« Also hab keine Angst: du bist viel mehr wert als die Spatzen“

Homiletik der Väter der Insel Patmos

„HABT KEINE ANGST: DU BIST MEHR WERT ALS VIELE SPATZEN»

 

… Es gibt Angst, die blockiert, Dadurch verliert man den Mut, etwas zu verkünden und Zeugnis abzulegen, die Angst, Ihr Gesicht zu verlieren, un privilegio o di non essere Auf Seite. E si diventa pigri e man mano si perde forza e si arriva a non riconoscere più Gesù, der Lehrer.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ogni mattina, appena sveglio, provvedo a versare un bicchiere generoso di chicchi di riso soffiato in un contenitore poggiato su un albero del giardino. Appena rientrato in casa mi godo lo spettacolo. Decine e decine di passeri prima svolazzanti intorno, sugli alberi o nelle siepi, cominciano a planare, azzuffandosi o rincorrendosi, sulla ciotola di riso e un po’ lo mangiano, altro ne gettano intorno, oppure se lo portano via, probabilmente per sfamare i nuovi nati che in questo periodo dell’anno escono dalle uova.

Nel Vangelo di questa XII domenica del tempo ordinario, proprio al centro del breve discorso di Gesù si parla dei passeri. Egli rassicura i discepoli: “Voi valete più di molti passeri”. Ecco il brano del Vangelo:

„Zu dieser Zeit, Gesù disse ai suoi apostoli: “Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, aber sie haben keine Macht, die Seele zu töten; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, Ich werde vor meinem Vater anerkennen, der im Himmel ist; Wer mich aber vor den Menschen verleugnen, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”» [MT 10, 26-33].

Siamo all’interno del decimo capitolo del Vangelo di Matteo, dove si racconta dell’invio in missione dei dodici apostoli. Ma è anche un discorso che è rivolto ai discepoli di ogni tempo e luogo, quindi anche a noi che sentiamo proclamare oggi una pagina che ci giunge da lontano e che probabilmente già risentiva di quelle difficoltà che non solo incontrarono i primissimi discepoli del Signore inviati ai territori di Israele e solo a quelli, ma anche le asperità del cammino che trovarono le successive generazioni di discepoli che si ispirarono alla tradizione dello scritto matteano.

Jesus, proprio nel Vangelo di domenica scorsa, aveva avvisato i discepoli che sarebbe toccata loro la stessa sorte del maestro:

«Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia!» (MT 10,24-25).

Das heißt, ciò che Gesù ha vissuto, sarà vissuto anche dai suoi inviati, che verranno chiamati diavoli, al servizio del capo dei demoni, Beelzebul, e verranno perseguitati fino a essere uccisi da chi crede di dare in questo modo gloria a Dio (GV 16,2). Per questo motivo nel Vangelo odierno Gesù sente il bisogno, non di indorare la pillola, ma di rincuorare i discepoli e per tre volte (vv. 26. 28.31) li invita a non temere: «Non abbiate paura!».

Vorrei dire la stessa cosa ai miei passeri das, se faccio un movimento brusco o involontario, fuggono via spaventati. La paura è un precoce istinto che l’imprinting ha fissato nelle diverse specie, anche nella nostra. C’è una paura buona che ci consente di non cadere nei pericoli e di essere prudenti. Nello stesso discorso Gesù aveva infatti detto:

"Hier: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; sein so klug wie die Schlangen und ohne Falsch wie die Tauben ". (10, 16).

E poi c’è la paura che blocca, Dadurch verliert man den Mut, etwas zu verkünden und Zeugnis abzulegen, die Angst, Ihr Gesicht zu verlieren, un privilegio o di non essere Auf Seite. E si diventa pigri e man mano si perde forza e si arriva a non riconoscere più Gesù, der Lehrer.

Come Pietro nella notte della passione: «Chi mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli» (v. 33). Ma «Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il Padre vostro»¹.

Mi dispiace per i traduttori della Conferenza Episcopale Italiana, ma «volere» non c’è in greco. E invece occorre rendere, Verbatim: «… senza il Padre vostro». Das heißt, neppure un passero, cadendo a terra, è abbandonato dal Padre! A maggior ragione i discepoli e pure Pietro che ne è a capo. gleichfalls, anche i capelli della nostra testa (v. 30), che perdiamo ogni giorno senza accorgercene: sono tutti contati, tutti sotto lo sguardo del Padre. Da una tale contemplazione nasce la fiducia che scaccia il timore: Dio vede come ci vede un padre, che ci guarda sempre con amore e non ci abbandona mai, neanche quando cadiamo.

Quando pensiamo di essere soli come discepoli, lasciati in balìa delle prove che la vita ci presenta o degli avversari che non danno tregua, ripensiamo al profeta Geremia della prima lettura di questa domenica: «Sentivo la calunnia di molti. Terrore all’intorno… Ci prenderemo la nostra vendetta» (Bietet 20,10). Geremia si lascia andare a un momento di rabbia per la situazione che si è creata: «possa io vedere la tua vendetta su di loro» (v. 12). Chi non lo capirebbe? Ma poi prevale l’uomo di fede chiamato dal seno della madre: „Singet dem Herrn, lodate il Signore, perché ha liberato la vita del povero» (v. 13). Gli fa eco il salmista del responsorio odierno:

«Vedano i poveri e si rallegrino; voi che cercate Dio, fatevi coraggio, perché il Signore ascolta i miseri non disprezza i suoi che sono prigionieri. A lui cantino lode i cieli e la terra, i mari e quanto brùlica in essi» (Soll 68).

Ora ditemi se c’è un protagonista della Scrittura al quale il Signore Dio non abbia rivolto l’incoraggiamento che Gesù dice in forma triplice ai discepoli: non aver paura e non temere. Neanche uno, da Abramo a Giuseppe di Nazareth. Pensate che la Vergine Maria non se lo sia sentito dire? Anche lei: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (LC 1,30). Poi possiamo discutere fino a domattina sulla differenza fra il temere di Maria e quello del parente Zaccaria, fra quello di Geremia o di San Pietro mentre Gesù veniva interrogato nel Sinedrio. La cosa importante che il Vangelo di oggi ci rivela è questo invito a lasciar cadere la paura, a non permettere che questa emozione primaria prenda il sopravvento, a motivo della speciale protezione di Dio, il Padre che Gesù ci rivela, il quale non ci abbandona come spazzatura², la qual cosa fa invece l’avversario per eccellenza.

