los campeones del amor y en nombre del amor? Hemos llegado a lo paradójico, en el cual la corrupción doctrinal de la Iglesia está bajo la bandera del amor! Ese amor que, es necesario reiterar, se hizo carne y dio su vida por el hombre pecador, en resumen, insulto a la lesión. En el apogeo de esta confusión doctrinal también está el acto sacrílego de querer confundir o asociar a Dios con el pecado.. Pero si pretendemos permanecer fieles a Cristo y a la Iglesia Católica, como hizo Santo Tomás Becket con su martirio, tenemos que resistir y la resistencia cristiana no se realiza en el canto de "Bella Ciao", pero de 'deja a Pasquale ' lo que nos recuerda que Cristo es Dios, Señor y soberano, ganador del pecado.

Se, por último, ser cristiano significa entrar en la vida íntima de Jesucristo, y que reine como el gobernante indiscutible de mi existencia, la verdad se reitera cada año durante la solemnidad de Cristo Rey al final del año litúrgico, tal vez sea bueno reconocer que algo ha salido mal o nos enfrentamos a un gran malentendido. La fe es sobre todo una adhesión del hombre a Dios y al mismo tiempo y de manera inseparable., Es el asentimiento libre a toda la verdad que Dios ha revelado y que encuentra plenitud en Jesucristo., revelación definitiva y completa del misterio salvador de Dios [cf.. señor Jesus].

Por lo tanto, reconocemos sinceramente que somos nosotros los sacerdotes, así como los llamados cristianos comprometidos - aquellos que, por ejemplo, militan en movimientos eclesiales, se reconocen como activistas dentro de la vida social y política del país, quienes ayudan en la parroquia, que practican una determinada caridad; en el mejor de los casos, estamos persiguiendo una cristianismo secundario, frontera o periferia que a los ojos de los más traviesos se revela como una fachada del cristianismo.

Con este termino identificamos una cierta cultura cristiana extremadamente variada y compleja que descuida el fin último y sobrenatural de la fe que consiste en la salvación del alma, ignora la lucha espiritual contra el pecado y la apertura a la gracia divina junto con la necesidad de permanecer dentro de una fe católica divina observada dentro de una comunidad de fe que se reconoce dentro de la Iglesia de Roma.

Cuento cristianismo secundario disipa en gran medida la figura del sacerdote reinventándolo como gerente, Un diligente comisario de museo y trabajador social regularmente remunerado y con horarios de trabajo variables. La misma disipación se encuentra entre los laicos., en aquellos que ya no se identifican en la categoría de los fieles (entonces fiel a quién y qué? mah!) y por esta razón, eligen hibridarse en modelos de cristianismo que los transforman a todos en figuras mitológicas que son difíciles de conciliar en un viaje de fe y una vida que en el bautismo fue entregada a Dios.

No hay duda de que existe una necesidad urgente de reiterar una cuestión de principio: La esencia del cristianismo reside en esa pequeña palabra que Jesús pronuncia varias veces en el Evangelio de Juan. [cf.. Juan 8,24; 8,28; 8,58; 13,19; 18,5] para designarse a sí mismo: es eso’estoy — en greco ἐγὼ εἰμι, Yo eimi -, que es una garantía de identidad divina [cf.. Es 3,14-15] y de salvación para toda criatura.

Es la elección totalizadora de ese ser divino. que pone en crisis y que, Como se puede ver en la lectura de Jacob Neusner en su libro "Un rabino habla con Jesús", constituye la gran diferencia entre el Eterno Israel y el Nuevo Israel formado por el pueblo de los bautizados redimidos por la Pasión de Cristo y su Resurrección.

Mía Yo identidad debe ser capaz de reconocer el misterio de Dios, calmar'estoy quien tiene el primer lugar [cf.. Lc 14,25-33] y eso me tira al suelo [cf.. Hc 22,8] y aterroriza cada vez que presumo que lo tengo y lo manejo como me plazca [cf.. Juan 18,6], El conjunto, se encuentra encerrado en los Evangelios de San Luca y San Giovanni.

Quién es Jesús? Jesus es Dios, como indican varios pasajes de las sagradas escrituras, en particular el santo evangelista Lucas, para seguir con el Evangelio de San Juan y la correspondencia paulina [cf.. Lc 22,70; Juan 1,1.14; Juan 5,18; Juan 8, 58; Dentro 2,6; Columna 2, 9; Columna 1,15; Eb 1,3], es el señor [cf.. Rm 10,9; Juan 20, 28; Lc 23,39-43; Dentro 2,11], él es el auténtico revelador del Padre [cf.. Juan 10, 30; Juan 5,22-23; Juan 14,8-11], y por estas razones nadie puede ignorar estas verdades reveladas sin consumir una traición, hacer una negación, sin sentirse escandalizado o comenzar una guerra santa; todo siempre con referencia al Evangelio de San Juan. Este hombre-Dios vino a salvar al mundo de los pecados. [cf.. Mt 1,21], para que el hombre tenga una vida hermosa y no una buena vida [cf.. Juan 10,10] y al vivir en serio se lo priva definitivamente del cáncer de pecado [cf.. Eb 2,14-15] e hizo justo en su sangre [cf.. Rm 5,9; 8,33]. No hay alternativas, los celos divinos del Antiguo Testamento [cf.. Dt 5,6-10] se combina con la elección totalizadora de Cristo y su persona es la única opción de comunión posible que produce frutos de nueva vida. [cf.. Mt 12,30; Lc 5,38].

Jesucristo es tan voluminoso que no es posible silenciarlo, Durante dos mil años su nombre ha resonado en la tierra y su fidelidad ha demostrado ser tan estable como el cielo. [cf.. Sal 89,3]. Todo aún habla de él.: del calendario a las vacaciones, de las tradiciones civiles a la ética, del arte a la música; historia, geografía, la forma de calcular el tiempo e incluso el vasto cosmos y la naturaleza testifican que Él es Dios y que él es Señor. Incluso antes de quienes pretenden negarlo perniciosamente, rechazarlo, Hasta que desaparezca por completo, debe admitirse el mérito involuntario, tal como fue para los demonios. [cf.. MC 5,6; Lc 4,34; Hc 19,15] - de un reconocimiento kerigmático, en el que su majestad y poder no son cuestionados en lo más mínimo.

Y mientras Cristo se proclama y afirma, se reitera su majestad, su papel clave que juega en la historia humana, aunque este último se esconde con mayor frecuencia de su presencia como lo hizo Adán [cf.. GN 3,9-10] o deseo como Nietzsche de hacer un parricidio que rompa la dependencia angustiada de la pareja divina, prometiendo libertades más amplias.

.II. CRISIS DE FE, CRISIS DOCTRINAL, CRISIS MORAL

.La cuestión de principio que quería abordar en el primer párrafo de este artículo nos ayuda a comprender mejor la condición de crisis crónica que durante cincuenta años ha afectado la solidez de la Iglesia. Es una crisis en varios frentes que afecta los aspectos de creer en la contingencia histórica actual.. De la doctrina al cuidado pastoral., de la moral a la espiritualidad, del testimonio diario a la forma de interpretar el martirio, todo descansa en una fe inestable, donde Cristo ya no es Dios y su papel ya no es el de Salvador. Atención bien, afirmar la existencia de una fe inestable no es lo mismo que decir que ya no hay fe en general o que quienes creen lo hacen de una manera maliciosa o interesada. Las estadísticas nos muestran que alrededor del 80% de las personas se declaran cristianas, pero el hecho de declararse no es razón suficiente para creer. Los benditos apóstoles Pedro, Andrew y John se han visto reprochados en varias ocasiones por Nuestro Señor por su fe en él, aún no suficientemente madura y abierta a la gracia.. Y todos los demas, aunque identificado como los discípulos del Nazareno, no dudaron en abandonarlo en el momento de la Pasión, negando con las obras lo que proclamaron abiertamente. En otras palabras, podemos decir que la inscripción del nombre en el registro parroquial de bautismos no nos hace cristianos creyentes y creíbles.. Estas consideraciones nos llevan a comprender cómo una fe de esta naturaleza y una creencia de este tipo no agregan nada y no restan valor a la existencia del hombre.. Con las palabras del Evangelio de Juan podemos decir que la fe esencialmente conduce a un habitar allí donde Jesús está presente [cf.. Juan 1,38; 15,4-ss]. Al morar en Él hay más que lleva a una cristificación de la vida que, aunque obra de gracia, sin embargo, necesita asistencia humana y el ejercicio del libre albedrío.

Cómo no reconocer a Karl Rahner y en la invención de los "cristianos anónimos" la astucia magistral de una aparente religiosidad moderna que, ante una propuesta abierta de fe, ha llevado a muchos a creer que es mucho mejor mantenerse lo más lejos posible de todo lo que es cristiano (y tal vez incluso católica) prefiriendo pasar un tiempo más fructífero en lugar de recurrir a un Dios que ya no se conoce a sí mismo por su nombre y que se ha preservado solo como una presencia formal. Estas personas son más que "cristianos anónimos": anónimos para aquellos que ven que Dios siempre llama a todos por su nombre. [cf.. Es 43,1; 45,4] — deberían llamarse “ateos dogmáticos”, Como no sienten la necesidad de creer en el Dios de Jesucristo, ya viven dentro de una fe atea que se alimenta y se alimenta de sus propios dogmáticos.. Ponle atención, nadie es más dogmático e intransigente que un ateo convencido, quien declara enérgicamente lo que no debería existir para él, y pelear en lo que ya no cree. Así como nadie está más apegado a las tradiciones cristianas de alguien que ha abandonado la práctica religiosa durante años y vive en recuerdos lejanos y nostalgia.. dogmatismo, rigidez, La nostalgia y los estilos de fe escleróticos son los alimentos de desecho de los cuales cristianismo secundario se alimenta vorazmente, pero como no son digeribles, son regurgitados tan pronto como se acerca cualquier novedad evangélica.

