Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Gabriele

Il mite non è una pecora ma un leone, un’aquila che ha ricevuto il dono della fortezza dello Spirito Santo

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

IL MITE NON È UNA PECORA MA UN LEONE, UN’AQUILA CHE HA RICEVUTO IL DONO DELLA FORTEZZA DELLO SPIRITO SANTO

 

Quando viviamo le beatitudini entriamo nella maestria di Gesù: siamo uomini e donne realizzati a immagine del Figlio. Piccole immagini trinitarie. Questa è la sfumatura teologico–antropologica delle beatitudini. Allo stesso tempo fa scorgere il traguardo che tutti i figli di Dio, noi credenti prendiamo insieme in quanto comunità e in quanto Chiesa.

 

Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Comunione dei Santi

Qualche anno fa uscì un bellissimo film con il compianto Sean Connery: Scoprendo Forrester. È la storia di Jamal Wallace, un giovane ragazzo nero del Bronx che fa amicizia con un anziano scrittore, William Forrester, che saprà donare tanti insegnamenti importanti a Jamal, perché saprà cogliere nel ragazzo dei doni e delle potenzialità. Jamal riconosce a Forrester una certa maestria. E anche il grande dono di saper valorizzare le sue capacità.

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Questa storia ci aiuta a introdurre il Santo Vangelo di oggi  nel quale Gesù, divino maestro, insegnando le beatitudini, ci permette di diventare santi in modo personale e al tempo stesso in modo comunitario. Nel brano evangelico Gesù decide di salire su un monte. Esattamente come aveva fatto Mosè pronunciando i suoi grandi cinque discorsi. Si siede e prende una posizione di maestro:

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«Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro».

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Essere seduto sul monte ha un significato importante nell’immaginario di chi vedeva e osservava questa scena. Salire e sedere sul monte è una sorta di plastica raffigurazione del salire e sedere in cattedra, in modo importante e solenne, nel corso del quale Gesù espone la Magna Charta del suo insegnamento: le Beatitudini.

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Il manifesto della vita di ogni discepolo, credente e apostolo di Gesù, si vive nella pratica della virtù che poi ha come traguardo proprio le beatitudini. Da un lato, dunque, l’introduzione del primo versetto è chiara e importante. Gesù si siede ― ex cathedra, diremmo oggi ―, prende la parola e insegnando li ammaestra. Rende partecipi le folle di una conoscenza divina e spiega i criteri sui quali Dio stesso giudica e agisce. Le beatitudini sono infatti il dono di Dio all’uomo e alla Chiesa.

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Quando viviamo le beatitudini entriamo nella maestria di Gesù: siamo uomini e donne realizzati a immagine del Figlio. Piccole immagini trinitarie. Questa è la sfumatura teologico–antropologica delle beatitudini. Allo stesso tempo fa scorgere il traguardo che tutti i figli di Dio, noi credenti prendiamo insieme in quanto comunità e in quanto Chiesa.  Viviamo le virtù e le beatitudini come fratelli. Questa è al contempo la sfumatura teologico–ecclesiale. Dunque Gesù espone il progetto per l’uomo e per la Chiesa: la Magna Charta delle beatitudini tramite cui tutti possiamo diventare santi.

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Le beatitudini narrano qualcosa di un cammino verso una via di perfezionamento dove tutti brilleremo e saremo immagine di Dio per gli altri uomini. Ma proviamo a commentare una sola delle beatitudini, che penso sia maggiormente da riscoprire in questo tempo: «Beati i miti, perché erediteranno la terra». Ovviamente, il “mito”, non è la rockstar, il calciatore, l’attore … neanche una narrazione eroica e degna di epicità. Qui Gesù intende il mite come colui che non ha una condotta molesta, che non aggredisce, che sa amare senza invadere la libertà e prendere i doni del prossimo, ma soprattutto senza invidiare i doni del prossimo, dando corpo a quel peccato terribile che è l’invidia della grazia altrui. Il mite è colui che vive la virtù della fortezza e si mantiene calmo nelle situazioni angosciose. O per meglio chiarire: il mite non è una pecora ma un leone, un’aquila che ha ricevuto il dono della fortezza dello Spirito Santo che rafforza la fermezza d’animo. In tal modo i miti, nella loro fortezza, erediteranno la terra. Perché la terra è il segno vitale. È il luogo dove lo Spirito penetra per rendere fecondo il raccolto. Quindi ereditare la terra vuol dire avere un animo in grado di accogliere lo Spirito Santo e fare grandi opere di amore e di tenerezza verso il prossimo.

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In questo tempo di grandi tensioni e polarizzazioni di idee e di opinioni, dov’è molto facile arrivare allo scontro verbale, specialmente sui social media che brulicano di anonimi leoni da tastiera, ma anche nella vita reale, chiediamo al Signore proprio questo: di riscoprire la mitezza. O come scriveva Chilone, uno dei sette saggi spartani:

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«Se sei forte, sii mite e pacifico, in modo che chi ti sta vicino abbia rispetto di te più che paura».

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Chiediamo al Signore la grazia di vivere le beatitudini in un tempo di grande incertezza, mostrandoci radicati al Suo Amore e diventare santi del nostro tempo, cioè delle piccole stelle nel cielo tenebroso del nostro tempo, proprio come scriveva uno dei nostri più grandi poeti italiani, Dante, nel XXXIII Canto del Paradiso: «L’amor che move il sole e l’altre stelle».

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Santa Maria Novella in Firenze, 1° novembre 2022

nella Solennità di Tutti i Santi

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NOTA

Dal film Un americano a Roma al nuovo film  Un romano a Firenze — Padre Gabriele è stato trasferito dal Convento romano di Santa Maria Sopra Minerva a quello fiorentino di Santa Maria Novella, dove i nostri Lettori che vivono in quelle zone della Toscana lo possono reperire.

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Il blog personale di

Padre Gabriele

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I Padri dell’Isola di Patmos

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L’angelologo Marcello Stanzione strappa nuovamente dalle grinfie dei moderni sciamani Santa Ildegarda di Bingen

L’ANGELOLOGO MARCELLO STANZIONE STRAPPA NUOVAMENTE DALLE GRINFIE DEI MODERNI SCIAMANI SANTA ILDEGARDA DI BINGEN

 

Quella di Ildegarda è stata una figura straordinaria quanto poliedrica. Nel corso della sua lunga vita si è occupata dalla filosofia alla poesia alla drammaturgia, dalla musica alla cosmologia alla erboristeria curativa. Ebbe il dono della profezia e della chiaroveggenza, fece studi sulla proprietà terapeutica delle gemme e delle pietre …

— Libri e recensioni —

Autore:
Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

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il nuovo libro di Marcello Stanzione su Ildegarda di Bingen (Edizioni il Cerchio, 2022). Per accedere al negozio librario cliccare sull’immagine

Il presbitero Marcello Stanzione, specialista in angelologia, è considerato uno dei massimi esperti europei sugli Angeli. Il suo lavoro di divulgazione dura da tre decenni e come Autore di decine di libri tradotti in più lingue, conferenziere e presenza televisiva ai programmi Rai, Mediaset e Sat2000, è stato sempre molto prezioso in questi tempi nei quali l’uomo, quando decide di abbandonare il vero cammino di fede e voltare le spalle a Dio e al mistero della Redenzione, lungi dall’emanciparsi finisce sempre per credere in tutto. A quel punto gli Angeli finiscono ridotti a figure che possono variare dai tarocchi alla new age, divenendo elementi di cui abusano fattucchiere e ufologi.

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Le sue attenzioni, le sue ricerche e pubblicazioni si sono incentrate anche su particolari figure di Santi e Sante che con gli Angeli hanno avuto uno stretto legame. Tra di loro Santa Ildegarda di Bingen (1098-1179), monaca benedettina beatificata nel 1324 e canonizzata nel 2012 dal Sommo Pontefice Benedetto XVI che la proclamò dottore della Chiesa. E qui sia concesso un inciso tra le righe: speriamo che dopo le recenti polemiche italiane circa la declinazione dei nomi maschili al femminile, dove a parere della Onorevole Laura Boldrini la prima presidente donna del Consiglio dei Ministri non andrebbe chiamata “Signor Presidente del Consiglio” o “Primo Ministro” ma “Presidentessa” e “Prima Ministra”, la stessa, o diversi dei suoi amici all’interno del disastrato mondo cattolico contemporaneo, non entrino anche in casa nostra a polemizzare e quindi a pretendere che Santa Ildegarda o Santa Caterina da Siena siano indicate da oggi in poi non più come “dottori” ma come “dottoresse della Chiesa”.

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Quella di Doamna Ildegarda, com’erano chiamate ieri e come lo sono tutt’oggi le monache benedettine, è stata una figura straordinaria e poliedrica. Nel corso della sua lunga vita si è occupata dalla filosofia alla poesia alla drammaturgia, dalla musica alla cosmologia alla erboristeria curativa. Ebbe il dono della profezia e della chiaroveggenza, fece studi sulla proprietà terapeutica delle gemme e delle pietre.

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Inutile a dirsi: l’opera di Marcello Stanzione, che a questa figura ha dedicato molte pubblicazioni [vedere QUI], è stata particolarmente utile, anzi veramente indispensabile per strappare di mano questo titano di donna dalle grinfie di maghi, ufologi e seguaci delle new age. Ma perché no, anche da quelle di qualche prete squinternato, purtroppo!

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Nel suo ultimo libro, scritto assieme a Elisa Giorgio, l’Autore parla delle proprietà curative delle erbe secondo gli studi, le ricerche e le ricette di Santa Ildegarda. Inutile ricordare che le erbe con proprietà curative sono usate da sempre in medicina e in farmacologia. È fatto noto e risaputo che al Santo Pontefice Giovanni Paolo II ammalato di morbo di Parkinson fu somministrata la papaya, che non lo guarì da quella malattia, ma gli dette buoni benefici.

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Ovvio che da un cancro non si guarisce né con le erbe né con la cosiddetta “medicina alternativa” e che è bene lasciarsi curare dagli oncologi e seguire con scrupolo le loro prescrizioni terapeutiche, non certo quelle di certi sciamani, però, proprio nell’ambito dell’oncologia e del trattamento dei malati terminali senza speranza, l’uso di sostanze naturali nei programmi palliativi per la cura del dolore è sempre più diffuso, incluse sostanze definite comunemente “droghe”, ma che in verità sono null’altro che erbe, a partire da quella solitamente chiamata marijuana, la quale altro non è che canapa indiana, una delle cui proprietà è di essere un potente ed efficace anti-infiammatorio, altrettante e benefiche sono le proprietà terapeutiche delle foglie di coca e delle piante di papavero da cui viene ricavato l’oppio.  

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Con questo suo nuovo libro Marcello Stanzione offre e restituisce ai lettori la figura reale e straordinaria di una donna che è un gigante nella fede, nella scienza e in quella che oggi definiremmo come ricerca all’avanguardia.

 

Dall’Isola di Patmos, 30 ottobre 2022

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Con le nostre edizioni Marcello Stanzione ha pubblicato

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I Padri dell’Isola di Patmos

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Il problema non sono le cazzate dei preti ma la mancata vigilanza dei vescovi che dell’episcopato sembrano volere gli onori ma non gli oneri

IL PROBLEMA NON SONO LE CAZZATE DEI PRETI MA LA MANCATA VIGILANZA DEI VESCOVI CHE DELL’EPISCOPATO SEMBRANO VOLERE GLI ONORI MA NON GLI ONERI

Non passa giorno senza che qualche prete salti alla ribalta per delle prodezze che variano dal sacrilegio eucaristico al grottesco. Tutti fatti dinanzi ai quali, prendersela con il prete o con i preti in generale, sarebbe la cosa più facile, dimenticando che noi presbiteri siamo solo la punta dell’iceberg e che la colpa è tutta dei nostri Vescovi.