Perché Gesù dopo aver inviato i suoi, compresi noi oggi, invita a non aver paura davanti a niente e nessuno? Perché questo è il tempo della rivelazione (v. 26) o come qualcuno ha detto «il tempo della fine»³ inaugurato da Gesù. Il tempo della missione è un tempo di apocalisse, non nel senso catastrofico solitamente attribuito a questo termine, ma nel senso etimologico di ri-velazione, di alzata del velo. L’annuncio del Vangelo, in der Tat, richiede che ciò che Gesù ha detto nell’intimità sia proclamato in pieno giorno, ciò che è stato detto nell’orecchio sia gridato sui tetti.

«Nulla vi è di nascosto (verb Startseite, kalýpto) che non sarà ri-velato (verb αποκαλύπτω, apokalýpto) né di segreto (κρυπτός, kryptós) che non sarà conosciuto (verb γιγνώσκω, ghinósko)» (v. 26).

Le cose nascoste fin dalla fondazione del mondo (MT 13,35; Soll 78,2) sono rivelate da Gesù e poi dai discepoli nella storia. E, nascosto nel cuore di questo messaggio inesauribile, sta l’annuncio di Dio come Padre, che è quel «molto di più» come lo chiama l’Apostolo Paolo nella seconda lettura di questa domenica (RM 5, 12), ovvero l’abbondanza della sua grazia che salva, redime e ama.

Fröhlichen Sonntag euch allen!

aus der Eremitage, 25 Juni 2023

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HINWEIS

1 MT 10, 29b “καὶ ἓν ἐξ αὐτῶν οὐ πεσεῖται ἐπὶ τὴν γῆν ἄνευ τοῦ πατρὸς ὑμῶν”. Traduzione CEI: «Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro».

2 La Gehenna (MT 10,28) era la valle che raccoglieva la spazzatura di Gerusalemme

3 g. Gaeta, Die Zeit des Endes, prossimità e distanza della figura di Gesù, Beliebig 2020

San Giovanni all'Orfento. Abruzzen, Maiella-Berg, Es war eine Einsiedelei, die von Pietro da Morrone bewohnt wurde, hereingerufen 1294 auf den Stuhl Petri, den er unter dem Namen Celestine V. bestieg (29 August – 13 Dezember 1294)

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Die Väter der Insel Patmos

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Apostolizität, Wahrheit und Zärtlichkeit für die Schafe ohne Hirten

Homiletik der Väter der Insel Patmos

Apostolizität, VERITÀ E TENEREZZA PER LE PECORE SENZA PASTORE

Apostoli però sono, neben den Priestern, aber in unterschiedlicher Weise im Vergleich zu ihnen, auch Ordensleute und Laien. Auch sie in der Berufung zum geweihten Leben und in der Ehe, Sie verpflichten sich, die Liebkosungen Jesu zu ihrem Nächsten in Not zu bringen. Per questo che Gesù dice a tutti: „Sie erhalten, frei geben ".

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

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Liebe Leserinnen und Leser der Insel Patmos,

in questo tempo estivo proviamo a prendere sempre più in mano la Bibbia e leggerla; specialmente i Vangeli possono diventare un compagno di strada per le giornate calde ed afose. In der Tat, im Evangelium, Gesù cammina con noi, ci porge tanta tenerezza ed affetto e chiede così di donare gratuitamente quanto abbiamo ricevuto da Lui. Gesù sceglie la tenerezza perché come diceva lo scrittore tedesco Rudolf Leonard «La tenerezza è il linguaggio segreto dell’anima».

Wir sehen. Im Das heutige Evangelium leggiamo:

„Zu dieser Zeit, Jesus, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore».

Gesù cammina con le folle e si accorge che si sentono sperdute e senza un punto di riferimento. Le difficoltà esistenziali e il dissidio politico fra ebrei e romani deve aver loro recato molte sofferenze anche da un punto di vista emotivo e morale. Gesù decide di trattarli con compassione, in Griechenland splanchne, che indica la tenerezza della madre che accoglie i figli con amore viscerale. Immaginiamo quindi una mamma che accoglie i figli che piangono e che si sentono disperati.

La stessa cosa fa Gesù con noi oggi. Nelle nostre solitudini esistenziali ci dona la sua tenerezza e compassione, ci fa sentire che nonostante l’instabilità generale, le tante difficoltà spirituali, materiali ed economiche che possiamo trovare Lui è con noi. Ogni volta che ci comunichiamo ci offre una carezza ed un abbraccio intenso, insieme con il Padre e lo Spirito Santo.

Questa carezza ci è offerta in un modo concreto. In un certo senso è una carezza apostolica. In der Tat, Gesù stesso ha chiamato per nome i dodici apostoli e li ha istituiti per continuare la sua missione nel corso dei secoli. I dodici apostoli poi hanno istituito i loro successori, e quindi i vescovi e con essi Gesù ha voluto i sacerdoti per una messe numerosa di persone bisognose di Dio. Per questo che il vescovo e il sacerdote, nonostante i loro limiti personali, tendono a donarci la carezza eucaristica del Signore. È importante la loro presenza e la risposta a questa vocazione sacerdotale.

Apostoli però sono, neben den Priestern, aber in unterschiedlicher Weise im Vergleich zu ihnen, auch Ordensleute und Laien. Auch sie in der Berufung zum geweihten Leben und in der Ehe, Sie verpflichten sich, die Liebkosungen Jesu zu ihrem Nächsten in Not zu bringen. Per questo che Gesù dice a tutti:

„Sie erhalten, frei geben ".

La modalità in cui tutti noi credenti clero, religiosi e laici siamo mandati dal Signore è la dimensione del dono di sé. Esattamente come senza nessun diritto, abbiamo ricevuto il dono dell’amore e della tenerezza del Signore, così possiamo portarlo a tutti gli altri. Così quando incontreremo il nostro prossimo che non si sente amato da nessuno, e anzi forse si sente abbandonato ed isolato da tutti, allora in quel momento potremo fargli il dono della tenerezza e carità del Signore. Cioè un amore che non è melenso e privo di valore, ma che appunto comunica a chi si sente disperato che Dio lo ama e fa qualcosa di concreto per lui.

Wir bitten den Herrn di entrare fortemente sempre più nel suo cuore trinitario per fare entrare tutto il mondo nell’abbraccio di Dio, e offrire senso e gioia anche agli abbandonati e agli isolati dalla cultura del mondo.

