Domani sarà sepolta per sempre la Compagnia di Gesù. È morto Peter Gumpel, gesuita della vecchia scuola e postulatore della causa di beatificazione di Pio XII
DOMANI SARÀ SEPOLTA PER SEMPRE LA COMPAGNIA DI GESÙ. È MORTO PETER GUMPEL, GESUITA DELLA VECCHIA SCUOLA E POSTULATORE DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DI PIO XII
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Padre Peter Gumpel è stato l’ultimo dei mohicani. Quando domani mattina alle ore 10 saranno celebrate le sue esequie funebri con lui sarà sepolta definitivamente, dopo le precedenti morti degli altri anziani, quella che un giorno fu la gloriosa Compagnia di Gesù, ridotta oggi a tutto il più tragico squallore impersonato dalle battute infelici e soprattutto gravemente eterodosse del loro Preposito Generale Arturo Sosa Abascal.
— Attualità ecclesiale —
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Ieri mattina Andrea Tornielli, caro amico di vecchia data, ha avuto la sensibile bontà di informarmi che era morto da poco il gesuita Peter Kurt Gumpel, teologo e storico del dogma, già perito al Concilio Vaticano II, per mezzo secolo postulatore generale della Compagnia di Gesù assieme al confratello Paolo Molinari (1924-2014), col quale curò la causa di beatificazione di Pio XII. Entrambi furono fidati consiglieri privati del Santo Pontefice Paolo VI nella delicata e turbolenta fase storica del post-concilio.
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Padre Peter, nato ad Hannover il 15 novembre 1923, proveniva da una ricca famiglia dell’antica aristocrazia tedesca, ben presto invisa al regime nazista. Questo il motivo per il quale si trasferirono prima in Francia e successivamente in Olanda, dove il giovanissimo Peter, imparò la lingua e studiò. Essendo un conoscitore di quel Paese e della sua lingua, quando decenni dopo insorse il delicato problema della pubblicazione del Catechismo Olandese (1966), il Sommo Pontefice Paolo VI inviò lui come proprio fiduciario in visita in Olanda.
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Unico maschio erede del casato, più volte mi narrò di quanto adolescente espresse al padre di voler entrare nella Compagnia di Gesù:
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«Eravamo in macchina, mio padre si fermò, mi fece scendere assieme al mio cane bassotto col quale percorsi alcuni chilometri a piedi per rientrare a casa. Quando entrai mio padre mi intimò di non tornare mai più su certe fantasie. Dopodiché aggiunse che mi avrebbe permesso di entrare nella Compagnia di Gesù solamente se glielo avesse detto il Sommo Pontefice in persona».
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Il giovane prese il padre in parola. La famiglia aveva conosciuto e avuto ospite più volte l’Arcivescovo Eugenio Pacelli, all’epoca nunzio apostolico a Berlino, eletto nel 1939 al sacro soglio, al quale non esitò a scrivere. Un mese dopo il padre si vide giungere una lettera autografa del Sommo Pontefice Pio XII che lo pregava di concedere al figlio di entrare nella Compagnia di Gesù.
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Sin da studente strinse col confratello Paolo Molinari una profonda, fraterna e intensa amicizia durata per tutta la vita. Nel corso del periodo di studentato svolto in Inghilterra fu un indefesso tifoso del Padre Paolo che giocava magistralmente a pallone. Alla mia domanda se lui avesse mai giocato, con umorismo tutto quanto teutonico rispose:
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«No, perché è intellettualmente più gratificante e fisicamente meno stancante tifare dagli spalti per quelli che giocano».
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Sì, preferiva starsene seduto a fumare una sigaretta dietro l’altra e godersi il gioco altrui. Fumatore incallito, più volte lo trovai nel suo studio avvolto da una coltre di fumo. Avrebbe anche potuto non firmare i documenti da lui redatti, perché si sarebbe potuto riconoscere l’Autore dall’odore di tabacco che li impregnava. Gli dissi una volta mentre fumavo con lui:
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«Sicuramente il fumo nuoce gravemente alla salute, ma temo che dai gesuiti stia lontano persino il cancro, ben guardandosi dall’avere a che fare con soggetti pericolosi come voi».
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Padre Peter e Padre Paolo sono stati miei maestri e formatori, per anni mi hanno guidato oltre le parole impresse nei documenti del Concilio Vaticano II, spiegandomi passo dietro passo da quali storie e vicende nacquero molti di quei testi. Dopo gli studi specialistici in dogmatica Padre Peter mi avviò allo studio della storia del dogma, in assenza della quale si può correre il rischio di finire immersi in una dogmatica che si regge sulle nuvole. Suggerì al mio vescovo di mandarmi a studiare per un periodo di tempo in Germania, dove ebbi come insegnanti alcuni gesuiti della vecchia guardia. In seguito fui formato alla postulazione delle cause dei Santi, dove mi istruirono principalmente sulle carte del delicato e complesso processo di beatificazione del Venerabile Pontefice Pio XII, al quale dedicai nel 2006 la sezione principale della mia opera Erbe Amare, da cui prese vita in seguito un singolo saggio dedicato alla figura di Eugenio Pacelli: Pio XII e la Shoah.
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Il 2 maggio 2014, quando nella cappella della Curia Generalizia della Compagnia di Gesù furono celebrate le esequie funebri di Padre Paolo Molinari, compresi che Padre Peter aveva perduto la metà della sua vita e che da lì a seguire si sarebbe preparato a perdere l’altra metà che gli era rimasta.
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Correva l’anno 2013 quando durante un colloquio mi disse che la attuale Compagnia di Gesù non aveva alcuna affinità e somiglianza con quella nella quale era entrato agli inizi della Seconda Guerra Mondiale. Compresi che non si stava riferendo a una trasformazione dovuta a un naturale processo di evoluzione, ma a una radicale deformazione che da tempo aveva intaccato il cuore stesso del carisma dei Compagni di Sant’Ignazio di Loyola.
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Poco dopo l’avviso dell’amico sono giunto presso la Residenza San Pietro Canisio assieme al mio confratello Marcello Stanzione, grande esperto di angelologia con il quale ero stato in viaggio sino al giorno prima. Abbiamo trovato la sua salma composta alla meno peggio, deposta in un angolo all’ingresso della Residenza San Pietro Canisio, senza una croce, senza un lume acceso, senza un fiore. Emblema dello squallore della odierna Compagnia delle Indie. Ho baciato la fronte fredda del mio padre e formatore, ho deposto le mie mani sopra le sue e assieme a Padre Marcello abbiamo recitato il De Profundis e benedetto quel venerato corpo che ha contenuto per quasi 100 anni la sua anima sacerdotale immortale.
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Padre Peter Gumpel è stato l’ultimo dei mohicani. Quando domani mattina alle ore 10 saranno celebrate le sue esequie funebri con lui sarà sepolta definitivamente, dopo le precedenti morti degli altri anziani, quella che un giorno fu la gloriosa Compagnia di Gesù, ridotta oggi a tutto il più tragico squallore impersonato dalle battute infelici e soprattutto gravemente eterodosse del loro Preposito Generale Arturo Sosa Abascal.
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Un bellissimo ricordo di Padre Federico Lombardi, S.J. su L’Osservatore Romano [vedere a pag. 4 de L’Osservatore Romano, QUI].
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dall’Isola di Patmos, 13 ottobre 2022
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