— Attualità ecclesiale —

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il presbitero bresciano Giuseppe Fusari

Molti vescovi sono oberati di impegni pastorali: incontri coi maggiorenti della Città, con politici che con una mano offrono finanziamenti per le scuole cattoliche e le attività della Diocesi e con altre dieci mani chiudono la bocca alla Chiesa locale su tutti i temi più sensibili che sarebbe sua premura trattare e portare alla luce. Inderogabile la loro presenza come autorità religiose alle varie feste ufficiali, a tagli di nastri e inaugurazioni. Di recente abbiamo persino assistito al caso di un vescovo che ha partecipato al taglio del nastro in occasione dell’apertura della nuova sede di una Loggia Massonica [vedere articoli QUI, QUI]. Il tutto in un susseguirsi incessante di «Eccellenza … Eccellenza … Eccellenza!». Titolo pronunciato ossequiosamente da persone così radicate nella cultura cattolica da essere convinte che le acquasantiere delle chiese siano dei bidet messi anticamente a disposizione dalla carità della Chiesa alla povera gente che non aveva acqua corrente in casa, dopodiché sono rimaste lì solo perché fanno parte di beni storici artistici. E come ben capite, dinanzi a questo genere di mole d’impegni pastorali, che definire gravosi è poca cosa, il Beato Apostolo Paolo, con tutti i suoi viaggi tortuosi, incluso un naufragio con fortuito approdo a Malta, per poi ripartire alla volta di Siracusa per raggiungere Reggio e da lì riprendere il cammino per arrivare mesi e mesi dopo a Roma, a confronto sono ben poca cosa, anzi: sono proprio nulla [cronistoria in Atti degli Apostoli: 27,1-28,16]. O volete forse paragonare quel gaudente personaggio dell’Apostolo delle Genti ossessionato dalla linea fisica, quindi dalle diete, che per questo non mangiava neppure tutti i giorni, con i nostri poveri vescovi costretti a cibi gourmet preparati dai migliori chef in occasioni delle cene ufficiali assieme a prefetto, questore, politici della circoscrizione e via dicendo a seguire? Quelle sì, che sono penitenze. E non parliamo delle loro residenze, all’interno delle quali suorine devote li accudiscono, li servono, li lavano e li stirano … perché questo è il carisma e la vocazione di certe religiose: fare le cameriere. L’opera di certi nostri Vescovi in quella che è stata definita «Chiesa ospedale da campo» è sicuramente molto più gravosa di quanto lo sia stato per i medici di trincea della Prima Guerra Mondiale il curare soldati feriti e moribondi. Poi, per stare al passo coi tempi che corrono, tra un trionfo di croci pettorali di ferro e bastoni pastorali fatti ormai forgiare dai falegnami con pezzi di legno grezzo, ogni volta che salgono in cattedra elargiscono il loro predicozzo su poveri e migranti, senza che possa interessargli più di tanto che il mondo è sempre più povero di Cristo e sempre più numerosi sono i fedeli che emigrano al di fuori della Chiesa Cattolica.

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Anche per questi motivi molti nostri Vescovi ricevono i loro preti dopo lunga attesa. A volte dopo aver preteso che un prete settantenne rispondesse all’interrogatorio di un segretario laico stizzoso, semmai pure divorziato e convivente con la sua compagna, che in tono perentorio domanda perché il prete intendesse importunare la Sua Eccellenza Molto Reverendissima, affinché lui stesso potesse valutare se dirgli di rivolgersi al Vicario Generale o al Vicario Episcopale. Era forse questo che alcuni distruttori dell’impianto ecclesiale intendevano con il loro grido: «Largo ai laici nella Chiesa?». Se poi il Vescovo, udito il prezioso parere favorevole del segretario laico, concede la grazia di ricevere un prete che osa avere grossi problemi da risolvere e per i quali ritiene in coscienza di dover sentire il Pastore della Chiesa locale che gli ha conferito il mandato all’esercizio del sacro ministero e in comunione col quale esercita il sacerdozio, ecco che dopo averlo guardato in cagnesco spesso esordisce: «Senti, io non voglio problemi!». A uno di questi Vescovi, al quale andai a presentare una situazione ad alto rischio di esplosione scandalo pubblico, dinanzi a questa battuta risposi: «Pensi un po’, invece io sono diventato prete consapevole che avrei avuto una vita di grandi problemi, mentre lei, che ha ricevuto la pienezza del sacerdozio apostolico, vescovo lo è diventato proprio per non avere problemi, accettando gli onori ma respingendo tutti i grandi e gravosi oneri dell’episcopato. Ma guarda quanto strana è la vita!».

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Questo è infatti il punto: la gran parte dei Vescovi di nuova generazione, pronti a stracciarsi le vesti più velocemente di Kaifa dinanzi a un clandestino sconosciuto affogato in mare prima di giungere a Lampedusa, non vogliono rotture di coglioni, specie da parte dei loro preti. E poco dopo ti dichiarano in modo a dir poco teologicamente ameno che «i poveri sono la carne di Cristo». Infatti, come risaputo, durante l’ultima cena Cristo prese un povero e lo esibì agli Apostoli dicendo loro «questo è il mio corpo, questo è il mio sangue», il tutto dopo avere lavato i piedi ai carcerati e alle puttane di Gerusalemme.

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In molte delle nostre cattedrali la Missa in Coena Domini pare essere diventata la passerella delle mignotte. Si vocifera persino che una agenzia appositamente istituita dalla Mafia Nigeriana provveda a fornire a pagamento le puttane a noleggio ai Vescovi, quando il Giovedì Santo devono mettere in scena la loro rappresentazione: lavare e baciare i piedi alle zoccole. Il tutto con il plauso delle locali sezioni del PD e di tutto il gotha della Sinistra radical chic che magnifica la nuova «Chiesa in uscita», talmente brava ed efficiente nell’auto-distruggersi da sola, che non occorre più neppure contrastarla e colpirla, facciamo tutto quanto da noi stessi. E mentre avviene questo, nei reparti di geriatria giacciono abbandonati santi preti ultra ottantenni, con una vita interamente donata alla Chiesa e al Popolo di Dio, ai quali la Sua Eccellenza Molto Reverendissima si guarda bene dall’andare a porgere il pappagallo per pisciare o a lavare la merda di dosso, come per più volte ho fatto io e similmente altri miei confratelli, variamente additati da certi vescovi di nuova generazione come “preti problematici”, semplicemente perché fedeli al sacerdozio, alla dottrina e al perenne magistero della Chiesa. Per questo non temiamo di sporcarci le mani con il piscio e con la merda. Cosa che comprensibilmente non può fare il Vescovo, perché è troppo impegnato a sciacquare e baciare i piedi alle puttane nigeriane nel giorno in cui si fa solenne memoria della istituzione del Sacerdozio ministeriale e della Santissima Eucaristia, una solennità ormai ridotta da anni al teatrino delle mignotte e dei carcerati, meglio se musulmani. O non scelse forse Nostro Signore Gesù Cristo, come Apostoli consacrati sacerdoti della Nuova Alleanza, un gruppo di carcerati e di zoccole?

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Come potete vedere dalle cronache non passa giorno senza che qualche prete salti alla ribalta per delle prodezze che variano dal sacrilegio eucaristico al grottesco [rimando agli articoli di Padre Ivano Liguori: QUI]. Tutti fatti dinanzi ai quali, prendersela con il prete o con i preti in generale, sarebbe la cosa più facile, dimenticando che noi presbiteri siamo solo la punta dell’iceberg e che la colpa è tutta dei nostri Vescovi e di quella Chiesa visibile che in nome di un male inteso «spirito del Concilio» ― che ha stravolto e falsato totalmente l’ultimo Concilio celebrato dai Padri della Chiesa ― ha favorito e persino stimolato la laicizzazione e la mondanizzazione del clero. Lo vado ripetendo e scrivendo da anni: all’interno della Chiesa ha preso vita una crisi della dottrina che ha generato una grande crisi della fede che ha dato infine vita a una grave crisi morale diffusa nel clero.

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Dire che i preti dovrebbero portare sempre la talare per rigoroso obbligo e vivere con grande decoro e dignità la loro vita sacerdotale interiore ed esteriore, purtroppo è una battaglia persa, totalmente. Abbiamo assistito a delle scene che dire indecorose è poca cosa, si pensi al presbitero padovano Marco Pozza che ha intervistato più volte il Sommo Pontefice sedendo dinanzi a lui a gambe accavallate vestito in jeans, scarpe da ginnastica e camicia aperta sbarazzina, in un trionfo di sciatteria come mai si era vista prima [cfr. video QUI, QUI, QUI]. Ma c’è di peggio, perché il primo a irridere la veste talare abbinandola in modo improvvido al clericalismo, alla mondanità e al rigidismo, è stato proprio il Sommo Pontefice stesso [cfr. QUI, QUI, QUI], ignaro che i clericali della specie peggiore non sono affatto i pochi preti che seguitano a portare la tonaca come chiaro segno della loro vita interiore ed esteriore, ma certi suoi beniamini politically correct dai quali si fa intervistare in jeans, scarpe da ginnastica e gambette accavallate. Ovviamente non possono mai mancare i ruffiani di corte, per esempio l’Arcivescovo di Catania che in violazione a tutte le norme ecclesiastiche proibisce ai propri preti di indossare la veste talare fuori dalle chiese, relegandola ad abito liturgico [cfr. QUI], il tutto, va da sé, per evitare non meglio precisate forme di “rigidismo”.

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Presto detto: dal prete in abiti borghesi che intervista il Sommo Pontefice al prete col perizoma rosso, o al prete tatuato che fa culturismo e che posta foto del proprio fisico pompato da palestra e anabolizzanti sui social media, il passo è molto breve. Pertanto, prendersela con il presbitero bresciano Giuseppe Fusari, prete culturista che pubblica le proprie foto seminudo, più che cosa semplice sarebbe quasi cosa da vili, almeno per noi consapevoli che «il pesce puzza a partire dalla testa». Inutile quindi prendersela con la punta della coda del pesce, che alla resa dei conti, più che colpevole, è solo vittima di un sacerdozio mal formato e totalmente deformato, il tutto con la benedizione dei Vescovi di nuova generazione.

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Per poco possa valere, sappiate che a rendere particolarmente forte il mio disagio e dolore è la mia esperienza. Disagio e dolore che condivido con molti altri miei confratelli che come me hanno avuto la grazia da Dio di conoscere da bambini, adolescenti e giovani degli autentici santi preti, divenuti poi i nostri modelli di vita sacerdotale. Abbiamo conosciuto vescovi veramente santi, pronti in ogni momento della loro giornata a farsi in quattro per i propri preti, nessuno dei quali è morto dimenticato nel fondo di un ospedale senza ricevere più volte la visita del Vescovo, che provvedeva lui stesso a confortarli con i Sacramenti. Ricordo un Vescovo che annullò due appuntamenti molto importanti fissati da mesi per quella giornata: le sacre ordinazioni di quattro presbiteri che si sarebbero dovute tenere al mattino e la sua partecipazione a un importante evento pubblico di carattere storico-locale nel pomeriggio. Un suo prete stava morendo in ospedale, dove il Vescovo corse, annullando un’ora prima le sacre ordinazioni con questa frase lapidaria: «I quattro che devono diventare preti possono anche aspettare qualche giorno, hanno dinanzi a sé tutta una vita sacerdotale. Mio compito e dovere è assistere un mio prete morente, che ha donato tutta la sua esistenza alla Chiesa e al servizio del Popolo di Dio». E non siamo in pochi a essere giunti al sacerdozio attraverso questi modelli di Vescovi e Presbiteri che rimangono fissi nelle nostre memorie, ma non come figure di un tempo passato che fu, ma come santi modelli di come un vescovo e un presbitero dovrebbero essere, sempre e in tutti i tempi.

