La obra del diablo en la historia del hombre: La tentación como batalla diaria.
LA OBRA DEL DIABLO EN LA HISTORIA DEL HOMBRE: LA TENTAZIONE COME BATTAGLIA QUOTIDIANA
Ora la possessione diabolica, del cual incluso el Señor Jesús fue acusado es una acción extraordinaria, muy raro, de los cuales la Iglesia sigue un estricto procedimiento y reglas para su certificación. Ma l’azione ordinaria, quotidiana, del Demonio è la tentazione che arriva a colpire l’uomo sia nel corpo che nella psiche.
Tempo fa ho dedicato un articolo alla figura del Demonio, dopo che in Sicilia, nel febbraio di quest’anno, è stato compiuto un efferato delitto dove l’uccisore, per spiegare il suo gesto insano, si nascondeva dietro il motivo che in casa sua, nei suoi familiari, ci fosse questa oscura presenza (AQUI).
Ho continuato a riflettervi sopra e trovo sia prudente oltre che ragionevole aggiungere alcune parole sulla tentazione, che appare come la via ordinaria attraverso la quale Satana agisce fra gli uomini, ponendo inciampi, in virtù del suo essere lui per primo disobbediente e mentitore. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 395, questi viene definito come uno spirito dotato di una potenza limitata:
«La potenza di Satana però non è infinita. Egli non è che una creatura, potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura: non può impedire l’edificazione del regno di Dio. Sebbene Satana agisca nel mondo per odio contro Dio e il suo regno in Cristo Gesù, e sebbene la sua azione causi gravi danni – di natura spirituale e indirettamente anche di natura fisica – per ogni uomo e per la società, questa azione è permessa dalla divina provvidenza, la quale guida la storia dell’uomo e del mondo con forza e dolcezza. La permissione divina dell’attività diabolica è un grande mistero, ma «noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio (Rm 8,28)».
Ritengo sia giusto tornare a riflettere sul significato della tentazione, perché tale argomento sembra sparito dall’orizzonte della vita cristiana, de lo contrario, a veces, si cerca di sminuire la responsabilità personale in ordine al peccato. Quante volte abbiamo sentito pronunciare, a mo di burla, la celebre frase di Oscar Wilde: «Il modo migliore per liberarsi di una tentazione, è cedervi». Oppure di una nota frase di Gesù nel Vangelo si mantiene solo la prima parte: «Neanch’io ti condanno»; dimenticando che il testo prosegue con: "voluntad’ y de ahora en adelante no peques más ". O quando nel frasario quotidiano, a scusa di particolari peccati si suol dire: «La carne è debole».
Solo per accenno, avendo citato il celebre scrittore Oscar Wilde, vorrei ricordare che, nonostante i suoi trascorsi, le molte avventure omosessuali, egli mori da cattolico, dopo aver ricevuto da un sacerdote il Battesimo, l’assoluzione dai peccati el momento de la muerte e l’estrema unzione. Nella celebre lettera De profundis indirizzata a un suo amante, Oscar Wilde non smette un attimo di rimproverarsi le debolezze dimostrate in ogni occasione e pronuncia la frase: «Il Cattolicesimo è la sola religione in cui valga la pena di morire».
Sempre per allentare la responsabilità personale nel peccare, a volte si arriva, in ambito religioso, a dare l’intera colpa al Diavolo. Oppure si ricorre, fuori dall’orizzonte di fede, ai processi psicologici per cui l’essere umano, siccome è tale, soggetto a pulsioni e desideri che spesso risalgono all’infanzia, è esente dal peccato; egli può autoassolversi senza intermediari, arrivando perfino alla rimozione della colpa stessa, in barba ad ogni etica della responsabilità. Cosa questa nella quale è pioniera la Psicoanalisi freudiana.
Comprendere cosa sia la tentazione vuol dire capire proprio questa umana fragilità. In un contesto religioso e specificatamente cristiano, vediamo che questa umanità soggetta a caducità non è stata condannata da Dio, sino más bien, assunta da Verbo, la seconda persona della Santa Trinità, tanto che nel Credo si professa che Egli è: «Vero Dio e vero Uomo». Sappiamo infatti che Gesù stesso subì l’attacco della tentazione e portò la parola del perdono e della misericordia a tutti, lasciando la libertà all’uomo di poter anche disattendere questa proposta a proprio discapito.
