Je t'envoie comme des moutons au milieu des loups

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

IO VI MANDO COME PECORE IN MEZZO AI LUPI

«Questa è la prima immagine di Gesù evangelizzatore che viene presentata: vaincu, donné un coup de pied, pas écouté, indésirable, ed è davvero una scena misteriosa se pensiamo che Gesù è l’evangelizzatore. Ce n'est pas une scène solitaire, e se Luca l’ha messa qui, è perché sa di toccare qualche cosa che appartiene a una costante del Regno di Dio»

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Dopo l’inizio del pellegrinaggio di Gesù verso Gerusalemme San Luca narra l’invio dei dodici (Lc 9,1-6). Ora vengono mandati da Gesù «altri discepoli» avanti a lui.

Si tratta di un numero che la tradizione dei manoscritti antichi trasmette in modo difforme. Per alcuni di essi sono settantadue e allora rappresenterebbero tutti i popoli della terra, secondo l’elenco di Genèse 10, almeno seguendo la traduzione greca (LXX); perché nel testo ebraico (masoretico) i popoli risultano essere settanta. In altri manoscritti greci è riportato proprio il numero settanta, ovvero quanti gli anziani scelti da Mosè secondo il racconto di Numeri (casquette. 11). Nell’uno o nell’altro caso, Luca dice che Gesù manda non solo i Dodici, ma anche altri discepoli, e li invia a tutti. Leggiamo il testo evangelico di questa XIV Domenica del tempo ordinario.

« À ce moment-là, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: Voici, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. Io vi dico che, en ce jour, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città”. I settantadue tornarono pieni di gioia, disant: "Monsieur, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome”. Egli disse loro: “Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Voici, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”» (Lc 10,1-12.17-20).

Rimanendo in argomento-numero è chiaro che dodici evochi la missione ad Israele, tale, en fait, era il numero delle sue tribù; quello di settanta o settantadue non può che richiamare, au lieu, la missione universale della Chiesa. Questa però non è iniziata, historiquement, al tempo di Gesù, ma solo dopo la sua morte e risurrezione; la presente narrazione appare dunque come un’interpretazione, un modo di dire che la missione verso i gentili fosse già presente nella volontà del Signore Gesù. Perché un invio ai pagani abbia luogo, en fait, devono verificarsi quelle condizioni narrate negli Atti degli Apostoli, che non si erano ancora realizzate al tempo in cui Gesù compie il suo viaggio a Gerusalemme. En particulier, la persecuzione della Chiesa dopo la morte di Stefano e la dispersione dei discepoli di Gesù; l’incontro di Paolo con Cristo; Pietro che entra nella casa del centurione Cornelio e rimane a tavola con i pagani. Enfin, la prima assemblea di Gerusalemme, che dirime questioni che mai si erano prefigurate antecedentemente, riguardanti la circoncisione o meno dei convertiti.

L’odierna pagina evangelica è facilmente divisibile in due parti: nella prima vengono date le istruzioni sulla missione, nella seconda si descrive il ritorno degli inviati. I discepoli devono andare a due a due, un probabile rimando al valore della testimonianza che richiede sia confermata da diversi: «Nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera» (Gv 8, 17; cf.. Dt 19,15). Gesù li avverte che saranno «come agnelli in mezzo a lupi»: dovranno, c'est-à-dire, essere pacifici nonostante tutto e recare in ogni situazione un messaggio di pace; non porteranno con sé né vestiti né denaro o altre cose inutili, per vivere di ciò che la Provvidenza offrirà loro; si prenderanno cura dei malati, come segno della misericordia di Dio; dove saranno rifiutati, se ne andranno, limitandosi a mettere in guardia circa la responsabilità di respingere il Regno di Dio. L’annuncio della venuta di Gesù e del Regno, puis, prevede un’urgenza che fa sì che i discepoli non dovranno nemmeno fermarsi per salutare le persone. A seguire San Luca mette in risalto l’entusiasmo dei discepoli per i buoni frutti della missione e registra questa bella espressione di Gesù: «Rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10, 20). Tutto questo brano del Vangelo è un invito a risvegliare nei battezzati la consapevolezza di essere missionari di Cristo, chiamati a preparargli la strada con le parole e con la testimonianza della vita.

Mi soffermo sulla frase di Gesù qui sopra riportata in risposta ai discepoli che si rallegrano per l’esito della missione, perché potrebbe apparire spiazzante, giocata sul paradosso, come spesso fa Gesù, che usa un linguaggio apocalittico per via della menzione dei demoni che si sottomettono, di Satana che precipita da quel cielo dove i nomi dei discepoli missionari invece vengono ascritti. Il detto evangelico vuole sottolineare che ogni missione cristiana pur richiedendo la disponibilità umana non dipende totalmente dagli inviati, ma dalla forza della Parola e da Dio. Per questo essa prevede anche il rifiuto; nel brano evangelico, en fait, emerge per tre volte l’idea che l’evangelizzazione possa fallire. Nell’espressione del v. 6: «altrimenti (paix, n.d.r) ritornerà su di voi»; in quella del v. 10: «quando entrerete in una città e non vi accoglieranno»; ed anche nell’allusione del v. 3: essere «agnelli in mezzo ai lupi». Si potrebbe menzionare anche l’ammonizione del v. 16 non riportata oggi dal Lezionario, nei riguardi di Corazin, Betsàida e Cafarnao, dove si parla di Gesù disprezzato e dei discepoli che subiscono la stessa sorte: «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato». Si comprende che il destino del discepolo è come quello del Maestro, possono esserci dei successi, ma anche incontrare muri che sbarrano la strada all’evangelizzazione. Jésus, fin dall’inizio del suo viaggio verso Gerusalemme, è presentato subito come un non accolto, poiché appressandosi a un villaggio di samaritani: «essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme» (Lc 9,53). Così quell’antica diatriba fra giudei e samaritani, nella quale si mischiano ragioni sociali, culturali e religiose, sembra una premonizione di ciò che oggi vediamo accadere ancora nella terra che fu anche di Gesù. Come avviene in tante simili situazioni, quando le ferite della memoria non guarite rendono più forte il rancore della riconciliazione. Così anche Gesù ricade nello stesso identico, quanto noioso, schema del nemico. Non importa chi sia, cosa dica o porti: Egli è un galileo da rifiutare. Anzi possiamo dire che Gesù fin da subito, nel Vangelo di Luca, appare come un rifiutato, quando gli stessi concittadini di Nazareth non vogliono credere al suo primo annuncio, anzi tentarono di metterlo a morte (Lc 4).

«Questa è la prima immagine di Gesù evangelizzatore che viene presentata: vaincu, donné un coup de pied, pas écouté, indésirable, ed è davvero una scena misteriosa se pensiamo che Gesù è l’evangelizzatore. Ce n'est pas une scène solitaire, e se Luca l’ha messa qui, è perché sa di toccare qualche cosa che appartiene a una costante del Regno di Dio» (C. M. Martini, L’evangelizzatore in San Luca, Milan, 2000).

La storia si ripete, anche per i discepoli, ed è previsto il rifiuto colpevole all’annuncio. Ma questi devono in ogni caso dire a chi li rifiuta che: se la polvere «la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino» (Lc 10,11).

Dopo la Risurrezione di Gesù la Chiesa primitiva acquisterà piena consapevolezza di questa dinamica e saranno proprio le persecuzioni scatenate a Gerusalemme contro i cristiani di cultura greca a far si che il Vangelo arrivi, insieme al Battesimo e al dono dello Spirito, anche a quei samaritani che una volta non vollero accogliere Gesù, come racconta Luca negli Atti degli Apostoli (casquette. 8). Gli ostacoli della divisione vengono così rimossi, perché il segno della Pentecoste, della nuova comunità che ormai parla in tutte le lingue e unisce i popoli in un unico popolo, in una famiglia di Dio, è divenuto realtà. Grazie ad Essa gli stranieri sono diventati amici e, al di là dei confini, si riconoscono fratelli.

De l'Ermitage, 06 juillet 2025

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Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)

 

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Les Pères Patmos Island

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Dans l'éclairage de l'esprit, Nous verrons la vraie lumière qui illumine tous les hommes qui viennent au monde

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

Dans l'éclairage de l'esprit, NOI VEDREMO LA VERA LUCE CHE ILLUMINA OGNI UOMO CHE VIENE NEL MONDO

Esistono due modi egualmente mortali di separare il Cristo dal suo Spirito: celui de rêver d'un royaume de l'Esprit qui allait provoquer le Christ, e quello d’immaginare un Cristo che riporterebbe costantemente al di qua dello Spirito.

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Il profeta Isaia implorava: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi» (Est 63,19). Nella Pentecoste quell’antico desiderio è stato esaudito.

El Greco, “Pentecoste”, 1597-1600 (particulier) – Madrid, Museo del Prado

 

«Nella tua luce vedremo la luce», pregava il salmista (Doit 36,10) e San Basilio chiosava: «Dans l'illumination de l'Esprit, nous verrons la vraie lumière qui éclaire tout homme qui vient au monde". La Pentecoste è il compimento del mistero pasquale e rivelazione della vocazione cristiana. Lo Spirito, en fait, come un maestro al discepolo, insegna e fa ricordare, affinché Cristo dimori nel discepolo, ne divenga presenza interiore e intima. Non quindi esteriore, estrinseca o funzionale: il compimento della vocazione cristiana si avvera quando la vita di Cristo vive in noi. E la vocazione, O, se si vuole, l’essenziale della vita cristiana sotto la guida dello Spirito è la vita interiore, come capacità di far abitare in noi la parola del Signore, per meditarla, comprenderla, interpretarla e poi viverla. Leggiamo il Vangelo di questa Solennità:

« À ce moment-là, Jésus dit à ses disciples: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”» (Gv 14,15-16.23-26).

Il compimento della Pasqua del Signore implica l’inclusione del credente in questo fondamentale mistero e ciò avviene per mezzo del dono dello Spirito Santo. Egli favorisce il passaggio da Cristo al cristiano, dalla missione di Gesù a quella dei discepoli, come pure dalla predicazione e dall’azione di Gesù alla predicazione e all’azione dei credenti nella storia. Completa, c'est-à-dire, il passaggio da Cristo alla Chiesa. Come afferma Gesù nel Vangelo, grazie allo Spirito, il credente comprende e ricorda la parola di Gesù e con la Sua forza la annuncia, vi risponde con la preghiera e vi obbedisce con la testimonianza. In questo modo l’evento pentecostale ci rivela chi è il credente, poiché accende la luce sulla vita secondo lo Spirito. Prendiamo ad esempio la preghiera. Grazie allo Spirito essa sorge in risposta alla Parola del Signore ascoltata e permette di invocare Dio col nome di Padre, Abbà, poiché i rinati dallo Spirito sono figli suoi, come ricorda l’Apostolo Paolo nell’odierna seconda lettura con parole rimaste famose:

«Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Père!”. Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rm 8, 14-15).

Subito prima l’Apostolo aveva richiamato un altro aspetto intrinseco alla vita secondo lo spirito, quello della lotta interiore, che si contraddistingue per la rottura con la «carne» e l’egoismo:

«Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Maintenant, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, frères et sœurs, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, pouquoi, se vivete secondo la carne, morirete. je sais, au lieu, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete».

Mentre invece il valore dell’annuncio e della testimonianza sono gli Atti degli Apostoli, la prima lettura di oggi, a sottolinearli, quando i discepoli iniziano a parlare la lingua dello Spirito, rendendo eloquente per tutti il messaggio delle grandi opere di Dio:

«Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?» (À 2,8).

Tornando al Vangelo, possiamo brevemente riassumere come Gesù prepara i suoi a ricevere l’«altro» Paraclito. Nell’ultima Cena il cuore dei discepoli è turbato dall’annuncio imprevisto della partenza di Gesù (Gv 14,1). Finora egli era restato con loro (Gv 16,4; 14,25); ma adesso annuncia che rimarrà soltanto per poco tempo (Gv 13, 33): ben presto essi non lo vedranno più (Gv 16,11) perché va al Padre (Gv16,10). Tuttavia Gesù tornerà subito presso i suoi (Gv 14,18) non solo al momento delle apparizioni pasquali, ma per mezzo di una presenza tutta spirituale ed interiore: allora soltanto i discepoli saranno capaci di vederlo, in una contemplazione di fede (Gv14,19). E questa sarà opera dello Spirito Santo, il quale viene chiamato «un altro Paraclito» (Gv 14,16), perché continuerà presso i discepoli l’opera che il primo Paraclito, Jésus, ha iniziato. Nel grande conflitto che oppone Gesù e il mondo, lo Spirito avrà il compito di difendere la causa di Gesù presso i discepoli e di confermarli nella loro fede. In questo modo diventa interesse dei discepoli che il Cristo Gesù se ne vada, poiché senza questa dipartita il Paraclito non verrà presso di loro (Gv 16,7). Solo così il Padre donerà loro il Paraclito dietro richiesta di Gesù e nel nome di Gesù (Gv 14,16.26); plutôt, il Cristo stesso da presso il Padre invierà loro il Paraclito (Gv 15,26). Questo Spirito che proviene dal Padre resterà coi discepoli per sempre (Gv 14,16), cioè fino alla fine dei tempi: durante tutta la sua permanenza qui in terra, la vita della Chiesa sarà caratterizzata dall’assistenza dello Spirito di verità.

