Temps perdu et présent éternel: Saint Augustin pour l'homme contemporain avide de temps – Le temps perdu et l'éternel présent: Saint Augustin pour l'homme contemporain affamé de temps – Temps perdu et présent éternel: Saint Augustin pour l'homme contemporain avide de temps

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IL TEMPO PERDUTO E IL PRESENTE ETERNO: AGOSTINO PER L’UOMO CONTEMPORANEO AFFAMATO DI TEMPO

Il passato non è più, l'avenir n'est pas encore. Il semblerait que seul le présent existe. Mais le présent est aussi problématique. S'il avait une durée, sarebbe divisibile in un prima e un dopo, dunque i non sarebbe più presente. Il presente, être tel, deve essere un istante senza estensione, un punto di fuga tra ciò che non è più e ciò che non è ancora. Ma come può qualcosa che non ha durata costituire la realtà del tempo?

— Théologique —

Auteur:
Gabriele Giordano M. Scardocci, o.p.

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La société contemporaine vive una relazione schizofrenica con il tempo. D'un côté, esso è il bene più prezioso, una risorsa perennemente scarsa.

La nostra vita è scandita da agende fitte, scadenze incalzanti e dalla sensazione opprimente di «non avere mai tempo». L’efficienza, la velocità, l’ottimizzazione di ogni istante sono diventati i nuovi imperativi categorici di un’umanità che corre affannosamente, ansiosamente spesso senza conoscere la meta. L’uomo oggi è affamato di tempo, una fame che sembra oggi sempre di più prendere spazio nell’anima e nello spirito. En fait, spesso proprio la fame di tempo colpisce visibilmente i più fragili, con le tante sindromi d’ansia generalizzate, gli attacchi di panico e altre patologie mentali. Paradoxalement, dall’altro lato, questo tempo così agognato e misurato ci sfugge, si dissolve in una sequela di impegni che lasciano un senso di vuoto, di incompiutezza. Nell’era della connessione istantanea, siamo sempre più disconnessi dal presente, proiettati verso un futuro che non arriva mai o ancorati a un passato che non si può cambiare. Siamo ricchi di istanti, ma poveri di tempo vissuto.

Questa esperienza di frammentazione e di angoscia è stata lucidamente analizzata dal filosofo Martin Heidegger, quasi un secolo fa. Per il filosofo tedesco, l’esistenza umana (la existence, je’esser-ci) è intrinsecamente temporale. L’uomo non «ha» il tempo, ma «è» tempo. La nostra esistenza è un «essere-per-la-morte», una continua proiezione verso il futuro, consapevoli di essere persone finite, limitate e non eterne. Il tempo autentico, par Heidegger, non è la sequenza omogenea di istanti misurata dall’orologio (chiamato il tempo «volgare»), ma l’apertura alle tre dimensioni dell’esistenza: l'avenir (il progetto), il passato (l’essere-gettato) e il presente (la de-iezione nel mondo). L’angoscia di fronte alla morte e alle proprie limitazioni, donc, non è un sentimento negativo da fuggire, ma la condizione che può rivelarci la possibilità di una vita autentica, in cui l’uomo si appropria della propria temporalità e del proprio destino finito[1].

Sebbene profonda, questa analisi rimane tuttavia orizzontale, confinata nell’immanenza di un’esistenza che termina con la morte. L’orizzonte è il nulla. È qui che la riflessione cristiana, e, en particulier, il genio di Sant’Agostino d’Ippona, apre una prospettiva radicalmente diversa: verticale, transcendant[2]. Agostino non si limita a descrivere l’esperienza del tempo, ma la interroga fino a farla diventare una via per interrogare Dio. In questa interrogazione, scopre che la soluzione all’enigma del tempo non si trova nel tempo stesso, ma al di fuori di esso, nell’Eternità che lo fonda e lo redime.

Nel Libro XI delle sue confessions, Agostino affronta con disarmante onestà una domanda apparentemente ingenua, ma teologicamente esplosiva: «Quid faciebat Deus, antequam faceret caelum et terram?» (Cosa faceva Dio prima di creare il cielo e la terra?)[3]. La domanda presuppone un «prima» della creazione, un tempo in cui Dio sarebbe esistito in una sorta di ozio, aspettando il momento giusto per agire. La risposta di Agostino è una rivoluzione concettuale che smantella alla radice questo presupposto. Egli non risponde eludendo la domanda con una battuta («Preparava l’inferno per chi indaga misteri troppo alti», come suggerivano alcuni), ma la demolisce dall’interno. Non esiste un «prima» della creazione, perché il tempo stesso è una creatura. Dio non ha creato il mondo Dans le tempo, maman avec temps: «Tu sei l’artefice di tutti i tempi», scrive il dottore D’Ippona[4]. Prima della creazione, simplement, non c’era tempo.

Questa intuizione apre la via alla comprensione della natura dell’eternità divina. L’eternità non è un tempo infinitamente esteso, un «sempre» che si prolunga senza fine nel passato e nel futuro. Questa sarebbe una concezione ancoratemporale» dell’eternità. L’eternità di Dio è l’assenza totale di successione, la pienezza perfetta e simultanea di una vita senza fine. Per usare un’immagine classica della teologia, Dio è un Nunc stans, un «eterno presente»[5]. In Lui non c’è passato (memoria) né futuro (Attendez), ma solo l’atto puro e immutabile del Suo Essere. «I tuoi anni sono un solo giorno», dice Agostino rivolgendosi a Dio, «e il tuo giorno non è ogni giorno, mais aujourd'hui, perché il tuo oggi non cede il passo al domani e non succede all’ieri. Il tuo oggi è l’eternità»[6].

Doctrine catholique ha formalizzato questo concetto definendo l’eternità come uno degli attributi divini, uno degli elementi che compone il «dna» di Dio. Dio è immutabile, assolutamente perfetto e semplice. La successione temporale implica un cambiamento, un passaggio dalla potenza all’atto, che è inconcepibile in Colui che è «Atto Puro», comme enseigné par saint Thomas d'Aquin[7]. Donc, ogni tentativo di applicare a Dio le nostre categorie temporali, che sono categorie di noi uomini che siamo nel tempo, è destinato a fallire. Egli è il Signore del tempo proprio perché non ne è prigioniero.

«Che cos’è dunque il tempo?». Una volta stabilita la «extraterritorialità» di Dio rispetto al tempo, Agostino si trova di fronte al secondo, e forse più arduo, problème: definire la natura del tempo stesso. È qui che emerge il celebre paradosso che ha affascinato generazioni di pensatori: «Quid est ergo tempus? Si nemo ex me quaerat, scio; si quaerenti explicare velim, nescio» (Che cos’è dunque il tempo? Si personne ne me demande, je sais; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, je ne sais pas)[8] . Questa affermazione non è una dichiarazione di ignoranza ed agnosticismo, ma il punto di partenza di una profonda indagine spirituale e fenomenologica. Agostino sperimenta la realtà del tempo, la vive, la misura, eppure non riesce a racchiuderla in un concetto. Inizia allora un processo di smontaggio delle convinzioni comuni del proprio secolo. Il tempo è forse il movimento dei corpi celesti, del sole, della luna e delle stelle? Non, il à répondu, perché anche se i cieli si fermassero, un vaso di vasaio continuerebbe a girare, e noi misureremmo il suo movimento nel tempo. Temps, donc, non è il movimento in sé, ma la misura del movimento. Ma come possiamo misurare qualcosa di così inafferrabile?

Il passato non è più, l'avenir n'est pas encore. Il semblerait que seul le présent existe. Mais le présent est aussi problématique. S'il avait une durée, sarebbe divisibile in un prima e un dopo, dunque i non sarebbe più presente. Il presente, être tel, deve essere un istante senza estensione, un punto di fuga tra ciò che non è più e ciò che non è ancora. Ma come può qualcosa che non ha durata costituire la realtà del tempo?

La soluzione agostiniana è tanto geniale quanto introspettiva. Dopo aver cercato il tempo nel mondo esterno, nei cieli e negli oggetti, Agostino lo trova all’interno, nell’anima dell’uomo. Il tempo non ha una consistenza ontologica fuori di noi; la sua realtà è psicologica. È una distentio animi, una «distensione» o «dilatazione» dell’anima. Come funziona? Nous voyons …

L’anima umana ha tre facoltà che corrispondono alle tre dimensioni del tempo:

  1. La memoria (memoria): Attraverso di essa, l’anima rende presente ciò che è passato. Il passato non esiste più in re, ma esiste nell’anima come ricordo attuale.
  2. L’attesa (expectatio): Attraverso di essa, l’anima anticipa e rende presente ciò che non è ancora. Il futuro non esiste ancora, ma esiste nell’anima come aspettativa presente.
  3. L’attenzione (attentio O contuitus): Attraverso di essa, l’anima si concentra sull’istante presente, che è il punto in cui l’attesa si trasforma in memoria.