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Abbiamo conosciuto Vescovi che non parlavano affatto in modo ossessivo-compulsivo di poveri e migranti e che quando si presentavano in pubblico manifestavano nella loro forma esteriore tutta la dignità ineffabile dell’episcopato, soprattutto quando celebravano la Santa Messa. Solo quando sono morti abbiamo poi scoperto che non avevano lasciato neppure i soldi per le spese del loro funerale, dopo avere elargito tutto ciò di cui disponevano a famiglie indigenti che stentavano a vestire i propri figli. A nessuno di loro sarebbe mai passato per l’anticamera del cervello di trasformare le loro chiese cattedrali in osterie e di farsi riprendere da fotografi e cameraman mentre servivano i pasti ai poveri, come se la Chiesa ― in particolare quella italiana ― non avesse stabili in sovrabbondanza per allestire pranzi, evitando di dissacrare le chiese.

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La nostra decadenza è irreversibile perché la soglia del non-ritorno l’abbiamo superata ormai da anni [cfr. mio articolo QUI]. Dobbiamo quindi assistere alle penose immagini di un Sommo Pontefice che si fa intervistare da un pretino-trendy in tenuta indecorosa e in pose da perfetto maleducato, ci dobbiamo sorbire le sceneggiate dei nostri Vescovi che noleggiano le puttane per sciacquargli e baciargli i piedi alla Missa in Coena Domini ridotta a un penoso teatrino del grottesco, dobbiamo sentirci soli, estranei e persino sgraditi nella nostra Santa Casa sempre più simile alla sala del Gran Sinedrio e al Pretorio di Pilato, consapevoli che per la Chiesa è iniziata la passione del Getsemani. E dopo la crocifissione, la morte e la sepoltura, l’esperienza mistagogica si concluderà con la risurrezione. A quel punto cominceremo a ricostruire con enorme fatica sulle ceneri della grande distruzione. E a farlo saremo in quattro gatti, ma animati da vera fede, vera speranza e vera carità.

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dall’Isola di Patmos, 29 ottobre 2022

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Nella foto: il presbitero bresciano Giuseppe Fusari – Cosa aspettarsi in un vicino futuro, forse un prete che si presenti a celebrare la Santa Messa di Natale con un perizoma rosso?

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I Padri dell’Isola di Patmos

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L’Autore del delirante «Codice Ratzinger» è un evidente emissario del più piccolo e deviato esoterismo massonico di matrice anti-cattolica

L’AUTORE DEL DELIRANTE «CODICE RATZINGER» È UN EVIDENTE EMISSARIO DEL PIÙ PICCOLO E DEVIATO ESOTERISMO MASSONICO DI MATRICE ANTI-CATTOLICA

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Questo personaggio in cerca d’autore è totalmente estraneo al mondo e alla cultura cattolica. A noi studiosi in cammino verso la vecchiaia non è richiesto alcun particolare sforzo per cogliere tra le sue righe, oltre alla crassa ignoranza in materia di dottrina, di fede e soprattutto di storia della Chiesa e di diritto ecclesiastico, un serpeggiante elemento esoterico che non riesce proprio a celare.

— Attualità ecclesiale —

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il pamphlet di Andrea Cionci

Chi da anni mi legge e conosce i miei articoli e libri può imputarmi molte cose, a partire dal mio scrivere ed esprimermi in modo spesso duro, senza ricorso a perifrasi e vaghi sottintesi. Per essere incisivo uso talora come espressioni idiomatiche anche frasari coloriti, specie su temi molto delicati. È quindi con estrema chiarezza che affermo pubblicamente che il giornalista Andrea Cionci, autore del Codice Ratzinger, un pamphlet delirante e oltraggioso nei riguardi del Sommo Pontefice Francesco, è un emissario del peggiore esoterismo massonico di matrice anti-cattolica.

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Di questo soggetto non conosco niente, non mi interessa sapere dove e come è vissuto, da dove provenga, quale sia la sua vita pubblica e privata, come e dove si sia formato … né mai mi sognerei di indagare su di lui, come invece ha tentato di fare lui su di me, ignaro di imbattersi in numerose persone che prontamente mi hanno avvisato: «Un certo Andrea Cionci sta battendo in lungo e in largo per chiedere informazioni molto sensibili su di te». Dunque non so chi sia, non m’interessa saperlo né voglio saperlo. Qualcuno mi ha detto che le notizie su di lui in Rete sono molto scarse, un esperto ingegnere informatico mi ha spiegato che forse, su internet, potrebbe essere stata fatta una gran pulizia sui suoi dati, come se fosse nato d’improvviso al momento in cui incomincia a scrivere assurdità sull’atto di rinuncia di Benedetto XVI da lui ritenuto invalido e l’elezione di conseguenza illecita e invalida del «falso papa usurpatore Bergoglio».

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Uno dei suoi limiti è di non misurare bene i propri avversari, dato che il sottoscritto, oltre a essere un prete tosco-romano che all’occorrenza condisce il discorso con una parola colorita, è parecchio di più: un uomo molto adulto con un complesso vissuto che lo ha portato, tra le varie cose, ad avere tante conoscenze e amicizie. Ho conosciuto e conosco tutt’oggi alti funzionari di Stato che spesso si sono rivolti a me per chiedere consiglio, o per usarmi come interlocutore con le Autorità Ecclesiastiche, al fine di evitare che certi chierici propensi a mettersi nei guai finissero sbattuti sulle prime pagine dei giornali per questioni di carattere morale che non costituiscono per la Legge della Repubblica Italiana alcun reato, ma che per un giovane monsignore della Curia Romana pizzicato in certi ambienti possono invece rappresentare molto, sia per l’etica cattolica che per il Diritto interno della Chiesa.

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A questo principiante con il complesso del genio che pensa di portare alla luce e sciogliere i complotti più complessi e occulti, temo non sia molto chiaro che mi sono potuto permettere di dare pubblicamente del delinquente a un potente cardinale della Curia Romana, caduto poi in disgrazia, ma otto mesi dopo, non quando accusai lui è i suoi scagnozzi di essere peggio di quelli della Banda della Magliana, perché in quei giorni era un intoccabile all’apice del potere [cfr. video: QUI, dal minuto 37:30]. E nessuno, a partire dal Vescovo alla cui giurisdizione appartengo, emise neppure mezzo sospiro. Ora, delle due l’una: o l’Autore di questo pamphlet è solo un dilettante allo sbaraglio che deve crescere e maturare, oppure è gravato di limiti talmente insormontabili che lo rendono incapace di comprendere che a qualsiasi prete che avesse osato dare del delinquente a un potente cardinale della Curia Romana, per tutta risposta l’Autorità Ecclesiastica avrebbe tolto la pelle di dosso mandandolo di corsa a pascolare le pecore, ma quelle delle greggi sarde delle terre più sperdute della Barbagia, non le pecore del Santo Gregge del Signore.

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Per accusare e condannare un imputato occorrono prove, in assenza delle quali tutti siamo innocenti sino a prova contraria. Questo non vuol dire che per condannare un omicida sia necessario trovarlo con la pistola fumante in mano e il cadavere sanguinante del morto disteso per terra. O vi risulta forse che la maggior parte degli uomini finiti in galera per stupro siano stati colti in flagranza di reato dalla Polizia di Stato mentre erano intenti a violentare una donna? Chiunque abbia praticato il diritto penale o lo conosca un po’ a livello di cultura generale, sa che cosa sia il “processo indiziario”. Ciò significa che quando non esiste una prova diretta attraverso la quale prende corpo l’elemento sostanziale rilevante, si può giungere alla elaborazione della prova attraverso indizi che non siano tra di loro discordanti e che nel loro insieme finiscono col provare il fatto.

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Questo personaggio in cerca d’autore è totalmente estraneo al mondo e alla cultura cattolica. A noi studiosi in cammino verso la vecchiaia non è richiesto alcun particolare sforzo per cogliere tra le sue righe, oltre alla crassa ignoranza in materia di dottrina, di fede e soprattutto di storia della Chiesa e di diritto ecclesiastico, un serpeggiante elemento esoterico che non riesce proprio a celare. O non fu forse messo prontamente alla porta quando in passato, prima di cimentarsi sui fanta-complotti della «invalida rinuncia di Benedetto XVI» e del «Bergoglio antipapa», tentò di proporre a studiosi molto esperti e seri un lavoro sulla Sacra Sindone che olezzava di esoterismi? Insomma, siamo di fronte a un soggetto decisamente estraneo al mondo e alla cultura cattolica, che in modo a dir poco maldestro ha deciso di vestire i panni del tradizionalista, che lo rendono bizzarro quanto lo sarei io se decidessi di togliermi di dosso la veste talare da prete e indossare da un giorno all’altro una minigonna. Va bene che sono amico della trans Vladi Guadagno, in arte Luxuria, ma vedendomi in tale stato, credo che la prima a rimanere contrariata sarebbe proprio lei.

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Poc’anzi ho fatto cenno a vari ambienti istituzionali coi quali mi sono ritrovato in stretto contatto. Le mie relazioni, da sempre molteplici e variegate, sono quelle di un uomo che ha contatti con tutti, anche con ciò che è molto lontano dal Cattolicesimo, sempre mantenendo la mia identità di prete e teologo fedele sino alla morte al deposito della fede e alla Santa Chiesa di Cristo. Posta questa premessa posso avere ― ed ho ― relazioni di sincera amicizia con un anarchico sessuomane come Giuseppe Cruciani, con un puro comunista come Vauro Senesi, che stimo sia per la sua coerenza che per la sua sensibilità umana. Mi sono più volte confrontato con Alessandro Cecchi Paone, che non fa mistero della sua omosessualità né del fatto che appartiene ai più alti gradi della Massoneria e che della vita umana ha una percezione totalmente diversa dalla mia, ma col quale è sempre stato un grande piacere parlare. Ho scritto la prefazione al libro di Francesco Mangiacapra, un ex gigolò, oggi mio caro amico, grazie al quale fu portato allo scoperto un giro di preti che si avvalevano dei servizi sessuali dei marchettari [cfr. QUI]. Tra gli opinionisti italiani, quello che più stimo è Daniele Capezzone, ex bimbo prodigio di Marco Pannella, modello di autentico liberalismo, uomo lucido e non condizionato da ideologie, a partire dal liberalismo stesso. Eppure, su temi come aborto ed eutanasia non la pensiamo certo allo stesso modo, ma questo nulla toglie alla mia stima nei suoi riguardi.

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Ho fatto queste premesse per giungere al dunque: temo che solo un ragazzino alle prime armi possa pensare che non abbia avuto o che non abbia rapporti con persone che appartengono ai più alti gradi della Massoneria e che dirigono le più antiche Logge. Tutte persone che godono della mia stima, molti di loro sono studiosi di altissimo livello, altri professionisti di fama internazionale ai quali è chiaro da sempre ciò che penso della Massoneria come cattolico e prete, vale a dire che aderirvi ed essere iscritti alle logge massoniche è incompatibile con l’essere cattolici. Ferma restando la mia stima verso molte di queste singole persone, che a loro volta mi stimano e mi vogliono bene.

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E proprio gli amici appartenenti ai più alti gradi della Massoneria mi hanno chiesto se per caso non mi fossi accorto che questo ragazzino in cerca di visibilità manifestava il tipico modo di pensare degli appartenenti alle correnti esoteriche di quella pseudo-massoneria che loro massoni seri non riconoscono come tale e che da sempre giudicano ridicole devianze da piccoli e patetici aspiranti illuminati.

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Presto spiegato il motivo: questo personaggio, che non possiamo definire un pericoloso lupo, al massimo un fastidioso chihuahua col complesso del pitt-bull, dopo essersi mascherato da improbabile cattolico e da cattolico tradizionalista più improbabile ancora, ha incominciato a lanciare degli attacchi al Papato di una tale violenza che neppure i più feroci massoni anticlericali dell’Ottocento erano giunti a sferrare. Anche perché erano uomini abili, capaci e intelligenti, per questo consideravano il Beato Pontefice Pio IX un uomo molto dotato, nonché avversario temibile e non facile da colpire.