Novelle Santa Maria in Florenz, 18 Juni 2023

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Die Väter der Insel Patmos

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Der Leib des Herrn. Das Allerheiligste Sakrament der Gegenwart und Kommunion

Homiletik der Väter der Insel Patmos

DER KÖRPER DES HERRN. IL SANTISSIMO SACRAMENTO DELLA PRESENZA E COMUNIONE

„Truly, wahrlich, ich sage: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, Du hast kein Leben in dir. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno»

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

 

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Cari Amici e Lettori de L’Isola di Patmos,

nella grande festa del Der Leib des Herrn Gesù ci offre definitivamente sé stesso nel Santissimo Sacramento dell’Eucarestia. La liturgia della Parola ci narra che in quei giorni, mentre gli abitanti di Cafarnao ascoltano le sue parole, sono tramortiti da un annuncio grande: «Ich bin das lebendige Brot, disceso dal cielo» (GV 6, 51). Parole che provocano inizialmente in loro una certa confusione, sino al punto da sollevare proteste. Sembrano quasi pretendere un Dio che sia un popiù comprensibile, rispetto a quelle parole nelle quali Gesù espone quello che è il grande mistero dell’Eucarestia. Con parole che all’inizio non possono che stordire, delineando un mistero grande e tremendo. Jesus, il figlio di Dio incarnato, sceglie di diventare quel pezzo di pane e quel sorso di vino. Nelle specie eucaristiche, a ogni Santa Messa celebrata è presente Cristo in corpo, Blut, Seele und Göttlichkeit. Quelle specie eucaristiche diventano per noi il pane e vino per il sentiero di eternità. Diventano la nuova manna nascosta, l’alimento che ci permette di ottenere la linfa vitale della grazia per camminare in santità e giustizia tutti i giorni della nostra vita.

Come più o meno sappiamo dal Catechismo, la presenza reale di Gesù è possibile perché durante la Santa Messa, al momento della consacrazione, tramite le parole del sacerdote recitate sulle specie eucaristiche avviene il miracolo della Transsubstantiation. Le sostanze del pane e il vino, pur mantenendo lo stesso aspetto, si convertono nella sostanza del Corpo e del Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo.

Dinanzi all’annuncio di questo mistero i cafarnaiti rimangono scandalizzati, perché non lo comprendono, in parte perché privi degli strumenti di comprensione, in parte perché hanno il cuore un po’ duro rinchiuso nei formalismi farisaici e nelle formule a memoria che non hanno però un concreto sviluppo nella carità. Ecco quindi che Gesù offre loro due spiegazioni:

„Truly, wahrlich, ich sage: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, Du hast kein Leben in dir. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (GV 6, 53).

Gesù spiega che assimilare il suo corpo vuol dire che il Padre ha mandato lui come nuova ed eterna manna dal cielo che completa la manna che fu data agli ebrei nel deserto. Dunque Gesù è colui che in quella manna, in quel pane, si rende presente perché Dio Padre tramite un miracolo lo rende presente, questo è in sintesi il discorso che pone agli ascoltatori; e lo rende presente perché tramite il suo pane Gesù arriva nella piena e forte intimità con chi lo accoglie. Il corpo di colui che accoglie la nuova ed eterna manna diviene il tempio, la nuova dimora per il Signore.

Questo mostra da un lato la presenza reale, come dicevamo agli inizi, in cui il credente viene purificato e trasformato da Dio per essere ad imitazione di Cristo. In einer Weise,, come dicono i Padri greci, l’assunzione del Corpo di Cristo fa sì che lui si assimili a noi: perché l’Eucarestia è il Sacramento che offre la grazia a tutti noi della presenza e della imitazione di Gesù nel nostro concreto quotidiano.

So was, imitando Gesù, tutti noi possiamo fare comunione con il prossimo e inerpicarci in un Sentiero di santità. Essere santi vuol dire operare la carità e l’amore di Dio, dunque far entrare il nostro prossimo in un cammino di eternità. Gesù stesso ce lo dice: l’amore di Cristo Eucaristico ci conduce alla vita eterna e alla resurrezione della carne.

Così come allora, mentre leggo queste parole eterne mi domando: il grande mistero dell’amore realmente presente nell’Eucarestia, scandalizza forse ancora oggi? Forse la nostra santificazione passa anche da questo. Essere testimoni eucaristici, perché prima di tutto siamo eucaristizzati noi per primi, ossia siamo effusi dalla grazia della presenza reale, e i suoi effetti di gioia e di soddisfazione possono essere autentici testimoni della bellezza della sua presenza. Mostrare la gioia di essere in comunione con Lui, ci porta così a fare comunione con tutta la Chiesa e testimoni con tutta l’Umanità.

Possiamo attingere da questa gioia ogni volta che ci accostiamo all’abbraccio della adorazione eucaristica. Poggiamo il nostro cuore, le nostre ferite esistenziali sul cuore eucaristico di Gesù e saremo effusi da un grande amore.

So sei es!

Novelle Santa Maria in Florenz, 11 Juni 2023

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Die Väter der Insel Patmos

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Jesus und der Blindgeborene, von der Dunkelheit zum Licht hin zu einem Weg der Bekehrung

Homiletik der Väter der Insel Patmos

JESUS ​​​​UND DIE BLINDEN GEBOREN, DALLA TENEBRA ALLA LUCE VERSO UN CAMMINO DI CONVERSIONE

Il cieco nato gli disse: "Ich denke,, Mann!». Und er warf sich vor ihm nieder. Jesus sagte dann: „Ich bin in diese Welt gekommen, um zu urteilen, damit die, die nicht sehen, sehen, und die, die sehen, blind werden“.

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

 

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Liebe Leserinnen und Leser der Insel Patmos,

alcuni dipinti rinascimentali sono nati dalla colorazione che facevano scurire del nero fino a produrre le diverse tonalità di bianco e giallo. È il passaggio della tenebra alla luce. Questo avviene anche nella nostra vita e il Das heutige Evangelium ci porta a riflettere sul peccato e la nostra conversione.

 

per aprire la Lectio cliccare sull’immagine

 

Il primo momento narrativo si concentra sul peccato. Seguendo la tradizione ebraica della retribuzione classica, i discepoli, vedendo il cieco nato, domandano qual è la causa della cecità. Per la teoria classica della retribuzione, l’handicap proviene da un peccato precedente, commesso dalla stessa persona o dai genitori. Ma Gesù rompe e contraddice questa teoria:

«Rispose Gesù: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo”».