Quando cantiamo una canzone, spiega Agostino con un esempio bellissimo, la nostra anima è «distesa». L’intera canzone è presente nell’attesa prima di iniziare; man mano che le parole vengono pronunciate, esse passano dall’attesa all’attenzione e infine si depositano nella memoria. L’azione si svolge nel presente, ma è resa possibile da questa continua «distensionedell’anima tra il futuro (che si accorcia) e il passato (che si allunga)[9].Temps, alors, è la misura di questa impressione che le cose lasciano nell’anima e che l’anima stessa produce.

La speculazione agostiniana, pur essendo di altissimo livello filosofico e teologico, non è un semplice esercizio intellettuale. Essa offre a tutti noi oggi una chiave per redimere la propria esperienza del tempo e per vivere in modo più autentico e spiritualmente fecondo. Offro tre riflessioni dunque che scaturiscono dalla prospettiva agostiniana.

La nostra vita quotidiana è dominata dal Chronos, il tempo quantitativo, sequenziale, misurato dall’orologio. È il tempo dell’efficienza, della produttività, dell’ansia, dicevamo all’inizio. La riflessione di Agostino ci invita a scoprire il Kairòs, il tempo qualitativo, il «momento favorevole», l’istante carico di significato in cui l’eternità interseca la nostra storia. Se Dio è un «eterno presente», allora ogni nostro presente, ogni «adesso», è il luogo privilegiato dell’incontro con Lui. L’insegnamento agostiniano ci esorta a santificare il presente, a viverlo con attentio, con piena consapevolezza. Invece di fuggire costantemente nel futuro dei nostri progetti o nel passato dei nostri rimpianti, siamo chiamati a trovare Dio nell’ordinarietà del momento presente: dans la prière, au travail, nelle relazioni, nel servizio. È l’invito a vivere la spiritualità dell’«attimo presente», cara a tanti maestri di vita interiore.

C’è un luogo e un tempo in cui il Kairos irrompe nel Chronos in modo supremo: la Sacra Liturgia, e in particolare la celebrazione dell’Eucaristia. Durante la Messa, il tempo della Chiesa si connette all’eterno presente di Dio. Il sacrificio di Cristo, avvenuto una volta per tutte nella storia (ephapax), non viene «ripetuto», ma «ri-presentato», reso sacramentalmente presente sull’altare[10] Passato, presente e futuro convergono: facciamo memoria della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo (passé), celebriamo la Sua presenza reale in mezzo a noi (cadeau) e anticipiamo la gloria del Suo ritorno e il banchetto eterno (avenir)[11]. La Liturgia è la grande scuola che ci educa a vivere il tempo in modo nuovo, non più come una fuga inesorabile verso la morte, ma come un pellegrinaggio pieno di speranza verso la pienezza della vita nell’eternità di Dio.

Enfin, la concezione del tempo viens distentio animi ci offre una profonda consolazione. La «distensione» dell’anima tra memoria e attesa, che per l’uomo senza fede può essere fonte di angoscia (il peso del passato, l’incertezza del futuro), per il cristiano diventa lo spazio della fede, d'espoir et de charité. La memoria non è solo ricordo dei nostri fallimenti, ma è soprattutto memoria salutis, ricordo delle meraviglie che Dio ha operato nella storia della salvezza e nella nostra vita personale. È il fondamento della nostra fede. L’attesa non è l’ansia per un futuro ignoto, ma la speranza certa dell’incontro definitivo con Cristo, la beata visione promessa ai puri di cuore. E l’attenzione al presente diventa lo spazio della carità, dell’amore concreto a Dio e al prossimo, l’unico atto che «resta» per l’eternità (1 Cor 13,13).

La nostra vita si muove, come in un respiro spirituale, tra il ricordo grato della grazia ricevuta e l’attesa fiduciosa della gloria promessa. De cette façon, l’uomo agostiniano non è schiacciato dal tempo, ma lo abita come una tenda provvisoria, con il cuore già proiettato verso la patria celeste, dove Dio sarà «tutto in tutti» e dove il tempo si dissolverà nell’unico, eterno e beatificante oggi di Dio.

Santa Maria Novella, à Florence, 12 novembre 2025

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REMARQUE

[1] M. Heidegger, Essere e Tempo,1927. En particulier, le sezioni dedicate all’analitica esistenziale della temporalità: Prima sezione § 27; Seconda Sezione. §§ 46-53; Seconda Sezione §§ 54-60 e §§ 65-69.

[2] Un tema così importante e sentito dalla cultura contemporanea che in questi giorni l’attore Alessandro Preziosi sta portando in giro per l’Italia uno spettacolo su Agostino e il tempo (QUI).

[3]Agostino d’Ippona, Les confessions, XI, 12, 14. «Che cosa faceva Dio prima di creare il cielo e la terra

[4] Idem., XI, 13, 15.

[5] La definizione classica dell’eternità si trova in Boezio, De consolatione philosophiae, V, 6: «Aeternitas est interminabilis vitae tota simul et perfecta possessio» («L’eternità è il possesso intero, simultaneo e perfetto di una vita interminabile»). Questa definizione è stata fatta propria da tutta la teologia scolastica.

[6]Les confessions, XI, 13, 16.

[7] S. Thomas d'Aquin, Somme théologique, Ia, q. 9 («L’immutabilità di Dio») e q. 10 («L’eternità di Dio»).

[8]Les confessions, XI, 14, 17.«Che cos’è dunque il tempo? Si personne ne me demande, je sais; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, Je ne sais pas"

[9] Les confessions, XI, 28, 38.

[10] Catéchisme de l'Église catholique, nn. 1085, 1362-1367.

[11] Le terme ephapax (ἐφάπαξ) è una parola greca che si trova nel Nuovo Testamento, cruciale per comprendere la natura unica e definitiva del sacrificio di Cristo. La fonte principale di questo termineè la Lettera agli Ebrei. Questo scritto del Nuovo Testamento costruisce un lungo e profondo parallelo tra il sacerdozio levitico dell’Antico Testamento e il sommo sacerdozio di Cristo. I passi più significativi sono i seguenti:

  • les Juifs 7, 27: Parlando di Cristo come sommo sacerdote, l’autore dice che Egli «non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto infatti una volta per tutte (ephapax), offrendo se stesso». Qui si sottolinea che, a differenza dei sacerdoti ebraici che dovevano ripetere continuamente i sacrifici, il sacrificio di Cristo è unico e definitivo.
  • les Juifs 9, 12: «[Christ] entrò una volta per sempre (ephapax) nel santuario, pas par le sang des chèvres et des veaux, mais en vertu de son propre sang, obtenant ainsi une rédemption éternelle ". Il versetto evidenzia che l’efficacia del sacrificio di Cristo non è temporanea, ma eterna.
  • les Juifs 10, 10: «Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, une fois pour toutes (ephapax)». Qui si collega direttamente la nostra santificazione a questo evento unico e irripetibile.

Il concetto si trova anche in altri passi del Nuovo Testamento, come nella Lettera ai Romani (6, 10), dove San Paolo, parlando della morte e risurrezione di Cristo, dé: «Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per sempre (ephapax)».

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THE LOST TIME AND THE ETERNAL PRESENT: AUGUSTINE FOR THE CONTEMPORARY MAN STARVED OF TIME

The past no longer exists; the future is not yet. It would seem, ensuite, that only the present exists. But even the present is problematic. If it had duration, it would be divisible into a before and an after — and thus it would no longer be the present. The present, to be what it is, must be an instant without extension, a vanishing point between what is no more and what is not yet. But how can that which has no duration constitute the reality of time?

— Théologique —

Auteur:
Gabriele Giordano M. Scardocci, o.p.

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Contemporary society lives in a schizophrenic relationship with time. D'une part, time has become our most precious possession, an ever-scarce resource. Our lives are ruled by crowded schedules, relentless deadlines, and the oppressive sensation of “never having enough time.” Efficiency, speed, and the optimisation of every instant have become the new categorical imperatives of a humanity rushing breathlessly forward, often without even knowing its destination. Modern man is starved of time¹ — a hunger that increasingly devours the soul and the spirit. En effet, this hunger for time visibly afflicts the most fragile among us, manifesting itself in the many forms of generalised anxiety, panic attacks, and other mental disorders.

Paradoxically, toutefois, this time so longed for and so precisely measured constantly escapes us. It dissolves into a sequence of tasks and commitments that leave behind only a sense of emptiness and incompleteness. In the age of instant connection, we are increasingly disconnected from the present — projected towards a future that never seems to arrive, or chained to a past that cannot be changed. We are rich in moments, yet poor in lived time.

This experience of fragmentation and anguish was lucidly analysed almost a century ago by the philosopher Martin Heidegger². For the German thinker, human existence (existence, the “being-there”) is intrinsically temporal. Man does not “possess” time — he is time. Our existence is a “being-toward-death,” a continual projection towards the future, fully aware of our finitude, limitation, and non-eternity.