San Giovanni ricorda che il Padre invierà lo Spirito Santo «nel nome di Gesù», come prima aveva detto che Gesù stesso stava sulla terra «nel nome di suo Padre» (Gv 5,43), in stretta comunione col Padre; egli infatti stava tra gli uomini per far conoscere il nome del Padre, per rivelare il Padre (cf.. Gv 17,6). Di qui si comprende meglio quel che intende dire Gesù quando annuncia che il Paraclito sarà inviato «nel suo nome». Non significa semplicemente che il Padre invierà lo Spirito dietro richiesta del Figlio, oppure in luogo o come rappresentante del Figlio, o ancora per continuare l’opera del Figlio. Il «nome» esprime qui quel che di più profondo esiste nella persona del Cristo Gesù, la sua qualità di Figlio, ed in quanto tale avrà una parte attiva nell’invio dello Spirito. Per questo motivo nei discorsi d’addio si trovano le due formule complementari: il Padre invierà lo Spirito nel nome di Gesù (Gv 14,26); il Figlio stesso invierà lo Spirito da presso il Padre. La formula «nel mio nome» indica dunque chiaramente la comunione perfetta tra il Padre e il Figlio quando Essi inviano lo Spirito. Senza dubbio l’origine di questa «missione» è il Padre ed è per questo che il Figlio invierà lo Spirito «da presso il Padre». Tuttavia anche il Figlio è principio di questo invio: e perciò il Padre invierà lo Spirito «nel nome del Figlio». Così il Padre e il Figlio sono entrambi principio di questa missione del Paraclito. Donc, se lo Spirito è inviato nel nome del Cristo Gesù, la sua missione sarà di rivelare il Cristo Gesù, di far conoscere il suo vero nome, quel nome di Figlio di Dio che esprime il mistero della sua persona: Il Paraclito dovrà suscitare la fede in Gesù Figlio di Dio.

Ma il Vangelo va oltre. La seconda metà del versetto (Gv 14,26) descrive il Paraclito «nell’ufficio di maestro di dottrina» (Reginald Garrigue Lagrange). Tale azione viene designata da due differenti verbi: «Egli vi insegnerà ogni cosa e vi farà souviens-toi tutto quel che io vi ho detto». Questa è una proposizione importante, perché ha dato adito a una tentazione ricorrente nella Chiesa, quella di introdurre nuove rivelazioni dovute allo Spirito. Una tentazione per nulla illusoria se ci ricordiamo il montanismo agli inizi della Chiesa e la corrente spiritualista di Gioacchino da Fiore nel Medioevo. Padre Henry de Lubac benissimo ha scritto:

«Esistono due modi egualmente mortali di separare il Cristo dal suo Spirito: celui de rêver d'un royaume de l'Esprit qui allait provoquer le Christ, e quello d’immaginare un Cristo che riporterebbe costantemente al di qua dello Spirito».

Ma il Paraclito ai discepoli non porterà un Vangelo nuovo, nella vita e nell’insegnamento di Gesù, en fait, è contenuto tutto quel che dobbiamo conoscere in vista della costituzione del Regno di Dio e per attuare la nostra Salvezza. La funzione dello Spirito resta essenzialmente subordinata alla Rivelazione già portata da Gesù. «Insegnare» secondo Giovanni è quasi un verbo di rivelazione. Il Padre ha insegnato al Figlio quel che questi ha rivelato al mondo (Gv 8,28). Ma più spesso Gesù medesimo viene presentato come colui che insegna (Gv 6,59; 8,20). Toutefois, questa dottrina del Cristo Gesù non deve rimanere estrinseca al credente, per questo Giovanni ha insistito fortemente sulla necessità di renderla interiore con l’accoglierla mediante una fede sempre più viva. Tale è il significato delle espressioni tipicamente giovannee «rimanere nella dottrina del Cristo» (2Gv 9), «rimanere nella sua parola» (Gv 8,31). Precisamente qui si pone l’azione dello Spirito: anch’egli «insegna». Egli insegna esattamente quello che è già stato insegnato da Gesù, ma per farlo penetrare nei cuori. Alors, la Rivelazione ha una perfetta continuità: proveniente dal Padre, essa ci viene comunicata dal Figlio e tuttavia non raggiunge il suo termine che quando è penetrata nel più intimo di noi stessi e questo avviene per opera dello Spirito.

La natura esatta di questo insegnamento del Paraclito viene precisata da un altro verbo: egli «farà ricordare» tutto quel che Gesù ha detto. Questo tema del «richiamo» o del «ricordo» viene fortemente sottolineato dal quarto Vangelo. Giovanni osserva più d’una volta che dopo la partenza di Gesù i discepoli «si ricordarono» di questa o quell’altra parola o azione di Gesù, cioè essi ne colsero il vero significato e tutta la portata soltanto dopo la Resurrezione (Gv 2,17.22; 12,16). Proprio qui si colloca la funzione dello Spirito Santo: nel «ricordare» tutto quel che Gesù aveva detto, ma Egli non si limiterà soltanto a riportare alla loro memoria un insegnamento che altrimenti avrebbero rischiato di dimenticare. Il suo vero compito sarà di far comprendere nella loro interiorità le parole di Gesù, di farle afferrare alla luce della fede, di farne percepire tutte le virtualità, e le ricchezze per la vita della Chiesa. Dunque attraverso l’opera segreta del Paraclito il messaggio di Gesù non rimane più per noi esteriore ed alieno o semplicemente consegnato al passato; lo Spirito Santo l’interiorizza in noi e ci aiuta a penetrarlo spiritualmente perché noi vi scopriamo una parola di vita. Questa parola di Gesù, assimilata nella fede sotto l’azione dello Spirito, è quel che nella sua prima Lettera Giovanni chiama «l’olio d’unzione» che rimane in noi (1Gv 2,27). Lo Spirito agisce nell’intimo del credente affinché l’insegnamento di Gesù acquisti un senso sempre più pieno (vv. 20 e ssg.) e lo istruisce su tutte le realtà; il cristiano è ormai «nato dallo Spirito» (Gv 3,8). Giunto a questo grado di maturità spirituale egli non ha più necessità d’essere istruito (1Gv 2,27): ormai importa unicamente ch’egli resti in Gesù e che si lasci istruire da Dio (cf.. Gv 6,45).

De l'Ermitage, 07 juin 2025

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L'ascension marque une nouvelle façon pour les disciples d'être pour Christ, avec Christ et en Christ

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

L’ASCENSIONE SEGNA PER I DISCEPOLI UN MODO NUOVO DI ESSERE PER CRISTO, AVEC LE CHRIST ET EN CHRIST

L’Ascensione del Signore inaugura una relazione totalmente nuova fra lui e i discepoli, que même s'il est marqué par une séparation physique, Cependant, cela ne génère pas de tristesse, ni regrette, Parce que les disciples: «tornarono a Gerusalemme con grande gioia». Inizia dunque un legame che avrà una forte incidenza sulla vita spirituale del cristiano, anche perché d’ora in poi viene costituito come testimone.

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L’Ascensione del Signore forma parte costitutiva dell’unico ed indivisibile evento pasquale. Il testo evangelico della festa la colloca al termine del racconto delle apparizioni del Risorto, in quel primo giorno dopo il sabato che per Gesù diventa l’occasione per rincuorare gli ancóra scossi discepoli.

Salvador Dali, Ascensione di Cristo

In questo modo Egli rafforza la loro fede nella risurrezione: «Così sta scritto: «Il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno» (v. 46); preannuncia loro la futura missione: «nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e la remissione dei peccati» (v. 47); e il dono dello Spirito Santo: «io mando su di voi ciò che il Padre mio ha promesso» (v. 49). Leggiamo il brano evangelico:

« À ce moment-là, Jésus dit à ses disciples: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, au départ de Jérusalem. Di questo voi siete testimoni. Et ici, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, je suis béni. Mentre li benediceva, il se sépara d'eux et fut emporté, dans le ciel. Et ils sont tombés devant lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio (Lc 24,46-53).

L’Ascensione è raccontata, in alcuni passi del Nuovo Testamento, con termini che parlano di allontanamento, di partenza, di assunzione (analempsis À 1,11), marcher (poreoumai À 1,10-11), di salita (anabasis: Gv 20,17), di separazione: «si staccò da loro» (Lc 24,51). Come già abbiamo visto nel vangelo giovanneo di domenica scorsa questo sottrarsi del Signore alla vista fisica non viene letto, Mais, come un distacco, una mancanza o un’assenza. Poiché esso apre ad un nuovo legame fra Gesù e i suoi, stavolta interiore e spirituale, guidato dallo Spirito e teso a rendere i discepoli testimoni del Risorto. Mentre Giovanni sottolinea l’aspetto dell’inabitazione trinitaria, Luca coglie invece quello della missione e testimonianza: «Di questo voi siete testimoni» (Lc 24,48) ; «Voi sarete miei testimoni a Gerusalemme … e fino ai confini della terra» (À 1,8). Per ambedue gli autori testamentari se l’Ascensione nasconde definitivamente il corpo fisico di Gesù alla vista dei suoi discepoli, ciononostante essi possono di nuovo incontrarlo sia interiormente, grazie alla presenza dello Spirito, sia nell’amore scambievole fra i discepoli e verso il prossimo: lasciandosi guidare dallo Spirito, essi possono fare ciò che Gesù stesso faceva.

Prima di lasciare i suoi, Gesù fa un breve «riassunto» della sua vita e della sua missione. Précédemment, a Emmaus, aveva spiegato come in tutte le Scritture – «cominciando da Mosè e da tutti i profeti» – vi era un riferimento a lui e, surtout, che il Messia d’Israele avrebbe «sopportato tutte queste sofferenze per entrare nella sua gloria» (Lc 24,26). Ora questi discorsi sono rivolti agli apostoli, come dice l’introduzione al vangelo di oggi:

«Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (v.44).

Gesù sta spiegando, come aveva già fatto nei suoi tre annunci della passione, che il Messia, le Christ, sarebbe morto e risorto dopo tre giorni. Cogliamo qui l’inizio dell’ermeneutica cristiana delle scritture ed è Gesù stesso ad inaugurarla, tant que, par exemple, difficilmente troveremmo nell’Antico Testamento un’esplicitazione così chiara, in senso messianico, delle profezie sul servo sofferente di Isaia. Gesù risorto lo segnala ai discepoli. Come avrebbero, en fait, potuto costoro dare un senso così «pieno» a parole che mai nessuno prima aveva interpretato in quel modo? Da allora in poi i cristiani leggeranno la Bibbia a partire dalla morte e risurrezione di Gesù:

«La morte del Messia, re dei Giudei, e la sua risurrezione diedero ai testi dell’Antico Testamento una pienezza di significato prima inconcepibile. Alla luce degli eventi della Pasqua gli autori del Nuovo Testamento rilessero l’Antico. Lo Spirito Santo inviato dal Cristo glorificato ne fece scoprire loro il senso spirituale» (Commission biblique pontificale, Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana).

L’Ascensione del Signore inaugura, comme on l'a dit, una relazione totalmente nuova fra lui e i discepoli, que même s'il est marqué par une séparation physique, Cependant, cela ne génère pas de tristesse, ni regrette, Parce que les disciples: «tornarono a Gerusalemme con grande gioia». Inizia dunque un legame che avrà una forte incidenza sulla vita spirituale del cristiano, anche perché d’ora in poi viene costituito come testimone: «Di questo voi siete testimoni» (Lc 24,48). E questa relazione sarà posta sotto il sigillo dello Spirito Santo, ou, l’amore di Dio e la libera volontà di Lui di comunicare ed entrare in comunione con gli uomini. De cette façon, quello che ha vissuto e fatto Gesù con tutti, toccando le membra povere o peccatrici della nostra umanità, ora lo possono compiere anche i discepoli. Lasciandosi guidare dallo Spirito, essi possono fare ciò che Gesù stesso faceva. Nel racconto dell’Ascensione che si legge negli Atti degli Apostoli, ugualmente lucano come il vangelo, notiamo una continuità tra la venuta del Signore nella gloria ed il suo cammino storico, il verbo usato per descrivere l’andata di Gesù verso il cielo in À 1,10-11 è lo stesso usato per indicare il cammino che egli ha compiuto fisicamente. L’Asceso al cielo è anche il Veniente ed è colui che passò tra gli uomini facendo il bene e guarendo:

«Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, verrà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo» (À 1,11).

Venuta escatologica e cammino quotidiano di Gesù sono in stretta continuità; così anche per i discepoli: per conoscere, confessare e testimoniare il Veniente non occorre guardare in cielo, ma ricordare i passi compiuti da Gesù sulla terra. L’umanità di Gesù attestata dai vangeli diventa, comme ça, il magistero che indica ai cristiani la via da percorrere per testimoniare colui che, asceso al cielo, non è più fisicamente presente tra i suoi e verrà nella gloria.

C'est toujours. Secondo il Vangelo di Luca l’Ascensione di Gesù è accompagnata da una benedizione: «Mentre Gesù benediceva i discepoli, si staccò da loro e fu portato verso il cielo» (v. 51); e secondo gli Atti degli Apostoli da una promessa: «Gesù verrà un giorno…» (À 1,11). Promessa e benedizione sono l’assicurazione che il Signore non abbandona i suoi, ma verrà di nuovo ad incontrarli. Ma sono altresì aspetti che impegnano la Chiesa nella predicazione e nella testimonianza, mentre questa attende gioiosa da Sua venuta gloriosa. Il Vangelo pone in evidenza due caratteristiche decisive della testimonianza cristiana, e cioè la conversione e la remissione dei peccati (Lc 24,47) che furono già al centro della predicazione e del messaggio di Gesù, come gli stessi discepoli hanno sperimentato. Essi hanno condiviso la strada con quel Gesù che è venuto «non a chiamare i giusti, ma i peccatori a conversione» (Lc 5,32), e hanno sperimentato il perdono dei peccati, hanno conosciuto la salvezza nella remissione dei peccati (Lc 1,77). In fondo si è testimoni di ciò che si è conosciuto e sperimentato.