Debemos reiterar que la fe cristiana pequeño es una ilusión piadosa, si no consiste en una teología de salvación bien establecida. Cristo no solo es el Dios en quien creer, sino que es el Salvador y Redentor del hombre., aquel para quien la salvación entra al mundo y el hombre se libera de la esclavitud del pecado [cf.. Mt 1,21; MC 2,7]. La fe sin salvación es mutilada y para sobrevivir es dirigida e identificada hacia otras disciplinas del conocimiento humano., como filosofía, psicología, sociología, antropología, la medicina, hacia un nuevo humanismo con una impronta atea que manifiesta su propio hybris presumiendo salvar la fisicalidad del individuo - lucha contra la pobreza, tener hambre, a las enfermedades, a las guerras - y para preservar la creación - paralelismo, ecologismo, franciscanismo seudocomunista: reconstituir una virginidad primordial ahora perdida, todo a expensas de un alma divina inmortal que fue creada por Dios y que volverá a Dios después de la muerte. De hecho, si queremos decirlo todo, esta falsa hybris quien luchó contra el pecado original en el pasado y todavía lo lucha hoy, Le quita la sensación de pecado al hombre al introducir lugares de control externo en los que buscar el buen chivo expiatorio para justificar cualquier adversidad y oposición.. Desafortunadamente,, el hombre es creado para Dios y sin él su corazón no puede encontrar la paz [cf. Agustín, Las confesiones, 1,1.5], sin sentido del pecado y sin necesidad de redención, lo que queda es el sentimiento de culpa que aplasta y deprime a la pobre humanidad moderna. Muchos deresponsabilizzati, son incapaces de realizar un verdadero y sincero examen de conciencia - incluso ante una confesión sacramental - que conduzca al reconocimiento de la culpa y a la búsqueda de la redención del único que puede proporcionarla..

Algunos prefieren descargar al diablo la culpa de todas las reversiones personales, descartando ingenuamente el tema sobre los hombros del espíritu del mal, que aquí se asume como un lugar de control externo, sin recordar que el tentador [cf.. GN 3, ss] para consumir la caída del hombre necesitaba su consentimiento. En conclusión, atenuando en atenuando, fácil e improbable para una humanidad más allá del límite del desorden.

Para desviar la atención de esta triste verdad lo que lleva a un pesimismo que definir a Leopardi parecería una subestimación, se inventan oposiciones, distracciones masivas luchando entre sí. Y como en la época de los antiguos romanos, la gente competía en el Coliseo para mantener a los hambrientos bien., así que hoy compites entre facciones opuestas para desviarte de tus mentes: tradicionalistas versus progresistas, los papistas contra los sedevacantistas, los lefebvrianos contra los modernistas, los Guelphs contra Ghibellines, Cristianos de derecha contra cristianos de izquierda, sacerdotes seculares contra sacerdotes regulares, en resumen, la lista aún podría alargarse y continuar indefinidamente con la inclusión de movimientos eclesiales que compiten para ganar la palma de los mejores si la pregunta no fuera en sí lo suficientemente trágica.

Frente a este panorama la Iglesia jerárquica, el de los pastores con olor a oveja, el pobre sacerdotal, grupos de presión que especulan sobre los migrantes, integración y bienvenido lo que hace? El ejercicio de liderazgo más validado hoy por el clero, ya no se basa en la autoridad de una fe razonable, que trae motivaciones basadas en la necesidad de creer y por qué es necesario creer. El liderazgo de muchos de nosotros, los sacerdotes -basta escuchar alguna homilía o catequesis para darnos cuenta de ello- está lleno de buenismo democrático y de un estilo que yo definiría como "parlamentario" en el que las cosas se deciden mediante elección a través de la autoridad de la mayoría. y si algo pone en peligro el pensamiento dominante, inmediatamente está dispuesta una moción o interpelación para revertir la situación a nuestro favor..

El estilo político parlamentario es también el de nuestros obispos. quienes están listos para disociarse de sus sacerdotes, visto como bateadores curiosos, cuando tratan de educar a los fieles a los principios de la doctrina y la moral., incluso simplemente citando el catecismo. Junto a los actos de disociación impulsados, hay excusas fáciles hacia todas esas categorías de personas que no coinciden con el pensamiento del Evangelio.. La técnica de convertir al enemigo en un amigo a través de un bombardeo de amor [bombardeo de amor] que asume el supuesto de fallas fáciles e inexistentes es el nuevo paradigma para ser inclusivo en la caridad. Poco importa si el apóstol nos recuerda que la caridad debe huir de las ficciones [cf.. Rm 12,9] y practicar la verdad incluso cuando es incómodo e inapropiado para la mayoría.

Los sacerdotes 3.0 en la nueva versión actualizada, absorbido por el papel directivo de los conservadores de museos con un salario fijo, sin la paternidad de nuestros pastores y sin una fe sólida que nos distinga como profetas ante el mundo, somos presa fácil del fomite de la sensualidad. Sentidos nublados por una vida más en sintonía con el mundo que con Cristo, el Salvador del mundo., nos exponen a problemas críticos que se identifican a través del ejercicio de la sexualidad desordenada, de una posesividad que expresa lo peor de sí mismo en la administración del dinero, y en la incapacidad de llevar a cabo relaciones significativas con las personas, sin mencionar el mantenimiento despótico del poder que se acerca mucho a la preservación de los privilegios de la peor casta.

Hablando de sexualidad, se debe hacer una distinción. Hablé sobre sexualidad solo para diversificarla de la genitalidad, de hecho, los dos términos en la moral cristiana se atribuyen a dos aspectos diferentes. Aunque los adjetivos sexual y genital hoy se usan como sinónimos, que no son. Identificamos a la persona en su ser masculino o femenino con el término sexual., en su comportamiento masculino o femenino, en su forma de expresar masculinidad o feminidad y en el estilo diferente y original de comunicar amor. Con el término genital, en cambio, queremos decir lo que se refiere más apropiadamente a los sistemas genitales, a su anatomía y fisiología, a la tarea unitiva y procreadora que la doctrina católica sigue considerando decididamente unida.

Realidad genital, tan aclamado por la modernidad, está incluido en el sexual que es más amplio, completo y típicamente humano. Estamos demasiado preocupados por atrapar a los sacerdotes culpables de un abuso con respecto a la genitalidad que no nos damos cuenta de que existe una gran desconexión en la práctica de esa sexualidad, que es una parte integral y esencial de la figura del presbítero.. Tanto es así que el término "padre", con lo que comúnmente llamamos a los sacerdotes del clero regular, Es una indicación del ejercicio de una sexualidad masculina saludable como una demostración de una paternidad espiritual que tiene como objetivo el acompañamiento y la santificación del pueblo de Dios.. Esta es la razón por la cual los sacerdotes son requeridos en primer lugar para una masculinidad comprobada que les permita expresar mejor el ejercicio de su sexualidad en ser padres amorosos y autoritarios..

La forma de amar que conoce en sexualidad y masculinidad. tu propio idioma, puede expresarse de dos maneras diferentes y antitéticas: a través de una posesión asfixiante que quiere consumir al otro y operarlo, o a través de una libertad de diálogo que no teme al otro y propone amarlo como es, suficiente para madurar y crecer como vemos que sucede en el encuentro entre Jesús y la mujer samaritana [cf.. Juan 4,1-26]. Al relacionarse con el sexo femenino, Jesús es diferente de la mayoría de los hombres de su tiempo que usan, abusan y objetivan a la mujer para obtener algo de ella a cambio. En Cristo, se concreta el amor libre y liberador del Padre que da testimonio del verdadero amor por cada realidad creada.. El cura, como alter Christus, no puede mortificar este amor liberador y libre que es constitucional a la sexualidad y naturaleza de uno. Deben evitarse los compromisos que alternan entre sublimaciones compensatorias., trastornos patológicos y desviaciones. La libertad del sacerdote enamorado, que es una explicación de una vida célibe, casta, pobre y obediente a imagen del Redentor, Es una condición teológica y profética que no puede entenderse excepto en función del Reino y de esa vida escatológica completa en la que todas las relaciones serán asumidas y transfiguradas en Dios. [cf.. Mt 19,12; MC 12,25].

Incluso en el uso del dinero y en el ejercicio del poder. Es posible rastrear una expresión de la sexualidad humana que puede resultar equilibrada, maduro e informado por gracia o despótico, narcisista y sometido a los deseos egoístas del mundo. La forma de gestionar y salvaguardar los bienes que nos han sido confiados - desde el cuidado de la creación hasta la manera de trabajar en ella - comunica o no el encuentro omnicomprensivo con Dios que ama y sirve a partir de todo lo que existe. bien. Hacer alarde de éxito y poder, a través de un uso inhumano e instrumental de la riqueza, es una constante que encontramos bastante extendida en la historia humana, a veces es una gratificación inmediata, otros tiempos de un verdadero culto idólatra hacia las cosas y hacia uno mismo. Entre los discípulos de Jesucristo, sin embargo, la lógica del reino humano no se aplica, pero el imperativo es indiscutible: "No es así entre ustedes" [cf.. MC 10,43]. No debemos ser tan ingenuos como para pensar que la riqueza y el poder constituyen objetivamente males en sí mismos -como ocurrió en algunos movimientos pauperistas o en ciertas ideologías de los siglos XIX y XX-., es necesario evaluar cuidadosamente el uso que se le da. El Evangelio nunca acusa a la persona rica como tal, si no en referencia a un uso no compartido y solipsista que olvida los gemidos de los pobres [cf.. Lc 16,19-31], y las penurias de la viuda [cf.. MC 12,41-44]. Así, mientras que la riqueza humana se vuelve funcional para el mantenimiento y mantenimiento honestos, La riqueza del Reino abre las puertas del paraíso y asegura la posesión de Dios [cf.. Lc 12,16-21].