Authentic time, for Heidegger, is not the homogeneous sequence of instants measured by the clock — what he calls vulgar time — but rather the openness to the three dimensions of existence: the future (as project), the past (as thrownness), and the present (as being-in-the-world). The anxiety that arises before death and our own limitations is therefore not a negative feeling to be avoided, but the very condition that can reveal to us the possibility of an authentic life, in which man takes possession of his own temporality and his finite destiny.

Profound as it is, this analysis nevertheless remains horizontal — confined within the immanence of an existence that ends with death. Its horizon is the nothingness. It is precisely here that Christian thought, and above all the genius of Saint Augustine of Hippo, opens a radically different perspective: a vertical and transcendent one. Augustine does not merely describe the experience of time; he interrogates it until it becomes a path by which he interrogates God Himself. And in this questioning he discovers that the solution to the enigma of time is not to be found within time itself, but beyond it — in the Eternity that grounds and redeems it.

In Book XI of his Confessions, Augustine confronts with disarming honesty a question that seems naïve yet is theologically explosive: «Quid faciebat Deus, antequam faceret caelum et terram?» — “What was God doing before He created heaven and earth?”³. The question presupposes a before creation, a time in which God might have existed in a sort of divine idleness, waiting for the right moment to act. Augustine’s response is a conceptual revolution that dismantles this assumption at its very root. He does not evade the question with the witty remark attributed to some (“He was preparing hell for those who pry into mysteries too high for them”), but rather refutes it from within. There was no “before” creation, for time itself is a creature. God did not create the world in time but with time: “Thou art the maker of all times,” writes the Doctor of Hippo. Before creation, there simply was no time⁴.

This intuition opens the way to the understanding of the divine eternity. Eternity is not an infinitely extended duration — a “forever” stretching endlessly backward and forward. Such would still be a temporal notion of eternity. God’s eternity is the total absence of succession, the perfect and simultaneous fullness of life without end. To use a classical image of theology, God is a Nunc stans — an “eternal now”⁵. In Him there is neither past (memory) nor future (expectation), but only the pure and immutable act of His Being. “Thy years are one day,” says Augustine to God, “and Thy day is not every day, but today; for Thy today yields not to tomorrow, nor does it follow yesterday. Thy today is eternity”⁶.

Catholic doctrine has formalised this insight by defining eternity as one of the divine attributes — one of the essential elements that compose the very ‘DNA’ of God. God is immutable, absolutely perfect, and simple. Temporal succession implies change, a passage from potentiality to act, which is inconceivable in Him who is Pure Act, as taught by Saint Thomas Aquinas⁷.

Donc, every attempt to apply our human temporal categories to God — categories that belong to us precisely because we are within time — is bound to fail. He is the Lord of time precisely because He is not its prisoner.

“What, ensuite, is time?” Once Augustine has established God’s extraterritoriality in regard to time, he faces a second and perhaps even more arduous question: to define the nature of time itself. Here emerges the celebrated paradox that has fascinated generations of thinkers: «Quid est ergo tempus? Si nemo ex me quaerat, scio; si quaerenti explicare velim, nescio». — “What, ensuite, is time? If no one asks me, I know; if I wish to explain it to one who asks, I do not know”⁸. This statement is not a confession of ignorance or agnosticism, but the point of departure for a profound spiritual and phenomenological inquiry.

Augustine experiences the reality of time — he lives it, he measures it — and yet he cannot enclose it within a concept. Thus begins a process of dismantling the common assumptions of his age. Is time perhaps the movement of the heavenly bodies, of the sun, the moon, and the stars? Non, he answers, for even if the heavens were to stand still, the potter’s wheel would continue to turn, and we would still measure its motion in time. Time, donc, is not movement itself but the measure of movement. Yet how can we measure something so elusive?

The past no longer exists; the future is not yet. It would seem, ensuite, that only the present exists. But even the present is problematic. If it had duration, it would be divisible into a before and an after — and thus it would no longer be the present. The present, to be what it is, must be an instant without extension, a vanishing point between what is no more and what is not yet. But how can that which has no duration constitute the reality of time?

Augustine’s solution is as ingenious as it is introspective. After seeking time in the external world — in the heavens and in material things — he finds it within, in the depths of the human soul. Time has no ontological substance outside ourselves; its reality is psychological. It is a distentio animi, a “stretching” or “distension” of the soul. The human soul possesses three faculties corresponding to the three dimensions of time: memory (memoria), by which the soul makes the past present; expectation (expectatio), by which the soul anticipates and makes present what is not yet; and attention (attentio ou contuitus), by which the soul focuses on the present instant, the point at which expectation is transformed into memory.

When we sing a hymn, Augustine explains in a beautiful example, our soul is “stretched.” The entire song is present in expectation before it begins; as the words are sung, they pass from expectation to attention, and finally they rest in memory. The action unfolds in the present, yet it is made possible by this continuous “stretching” of the soul between the future (which shortens) and the past (which lengthens). Time, donc, is the measure of this impression that things leave upon the soul — and that the soul itself impresses upon them⁹.

Although Augustine’s speculation reaches the highest levels of philosophical and theological depth, it is far from being a mere intellectual exercise. It offers, plutôt, to each of us today a key by which to redeem our own experience of time and to live in a way that is more authentic and spiritually fruitful. Three reflections arise, donc, from the Augustinian perspective.

Our daily life is dominated by Chronos — quantitative time, sequential, measured by the clock. It is the time of efficiency, productivity, and anxiety, as we noted at the beginning. Augustine’s reflection invites us to rediscover Kairos — qualitative time, the “favourable moment,” the instant filled with meaning in which eternity intersects our history. If God is an “eternal present,” then every present moment, every now, becomes the privileged place of encounter with Him. Augustine’s teaching urges us to sanctify the present, to live it with attentio, with full awareness. Instead of constantly fleeing into the future of our projects or the past of our regrets, we are called to find God in the ordinariness of the present moment: in prayer, in work, in relationships, in service. It is the invitation to live the spirituality of the “present moment,” so dear to many masters of the interior life.

There is a place and a time where Kairos breaks into Chronos in its most supreme form: the Sacred Liturgy, and in particular the celebration of the Eucharist. During the Holy Mass, the time of the Church is joined to the eternal present of God. The Sacrifice of Christ — accomplished once for all in history (ephapax)¹¹ — is not “repeated” but “re-presented,” made sacramentally present upon the altar. Past, present, and future converge: we recall the Passion, Death, and Resurrection of Christ (passé); we celebrate His real presence in our midst (present); and we anticipate the glory of His return and the eternal banquet (future)¹⁰. The Liturgy is the great school that teaches us to live time in a new way — no longer as a relentless flight towards death, but as a hopeful pilgrimage towards the fullness of life in God’s eternity.

Enfin, the conception of time as distentio animi offers profound consolation. The “stretching” of the soul between memory and expectation — which for the man without faith may be a source of anguish (the weight of the past, the uncertainty of the future) — becomes for the Christian the very space of faith, espoir, et charité. Memory is not merely the recollection of our failures; it is above all memoria salutis — the remembrance of the wonders that God has wrought in the history of salvation and in our personal lives. It is the foundation of our faith. Expectation is not the anxiety of an unknown future, but the sure hope of the definitive encounter with Christ, the beatific vision promised to the pure of heart. And attention to the present becomes the space of charity — of concrete love of God and neighbour — the one act that “abides” for eternity (1 Cor 13:13).

Our life thus moves, as in a spiritual breath, between the grateful remembrance of grace received and the confident expectation of the glory promised. In this way, the Augustinian man is not crushed by time but dwells within it as within a provisional tent, his heart already turned towards the heavenly homeland where God shall be “all in all” — and where time itself shall dissolve into the single, éternel, and beatifying today of God.

 

Santa Maria Novella, Florence, on the 12th of November, 2025

NOTES

  1. M. Heidegger, Sein und Zeit (Being and Time), 1927, especially the sections devoted to the existential analysis of temporality: First Division § 27; Second Division §§ 46-53; Second Division §§ 54-60 and §§ 65-69.
  2. This theme is so present in contemporary culture that it is even the subject of recent Italian stage performances on Augustine and time.
  3. Augustine of Hippo, Confessions, XI, 12, 14: «Quid faciebat Deus, antequam faceret caelum et terram
  4. ibid., XI, 13, 15.
  5. Boethius, De consolatione philosophiae, V, 6: «Aeternitas est interminabilis vitae tota simul et perfecta possessio».
  6. Confessions, XI, 13, 16.
  7. Thomas d'Aquin, Somme théologique, je, q. 9 (“On the Immutability of God”) and q. 10 (“On the Eternity of God”).
  8. Confessions, XI, 14, 17.
  9. Confessions, XI, 28, 38.
  10. Catéchisme de l'Église catholique, nn. 1085, 1362-1367.
  11. On the term ephapax (ἐφάπαξ), see Hebrews 7:27; 9:12; 10:10; Romans 6:10 — indicating the definitive and unrepeatable character of Christ’s sacrifice, “once for all.”