Enfin, occorre ricordare che ci sono molti punti, all’interno dei Vangeli, in cui Gesù prefigura quanto avverrà nell’Ascensione, ad esempio durante l’Ultima Cena, in cui annuncia: «vado dal Padre». E il posto alla destra del Padre è, précisément, il posto d’onore, quello del Figlio prediletto che per amore si è fatto carne, è morto e risorto e così ha salvato l’umanità. Quel posto è suo da sempre, perché Gesù prima di essere uomo è Figlio del Padre e presso di Lui ha stabile dimora e gloria. Jésus, Toutefois, ascende al cielo per dare inizio al «regno che non ha fine», ma anche per preparare il nostro posto in cielo. Se Gesù non tornasse al Padre nei cieli, per l’uomo non sarebbe completa sia la redenzione che la salvezza: solo così, en fait, Egli le porta a compimento, inviando nel mondo il Consolatore.

De l'Ermitage, 01 juin 2025

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La vraie paix est du Christ, pas ce des pacifistes et les pacifondes

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

La vraie paix est du Christ, NON QUELLA DEI PACIFISTI O DEI PACIFONDISTI

Lo Spirito è «l’attualità di Cristo» stesso, Mais pas comme un simple souvenir de la vie terrestre du Seigneur. Son actualisation est celle qui fait de nous "contemporains du Christ" (Søren Kierkegaaard), assicurandone la sua permanente presenza nella Chiesa, come anche San Paolo afferma di Gesù, che rimane presente nella nostra esistenza come «spirito vivificante».

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San Girolamo, nel commento alla Lettera ai Galati, narra una vicenda forse leggendaria, di sicuro antica:

«Il beato Giovanni evangelista, pendant, fino alla vecchiaia avanzata, dimorava a Efeso e con difficoltà veniva trasportato in chiesa sulle mani dei discepoli ne era più in grado di dire molte parole, nient’altro soleva proferire in ciascuna riunione se non questo: “Figlioli, amatevi gli uni gli altri” (cf.. 1Gv 3,11)».

Negli scritti giovannei è l’amore la cifra attorno alla quale l’evangelista condensa il mistero cristiano, come nelle parole che si leggono nel Vangelo di questa domenica. In esse ci viene rivelato qualcosa di grande e nello stesso tempo profondo, poiché dicono che grazie all’amore la Trinità abita in noi. Il Signore Risorto che non ci ha lasciati, in forma nuova, spirituel, continua a vivere in noi portandovi l’amore del Dio trinitario. Lisons.

« À ce moment-là, Jésus a dit [ses disciples]: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, Je vous donne ma paix. Pas comme le monde donne, Je vous le donne. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, pouquoi, quando avverrà, voi crediate”» (Gv 14,23-29).

Nel contesto dell’ultimo incontro tra Gesù e i suoi, diversi discepoli gli rivolgono delle domande: Pierre en premier lieu (Gv 13,36-37), poi Tommaso (Gv 14,5), quindi Giuda Iscariota: "Monsieur, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?» (Gv 14,22). È una domanda che evidenzia, peut-être, la sofferenza nei discepoli, tant que, dopo l’avventura vissuta insieme a Gesù per anni, egli se ne va e sembra che nulla sia veramente cambiato nella vita del mondo. Una piccola e sparuta comunità ha compreso qualcosa perché Gesù si è manifestato a essa, ma gli altri non hanno visto e non vedono nulla. A cosa si riduce dunque la venuta del Figlio unigenito nella carne? Gesù allora risponde: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Il Signore Gesù non si manifesta al mondo che non crede in lui, che permane ostile senza riuscire ad amarlo: per avere, au lieu, la manifestazione di Gesù occorre l’amore. Quelle parole di Gesù sono sorprendenti perché spalancano l’orizzonte sull’inaspettata nuova abitazione del Signore in noi. Come sarà questa nuova presenza di Gesù nella comunità dei credenti? Essa sarà caratterizzata da due tratti fondamentali.

D'abord, sarà una presenza interiore, spirituel: per mezzo di essa il Signore si manifesterà ai suoi discepoli. Fino ad allora Gesù è stato semplicemente «presso» di loro (v. 25). Partirà, Mais, senza lasciarli orfani, poiché Egli tornerà dai suoi (v. 18), e «in quel giorno», dit Jésus, faranno un’esperienza nuova: «voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi» (v. 20). Riconosceranno contemporaneamente che Gesù è nel Padre suo e che perciò non sarà da solo a venire verso il discepolo che ama: verranno Gesù e il Padre suo e dimoreranno (v. 23). Gesù si manifesterà nel mistero della sua inabitazione nel Padre suo. Toutefois, afferma Gesù, quasi come un ritornello, questa condizione si verifica se il discepolo ama il Signore, secondo l’insegnamento che ha ricevuto da Lui (vv. 15.21.23.24). In questa osservanza esistenziale del precetto dell’amore, il discepolo finalmente riconoscerà che Gesù e il Padre dimorano in lui.

L’altro tratto fondamentale rivelato dalle parole di Gesù è che tutto questo non sarà possibile senza l’azione dello Spirito Santo. Come sopra rammentato Gesù era «presso» i discepoli (v.25), così pure lo Spirito era «presso» di loro (v.17), perché era in Gesù. Più avanti sarà «in» loro — ancora il v. 17: «Lo Spirito della verità, que le monde ne peut pas recevoir parce qu'il ne le voit pas et ne le connaît pas. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi» — perché il suo compito sarà quello di ricordare ai discepoli tutto quello che aveva detto loro Gesù e di insegnarlo dal di dentro: «vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (v. 26).

L’insegnamento del Paraclito coinciderà dunque con l’insegnamento interiore di Gesù: le sue parole diventeranno, nell’intimo dei discepoli, fiumi di acqua viva che susciteranno per loro e per la comunità cristiana una vita nuova: "Si quelqu'un a soif, venez à moi, et laisse boire celui qui croit en moi. Comme le dit l'Ecriture: De son sein couleront des fleuves d’eau vive. ». Il a dit cela de l'Esprit afin que ceux qui croient en lui recevraient: en fait il n'y avait pas encore l'Esprit, parce que Jésus n'avait pas encore été glorifié" (Gv 7, 37-39). Attraverso l’interiorizzazione della parola di Gesù e per mezzo della presenza dello Spirito nei discepoli, Gesù stesso e con Lui il Padre, sarà nuovamente presente in loro. Però soltanto nello Spirito Paraclito sarà possibile «vedere» Gesù (Gv 16,22-23); comme ça, attraverso uno sguardo nuovo, si scoprirà il suo mistero, come afferma anche Sant’Ambrogio: «Non con gli occhi del corpo, ma con quelli dello spirito si vede Gesù» (Expos. ev.sec. Luke: je,5).

Di tale maniera, in un modo assolutamente imprevedibile, si compirà la promessa della inabitazione escatologica di Dio tra gli uomini (cf.. Zac 2,14: «Rallègrati, esulta, fille de Sion, pouquoi, Voici, io vengo ad abitare in mezzo a te»). Così si esprime Sant’Agostino riguardo a questa nuova presenza divina che è trinitaria: "Voici, alors, che anche lo Spirito Santo, insieme al Padre e al Figlio, fissa la sua dimora nei fedeli, dentro di loro, come Dio nel suo tempio. Dio Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo vengono a noi quando noi andiamo da loro» (Tract. in Jo., PL 35, 1832).

Sappiamo che i tre principali autori del Nuovo Testamento che hanno scritto sullo Spirito Santo sono Luca, Paolo e Giovanni. Ma solo quest’ultimo dice che il Gesù storico dava lo Spirito. Secondo il quarto Vangelo l’attività dello Spirito consiste nel suscitare, approfondire o difendere, nel cuore dei discepoli, la fede in Gesù e di dare loro la conoscenza del Signore. Come giustamente è stato affermato: è in un quadro di rivelazione che si inserisce in San Giovanni la dottrina sullo Spirito Santo; e il quarto vangelo di continuo ci fa assistere alla rivelazione progressiva del rapporto sempre più intimo tra Gesù e lo Spirito. Se all’inizio Gesù si presenta come colui sul quale lo Spirito «rimane» — di lui, en fait, il Battista dice: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui» (Gv 1, 32) — in seguito Egli lo dona, plutôt, al momento della «sua ora» ne diviene la fonte. Dopo la risurrezione Gesù chiederà al Padre di mandare lo spirito di verità (Gv 14, 16-17) che sarà un altro Paraclito. Dallo Spirito è ormai assicurata alla Chiesa la permanenza e l’efficacia della rivelazione di Gesù. Au contraire, pour Jean, lo Spirito è «l’attualità di Cristo» stesso, Mais pas comme un simple souvenir de la vie terrestre du Seigneur. Son actualisation est celle qui fait de nous "contemporains du Christ" (Søren Kierkegaaard), assicurandone la sua permanente presenza nella Chiesa, come anche San Paolo afferma di Gesù, che rimane presente nella nostra esistenza come «spirito vivificante» (1Cor 15,45).

De l'Ermitage, 24 mai 2025

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La France a excité et au lieu de l'idole du profane, il court vers la police baptismale

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

La France a excité et au lieu de l'idole du LAICITÉ Se déroule vers la police baptismale

Dans les lettres envoyées aux évêques par le jeune français baptisé cette Pâques à l'âge adulte, Ils parlent d'abord d'un voyage personnel, Souvent commencé dans l'enfance. «Les chrétiens ne sont pas nés, Vous devenez, "a écrit Tertullien, auquel Saint Augustin résonne: «Ce n'est pas la génération qui fait des chrétiens, Mais la régénération ".

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Il a suscité un étonnement et une joie La nouvelle que lors de la récente Pâques se réveille dans les églises de France au-delà 17000 Les gens ont reçu le baptême.

Au-delà des données ou d'autres considérations Mais ils existent en cette écriture, Je signale uniquement des informations qui émergent des jeunes de ce groupe de baptises: Dans les lettres qu'ils ont envoyées aux évêques, Ils parlent d'abord d'un voyage personnel, Souvent commencé dans l'enfance. «Les chrétiens ne sont pas nés, Vous devenez, "a écrit Tertullien, auquel Saint Augustin résonne: «Ce n'est pas la génération qui fait des chrétiens, Mais la régénération "; En fait, déjà dans les temps anciens, le processus du catéchuménat a été long et, dans certains cas, il pourrait durer plusieurs années. Comme ça, Toujours depuis les temps anciens, la période de Pâques, marqué par ses dimanches, était devenu le moment du mélange, c'est-à-dire utile pour présenter le nouveau-né baptisé dans les mystères les plus profonds de la vie chrétienne. Pour ça à eux, Quant aux autres chrétiens, Un aliment plus solide a été proposé, Comme celui contenu dans le texte évangélique d'aujourd'hui, partie du célèbre chapitre 10 St John, qui présente Jésus Good Shepherd. Comme il a été écrit: "Aucune image du Christ au cours des siècles n'a jamais été plus cher au cœur des chrétiens que celle de Jésus Good Shepherd" (A.J. Simon). Nous lisons la chanson de ce dimanche:

« À ce moment-là, Jésus a dit: «Mes moutons écoutent ma voix et je les connais et ils me suivent. Je leur donne la vie éternelle et je ne serai pas perdu pour toujours et personne ne les déchirera de ma main. Mon père, Qu'il m'a donné, Il est plus grand que tout le monde et personne ne peut les déchirer de la main de son père. Le père et moi sommes un " (Gv 10, 27-30).

Pour comprendre ces quatre versets un peu Nous devons les encadrer comme le plus grand de la section allant du chapitre 7 au chapitre 10 de l'Évangile de Jean, dans lequel il y a. Jésus gravite autour du temple pour l'occasion du festival Tabernacles (Gv 7,14). Nous avons donc une unité d'espace, Le temple de Jérusalem, et le temps, La fête qui a duré huit jours, En particulier la moitié de la fête et surtout le dernier jour de celle qui comprend la section la plus longue des chapitres Giovannei (Gv 7,37-10,21) avec à l'intérieur de la promesse de l'eau vive de l'esprit, La révélation de Jésus Light of the World, La guérison de l'homme aveugle et le discours, précisément, sur le bon berger. Enfin la dernière partie du chapitre 10, affectant nos versets, Il est toujours placé dans le temple de la ville sainte, Mais pour une autre fête, celui du dévouement, Trois mois après les événements énumérés ci-dessus. Jésus se révèle au monde, mais en contraste constant avec elle, En particulier avec les Juifs. Et depuis le départ de l'exil, ces parties avaient pris une connotation messianique et eschatologique, le discours sur le bon berger sert à Jésus à indiquer clairement le sens de son travail messianique.

Au début, Jésus se définit comme "la porte des moutons", Une métonymie a l'habitude de communiquer qu'il est en fait la nouvelle clôture pour les moutons et le nouveau temple. Contrairement à ceux qui l'ont précédé, en particulier de ceux qui incarnent un faux messianisme, À la fois religieux et politique, celui de Jésus va dans la direction de l'amour vers les moutons. Avec Jésus, ils ne sont affirmés à personne, Pour cette raison, les moutons "ne les ont pas écoutés" ceux qui sont venus en premier (v. 8); Ils peuvent sortir et surtout pour le pénétrer, Avoir la vie, Une vie qu'il partage en tant que fils dans une communion parfaite et profonde avec son père. À ce stade, Jésus dit de lui-même, marquer encore plus le discours: "Je suis le bon berger" (v. 11).

Le thème du berger, réservé au nouveau Davide, vient de l'Ancien Testament où il devient un élément d'espoir eschatologique. Ézéchiel fait en fait le Seigneur dire: «Je vais susciter un berger qui les fera paître pour eux, Mon serviteur Davide. Il les mènera au pâturage, Ce sera leur berger " (Ce 34,23). Et l'adjectif "bon, Kalos», n'a pas de connotation morale ici, Presque une qualité subjective de Jésus, Parce que partout dans le quatrième évangile fait référence aux œuvres de Jésus (v. 32.33 e Gv 2,10: Le bon vin du mariage à Cana) c'est-à-dire qu'il le caractérise pour ce qui mène aux hommes. Jésus est le bon berger parce qu'il "pose" (V.17-18) sa vie pour les moutons et établir de nouvelles relations de connaissance mutuelle avec eux: L'adjectif vise donc à mettre en évidence les travaux d'épargne effectués par le berger messianique.