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Ciò che l’Autore di Codice Ratzinger diffonde sono un ammasso di teorie costruite neppure su evidenti mancanze di prove, ma proprio sulla totale assenza degli indizi più vaghi. Tutto è retto su assurde e presunte prove cervellotiche basate sul niente e congegnate attraverso la manipolazione e l’alterazione dei documenti della Chiesa, delle parole, dei fatti e persino dei silenzi e delle non-risposte date, sino a creare delle assurde non-verità interamente sorrette su elementi illogici, irrazionali e surreali.

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Perché Alessandro Sallustri, giornalista di lungo corso ed esperto direttore di testate giornalistiche, lascia che questo soggetto scriva da alcuni anni simili incongruenze sul blog del quotidiano Libero? Proviamo a spiegarlo alle anime candide che prendono per vere le affermazioni dei politici e dei conduttori dei talk-show Mediaset e Rai che parlando della Russia di Vladimir Putin affermano: «Noi siamo un Paese libero con una stampa libera!». E qui bisogna tributare onori alla Signora Ilona Staller, in arte Cicciolina, che invece non si sognerebbe mai di annunciare «Sono una vergine illibata!», perché è donna coerente e veritiera. Dunque, il quotidiano Libero appartiene alla corrente delle varie Destre che nel Sommo Pontefice Francesco ― vero o sbagliato che sia ― vedono una figura a loro parere sbilanciata verso le Sinistre. E certe cose ― vere o false che siano ― vanno sempre fatte pagare, a volte persino col concorso e l’istigazione di certi avvelenati uomini di Chiesa che celati dietro le quinte soffiano sul fuoco. Adesso si provi a immaginare che cosa sarebbe accaduto se l’Autore del Codice Ratzinger avesse osato abbozzare un vago sospiro complottardo sul Senatore Matteo Salvini o la Onorevole Giorgia Meloni. Nello spazio di poche ore lo avrebbero rimbalzato fuori dal marchio di quel quotidiano. La stessa cosa sarebbe accaduta con qualsiasi giornalista de La Repubblica se avesse fatto altrettanto con figure beneamate dalla Sinistra radical chic. Basti ricordare il recente caso del Senatore Tommaso Cerno, altra mente libera e brillante, escluso da tutti i pubblici dibattiti televisivi per la sua avversione al disegno di legge sulla omotransfobia dell’Onorevole Alessandro Zan, che se fosse passato per com’era stato scritto avrebbe perseguito il reato di opinione [sul tema rimando al libro scritto dal teologo cappuccino Ivano Liguori e da me: QUI]. E con ciò è chiarito come mai questo soggetto può scrivere cose assurde su quel giornale, in questo momento storico e sotto la direzione di quel direttore. Semplicemente perché qualcuno ha ritenute le sue paccottiglie politicamente utili per colpire e seminare confusione, a prescindere che non siano vere. O pensate che a certa gente interessi qualche cosa della verità? A volte certi manipolatori poco intelligenti inventano quello o quell’altro codice senza nemmeno rendersi conto che sono loro a essere manipolati e usati come “utili idioti” da persone più intelligenti che sono parte dei grandi ingranaggi dei poteri più o meno occulti.

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L’Autorità Ecclesiastica per un verso, i media cattolici per altro verso, sono saggi e prudenti nel dire che a questo soggetto non va data alcuna visibilità e che non si può rispondere a chi costruisce teorie illogico-irrazionali su elementi assurdi e surreali. Però, a un certo punto, quando gli indizi concordano e finiscono per formare la prova, è doveroso affermare quello che l’Autorità Ecclesiastica non può dire ma che posso dire io: questo soggetto appartiene a quei filoni esoterici della pseudo-massoneria deviata e da alcuni anni, mascherato da improbabile cattolico e da tradizionalista cattolico ancor più improbabile, tenta di colpire in modo oltraggioso, incessante e metodico quel Papato che sorregge l’intero impianto della Chiesa Cattolica.

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Un eminente storico del Risorgimento Italiano mi disse che gli anticlericali più furibondi vissuti a cavallo tra Ottocento e Novecento non toccarono mai dei livelli così bassi. Non solo perché erano persone dotate di intelligenza e capacità, ma perché del Papato che combattevano e volevano abbattere riconoscevano tutta l’autorità, l’autorevolezza e anche la grandezza storica. Non diffondevano certo pamphlet nei quali sostenevano di avere dimostrato con prove inconfutabili che Pio IX era un falso pontefice eletto in un conclave invalido.

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Dinanzi a tutto questo abbiamo una sola consolazione, che non è di per sé poca cosa: siamo dinanzi a un maldestro principiante dotato di scarsa intelligenza. E questo non lo affermo io, me lo ha detto un Venerabile Maestro del Grande Oriente d’Italia, uomo settantenne e personalità dalla cultura enciclopedica, che da un ventennio mi considera un amico sincero e leale e che proprio per questo sa da sempre che cosa penso della Massoneria. Ma i miei rapporti pubblici e privati con le singole persone sono altra cosa, non a caso sono un prete, che come tale ha il dovere di accogliere tutti e di ascoltare tutti, dicendo sempre ciò che per me, la mia fede e la morale cattolica è giusto o sbagliato, dando esempio di un vissuto che sia sempre in totale aderenza, sia pubblica che privata, con le verità annunciate e insegnate dalla Chiesa.

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Auguro felice crescita ad Andrea Cionci, mentre seguita ad accontentarsi di pescare nel complottardo mare ByoBlu degli internauti affetti da analfabetismo funzionale e analfabetismo digitale, pronti a credere all’esistenza degli elefanti rosa che volano con le ali, perché oltre a questo pubblico non può andare, gli mancano maturità, intelligenza e talento. Pertanto si accontenti di fare affari con un fuoriuscito di casa come il povero prete scomunicato e dimesso dallo stato clericale Alessandro Minutella.

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A dirgli tutto questo con amorevolezza è un uomo che se chiama al telefono certi cardinali gli rispondono dopo il terzo squillo e che, per questo e altro ancora, come funziona la Chiesa e il Papato pensa di saperlo molto meglio di lui.  Ossia quanto basta a fargli una paterna carezza amorosa sulla testa, prenderlo per mano, portarlo a mangiare un cono-gelato e augurargli, tra una leccata e l’altra, di poter diventare un giorno grande per potersi occupare di cose da grandi. In caso contrario passerà la vita a leccarsi le ferite sanguinanti per le frustate ricevute, senza mai riuscire a capire che un adolescente di primo pelo non spara con la pistola a pallini di gomma a un soldato addestrato che imbraccia un kalashnikov, non molla una sberla a Mike Tyson, né si precipita con una bicicletta mountain bike lungo i binari contro il treno ad alta velocità, urlando di avere scoperto il Codice Ratzinger e di poterla sparare, per questo, più grossa di tutti.

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dall’Isola di Patmos, 26 ottobre 2022

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I Padri dell’Isola di Patmos

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Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Gabriele

La preghiera, il giudice ingiusto e la vedova assillante

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

LA PREGHIERA IL GIUDICE INGIUSTO E LA VEDOVA ASSILLANTE

 

«Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai»

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari fratelli e sorelle,

La chiesa del convento domenicano di Santa Maria Novella in Firenze, presso il quale Padre Gabriele è stato trasferito e dove ha celebrato la prima Santa Messa nella giornata di oggi

In questa XXIX domenica del tempo ordinario il Santo Vangelo ci offre un grande e prezioso insegnamento sulla preghiera [vedere liturgia della parola QUI]. In molti altri passi ha descritto l’importanza degli atti di misericordia e carità verso Dio e il prossimo. Oggi il tema centrale è invece la preghiera:

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«Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai»

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Una preghiera incessante. Molto spesso agli occhi del mondo contemporaneo la preghiera è una pratica noiosa, che va evitata, perché da vecchi o perché considerato qualcosa di superato. Al contrario, la preghiera è innanzitutto intimità con Dio. Uno stare con lui dialogando con Padre, Figlio e Spirito Santo: tre Persone che ci ascoltano e dialogano con noi. Non è un dialogo fra sordi, come purtroppo accade spesso oggi, nelle comunicazioni via WhatsApp, Telegram o anche in persona. Ricordo un libro di qualche anno fa, l’Ulisse di James Joyce. Uno dei protagonisti, Molly, comincia un lungo monologo interiore. Parla di temi anche disordinati fra loro. Distesa su un letto. Poi si risponde da sola. Si rivolge a Gesù e Dio. Ma materialmente non li ascolta.

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Gesù invece è venuto a dirci di aprire il cuore incessantemente a Dio, perché è un dialogo che vi cambierà la vita in modo definitivo. Non solo la vita, ma ogni girono che ci affidiamo a Lui nella preghiera. Così, per rendersi più chiaro, Gesù ai suoi racconta la parabola del giudice ingiusto e la vedova insistente. Quello che il Signore vuole sottolineare è l’insistenza della vedova, nonostante la situazione di ingiustizia che ella vive. Alla fine della sua insistenza viene esaudita. Per cui alla fine della parabola dice:

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«Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

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La preghiera è allora la nostra azione tenace. Di affidarci a Dio nei nostri momenti di sofferenza, nelle ingiustizie che viviamo, nelle nostre aridità spirituali. Perché il Signore sa tutto di noi e nella preghiera ci alimenta continuamente della sua grazia e dei suoi doni dello Spirito Santo. La preghiera ci prepara dunque a ricevere altre grazie e altri doni più grandi. Ma come dice lo stesso Gesù alla fine con una domanda retorica, la preghiera è ciò che alimenta la fede. Quella fede, virtù teologale, che il Signore ha generato in noi e vuole ritrovare ogni giorno, perché la fede è l’innamoramento di Dio. È l’innamoramento più bello di tutti.

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La preghiera è dunque quell’azione che ci permette di essere sempre più innamorati e ferventi di carità verso Dio e il prossimo. Nella tradizione cattolica esistono diversi tipi di preghiera: quella vocale, il canto, la meditazione e la contemplazione. Per noi domenicani è preghiera importantissima quella contemplativa. Cum templum fare: la contemplazione è come un farsi tempio, rendersi un tutt’uno con Gesù. Dunque, un entrare nell’intimo di Gesù: una relazione di intimità nella carità e nella verità.

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Chiediamo al Signore di diventare sempre più credenti che pregano Dio col cuore e con lo spirito, affinché possiamo bagnare i nostri deserti esistenziali con la pioggia dell’amore tenero e profondo di chi ci ha amato fino alla fine.

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Firenze, 15 ottobre 2022

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NOTA

Padre Gabriele è stato trasferito dal convento romano di Santa Maria Sopra Minerva a quello fiorentino di Santa Maria Novella, dove questa domenica ha celebrato la prima Santa Messa e predicato per la prima volta.

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Il blog personale di

Padre Gabriele

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I Padri dell’Isola di Patmos

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Quando il prete vuole promuovere i diritti del laicismo, i vescovi hanno il dovere di pretendere un prete che promuova la Chiesa

QUANDO IL PRETE VUOLE PROMUOVERE I DIRITTI DEL LAICISMO, I VESCOVI HANNO IL DOVERE DI PRETENDERE UN PRETE CHE PROMUOVA LA CHIESA

Per certi preti oggi vivere nella Chiesa è un po’ come percepire il reddito di cittadinanza, permette di vivere avendo uno stipendio senza dare assolutamente nulla. Togliere la congrua a questi soggetti sarebbe la prima azione necessaria, insieme all’interdetto a ricoprire incarichi ecclesiali rappresentativi in nome di una Chiesa con cui non si sentono in comunione.