Affrontare la tentazione per noi esseri umani vuol dire intraprendere una guerra che combattiamo di frequente. E ci viene incontro proprio l’esempio del Cristo che ingaggiò col Demonio una battaglia finale. Secondo il racconto dei Sinottici, alla manifestazione pubblica della messianicità di Gesù nel battesimo fa immediatamente seguito il conflitto con il Demonio, il cui apice è raggiunto dalla versione lucana della seconda tentazione:
"MI, conducendolo in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni dell’ecumene; e gli disse il Diavolo: “Ti darò tutta questa potenza e la loro gloria, perché a me è stata rimessa ed io la do a chi voglio; se tu dunque ti prostri davanti a me, sarà tutta tua”» (Lc 4, 5-6).
È una sfida mortale. Gesù non può contestare l’affermazione di potere del Demonio, ma vi oppone la fede in un’altra potenza. A chi più tardi, facendo eco alle parole del demonio, lo accuserà di essere lui stesso un indemoniato, Responderé:
«Ma se è con il dito di Dio che io scaccio i demoni, allora è giunto a voi il regno di Dio» (Lc 11, 20).
Ora la possessione diabolica, del cual incluso el Señor Jesús fue acusado es una acción extraordinaria, muy raro, de los cuales la Iglesia sigue un estricto procedimiento y reglas para su certificación. Ma l’azione ordinaria, quotidiana, del Demonio è la tentazione che arriva a colpire l’uomo sia nel corpo che nella psiche.
Come affermava il Catechismo su menzionato, per i disegni misteriosi di Dio, questa attività tentatrice seppur limitata, pure è permessa, evidentemente per un fine superiore. Potremmo dire, por el bien de las almas. La dinamica psicologica e spirituale della tentazione ha come fine il rovesciamento del reale rapporto fra noi e Dio. Il demonio facendoci apparire come buone cose che invece non lo sono, inducendoci al peccato, tenta di allontanarci dal Dio vivo e vero mettendo davanti ai nostri occhi realtà appetibili che sono in verità poveri idoli.
Queste dinamiche demoniache della tentazione le possiamo rintracciare nel primo libro biblico della Genesi. È lì che troviamo narrata la madre di ogni tentazione, nel capitolo terzo dell’opera. Il testo ci mostra come si muove una tentazione che va a scapito dell’uomo e del suo originario rapporto col Creatore.
Innanzitutto la tentazione, nel suo primo movimento, si frappone fra l’uomo e il progetto di Dio su di lui, fino a corromperlo.
«Il serpente […] disse alla donna: “Es cierto que Dios dijo: No comerás de ningún árbol del jardín.?"» (Gen 3, 1).
Il tentatore si insinua così nel rapporto fra la creatura ed il Creatore, iniziando a porre dei dubbi sotto forma di domanda in un contesto di dialogo. Avviene qui il primo cedimento, il tranello nel quale cade Eva, perché risponde. Tutti gli autori spirituali, sulla scorta del testo biblico, avvisano che non bisogna dialogare col demonio, bensì tacitarlo, impedendo che inneschi un eventuale sospetto. L’unica voce che dobbiamo ascoltare è quella di Dio.
La prossima mossa, o secondo movimento di ogni tentazione, consiste nello stravolgimento morale di un bene, facendolo percepire come l’opposto:
«Il serpente disse alla donna: “No morirás en absoluto! De lo Contrario, Dios sabe cuando te lo comiste, tus ojos se abrirían y serías como Dios, conoscendo il bene e il male”» (Gen 3, 4-5).
Una volta aperta una porta per il dialogo il Demonio non solo subdolamente si insinua e pone dubbi su Dio come pochi, ma stravolge il Suo insegnamento pervertendolo. È la fine della moralità e della ricerca del vero bene: far sembrare una scelta errata, un peccato, come la cosa più buona e ragionevole. Giunti a questo punto, come si può non cadere? Anzi tutto avviene con facilità. Perché il peccato ci è presentato come la via più vera e utile, salvo poi scoprire che invece è insidiosa e soprattutto ci allontana da Dio:
«Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, agradable a la vista y deseable para adquirir sabiduría; tomó de su fruto y comió, luego también le dio un poco a su marido, quien estaba con ella, y también se lo comió."(Gen 3,6).