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EL TIEMPO PERDIDO Y EL PRESENTE ETERNO: SAN AGUSTÍN PARA EL HOMBRE CONTEMPORÁNEO HAMBRIENTO DE TIEMPO

El pasado ya no es, el futuro todavía no es. Parecería existir sólo el presente. Pero incluso el presente es problemático. Si tuviera duración, sería divisible en un antes y un después, y dejaría de ser presente. El presente, para serlo, debe ser un instante sin extensión, un punto de fuga entre lo que ya no es y lo que aún no es. Pero ¿cómo puede algo sin duración constituir la realidad del tiempo?

— Théologique —

Auteur:
Gabriele Giordano M. Scardocci, o.p.

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La sociedad contemporánea vive una relación esquizofrénica con el tiempo. Por un lado, este se ha convertido en el bien más preciado, un recurso perpetuamente escaso. Nuestra vida está marcada por agendas saturadas, plazos apremiantes y la sensación opresiva de «no tener nunca tiempo». La eficiencia, la velocidad y la optimización de cada instante se han transformado en los nuevos imperativos categóricos de una humanidad que corre afanosamente, muchas veces sin conocer su meta. El hombre moderno está hambriento de tiempo², un hambre que cada vez más devora el alma y el espíritu. En réalité, esta hambre de tiempo golpea visiblemente a los más frágiles, manifestándose en las múltiples formas de ansiedad generalizada, ataques de pánico y otros trastornos mentales.

Paradójicamente, cependant, ese tiempo tan anhelado y tan minuciosamente medido se nos escapa. Se disuelve en una secuencia de compromisos que dejan tras de sí un sentimiento de vacío e incompletitud. En la era de la conexión instantánea, estamos cada vez más desconectados del presente: proyectados hacia un futuro que nunca llega o anclados en un pasado que no puede cambiarse. Somos ricos en instantes, pero pobres en tiempo vivido.

Esta experiencia de fragmentación y de angustia fue analizada con lucidez hace casi un siglo por el filósofo Martin Heidegger¹. Para el pensador alemán, la existencia humana (existence, el «ser-ahí») es intrínsecamente temporal. El hombre no «posee» el tiempo: él est tiempo. Nuestra existencia es un «ser-para-la-muerte», una continua proyección hacia el futuro, plenamente consciente de nuestra finitud, limitación y no eternidad.

El tiempo auténtico, para Heidegger, no es la secuencia homogénea de instantes medida por el reloj — lo que él llama el tiempo «vulgar» —, sino la apertura a las tres dimensiones de la existencia: el futuro (como proyecto), el pasado (como haber sido arrojado) y el presente (como estar-en-el-mundo). La angustia ante la muerte y las propias limitaciones no es, donc, un sentimiento negativo del que huir, sino la condición que puede revelarnos la posibilidad de una vida auténtica, en la que el hombre se apropia de su propia temporalidad y de su destino finito.

Por profunda que sea, esta reflexión permanece, cependant, en el plano horizontal, confinada en la inmanencia de una existencia que termina con la muerte. Su horizonte es la nada. Es precisamente aquí donde el pensamiento cristiano, y especialmente el genio de san Agustín de Hipona, abre una perspectiva radicalmente distinta: vertical y trascendente. Agustín no se limita a describir la experiencia del tiempo, sino que la interroga hasta convertirla en un camino para interrogar a Dios mismo. Y en esta búsqueda descubre que la solución al enigma del tiempo no se halla en el tiempo mismo, sino fuera de él: en la Eternidad que lo fundamenta y lo redime.

En el Libro XI de sus Confesiones, Agustín aborda con desarmante sinceridad una pregunta que parece ingenua, pero que es teológicamente explosiva: «Quid faciebat Deus, antequam faceret caelum et terram?» — «¿Qué hacía Dios antes de crear el cielo y la tierra?»³. La pregunta presupone un “antes” de la creación, un tiempo en el que Dios habría existido en una especie de ocio divino, esperando el momento oportuno para actuar. La respuesta de Agustín es una revolución conceptual que desmantela de raíz esa suposición. No evade la cuestión con la respuesta ingeniosa atribuida a algunos («Preparaba el infierno para quienes indagan en misterios demasiado altos»), sino que la refuta desde dentro. No existe un “antes” de la creación, porque el tiempo mismo es criatura. Dios no creó el mundo dans el tiempo, sino avec el tiempo: «Tú eres el artífice de todos los tiempos», escribe el Doctor de Hipona. Antes de la creación, simplemente, no había tiempo⁴.

Esta intuición abre el camino hacia la comprensión de la eternidad divina. La eternidad no es una duración infinitamente extendida — un «siempre» que se prolonga sin fin hacia el pasado y el futuro —. Tal sería todavía una concepción temporal de la eternidad. La eternidad de Dios es la ausencia total de sucesión, la plenitud perfecta y simultánea de una vida sin fin. Para usar una imagen clásica de la teología, Dios es un Nunc stans, un «presente eterno»⁵. En Él no hay pasado (memoria) ni futuro (expectativa), sino sólo el acto puro e inmutable de su Ser.

«Tus años son un solo día», dice Agustín a Dios, «y tu día no es cada día, sino el hoy; porque tu hoy no cede el paso al mañana ni sigue al ayer. Tu hoy es la eternidad»⁶. La doctrina católica ha formalizado esta intuición definiendo la eternidad como uno de los atributos divinos, uno de los elementos que componen el “ADN” de Dios. Dios es inmutable, absolutamente perfecto y simple. La sucesión temporal implica cambio, un paso de la potencia al acto, lo cual es inconcebible en Aquel que es Acto Puro, como enseña santo Tomás de Aquino⁷.

Pourtant, todo intento de aplicar a Dios nuestras categorías temporales — categorías propias de nosotros, que estamos en el tiempo — está destinado al fracaso. Él es el Señor del tiempo precisamente porque no es su prisionero.

«¿Qué es, Bien, el tiempo Una vez establecida la extraterritorialidad de Dios respecto del tiempo, Agustín se enfrenta al segundo, y quizá más arduo, problème: definir la naturaleza del tiempo mismo. Aquí surge la célebre paradoja que ha fascinado a generaciones de pensadores: «Quid est ergo tempus? Si nemo ex me quaerat, scio; si quaerenti explicare velim, nescio» — «¿Qué es, Bien, el tiempo? Si nadie me lo pregunta, lo sé; si quiero explicárselo al que me lo pregunta, no lo sé»⁸. Esta afirmación no es una confesión de ignorancia o agnosticismo, sino el punto de partida de una profunda indagación espiritual y fenomenológica.

Agustín experimenta la realidad del tiempo: la vive, la mide, y sin embargo no logra encerrarla en un concepto. Así comienza un proceso de desmontaje de las convicciones comunes de su siglo. ¿Es el tiempo acaso el movimiento de los cuerpos celestes, del sol, la luna y las estrellas? Non, responde, porque aun si los cielos se detuvieran, la rueda del alfarero seguiría girando, y mediríamos su movimiento en el tiempo. El tiempo, donc, no es el movimiento en sí, sino la medida del movimiento. Pero ¿cómo medir algo tan inasible?

El pasado ya no es, el futuro todavía no es. Parecería existir sólo el presente. Pero incluso el presente es problemático. Si tuviera duración, sería divisible en un antes y un después, y dejaría de ser presente. El presente, para serlo, debe ser un instante sin extensión, un punto de fuga entre lo que ya no es y lo que aún no es. Pero ¿cómo puede algo sin duración constituir la realidad del tiempo?

La solución agustiniana es tan genial como introspectiva. Después de buscar el tiempo en el mundo exterior, en los cielos y en los objetos, Agustín lo encuentra dentro, en el alma del hombre. El tiempo no tiene consistencia ontológica fuera de nosotros; su realidad es psicológica. Es una distentio animi, una «distensión» o «dilatación» del alma. El alma humana posee tres facultades que corresponden a las tres dimensiones del tiempo: la memoria (memoria), por la cual el alma hace presente lo pasado; la expectativa (expectatio), por la cual el alma anticipa y hace presente lo que aún no es; y la atención (attentio O contuitus), por la cual el alma se concentra en el instante presente, el punto en que la expectativa se transforma en memoria.

Cuando cantamos un himno, explica Agustín con un ejemplo bellísimo, nuestra alma está «extendida». Todo el canto está presente en la expectativa antes de comenzar; a medida que las palabras se pronuncian, pasan de la expectativa a la atención, y finalmente se depositan en la memoria. La acción se desarrolla en el presente, pero es posible gracias a esta continua «distensión» del alma entre el futuro (que se acorta) y el pasado (que se alarga). El tiempo, donc, es la medida de esta impresión que las cosas dejan en el alma y que el alma misma produce⁹.