— Attualità ecclesiale —

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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PDF  articolo formato stampa

 

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La versione audio sarà disponibile lunedì

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un libro molto consigliato in lettura (cliccare sull’immagine per aprire la presentazione)

Dopo la celebrazione della Santa Messa sul materassino [vedi qui, qui, qui, qui] e quella in tenuta ciclistica [vedi qui, qui, qui, qui] la kermesse del clericalmente corretto ha aggiunto un nuovo tassello verso il completamento del grande mosaico della Chiesa in uscita, povera per i poveri, in cui l’unica vera povertà da tutti percepita è quella in materia dottrinale che finisce per condizionare la prassi pastorale.

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Così nella bella Liguria, al confine con le Cinque Terre, in quel di Bonassola il presbitero Giulio Mignani della diocesi della Spezia-Sarzana-Brugnato si è meritato l’onorificenza di ambasciatore per i diritti del laicismo, tanto da avere come attendente niente meno che l’agguerrito Marco Cappato [vedi qui, qui, qui, qui]. Devo dire che ci siamo persi, per la “gioia” del prete e del promotore dell’eutanasia, una sicura performance del nostro Padre Ariel S. Levi di Gualdo, prontamente invitato a dibattere con loro al programma Dritto e Rovescio in onda giovedì 13 ottobre su Rete 4. Il nostro confratello non intendeva però mancare al funerale di uno dei suoi grandi maestri, il gesuita Peter Gumpel, insigne teologo e storico del dogma [vedere qui], celebrato a Roma venerdì mattina alle 10 presso la cappella della curia generalizia della Compagnia di Gesù. Questo gli ha reso impossibile recarsi negli studi di Cologno Monzese. Se sia stato un bene o un male non è dato sapere, forse avremmo assistito a chissà quali fuochi di artificio.

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Sia ben chiaro, tutto questo bailamme non è il risultato di un colpo di testa estivo ma è il ragionato e meticoloso lavoro di svariati anni di ministero parrocchiale in cui questo prete pro-eutanasia si è presentato come l’esponente di un pensiero teologico filo-germanico che lo delinea come prete di rottura, come del resto ha fatto, sta facendo e ancora farà in Sardegna il presbitero Ettore Cannavera [vedi qui].  

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Da Crotone a Mazara del Vallo passando per Bonassola, isole comprese ecco realizzata la nuova via sacra in cui i novelli presbiteri inclusivi, resilienti e paladini dell’amore sfoggiano con orgoglio i paramenti iridati fino a calcare il recinto del Tempio dei Diritti in cui possono offrire le primizie del loro zelo e ribadire che l’unico vero dogma esistente è la Resistenza.

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Sì, resistenza e vigilanza, come ci pare stia già facendo la Conferenza Episcopale Italiana dopo le ultime elezioni politiche [vedi qui, qui]. Davanti a una Chiesa ritenuta omofoba e allergica alle politiche civili sull’aborto e sul fine vita, c’è bisogno di resistere: resistere davanti alla Verità, resistere davanti al buon senso, resistere davanti all’ovvio, resistere anche davanti all’innocenza incolpevole che si incarna nelle fattezze di un feto, di un disabile o di un malato terminale, resistere soprattutto davanti a Gesù Cristo che non informa più la vita di numerosi presbiteri, i quali strizzano l’occhio alla militanza civile. Un tempo andavano di moda i preti operai, oggi quelli attivisti e resistenti!

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Come risaputo la resistenza migliore è quella che si consuma ad intra, tra quinte colonne che operano all’interno delle Curie arcivescovili, nei saloni parrocchiali, dove i sacerdoti possono fare liberamente il loro coming out di pensiero e manifestare le vere intenzioni che si uniscono ai rispettabilissimi ragionamenti a-teologici e a-cattolici che vengono fatti passare come l’architettura su cui si costruisce una spiritualità alternativa (non “indietrista” direbbe qualcuno), come si affretta a chiarire il prete pro-eutanasia all’intervistatore delle Iene [vedi video qui dal minuto 4,30].

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Se è vero che la bocca parla della pienezza del cuore [Mt 12,34], la bocca di questo prete e di tanti altri come lui ha abbondantemente parlato in questi ultimi anni mettendosi consapevolmente e orgogliosamente al di fuori dell’insegnamento della Chiesa. Ma stavolta, nell’ingranaggio ben oliato della lotta per i diritti civili, qualcosa è andato storto, un vescovo ha voluto dire la sua e si è messo di traverso come inciampo evangelico affinché fosse a tutti noto che la militanza di quel suo presbitero non solo era ed è sbagliata, ma bisognava farla giungere al capolinea.

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Sono assolutamente convinto che la notizia del provvedimento canonico della sospensione a divinis sia giunta senza troppe sorprese: sicuramente non per il prete che aveva già da tempo fatto un pensierino di abbandonare la Chiesa [vedi qui] ma anche per la diocesi spezzina assuefatta dalle dichiarazioni diuturne del prete dei diritti. Da parte sua il vescovo S.E. Mons. Luigi Ernesto Palletti si è comportato da gran signore, non ha fatto nulla di più di quanto un autentico successore degli apostoli dovrebbe fare, cosa che oggi lo definisce come una mosca bianca nel panorama episcopale italiano. Non solo si è dimostrato veramente un padre paziente davanti ai capricci di questo figlio prodigo ― prete di rottura che ha rotto abbastanza le altrui ortodosse gonadi presbiterali ― ma anche ha saputo promuovere percorsi di recupero e di riconciliazione con questo suo prete più intento a difendere i diritti civili che ad amare la Chiesa di Cristo di cui è stato costituito ministro.

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Voglio ricordare a tutti i nostri Lettori che ogni candidato al sacerdozio, prima dell’ordinazione diaconale e prima di quella sacerdotale pronuncia un giuramento molto chiaro e vincolante, che poi ribadisce nel momento in cui assume incarichi ufficiali all’interno della Chiesa. Qui di seguito riporto i testi a cui è necessario fare riferimento:

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Io N.N. credo e professo con ferma fede tutte e singole le verità che sono contenute nel simbolo della fede, e cioè: Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen. Credo pure con ferma fede tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio scritta o trasmessa e che la Chiesa, sia con giudizio solenne sia con magistero ordinario e universale, propone a credere come divinamente rivelato. Fermamente accolgo e ritengo anche tutte e singole le verità circa la dottrina che riguarda la fede o i costumi proposte dalla Chiesa in modo definitivo. Aderisco inoltre con religioso ossequio della volontà e dell’intelletto agli insegnamenti che il Romano Pontefice o il Collegio episcopale propongono quando esercitano il loro Magistero autentico, sebbene non intendano proclamarli con atto definitivo.

Io N.N. nell’assumere l’ufficio di […] prometto di conservare sempre la comunione con la Chiesa cattolica, sia nelle mie parole che nel mio modo di agire. Adempirò con grande diligenza e fedeltà i doveri ai quali sono tenuto verso la Chiesa, sia universale che particolare, nella quale, secondo le norme del diritto, sono stato chiamato a esercitare il mio servizio. Nell’esercitare l’ufficio, che mi è stato affidato a nome della Chiesa, conserverò integro e trasmetterò e illustrerò fedelmente il deposito della fede, respingendo quindi qualsiasi dottrina ad esso contraria. Seguirò e sosterrò la disciplina comune a tutta la Chiesa e curerò l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche, in particolare di quelle contenute nel Codice di Diritto Canonico. Osserverò con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori dichiarano come autentici dottori e maestri della fede o stabiliscono come capi della Chiesa, e presterò fedelmente aiuto ai Vescovi diocesani, perché l’azione apostolica, da esercitare in nome e per mandato della Chiesa, sia com­piuta in comunione con la Chiesa stessa.

Così Dio mi aiuti e questi santi Vangeli che tocco con le mie mani.

Sosterrò la disciplina comune a tutta la Chiesa e promuoverò l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche, in particolare di quelle contenute nel Codice di Diritto Canonico. Osserverò con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori dichiarano come autentici dottori e maestri della fede o stabiliscono come capi della Chiesa, e in unione con i Vescovi diocesani, fatti salvi l’indole e il fine del mio Istituto, presterò volentieri la mia opera perché l’azione apostolica, da esercitare in nome e per mandato della Chiesa, sia compiuta in comunione con la Chiesa stessa.

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Il presbitero spezzino Giulio Mignani ha sicuramente pronunciato davanti al suo vescovo e agli officiali di Curia questo giuramento impegnativo, sebbene sostenesse di fatto tutto il contrario. Sarebbe quindi ora di giungere a una resa dei conti, non in seno alla battaglia per la difesa dei diritti civili, ma nel cuore e nella vita di questo fratello sacerdote. Mi spiego meglio: in Italia nessuno proibisce a nessuno di svolgere la carriera di attivista in qualsiasi campo (purché si rispetti la legalità), per questo motivo Giulio Mignani farebbe bene in avvenire a discernere quello che intende fare. Lui ha il pieno diritto di esercitare la parresia e dire al suo vescovo che rinuncia al suo sacerdozio per perseguire la nobile causa di attivista pro-aborto, pro-eutanasia, pro-unioni arcobaleno, lasciando così che a parlare sia la sua singola e rispettabile persona, non però quella della Chiesa che come sacerdote egli rappresenta e di cui si vuole fare portavoce.

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Ribadisco: questo è nel suo pieno diritto, così come è nel pieno diritto della Chiesa, dei vescovi e dei fedeli avere dei sacerdoti che sappiano annunziare Cristo, testimoniare il Vangelo della vita e difendere il deposito delle fede dai lupi rapaci che insinuano l’errore, anche se deboli e peccatori. Nessuno mai ha preteso dai sacerdoti un certificato di impeccabilità, siamo i primi a sperimentare la contraddizione, ma è doverosa una proporzionata chiarificazione delle proprie intenzioni liberamente assunte davanti alla Chiesa e al popolo santo di Dio al momento della sacra ordinazione.

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Sarò malizioso ma per certi preti oggi vivere nella Chiesa è un po’ come percepire il reddito di cittadinanza, permette di vivere avendo uno stipendio senza dare assolutamente nulla. Togliere la congrua a questi soggetti sarebbe la prima azione necessaria, insieme all’interdetto a ricoprire incarichi ecclesiali rappresentativi in nome di una Chiesa con cui non si sentono in comunione. Dopo di che si aspetta per vedere se le varie associazioni promotrici dei diritti civili, quelle che non lesinano a pubblicizzare e aizzare questo genere di sacerdoti, saprebbero sobbarcarsi il loro completo mantenimento, magari come addetti al volantinaggio nelle scuole in favore della pillola RU486, in qualche gazebo in piazza per dirci quanto è misericordiosa e buona l’eutanasia o forse come barman presso il Muccassassina di Roma. Perché deve essere chiaro che chi predica il Vangelo, dal Vangelo sarà sostenuto nelle sue necessità. Chi invece predica i diritti civili, dai diritti civili dovrà essere ugualmente sostenuto, visto che non è più possibile invocare l’errore o la confusione mentale quando si è arrivato a fare una lucida e pubblica professione di fede da attivista.

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Spero di sbagliarmi ma da oggi a qualche mese potremmo sentire ancora parlare di questo confratello, forse perché ridotto allo stato laicale, per richiesta sua o come conseguenza canonica per il mancato ravvedimento. Davanti a una Chiesa percepita come oscurantista e incapace a riconoscere l’amore vero, egli sarà il nuovo martire dei diritti e dell’inclusione. Portato in trionfo tra i vari salotti televisivi del pensiero democratico egli proclamerà la bellezza di essere sacerdote: sacerdote senza più mediazione con il divino, sacerdote mortificato nel suo essere profeta contro corrente, sacerdote svuotato di quella fortezza dei martiri che sanno affrontare la croce soprattutto quando si sentono inermi.