Sans exagération On peut dire que tout le chapitre sur le bon berger et donc aussi les versets de l'Évangile de ce dimanche constituent une véritable synthèse de la théologie de Giovannea. Ce qui est frappant, c'est que cette théologie n'est pas exposée uniquement dans un discours abstrait ou théorique, mais part d'une situation historique et concrète de la vie de Jésus. La situation historique est celle de la révélation de Jésus dans le temple de Jérusalem lors de la célébration d'une fête solennelle qui se termine par la guérison de l'homme aveugle qui mènera à une discrimination des hommes devant Jésus. D'une part les croyants, représenté par les aveugles, guéri par Jésus; de l'autre les Juifs qui ont rejeté la lumière du monde. Le discours sur le bon berger est un discours symbolique à travers lequel Jésus suggère que ses moutons sont hors de la clôture du judaïsme, Certains appartenant à ce pli et d'autres viendront plus tard, Le genre si appelé, Afin de configurer un nouveau troupeau, la communauté messianique.

Le sien, Jésus, Ce sera la porte des moutons, Celui qui donne accès au salut et sera le bon berger qui communique la vie en abondance. La docilité des moutons vers le berger s'exprime par les mots "écouter ma voix". Cette formule reçoit un sens plus profond ici que celui d'une simple attention qu'elle aurait pu être v. 3 commencer, Puisqu'il exprime la docilité future des moutons, maintenant hors de la clôture, vers le berger Jésus qui les mènera. Pendant la passion, Jésus dira que pour écouter la voix, vous devez "être de la vérité" (Gv 18,37) Et la raison en est évidente: La docilité des moutons vers le berger est en fait un fruit de la foi, C'est essentiellement une réalité de l'Église de Messianic Times.

Ces moutons sont "à lui", Ils ont donc une relation spéciale avec lui, WGS de la liberté, Et il les connaît et cette connaissance mutuelle est à l'image de celle existante entre Jésus et le Père (vv.14-15). Ce n'est pas une connaissance dans un sens grec, vous type intellectuel, Mais biblique, ou relationnel et existentiel. Connaître dans la Bible signifie avoir un objet une expérience concrète et connaître quelqu'un signifie entrer dans les relations personnelles avec lui. Ici, nous parlons de la relation et de la possession intime de Jésus de ses moutons: "Le Seigneur connaît son" (2Tim 2,19). Seulement ici, deux fois dans le chapitre 10 St John, On dit que Jésus sait que le sien signifie que cette "intelligence" particulière est une connaissance de l'amour par laquelle Jésus invite le sien à le suivre et il s'exprime dans le don de la vie éternelle, qui ne commencera pas après la mort, Mais à partir de maintenant. Les disciples savent que Jésus et leur connaissance découle de leur foi en lui (cf.. Gv 14,7.9). Puisque cela implique la communion avec Christ et, Merci à lui, avec le père, constitue l'essence même de la "vie éternelle", de participation à la vie même de Dieu (Gv 17,3). Déjà au début de l'Évangile Jean-Baptiste avait dit de Jésus: "Le père aime son fils et lui a tout donné" (Gv 3,35); Maintenant, voici Jésus lui-même qui affirme ses moutons: «Personne ne peut les déchirer de la main du père. Le père et moi sommes un ".

Ainsi la nouvelle communauté Ce n'est plus une clôture du type de ce que les moutons ont abandonné, C'est maintenant une communion, consiste en des connaissances mutuelles entre les moutons et le berger, Dans leurs relations personnelles avec lui, e, à travers lui, avec le père. Et puisque le travail accompli par le fils n'est que l'exécution de la volonté du père, Nous devons affirmer que le père lui-même est à la fois l'origine et la fin de tout le travail du salut.

Depuis que j'ai parlé, À propos de ce chapitre de San Giovanni, de la synthèse théologique, Nous pouvons sans aucun doute affirmer que la figure du bon berger rassemble les thèmes de la christologie ici dans l'Évangile, ecclésiologie et sotériologie qui se rappellent, Mais cependant, la christologie est l'unité de l'ensemble. On peut voir à nouveau comment l'ensemble du quatrième évangile a la personne du Christ comme un centre d'intérêt fondamental.

De l'Ermitage, 11 mai 2025

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Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)

 

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Lorsque vous êtes vieux, un autre vous apportera où vous ne voulez pas

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

QUANDO SARAI VECCHIO UN ALTRO TI PORTERÀ DOVE TU NON VUOI

Nei Vangeli sinottici Pietro, Après avoir été grondé et accusé d'être comme Satan, reçoit un deuxième appel, Semblable à celui d'Abraham dans Gen 22, Après celui de la génération 12: «Si quelqu'un veut venir derrière moi, Prenez sa croix et suivez-moi.

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Verso la fine del primo secolo qualcuno integra il Vangelo di Giovanni con l’attuale suo capitolo 21, anche se l’opera sembrava già conclusa nel precedente, quello delle apparizioni del Risorto.

Ciò viene spiegato dal fatto che i tempi stavano velocemente cambiando per la chiesa, con le avvisaglie di prime differenziazioni al suo interno e la formazione di una primitiva letteratura propriamente cristiana. Suite, lascia intravedere lo scritto, era sopraggiunta la morte di due grandi apostoli: Pietro e il discepolo amato, la fonte ispiratrice di quel Vangelo. Oggi leggiamo solo una sezione del capitolo 21, ma per capirne la portata è consigliabile leggerlo tutto. Ecco il brano.

« À ce moment-là, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: “Io vado a pescare”. Ils lui ont dit: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Jésus leur a dit: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. Ils lui ont répondu: “Non”. Allora egli disse loro: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”. Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: “Portate un po’ del pesce che avete preso ora”. Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Jésus leur a dit: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: “Chi sei?”, perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand ils ont mangé, Jésus a dit à Simon Pierre: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?”. Elle lui a répondu: “Bien sûr, seigneur, tu lo sai che ti voglio bene”. Il lui a dit: “Pasci i miei agnelli”. Il l'a répété, pour la deuxième fois: “Simone, figlio di Giovanni, nous sommes?”. Elle lui a répondu: “Bien sûr, seigneur, tu lo sai che ti voglio bene”. Il lui a dit: “Pascola le mie pecore”. Il l'a dit pour la troisième fois: “Simone, figlio di Giovanni, tu m'aimes?”. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: « Est-ce que tu me aimes?», il a dit: “seigneur, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene” Jésus lui répondit: “Pasci le mie pecore. En vérité, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; mais quand tu seras vieux, tu étendras tes mains, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, dit cela, at-il ajouté: “Seguimi”» (Gv 21,1-19).

La prima cosa che salta agli occhi approcciando il capitolo 21 del quarto Vangelo sono i tanti indizi che richiamano i primi tre Vangeli, come se la tradizione giovannea volesse interloquire con l’altra, maggioritaria, contenuta nei Vangeli sinottici. Mai, en fait, nel quarto Vangelo, viene detto che gli apostoli fossero pescatori o si insiste lì sulla professione della pesca, che invece è molto sottolineata dai vangeli sinottici. Un’attività che questi Vangeli concentrano in Galilea, mentre Giovanni preferisce la predicazione e l’attività di Gesù in Giudea. Ed ora questa scena è collocata presso il lago, dove secondo i sinottici pescavano i discepoli, ma chiamato di «Tiberiade» come in San Giovanni (Gv 6, 1): un chiaro rimando al luogo dove Gesù aveva sfamato la gente coi pani e i pesci. Si nota pure l’identificazione di Giacomo e Giovanni quali «figli di Zebedeo», di chiara derivazione sinottica. Di converso il brano non dimentica il «discepolo amato» dietro il quale la tradizione ha sempre visto l’apostolo Giovanni, colui che reclinò il capo sul petto di Gesù nell’ultima cena, che precedette Pietro al sepolcro e ora qui nel riconoscimento del Risorto. Ed infine Pietro che compare protagonista principale, fatto salvo il Risorto, ma non col soprannome di Cefa come viene appellato nel vangelo giovanneo e nelle lettere paoline (cf.. Gv 1,42; 1Cor 1,12;3,22), ma di Simone, secondo l’uso che troviamo molto di frequente nei sinottici (Mont 4,18; Mc 1,16; Lc 4,38).

Tutte queste particolarità ci permettono di affermare senz’ombra di dubbio che questa aggiunta al Vangelo sta cercando un dialogo che sfocia in una richiesta da parte della tradizione risalente al discepolo amato, alias Giovanni, di avere lo stesso rango, di essere posta allo stesso livello di quella sinottica, la quale tradizionalmente si fa risalire alla predicazione degli altri apostoli che qui Simon Pietro riassume con la sua sola presenza. Di passaggio ricordo che un’antica notizia risalente a Papia di Gerapoli (+130 D.C.) lega Pietro al vangelo marciano, come pure rimarca la Prima Lettera di quell’apostolo: «Vi saluta la comunità che è stata eletta come voi e dimora in Babilonia [Rome, ndr.]; e anche Marco, mio figlio» (1 Pt 5,13). L’altra tradizione, au lieu, è qui rappresentata dalla presenza di Tommaso che riallaccia i lettori al capitolo precedente dove era protagonista con la sua bella professione di fede, dal discepolo Natanaele che compare all’inizio del Quarto Vangelo e qui si specifica che fosse di Cana dove Gesù compì il primo dei segni e dagli stessi Giacomo e Giovanni, chiamati però «figli di Zebedeo» come nei sinottici e lì ricordati in quanto pescatori e soci di Simone.

Siamo nei primi tempi della vita della Chiesa e già si delinea l’alterità, ovvero la diversità dei punti di vista sul mistero cristiano, i quali desiderano armonizzarsi e non escludersi. Vengono richiamati i sinottici con la loro insistenza sulla sequela, il «Tu seguimi» di Gv 21,22, senza tralasciare il rimanere, che contrassegna la vita profonda del Figlio di Dio e del discepolo nel Vangelo giovanneo: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, qu'est-ce que ça t'importe?» (Gv 21,23). Una lezione che arriva alla Chiesa contemporanea da quella antica e che le fa particolarmente bene, soprattutto oggi che ha bisogno di riscoprire la comunione e la fraternità al suo interno e non la divisione. I Vangeli sono quattro, diversi fra loro e pur narrando lo stesso oggetto dipendono dall’originalità degli autori che fra loro dialogano e l’uno all’altro si richiamano, a volte dipendono, tanto da formare, secondo una fortunata espressione di Ireneo di Lione, «Il vangelo quadriforme».

Nel racconto evangelico ritornano alcuni argomenti cari a San Giovanni come il fatto che il gruppo dei discepoli quando non riconosce il Signore Risorto o la Sua presenza permane nella notte, tant’è che la pesca, in questo caso simbolo dell’attività apostolica e dell’attrazione delle persone nella Chiesa, è infruttuosa o addirittura nulla: «Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla» (Gv 21,3). Ma alla luce del giorno un Gesù non ancora identificato li invita a gettare la rete dalla parte destra della barca. Cogliamo qui il rimando alla profezia di Ezechiele che vedeva uscire dal lato destro del tempio un’acqua che man mano si ingrossava, tanto da divenire un torrente enorme: «Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare… Sulle sue rive vi saranno pescatori: da Engàddi a En-Eglàim vi sarà una distesa di reti. I pesci, secondo le loro specie, saranno abbondanti come i pesci del Mare Grande» (Ce 47, 1-10).

La medesima profezia che Giovanni vede realizzarsi sotto la croce: Gesù morto, colpito dalla lancia, diviene il tempio escatologico dal quale defluisce l’acqua dello Spirito sulla Chiesa nascente, rappresentata lì dalla Madre di Gesù e dal discepolo amato. Qui, au lieu, è la chiesa ormai pasquale che getta la rete per attrarre le persone al Cristo nella Chiesa. Molto brevemente e velocemente bisogna accennare alla differenza nel nostro brano fra il termine ictus, ἰχθύς, utilizzato da Giovanni per quel pescato, simbolo dei nuovi credenti che vengono tirati sulla barca e il termine opsarion, ὀψαρίων, che è invece il pesce del pasto, al quale Gesù invita i discepoli scesi a terra. Ricordo anche la sorgente di Eglàim a cui accennava la profezia di Ezechiele sopra ricordata. Essa è situata presso le acque salse del Mar Morto, che vengono risanate dalle quelle che il profeta vede uscire dal tempio ed ingrossare. Ora il valore numerico di Eglàim secondo il computo della Gematria — il sistema utilizzato nell’ebraismo per assegnare valori numerici alle lettere e, En conséquence, alle parole e alle frasi — è proprio di 153, tanti quanti i grossi pesci che Pietro e gli altri pescano, c'est-à-dire, a questo punto possiamo dirlo, salvano. E la rete non si spezzò dice San Giovanni utilizzando il verbo schizo, σχίζω, da cui il termine scisma, lo stesso verbo che aveva usato per la tunica inconsutile di Gesù sotto la croce, che per i padri greci fu da subito immagine dell’unità della Chiesa.