Un cieco nato è così perché si manifestino le opere di Dio. È dunque, in einem Sinn, segno e manifestazione che Dio è in mezzo agli uomini e agisce. Damit, una persona, in sé stessa non è peccato, ma compie dei peccati. Ora il peccato, secondo la definizione classica, è «una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna».

Il tempo di Quaresima è tempo propizio anche per la riscoperta del concetto e dell’idea stessa di peccato, che è qualcosa che difficilmente attribuiamo a noi stessi. Più facilmente diciamo che abbiamo commesso uno sbaglio, una sciocchezza, un errore umano. Proviamo a riflettere su questo in un tempo forte di revisione della nostra vita, tale dovrebbe essere questo periodo quaresimale. Siamo tutti figli di Dio peccatori e ringraziamo il Signore che ci ama così come siamo. Con il Sacramento della confessione purifichiamo i nostri peccati e torniamo tutti con la grazia con cui ci mettiamo all’opera con Dio. Ecco perché Gesù ci dice che questo cieco è nato così, senza aver commesso un vero peccato che lo ha portato alla cecità; è così perché si manifestino in lui le opere di Dio. Gesù invita a compiere poi le opere di chi lo manda, cioè l’Eterno Padre. Als allererstes, diremo che il cieco nato è colui che fisicamente passa dalle tenebre alla luce. Simbolicamente, il cieco, è colui che passa dalla cecità spirituale alla fede. Questo avviene proprio tramite Gesù. Gesù invita e trasmette a chi ascolta – plausibilmente discepoli ed apostoli – l’invito a compiere le opere della luce con Lui e con il Padre. Manda tutti noi ad essere candele che ardono fuoco di verità dalla sua fiamma e dalla sua luce. Quello che accade dopo la guarigione miracolosa è un complesso numero di azioni, di interrogatori e domande. Domande che i farisei si pongono e che pongono al cieco, ai suoi genitori, perché nulla li convince, non accettando che qualcuno riconosca Gesù come fonte di verità e di luce. Nel buio freddo delle convinzioni rigide, di idoli e di ombre ideali della verità di Cristo. Per questo cacciano via l’oramai ex cieco che ha riacquistata miracolosamente la vista. Non vogliono vedere chi può metterli in discussione, perché in verità, i veri ciechi, sono loro.

Il cieco nato gli disse: "Ich denke,, Mann!». Und er warf sich vor ihm nieder. Jesus sagte dann: „Ich bin in diese Welt gekommen, um zu urteilen, damit die, die nicht sehen, sehen, und die, die sehen, blind werden“.

Gesù va incontro di nuovo al cieco guarito. Ich farisei, nonostante che lo avevano cacciato via, seguono il dialogo fra i due. Il cieco guarito emette la sua professione di fede: «Si Signore credo in te». E così si prostra, secondo il gesto tradizionale ebraico: la prostrazione per mostrare la presenza di Dio, come faceva il Sommo Sacerdote nel Sancta Sanctorum del Tempio di Gerusalemme. Gesù allora gli dice:

«Sono venuto per giudicare, perché coloro che vedono non vedano e chi vede diventi cieco».

A questo modo rimprovera anche i farisei, aggirando il loro tranello. Ma la frase forte di Gesù, sul giudizio è importante anche per noi. Gesù viene infatti a giudicare non nel senso di condannare le persone e i peccatori, ma perché la sua luce non sia solo un rivelamento della fede in Dio. Anche perché sotto il suo giudizio amorevole e sapiente, ciascuno di noi giunga a schiudere uno sguardo di verità anche su sé stesso, tornando a riconoscere tutti i doni lucenti che Dio gli ha donato.

Wir bitten den Herrn la grazia di porre un atto di umiltà e riconoscerci peccatori, per riscoprire al contempo anche che noi siamo capolavori-doni, con talenti e peculiarità che possiamo offrire a Lui, al prossimo e alla Chiesa in un atto d’amore.

 

Novelle Santa Maria in Florenz, 19 Marsch 2023

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Der Mann der flüssigen Gesellschaft am Brunnen des lebendigen Wassers mit der Samariterin

Homiletik der Väter der Insel Patmos

L’UOMO DELLA SOCIETÀ LIQUIDA AL POZZO D’ACQUA VIVA CON LA SAMARITANA

«L’acqua è condiscendente, Handy, Mobiltelefon, transparent, geschmacklos. Da bekommt man leicht den Eindruck, im Vergleich zum Rest der Realität, es ist irgendwie jenseitig".

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

 

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Liebe Leserinnen und Leser der Insel Patmos,

chi pratica sport come il calcio, der basket o la corsa, specialmente d’estate, sa quanto sia rinfrescante un bicchiere d’acqua alla fine dell’attività sportiva. Ha quasi un senso profondo che supera l’aspetto somatico. Come scrive lo scienziato Philip Ball:

«L’acqua è condiscendente, Handy, Mobiltelefon, transparent, geschmacklos. Da bekommt man leicht den Eindruck, im Vergleich zum Rest der Realität, es ist irgendwie jenseitig".

 

 

Il lungo brano der vangelo di oggi è un invito. È un tornare alle fonti, all’acqua delle nostre origini: dunque a riscoprire la nostra vocazione battesimale, perché da quel momento abbiamo iniziato a camminare nel percorso di santità e accogliere la nostra vocazione. Tornare dunque a fare memoria del battesimo è tornare alle fonti della nostra fede e dissetarci dell’acqua della grazia e dello Spirito Santo.

Nell’inizio del dialogo fra Gesù e la samaritana, è il Signore che fa una domanda ben precisa: “Dammi da bere.” Gesù ha sete perché è in una zona desertica e brulla. Fa molto caldo ed è vicino ad un pozzo. Quindi cerca di entrare in amicizia con la samaritana, chiedendole un aiuto pratico. In effetti offrire dell’acqua, per la cultura del tempo, era davvero un gesto di vicinanza e anche che permetteva di generare una certa compagnia.

Questo gesto supera la samaritana: Gesù è vicino anche a noi. Il Signore chiede a tutti noi di offrirgli dell’acqua, Auch heute, specialmente ogni volta che ci mettiamo in preghiera ed entriamo in Comunione con Lui nell’Eucarestia. Ha sete della nostra presenza, della nostra amicizia e della nostra fede. Dice a noi dammi da bere, per indicare che vuole relazionarsi ed avere una intimità con noi.