Come si nota, uscire poi dal tunnel della tentazione, una volta imboccato, è difficile se non impossibile. Eppure all’inizio dicevamo che non siamo soggetti senza libertà e responsabilità. Anche se beni indispensabili vengono minati da una minaccia come quella demoniaca, abbiamo la capacità, se non il dovere, di opporci. I Santi ed i maestri dello spirito ci hanno indicato alcuni mezzi i quali, se non ci fanno evitare di essere tentati, ci fortificano, ci donano quegli anticorpi che ci rendono quasi inattaccabili. Accennavo prima a non dare spazio al dialogo col demonio, che può essere, por ejemplo, interno, nei nostri pensieri; e per fare questo occorre essere vigilanti.
Oración, sull’esempio di Gesù, aiuta molto nel non cadere nella tentazione. Essa ci allena alla vigilanza e ci prepara alle future difficoltà e lotte col demonio. Ma a volte è necessario anche fuggire dalla tentazione, come davanti ad un pericolo che ci sovrasta o che non possiamo controllare, un fuoco che divampa. I detti dei padri del deserto sono pieni di esempi di questo genere, quando erano tentati sulla loro fede genuina o sulla castità che avevano scelto. C’è un bellissimo quadro di Matthias Grünewald, conservato a Colmar in Francia, dove si vede il padre del deserto, Sant’Antonio abate, stiracchiato e assalito da ogni lato da bestie che rappresentano i demoni con le loro tentazioni. Ma non cede o demorde. Il resoconto delle battaglie di Sant’Antonio abate contro il demonio ci viene narrato in questi termini dal vescovo Atanasio di Alessandria che scrisse, avendolo conosciuto in vita, una biografia del santo anacoreta:
«Il posto sembrò esser sconquassato da un terremoto, ed i demoni, quasi abbattessero le quattro mura del ricovero sembravano penetrare attraverso esse, ed apparire in forma di bestie e di cose striscianti. Il posto si riempì improvvisamente di forme di leoni, orsi, leopardi, Mercado, serpenti, aspidi, scorpioni, ed ognuna di esse si muoveva in accordo alla sua natura».
Si è giustamente osservato che le prediche sui demoni costituiscono
«… un grandioso esempio di psicologia cristiana, in cui le intemperanze umane vengono descritte sotto forma di demoni richiamati dagli abissi dell’inconscio, una sorta di Freud ante litteram con la potenza di Dostoevskij.» (Louis Goosen, Dizionario dei santi, Mondadori, 2000).
Da quanto detto finora risulta evidente che, essendo l’umanità fragile, è facile per noi cedere al peccato in conseguenza di una tentazione. Eppure sappiamo da tutta la rivelazione che non possiamo essere tentati oltre le nostre capacità, che Dio è la nostra forza in qualsiasi circostanza. E se pure cadiamo, Dio ama l’uomo pentito e lo accoglie sempre nella sua grande bontà, come ci insegnano le parabole della misericordia che leggiamo nel Vangelo. Tanto che Gesù stesso ci chiede di imitarlo nel perdono del prossimo e di convertirci.
Cedere alla tentazione ed accettare passivamente il peccato non appare solo come un atto grave di irresponsabilità e immoralità; direi anche che è un atto contro la bellezza e il valore della dignità e libertà che Dio stesso ci ha donato. La sua grazia ed il suo amore, che ci ha rivelato nel corso della storia della salvezza e sommamente nel Cristo Signore nostro ci spingono a liberarci dai lacci della tentazione per vivere abitualmente nella virtù.
In una prossima puntata potremo analizzare meglio l’equipaggiamento dell’uomo virtuoso e quali armi abbiamo da Dio per combattere gli assalti demoniaci. mientras tanto, per smorzare un po’ i toni seriosi, vi lascio con un consiglio di lettura, il bel libro di C.S. Luis, Le lettere di berlicche. Questo libro è un racconto satirico in forma epistolare in cui un diavolo anziano, «sua potente Abissale Sublimità il Sottosegretario Berlicche», istruisce suo nipote Malacoda, un giovane diavolo apprendista tentatore. Berlicche consiglia Malacoda su come assicurare la dannazione dell’anima di un giovane essere umano a lui assegnato, indicato come il «paziente», mentre Dio è il «Nemico». Così afferma saggiamente, nella premessa, il Lewis:
«Ci sono due errori uguali ed opposti nei quali la nostra razza può cadere a riguardo dei diavoli. Uno è non credere alla loro esistenza. L’altro è crederci, e nutrire un eccessivo e insano interesse in essi. Loro stessi sono ugualmente compiaciuti da ambedue gli errori e salutano un materialista o un mago con lo stesso piacere».
Santa María Novella en Florencia, 3 De julio 2024
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