Ed infine l’apostolo Pietro. Egli impara che cosa significhi seguire davvero Gesù. Nei Vangeli sinottici Pietro, Après avoir été grondé et accusé d'être comme Satan, reçoit un deuxième appel, analoga a quella di Abramo in Genesi 22, Après celui de la génération 12: «Si quelqu'un veut venir derrière moi, Prenez sa croix et suivez-moi. Parce que celui qui veut sauver sa vie, va perdre; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, va la sauver » (Mc 8,34-35). Così nel Vangelo di Giovanni Pietro riceve un invito alla sequela, dopo quello che era successo nella notte della passione. Grazie all’imprescindibile testimonianza — «È il Signore!» — del discepolo amato e quindi anche alla tradizione evangelica che a lui si rifà, Pierre, de suite, si getta dalla barca per andargli incontro e il Vangelo ci narra l’ennesima conversione di questo straordinario Apostolo, attraverso un gioco di verbi molto significativo. In greco il verbo filéo esprime l’amore di amicizia, tenero ma non totalizzante, mentre il verbo agapáo designa l’amore senza riserve, totale ed incondizionato. Gesù domanda a Pietro la prima volta: "Simone, tu m'aimes (agapâs moi)», cioè secondo questo amore totale e incondizionato (Gv 21,15)? Prima dell’esperienza del tradimento l’impulsivo Apostolo avrebbe certamente detto: «Ti amo (agapô je sais) incondizionatamente». Ora che ha conosciuto l’amara tristezza dell’infedeltà e della propria debolezza, con umiltà dice: "Monsieur, Je t'aime bien (filô se)», ovvero «ti amo del mio povero amore umano». Il Cristo insiste: "Simone, mi ami tu di questo amore totale?». E Pietro ripete la risposta del suo umile amore umano: «Kyrie, filô se», "Monsieur, ti voglio bene come so». Ma la terza volta Gesù dice a Simone soltanto: «Fileîs me?», «mi vuoi bene?». Simone comprende che a Gesù basta il suo povero amore, l’unico di cui è capace, e tuttavia è rattristato che il Signore gli abbia dovuto dire così. Gli risponde perciò: "Monsieur, vous savez tout, tu sai che ti voglio bene (filô se)». Verrebbe da dire che Gesù si è adeguato a Pietro, invece che Pietro a Gesù.

È proprio questo adeguamento divino a dare speranza al discepolo Pietro, ma anche a noi quando abbiamo conosciuto la sofferenza dell’infedeltà. Da qui nasce la fiducia che renderà Pietro capace della sequela fino alla fine: «Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi» (Gv 21,19). Da quel giorno Pietro ha «seguito» come vero discepolo il Maestro con la precisa consapevolezza della propria fragilità; ma questa consapevolezza non l’ha scoraggiato. Egli sapeva infatti di poter contare sulla presenza accanto a sé del Risorto. Dagli ingenui entusiasmi dell’adesione iniziale, passando attraverso l’esperienza dolorosa del rinnegamento ed il pianto della conversione, Pietro è giunto ad affidarsi a quel Gesù che si è adattato alla sua povera capacità d’amore. Ed è proprio l’amore ciò che definisce e contraddistinguerà da allora in poi il suo compito e servizio nella Chiesa.

De l'Ermitage, 4 mai 2025

 

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Si je ne mets pas mon doigt dans le signe des ongles et que je ne mets pas ma main dans son côté, Je ne pense pas

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

Si je ne mets pas mon doigt dans le signe des ongles et que je ne mets pas ma main dans son côté, IO NON CREDO

L’Evangelista Giovanni è uno straordinario autore, ainsi qu'un vrai théologien. Déjà au Calvaire, il avait anticipé des thèmes d'une grande importance comme la royauté de Jésus, l'accomplissement de son heure, il raduno dei dispersi e perfino il dono dello Spirito. Realtà che per altri autori neotestamentari si realizzeranno più avanti o addirittura alla fine dei tempi.

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In questa seconda Domenica di Pasqua la pagina evangelica corrisponde all’ultimo dei quattro quadri che compongono il capitolo 20 St John, con la sua finale (Gv 20,30-3) — il cap. 21 con una seconda finale verrà aggiunto in seguito — e sono così individuati: Maria Maddalena va al sepolcro; quindi anche Pietro e un altro discepolo corrono alla tomba; Maria di Magdala incontra il Signore mentre crede sia il giardiniere; enfin, l’ultimo quadro, che vede protagonisti i discepoli e Tommaso.

Saint-Thomas, opera di Caravaggio

Siamo sempre nello stesso giorno di Pasqua, quello delle apparizioni del Risorto e l’evangelista ha appena terminato di raccontare l’incontro di Gesù con la Maddalena. Ecco che il Risorto appare per la prima volta ai suoi discepoli chiusi nel cenacolo.

«La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Jésus est venu, stette in mezzo e disse loro: « Paix à vous!». A dit ceci, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: « Paix à vous! Comme le Père m'a envoyé, anche io mando voi». A dit ceci, il a soufflé et leur a dit: «Ricevete lo Spirito Santo. À ceux à qui tu pardonneras les péchés, sera pardonné; à ceux que tu ne pardonneras pas, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: "Si je ne vois pas les marques d'ongles dans ses mains et que je ne mets pas mon doigt sur les ongles et que je ne mets pas ma main sur son côté, Je ne pense pas". Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, derrière des portes closes, stette in mezzo e disse: « Paix à vous!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mon Seigneur et mon Dieu!». Jésus lui a dit: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Jésus, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, le Fils de Dieu, et pourquoi, croire, avoir la vie en son nom" (Gv 20,19-31).

Non avendo qui lo spazio necessario per affrontare i molti temi che il testo evangelico ci presenta, provo ad evidenziarne alcuni — qualcosa si è già accennato Domenica scorsa (QUI) — ponendoli sotto un unico denominatore che può aiutarci a capire il senso dello scritto, che definirei come un iniziare nuovamente a respirare. Stavolta non da soli, ma come comunità. Questo è molto importante soprattutto per noi che viviamo perennemente connessi, ma a scapito di una vera comunione, di un sincero e fidato incontro fra persone credenti. Per di più noi siamo abituati a pensare la risurrezione come evento escatologico, autopsie, più che esperienza da vivere qui e ora e a pensarla come evento individuale, personnel, non comunitario. Ma la fede nella resurrezione di Gesù domanda un inveramento nella comunità, oltre che chiedere di diventare esperienza qui ed ora, nell’oggi della nostra vita cristiana.

La pagina giovannea presenta la comunità dei discepoli la sera del giorno della Risurrezione. Lo stesso giorno in cui Maria di Magdala porta l’annuncio: «Ho visto il Signore»; riferendo poi ciò che le ha detto (Gv 20,18). Ma questo non basta a smuovere i discepoli, poiché la donna non viene creduta, come attestano con ancor più forza gli altri evangelisti. Il gruppo degli apostoli non solo è ferito dalla perdita del Signore, ma è bloccato altresì da emozioni come la paura e la sfiducia. Le porte di casa sono serrate per timore di rappresaglie provenienti dall’esterno, da quei giudei che avevano cospirato per la morte del Signore. Ma anche all’interno del luogo ove sono radunati la sfiducia è palpabile, nei riguardi della testimonianza di Maria come già detto, ed anche per il trauma sempre vivo del tradimento di Giuda e del rinnegamento di Pietro che sicuramente stanno alimentando un clima di sospetto, tant’è che qualcuno, Didimo, preferisce non rimanere col gruppo. La situazione è questa, interiore ed esteriore, e chi può accendere in tale circostanza di scoramento generale la fede nel Risorto?

L’evangelista Giovanni è uno straordinario autore, ainsi qu'un vrai théologien. Déjà au Calvaire, il avait anticipé des thèmes d'une grande importance comme la royauté de Jésus, l'accomplissement de son heure, il raduno dei dispersi e perfino il dono dello Spirito (Gv 19, 30). Realtà che per altri autori neotestamentari si realizzeranno più avanti o addirittura alla fine dei tempi. Ma ecco che Gesù, scrive Giovanni, venne in quel luogo serrato alle intrusioni esterne dai discepoli e «stette ritto in mezzo a loro», che è uno dei modi molto suggestivi, utilizzati nel Nuovo Testamento, per esprimere la presenza viva del Risorto. Il verbo greco Istemi — stare ritto in piedi — verrà usato per descrivere Gesù che si ferma e «sta» con i discepoli di Emmaus (Lc 24,36), è quello per cui Stefano dice di vedere Gesù che «stava alla destra di Dio» (À 7,55), ma soprattutto è il verbo che nell’Apocalisse indica lo «stare ritto» dell’Agnello, «come immolato», ma vivente (App 5,6). Gesù sta ritto in piedi alla porta e bussa, écrit, encore, l'Apocalypse (3,20), così come ora, dopo i giorni della passione e della sofferenza, torna dai suoi, entra nel cenacolo e stando ritto in mezzo ai discepoli intimoriti si rivolge a loro.

Le prime parole del Risorto alla Chiesa sono sulla pace. Scriveva Raymond Brown nel suo commento al Quarto vangelo che il saluto di Gesù, «pace a voi» (qui, dans Gv 20,19, e poi ripetuto altre due volte, dans 20,21.26) non è un semplice augurio: è un dono. Il Risorto porta la pace, ce, scriverà Paolo, che il Messia ha stabilito tra il cielo e gli uomini (cf.. Col 1,20) e chi ancora oggi incontra il Signore nella Chiesa è sicuro di poterla ricevere. La seconda parola del Risorto a questa comunità di discepoli riguarda la missione, poiché Gesù è il primo apostolo du père. San Giovanni adopera qui il verbo greco apostello che traduciamo con mandare, da cui apostolo, ovvero «quello mandato» (cf.. aussi Gv 3,17: "Ça a donné [...] ha mandato il suo figlio nel mondo»). Dopo la Risurrezione i discepoli sono inviati da Gesù per una missione che viene dall’alto, non è iniziativa umana, ma prende l’avvio da Dio stesso e si configura come continuazione della missione del Figlio.

Di seguito Gesù Risorto respira e dona lo Spirito. Il modo in cui il Quarto vangelo descrive il dono dello Spirito è unico in tutto il Nuovo Testamento. Solo Giovanni, en fait, e solo qui, nel versetto 20,22, dice che Gesù «alitò» sui discepoli. Viene usato il verbo emphysao, «insufflare, alitare», che la Bibbia utilizza per la prima volta nel libro della Genesi, durante il racconto della creazione dell’uomo (Gén 2,7). Tutta la realtà creata — si legge lì — è generata dalla parola di Dio, ma per fare l’uomo questo non basta: Dio deve alitare dentro le sue narici. Il faut, c'est-à-dire, che si chini su di lui e approssimandosi all’uomo gli dia vita attraverso il suo soffio.

Nella Bibbia troviamo altre occorrenze di questo verbo, sempre legate al tema del ridare vita, far rinascere, permettere di respirare nuovamente. È il caso di Elia che compie il miracolo della risurrezione del figlio della vedova di Zarepta: «Elia si distese (traduce la CEI, ma abbiamo lo stesso verbo emphysao all’aoristo: enephusen, ἐνεφύσησεν) tre volte sul bambino e invocò il Signore: Signore Dio mio, l’anima del fanciullo torni nel suo corpo». Nel libro di Ezechiele il verbo viene adoperato nella grande scena delle ossa inaridite, simbolo del popolo dell’alleanza oramai allo stremo. Questo popolo può risorgere solo se viene lo Spirito dai quattro venti a «soffiare» la vita su quei morti (cf.. Ce 37,9). plus tard, nella letteratura sapienziale, si userà ancora una volta il verbo «alitare, insufflare», per descrivere di nuovo la creazione dell’uomo: «Et qui insufflavit ei spiritum vitalem» (Sève 15,11).

Lo Spirito di Dio è vita per l’uomo, ma nella circostanza del cenacolo diventa anche uno dei segni visibili che Gesù è vivo. Appena dopo aver mostrato le mani ed il costato trafitti Egli può alitare sui discepoli perché respira. È un’ulteriore prova a dimostrazione che Egli non è un fantasma, ma un vivente: è tornato a respirare dopo che aveva «emesso lo spirito», come abbiamo sentito nelle letture della Settimana Santa.

Dalle occorrenze veterotestamentarie prima ricordate emergono alcune risultanze che possiamo applicare al racconto evangelico. San Giovanni lascia intravedere che come nella prima creazione Dio alitò nell’uomo uno spirito vitale, cosi adesso, nella nuova creazione che la Risurrezione inaugura, Gesù alita lo Spirito Santo promesso, donando ai discepoli una vita eterna che non inizia necessariamente dopo la morte, ma è già presente, a motivo di questo dono e per la fede nella Risurrezione del Signore: «Questa è la via eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, et que vous avez envoyé, Jésus-Christ " (Gv 17,3). E come nel simbolismo battesimale di Gv 3,5, dove viene detto che gli uomini rinascono come figli di Dio da acqua e Spirito; allo stesso modo la presente scena serve da battesimo per gli immediati discepoli di Gesù e da pegno di rinascita divina per tutti i credenti del futuro. Non ci si meraviglia se in seguito l’usanza di alitare sopra coloro che riceveranno il Battesimo entrerà nel Rito dell’iniziazione cristiana. Ora essi sono veramente fratelli di Gesù e possono chiamare Dio col nome di Padre (Gv 20,17). In questo modo il dono dello Spirito diviene così l’acme finale delle relazioni personali fra Gesù e i suoi discepoli.

Ho iniziato col dire che grazie alla presenza del Risorto e per mezzo del dono dello Spirito anche i discepoli tornano a respirare. Ma questo non corrisponde ad un tirare un sospiro di sollievo, come dopo un grosso spavento, vi è qui un profondo significato teologico ed ecclesiale. Gesù Risorto non tiene per sé la vita che ha sconfitto la morte, ma la comunica anche ai discepoli riuniti insieme comunitariamente, en tant qu'Église. Questa vita è la sua e l’ha ricevuta dal Padre, Egli lo aveva già annunciato nella sua esistenza terrena: «Io sono la via della verità e della vita». Ora essa discende sulla Chiesa pasquale grazie al dono dello Spirito ed è vita eterna che già inizia nel momento del battesimo e si dipana nelle mille forme dell’esistenza cristiana. Per questo i discepoli gioiscono nel vedere il Signore e di lì a poco anche Tommaso entrerà nella circolarità vitale di questa fede nonostante la iniziale mancanza di fiducia nella testimonianza della titubante chiesa pasquale. ce témoignage, compresa quella di Tommaso — «Mio Signore e mio Dio» — termina San Giovanni, è ormai consegnata nel Vangelo. Esso è il segno che rimane e che ci permette di partecipare alla vita dei risorti, ma ciò è possibile se lo apriamo con fede e in comunione ed obbedienza con tutta la Chiesa e la sua tradizione che dal giorno di Pasqua non cessa di annunciare: «Il Signore è veramente risorto!».