Tornando alla lettera del testo, vediamo che inizia lo scambio di battute fra i due. Qualche frase dopo è Lui ad offrire l’acqua alla donna:

«Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Andererseits, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

La samaritana non deve aver compreso bene questa frase. Sono parole forti e molti intense. Gesù in fondo le sta dicendo di non attingere solo ad un’acqua tratta dal pozzo che disseta il corpo e la gola secca, ma di abbeverarsi da una fonte che disseta anche l’anima e lo spirito. Questa è l’acqua della fede e della grazia.

Anche noi siamo stati dissetati da questa acqua. Effektiv, se ci pensiamo, la nostra vita di fede è cominciata con un pod’acqua, una veste bianca e una candela di luce. Il giorno del nostro battesimo l’elemento materiale usato perché si amministri il Sacramento dell’inizio della vita di fede è proprio l’acqua. Quest’acqua accompagna le parole del sacerdote «Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». L’acqua battesimale è segno anche di un grande evento: ricevuto la grazia divina ricevuta che è entrata in noi unendosi alla nostra vita e alla nostra persona. E insieme a Dio, von diesem Moment zu folgen, possiamo fare grandi opere di carità e amore.

Gesù ci offre nel battesimo la fede e la grazia perché possiamo scoprire che tutti noi siamo un grande dono per Dio stesso e per il mondo. Perché il nostro personale e unico amore diventi azione concreta di tenerezza e compassione verso chi soffre.

Wir bitten den Herrn di sentire ancora quella novità battesimale nella nostra vita, di riscoprirci bambini nell’anima e nello spirito, per dissetare il nostro tempo con la presenza di Dio e irrigare con pozzi di speranza il deserto di un mondo contemporaneo afflitto da una cultura sempre più liquida.

So sei es.

Novelle Santa Maria in Florenz, 12 Marsch 2023

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Die Väter der Insel Patmos

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Auch wir sind berufen, für Christus verklärt zu werden, mit Christus und in Christus

Homiletik der Väter der Insel Patmos

AUCH WIR SIND BERUFEN, FÜR CHRISTUS VERWANDELT ZU WERDEN, MIT CHRISTUS UND IN CHRISTUS

Seit der Taufe hat auch der ewige Vater seine Freude auf uns gelegt, denn in der Taufe sind wir durch Adoption Kinder Gottes geworden. Lasst uns deshalb unsere Taufe als einen Weg der Verklärung neu entdecken. Denn heilig werden heißt immer heller werden, von größerer und größerer Schönheit. Eine Schönheit, die auf das Leben der Dreieinigkeit verweist.

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

 

Artikel im PDF-Druckformat

 

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Liebe Leserinnen und Leser der Insel Patmos,

Ich erinnere mich an eine lange Reise in die Berge vor ein paar Jahren, auf den Höhen von Bozen. Ein langer Aufstieg, zwischen kalt und heiß, zwischen Ausrüstung und einer Wasserflasche, den Gipfel zu erreichen und die ganze Schönheit der Schöpfung zu betrachten. Eine lange Reise in Etappen, Kontemplation und Schönheit zu finden.

Verklärung Christi, Raffael Sanzio, Pinakothek der Vatikanischen Museen

Die Das heutige Evangelium er ist diesem Weg ähnlich und kann in zwei große Etappen unterteilt werden. Als allererstes, die Fahrt auf den Berg Tabor. Pietro, Jakobus und Johannes werden mit Jesus geführt. Sofort erscheinen Moses und Elia. Weil diese Charaktere anwesend sind und nicht alle Apostel? Wir sehen. Es ist denkbar, dass Jesus drei wichtige Figuren mitbringt: sein zukünftiger Vikar, Pietro; der große Kontemplative seiner göttlichen Mysterien, Johann; der aufmerksame Apostel der Nächstenliebe, Giacomo. Gleichzeitig, Moses, er ist derjenige, der die Zehn Gebote und damit die Gültigkeit und Bedeutung des Gesetzes vertritt. Endlich, Elia, der Prophet schlechthin. Damit, Prophetie muss als grundlegendes Element für das Verständnis von Jesus verstanden werden.

Diese Fastenzeit Jesus nimmt uns auch mit auf den Berg, sich an diese Dinge zu erinnern: die Identität der Katholiken, die mit Petrus in der Autorität des Glaubens wandeln, mit Johannes in Meditation und Reflexionen über das Evangelium und die Bibel, mit Giacomo in der konkreteren Liebe der Barmherzigkeit, die Glauben und Meditation zum Samen jeder Handlung macht, der Zärtlichkeit und Barmherzigkeit gegenüber dem Nächsten. Das wird uns zu wahren Propheten und Herolden Jesu machen, ohne etwas von dem Gesetz zu verlieren, das der Herr nicht ändern wollte [vgl.. MT 5, 17]

An diesem Punkt wird Jesus verklärt, sein Gesicht strahlt wie die Sonne und seine Kleider glänzen. Tragen Sie die Farbe Weiß, was biblisch auf die göttliche Gegenwart hinweist. Dieses strahlende Weiß ist ein Zeichen dafür, dass Jesus die Gegenwart Gottes unter ihnen bestätigen möchte. All dies wird durch den zweiten Teil des Textes endgültig bestätigt. Plötzlich hüllt sie eine Wolke ein, und der Vater bestätigt «Ja, er ist es, mein Sohn, freut mich, Sie sagen". Wieder ein weiteres Element, das das Unsichtbare zeigen will: Wolke, für die Juden ein Zeichen der Gegenwart Gottes in der Wüste, seine Stimme. Jesus ist der Sohn Gottes. Diese gewaltige und faszinierende Erfahrung ist die Erfahrung der Intimität im Gebet mit Gott. Diese starke Intimität, die im Gebet der Kontemplation auftritt, wenn wir wirklich alles schmecken und verinnerlichen können, woran wir glauben.

Die Fastenzeit bietet sich als Zeit der Wiederentdeckung an dieses so starken und intensiven Gebets: von Angesicht zu Angesicht mit Gott zu sein, lernen, in der Liebe zu wachsen. Ein Spaziergang im täglichen Gebet, gebaut auf kleinen und großen Momenten, im Wechsel mit den Sakramenten, in der auch wir das Antlitz des verklärten Jesus entdecken können, Vorbereitung auf die Tage der Passion. Alle werden in Ihm verklärt, für ihn, mit ihm.