Aunque la especulación agustiniana alcanza el más alto nivel filosófico y teológico, está lejos de ser un mero ejercicio intelectual. Ofrece, plutôt, a cada uno de nosotros una clave para redimir la propia experiencia del tiempo y vivir de un modo más auténtico y espiritualmente fecundo. De la perspectiva agustiniana surgen, Bien, tres reflexiones.

Nuestra vida cotidiana está dominada por el Chronos: el tiempo cuantitativo, secuencial, medido por el reloj. Es el tiempo de la eficiencia, la productividad y la ansiedad, como decíamos al comienzo. La reflexión agustiniana nos invita a descubrir el Kairós: el tiempo cualitativo, el «momento oportuno», el instante cargado de significado en el que la eternidad se cruza con nuestra historia. Si Dios es un «presente eterno», entonces cada presente, cada «ahora», se convierte en el lugar privilegiado del encuentro con Él. La enseñanza de Agustín nos exhorta a santificar el presente, a vivirlo con attentio, con plena conciencia. En lugar de huir constantemente hacia el futuro de nuestros proyectos o hacia el pasado de nuestros remordimientos, estamos llamados a encontrar a Dios en la cotidianidad del momento presente: en la oración, en el trabajo, en las relaciones, en el servicio. Es la invitación a vivir la espiritualidad del «instante presente», tan querida por muchos maestros de vida interior.

Hay un lugar y un tiempo en los que el Kairós irrumpe en el Chronos de modo supremo: la Sagrada Liturgia, y en particular la celebración de la Eucaristía. Durante la Santa Misa, el tiempo de la Iglesia se une al presente eterno de Dios. El Sacrificio de Cristo, cumplido una vez para siempre en la historia (ephapax)¹¹, no se «repite», sino que se «re-presenta», haciéndose sacramentalmente presente en el altar. Pasado, presente y futuro convergen: hacemos memoria de la Pasión, Muerte y Resurrección de Cristo (pasado); celebramos su presencia real en medio de nosotros (cadeau); y anticipamos la gloria de su retorno y el banquete eterno (avenir)¹⁰. La Liturgia es la gran escuela que nos enseña a vivir el tiempo de un modo nuevo: ya no como una huida inexorable hacia la muerte, sino como una peregrinación esperanzada hacia la plenitud de la vida en la eternidad de Dios.

Enfin, la concepción del tiempo comme distentio animi ofrece una profunda consolación. La «distensión» del alma entre la memoria y la expectativa — que para el hombre sin fe puede ser fuente de angustia (el peso del pasado, la incertidumbre del futuro)— se convierte para el cristiano en el espacio mismo de la fe, la esperanza y la caridad. La memoria no es sólo el recuerdo de nuestros fracasos, sino ante todo la memoria salutis: el recuerdo de las maravillas que Dios ha obrado en la historia de la salvación y en nuestra vida personal. Es el fundamento de nuestra fe. La expectativa no es la ansiedad por un futuro incierto, sino la esperanza segura del encuentro definitivo con Cristo, la visión beatífica prometida a los puros de corazón. Y la atención al presente se convierte en el espacio de la caridad, del amor concreto a Dios y al prójimo, el único acto que «permanece» para la eternidad (1 Cor 13,13).

Nuestra vida se mueve así, como en una respiración espiritual, entre el recuerdo agradecido de la gracia recibida y la espera confiada de la gloria prometida. De este modo, el hombre agustiniano no es aplastado por el tiempo, sino que lo habita como una tienda provisional, con el corazón ya orientado hacia la patria celestial, donde Dios será «todo en todos» y donde el tiempo se disolverá en el único, eterno y beatificante hoy de Dios.

Santa Maria Novella, Florencia, une 12 de noviembre de 2025

Notas

  1. M. Heidegger, Ser y tiempo, 1927, especialmente las secciones dedicadas al análisis existencial de la temporalidad: Primera sección § 27; Segunda sección §§ 46-53; Segunda sección §§ 54-60 y §§ 65-69.
  2. Tema tan presente en la cultura contemporánea que incluso ha sido objeto de representaciones teatrales en Italia sobre Agustín y el tiempo.
  3. San Agustín de Hipona, Confesiones, XI, 12, 14: «Quid faciebat Deus, antequam faceret caelum et terram
  4. ibid., XI, 13, 15.
  5. Boecio, De consolatione philosophiae, V, 6: «Aeternitas est interminabilis vitae tota simul et perfecta possessio».
  6. Confesiones, XI, 13, 16.
  7. Santo Tomás de Aquino, Somme théologique, je, q. 9 («Sobre la inmutabilidad de Dios») y q. 10 («Sobre la eternidad de Dios»).
  8. Confesiones, XI, 14, 17.
  9. Confesiones, XI, 28, 38.
  10. Catéchisme de l'Église catholique, nn. 1085, 1362-1367.
  11. Sobre el término ephapax (ἐφάπαξ), véanse Hebreos 7,27; 9,12; 10,10; Romanos 6,10: indica el carácter único y definitivo del sacrificio de Cristo, «una vez para siempre».

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Les fans de Marie co-rédemptrice, une contradiction flagrante en termes théologiques

LES FANS DE MARIA CO-REDEMPTOR, UNE GRAVE CONTRADICTION EN TERMES THÉOLOGIQUES

Quelqu'un est-il vraiment prêt à croire que la Sainte Vierge, celle qui se définissait comme une « humble servante », la femme de l'amour doué, silence et confidentialité, celui qui a pour but de conduire à Christ, peut vraiment demander à certains voyants ou visionnaires d'être proclamés co-rédempteur et mis presque à égalité avec le Divin Rédempteur? On pourrait raisonnablement demander: depuis quand, l'"humble serviteur" de magnificat, elle deviendrait si prétentieuse et vaniteuse qu'elle demanderait et revendiquerait le titre de co-rédempteur?

— Pages théologiques —

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Auteur
Rédacteurs en chef de l'île de Patmos

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A l'occasion de la sortie de la note doctrinale Mère des fidèles, nous vous proposons le dernier article sur le sujet écrit par le Père Ariel S. Levi di Gualdo il 3 février 2024 le sien “Maria Corredentrice”, dans lequel nous renvoyons aux articles suivants publiés précédemment:

«Article de 3 avril 2020 — Nous défendons le Saint-Père Francesco de lance-flammes de soif mariolatri pour les nouveaux dogmes mariaux: “Marie n'est pas co-rédemptrice”»;

«Article de 14 août 2022 – Proclamer de nouveaux dogmes est plus sérieux que déconstruire les dogmes de la foi. Maria Corredentrice? Une idiotie théologique soutenue par ceux qui ignorent les bases de la christologie»;

«Article de 11 mai 2023 – Bergoglio, hérétique et apostat, blasphémer la Madone". Parole d'un hérétique solaire avec l'obsession de Marie co-rédemptrice qui demanderait la proclamation du cinquième dogme marial»

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Article dédié à la mémoire du jésuite Pierre Gumpel (Hanovre 1923 – Rome 2023) qui fut mon formateur et précieux professeur dans l'histoire du dogme

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En fréquentant suffisamment je réseaux sociaux, lire et écouter des prêtres et des laïcs, sur des sujets bibliques et théologiques, on a parfois l'impression qu'aucun progrès n'a été réalisé sur certaines questions. Il se trouve que de nombreuses inexactitudes circulent sur des questions liées à la foi., ou on continue sur d'anciens registres, dévotionnel et émotionnel.

Salvador Dalí, La Madone de Port Lligat, 1949, Musée d'art Haggerty, Milwaukee, WI, Etats-Unis. Détail.

Le désir, peut-être un peu utopique, il appartiendrait aux lecteurs de se rendre compte, avec un minimum d'effort, qui pourrait bénéficier d’éclairages sérieux et précis. C'est du moins mon espérance et celle de nos Pères Île de Patmos, être utile à ceux qui parviennent à aller au-delà des quatre ou cinq lignes qui suivent réseaux sociaux, où aujourd'hui d'improbables théologiens et mariologues pontifient, avec les conséquences que l'on connaît souvent bien: déviation de la vraie foi. Et c'est très triste, parce que je Des médias sociaux ils pourraient être pour nous un outil extraordinaire pour la diffusion d’une doctrine catholique saine et solide..

Dans les années qui ont suivi le Concile Vatican II La science biblique a fait des progrès importants, offrant des contributions désormais essentielles pour la théologie dans ses différentes branches et pour la vie chrétienne. Ceci depuis quand, depuis l'époque du Vénérable Pontife Pie XII, dans l'Église catholique, l'étude de la Bible a été encouragée en donnant la possibilité d'utiliser toutes les méthodes normalement appliquées à un texte écrit. Pour ne citer que quelques exemples: analyse rhétorique, le structurel, la littérature et la sémantique ont produit des résultats qui ont peut-être parfois paru insatisfaisants, mais ils nous ont aussi permis d'explorer le texte de l'Écriture Sainte d'une manière nouvelle et cela a conduit à toute une série d'études qui nous ont fait connaître mieux et plus profondément la Parole de Dieu.. Ou de reconsidérer d'anciennes acquisitions, de tradition, des Saints Pères de l'Église, qui, bien que vrai et profond, ainsi que des ouvrages de haute théologie, cependant ils n'avaient pas le soutien d'une étude moderne des textes sacrés, précisément parce qu'encore, certains outils, au moment de leurs spéculations, ils manquaient.