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Concludo manifestando tutto il mio rammarico per quei fedeli che oggi gridano allo scandalo a causa della sospensione a divinis di Giulio Mignani, perché non si rendono conto che questo confratello non è una loro proprietà da usare, così come è tremendamente ingiusto percepirlo come ariete per forzare la porta della Chiesa. Mi spiace anche per tutti i fratelli omosessuali, per tutte le donne che hanno abortito e per coloro che hanno desiderato mettere fine alla loro vita: hanno perso una buona occasione per incontrare un Cireneo capace di affiancarsi alle loro sofferenze senza giudizio, tanto da venirne sollevati per un tratto di strada, incamminati verso la sola vera liberazione che giunge al mattino della domenica di Pasqua e che ha nel Risorto l’unico e vero protagonista, non un uomo – anche se animato dalle migliori intenzioni – che gioca a tana libera tutti.

Laconi, 15 ottobre 2022

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I Padri dell’Isola di Patmos

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Domani sarà sepolta per sempre la Compagnia di Gesù. È morto Peter Gumpel, gesuita della vecchia scuola e postulatore della causa di beatificazione di Pio XII

DOMANI SARÀ SEPOLTA PER SEMPRE LA COMPAGNIA DI GESÙ. È MORTO PETER GUMPEL, GESUITA DELLA VECCHIA SCUOLA E POSTULATORE DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DI PIO XII

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Padre Peter Gumpel è stato l’ultimo dei mohicani. Quando domani mattina alle ore 10 saranno celebrate le sue esequie funebri con lui sarà sepolta definitivamente, dopo le precedenti morti degli altri anziani, quella che un giorno fu la gloriosa Compagnia di Gesù, ridotta oggi a tutto il più tragico squallore impersonato dalle battute infelici e soprattutto gravemente eterodosse del loro Preposito Generale Arturo Sosa Abascal.

— Attualità ecclesiale —

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Peter Gumpel (1923-2022) teologo gesuita e storico del dogma, fu accademico, perito al Concilio Vaticano II, postulatore generale della Compagnia di Gesù e postulatore della causa di beatificazione di Pio XII

Ieri mattina Andrea Tornielli, caro amico di vecchia data, ha avuto la sensibile bontà di informarmi che era morto da poco il gesuita Peter Kurt Gumpel, teologo e storico del dogma, già perito al Concilio Vaticano II, per mezzo secolo postulatore generale della Compagnia di Gesù assieme al confratello Paolo Molinari (1924-2014), col quale curò la causa di beatificazione di Pio XII. Entrambi furono fidati consiglieri privati del Santo Pontefice Paolo VI nella delicata e turbolenta fase storica del post-concilio.

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Padre Peter, nato ad Hannover il 15 novembre 1923, proveniva da una ricca famiglia dell’antica aristocrazia tedesca, ben presto invisa al regime nazista. Questo il motivo per il quale si trasferirono prima in Francia e successivamente in Olanda, dove il giovanissimo Peter, imparò la lingua e studiò. Essendo un conoscitore di quel Paese e della sua lingua, quando decenni dopo insorse il delicato problema della pubblicazione del Catechismo Olandese (1966), il Sommo Pontefice Paolo VI inviò lui come proprio fiduciario in visita in Olanda.

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Unico maschio erede del casato, più volte mi narrò di quanto adolescente espresse al padre di voler entrare nella Compagnia di Gesù:

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«Eravamo in macchina, mio padre si fermò, mi fece scendere assieme al mio cane bassotto col quale percorsi alcuni chilometri a piedi per rientrare a casa. Quando entrai mio padre mi intimò di non tornare mai più su certe fantasie. Dopodiché aggiunse che mi avrebbe permesso di entrare nella Compagnia di Gesù solamente se glielo avesse detto il Sommo Pontefice in persona».

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Il giovane prese il padre in parola. La famiglia aveva conosciuto e avuto ospite più volte l’Arcivescovo Eugenio Pacelli, all’epoca nunzio apostolico a Berlino, eletto nel 1939 al sacro soglio, al quale non esitò a scrivere. Un mese dopo il padre si vide giungere una lettera autografa del Sommo Pontefice Pio XII che lo pregava di concedere al figlio di entrare nella Compagnia di Gesù.

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Sin da studente strinse col confratello Paolo Molinari una profonda, fraterna e intensa amicizia durata per tutta la vita. Nel corso del periodo di studentato svolto in Inghilterra fu un indefesso tifoso del Padre Paolo che giocava magistralmente a pallone. Alla mia domanda se lui avesse mai giocato, con umorismo tutto quanto teutonico rispose:

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«No, perché è intellettualmente più gratificante e fisicamente meno stancante tifare dagli spalti per quelli che giocano».

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Sì, preferiva starsene seduto a fumare una sigaretta dietro l’altra e godersi il gioco altrui. Fumatore incallito, più volte lo trovai nel suo studio avvolto da una coltre di fumo. Avrebbe anche potuto non firmare i documenti da lui redatti, perché si sarebbe potuto riconoscere l’Autore dall’odore di tabacco che li impregnava. Gli dissi una volta mentre fumavo con lui:

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«Sicuramente il fumo nuoce gravemente alla salute, ma temo che dai gesuiti stia lontano persino il cancro, ben guardandosi dall’avere a che fare con soggetti pericolosi come voi».

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Padre Peter e Padre Paolo sono stati miei maestri e formatori, per anni mi hanno guidato oltre le parole impresse nei documenti del Concilio Vaticano II, spiegandomi passo dietro passo da quali storie e vicende nacquero molti di quei testi. Dopo gli studi specialistici in dogmatica Padre Peter mi avviò allo studio della storia del dogma, in assenza della quale si può correre il rischio di finire immersi in una dogmatica che si regge sulle nuvole. Suggerì al mio vescovo di mandarmi a studiare per un periodo di tempo in Germania, dove ebbi come insegnanti alcuni gesuiti della vecchia guardia. In seguito fui formato alla postulazione delle cause dei Santi, dove mi istruirono principalmente sulle carte del delicato e complesso processo di beatificazione del Venerabile Pontefice Pio XII, al quale dedicai nel 2006 la sezione principale della mia opera Erbe Amare, da cui prese vita in seguito un singolo saggio dedicato alla figura di Eugenio Pacelli: Pio XII e la Shoah.

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Il 2 maggio 2014, quando nella cappella della Curia Generalizia della Compagnia di Gesù furono celebrate le esequie funebri di Padre Paolo Molinari, compresi che Padre Peter aveva perduto la metà della sua vita e che da lì a seguire si sarebbe preparato a perdere l’altra metà che gli era rimasta.

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Correva l’anno 2013 quando durante un colloquio mi disse che la attuale Compagnia di Gesù non aveva alcuna affinità e somiglianza con quella nella quale era entrato agli inizi della Seconda Guerra Mondiale. Compresi che non si stava riferendo a una trasformazione dovuta a un naturale processo di evoluzione, ma a una radicale deformazione che da tempo aveva intaccato il cuore stesso del carisma dei Compagni di Sant’Ignazio di Loyola.

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Poco dopo l’avviso dell’amico sono giunto presso la Residenza San Pietro Canisio assieme al mio confratello Marcello Stanzione, grande esperto di angelologia con il quale ero stato in viaggio sino al giorno prima. Abbiamo trovato la sua salma composta alla meno peggio, deposta in un angolo all’ingresso della Residenza San Pietro Canisio, senza una croce, senza un lume acceso, senza un fiore. Emblema dello squallore della odierna Compagnia delle Indie. Ho baciato la fronte fredda del mio padre e formatore, ho deposto le mie mani sopra le sue e assieme a Padre Marcello abbiamo recitato il De Profundis e benedetto quel venerato corpo che ha contenuto per quasi 100 anni la sua anima sacerdotale immortale.

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Padre Peter Gumpel è stato l’ultimo dei mohicani. Quando domani mattina alle ore 10 saranno celebrate le sue esequie funebri con lui sarà sepolta definitivamente, dopo le precedenti morti degli altri anziani, quella che un giorno fu la gloriosa Compagnia di Gesù, ridotta oggi a tutto il più tragico squallore impersonato dalle battute infelici e soprattutto gravemente eterodosse del loro Preposito Generale Arturo Sosa Abascal.

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Un bellissimo ricordo di Padre Federico Lombardi, S.J. su L’Osservatore Romano [vedere a pag. 4 de L’Osservatore Romano, QUI].

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dall’Isola di Patmos, 13 ottobre 2022

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Come avevamo anticipato: il Vescovo di Terni che partecipa alla inaugurazione della Loggia Massonica «è stato frainteso». Padre Ariel parteciperà alla inaugurazione del prossimo Festival Erotico. E che nessuno osi fraintenderlo

COME AVEVAMO ANTICIPATO: IL VESCOVO DI TERNI CHE PARTECIPA ALLA INAUGURAZIONE DELLE LOGGIA MASSONICA «È STATO FRAINTESO». PADRE ARIEL  PARTECIPERÀ ALLA INAUGURAZIONE DEL PROSSIMO FESTIVAL EROTICO. E CHE NESSUNO OSI FRAINTENDERLO

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«Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per attaccarlo a un vestito vecchio; altrimenti egli strappa il nuovo, e la toppa presa dal nuovo non si adatta al vecchio» [Lc 5, 36].

— Attualità ecclesiale —

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Avevo già anticipato nel mio articolo di ieri [vedere QUI], che sarebbe giunto puntuale il comunicato per chiarire che «… il Vescovo è stato frainteso».

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E come anticipato così è accaduto: il Vescovo di Terni filmato mentre regge il nastro durante il taglio per l’inaugurazione della nuova Loggia Massonica è stato proprio frainteso. Non è stato un imprudente in bilico tra l’improvvido e l’idiota, ma è stato frainteso, come recita il comunicato di rito della Diocesi  [vedere QUI].

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Colgo l’occasione per informare il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana e il Prefetto della Congregazione per i Vescovi che alla prossima edizione del Festival Erotico potranno vedermi in mezzo a due pornostar maggiorate con le tette al vento intento a reggere il nastro per il taglio inaugurale, esattamente come ha fatto il Vescovo di Terni frainteso e incompreso. E sia chiaro: che nessuno osi fraintendermi. Anche perché è molto meglio e di gran lunga meno dannoso un prete in mezzo a due pornostar che non un vescovo palesemente imprudente che regge il nastro inaugurale ai massoni, salvo poi dichiararsi frainteso e incompreso.

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dall’Isola di Patmos, 3 ottobre 2022

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Remake dello storico film L’Incompreso, con la straordinaria partecipazione del Vescovo di Terni

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I Padri dell’Isola di Patmos

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Dal suo mondo dell’irreale Alessandro Minutella se la prende con l’Arcivescovo Georg Gänswein. Una tragedia umana e un disastro di anime in un periodo di devastante crisi che investe la Chiesa Cattolica

DAL SUO MONDO DELL’IRREALE ALESSANDRO MINUTELLA SE LA PRENDE CON L’ARCIVESCOVO GEORG GÄNSWEIN. UNA TRAGEDIA UMANA E UN DISASTRO DI ANIME IN UN PERIODO DI DEVASTANTE CRISI CHE INVESTE LA CHIESA CATTOLICA

 

In una Chiesa che in modo ossessivo sembra capace a parlare solo di poveri e migranti mentre la casa brucia avvolta dalle fiamme, un soggetto come il Signor Minutella può raccogliere seguaci e produrre enormi disastri di anime. Né possiamo dimenticare che non si è certo fatto prete da solo, tutt’altro: è l’emblema di uno dei tanti mostri creati dalla superficialità e dalla scarsa vigilanza dei nostri Vescovi e dei formatori da loro preposti a formare i futuri presbiteri.