Todo poder y autoridad proviene de Dios y es su regalo. [cf.. señor 33,23; ger 1,10; Juan 19,10-11; Rm 13,1-2; Ap 2,28]. Este concepto era bastante conocido en la antigüedad, hasta el punto de apoyar la tesis -que algunos autores han apoyado- [cf.. S. Paolo, S. Agustín, CIUDAD DE DIOS, Jacques-Benigne Bossuet] — según el cual fue posible construir un principio jurídico real que legitimaba a los gobernantes para gobernar a los hombres tomando el lugar de Dios. Tanto en el gobierno civil como en el religioso, la obediencia a quien tenía el poder se interpretaba como obediencia directa a Dios.. Esta tesis así formulada consta de dos inexactitudes.. El primero consiste en no considerar el hecho de que cualquier poder y autoridad terrenales no es inmune a la herida del pecado original que corrompe todo poder y autoridad en el despotismo y la dictadura.. La segunda inexactitud consiste en descuidar el aspecto trinitario de la cuestión considerando solo a la persona del Padre como el titular exclusivo de la autoridad y el poder, excluyendo la participación del Hijo y el Espíritu Santo..

Solo al ser obediente al Padre, tal como fue Cristo, es posible encontrar la forma segura de evitar la corrupción del poder y las desviaciones de autoridad [cf. Mt 4,1-11]. El cura, participando en la autoridad de Cristo derivada de la ordenación sagrada, también es admitido al gobierno y al ejercicio de un poder que expresa una autoridad. Entonces, ¿cómo, despues del bautismo, Cristo es llevado al desierto por el Espíritu Santo para convertirse en un mesías de salvación según el Espíritu del Padre y no según el espíritu del mundo., así, el sacerdote en el ejercicio del poder y la autoridad está llamado a imitar al Maestro que, al servir al otro, se hizo servidor, culminando su diaconado con el sacrificio de su vida en favor de los hombres [cf.. MC 10,42-45] y poniendo todo el poder en manos del Padre en el huerto de los olivos [cf.. Mt 26,39; 26,42; MC 14,36; Lc 22,42] dando cumplimiento a eso kénosis que comenzó con la encarnación. La autoridad sacerdotal traza la diaconía del Hijo, se alimenta de la voluntad del Padre y posee la unción del Espíritu Santo para la santificación de los hermanos y para la confirmación de la fe recibida con el bautismo.

III. UNA EMPRESA LÍQUIDA, DÉBIL E IMPERFECTO

La sociedad occidental en la que vivimos., donde el cristiano está llamado a hacer su peregrinación terrenal y donde manifiesta su valiente testimonio de fe, se parece cada vez más a un terrible Moloch que pide el cumplimiento de continuos sacrificios y que se da el derecho de ser adorado como una divinidad.. No importa si estos sacrificios se pagan con el precio de vidas y almas humanas no concluyentes ahora fragmentadas y perdidas, perdido en el no sentido de la existencia. Una sociedad extraña, nuestro, quien se complace en ser contemplada narcisísticamente para parecerse a una terrible madrastra que exige mucho más de sus hijos de lo que realmente logra dar.

Una madrastra anaffective, debido a la matriz estéril, que está adornada con palabras como lo haría con joyas que brillan con significados de alto sonido como en el caso del amor, de tolerancia, de benevolencia, comprensión y derechos. Esta visión del mundo fracasada ya había sido predicha por Cristo a sus discípulos en el Evangelio.: "Si el mundo os aborrece, sabe que me odiaba antes. Si fueran del mundo, el mundo os amaría como su propio; porque no son del mundo, pero te elegí del mundo, por eso el mundo te odia" [cf.. Juan 15,18-19]. Cristo y sus discípulos no son del mundo, mientras experimenta la dimensión temporal del mundo pero no su esencia. La señal efectiva consiste en el hecho de que la Palabra de Dios se hizo carne [cf.. Juan 1,14], la Palabra divina se hizo humana, contrario a lo que sucede hoy en el que muchas de las palabras humanas son divinizadas y absolutizadas. Sin embargo, este Moloch corporativo aparentemente invencible y deificado ya tiene un término establecido, solo por el simple hecho de que el "príncipe y dios de este mundo" [cf.. Juan 12,31; 2Cor 4,4] ha sido definitivamente derrotado.

En este punto de la discusión Es útil introducir el tema de la idolatría., Esto nos ayudará a comprender algunos problemas importantes de la empresa que experimentamos a diario.. Hablar sobre idolatría, en el tejido social, de ninguna manera es secundario, de hecho, podemos decir que esta actitud se repite cíclica y sistemáticamente justo cuando disminuye el sentido de lo "Sagrado", que incluye horizontes mucho más amplios y diversificados que la simple referencia a lo divino. En este sentido, sería interesante estudiar el declive de los pueblos precisamente en relación con la crisis y la desaparición de lo "Sagrado" de la vida humana.. Por el momento es suficiente mencionarlo en espera de un estudio futuro más puntual y competente..

Aclaremos un hecho de inmediato: idolatría, en realtà, Es una de las muchas máscaras con las que el ateísmo se oculta ante la sociedad y el mundo.. Hablar de idolatría y ateísmo parece una contradicción, pero no lo es.. En la Biblia, por ejemplo, El pecado de la idolatría es bien conocido, pero no el del ateísmo., ¿Por qué? La respuesta es sencilla: tanto el hombre antiguo como el bíblico no son absolutamente ateos. Es necesario comenzar con el descubrimiento evidente de que ningún hombre nace naturalmente ateo, la chispa de su origen divino impulsa al hombre desde su nacimiento, hasta su muerte y lo empuja a buscar el significado de su propia existencia y una verdad que lo trascienda.

Ateísmo visible, el practicado en estos días, Es la degeneración de la idolatría la que abandona las vestimentas de lo sagrado.. El ateísmo es el fruto engañoso que se formó en algunos períodos históricos y que a través de la Revolución Francesa., La era de la ilustración, El pensamiento positivista se ha materializado cada vez más a través de las filosofías de los siglos XIX y XX junto con movimientos gnósticos bien definidos que han declarado la guerra al cristianismo y específicamente al cristianismo católico..

Ateísmo, paradójicamente, se alimenta de esa forma de vida disociadao que es claramente visible en nuestros días y que adquiere cada vez más características patológicas, engañándose a sí mismo de que está guiando a todos hacia un progreso ilimitado. El hombre occidental moderno se encuentra tambaleándose en este modelo corporativo, a menudo y voluntariamente engañándose a sí mismo de que ha logrado excelentes logros de civilización y humanización, una cara de una comunidad humana que se define cada vez más como la cara de un La sociedad imperfecta y eso ya ha comenzado a presentar una cuenta muy alta.

Esta sociedad imperfecta quien se define a sí mismo y se da a conocer precisamente por sus dogmáticos tan intransigentes y por su marcadamente fideística que a menudo resultan ser imprudentes. El despacho aduanero del relativismo gnoseológico y ético con el que leer e interpretar la realidad que nos rodea., El optimismo generalizado de cierto tipo de ciencia que afirma responder a los gemidos más íntimos de significado en el corazón del hombre., revoluciones en el campo de la tecnología y la comunicación, junto con la presunción de constituir un nuevo orden mundial que pueda unificar cada credo, conducen inexorablemente al fracaso, ya que de hecho remonta en una clave moderna ese antiguo pecado que cometieron los constructores de la Torre de Babel [cf.. GN 11,1-9]. El ateísmo es, por lo tanto, el destilado de una voluntad idólatra privada del sentido de lo sagrado que dice hacerse un nombre independientemente de su Creador. [cf.. GN 11,4].

Esta descripción social, tan dolorosamente concreto pero sin embargo real, se puede explicar a través de una frase del teólogo dominico Réginald Garrigou-Lagrange [1877-1964] que dice: «La Iglesia es intransigente en principios, porque él cree, es tolerante en la práctica, porque ama. Los enemigos de la Iglesia son tolerantes con los principios., porque no creen, pero intransigente en la práctica, porque no aman. La Iglesia absuelve a los pecadores., los enemigos de la Iglesia absuelven los pecados " [cf. Dios, su existencia y su naturaleza, París 1923, pag. 725]. ¿Qué significado deberíamos dar a estas palabras del buen Réginald Garrigou-Lagrange en relación con una sociedad líquida y desestabilizada como la nuestra?? Qué hilo común une las características de la debilidad, imperfección, de laidolatría atea suficiente para producir una realidad aparentemente liberal pero secretamente intransigente y, a veces, despiadada y contradictoria?

El razonamiento del teólogo dominicano. ayuda a comprender cómo esta sociedad, antes que ser enemiga de Dios y de la Iglesia, es ante todo enemiga de sí misma. De hecho, está más inclinado a emprender más fácilmente la búsqueda de una tolerancia que uniforme y aplaste a sus semejantes que la búsqueda de la verdad que conduzca a diferentes alteridades, hasta alcanzar la otredad trascendental que representa el núcleo auténtico de la fe y la relación con Dios. Hoy en día, si ha notado cómo llevar a cabo algunos debates y discusiones, la forma más segura de poner a tu oponente contra las cuerdas y luego silenciarlo, esencialmente consiste en acusarlo de intolerancia. El cargo de no tolerancia es esa acusación que no admite la verdad objetiva., que no tiene en cuenta la experiencia personal, de la historia y tradición de los pueblos. El cargo de intolerancia se rechaza mediante censura, la prohibición de realidades que no se pueden decir, conocido o simplemente testificado. Hoy en día, Se puede considerar intolerante de muchas maneras y ser provocado en diferentes áreas como la fe y la religión., raza y etnia, sexualidad y genitalidad, costumbres y tradiciones, política y el mundo civilizado y mucho más.