De l'Ermitage, 27 avril 2025

 

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"Ils ont enlevé le Seigneur du tombeau et nous ne savons pas où ils l'ont mis"

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

«ILS ONT PRIS LE SEIGNEUR DU TOMBE ET NOUS NE SAVONS PAS OÙ ILS L'ONT PLACÉ»

Ogni speranza cristiana è fondata sulla Risurrezione di Cristo, sur lequel notre résurrection avec lui est "ancrée". toutefois, Depuis que nous maintenant, nous avons monté avec lui: tutta la trama della nostra vita cristiana è intessuta di questa incrollabile certezza e di questa realtà nascosta, con la gioia e il dinamismo che ne derivano.

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Il brano evangelico del giorno di Pasqua non presenta un annuncio, simile ad un proclama, della risurrezione di Gesù. Questo ne è l’aspetto più sorprendente, certamente stemperato dalle altre letture e preghiere liturgiche che contraddistinguono questa solennità.

Il segreto e il motivo di tale assenza sta nella qualità del testo giovanneo che non esplicitando rivela e nel suo movimento, mentre descrive quello che fu vero e fisico della discepola Maddalena insieme a Pietro e ad un altro, trascina anche i lettori, quasi che a quella corsa al sepolcro partecipino anche loro, coinvolti in quella che a tutti gli effetti è la genesi della fede pasquale. Leggiamo il testo.

«Le premier jour de la semaine, Marie-Madeleine est allée au tombeau le matin, quand il faisait encore nuit, et il vit que la pierre avait été retirée du tombeau. Il courut ensuite vers Simon Pierre et l'autre disciple., ce que Jésus aimait, et leur a dit: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto”. Pierre sortit alors avec l'autre disciple et ils se rendirent au tombeau.. Ils ont tous les deux couru ensemble, mais l'autre disciple courut plus vite que Pierre et arriva le premier au tombeau.. Il s'est penché, il a vu les draps posés là, mais il n'est pas entré. Pendant ce temps, Simon Pietro est également arrivé, qui l'a suivi, et il entra dans le tombeau et observa les tissus qui y étaient déposés, e il sudario — che era stato sul suo capo — non posato là con i teli, mais enveloppé dans un endroit à part. Puis l'autre disciple entra également, qui était arrivé le premier au tombeau, et il a vu et cru. En fait, ils n'avaient pas encore compris l'Écriture, c'est-à-dire qu'il devait ressusciter des morts" (Gv 20,1-9).

In quel primo giorno della settimana che in seguito diverrà festivo per i cristiani, «giorno del sole» (San Giustino) e del Signore, l’evento della Risurrezione di Cristo è un fatto che si palesa nelle vesti della testimonianza. Nel racconto giovanneo ne cogliamo il momento incoativo, lo sprigionarsi della scintilla che infiammerà il mondo. et pourtant, ciò che Maria di Magdala per prima comunica è una constatazione ben lontana dalla fede nella Risurrezione del Signore, il quale incontrerà di lì a poco, appena rimarrà sola. Ella riferisce la cosa più ovvia: "Ils ont enlevé le Seigneur du tombeau et nous ne savons où ils ont jeté!». In quel plurale scorgiamo lo sconcerto iniziale dei discepoli e delle discepole, sottolineato da un’annotazione, simbolo di una fede ancora non profonda e convinta: «era ancora buio». Nel Quarto Vangelo il buio rimanda alle tenebre che si oppongono alla luce del Verbo che arriva (Gv 1,5; 3,19); designa la situazione problematica dei discepoli in assenza di Gesù (Gv 6,19), ed è la condizione di incertezza e sbandamento in cui si trova a vagare chi non segue Gesù (Gv 8,12). Soprattutto è la condizione di chi non crede in lui: «Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre» (Gv 12,46). Maria è in quella situazione lì, ha sbirciato nel sepolcro vuoto, ma non ha ancora compreso poiché non ha visto con gli occhi della fede e così coinvolge due importanti testimoni: Pietro ed un altro discepolo anonimo. Solo più avanti Maria di Magdala dirà convinta: «Ho visto il Signore!». In questo modo l’itinerario interiore che condurrà all’annuncio ecclesiale: «È risorto», passa attraverso le evidenze di morte, costituite dalle bende e dal sudario che avvolgevano la salma e dal sepolcro vuoto in cui essa era stata deposta. Secondo l’autore del Quarto Vangelo per arrivare ad una professione di fede chiara e certa da parte del credente ― come quella di San Tommaso: «Mio Signore e mio Dio» ― bisogna che essa maturi pian piano nella coscienza dei discepoli ed egli ne delinea l’insorgenza attraverso i vari gradi del vedere. Vale la pena sottolineare come nel capitolo 20 di San Giovanni il verbo vedere ricorra per ben 13 fois. Dappertutto nel Vangelo, ma soprattutto in questo capitolo è delineato lo sviluppo del «vedere», ed è Gesù stesso che insegna ai suoi a guardare: è il suo metodo pedagogico. Inizialmente c’è un vedere sensibile che conduce di seguito alla contemplazione, cosicché nella profondità del visibile si tocchi il mistero (cf.. Gv 19,35: «Chi ha visto ne da testimonianza…perché anche voi crediate»).

Nell’ultima Cena Gesù aveva affermato: « Celui qui m'a vu a vu le Père » (Gv 14,9) e questo è il versetto centrale del quarto Vangelo. Ma vedere fisicamente Gesù non basta perché, De toute évidence, anche i suoi nemici lo vedono ritenendolo però semplicemente un uomo di Nazareth, anzi un impostore. Vedere e udire fisicamente Gesù, un uomo con un volto, una carne, era indispensabile per pervenire progressivamente a contemplare in lui, avec l'oeil de la foi, le Fils de Dieu, cioè a scoprire in lui il Verbo fatto carne. C'est Jésus, con le parole e i segni, con tutta la sua presenza, che apre la porta sul mistero e conduce dal «vedere» un uomo di carne al riconoscere, in quella carne, la Parole de Dieu; cosicché il «vedere» fisico, per tutto il Vangelo, è la via d’accesso a questo mistero che si rivela. La pedagogia del vedere diventa esplicita, sarà infatti Gesù stesso a spiegarla a Tommaso, nel nostro capitolo 20. Il punto di partenza che diventa un incedere, è ciò che si vede con questi nostri occhi di carne; si comincia dai segni, come il sepolcro vuoto o il giardiniere, un uomo reale in cui s’imbatte Maria Maddalena, nel quale poi riconosce Gesù Risorto. Si tratta di una progressione, riscontrabile nell’uso che Giovanni fa del verbo vedere. Si passa dal greco Blepo col significato di scorgere, notare qualcosa, come i teli nel sepolcro, une theorein quando gli apostoli e la Maddalena guardano e osservano più attentamente. Infine il verbo horan, al perfetto greco, utilizzato da San Giovanni per esprimere la pienezza della fede pasquale: «Ho visto il Signore» (heôraka ton Kyrion). Anche se non possiamo dire molto di più qui, ciò che salta agli occhi, notando la struttura concentrica dell’intero capitolo 20 è che esso descrive la nascita della fede in Cristo risorto che però si basa sulla testimonianza di quelli che «hanno visto» il sepolcro vuoto e il Signore vivo. È così tanto importante questo aspetto che Gesù Risorto rimprovererà Tommaso per la sua mancanza di fiducia nella testimonianza degli altri discepoli e discepole: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20,29).

Fatto è dunque la Risurrezione di Cristo, ma anche evento inscindibilmente legato alla fede e alla testimonianza. Cosicché il Signore, ancora una volta e soprattutto in questa occasione della Risurrezione da morte, non deroga dalla sua pedagogia e dal modo per mezzo del quale ha voluto incontrare e salvare gli uomini e cioè incarnandosi.

Il Vangelo descrive molto bene la dinamica della fede pasquale e come si consolidi la testimonianza su di essa. Dell’altro discepolo, che era corso insieme a Pietro al sepolcro arrivando per primo, vien detto che «iniziò a credere» (nel greco: episteuesen, aoristo ingressivo) e a Tommaso il Risorto dirà: «E non essere incredulo, ma diventa credente!» (Gv 20,27). Questo aspetto del progresso e del divenire spesso non è ben sottolineato, poiché anche le traduzioni talvolta non sono sempre felici, eppure ci fa capire che la fede cristiana non è qualcosa di statico ed acquisito, ma virtù che cresce con l’esperienza, l’intelligenza delle Scritture e l’incontro con la testimonianza che diviene la tradizione viva della comunità cristiana. Inizialmente c’è buio: «En fait, ils n'avaient pas encore compris l'Écriture, che cioè egli doveva risorgere dai morti. Les disciples, donc, se ne tornarono di nuovo a casa». Ma pian piano, anche grazie alla presenza del Risorto, la fede si fa sempre più sicura e acclarata fino al: «Mon Seigneur et mon Dieu!» di Tommaso, che sono poi le ultime parole dei discepoli nel Vangelo giovanneo nella sua prima stesura (Gv 20,28). Quanto sia importante oggi per le nostre comunità riscoprire questo legame fra evento, fede e testimonianza, giudicatelo voi. Molti seguono a tutt’oggi l’ultima rivelazione privata, l’ennesimo messaggio mariano presunto, quando invece è tutto lì, dans l'Evangile. Ancora oggi Cristo risorto, rispettando come allora la nostra umanità che Lui stesso ha assunto, chiede la nostra testimonianza e la nostra fede sincera in Lui risorto da morte affinché il mondo, le nostre concrete situazioni e le storie personali e collettive rinascano.

Vorrei concludere riportando le parole che Paolo VI rivolse ai partecipanti al Simposio sul mistero della Risurrezione di Cristo nel lontano 1970:

"Oui, ogni speranza cristiana è fondata sulla Risurrezione di Cristo, sulla quale èancoratala nostra risurrezione con Lui. toutefois, Depuis que nous maintenant, nous avons monté avec lui (cf.. Col 3,1): tutta la trama della nostra vita cristiana è intessuta di questa incrollabile certezza e di questa realtà nascosta, con la gioia e il dinamismo che ne derivano. Non sorprende quindi che un tale mistero, così fondamentale per la nostra fede, così prodigioso per la nostra intelligenza, abbia sempre suscitato, con l’interesse appassionato degli esegeti, una contestazione multiforme lungo tutta la storia. Questo fenomeno era già evidente quando era ancora in vita l’evangelista san Giovanni, il quale ritenne necessario rilevare che l’incredulo Tommaso era stato invitato a toccare con le sue mani il segno dei chiodi e il costato ferito del Verbo della vita risorto (cf.. Gv 20, 24-29). Come non menzionare, puisque, i tentativi di una gnosi, sempre rinascente sotto molteplici forme, di penetrare questo mistero con tutte le risorse dello spirito umano, e anche di sforzarsi di ridurlo alle dimensioni di categorie interamente umane? Una tentazione certamente comprensibile e senza dubbio inevitabile, ma che ha una formidabile tendenza a svuotare insensibilmente tutte le ricchezze e la portata di ciò che è prima di tutto un fatto: la Risurrezione del Salvatore. Anche oggi — e non è certo a voi che dobbiamo ricordarlo — vediamo questa tendenza manifestare le sue estreme drammatiche conseguenze, giungendo fino al punto di negare, tra i fedeli che si dicono cristiani, il valore storico delle testimonianze ispirate o, più di recente, di interpretare in modo puramente mitico, spirituale o morale, la risurrezione fisica di Gesù. Come potremmo non sentire profondamente l’effetto disgregante di queste discussioni deleterie su tanti fedeli? Ma Noi proclamiamo con forza: tutto questo lo consideriamo senza timore, pouquoi, aujourd'hui comme hier, la testimonianza «degli Undici e dei loro compagni» è capace, con la grazia dello Spirito Santo, di suscitare la vera fede: “È proprio vero! Il Signore è risorto ed è apparso a Pietro” (Lc 24,34-35) (texte intégral: QUI, ma traduction).

 

De l'Ermitage, 20 avril 2025

Pasqua di risurrezione

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Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)

 

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Les Pères Patmos Island

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La pierre de Jésus et l'ancienne bouche de Rosa qui mettent l'amour sur tout

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

La pierre de Jésus et l'ancienne bouche de Rosa qui mettent l'amour sur tout

"Il y a ceux qui font l'amour pour l'ennui, qui le choisit par profession, Bouche de rose ni l'un ni l'autre, Elle l'a fait par passion "

 

 

 

 

 

 

 

 

Article au format PDF imprimable

 

La lecture audio sera disponible dimanche après-midi

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Il y a un fil qui lie la phrase de Jésus Écouté il y a deux dimanches: "Si vous ne vous convertissez pas, périrez tous de la même manière » (Lc 13, 3); à cette, devenir célèbre, que nous lisons dans l'Évangile de ce cinquième dimanche de Carême: « Lequel d'entre vous qui est sans péché, premier à jeter une pierre à son ". C'est le thème de la miséricorde, Maîtrifrément représenté par Jésus dans la parabole du fils prodigue proclamé à la place dimanche passé.

Aujourd'hui, a quitté Luca, Lisons l'Évangile de Jean, où nous trouvons une déclaration de Jésus expliquant bien le chant de la femme adultère:

«Dieu n'a pas envoyé son fils dans le monde pour juger le monde, mais pour que le monde soit sauvé par lui " (Gv 3,17).

Après tant de conflits avec ses adversaires, Enfin, ceux-ci conduisent à Jésus un cas concret qui croise un péché social, adultère. Ils savent que son enseignement est axé sur l'ouverture des pécheurs, Il a mangé avec eux, Il a déjà dit au paralytique "Ne péchez pas" (Gv 5,14), Pourtant ils insistent pour le tester, à tel point que cette ouverture de Jésus deviendra l'une des raisons de sa phrase. Nous lisons l'Évangile.