— Attualità ecclesiale —

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PDF  articolo formato stampa

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Per aprire la video-conferenza cliccare sull’immagine

Al triste caso di Alessandro Minutella, prete palermitano sospeso a divinis nel 2017, caduto in scomunica nel 2018,  dimesso nel 2022 dallo stato clericale, pena che molto raramente la Chiesa infligge, dedicai una conferenza alla quale rimando.

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Il Signor Minutella è un bugiardo seriale che mente ― chissà, forse persino sapendo di mentire? ―, contraddicendosi da anni in continuazione. Ne sono prova i suoi video presenti a centinaia su Internet nei quali è solito affermare il contrario di quanto dichiarato in precedenza anche a distanza di poco tempo, o addirittura nello spazio di un singolo video. L’elemento pericoloso che caratterizza questa psicologia contorta è la continua falsificazione e manipolazione dei fatti, della storia e dei documenti della Chiesa e di ciò che essi contengono. Il Signor Minutella è specializzato a far dire ai documenti del Magistero della Chiesa ciò che non contengono. La tecnica che usa è sempre la stessa: prende alcune righe, le manipola, stravolge il testo e fa dire al documento quel che non dice. Ripetutamente abbiamo dimostrato che su certi testi non è scritto quel che il Signor Minutella gli attribuisce ma l’esatto contrario di ciò che afferma e sostiene.

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Proviamo a chiarire il tutto con un esempio solo tra i tanti: per sostenere che l’elezione del legittimo Successore del rinunciatario Sommo Pontefice Benedetto XVI è invalida e che il Pontefice regnante è un antipapa usurpatore, usa da sempre la Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis dove il Santo Pontefice Giovanni Paolo II stabilisce:

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«Se l’elezione fosse avvenuta altrimenti da come è prescritto nella presente Costituzione o non fossero state osservate le condizioni qui stabilite, l’elezione è per ciò stesso nulla e invalida, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito e, quindi, essa non conferisce alcun diritto alla persona eletta» [cfr. n. 76].

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Questa affermazione è però solo la conclusione di tutto il precedente Capitolo V posta come chiusa al termine di precise e articolate spiegazioni legate al meccanismo delle votazioni in conclave. Estrapolare queste quattro righe e costruirci sopra ciò che l’intera Costituzione Apostolica non dice è una mistificazione grave e disonesta. Questo è però il consolidato agire che il Signor Minutella porta avanti da anni: estrapola un passo in cui si proibiscono i patti e gli accordi tra i Padri Cardinali prima del conclave, estrapola una chiusa che conclude il Capitolo V, dopodiché omette, con evidente dolo criminale, di citare l’articolo che sin dall’apertura del successivo Capitolo VI chiarisce:

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«Se nell’elezione del Romano Pontefice fosse perpetrato ― che Dio ce ne scampi ― il crimine della simonia, delibero e dichiaro che tutti coloro che se ne rendessero colpevoli incorreranno nella scomunica latae sententiae e che è tuttavia tolta la nullità o la non validità della medesima provvista simoniaca, affinché per tale motivo ― come già stabilito dai miei Predecessori ― non venga impugnata la validità dell’elezione del Romano Pontefice [cfr. n. 78].

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Questo è impresso in quella Costituzione Apostolica alla quale il Signor Minutella attribuisce quel che mai è stato scritto dal Santo Pontefice Giovanni Paolo II, che senza pena di equivoco chiarisce che neppure il turpe e grave delitto di simonia rende invalida e illegittima l’elezione del Romano Pontefice.

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Il gioco dovrebbe essere chiaro e facile da smascherare, ma proprio in questo sta il problema: il Signor Minutella si rivolge a un pubblico di persone smarrite e superficiali dinanzi alle quali si scontrano due diversi modi di agire: quello di noi teologi, filosofi e giuristi che speculiamo sulla base di criteri scientifici strutturati sulla logica e la razionalità, quello dello pseudo-teologo Minutella che gioca scientemente sull’emotività dei fragili e dei deboli e che agisce in totale sprezzo della logica e della razionalità. La pseudo-teologia del Signor Minutella è strutturata su una mariologia ereticale d’impianto millenarista che stravolge totalmente la figura della Beata Vergine Maria mutata in una moderna divinità pagana, con continui richiami ossessivi magico-esoterici all’imminente trionfo del suo cuore immacolato, senza tenere conto della centralità assoluta del mistero cristologico. con uno stile che spazia tra il tele-imbonitore e il mago che legge i tarocchi, il Signor Minutella suscita in continuazione nelle persone fragili e smarrite quel deleterio spirito verso il quale ci mette in guardia il Beato Apostolo Paolo dicendo:

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«Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole» [II Tm 4, 1-4].

I neuro-video-deliri del Signor Minutella sono un incessante stimolo pruriginoso attraverso lo spaccio di messaggi mariani, visioni di mistici e mistiche e di loro presunte profezie, gran parte delle quali mai riconosciute come autentiche dalla Chiesa. Stuzzica la morbosità catastrofista con i messaggi della Madonna di Fatima, ovviamente dopo averli stravolti e manipolati, presenta gli scritti di Maria Valtorta come fondamenti di fede, incurante dei giudizi negativi e delle condanne della Chiesa [cfr. mio precedente articolo, QUI]. Insiste che le “profezie” della Beata Katharina Emmerick sono autentiche, perché a suo dire beatificata dalla Chiesa. In tal modo dimostra inquietante e crassa ignoranza, perché quando nel 2004 la Emmerick fu beatificata il competente dicastero della Santa Sede ribadì la non autenticità delle cosiddette profezie a lei attribuite scrivendo:

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«La beata ci ha lasciato di sicuro solo tre lettere. Gli altri scritti, che le vengono erroneamente attribuiti, hanno diversa origine: le “visioni” della Passione di Cristo furono annotate e rielaborate con grande libertà e senza alcun controllo dallo scrittore tedesco Clemens Brentano (1778-1842). Le opere in discussione non possono considerarsi né scritte né dettate dalla Emmerick e neppure autentiche trascrizioni delle sue affermazioni e delle sue narrazioni, ma un’opera letteraria del Brentano» [Dichiarazione della Congregazione delle cause dei Santi, 2004].

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Se la Chiesa proclama un beato, o proclama in seguito santo un beato, ciò non implica che riconosca, beatifichi e canonizzi tutto ciò che ha detto o scritto. Affermare ai propri seguaci che tutto è autentico perché la Chiesa ha beatificato o canonizzato, vuol dire esprimere una autentica idiozia. Il Signor Minutella è capace a mescolare assieme la Madonna di Fatima con San Malachia vescovo di Armagh, vissuto nel XII secolo, le cui “profezie” sui papi sono un falso clamoroso a lui attribuito e ulteriormente manipolate nel XVII secolo. Fatto tutto questo il Signor Minutella, come Frate Cipolla della novella di Giovanni Boccaccio, rassicura i villici sulla autenticità delle mirabolanti reliquie mostrate, facendo presente di essere «due volte dottore in sacra teologia» e di essere un teologo formato alla scuola di San Tommaso d’Aquino, nonché esperto della teologia del celebre teologo del Novecento Hans Urs von Balthasar. Di fatto il Signor Minutella è talmente limitato e ignorante che non sarebbe capace a fare neppure la struttura di una quaestio dell’Aquinate, però ha una tale faccia tosta che sarebbe capace a dichiarare autentico persino il clamoroso falso della donazione costantiniana, affermando che Lorenzo Valla, che ne dimostrò la falsità nel 1440, era solo un povero incompetente.

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Numerosi seguaci di questo capo-setta sono affetti da analfabetismo funzionale che li rende incapaci a leggere e comprendere un documento, altri da analfabetismo digitale. Gli uni e gli altri prendono come oro colato quanto il loro guru afferma, guardandosi bene dal compiere uno sforzo davvero minimo: andare sul sito ufficiale della Santa Sede, cercare e leggere i documenti del Magistero della Chiesa da lui stravolti per appurare che dicono proprio l’esatto contrario di quello che gli attribuisce il Signor Minutella bi-dottore in sacra teologia. Entrambe queste tipologie di persone sono a tal punto prive di senso critico da non essere in grado di analizzare certe affermazioni e porle a confronto con quelle che dimostrano quanto surreali e demenziali siano le affermazioni del Signor Minutella. Sia chiaro, per ignoranti non s’intendono le persone umili o semplici sempre pronte ad ascoltare e apprendere ciò che non conoscono, ma coloro che si rifiutano di ragionare, che sono incapaci di sviluppare un pensiero critico e che con aggressiva superbia si sentono detentori del sapere, soprattutto della vera fede.

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Da un po’ di tempo a questa parte si è messo a fare da spalla al Signor Minutella un giornalista che scrive sproloqui sul blog del quotidiano Libero e che di recente ha pubblicato un libro nel quale spiega come il rinunciatario Sommo Pontefice Benedetto XVI abbia fatto atto di rinuncia mediante un documento reso volutamente invalido da vari errori grammaticali latini. Non so se questo Signore sia al corrente che nei Santi Vangeli ci sono alcuni errori anche grossolani dovuti a traduzioni e trascrizioni, intende forse invalidare anche la Parola di Dio rivelata? E così, dopo che il Sommo Pontefice Benedetto XVI costretto a fare atto di rinuncia si sarebbe ritirato in “sede impedita”, ha incominciato a parlare e comunicare “in codice”, per dimostrare con un linguaggio criptico l’invalidità della sua rinuncia e lo stato di impedimento che non gli consentirebbe di parlare ed esprimersi, ma solo di lanciare messaggi cifrati, di cui è unico e geniale interprete mondiale, nonché scopritore, questo giornalista fantasy di Libero.

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La nascita e il proliferare di certi soggetti può essere anche una reazione naturale in contesti storico-sociali noti da sempre in sociologia e legati principalmente ai vari stadi di decadenza segnati da grandi regressi culturali e dal conseguente rifiuto dei principi basilari della umana razionalità. È infatti noto che quando si cessa di credere ai fondamenti della fede rivelata si finisce poi col credere in tutto. Certo, a lasciare molto perplessi è che una simpatica faccia da becchino come il direttore di Libero Alessandro Sallustri conceda spazio a simile spazzatura. Sarebbe come se negli anni Novanta Il Corriere della Sera avesse affidato una rubrica in prima pagina a Wanna Marchi e al mago Mário Pacheco Do Nascimento, semmai dopo avere tolto spazio e chiusa una rubrica affidata a Vittorio Messori. Un direttore di giornale di lunga esperienza che non si rende conto di questo è pressoché un cadavere di giornalista che ha perduto ormai persino quel rigor mortis che potrebbe conferirgli un certo fascino.

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Di fatto siamo oltre la fantascienza, oltre il grottesco, perché se Benedetto XVI avesse fatto quel che gli viene attribuito da Wanna Marchi e dal mago Do Nascimento — rispettivamente prete dimesso dallo stato clericale e giornalista fantasy — capite bene che ci ritroveremmo dinanzi al Pontefice più bugiardo e vigliacco della storia della Chiesa.

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Smentire queste persone, come più volte è stato fatto, risulta del tutto inutile, perché il Signor Minutella e il giornalista autore di questo fantastico Codice Ratzinger stravolgono qualsiasi frase, parola o fatto. Esempio: Benedetto XVI ha battuto due volte la palpebra destra? Pensate si tratti di un meccanismo naturale del corpo umano dettato dal funzionamento dei muscoli facciali? Assolutamente no. In verità è un codice-morse ratzingeriano attraverso il quale il Santo Padre costretto a fare atto di rinuncia sta comunicando e confermando di trovarsi in “sede impedita” e di essere sempre il solo e legittimo Romano Pontefice. Qualcuno pensa che l’incurvatura delle spalle di Benedetto XVI sia dovuta al naturale declino fisico di un uomo ultranovantenne? Assolutamente no. In verità è la prova che il Santo Padre è incurvato sotto il peso dovuto all’oppressione della congiura bergogliana ordita dalla cosiddetta Mafia di San Gallo per opera dei cardinali massoni che sono tutti maestri venerabili del grado XXXIII° della Grande Loggia massonica di antico rito scozzese. 