En el juego de contrastes, táctica que ya he analizado en este artículo, profesar fe me hace, por ejemplo, una persona intolerante y violenta. Afirmar la ley moral natural sobre el matrimonio me da visibilidad como un fanático fundamentalista medieval, Cultivar y fortalecer las tradiciones y raíces culturales de un pueblo me convierte en un enemigo peligroso de la globalización y la inculturación.. Quienes llamamos hoy con la denominación de intolerantes son en realidad divergentes., héroes que no se alinean con el pensamiento único y, por lo tanto, deben ser vistos como enemigos para ser neutralizados. Si notas los mejores exponentes del pensamiento liberal, tolerantes y garantes pecan innumerables veces de actitudes iliberales, violento e intransigente digno del mejor régimen despótico dictatorial.

El “tolerante” moderno, en cambio, no se sacrifica por sus ideas como lo haría el idealista, por el contrario, uno no tiene escrúpulos para sacrificar a aquellos que tienen ideas contrarias a su, tal como lo haría un dictador hacia sus oponentes. ¿Cuántos mártires de tolerancia y derechos existen hoy?? Pero tal vez los mártires más numerosos son aquellos que son detenidos como sembradores involuntarios de odio precisamente porque divergen, portadores de odio que no se ve porque está presente solo en la mirada del tolerante de turno que tiene interés en usar el odio como instrumento ideológico de control de masas. Por lo tanto, la tolerancia moderna no solo reclama derechos, sino también la dispersión del odio.. Por menos de una década, tolerancia contrajo un matrimonio feliz con el término griego fobia. A través de este término se generan los mejores caballos de batalla del tolerante La sociedad imperfecta como la homofobia, la islamofobia, xenofobia y otros. Menciono estos tres ejemplos solo porque son los más practicados por las redes sociales., televisión, radio y periodicos … Nos damos cuenta de que todo este andamiaje no tiene el más mínimo sentido es que no es posible llevar a cabo un discurso de tolerancia que esté vinculado exclusivamente a un derecho privado de deberes y un miedo que sea antídoto al odio.? Invocar la tolerancia al aprovechar los derechos y excluir los deberes constituye una visión del mundo basada en el egocentrismo., en el que todo se vuelve lícito, es suficiente con los derechos personales verdaderos o presuntos.

Por otro lado, poner en duda la tolerancia por delante al odio confiar en el sentimiento de miedo del otro es una tontería, como esto significaría decir que es suficiente generar una alarma para evitar un mal. En este imponente zibaldone es difícil encontrar el borde de la madeja para devolver todo a un origen seguro y seguro.. La perspectiva de una cultura social intransigente que al condenar santifica y santifica la condena parece más una paradoja que recuerda al dios romano Janus quien, teniendo una "doble cara", es la imagen perfecta de compromiso, del transformismo, de la unión de los opuestos.

Hoy la máscara de Janus triunfa sobre las caras del mundo que recorren las calles de nuestras ciudades y pueblos, de nuestras plazas y centros comerciales, de los edificios de poder e iglesias. Un Janus sin edad que se viste con ropa masculina y femenina o, si es necesario, neutral, usando el velo, la talare, el habito, la falda enroscada en morado o rojo pero ese siempre es él, la serpiente antigua que nunca se cansa de hacer la guerra con la pretensión impía de demostrar que Dios se equivocó al confiar en el hombre.

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Sanluri, 27 Noviembre 2023

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De la amistad de Jesús con Abraham a Jesús que nos acoge llamándonos amigos

DE LA AMISTAD DE DIOS CON ABRAHAM A JESUS ​​QUE NOS ACOGE LLAMANDONOS AMIGOS

Esta famosa historia bíblica nos dice que ser amigos definitivamente no es una disminución o una sustracción de la relación de fe., porque pide condescendencia, complicidad y espera cuando, por ejemplo, un amigo esta en problemas. No es por casualidad, mucho después de la historia de Abraham en Génesis, una de las más bellas expresiones que encontramos en la Escritura respecto a la relación entre el mensajero de Dios, Gesù, y quien lo seguía era: "Te llamé amigos".

— Páginas bíblicas—

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Parece que el termino amigo no puede existir sin su calificación específica. Tenemos diferentes tipos declinados, en las diversas artes, que de vez en cuando ofrecen la imagen de un amigo frágil, redescubierto o ingenioso. Podríamos hablar de ello interminablemente.. Un amigo puede ser verdadero o falso., estar siempre ahí o desaparecer, puedes confiar en él o ella incondicionalmente o, en el peor de los casos, ser traicionado por ellos.

La Biblia que es literatura formado durante un período muy largo, además de hablar del protagonista principal, que es dios, presenta un conjunto diverso de situaciones humanas. No por casualidad el poeta Byron lo llamó "el gran código del arte", expresión retomada más tarde por la crítica norte. freír quien hizo un libro de eso[1]. En este rodeo de humanidad dispar, no podía faltar el interés por los amigos.. Así fue como el código de la Biblia pudo despertar símbolos que han quedado en el imaginario de todos (Frye los llamó imágenes), incluso de los no estudiantes del libro bíblico.

El personaje de Judas es famoso (c)encarna la amistad traicionada: «Amico, por eso estás aquí" (Mt 26,50), Estas son las palabras que Jesús dirige al traidor tras recibir su beso. Quedándose con los Evangelios, no se puede olvidar la amistad de Jesús por la familia de Betania: marzo, Maria y Lazzaro. Cuando muera Jesús dirá: "Lázaro, nuestro amigo, el se quedó dormido; pero voy a despertarlo" (Juan 11,11). Así como la reputación de un amigo de publicanos y pecadores que llevó a Jesús a no ser del agrado de las autoridades..

Hay muchas expresiones bíblicas. refiriéndose a la amistad, especialmente en los libros de sabiduría. Aquí hay dos menciones entre muchas:

“Un amigo fiel es medicina que da vida:
los que temen al Señor lo encontrarán”. (señor 6, 16).

“Un amigo fiel es un refugio seguro:
quien lo encuentra, encuentra un tesoro" (señor 6,14).

Un dicho que se ha hecho famoso la que dice «quien encuentra un amigo encuentra un tesoro». Pero el primer personaje bíblico al que se hace referencia como amigo, nada menos que Dios, fue abraham. El profeta Isaías lo llamó así: "Pero usted, Israel, mi sirviente, tu jacob, he elegido, descendiente de abraham, mi amigo" (Es 41,8). El libro de Daniel se hace eco de esto.: «No retires de nosotros tu misericordia, por el bien de abraham, tu amigo, de isaac, tu siervo, de Israel, tu santo" (3,35) y el segundo libro de Crónicas: “No te fuiste, Nuestro Dios, los habitantes de esta tierra delante de tu pueblo Israel y no la has dado para siempre a la descendencia de tu amigo Abraham?» (20,7). Hasta el segundo testamento donde encontramos en la carta de Santiago: «Y se cumplió la Escritura que dice: Abramo creyó a Dios y le fue contado por justicia, y fue llamado amigo de Dios" (2,23).

Y si el Autor de la carta de Santiago insistió en que las acciones de Abraham calificaban su fe, en el otro Pablo de Tarso invirtió la medalla, en Romanos, anteponiendo la fe de Abraham a sus obras y por esto y solo por esto fue justificado.

Aquí no queremos abordar el arduo y complejo tema de la justificación y la gracia perteneciente a la teología. Pero simplemente queremos declinar cómo la historia bíblica nos habla de la relación entre Dios y Abraham. que clase de amistad era? Abraham merecía esta relación en particular? siempre te correspondió? Me parece un tema interesante dado que se ha convertido en la vestidura del don de la vida divina al hombre de fe y de la gracia que salva. Sin dejar de lado el hecho de que Abraham es considerado el padre de las tres grandes religiones monoteístas., incluso si a algunos les resulta difícil definir el cristianismo como un monoteísmo.

Porque la Biblia prefiere narrar que exponer teorías, intentaremos rastrear las historias de los acontecimientos de Abraham para comprender esta relación de amistad y comprender al final que Abraham no estaba tan lejos de nosotros., de nuestras expectativas y emociones, desde nuestros puntos de vista que parecen inquebrantables y que son puestos a prueba por peticiones y promesas divinas que no son inmediatamente reveladas.

Hay un episodio en la historia de Abraham narrado en el libro de Génesis (18, 25-32) que parece destacar más que otros, más que la misma llamada, la especial relación de amistad entre él y Dios, y es la historia de la negociación sobre la destrucción de la ciudad de Sodoma. A Dios que ya había decidido el destino de la ciudad, Abraham le señala la posible presencia de justos en ella. Y de diez a diez para bajar logra arrebatarle un pedacito a la benevolencia de Dios. Este episodio destaca una característica del patriarca que se repite varias veces en las historias., o su indiscutible capacidad de negociación. es un pozo, de división territorial, de tierra para la tumba de su esposa Sara, de como encontrar esposa para Isaac su hijo o del mismo Dios, como en el caso anterior, Abrahán es imbatible.

Un poco menos, mucho menos, cuando se trata de tener fe en las palabras divinas y esto parece increíble por todo lo que normalmente se piensa de él. Pero a Dios no parece importarle. Al igual que los verdaderos amigos lo hacen.