«Jésus est allé à Monte Degli Ulivi. Mais le matin, il est retourné au temple et tous les gens sont allés vers lui. Et il s'est assis et a commencé à leur enseigner. Ensuite, les scribes et les pharisiens lui ont conduit une femme surprise en adultère, Ils l'ont placé au milieu et lui ont dit: "Maestro, cette femme a été prise en flagrant délit d'adultère. Maintenant Moïse, dans la loi, il nous a ordonné de lapider les femmes comme ça. Qu'est-ce que tu penses?”. Ils ont dit cela pour le tester et avoir des raisons de l'accuser. Mais Jésus s'est penché et a commencé à écrire avec son doigt sur le sol. Toutefois, Puisqu'ils ont insisté pour l'interroger, Il s'est levé et leur a dit: «Qui parmi vous est sans péché, Je jette d'abord la pierre contre elle ". E, Chinatosi à nouveau, il a écrit sur le terrain. Celles, entendu que, ils sont partis un par un, En commençant par le plus ancien. Ils l'ont laissé seul, Et la femme était là au milieu. Alors Jésus s'est levé et lui a dit: « Donna, où ils sont? N'a pas un condamné?”. Et elle a répondu: "Aucun, Monsieur". Et Jésus a dit: "Neanch'io vous condamne; Allez et à partir de maintenant, ne péchez plus "" (Gv 8,1-11).

Le texte est complexe - Depuis les temps anciens, il a posé des problèmes de critique textuelle pour son absence dans les manuscrits les plus importants - également pour la distance culturelle qui nous sépare des problèmes exprimés là-bas, et de cette façon les interprétations se sont multipliées. Quelque, Peut-être précisément parce que la sensibilité d'aujourd'hui a beaucoup changé cette culture ancienne, Ils mettent en évidence la violence utilisée envers la femme par ces hommes masculins, D'un autre côté à la gentillesse et à l'attitude utilisées par Jésus envers elle. Ils se demandent où l'homme en même temps est adultère que la loi a ordonné de mettre à mort en tant que femme, Si tu as découvert (Dt 22, 22). Ils ne font pas, de cette façon, violence également à la loi, En plus de la femme, ces hommes qui le poussent au milieu, là devant tout le monde, Dans le temple alors, Afin de cadrer Jésus?

Pour quelqu'un d'autre Ce n'est probablement pas un véritable adultère, mais d'une grande utilisation des paroles de Jésus pour la mettre en difficulté. Ces mots se trouvent dans Mont 5, 31-32:

«Il a également été dit: «Qui repude leur femme, leur donne l'acte de répudiation ". Mais je vous le dis: Quiconque relève leur femme, sauf le cas de l'union illégitime, l'expose à l'adultère, Et quiconque épouse un répudié, commet l'adultère ".

Selon ce que Jésus dit Dans Matteo, la répudiation de sa femme, Bien que admis par la Torah (Dt 24, 1-4) au moyen d'un livre de divorce, Cependant, il expose le divorcé à l'adultère. La rédaction du divorce visait à limiter l'arbitraire masculine et à accorder aux femmes, Après la séparation, la possibilité de se remarier sans être accusé d'adultère. Jésus dans le discours de la montagne a alors dit: « Ne pensez pas que je sois venu pour abolir la Loi ou les Prophètes; je ne suis pas venu pour abolir, mais pour s'épanouir pleinement" (Mont 5, 17). Par conséquent, dans ces mots difficiles rapportés ci-dessus, nous comprenons au moins que pour Jésus, le divorce est un acte qui va à l'encontre de l'amour envers sa femme, l'exposer à l'adultère. Selon cette interprétation, il est possible que cette femme lancée au milieu soit en fait un divorcé remarié et selon ces scribes et pharisiens, Mais depuis qu'ils ont appris que Jésus a avancé ce nouveau herméneutique de la loi, Ils en profitent pour "le tester" (cf.. Gv 8, 6; Mont 19, 3). Démontrent ainsi pour garder la personne davantage et aucun compte; Perverter l'enseignement de Jésus avait déjà mis sa main sur les pierres pour la lancer. Alors commente Sant'agostino: «Ils étaient intéressés par l'adultère, Pendant ce temps, ils ont perdu de vue eux-mêmes ".

La chanson évangélique s'ouvre avec l'annotation de Jésus qui se rend au temple pour enseigner une grande foule. En effet, le texte dit que "tous les gens" (Gv 8,2) Il est allé vers lui. Aussi à Luca, nous trouvons une annotation similaire:

«Pendant la journée, Jésus a enseigné dans le temple; La nuit est sortie et est restée à l'extérieur sur le Monte Degli Ulivi. Et tous les gens tôt le matin sont allés le voir dans le temple pour l'écouter " (Lc 21,37-38).

Jésus effectue une activité d'enseignement quotidienne dans le temple qui génère probablement de la gêne et pour cette raison, il est interrompu de manière soudaine et violente par certains. De ces distances de Jésus lui-même, soustraire le visage face à face; Donc, alors que deux fois, il est souligné que la femme est au milieu de ce groupe de personnes (vv. 3 e 9), Même deux fois, il est répété que Jésus se penche jusqu'au sol pour écrire (vv. 6 e 8). Nous ne savons pas s'il voulait exprimer sa solidarité envers les plus faibles, Essayer dans son propre corps ce qu'elle vit, Mais ce geste a sûrement une valeur théologique. Retracons les différents passages du texte. Jésus se penche sur une première fois et écrit sur le sol avec son doigt (v. 6), Les scribes et les pharisiens insistent pour l'interroger; Puis il se lève et leur parle en disant: "Quiconque est sans péché, jet la pierre en premier contre elle" (v. 7). Immédiatement après Jésus se retrouve à nouveau pour la deuxième fois, Il écrit sur le terrain (v. 8), Les scribes et les pharisiens laissent un par un à partir de l'ancien et ne laissant que Jésus avec la femme (v. 9), Alors Jésus monte (v. 10) Et dit à la femme: "Allez et ne péchez plus" (v. 11). Est ici, vraisemblablement, Une référence à l'Ancien Testament, À l'épisode de la double ascension de Moïse au mont Sinaï où il reçoit deux fois les tables de la loi "écrites par le doigt de Dieu" (Est 31,18). Dans ce cas, Moïse est descendu de Monte une première fois qu'il a enfreint les tables de la loi parce que le peuple les transgressait avec le péché du veau d'or (Est 32, 19). Il monte et reçoit toujours les tables réécrites une deuxième fois avec la révélation du nom de Dieu miséricordieux et capable de pardon:

«Le Seigneur est passé devant lui, proclamer: « Le monsieur, le monsieur, Dieu miséricordieux et pitoyable, lent à la colère et plein d'amour et de loyauté, qui préserve son amour pour mille générations, qui pardonne la faute, transgression et péché ... "" (Est 34, 1-9).

Alors Jésus, avec son geste de se pencher, Écrivez et levez-vous deux fois, semble faire allusion, mimétiquement, au don de la loi donnée deux fois, Une loi qui contenait déjà le don de la miséricorde et du pardon, à tel point que l'alliance aux yeux du Seigneur Dieu n'est pas annulée par le péché de l'homme. Maintenant c'est Jésus, dans la nouvelle alliance, qui révèle la miséricorde et le pardon divin, Depuis dans les deux cas dans lesquels Jésus se lève et parle en prononçant des mots qui ont à voir avec le péché, des scribes et des pharisiens d'abord et de la femme alors, qui a alors déjà été pardonné, Même si à la fin il leur dira: "Moi non plus condamne; va et à partir de maintenant ne pèche plus". Jésus demande à la femme une hypothèse de responsabilité, Par conséquent, il l'envoie faire preuve de confiance en elle. Le fait que dans notre texte, le pli précède à se lever contrairement à l'histoire de Moïse qui est montée pour la première fois au Sinaï puis est descendue, C'est une référence à l'événement fondamental de l'incarnation du verbe qui est d'abord descendu puis a été élevé dans la gloire: «Celui qui est descendu est le même qui est également monté sur tout le ciel, Être une plénitude de toutes choses " (Ef 4,10). Dans le mystère du Christ, il se révèle, alors, Le visage du Dieu Père plein de miséricorde, Selon l'expression évangélique déjà mentionnée initialement: «Dieu n'a pas envoyé son fils dans le monde pour juger le monde, mais pour que le monde soit sauvé par lui " (Gv 3,17).

Au-delà de toute interprétation possible Texte de John 8,1-11 Il dit que la miséricorde de Dieu devient de la pratique en Jésus. Les paroles de Sant'agostino étaient célèbres pour commenter la rencontre entre le Seigneur et l'adultère:

«Seuls les deux sont restés: Misera et miséricorde (misérable avec compassion.

Des mots qui ont également affecté le pape François qui a écrit:

«Il ne pouvait pas [Sainte-Augustine] Trouver une expression plus belle et cohérente de ceci pour indiquer clairement le mystère de l'amour de Dieu quand il rencontre le pécheur " (Lettre apostolique Miséricorde et misérable du Saint-Père François à la fin de l'extraordinaire jubilé de miséricorde, 2016).

À juste titre la liturgie ce dimanche nous fait prier:

«O Seigneur, tu as envoyé ton fils d'unigénite pour ne pas condamner mais pour sauver le monde, Pardonnez toute notre faute, Parce que le chant de la gratitude et de la joie se réfrigére dans le cœur ".

De l'Ermitage, 5 avril 2025

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Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)

 

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Si vous ne vous convertiz pas, vous périrez tous de la même manière – Si vous ne vous convertiz pas, vous périrez tous de la même manière

(Texte anglais après l'italien)

 

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

Si vous ne vous convertiz pas, vous périrez tous de la même manière

C'est un devoir permanent de l'Église à examiner les signes de l'époque et à les interpréter à la lumière de l'Évangile, pour que, adapté à chaque génération, Peut répondre aux questions pérennes des hommes sur le sens de la vie actuelle et future et leurs relations mutuelles.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Le philosophe filone d'Alessandria (Alexandrie d'Égypte, 20 a.C. circa - 45 dC. environ) Il rapporte dans l'un de ses écrits que Ponzio Pilato était un gouverneur tyrannique et dur, "Inflexible par nature et cruel pour son obstination", et que pendant son mandat n'était pas compté en Judée «Corruption, violence, vol, voies de fait, abus débridé, exécutions continues sans processus et sans limites, cruauté sauvage " (Délégation à Gaius).

Nous avons également une mémoire de ces actions dans le Nouveau Testament, En dehors des histoires de la passion où Pilate est plus mentionné. Le verset qui ouvre l'Évangile de ce troisième dimanche de Carême nous amène à la nouvelle que seul le troisième évangile sait (Lc 13,1). Selon certains commentateurs, Le fait que Jésus était Galileo aurait pu influencer pourquoi. Cet événement tragique lui a été signalé. Nous lisons la chanson:

«En même temps, certains se sont présentés pour faire rapport à Jésus le fait de ces Galilei, dont le sang Pilate avait coulé avec celui de leurs sacrifices. Prendre la parole, Jésus leur a dit: « Pensez-vous que ces Galiléens étaient que plus grands pécheurs que tous les autres Galiléens, car ils ont souffert de telles choses? Non, je vous le dit, mais à moins que vous vous repentez, périrez tous de la même manière. Ou ces dix-huit personnes, sur lequel la tour de Sìloe s'est effondrée et les a tués, Vous croyez qu'ils étaient plus coupables que tous les habitants de Jérusalem? Non, je vous le dit, mais à moins que vous vous repentez, périrez tous de la même manière ». Cette parabole a également dit: «Un homme avait planté un figuier dans son vignoble et est venu chercher là-bas, mais il a trouvé. Puis il dit au jardinier: "Voici, Je cherche des fruits sur cet arbre depuis trois ans, Je trouve aucun. Par conséquent! Parce qu'il doit exploiter le sol?». Mais cela a répondu que: "Maître, Laissez-le à nouveau cette année, Tant que j'ai des miels autour de lui et que j'ai mis l'engrais. Nous verrons si cela portera des fruits pour l'avenir; Il n'est pas, vous le couperez " (Lc 13,1-9).

Pas seulement une tendance, Mais aussi l'historien Giuseppe Flavio, Dans ses antiquités juives, Il écrit que Pilate agissait avec un poignet ferme, surtout s'ils étaient des émeutes, Jusqu'à ce qu'il soit prêt à tuer les émeutiers sans pitié. Lorsque les nouvelles rapportées dans l'Évangile auraient pu arriver? En raison de la mention des sacrifices, cela aurait pu arriver ou pendant que ces Juifs se rendent au temple, ou pendant le sacrifice réel des animaux; Dans ce cas, ce serait un acte sacrilège perpétué lors d'une cérémonie religieuse. Cependant, c'est que Jésus est une occasion d'inviter la conversion:

« Pensez-vous que ces Galiléens étaient que plus grands pécheurs que tous les autres Galiléens, pour avoir souffert tellement? Non, je vous le dit, Mais si vous ne vous convertiz pas, vous périrez tous de la même manière ".

À la même conclusion, il vient en commentant un autre fait, La mort de dix-huit hommes causés par l'effondrement d'une tour. Le texte évangélique s'ouvre sur l'annotation "en même temps" (Lc 13,1), qui lie le péricope liturgique à ce qui précède. Ou au discours de Jésus sur le discernement du temps et la capacité de juger aujourd'hui et ce qui est juste (Lc 12,54-57). C'est précisément à ce moment que certains s'approchent de lui pour lui apporter l'épisode violent. Ils sont faits de l'histoire qui remettent en question la conscience, Puis comme aujourd'hui, Et Jésus n'échappe pas au discernement et à un jugement rendu cependant avec une perspective de foi. Et le jugement de Jésus est d'abord libre, Libre de la croyance encore répandue à son époque de lien entre le péché et le malheur.