Seit der Taufe der ewige Vater auch uns hat er seine Freude bereitet, denn in der Taufe sind wir durch Adoption Kinder Gottes geworden. Lasst uns deshalb unsere Taufe als einen Weg der Verklärung neu entdecken. Denn heilig werden heißt immer heller werden, von größerer und größerer Schönheit. Eine Schönheit, die auf das Leben der Dreieinigkeit verweist.

Wir bitten den Herrn die Gnade und Kraft, unseren existenziellen und spirituellen Berg Tabor zu besteigen, die Unebenheiten und Schwierigkeiten der Reise erklimmen und immer die Hand Jesu schütteln, damit seine Schönheit uns allen ins Gesicht strahlt und wir alle strahlen wie die Sonne.

So sei es!

 

Novelle Santa Maria in Florenz, 5 Marsch 2023

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Die Väter der Insel Patmos

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Als Jesus von seinem Cousin am Ufer des Jordan getauft wurde

Homiletik der Väter der Insel Patmos

QUANDO GESÙ FU BATTEZZATO DA SUO CUGINO SULLE RIVE DEL FIUME GIORDANO

Quel battesimo non è quello sacramentale che noi abbiamo ricevuto. Das des Täufers war ein rituelles Reinigungsbad, das noch heute in der jüdischen Tradition verwendet wird.

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

 

Artikel im PDF-Druckformat

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Liebe Brüder und Schwestern,

nella nostra vita tutti quanti siamo in cerca di giustizia. Una giustizia per un torto subìto, per una persona che amiamo rimasta colpita da un’ingiustizia, per varie situazioni sociali e via dicendo. Cercare giustizia implica cercare che ognuno abbia ciò che gli è dovuto, secondo la classica definizione di giustizia offerta dal giurista Ulpiano nel Digesto. La festa del battesimo del Signore è la festa della giustizia dell’uomo che riceve l’amore di Dio. Una volta ricevuto questo amore, lo porta agli altri.

Nel brano der Das heutige Evangelium Gesù si avvicina al Battista per essere battezzato. Giovanni rifiuta. Gesù allora risponde con quello che è il centro di questa solennità:

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«”Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia”. Allora egli lo lasciò fare».

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Adempiere ogni giustizia vuol dire per Gesù farsi battezzare. Lassen Sie uns klären: quel battesimo non è quello sacramentale che noi abbiamo ricevuto. Quello del Battista, fratello del Signore (ossia suo cugino, ma in ebraico i cugini sono indicato come fratelli), era un bagno rituale di purificazione, il cosiddetto מקווה (mikveh) in uso tutt’oggi nella tradizione ebraica. Gesù non ha il peccato originale da lavare attraverso quel Sacramento del Battesimo da lui stesso istituito [vgl.. MT 28,19-20]. Dass mikveh lo chiede proprio per rendere giustizia alla volontà di Dio Padre. Perché la missione di salvezza dell’uomo per cui il Padre lo ha mandato sia il centro di tutto.

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Gesù battezzandosi compie un atto di giustizia: dà al Padre ciò che gli è dovuto. Così subito dopo si spalancano i cieli. Ed ecco la voce del Padre e lo Spirito Santo si rendono visibili. Tutta la Trinità è presente. Il Padre dice che Gesù è suo Figlio e in quel Figlio ha posto il suo compiacimento. Da quel momento prendono inizio i tre anni di predicazione di Gesù e i suoi miracoli di guarigione.

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Dalla giustizia del Padre Gesù attinge grazia e forza per esprimere la verità di Dio in parole e segni. Tutto questo lo porterà ad accogliere anche i terribili giorni della Passione e la gloriosa resurrezione. Dio Padre e tutta la Trinità offrono questa possibilità anche a noi.

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Il Battesimo del Signore è una buona occasione per fare memoria anche del nostro Battesimo sacramentale, quando il Signore lavò il peccato originale e il nostro legame col male. Da quel momento noi siamo stati adottati anche dalla Trinità. Siamo diventati figli dell’Eterno Padre in Gesù Cristo. Siamo diventati Figli nel Figlio. Deswegen, se responsabilmente e con libertà rispondiamo alla chiamata di essere figli e accettiamo la sua grazia, Dio pone anche su di noi il suo compiacimento.

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Che vuol dire questo in concreto? Anzitutto che da quando siamo stati concepiti Dio ha iniziato ad amarci di un amore viscerale e profondo. Questo amore ci ha accompagnato per tutta la nostra vita fino a oggi. Un amore che è, contemporaneamente, materno e paterno. Perchè Dio è Padre, e in quanto padre ci dona il Figlio e sin dall’inizio ci dona il desiderio di conoscere e cercare la verità, perchè Gesù è la verità. E al contempo ci dona lo Spirito Santo Amore. Che è la parte materna di Dio. Da qui l’espressione del Beato Pontefice Giovanni Paolo I che, lasciando un po’ perplessi alcuni, durante una sua catechesi disse «Dio è padre e madre» [vgl.. Engel, 10.09.1978] sottintendendo a questo modo che nel tutto sono racchiuse sia la paternità sia la maternità.

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Cerchiamo di portare questa conoscenza della verità a tutto il mondo tramite la tenerezza e gentilezza. Così trasformeremo il nostro battesimo da atto sacramentale ad atto di amore concreto per il prossimo. Scriveva lo storico Cesare Cantù: «La carità è il solo tesoro che si aumenta col dividerlo». Wir bitten den Herrn, heute, di fare memoria del nostro battesimo, per riscoprire di essere amati incondizionatamente da sempre e per

immer.

So sei es.

 

Novelle Santa Maria in Florenz, 6 Januar 2023

Erscheinung des Herrn

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Die Väter der Insel Patmos

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Ein Traum, aus dem die göttliche Wirklichkeit der Erlösung des Menschen erwacht

Homiletik der Väter der Insel Patmos

Ein Traum, aus dem die göttliche Realität der Erlösung des Menschen lebendig wird

In Josephs Traum kann der Engel mit Gelassenheit und Ruhe im Namen Gottes sprechen. Warum Josef, dessen Herz bereits bereit ist, Gott willkommen zu heißen, jetzt kann er die Einzelheiten des göttlichen Plans im Licht des Glaubens verstehen.