Incluso la exégesis rabínica miró con buenos ojos la habilidad abrahámica para tratar, cuando se trata de salvar a la gente. Los maestros de la Torá, de hecho, no han otorgado igual benevolencia a otro famoso patriarca, Noé, quien recibió la orden de construir un arca debido al diluvio inminente. Estos, a diferencia de abraham, no hizo nada para frustrar el propósito destructivo.[2] Noé fue un hombre obediente que no hizo preguntas, "caminó con Dios" (Gen 6,9) pero no estableció ninguna relación con él, tal vez por el final de todo lo que estaba por venir. Con Abraham que "caminó delante de Dios" (Gen 17, 1) fue requerido, en cambio una relación activa, paciente y amable.

Y la paciencia con Abraham debe tener mucho. Un lector moderno del texto bíblico se sorprendería al encontrar algunas características embarazosas en la vida del patriarca.. Estos actúan como un contrapeso a las habilidades de mediación obvias ya mencionadas., a que es un experto en armas y guerra de guerrillas (Gen 14, 14-16), de hombres y alianzas (Gen 17, 17-24) y capaz empresario del mundo antiguo (Gen 24, 34-35).

Sin embargo, las primeras palabras de Abraham en la Biblia, inmediatamente después de la llamada de Dios, ellos hablan una mentira, dejando pasar a sarah, a los ojos del faraón egipcio, como una hermana en lugar de una esposa[3]. Un episodio que se repetirá luego con otro rey (gorra. 20). A pesar de la repetida promesa divina de que seguramente tendrá descendencia, estarán de acuerdo, más allá, sobre la intención de Sara de tener un hijo con la esclava Agar; pero cuando las dos mujeres entren en conflicto, él la echará al desierto, de mala gana, con solo una hogaza de pan y un odre de agua. Cuando con su hijo Isaac subirá al monte Moriah, lugar de su sacrificio, cargará la leña sobre los hombros de su hijo. Que padre hubiera hecho esto sabiendo que destino le iba a tocar?

pero abraham, justamente, se le recuerda sobre todo por su fe: “Él creyó al Señor, quien se lo acreditó como justicia" (Gen 15, 6). Pero esta fe evidentemente tenía que crecer y madurar, pasando por pruebas importantes, además de que fue una palabra y una promesa divina lo que la suscitó, recordado una y otra vez.

En el Libro de Génesis (cf.. 12) Dios habló primero a Abraham. La expresión usada en hebreo, a los psicoanalistas les gustó mucho: Ir (jugar el juego) “Ir por ti” o “Ir hacia ti”[4]. una nueva palabra, personal, dirigida a Abraham hijo de Terak, lo invitó a dejar a su padre e ir a una tierra para convertirse en una nación bendecida. Activar, pero como suele pasar, el entusiasmo se perdió en el camino. el viaje fue agotador, en etapas, gente hostil e, sobre todo, que descendencia hubiera podido tener si no viniera un hijo? Así es como, quieres para las dificultades, quieres para la edad avanzada, él satisfecho. Después de todo, el hijo del esclavo, ismael, ya era algo. Entonces, en un momento, Abraham espetó ante Dios: «Si al menos Ismael pudiera vivir frente a ti!» (Gen 17, 18). Hasta la enésima promesa de un hijo suyo, Abraham y Sarah se echaron a reír.. Abraham incluso se dobló de risa (Gen 17, 17).

Pero aquí está el giro. Sara ciertamente le dio un hijo a Abraham: isaac, el prometido. Pero, ¿qué amigo te da tal regalo?: isaac, del hebreo isaac literalmente “el hijo que ríe, que provoca la risa, que te puedes burlar y ridiculizar[5]? Que por esto mismo se hizo causa de la remoción del otro hijo, ismael, que no tenia fallas?

Abraham se quedó sin palabras ante el nacimiento de su hijo, ya que el texto contiene solo las palabras de Sarah, que hablaba de risas y risas. ¿Quién es este hijo que su amigo Dios ha enviado?? Debemos aceptar este regalo.? porque isaac, entre todos los patriarcas bíblicos y sui generis. Nunca tuvo el papel de protagonista e inmediatamente apareció desprovisto de personalidad propia.. Ni siquiera pudo encontrar a su esposa por sí mismo y este, rebeca, cuando finalmente lo vio de cerca, se cayó del camello. No es sorprendente que varios comentaristas, tanto judíos como cristianos, señalaron que es posible que Isaac no haya sido un hijo perfecto, desactivado, hijo autista de un padre anciano[6]. Imaginemos los sentimientos de Abraham si este fuera el cumplimiento de la promesa. Cómo aceptar todo esto?

Es en este punto que la narración bíblica nos presenta uno de los episodios más fascinantes y dramáticos de toda su literatura. La historia del sacrificio o más bien de la akda (aqedá, sobre la conexión) de isaac en el capítulo 22. Un episodio que ha inspirado a artistas y comentaristas desde la antigüedad hasta nuestros días. No es posible contabilizarlo aquí., pero podemos proponer una interpretación que está bien ligada con lo dicho hasta ahora sobre la relación entre Dios y Abraham.

En primer lugar, fue un nuevo comienzo.. Volvamos al verso. 2 lo mismo "jugar el juego" (va por ti, hacia ti) del capítulo 12. De nuevo un ir hacia uno mismo. Pero esta vez la promesa se hizo realidad., inesperadamente. ¿Adónde debe ir Abraham?? La subida al monte Morìa, con solo diálogo sobre un carnero para encontrar, es desgarrador. A pesar del resultado al final feliz, el episodio conservará su tragedia: en el silencio que cae durante el regreso a casa de los dos, en la falta de júbilo o alegría, en la posterior separación física entre padre e hijo y en la muerte de Sara que un Midrash (midrash)[7] se deduce del hecho de que ella llegó a saber lo que estaba a punto de suceder en la montaña.

entonces que habia pasado? Que Abraham fue llamado a aceptar la promesa de Dios, en la persona de isaac, hijo imperfecto. A causa de esto, su fe fue probada y fue fortalecida. El amigo finalmente había entendido lo que se le había pedido desde el principio., aunque inesperado y lejos de sus prerrogativas y características psicológicas. Pero Abraham fue hacia él., abrirse a un nuevo yo y al tú del hijo finalmente disuelto y dejado libre para ir.

Alguien, muchos siglos después diría: "Dios elige lo que es débil en el mundo" (1Cor 1,27). Esto es probablemente lo que la fe de Abraham tuvo que entender dramáticamente: acoger la promesa en la frágil persona de Isaac. Solo cuando comprenda elegirá para Isaac una mujer con la que consolarse por la muerte de su madre, él le otorgará todo su bien, lo protegerá de posibles competidores y morirá "saciado de días" enterrado por sus hijos Isaac e Ismael finalmente reunidos (Gen 25,9).

La historia de Abraham y Dios se puede leer de muchas maneras. La Biblia más allá de las implicaciones que se refieren a la fe y que pasando por San Pablo y Santiago antes mencionadas han llegado hasta nuestros días., La Ley como historia de amistad. Con todos sus tonos y variaciones, ya que Abraham sigue siendo un hombre con su personalidad hecha de límites y grandeza. Esta famosa historia bíblica nos dice que ser amigos definitivamente no es una disminución o una sustracción de la relación de fe., porque pide condescendencia, complicidad y espera cuando, por ejemplo, un amigo esta en problemas. No es por casualidad, mucho después de la historia de Abraham en Génesis, una de las más bellas expresiones que encontramos en la Escritura respecto a la relación entre el mensajero de Dios, Gesù, y quien lo seguía era: "Te llamé amigos" (Juan 15, 15).

de la ermita, 17 Junio 2023

 

Notas

[1] norte. freír, Gran código, biblia y literatura, 1981 (tradicional. ella.: Einaudi, 1986)

[2] El paralelo entre el diluvio y la destrucción de Sodoma ha sido captado por muchos. esto es destrucción total. Solo se salva una familia en ambos casos. La presencia de relaciones incestuosas en los dos relatos, de donde surgieron las tribus no judías (Cananeos de Cam, hijo de Noé y moabitas y amonitas de las hijas de Lot).

[3] Incluso si es verdad, porque eran hijos del mismo padre, pero de diferentes madres.

[4] Asimismo, se le ordena a Noé que haga un arca de ciprés “para ti” (Gen 6, 14)

[5] la raiz del nombre (zade/chet/qof) con estos sentidos, comparar 179 tiempos en la Biblia mencionados 112 tiempos referidos a Isaac en Génesis

[6] Marmorini G., isaac, el hijo imperfecto, Claudiana 2018; Baharier H., Génesis explicado por mi hija, Milano 2015

[7] Nd.R. Midrash, del hebreo Midrash, término que indica un método de exégesis bíblica de la tradición judía

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Las malas palabras del cura, los latinismos de los nuevos cat-kaifans aquejados de analfabetismo doctrinal y la risa del viejo cardenal desencantado

LAS PALABRAS DEL SACERDOTE, LOS LATINISMOS DE LAS NOVELAS CATTO-KAIFANI AFECTADOS POR EL ANALFABETISMO DOCTRINAL Y LAS RISAS DEL VIEJO CARDENAL DESENCANTADO

 

“Un buen sacerdote con un corazón verdaderamente sacerdotal puede ser reconocido incluso por malas palabras. Solo un verdadero hombre de Dios puede jurar palabras con sincera pureza de corazón sin ser vulgar. Gracias por las risas que me diste, en estos días lo necesitamos desesperadamente".