Quitter cet ancien schéma théologique Jésus démontre non seulement sa liberté intérieure, Mais aussi la capacité de voir des hommes et des non-sceneurs, victimes et pas seulement coupables, Par conséquent, proposant une lecture des événements ému par la foi et non par le conformisme, même il est théologique ou spirituel. L'éperon à la conversion, répété deux fois, "Mais si vous ne vous convertissez pas ...", C'est une invitation à prendre la vie au sérieux, Mais aussi les besoins de Dieu. Pas que Dieu envoie des malheurs pour nous convertir, Mais précisément parce que ceux-ci se produisent inévitablement, La personne de foi n'échappe pas au discernement et à l'interprétation, avec le risque consécutif de prendre position. À cet égard, le deuxième Conseil du Vatican est exprimé:

«C'est le devoir permanent de l'Église à examiner les signes de l'époque et à les interpréter à la lumière de l'Évangile, pour que, adapté à chaque génération, Peut répondre aux questions pérennes des hommes sur le sens de la vie actuelle et future et leurs relations mutuelles. En fait, nous devons connaître et comprendre le monde dans lequel nous vivons, Ses attentes, ses aspirations et son caractère souvent dramatique " (La joie et l'espoir n. 4).

C'est la capacité de découvrir la main de Dieu, Sa providence était une fois dit, Derrière les événements, aussi ceux de chaque vie. Donc, pour Jésus, entendre parler d'une séditieuse tuée par Pilate ou d'autres décès sous un effondrement n'est pas une occasion de voir dans ces faits une punition divine pour les pécheurs. En fait, il en va de même, dans l'Évangile de Jean, Je lui demandera une naissance aveugle, Sur qui il avait péché parce qu'il se retrouve dans cet état: "Il n'a pas non plus péché, ni ses parents, mais il en est ainsi parce que les oeuvres de Dieu peuvent se manifester en lui " (Gv 9,3).

Jésus donc, quitter la route la plus simple, prévient que vous pouvez apprendre des événements. Le fait de la mort de certains devient un avertissement pour d'autres: "Si vous ne vous convertissez pas, périrez tous de la même manière ». Après tout, la parabole Fig Itrective pose également un problème similaire. Ce figuier semble vivant, Mais en réalité, il est mort, Puisqu'il ne produit rien. Dans l'Évangile lunanien, nous trouvons plusieurs exemples de personnes qui, métaphoriquement, Ils sont dans le même état que le prêtre en coton; Ils semblent morts, Néanmoins, ils suscitent l'intérêt du Seigneur qui cherche qui est perdu. C'est le cas de Zaccheo: "Le fils de l'homme est en fait venu chercher et sauver ce qui a été perdu" (Lc 19,10); du fils prodigue de la parabole: "C'était mort, Et il est revenu à la vie " (Lc 15,32); du même malfacteur crucifié avec lui à qui Jésus promet: "Aujourd'hui, vous serez avec moi au paradis" (Lc 23,43).

En Jésus, la patience et la miséricorde divines sont révélées qui ne veut pas la mort du pécheur, Mais ça convertit et vivant (cf.. Ce 18, 23). Pour interpréter cela, le Seigneur respecte l'époque du chanteur, Comme l'agriculteur le fait avec son appel aux soins et à l'attente: "Mais cela a répondu que: “Maître, Laissez-le à nouveau cette année, Tant que j'ai des miels autour de lui et que j'ai mis l'engrais. Nous verrons si cela portera des fruits pour l'avenir; Il n'est pas, Tu couperas”. Tandis que Giovanni Battista, au début de l'Évangile, Il avait prêché un jugement eschatologique sans appel, Pour qui: «L'obscurité est placée à la racine des arbres; Par conséquent, chaque arbre qui ne donne pas de bons fruits est coupé et jeté dans le feu " (Lc 3, 9); Jésus, au lieu, C'est le vignoble qui ne sait pas seulement attendre, Mais cela montre qu'il croit au changement et à la conversion du pécheur qui, pour le moment, pas de bons fruits ou ne donne pas du tout. Devant le filet: "Coupez-le!»; Jésus s'oppose à son: "Laissez-le" (Supractions, comme vous, en grec). Un verbe qui, parmi ses principales significations, doit laisser libre, remettre une faute, assaisonner une dette. Ainsi, cette parabole miniature devient un enseignement important pour le temps du Carême ou pour l'année du jubilé qui se célèbre. Nous avons besoin d'un temps de conversion pour atteindre la guérison et la libération. Ce n'est peut-être pas un hasard si immédiatement après la parabole FICO pendant trois ans, Luca raconte une guérison: celui d'une femme infirme pendant dix-huit ans (Lc 13,10-13).

Joyeux dimanche tout le monde!

de l'Ermitage, 23 mars 2025

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Homilétique les pères de l'île de Patmos

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Si vous ne vous convertiz pas, vous périrez tous de la même manière

Il est du devoir permanent de l'Église à examiner les signes de l'époque et à les interpréter à la lumière de l'Évangile, pour que, d'une manière adaptée à chaque génération, Il peut répondre aux questions pérennes des hommes sur la signification de la vie actuelle et future et leurs relations mutuelles.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Le philosophe philo d'Alexandrie (Alexandrie d'Égypte, autour 20 BC - Autour 45 UN D) Signale dans l'un de ses écrits selon lesquels Pontius Pilate était un gouverneur tyrannique et dur «inflexible par nature et cruel en raison de son obstination», Et que pendant son mandat, il n'y avait pas de pénurie de «corruption, violence, vol, voies de fait, abus débridés, Exécutions continues sans essai, cruauté sauvage” (Délégation à Gaius).

Nous avons également une mémoire de ces actions dans le Nouveau Testament, En dehors des histoires de passion où Pilate est principalement mentionné. Le verset qui ouvre l'Évangile de ce troisième dimanche de Carême nous dit que seul le troisième évangile sait (lk 13,1). Selon certains commentateurs, Le fait que Jésus soit galiléen a peut-être influencé pourquoi. Cet événement tragique lui a été signalé. Lisons le passage:

«À ce moment-là, certaines personnes qui y étaient présentes lui ont parlé des Galiléens dont le sang Pilate s'était mêlé au sang de leurs sacrifices. Il leur a dit en réponse, «Pensez-vous que parce que ces Galiléens ont souffert de cette manière, ils étaient de plus grands pécheurs que tous les autres Galiléens? En aucun cas! Mais je te le dis, Si vous ne vous repentez pas, vous périrez tous comme ils l'ont fait! Ou ces dix-huit personnes qui ont été tuées lorsque la tour de Siloam est tombée sur eux, Pensez-vous qu'ils étaient plus coupables que tous les autres qui vivaient à Jérusalem? En aucun cas! Mais je te le dis, Si vous ne vous repentez pas, vous périrez tous comme ils l'ont fait!”. Et il leur a dit cette parabole: «Il y avait une fois une personne qui avait un figuier planté dans son verger, Et quand il est venu à la recherche de fruits dessus mais n'en a trouvé aucun, Il a dit au jardinier, «Depuis trois ans, je suis venu à la recherche de fruits sur ce figuier, mais je n'en ai trouvé aucun. [Alors] baisser. Pourquoi devrait-il épuiser le sol?"Il lui a dit en réponse, "Monsieur, Laissez-le pour cette année aussi, et je cultiverai le sol autour et le fertiliserai; il peut porter ses fruits à l'avenir. Sinon, vous pouvez le réduire »» (lk 13, 1-9)

Non seulement Philo, Mais aussi l'historien Josephus Flavius, Dans ses antiquités juives, écrit que Pilate agissait avec une main ferme, Surtout quand il s'agissait d'émeutes, au point d'être prêt à tuer sans pitié les émeutiers. Quand l'événement d'actualités rapporté dans l'Évangile pourrait-il arriver? En raison de la mention de sacrifices, cela aurait pu se produire non plus pendant que ces Juifs allaient au temple, ou pendant le sacrifice réel des animaux; Dans ce cas, ce serait un acte sacrilège perpétué lors d'une cérémonie religieuse. Dans tout les cas, Pour Jésus, c'est l'occasion d'inviter la conversion:

«Croyez-vous que ces Galiléens étaient plus pécheurs que tous les Galiléens, pour avoir subi un tel sort? Non, Je vous le dis, Mais si vous ne vous convertiz pas, vous périrez tous de la même manière ».

Il atteint la même conclusion Lorsque vous commentez un autre fait, la mort de dix-huit hommes causés par l'effondrement d'une tour. Le texte de l'Évangile s'ouvre sur l'annotation “en même temps” (lk 13:1), qui relie le péricope liturgique à ce qui précède. C'est, Discours de Jésus sur le discernement du temps et la capacité de juger aujourd'hui et ce qui est bien (lk 12,54-57). C'est précisément à ce moment que certains s'approchent de lui pour signaler l'épisode violent. Ce sont des faits de l'histoire qui remettent en question la conscience, alors comme aujourd'hui, Et Jésus ne craint pas le discernement et un jugement rendu, toutefois, avec une perspective de foi. Et le jugement de Jésus est avant tout gratuit, libre de la croyance généralisée encore en son temps de lien entre le péché et le malheur.

En s'éloignant de cet ancien schéma théologique, Jésus démontre non seulement sa liberté intérieure, mais aussi la capacité de voir des hommes et non des pécheurs, victimes et pas seulement coupables, Proposer donc une lecture d'événements motivés par la foi et non par le conformisme, que ce soit théologique ou spirituel. L'envie de conversion, donc, répété deux fois, “Mais si tu ne convertissais pas…”, est une invitation à prendre la vie au sérieux, Mais aussi les besoins de Dieu. Pas que Dieu envoie des malheurs pour nous convertir, mais précisément parce que ceux-ci se produisent inévitablement, La personne de foi ne craint pas le discernement et l'interprétation, avec le risque consécutif de prendre position. Le deuxième Conseil du Vatican s'exprime à cet égard:

«C'est le devoir permanent de l'Église à examiner les signes de l'époque et à les interpréter à la lumière de l'Évangile, pour que, d'une manière adaptée à chaque génération, Il peut répondre aux questions pérennes des hommes sur la signification de la vie actuelle et future et leurs relations mutuelles. En effet, Nous devons connaître et comprendre le monde dans lequel nous vivons, ses attentes, ses aspirations et son caractère souvent dramatique” (La joie et l'espoir n. 4).

C'est la capacité de découvrir la main de Dieu, Sa providence était une fois dit, Derrière les événements, Même ceux de chacun de la vie. Donc, pour Jésus, entendre parler de certaines personnes séditieuses tuées par Pilate ou d'autres personnes décédées sous un effondrement n'est pas une occasion de voir dans ces faits une punition divine pour les pécheurs. En réalité, Il répétera la même chose à ceux qui, dans l'Évangile de Jean, Demandez-lui un homme né aveugle, à propos de qui avait péché pour qu'il se retrouve dans cet état:

«Il n'a pas non plus péché, ses parents non plus, Mais c'était pour que les œuvres de Dieu se manifestent en lui » (Jh 9,3).

Jésus donc, Laissant de côté le chemin le plus facile, prévient que nous pouvons apprendre des événements. Le fait de la mort de certains devient un avertissement pour d'autres: «Si vous ne vous convertissez pas, Vous périrez tous de la même manière ». Après tout, La parabole du figuier improductif pose également un problème similaire. Ce figuier apparaît vivant, Mais en réalité, c'est mort, comme il ne produit rien. Dans le Luke Gospel, nous trouvons plusieurs exemples de personnes qui, métaphoriquement, sont dans le même état que le figuier dans la parabole; Ils semblent morts, Néanmoins, ils suscitent l'intérêt du Seigneur qui va à la recherche des perdus. C'est le cas de Zacchaeus: «Pour le fils de l'homme, est venu chercher et sauver ce qui a été perdu» (lk 19,10); du fils prodigue de la parabole: «Il était mort, et est à nouveau vivant » (lk 15,32); du même criminel crucifié avec lui à qui Jésus promet: «Aujourd'hui, vous serez avec moi au paradis» (lk 23,43).

À Jésus, Patience divine et miséricorde sont révélés qui ne veulent pas que le pécheur meure, mais plutôt pour lui de convertir et de vivre (Ce 18, 23). Pour accomplir cela, le Seigneur respecte les temps du pécheur, Comme l'agriculteur le fait avec son appel à s'en soucier et à attendre: «Mais il lui a répondu: “Maître, Laissez-le à nouveau cette année, Jusqu'à ce que j'aie autour de lui et que je mette l'engrais. Nous verrons si cela porte des fruits à l'avenir; sinon, Tu vas le couper”». Alors que John le baptiste, au début de l'Évangile, avait prêché un jugement eschatologique sans appel, Pour qui: «La hache est placée à la racine des arbres; Par conséquent, chaque arbre qui ne porte pas de bons fruits est coupé et jeté dans le feu » (lk 3,9).

Jésus, d'autre part, le vinedressers qui ne sait pas seulement attendre, mais montre qu'il croit au changement et à la conversion du pécheur qui pour le moment ne produit pas de bons fruits ou pas du tout. Devant le filet: «Coupez-le!»; Jésus répond: «Laissez-le» (Supractions, comme vous, en grec). Un verbe qui, parmi ses principales significations, Remonter une faute, pardonner une dette. Ainsi, cette parabole miniature devient un enseignement important pour la saison de Carême ou pour l'année du jubilé qui est célébrée. Nous avons besoin d'un temps de conversion pour atteindre la guérison et la libération. Ce n'est peut-être pas un hasard si immédiatement après la parabole du figuier qui a été infructueux pendant trois ans, Luke raconte une guérison: celui d'une femme qui était malade depuis dix-huit ans (lk 13,10-13).

Joyeux dimanche à tout le monde!

de l'ermitage, mars 23, 2025

 

 

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