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

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PDF-Druckformat

 

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Liebe Leser und Freunde von Die Insel Patmos,

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wir alle haben Träume. Wir sind Männer und neigen immer dazu, unsere tiefsten Wünsche und Sehnsüchte willkommen zu heißen. Wir haben also ein Ende, ein größerer und präziserer Zweck, der alle anderen kleineren und alltäglichen Entscheidungen leitet. Alle unsere Träume neigen dazu, uns zu vermenschlichen und besser zu machen, weil wir durch sie reflektieren, Wir stellen uns auf die Probe und sind bereit, uns einzubringen.

Josef auch er hatte seinen Traum. Heirate seine Verlobte, Maria. Er war fast bereit für die rituelle Hochzeitsfeier. Doch Joseph erkennt, dass Maria schwanger ist. So was, plötzlich, er findet sich in einem Drama wieder. Sein Traum ist zerplatzt. Was er sich so sehr gewünscht und erwartet hatte, kann nicht mehr wahr werden. Maria wird nicht seine Braut sein können. Die anfängliche Entmutigung wurde jedoch überwunden, Giuseppe verliert nicht den Mut. Mit Gerechtigkeit gegenüber Gott und gegenüber Maria selbst, es steht im Gehorsam gegenüber dem Gesetz des Deuteronomiums: Um einer Steinigung zu entgehen, beschließt er, einen Brief zu schreiben, in dem er die Verlobung auf diskrete und vertrauliche Weise auflöst. Gott kommt Joseph zu Hilfe und schickt ihm im Traum einen Engel. Hier kann Joseph seinen Traum aufgeben und in den Traum Gottes eintreten. In Josephs Traum kann der Engel mit Gelassenheit und Ruhe im Namen Gottes sprechen. Warum Josef, dessen Herz bereits bereit ist, Gott willkommen zu heißen, jetzt kann er die Einzelheiten des göttlichen Plans im Licht des Glaubens verstehen.

Joseph hört vom Engel der dem Sohn Gottes seinen Namen geben muss. An diesen besonderen Sohn, vom Ewigen Vater gewollt, erste Person der Dreifaltigkeit, Joseph ist aufgerufen, den Namen zu nennen. Die Nennung eines Namens bedeutet, dass man die elterliche Sorge besitzt und die rechtliche Vaterschaft anerkennt. Und Jesus ist gesetzlich der Sohn Josephs. (D)Der Name bedeutet, dass Gott Josef eine sehr wichtige Aufgabe anvertraut: verkünde der Welt, dass Jesus, dieses Kind, das auf so mysteriöse Weise in sein Leben trat, Es ist Gott, der die ganze Welt rettet. Josef wird so zum ersten Verkünder des Namens Gottes, der die Erlösung verkündet. Der in Jesaja vorhergesagte Traum Gottes wird endlich erfüllt und verwirklicht [vgl.. 7,14]. Als Giuseppe aufwacht, trägt er den Schlüssel zu diesem zerbrochenen Traum in seinem Herzen. Er hat alles hundertfach verdient, im Traum Gottes, der in ihm wahr wird. Also nimmt er Maria mit, als treuer Ehemann, liebevoller Bräutigam und Mann, der aufmerksam und präzise in seiner Arbeit ist und sich um seine Braut kümmert. Zusammen mit Maria kümmert er sich um das geheimnisvolle Kind und bewacht es. Mit Maria bringt er ihm die Praktiken des jüdischen Glaubens bei. Joseph ist in seiner treuen Keuschheit ein fruchtbarer und authentischer Vater für diesen sehr geheimnisvollen Sohn.

Gottes Traum übertrifft das menschliche von Joseph. Und es ist noch schöner und unerwarteter. Die Bibelwissenschaftlerin Rosalba Manes schreibt:

„Mit Josef kehrt der Mensch zu dem Sein zurück, wie Genesis ihn uns vor der Sünde präsentiert: Liebhaber und Hüter der Gaben Gottes“

Das kann in unserem Leben passieren. Wie oft müssen wir Projekte und Träume aufgeben. Mit Mühe gelingt es uns. Aber wenn wir alle Pläne aufgeben und in Gottes Traum eintreten, Wir werden nichts verlieren, aber wir werden alles verhundertfachen.

Wir bitten den Herrn um unser Leben in seinen Traum zu bringen, dass alle der kleine Josef und die kleine Maria werden, und mit der Gnade, die wir erhalten haben, Schenke der Welt Gottes Heil.

So sei es.

Novelle Santa Maria in Florenz, 18 Dezember 2022

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Die Väter der Insel Patmos

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Dieser kostbare menschliche Zweifel, der uns in Lichter des lebendigen Gottes verwandelt

Homiletik der Väter der Insel Patmos

QUEL PREZIOSO DUBBIO UMANO CHE CI TRASFORMA IN LUCI DEL DIO VIVENTE

Il dubbio assale Giovanni il Battista durante la sua carcerazione, wenn er die Einsamkeit der Nacht der Seele und des Glaubens erleben muss, fängt er an zu zweifeln und zu glauben, dass die von Jesus gegebene Ankündigung nicht ganz wahr ist…

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

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Artikel im PDF-Druckformat

 

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Liebe Leser und Freunde von Die Insel Patmos,

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nella nostra vita può capitare di vedere cose così tal belle da non credere che siano reali. Forse abbiamo dimenticato come ci si stupisce. Su questo i bambini sono dei veri maestri. Deswegen, quando accade qualcosa di gioioso e bello, facilmente ci chiediamo: «… è successo davvero? O forse è solo tutto un sogno?». In quel momento siamo tutti un pocome il filosofo Cartesio che in un celebre passo delle Meditazioni Metafisiche scrive:

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«Riflettendoci con più attenzione, tanto chiaramente mi rendo conto che non è mai dato di distinguere la veglia dal sogno con criteri certi, da rimanere attonito; e proprio questo stupore mi riporta quasi a credere di star sognando anche ora».

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Ma ecco allora Gesù che viene a darci una bella sveglia invitandoci in questo cammino di Avvento a fugare i dubbi perché quanto sta accadendo non è un sogno. Dio prende la natura umana, si fa uomo, per essere vicino a tutti noi. È tutto vero. Così quello che è impensabile e che sembra appunto un sogno irrealizzabile invece è realtà.

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Questo dubbio in fondo ad un certo punto l’aveva avuto anche Giovanni il Battista. Im Vangelo di questa III Domenica d’Avvento leggiamo:

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„Zu dieser Zeit, Johann, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».