- Noticias eclesiales -

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El técnico que se encarga del montaje está fuera de Italia, la lectura de audio de los artículos se insertará a finales de septiembre

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Después de algún tiempo un Cardenal con décadas de vida pasada en la Curia Romana me confió que hace años una carta firmada por varios “católicos integrales” llegó al Vaticano y recorrió todas las oficinas de esa sección de la Secretaría de Estado, haciendo que los monseñores se rieran a carcajadas mientras pasaban entre ellos de escritorio en escritorio. El objeto de la protesta era yo., presentado como un sacerdote muy indigno porque era culpable de escandalizar a los fieles inmaculados usando a veces palabras coloridas que no se ajustaban a un ministro sagrado. Por esto me invocaron severas sanciones canónicas. Los portadores de la petición fueron aquellos personajes que siempre nos han sido conocidos a los sacerdotes., los dotados de tal vocación en el harapo de sus túnicas que Kaifa aparece enojado ante el Sanedrín como un novicio novicio.

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estos caracteres se sienten ante todo nobles soldados colocados como alabarderos en defensa de la verdadera tradición católica y de la más rígida moral sexual aplicada siempre y con rigor a los demás, nunca a ellos mismos y menos a sus hijos, hijas y nietos, sólo a los hijos y nietos de otros. Para ellos la Iglesia nació repentinamente en 1570 con el Misal Romano promulgado por el Santo Pontífice Pío V, de la que saltan directamente a principios del siglo XX, al pontificado del Santo Pontífice Pío X, el que condenó ese Modernismo tembloroso que los Alabarderos conocen del mismo modo que el latín del misal tridentino.

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Los alabarderos tienen tres juegos.: latín, Santo Tomás de Aquino y la lucha contra el Modernismo. En cuanto al latín solo mencionaré que hace años, sacar copiosamente de mear a los miembros de un círculo de los llamados e impropiamente llamados "tradicionalistas", Le canté en la métrica del prefacio gregoriano la Poesía del gorrión de Valerio Cayo Catulo, diciendo finalmente: «Esta sí que es una liturgia sagrada, algo quel mesalaccio por Annibale Bugnini aprobado por el improvisado Santo Pontífice Pablo VI!» [cf.. ver AQUI]. Y todos coincidieron conmigo disfrutando desde el séptimo cielo. Ahora bien, por inusual que parezca, debes saber que incluso yo estoy dotado de un sentido común de modestia, para ello evité añadir el canto de alguna colección, tomando del catuliano carmina algunos manjares del tipo:

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«Te morderé y entraré, Aurelius paticamente y Cinaede Furi, quien se creia que yo era de mis versos, porque son suaves, un poco modesto»¹.

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pero si lo hiciera los Halberdiers habrían confirmado además que sí, que era el idioma de los ángeles que desde los bancos más allá de la balaustrada del altar te lleva directo al Cielo, no gracias a los misterios sagrados, pero gracias a la magia Latinorum un fin en sí mismo. Por eso me limité a la Poesía del gorrión hecha prefacio, evitando convertir en colecciones ciertos carminas lujuriosos., que por supuesto me sé de memoria desde los días de la escuela secundaria clásica.

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Segue San Tommaso d’Aquino, que estos alabarderos conocen de la misma manera que el latín del Misal Tridentino, incapaz de entender que el Doctor Angélicus y El doctor communis habla de los misterios de la fe y proporciona un método especulativo eficaz y aún insuperable, pero ni su método ni su extraordinaria producción constituyen en sí mismas verdades inmutables de la fe. Vamos a tomar un ejemplo entre muchos: hoy la doctrina católica enseña que el alma es insuflada en el ser vivo desde el momento de la concepción. L'Aquinate, que siguió el método especulativo de Aristóteles, argumenta que en el curso del crecimiento del feto se desarrollan en sucesión: primero un alma vegetativa, entonces un alma sensible, por fin, cuando el desarrollo es adecuado para recibir el alma intelectual, esto es infundido directamente por Dios en el tercer mes de embarazo [cf.. Summa Theologiae yo q. 118 a. 2 a 2].

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Tomás de Aquino tenía una idea diferente también en cuanto a la inmaculada concepción de la Santísima Virgen María, creyendo que no nació sin pecado original sino que poco después de su concepción recibió una santificación extraordinaria en su alma que canceló el pecado original [cf.. Summa Theologiae IIIa, q. 27, a. 3 a 3]. Entiendes bien que entre concepción sin pecado original y cancelación del pecado original, la diferencia no es meramente semántica, pero precisamente sustancialmente teológica.

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igualmente único la forma en que los Alabarderos justifican el hecho de que el genio y la ciencia del mismísimo pagano Aristóteles están en la base del método especulativo de Tomás de Aquino. Pronto empaquetado y respondido: Aristóteles era de hecho un cristiano, habiendo percibido siglos antes, incluso sin darte cuenta, el misterio de la encarnación del Verbo de Dios. Esta es una afirmación tan estúpida como ilógica que empezó a circular en los ámbitos de la neoescolástica decadente de finales del siglo XIX.. Los loros de la tradición no especificada que hoy la repiten y la propagan como verdad de fe, ni siquiera se dan cuenta de que de esta manera están definiendo a Aristóteles como un "cristiano anónimo", según la controvertida y peligrosa teoría de Karl Rahner, otro enemigo jurado de ellos, aunque no saben ni el titulo de sus principales obras. poco importa, porque la cultura católica y teológica del Alabardero de verdadera y pura tradición se basa en un castillo de “se dice que…”.

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Finalmente, el espectro maligno del Modernismo, de la que hablan los Alabarderos partiendo de un total desconocimiento, así como un espíritu crítico. Luego, si son apoyados por un sacerdote desquiciado, excomulgado y destituido del estado clerical, pronto se hace daño irreparable. No todas las medidas que siguieron a la Encíclica Alimentación de las ovejas de Domingo del Santo Pontífice Pío X no fueron en modo alguno previsores, por el contrario, favorecieron en parte el desarrollo de un peligroso Modernismo reactivo, por otro, cristalizaron la especulación teológica en cuatro fórmulas anquilosadas y rancias de neoescolástica decadente, evitando efectivamente que los teólogos especulen fuera de esas cuatro fórmulas escleróticas e intangibles. Esto mientras en el otro lado, los protestantes, realizaron estudios muy profundos sobre las ciencias bíblicas y la exégesis, que décadas después nos vimos obligados a compensar, después de estar paralizado durante décadas en esas cuatro fórmulas escleróticas e intangibles que componían la lucha fallida del Santo Pontífice Pío X -o más bien quién para él- contra el Modernismo, que en retrospectiva podemos afirmar que efectivamente fue condenada y opuesta, pero de una manera completamente diferente, no en la forma estrecha de miras que a menudo se adoptaba.

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Entre los muchos eruditos protestantes Cito como ejemplo el gran comentario a la Carta a los Romanos del teólogo Carlos Barth, que aún permanece insuperable en el contexto de la exégesis novo testamentaria y a la que todos debemos necesariamente referirnos.

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No podemos hablar de Modernismo si no sabéis y no os conmueve la honestidad consciente de que nació y se desarrolló como un pensamiento reactivo en el seno de una Iglesia que durante todo el siglo XIX estuvo envuelta en cuestiones de carácter puramente político -sin duda justificadas por la historia y de los acontecimientos de aquellos años que siguieron a la Revolución Francesa -, mientras la teología católica languidecía y se estancaba en formas de verdadera ignorancia. Entonces no se puede hablar de Modernismo si no se parte de un hecho: el francés Alfred Firmín Loisy e italiano ernesto buonaiuti son dos figuras a contar entre los pensadores más brillantes del siglo XX. Solo los analfabetos fanáticos o algún sacerdote desquiciado pueden tratarlos con suficiencia herética desde lo alto de su total falta de conocimiento.. Y concluyo especificando, para ser justos, que por la Santa Madre Iglesia Ernesto Buonaiuti fue tratado con una falta tan feroz de caridad cristiana que realmente clama al cielo, les guste o no a los Alabarderos luchando contra el espectro de ese Modernismo que no conocen y del que el Santo Pontífice Pío X, quien con razón y prudencia lo condenó, al mismo tiempo favoreció su desarrollo y difusión gracias a medidas y acciones represivas que fueron todo menos previsoras. Pero estoy preparando un libro sobre este tema tan complejo y articulado., si no me rompo primero.

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Tal vez el Cardenal mi interlocutor quería reír más, por esto lo he oído empezar diciendo: Es verdad, eminencia, digo malas palabras, Pobre de mí! A veces también digo muchos y algún católico o católico de la sacristía lúgubre me reprocha lo de los modernos social media, por el contrario, reconozco que han protestado escribiéndote también, lo que me dice. Algunos de estos incluso me han dicho que soy demasiado explícito., por ejemplo en las referencias -en mi opinión completamente naturales y científicas- a la sexualidad humana, porque dicen que debo usar eufemismos, por ejemplo algunas terminologías latinas, términos no muy explícitos. Y, como se conoce, El latín es terriblemente atractivo para todos aquellos que no lo conocen., porque hace mucho elegante.

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eminencia, el problema no es latino, eso lo sé. El problema es quien no sabe latin. Dejame explicar: en lo que a mí respecta, también puedo desdibujarme diciendo "te has roto el cerebro!». Pero si no traduzco que esto literalmente significa "te rompiste la verga", quien entiende esta noble expresión ciceroniana en espléndido latín?

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El cardenal empieza a reír. como no se atrevió a hacerlo ni en su momento, joven monseñor de la curia que era, en los años ochenta vio la película Il Marchese del Grillo junto con Juan Pablo II y otros prelados. que Juan Pablo II, a lo que se refiere el mismo Cardenal en caritatis cámara, al parecer comentó sobre la película diciendo que el director y guionista había entendido todo sobre la Roma papal.