Avant de continuer, un aparté s'impose: je suis un "téologue" réseaux sociaux ils ont besoin du combat, pour déchaîner qu'il faut choisir et créer un ennemi. Pour certains groupes, l’ennemi le plus populaire est le modernisme., justement défini par le Saint Pontife Pie (cf.. Nourrissage des moutons de Dominic). Cela ne veut pas dire que, Mais, que les actions de ce Saint Pontife, avant même celui de son prédécesseur suprême Léon XIII, a toujours produit des effets bénéfiques dans les décennies qui ont suivi. De toute évidence, faire une analyse critique objective, il est impératif de contextualiser la condamnation du modernisme et les mesures canoniques sévères qui ont suivi à ce moment historique précis., certainement pas d'exprimer des jugements sur la base de critères liés à notre présent, parce que seules des phrases trompeuses et déformantes émergeraient. Pour résumer brièvement ce problème complexe auquel je compte consacrer mon prochain livre, il suffit de dire que l'Église de ces années-là, après la chute de l'État pontifical survenue le 20 septembre 1870, il a fait l'objet de violentes attaques politiques et sociales. Le Pontife romain s'est retiré en tant que « prisonnier volontaire » dans les murs du Vatican dont il est sorti seulement six décennies plus tard.. L'anticléricalisme d'origine maçonnique a été porté au maximum de puissance et l'Église a dû sérieusement s'occuper de sa propre survie et de celle de l'institution de la papauté.. Elle ne pouvait certainement pas se permettre le développement de courants de pensée qui l’auraient attaqué et corrodé directement de l’intérieur.. C'est dans ce contexte délicat que le combat du Saint Pontife Pie. Avec toutes les conséquences, y compris négatives, de l'affaire: la spéculation théologique était effectivement figée au milieu de mille peurs et la formation des prêtres était réduite à quatre formules d'une néo-scolastique décadente, qui n'était même pas un parent éloigné de la scolastique classique de saint Anselme d'Aoste et de saint Thomas d'Aquin. Cela a produit une telle impréparation et une telle ignorance au sein du clergé catholique qu'il suffirait pour s'en convaincre de lire l'Encyclique Retour au sacerdoce catholique écrit en 1935 du Souverain Pontife Pie XI.

Les conséquences de la lutte contre le modernisme ils étaient à certains égards désastreux, il suffit de dire qu'au seuil des années 1940, au début du pontificat de Pie XII, Les théologiens catholiques et les biblistes ont commencé à mettre la main sur certains documents et à mener des exégèses dans le contexte de l'Ancien et du Nouveau Testament., ils ont été forcés, discrètement et travaillant prudemment sous la table, faire référence à des auteurs protestants, qui spéculait et menait des études approfondies sur certains sujets depuis des décennies, surtout dans le domaine des sciences bibliques. Et donc aujourd'hui, si nous voulons faire une étude et une analyse du texte de la Lettre aux Romains, nous devons nécessairement nous référer au commentaire du théologien protestant Carl Barth., qui reste fondamental et surtout inégalé. Ce sont là aussi les fruits de la lutte contre le modernisme., dont les "théologiens" ne parlent certainement pas réseaux sociaux que pour exister, ils ont besoin d'un ennemi à combattre. Mais comme déjà dit, ce thème sera le sujet de mon prochain livre, mais cet aparté était nécessaire pour mieux introduire notre thème.

Ce qui manque encore aujourd'hui est que ces résultats obtenus grâce à l'exégèse moderne ou à l'étude des textes de l'Ancien et du Nouveau Testament deviennent l'apanage de la majorité des croyants. Et je reviens ici pour réitérer l'importance extraordinaire que revêt réseaux sociaux, diffuser et rendre accessible certains supports. Trop souvent, ils restent confinés à des textes spécialisés et ne passent pas, sinon sporadiquement, dans la prédication et la catéchèse, favoriser une nouvelle prise de conscience des termes en jeu et donc une foi chrétienne plus solide et motivée, ne s’appuie pas uniquement sur des données acquises souvent fragiles et déroutantes, sur la dévotion, sur le sentimental, ou pire: sur les révélations, sur des apparitions réelles ou supposées, ou sur les « secrets » démangeants et tremblants du bavardage madame de Medjugorje (cf.. ma visioconférence, QUI)…et ainsi de suite à suivre.

Si certains fans fous ils avaient de l'humilité, peut-être même la décence de lire des livres et des articles rédigés par des universitaires faisant autorité, peut-être pourraient-ils comprendre que non seulement, ils n'ont pas compris, mais qu'ils n'ont rien compris du tout à la Marie des Saints Évangiles. Il suffirait de reprendre - je n'en cite qu'un parmi tant d'autres - l'article rédigé par le Père Ignace de la Potterie: «La Mère de Jésus et le mystère de Cana» (La Civiltà Cattolica, 1979, IV, pp. 425-440, texte intégral QUI), pour comprendre ainsi quelle différence abyssale il peut y avoir entre mariologie et mariolâtrie.

Quand encore aujourd'hui on parle de la Vierge Marie, Malheureusement, même chez certains prêtres - et plus encore chez certains fervents croyants - nous assistons à la répétition banale des habituels discours dévotionnels et émotionnels., jusqu'à atteindre, au pas des éléphants à l'intérieur d'une verrerie, le thème très délicat et discuté de Marie co-rédemptrice, que, comme on le sait - et comme les derniers Pontifes l'ont souligné à plusieurs reprises -, c'est un terme qui en lui-même crée d'énormes problèmes théologiques avec la christologie et le mystère de la rédemption lui-même.. En fait, affirme que Maria, créature parfaite née sans péché, mais toujours une créature créée, il a coopéré à la rédemption de l'humanité, ce n'est pas exactement la même chose que de dire qu'il a co-racheté l'humanité. C'est Christ qui a opéré la rédemption, qui n'était pas une créature créée mais la Parole de Dieu faite homme, engendré non créé de la même substance que Dieu le Père, alors que nous agissons dans le Symbole de foi, la credo, où nous professons «[...] et par l'œuvre du Saint-Esprit, il s'est incarné dans le sein de la Vierge Marie. ». Dans Symbole de foi, la rédemption est entièrement centrée sur le Christ. C'est pourquoi nous disons que la Sainte Vierge “il a coopéré” et dis “ha co-rachat” il a une valeur théologique substantiellement et radicalement différente. En fait, un seul est le rédempteur: Jésus-Christ Dieu a fait l'homme « engendré et non créé de la même substance que le Père », qui en tant que tel n'a besoin d'aucune créature créée pour le soutenir ou le soutenir en tant que co-rédempteur ou co-rédempteur, dont la Bienheureuse Vierge Marie" (cf.. Ariel S. Levi Gualdo, dans L'île de Patmos, voir QUI, QUI, QUI). Demande: aux fans du co-rédempteur, comment se fait-il qu'il ne suffit pas que Marie soit celle qui a en fait coopéré plus que n'importe quelle créature pour que le mystère de la rédemption soit réalisé? Pour quelle raison, mais surtout pour quelle obstination, pas satisfaite de son rôle de coopératrice, ils veulent à tout prix qu'elle soit proclamée co-rédemptrice avec une définition dogmatique solennelle?

D'un point de vue théologique et dogmatique, le concept même de Marie co-rédemptrice crée tout d'abord de gros problèmes pour la christologie, au risque de donner naissance à une sorte de « quatrinità » et élever la Vierge, qui est parfaite créature née sans tache du péché originel, le rôle des vrais dieux. Le Christ nous a rachetés avec son précieux sang hypostatique, humain et divin., avec son glorieux corps ressuscité qui porte encore aujourd'hui les signes de la passion imprimés en lui. Marie à la place, tout en couvrant un rôle extraordinaire dans l'histoire de l'économie du salut, Il a collaboré à notre rédemption. Dire co-rédempteur équivaut à dire que nous avons été rachetés par le Christ et Marie.. Et là, il est bon de clarifier: Christ sauve, Marie intercède pour notre salut. Il n’y a pas une petite différence entre « sauver » et « intercéder »., sauf disposition contraire de créer une religion différente de celle fondée sur le mystère de la Parole de Dieu (cf.. Mon article précédent QUI).