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Il dubbio assale Giovanni il Battista durante la sua carcerazione, wenn er die Einsamkeit der Nacht der Seele und des Glaubens erleben muss, fängt er an zu zweifeln und zu glauben, dass die von Jesus gegebene Ankündigung nicht ganz wahr ist. Nell’ora dell’abbandono è facile pensare che sia tutto troppo bello per essere vero, esattamente come accade anche a noi. Non perché siamo stati tutti davvero carcerati, ma perché possiamo aver trascorso dei periodi di isolamento, di solitudine, di abbandono. Ci sentivamo soli e pensavamo che Gesù non fosse venuto davvero anche per noi, che in quel momento non fosse davvero presente, nella nostra sofferenza. In questo Avvento proviamo a far memoria di questi momenti per rileggerli alla luce del Natale: Gesù c’era in quella notte esistenziale.

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Gesù nel Vangelo infatti rassicura il Battista che è veramente lui il Figlio di Dio, colui che nascendo è venuto illuminare la tenebra del mondo e dell’uomo e a farlo splendere. Per farci brillare come lui nella notte di Natale è la luce del mondo. E far splendere la luce della nostra vita.

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L’Avvento sia così anche il cammino di comprensione e di rilettura con lo sguardo di quella fede che alla luce della grotta di Betlemme ci trasforma tutti in piccole luci del Signore. Tutti possiamo diventare i testimoni del messaggio che quel piccolo bambino è il figlio di Dio, wer ist wahrer Gott und wahrer Mensch.

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Dio ci guidi e ci accompagni in questo tempo di Avvento, perché con la sua grazia e i suoi doni, diventiamo nel Signore il suo Dono di Natale per il mondo sofferente.

So sei es.

Novelle Santa Maria in Florenz, 11 Dezember 2022

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Die Väter der Insel Patmos

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Mit der Figur Johannes des Täufers entdecken wir die Demut in der kostbaren Adventswüste neu

Homiletik der Väter der Insel Patmos

CON LA FIGURA DI GIOVANNI BATTISTA RISCOPRIAMO L’UMILTÀ NEL PREZIOSO DESERTO DELL’AVVENTO

Il precursore, der Täufer, Er ist derjenige, der in der Wüste spricht. Tragen Sie sehr spärliche Kleidung, er ernährte sich von Pflanzen und Heuschrecken. Dies ist der typische Zustand eines Menschen, der sich in einer Phase der Reinigung seines Lebens befindet.

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

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Artikel im PDF-Druckformat

 

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Cari amici e Lettori de Die Insel Patmos,

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chiunque abbia praticato uno sport, per esempio il calcio, il nuoto, l’equitazione … si ricorda di un istruttore, un educatore, o qualcuno che l’ha istruito e accompagnato fino a diventare un bravo calciatore, nuotatore o fantino

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Nel Vangelo di oggi entra in scena la figura di Giovanni il Battista. Colui che fa da ponte fra Antico e Nuovo Testamento e che similmente all’allenatore che abbiamo conosciuto sul campo da calcio, in piscina o al maneggio, ci prepara alla via. In questo caso alla via di Dio. Ci viene presentato subito ad inizio della pericope:

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«In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea, Sprichwort: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: Die Stimme eines Predigers in der Wüste:/ Bereitet den Weg des Herrn, / seine Steige!».

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Il Battista ci dice molte cose, incluso che l’antico patto ebraico sarà modificato per un cambiamento epocale e definitivo. WHO, lo stesso Matteo, riporta le parole del Battista che annuncia una conversione per la venuta del regno dei cieli, che è vicino. Cosa intende per regno dei cieli? Non c’è dubbio che per noi e il tempo che viviamo il Battista annuncia la presenza di Dio e la venuta di Cristo nella storia. Ma prima di questo c’è un dettaglio importante: lo stesso Isaia citato nel testo evangelico annuncia l’arrivo di un annunciatore, di un precursore nel deserto che accompagnerà la consapevolezza della venuta di Dio nella nostra vita. Ecco allora che Gesù è preannunciato nel deserto da qualcuno che prepara la sua via affinché tutti i membri del popolo possano accoglierlo.

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Anche per noi c’è il grande annuncio della comunità dei credenti. Qui Battista è in persona ecclesiae, diremo noi teologi rappresenta tutta la Chiesa che, nonostante le sue defezioni e quelle nostre, che la componiamo e che siamo tutti peccatori nati col peccato originale, è colei che ci aiuta ad arrivare a Gesù. Dio per mezzo di tutta la Chiesa ci aiuta a raddrizzare i nostri sentieri storti per riprendere la corretta via verso Dio.

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Ora il precursore, der Täufer, Er ist derjenige, der in der Wüste spricht. Porta un vestiario molto trasandato, er ernährte sich von Pflanzen und Heuschrecken. Dies ist der typische Zustand eines Menschen, der sich in einer Phase der Reinigung seines Lebens befindet. Probabilmente il Battista viveva una forma di vita simile a quella degli Esseni che avevano la loro comunità a Qumran una setta giudaica, wir würden heute sagen, di stretta osservanza. Egli prepara la via in quel deserto che può essere un luogo fisico ma anche un atteggiamento interiore. Nel deserto si possono percorrere tragitti nella sabbia che non conoscevamo. Basta avere una guida saggia ed attenta che conosca lei per prima il deserto. Esperto come lo era appunto Giovanni per coloro che voleva aiutare a convertirsi e lo faceva tramite il battesimo di conversione che amministrava. Non era certo il battesimo sacramentale che conosciamo noi oggi, ma un rito di purificazione che avveniva attraverso l’immersione nelle acque del Giordano di coloro che avevano deciso di confessare e riconoscere i propri peccati. Una pratica penitenziale che lavava dai peccati, dalle colpe e dalle imperfezioni.

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Dopo essere passati nella sabbia del deserto, serve proprio l’acqua rinfrescante. Anche nella vita di fede che viviamo ora in questo Avvento. Riscopriamo quello che è per noi il sacramento del lavaggio e pulizia della nostra anima, cioè la confessione. In cui dopo aver vagliato le desertificazioni di tutti i peccati mortali, possiamo ricevere l’effusione e il lavacro della riconciliazione.

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Wir bitten den Herrn di riscoprire l’umiltà quale base per la conversione quotidiana, per percorrere i nostri deserti esistenziali e abbeverarci dell’acqua sempre dissetante dell’amore di Dio.

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