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dejo que el cardenal termine su risa y yo sigo: a veces los sacerdotes somos como ciertos médicos cariñosos del seguro de salud, que recetó la receta que le dicen al pobre ignorante sin educación: “Estos óvulos deben tomarse pro rectale via». error muy grave! Porque en ese punto de las dos: o que al paciente se le dice claramente que el ovulo debe ser empujado en el ano, o acabará siendo llevado a urgencias después de haber tragado ovulos durante un mes por tragarlos con un vaso de agua.

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¿Por qué ciertas orejas recatadas y delicadas tanto añoran esos latinismos que no entienden? Quizá porque quieren que la Iglesia utilice fórmulas mágicas que cuanto más incomprensibles sean más eficaces serán? Te lo explico porque añoran los latinismos: porque nunca han sido confesores, para empezar. ¿O crees que se presentaron santos confesores como San Leopoldo Mandic y San Pio da Pietrelcina?, arrepentirse y arrepentirse, libertinos y mujeres de fácil virtud para hablar de felación, cunnilingus, comercio de animales, fornicación contra natura, intrusión, olfato …

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trata de imaginar un hombre que confiesa haber tenido relaciones sexuales con otro hombre, hoy esta tan de moda, de hecho es una tendencia, hasta el punto de que ya no es pecado sino una alta expresión de amor (!?). Sobre todo, trata de imaginarme, confesor, que cumplir lo que exigen ciertos católicos y católicos de oídos delicados y por lo tanto anhelantes de latinismos, Empiezo a hablarle al penitente así:

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«… tomarías en tu mano la tumba de otro hombre, y tu otro en el suyo, y así agitar alternativamente las varillas con las manos, para que por medio de ese placer arrojaras la semilla de ti mismo? Si lo hiciste, treinta días de penitencia a pan y agua!»².

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El cardenal anciano en ese momento casi se cae de la silla debajo de la mesa, a medida que avanzaba: … en conclusión, eminencia, También puedo hacer felices a los que anhelan escuchar latinismos, tambien le puedo decir pro via rectale, solo para tragarse los ovulos durante un mes entero en vez de metérselos por el culo. También puedo responder a algunos autodenominados católicos que son muy arrogantes e irreverentes con nosotros los sacerdotes soltando «Tas. Maxioma cerebro loco!». Después, quien le explica que le acabo de decir "cállate pendejo"? O tal vez creen que pueden traducir las terminologías de una antigua lengua muerta con el motor de búsqueda. Google?

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El Cardenal sonríe desde lo alto de sus ochenta años que ya pasaron, durante el cual vio todo y más en la Iglesia, incluyendo ejércitos de fariseos, Pelagianos y puritanos llenos de vicios privados y propagadores de las más rígidas virtudes públicas siempre reivindicadas y con rigor en la piel de los demás. Finalmente diciéndome en un tono tierno y paternal:

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“Un buen sacerdote con un corazón verdaderamente sacerdotal puede ser reconocido incluso por malas palabras. Solo un verdadero hombre de Dios puede jurar palabras con sincera pureza de corazón sin ser vulgar. Gracias por las risas que me diste, en estos días lo necesitamos desesperadamente".

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Sí, lo necesitamos, porque tener que elegir si llorar o reír, en fin siempre es mejor reir con la santa ironia de la fe. Y para concluir con una risa.. Sucedió que burlones e irreverentes muchachos toscanos con ganas de bromas llaman al Convento de los Frailes Menores Capuchinos en Florencia, haciendo su debut:

«… pronto? Escuche al padre y tenemos du’ putas y un si tu sabes que hacer, te los podemos enviar?».

El capuchino responde serio al otro lado del teléfono.:

"...' oh Hijo, tenemos dieciséis aquí, con du 'sole putas' que tu lo hacemos, un poco ni siquiera una mierda suave!».

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Y estamos hablando de los mitos capuchinos y seráficos, imagínense lo que habrían respondido si hubieran llamado al Convento de aquellos Pitt Bull de los dominicanos.

Desde la isla de Patmos, 4 Septiembre 2022

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NOTAS

¹ Ver. catullo (Carme 16) traducción del latín clásico: “Te lo voy a meter por el culo y luego a tu boca, aurelio hijo de puta y furio hinojo destrozado, que por mis versos (poético) tierno y amable, pensaste que soy un desastre".

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² De una antigua colección de Penitencias Tarifadas, traducción del latín medieval: “Tomaste la polla de otro hombre y él tomó la tuya, después, De este modo, jugabas con tus respectivas pollas a través de tus manos, hasta eyacular de placer? Si lo hiciste, Te impongo treinta días a pan y agua como penitencia”.

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EN DISTRIBUCION EL ÚLTIMO LIBRO DE ARIEL S. LEVI DI GUALDO – PARA ACCEDER A LA LIBRERÍA CLICAR SOBRE LA PORTADA

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Los Padres de la Isla de Patmos

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Se distribuye “La tristeza de amor”, último trabajo editorial de Ariel S. Levi di Gualdo dedicado a la memoria del cardenal Carlo Caffarra

ESTA EN DISTRIBUCION LA TRISTEZA DEL AMOR, ÚLTIMO TRABAJO EDITORIAL DE ARIEL S. LEVI di GUALDO DEDICADA A LA MEMORIA DEL CARDENAL CARLO CAFFARRA

 

«Quienes nos formamos en el campo teológico en las páginas del reciente magisterio supremo de los Pontífices Pío XII, Pablo VI, Juan Pablo II, atesorando las grandes homiléticas de Benedicto XVI, digno de los sermones del Santo Pontífice Gregorio Magno, leer ciertos documentos recientes o escuchar ciertos sermones diarios de un sacerdote rural desaparecido, razonablemente se puede llegar a decir que de las águilas reales hemos pasado a los pollos de cría intensiva en batería”.

- Noticias editoriales -

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Autor:
Jorge Facio Lince
Presidente de Ediciones La isla de Patmos

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para acceder a la librería pincha en la portada del libro

El 6 Septiembre es el quinto aniversario de la muerte del cardenal Carlo Caffarra que en 1981 recibió el encargo del Santo Pontífice Juan Pablo II de fundar el Instituto de estudios sobre el matrimonio y la familia. La obra del Padre Ariel S. Levi di Gualdo es un examen crítico de la Amoris Laetitia en relación con Vida humana. Acerca de Amoris Laetitia el autor escribe:

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"Después de la clausura del Sínodo sobre la familia, el vientre del elefante dio a luz a 19 marzo 2016 el ratón de campo de la Exhortación Apostólica postsinodal Amoris Laetitia, un dispositivo de ambigüedad construido sobre lo dicho y lo no dicho, en oraciones bidireccionales ambiguas, sentimentalismo emocional y muchos sociologismos que de hecho decretan la muerte de lo que durante siglos ha sido el lenguaje preciso, decisivo e inequívoco del Magisterio de la Iglesia sustentado en los más sólidos y claros principios de la metafísica clásica, colocado durante mucho tiempo en el desván para dejar sitio al decadente romanticismo alemán y al corazoncito que late y que mira a lo inmediato de su propio "yo" subjetivo más que al futuro y a Dios. Quienes nos formamos en el campo teológico en las páginas del reciente magisterio supremo de los Pontífices Pío XII, Pablo VI, Juan Pablo II, atesorando las grandes homiléticas de Benedicto XVI, digno de los sermones del Santo Pontífice Gregorio Magno, leer ciertos documentos recientes o escuchar ciertos sermones diarios de un sacerdote rural desaparecido, se puede decir razonablemente que desde águilas reales hasta gallinas de crianza intensiva en batería, como ha sucedido a veces en intervalos cíclicos en la historia de la Iglesia, incluso si nunca en los niveles sombríos de nuestros tiempos […] Algunos superficiales podrían malinterpretar, de buena o incluso mala fe, objetando que en estas páginas he abordado severas críticas a una Exhortación Apostólica dada por el Romano Pontífice. Cualquiera que me acuse de esto estaría en un grave error., porque no critico una norma dada en absoluto, ante lo cual guardaría silencio y cumpliría las disposiciones del supremo magisterio. Lo crítico es una norma no revelada y preguntas que nunca han sido respondidas., dejando todo envuelto en la ambiguedad. Este es el objeto de mi crítica.: la falta de una norma junto con la falta de claridad y respuesta. El fiel servidor de la Iglesia razona, debate y critica siempre que se le permite. Después de que la Iglesia ha hablado, su trabajo es llevar a cabo y transmitir las enseñanzas y mantener las normas dadas., a no ser que se cree escándalo en el Pueblo de Dios y fracturas de la comunión eclesial. Ninguno, Sacerdote católico o laico que lo que sea, él puede estar en desacuerdo y sustituir sus propias opiniones personales por la autoridad de la Iglesia, Los teólogos alemanes se ocupan de esto, siempre ha sido su prerrogativa e privilegio pontificio».

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Es bien conocido y conocido cuanto el padre Ariel es un pensador, un analista y un teólogo que deja su huella cuando rasca. Y quien se lleva el scratch, generalmente tiene dos posibilidades: o guardarlo y tratar la herida, o se encuentran en serias dificultades para negar lo que escribió verdadero e indiscutible. Esta es la razón por la que ha sucedido con el tiempo varias veces., varias personas que se han sentido heridas por sus palabras o sus reproches, no pudiendo negarlo ni queriendo debatir el fondo de las cuestiones precisas planteadas, se adhirieron a la forma expresiva, que en el caso de este escritor es a menudo irónico, a veces incluso colorido. Pero por otro lado se sabe: así actuaron ya en el tiempo los fariseos.