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Di recente è finito nel mirino S.E. Mons. Georg Gänswein Prefetto emerito della Casa Pontificia e tutt’oggi fedele segretario particolare del rinunciatario Sommo Pontefice Benedetto XVI, al quale il Signor Minutella ha inviato una lettera assieme a un gruppetto di altri sette preti al suo seguito il 6 agosto, chiedendo conto e conferma che Benedetto XVI avesse veramente e validamente rinunciato e che il Sommo Pontefice Francesco fosse realmente il suo legittimo successore. Ragioniamo: a quesiti così idioti e provocatori come sarebbe possibile rispondere, specie se a porli sono dei manipolatori che stravolgono di prassi qualsiasi risposta, anche la più chiara e decisa? Infatti la reazione non si è fatta attendere: poche settimane dopo il Signor Minutella ha spiegato che quella mancata risposta non andava letta come una forma di maleducazione, ma come una prova di silenzio-assenso. Ciò equivale a inviare un messaggio alla Badessa delle Clarisse della stretta osservanza per chiedere se è vergine oppure se prima di diventare monaca, quand’era una giovane donna secolare, aveva avuto rapporti sessuali con uomini. Sono forse domande da farsi? Ecco, non crediate che rivolgere domande del genere a un Sommo Pontefice che ha fatto atto di rinuncia sia così diverso dal rivolgere un quesito come quello testé illustrato alla Badessa delle Clarisse, salvo dichiarare appresso che la sua mancata risposta è una prova da leggere come forma di silenzio-assenso da parte della Reverenda Madre.

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Di recente il Signor Minutella ha lamentato che S.E. Mons. Georg Gänswein avrebbe telefonato al fratello sacerdote di un prete tedesco che si è messo al suo seguito affermando che questo soggetto è nei concreti fatti un “pazzo” nonché “teologicamente fuori di testa” e che il suo libro Pietro, dove sei? non merita la carta su cui è stampato”. Sia chiaro: il tutto lo afferma il Signor Minutella, noi non sappiamo se questa telefonata è avvenuta. Se poi fosse avvenuta non sappiamo cosa l’Arcivescovo Georg Gänswein abbia detto realmente al suo interlocutore e in quali termini. Una cosa è certa: nel caso avesse espresso quei giudizi, avrebbe detto e sintetizzato null’altro che la realtà dei fatti.

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Non si è fatta attendere la replica del Signor Minutella che ha dato anzitutto dell’ignorante all’Arcivescovo Georg Gänswein che di formazione è un canonista e che a sua detta «dovrebbe sapere che un pazzo non può incorrere in scomunica, perché non consapevole e quindi non responsabile delle sue azioni». Anche in questo caso il Signor Minutella conferma urbi et orbi la sua ignoranza e limitatezza. Non tutti i pazzi né tutte le persone che soffrono di disturbi psichiatrici gravi sono dei soggetti incapaci di intendere e volere. Si potrebbe partire da Friedrich Nietzsche morto pazzo sino al matematico John Forbes Nash, Premio Nobel per l’economia, che soffriva di una forma di schizofrenia molto grave che non fu mai possibile curare. Il tutto a riprova che se c’è un ignorante conclamato questi non è certo l’Arcivescovo Georg Gänswein ma il Signor Minutella.

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Vittimista e piagnone sino al parossismo, da anni il Signor Minutella ripete: «nessuno vuole confrontarsi con me nel merito delle questioni», sottintendendo e dando a bere ai suoi seguaci che nessun teologo, canonista ed ecclesiologo reggerebbe un confronto con cotanta e potente scienza. Tutt’altra è la realtà: per quanto si proclami “leone di Maria”, in verità il Signor Minutella è solo un povero coniglio mannaro che urla come un cappone castrato dentro una cameretta di riprese dalla quale lancia strali nei suoi video, ma che si è sempre guardato dal cercare e accettare confronti con studiosi veri e seri. Dinanzi al Cardinale Raymond Leo Burke e al Presbitero e teologo Nicola Bux, che tentarono di riportarlo nei ranghi agli inizi dei suoi folli deliri tra il 2016 e il 2017, questo coniglio mannaro sedicente “leone di Maria” si presentò dinanzi a loro a testa bassa, con la coda tra le gambe e la vocina sommessa. Così fece con loro come con altri interlocutori. Poi, quando entra nella sua cameretta di riprese-video con le sue badanti adoranti che annuiscono, a quel punto si trasforma in una iena.

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Quando nel settembre 2018 il Sommo Pontefice Francesco si recò a Palermo il Signor Minutella venne avvisato per tempo e gli fu prospettato un incontro privato con il Santo Padre, così che potesse avere la possibilità di chiedergli spiegazioni o di dirgli in faccia quello che pensava. Il tutto prima che gli fosse notificata la scomunica latae sententiae. Quale fu la reazione del coniglio mannaro sedicente “leone di Maria”? Due giorni prima dell’arrivo del Santo Padre si recò a Verona, sparò ogni peggior veleno e due giorni dopo ritornò nel palermitano per seguitare a vomitare su «Bergoglio antipapa usurpatore emissario dell’Anticristo», ovviamente dalla sua cameretta di riprese assistito dalle sue badanti adoranti. Come mai il “leone di Maria” non colse quella splendida occasione per dire in faccia al diretto interessato ciò che pensava di lui, anziché scappare a Verona due giorni prima e rientrare due giorni dopo che il Santo Padre era andato via da Palermo? Se lo domandino i seguaci di questo bugiardo patologico codardo incapace a confrontarsi con chicchessia nel merito di delicate questioni teologiche e giuridiche da lui ridotte a un teatrino del grottesco.

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Qualcuno si è chiesto: come mai non lo hanno fatto ricevere da Benedetto XVI, affinché fosse informato dalla voce del diretto interessato circa il suo libero e valido atto di rinuncia, riportandolo in tal modo sulla retta via? In diversi pensarono a questa eventualità, ma fu prudentemente scartata, tanto scontati sarebbero stati gli esiti: il “leone di Maria” si sarebbe prostrato con la coda tra le gambe, la testa bassa e la vocina sommessa, poi, appena rientrato a casa, si sarebbe fiondato nella sua cameretta di riprese per vestire i panni del coniglio mannaro e annunciare che grazie a quell’incontro aveva avuto la prova inconfutabile che Benedetto XVI, imprigionato in “sede impedita”, era stato costretto a rassicurarlo dietro minaccia della potente massoneria ecclesiastica del Vaticano governata da cardinali massoni satanisti affiliati al Grande Oriente di Rito Scozzese.

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Il Signor Minutella è uno dei tanti mostri partoriti all’interno della Chiesa e dinanzi ai quali tutti dovremmo interrogarci, in testa i nostri Vescovi. Non è né intelligente né colto, non è affatto un talentato comunicatore ed è privo di arte retorica, è solo un piazzista, un imbonitore. La sua limitatezza culturale è imbarazzante, per questo ha bisogno di sbandierare i titoli accademici conseguiti nelle università ecclesiastiche, che non sono mai stati prova e attestazione di capacità, scienza e intelligenza. Da diversi decenni  una specializzazione o un dottorato teologico a Roma si concede a chiunque. Noi presbiteri e teologi, che questo lo sappiamo, ci ridiamo sopra ogni volta che il Signor Minutella rassicura i suoi seguaci citando i propri titoli accademici a somma garanzia delle idiozie che proferisce.

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Come un vero e proprio cancro il Signor Minutella ha preso vita e si è sviluppato in un momento storico di grave crisi intra ed extra ecclesiale. Da anni vado ripetendo che a partire dalla fine degli anni Sessanta del Novecento nella Chiesa si è sviluppata una crisi della dottrina che ha dato vita a una crisi della fede, conseguenza della quale è stata infine una devastante crisi morale del clero [cfr. mio libro E Satana si fece trino]. Privo di intelligenza e cultura ma ricco della furbizia del vecchio contadino illetterato che con scaltrezza può riuscire anche a metterti nel sacco, il Signor Minutella parte basandosi su cose vere e dati oggettivi legati a questa grande e dolorosa decadenza che ammorba la Chiesa, dopodiché smercia falsità a non finire raccogliendo numeri sempre maggiori di seguaci tra quei cattolici deboli e smarriti che cercano guida e sicurezza.

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in una Chiesa che in modo ossessivo sembra capace a parlare solo di poveri e migranti mentre la casa brucia avvolta dalle fiamme, un soggetto come il Signor Minutella può raccogliere seguaci in numero sempre maggiore e produrre enormi disastri di anime. Né possiamo dimenticare che non si è certo fatto prete da solo, tutt’altro: è l’emblema di uno dei tanti mostri creati dalla superficialità e dalla scarsa vigilanza dei nostri Vescovi e dei formatori da loro preposti a formare i futuri presbiteri. Questi sarebbero i veri mea culpa che la Chiesa dovrebbe fare, anziché chiedere perdono agli indigeni delle Americhe ai quali i “cattivi” conquistatori spagnoli del XVI secolo impedirono di proseguire a fare sacrifici umani di bambini alle divinità incas e azteche, dando così fiato alle trombe del Signor Minutella, un mostro che non si è creato da sé stesso ma che è stato creato da noi, in buona parte colpevoli e responsabili degli immani disastri che sta compiendo sulle anime.   

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dall’Isola di Patmos, 3 ottobre 2022

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Il Vescovo di Terni-Narni-Amelia inaugura la nuova sede della Massoneria

Il VESCOVO DI TERNI-NARNI-AMELIA INAUGURA LA NUOVA SEDE DELLA MASSONERIA

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I preti che da Dio hanno avuta la grazia di avere due coglioni, presupposto fondamentale e imprescindibile per il sacerdozio ministeriale, all’occorrenza devono saperli far girare

— Attualità ecclesiale —

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Il Vescovo di Terni-Narni-Amelia al taglio del nastro di inaugurazione della nuova Loggia Massonica

Dinanzi a un fatto di questo genere mi girano a tal punto le palle che se mi mettessero a mollo nel porto di Civitavecchia, dopo mezz’ora giungerei in quello di Cagliari spinto dai miei coglioni a turbina [cfr. QUI].

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I preti che da Dio hanno avuta la grazia di avere due coglioni, presupposto fondamentale e imprescindibile per il sacerdozio ministeriale, all’occorrenza devono saperli far girare, specie dinanzi alle colossali idiozie di certi vescovi che da tempo gareggiano tra di loro a chi commette la cazzata più grossa, sulle quali poi la Santa Sede soprassiede, purché certi Presuli parlino in modo ossessivo-compulsivo di poveri e migranti.

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Non occorre tornare indietro ai tempi del Beato Pontefice Pio IX né a quelli del Sommo Pontefice Leone XIII o del Santo Pontefice Pio X, sarebbe bastato il ben più recente Santo Pontefice Giovanni Paolo II, perché avrebbe provveduto a fustigare questo vescovo di propria stessa mano.

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Non ho altro da aggiungere, se non i miei ossequi più devoti rivolti al Presidente della Conferenza Episcopale Italiana e al Prefetto della Congregazione per i Vescovi, in attesa del comunicato ormai di rito: «… il Vescovo è stato frainteso». Quantunque certe uscite episcopali non siano nuove, un confratello di Arezzo — ancora per ciò quantomai incazzato — ci ha comunicato che già nel 2019 il loro Vescovo fu ospite d’onore per la festa dei 150 anni della storica Loggia Massonica locale [cfr. QUI]. 

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Affidiamo il commento di questo evento a Roberto de Mattei, Presidente della Fondazione Lepanto di Roma.

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dall’Isola di Patmos, 2 ottobre 2022

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