La mariologie n'est pas quelque chose en soi, presque comme s'il vivait une vie indépendante. La mariologie n'est qu'un appendice de la christologie et s'insère dans une dimension théologique précise du christocentrisme.. Si la mariologie se détache en quelque sorte de cette centralité christocentrique, on peut courir le risque sérieux de tomber dans le pire et le plus néfaste des mariocentrismes. Sans parler de l’arrogance évidente des représentants de certaines jeunes et problématiques empreintes de la Congrégation franciscaine-mariale., qui ne se sont pas limités à faire des hypothèses ou des études théologiques pour soutenir l'idée pèlerine du soi-disant co-rédempteur, mais en fait ils ont institué son culte et sa vénération.

Qui proclame des dogmes qui n'existent pas commet un crime plus grand que ceux dont les dogmes les nient, car il fonctionne en se plaçant au-dessus de l'autorité du même sainte Église mère et professeur, détenteur d'une autorité qui dérive du Christ lui-même. Et ce dernier oui, qui est un dogme de la foi catholique, ce qui n'a pas été atteint par déduction logique après des siècles d'études et de spéculations - comme dans le cas du dogme de l'Immaculée Conception et de l'assomption de Marie au ciel -, mais sur la base de paroles claires et précises prononcées par la Parole de Dieu faite Homme (cf.. Mont 13, 16-20). Et quand on proclame des dogmes qui n'existent pas, dans ce cas, la fierté entre en scène dans sa pire manifestation. Je l'ai écrit et expliqué dans plusieurs de mes articles précédents mais il mérite d'être répété encore une fois.: dans la soi-disant échelle des péchés capitaux, le Catéchisme de l'Église catholique indique la fierté en premier lieu, avec la paix douloureuse de ceux qui s'obstinent à concentrer tout le mystère du mal dans la luxure - dont on se souvient ne figure pas du tout en première place, mais même pas à la seconde, aux troisième et quatrième [Voir. Catéchisme non. 1866] ―, indépendamment du fait que les pires péchés vont tout le monde et la rigueur de sa ceinture à la hausse, pas au lieu de sa ceinture tomber, comme je l'ai écrit sur un ton ironique mais théologiquement très sérieux il y a des années dans mon livre Et Satan est devenu trinitaire, expliquant dans un de mes livres 2011 comment le sixième commandement a souvent été exagéré au-delà de toute mesure, oubliant souvent tous les péchés les plus graves et les plus graves contre la charité.

Si alors tout ça est filtré à travers des émotions fidéistes - comme si un sujet aussi délicat et centré sur les sphères les plus complexes de la dogmatique était une sorte de base de supporters opposés composée de supporters de la Lazio et de supporters de la Roma -, dans ce cas, on peut tomber dans une véritable idolâtrie mariale ou dans ce qu'on appelle la mariolâtrie., soit: pur paganisme. À ce stade, Marie pourrait facilement prendre le nom de n'importe quelle déesse de l'Olympe grec ou du Panthéon romain..

Les supporters de réseaux sociaux de co-rédemption de la Sainte Vierge affirment comme une sorte de preuve incontestable que c'est Marie elle-même qui a demandé la proclamation de ce cinquième dogme marial (cf.. parmi de nombreux articles, QUI). Quelque chose dont ils disent qu'il n'y a pas de discussion, la Sainte Vierge elle-même l'aurait demandé lors de son apparition à Amsterdam à Ida Peerdeman. Étant donné qu'aucune apparition mariale, y compris ceux reconnus authentiques par l'Église, Fatima incluse, cela peut être l'objet et la matière contraignante de la foi; étant donné aussi que les locutions de certains voyants le sont encore moins, on ne peut que sourire de certaines plaisanteries de théologiens amateurs qui rendent certains sujets difficiles à gérer pour nous prêtres et surtout pour nous théologiens, précisément parce que leur arrogance va de pair avec leur ignorance qui les amène à traiter un tel sujet comme s'il s'agissait réellement d'un échange houleux entre supporters de la Lazio et supporters de la Roma qui se crient dessus depuis les coins opposés du stade. Même dans ce cas, la réponse est simple: est-ce que quelqu'un est vraiment prêt à croire que la Sainte Vierge, celle qui se définissait comme une « humble servante », la femme de l'amour doué, silence et confidentialité, celui qui a pour but de conduire à Christ, peut vraiment demander à certains voyants ou visionnaires d'être proclamés co-rédempteur et mis presque à égalité avec le Divin Rédempteur? On pourrait raisonnablement demander: depuis quand, l'"humble serviteur" de magnificat, elle deviendrait si prétentieuse et vaniteuse qu'elle demanderait et revendiquerait le titre de co-rédempteur?

Enfin, le voici “preuve de preuve”: «Plusieurs Souverains Pontifes ont utilisé le terme de co-rédempteur», Cela dit, voici la liste de leurs différents discours, bien que tout démontre exactement le contraire de ce que les fans de co-rédemption aimeraient vivre. Il est vrai que le Souverain Pontife Jean-Paul II, dans un discours du 8 septembre 1982, il a déclaré:

« Maria, mais il a conçu et né sans la tache du péché, participé à une merveilleuse façon dans les souffrances de son divin Fils, être co-rédempteur de l'humanité".

Cependant, cette expression démontre exactement le contraire sur le plan théologique et mariologique. Clarifions pourquoi: dès lors, à la suite de Jean-Paul II - qui fut sans aucun doute un Pontife d'une profonde dévotion mariale -, il en avait d'autres avant lui 23 années de Pontificat. Comment venir, dans cette longue période, ainsi que de ne pas proclamer le cinquième dogme marial de la co-rédemption de Marie, il a catégoriquement rejeté la demande, quand on lui a présenté deux fois? Il l'a rejetée parce qu'entre 1962 et le 1965, le jeune évêque Karol Woytila ​​​​​​était une figure participante et active du Concile Vatican II qui, dans l'une de ses constitutions dogmatiques, a clarifié comment Marie avait « coopéré d'une manière unique à l'œuvre du Sauveur » (La lumière, 61). Affirmation introduite par l'article précédent où il est précisé que la seule médiation du Rédempteur «n'exclut pas, mais il suscite chez les créatures une coopération variée à laquelle participe une source unique. (La lumière 60; CCC 970). Et la coopération la plus élevée et la plus extraordinaire fut celle de la Vierge Marie.. Cela devrait suffire pour comprendre que les Souverains Pontifes, lorsqu'ils recouraient parfois au terme de co-rédempteur dans leurs discours, jamais dans les encycliques ou les actes solennels du magistère suprême, ils entendaient exprimer avec lui le concept de la coopération de Marie au mystère du salut et de la rédemption.

Le terme même de co-rédemption c'est en soi une absurdité théologique qui crée d'énormes conflits avec la christologie et le mystère de la rédemption provoqué uniquement par Dieu, le Verbe incarné., qui n'a pas besoin de co-rédempteurs et de co-rédempteurs, il l'a répété trois fois, Dans le 2019, 2020 e 2021 ainsi que le Souverain Pontife François:

«[...] Fidèle à son Maître, qui est son fils, le seul Rédempteur, il n'a jamais voulu prendre quelque chose de son Fils pour lui. Elle ne s'est jamais présentée comme co-rédemptrice. Non, Discepola. Et il y a un Saint-Père qui dit que le fait d'être disciple vaut plus que la maternité.. Questions des théologiens, mais un disciple. Il n'a jamais rien volé à son fils pour lui-même, elle l'a servi parce qu'elle est mère, donne la vie dans la plénitude des temps à ce Fils né d'une femme (cf.. Homélie de 12 décembre 2019, texte intégral QUI) [...] Notre-Dame n'a voulu retirer aucun titre à Jésus; elle a reçu le don d'être sa Mère et le devoir de nous accompagner en tant que Mère, être notre mère. Elle ne s'est pas demandée d'être une quasi-rédemptrice ou une co-rédemptrice: non. Le Rédempteur n'est qu'un et ce titre n'est pas doublé. Seule disciple et Mère (cf.. Homélie de 3 avril 2020, texte intégral QUI) [...] la Madone qui, comme la Mère à qui Jésus nous a confiés, nous enveloppe tous; mais en tant que mère, pas comme une déesse, pas en tant que co-rédemptrice: en tant que mère. Il est vrai que la piété chrétienne lui donne toujours de beaux titres, comme un fils pour sa mère: combien de belles choses un fils dit à la mère qu'il aime! Mais soyons prudents: les belles choses que l'Église et les saints disent de Marie n'enlèvent rien à l'unicité rédemptrice du Christ. Il est le seul Rédempteur. Ce sont des expressions d'amour comme un fils à sa mère, parfois exagéré. Mais l'amour, nous savons, nous fait toujours faire des choses exagérées, mais avec amour" (cf.. Audition de 24 mars 2021, texte intégral QUI).