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Discutiendo el delicado tema de Vida humana el Autor se sitúa en el medio en un punto de equilibrio entre quienes quisieran relativizarlo y quienes preferirían "dogmatizar un preservativo encerrando en él la moral católica y todo el misterio del mal".. Al respecto precisa:

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“Deseo aclarar desde el comienzo de mi exposición que nunca he estado en cierto tipo de pensamientos y juegos perversos, ni pretendo estar allí como hombre y como católico., como sacerdote y como teólogo. Este libro pretende ser una prueba clara y objetiva de ello en una crítica abierta dirigida tanto a quienes quisieran aplicar a la Iglesia la falta de sentido moral del mundo como su sexualidad desordenada y revoltosa., tanto a los que están animados por esas formas de oscuro moralismo que nada tienen que ver con la sana y auténtica moral católica, justo en la más importante de las virtudes teologales: la caridad (cf.. I Cor 13), ciertamente no en el principio de La ley suprema es el error supremo (la justicia suprema a menudo equivale a la injusticia suprema). Y la verdad se basa en la caridad, mientras que la caridad es tal si se rige por la verdad (cf.. Caridad en la verdad). Porque es por la caridad que seremos juzgados por Dios”.

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Desde la isla de Patmos, 30 Agosto 2022

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Los Padres de la Isla de Patmos

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El arzobispo Vincenzo Paglia no es simplemente el “hermano idiota” de Don Abbondio sino la ramera de Babilonia arrodillada ante el Príncipe de este mundo

EL ARZOBISPO VINCENZO PAGLIA NO ES SIMPLEMENTE EL HERMANO IDIOTA DE DON ABBONDIO SINO EL MERETRICE DE BABILONIA GENÚL ANTE EL PRÍNCIPE DE ESTE MUNDO

 

“La primera condición para que termine el eclipse de los valores tradicionales y para que el catolicismo salga de su crisis es que la Iglesia retome su función, que no se conforma al mundo, pero contrarrestarlo" (augusto del noce, 1971)

- Actualidad -

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las palabras textuales de S.E.. Mons. Vincenzo Paglia, Haga clic en la imagen para abrir el video

del arzobispo Vincenzo Paglia Ya me he ocupado de epitetizarlo el hermano idiota de don abondio, hoy merece el titulo de ramera de Babilonia arrodillada en Príncipe de este mundo [cf.. Juan 14, 30]

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“Tenía escrito un nombre misterioso en su frente: “Babilonia la grande, madre de las rameras y de las abominaciones de la tierra"" [Ap 17, 5].

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Las declaraciones de este idiota en el sentido etimológico del término - del griego ἰδιώτης (idiotas) que significa "hombre particular" e indica la persona incompetente, inexpertos e ineptos: son de una gravedad sin precedentes, tanto más al cubrir el papel muy delicado de Presidente de la Academia Pontificia para la Vida. Recientemente participando en el programa. el techo caliente sobre el siniestro y políticamente correcto Rai Tre magnificó la ley 194 del 1978 sobre el aborto legalizado declarando: «Creo que ahora la Ley 194 es un pilar de nuestra vida social”. Después de escalar por 40 segundos en los espejos, a la seca pregunta del entrevistador que lo presionó: «Usted dice que la Ley no está en cuestión 194?». El idiota respondió: «En ningún, absolutamente... absolutamente!».

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Palabras en sí mismas ni siquiera comentables. frente a la cual viene a la mente una frase del filósofo Augusto Del Noce quien pintó nuestra situación actual al escribir estas proféticas palabras hace cuatro décadas:

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“La primera condición para que termine el eclipse de los valores tradicionales y para que el catolicismo salga de su crisis es que la Iglesia retome su función, que no se conforma al mundo, pero contrarrestarlo" [Puesta de sol o eclipse de valores tradicionales? Editore Rusconi, Iª edición. 1971]

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¿Puede un obispo complacer al mundo? con halagos similares, en lugar de oponerse a quienes proclaman el aborto como "derecho sacrosanto" y "gran logro social"? Se debe respetar a un obispo que es el legítimo sucesor de los Apóstoles y miembro del Sacro Colegio Apostólico, siempre, independientemente de sus debilidades, fragilidad y falta de méritos objetivos que pueden hacer de él un personaje incluso por debajo de la mediocridad. Como confesor y director espiritual de numerosos sacerdotes, he escuchado a menudo las quejas de varios cohermanos que me explicaban que su obispo era un idiota emérito.. Y tenían razón, porque tal fue en los desastrosos hechos concretos. Y a todos ellos siempre he contestado:

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«… Y a este imbécil emérito le debes respeto filial y devota obediencia, siempre y sin importar. Por lo tanto, trata de vivir la idiotez objetiva de tu obispo como una prueba de fe.. No puedes estimarlo, porque la estima no se le debe, si lo quiere tiene que ganárselo. Pero respeto y obediencia si, siempre se le debe y no puede en modo alguno ser cancelado de sus deméritos de los cuales en el momento oportuno tendrá que responder ante Dios como está escrito: “A todos se les dio mucho, mucho se le pedirá; al que encomendaron mucho, se requerirá mucho más”» [Lc 12, 48].

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Por un lado, recojo las quejas de los sacerdotes hacia sus obispos, por otro lado, las de varios obispos que ya no pueden hacer frente a ciertos sacerdotes. y los dos tienen razon. Por años ahora, a los sacerdotes que se quejaban de sus obispos poco amables, paternal o doctrinalmente brillante respondo: “Dentro de poco tiempo tú y tus hermanos lamentaréis a vuestro obispo con lágrimas en los ojos”. Frase repetida a decenas de sacerdotes a partir de 2017, cuando los máximos líderes de la Iglesia Católica traspasaron el umbral del no retorno al celebrar el 500 años de la pseudo-reforma de Martín Lutero, quien de ninguna manera fue un "reformador", como lo pinto La Civiltà Católica, ni un tema del que se pueda decir: “Creo que las intenciones de Martín Lutero no estaban equivocadas. Era un reformador". Porque el Sumo Pontífice Francisco definió en una diatriba improvisada en un avión a gran altura, este heresiarca diabólico que dio a luz a un cisma dramático, ciertamente no es una reforma. Eso fue hecho por el Concilio de Trento., no lutero. Hoy en día, los mismos sacerdotes, me escriben, me llaman o cara a cara me dicen: "Usted tenía razón, si pudiera tener al obispo anterior del que tanto me he quejado, no le besaría la mano sino los pies!».

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Extendí un velo misericordioso sobre los criterios para la selección de nuestros nuevos obispos bajo este augusto pontificado, todos con el pobre y el migrante en sus labios, tanto, que después de haber escuchado una, se escucharon todas las homilías episcopales pronunciadas de norte a sur., de este a oeste por los obispos italianos.

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Que los nuestros no son tiempos de “Aguilas doradas” está claro para cualquiera que tenga la más mínima luz de razón. Por eso vale la pena señalar la diferencia entre un obispo idiota al que siempre se debe respeto filial y obediencia devota., de un obispo reducido a una ramera de Babilonia arrodillado a las rodillas del Príncipe de este mundo. Al arzobispo Vincenzo Paglia se le debe pagar públicamente todo ese santo desprecio que cualquier creyente está obligado a derramar sobre lo que es malo y que como tal constituye un pecado grave, en el caso concreto el delito de aborto, regulado en nuestro país por una ley que no es en modo alguno un "pilar de nuestra vida social" sino el peor de los delitos legalizados perpetrados contra la vida. Por eso no debemos rendirle respeto filial y devota obediencia al arzobispo Vincenzo Paglia, porque, abusando del episcopado de la peor manera, expresó conceptos que contradicen la estructura de nuestra moral y nuestra ética, las cuales descansan ambas sobre los pilares del depósito de la fe católica. Sigue siendo un obispo legítimo con un importante y delicado oficio eclesiástico, esto está fuera de discusión. Con todo y esto, si es energía que implica ante todo la suprema custodia de la doctrina de la fe, la ejerce para negar sacrílegamente los fundamentos de la moral y la ética católicas, en ese caso no debe ser ni oído, ni obedecido ni seguido y menos respetado, sino más bien hecho objeto del santo desprecio cristiano.

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Vincenzo Paglia es una vergüenza del episcopado pertenecientes a esa nefasta categoría de personas hacia las que truenan las Sagradas Escrituras:

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«Conozco tus obras: no eres ni frio ni caliente. ¡Ojalá fueras frío o caliente!! Pero por cuanto eres tibio, no eres ni frío ni caliente, Yo te vomitaré de mi boca " [Ap 3, 15-16].

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Junto a Vincenzo Paglia todas las ambigüedades y duplicidades de este pontificado también son susceptibles de ser vomitadas por boca del Todopoderoso a lo que va el grave y objetivo demérito de haber incluido sujetos inmorales y manifiestamente heterodoxos en todos los más delicados puestos clave, corriendo así el riesgo de "[...] pasará a la historia como una búsqueda excéntrica de lo nuevo y lo sensacional como sustituto de la búsqueda de sentido, lo cual ha terminado por producir una confusión doctrinal y pastoral que nunca antes se había dado en la historia de la Iglesia”.

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Las últimas palabras con el que abro mi libro dedicado a la memoria del cardenal Carlo Caffarra que se distribuirá a principios de septiembre y que os invito a leer, solo para levantarte un poco, ganar confianza en que no todo está perdido y poder experimentarlo de primera mano en medio de tantos temibles conejos de carrera que están deconstruyendo los cimientos mismos de la doctrina católica, siempre hay también leones que aspiran a conquistar el premio de la vida eterna como única ambición profesional. Leoni que es bueno no ir a fastidiar con la palabra de reproche clerical enojado, porque muerden y desgarran, como debe y como conviene a los Leones de Dios puestos en custodia de la doctrina de la fe y de la salud de las almas de Christi fideles confiado a nosotros por el Redentor.

 

Desde la isla de Patmos, 28 Agosto 2022

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