Le mystère de la rédemption il ne fait qu'un avec le mystère de la croix, sur lequel Dieu a fait l'homme est mort comme un agneau sacrificiel. Sur la croix, la Bienheureuse Vierge Marie n'a pas été clouée à mort comme un agneau sacrificiel, qu'à la fin de sa vie, elle s'est endormie et a été élevée au ciel, elle ne mourut pas et ressuscita le troisième jour, vainquant la mort. La Sainte Vierge, première créature de toute la création au-dessus de tous les saints pour sa pureté immaculée, il ne pardonne pas nos péchés et ne nous rachète pas, il intercède pour la rémission de nos péchés et pour notre rédemption. Donc s'il ne nous rachète pas, parce que nous tenons à dogmatiser un titre visant à définir solennellement ce qui nous co-rachète?

De nombreux adeptes de la co-rédemption sont susceptibles n'ai jamais prêté attention aux invocations des Litanies de Lorette, qui n'étaient certainement pas l'œuvre d'un pontife récent sentant le modernisme, comme diraient certains, ils furent ajoutés à la récitation du Saint Rosaire par le Saint Pontife Pie V après la victoire de la Sainte Ligue à Lépante en 1571, bien que déjà utilisé depuis plusieurs décennies dans le Sanctuaire de la Maison de Lorette, d'où ils tirent leur nom. Il suffirait pourtant de poser cette question: comment venir, quand au début de ces litanies Dieu le Père est invoqué, Dieu le Fils et Dieu le Saint-Esprit, Disons "Ayez pitié de nous» (ayez pitié de nous)? Alors qu'on commence tout juste, avec l'invocation Sainte Marie, énoncer tous les titres de la Sainte Vierge, à partir de ce moment on dit «Priez pour nous» (Priez pour nous)? Simple: parce que Dieu le Père qui nous a créés et qui s'est donné à l'humanité par l'incarnation de la Parole de Dieu fait homme, Jésus Christ, qui apporta alors le Saint-Esprit qui « procède du Père et du Fils », avec une miséricorde compatissante, ils accordent la grâce du pardon des péchés par une action trinitaire du Dieu trinitaire, la Vierge Marie ne le fait pas, il ne nous pardonne pas nos péchés et ne les pardonne pas, parce que dans l'économie du salut son rôle est celui d'intercession. C'est la raison pourquoi, quand nous nous tournons vers elle par la prière, à la fois dans le Avé Maria que dans Salut Regina, toujours, tout au long de l'histoire et de la tradition de l'Église, nous l'invoquons en disant "priez pour nous, pécheurs"., nous ne lui demandons pas de pardonner nos péchés ou de nous sauver (cf.. Mon article précédent, QUI). Cela seul devrait suffire et faire comprendre que le terme co-rédempteur lui-même est une grossière contradiction sur le plan théologique., malheureusement suffisamment pour rendre grossiers les théologiens qui insistent pour appeler à la proclamation de ce cinquième dogme marial., charger et utiliser comme éventails des franges de fidèles, dont la plupart présentent des lacunes profondes et sérieuses dans les fondements du Catéchisme de l'Église catholique.

La personne de la Vierge Marie, la Mère de Jésus, il est regardé et indiqué avec une profondeur théologique qui le place en relation étroite avec la mission de son Fils et uni à nous, disciples., parce que c'est son rôle que les Évangiles ont voulu communiquer et rappeler, le tout avec tout le respect que je dois à ceux qui prétendent, parfois même avec arrogance, reléguer la Femme de magnificat dans un microcosme de dévotions émotionnelles qui révèlent souvent même le fumus du néo-paganisme. Le Souverain Pontife François a donc raison, qu'avec son style très simple et direct, parfois même délibérément provocateur et pour certains même irritant, mais c'est précisément pour cette raison qu'il est capable de se faire comprendre de tous, il a précisé que Maria «[...] il n'a jamais voulu prendre quelque chose de son Fils pour lui. Elle ne s'est jamais présentée comme co-rédemptrice". Et elle ne s'est pas présentée comme telle parce que Marie est la Femme de magnificat: «Il regarda l'humilité de son serviteur, désormais toutes les générations me diront bienheureuse"; béni parce que je suis devenu serviteur, certainement pas pourquoi j'ai demandé, à un voyant dément, être proclamée co-rédemptrice.

 

de l'île de Patmos, 3 février 2024

 

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Le dilemme de l'intelligence artificielle et de l'homme créé à l'image de Dieu. Une réflexion à partir de “Vieux et nouveau” - Le dilemme de l'intelligence artificielle et de l'homme créé à l'image de Dieu. Une réflexion à partir de “Vieux et nouveau”

(Texte anglais après l'italien)

 

Le dilemme de l'intelligence artificielle et de l'homme créé à l'image de Dieu. UNE RÉFLEXION À PARTIR DE ANCIEN ET NOUVEAU

Le risque de générer un danger avec l’IA qui affecterait toute l’humanité dans son intégralité est grand et imminent. Comme cela s'est produit dans le cas de l'utilisation de l'énergie nucléaire dans le secteur militaire. Un développement qui, peut-être inattendu, ou peut-être oui, il avait au départ de bonnes intentions: pensons à la médecine nucléaire pour le diagnostic à l'aide d'appareils avancés. Puis soudain, de la guérison, l’énergie nucléaire est devenue synonyme de mort immédiate et généralisée. La même chose pourrait arriver pour l’IA.

— Pages Thélogiques —

 

Auteur:
Gabriele Giordano M. Scardocci, o.p.

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Imaginons que nous recevions un appel téléphonique. D'un autre côté, une voix bienveillante offre la solution à un problème qui nous préoccupe depuis un certain temps., ou propose un investissement incontournable avec des propos extrêmement convaincants, O, simplement, nous propose un changement dans les tarifs des services publics.

Un autre scénario. Pensons à un artiste qui, après des années de silence, sort un nouveau morceau de musique qui émeut des millions de personnes. Mais ensuite ça arrive, après un certain temps, qu'il nous soit révélé que dans les deux cas, être la voix de centre d'appels qui a proposé les offres, et la composition de l'artiste, ils ne viennent pas d'un être humain, mais d'un logiciel capable de l'imiter parfaitement. Peut-être, sans le savoir, nous avons déjà interagi avec des créations similaires, si raffiné qu'il semble humain, puisqu'il ne s'agit plus que d'intrigues de films futuristes, mais des scénarios que l'Intelligence Artificielle concrétise de plus en plus et qui nous interpellent profondément. À ce lien vous pouvez lire la Note des ministères de la Doctrine de la Foi et de la Culture et de l'Éducation sur la relation entre intelligence artificielle et intelligence humaine.

Intelligence artificielle (désormais: IA) c'est une réalité qui transforme rapidement notre monde, questionner la compréhension de l'être humain et sa place dans la création. Je souhaite, donc, explorez ce sujet sans crainte, avec ce regard attentif et éclairé que seules la foi et la Tradition de l'Église peuvent offrir, essayer de discerner les opportunités et les défis qu'il nous présente. Récemment, en janvier de cette année, Une note du Vatican sur ces sujets a été publiée, par les Dicastères pour la doctrine de la foi et pour la culture et l'éducation, qui porte le titre emblématique de Vieux et nouveau et que je voudrais rappeler ici. Enfin, Je voudrais offrir quelques considérations personnelles.

IA: DÉFINITION ET RELATION AVEC L'HOMME

L'IA, selon la remarque Vieux et nouveau, a fait ses premiers pas il y a plus d'un demi-siècle, avec l'objectif ambitieux de créer des machines capables d'effectuer des actions qui, si fabriqué par un être humain, nous considérerions comme intelligent. En premier, Des formes d’IA dites « restreintes » se sont développées, spécialisé dans des tâches spécifiques, comment analyser d'énormes quantités de données ou découvrir de nouvelles pistes de recherche. Ces technologies peuvent imiter aujourd'hui, et dans certains cas remplacer, l'homme dans certains processus cognitifs. Pensons à l'analyse d'informations complexes, au raisonnement logique appliqué à des problèmes définis, à l'interprétation d'images ou à la reconnaissance de visages. Il est important de comprendre, Mais, que la perspective dans laquelle l'IA est née et fonctionne est éminemment fonctionnelle: il est conçu pour résoudre des problèmes spécifiques où le comportement humain intelligent offre le modèle.

Après cette première phase, étant donné les progrès imparables qu'il réalise, on peut déjà se poser quelques questions, comme un reflet, sur la relation entre la machine intelligente et l'idée, venant de la Révélation chrétienne, cet homme est l'image de Dieu, Dei imago, et donc intelligent. Quelle différence y a-t-il ?, donc, parmi les hommes, tel que le conçoit la Révélation, et l'IA? Quels problèmes éthiques sous-tendent l’utilisation de l’IA, surtout quand cela a un impact sur la vie des êtres vivants et sur la création?

Intelligence humaine, pour nous chrétiens, c'est bien plus que de simples compétences en calcul ou en résolution de problèmes. C'est un reflet caractéristique de l'être humain Dei imago, à l'image de Dieu (Gén 1,26). En fait, c'est enraciné dans la personne tout entière, union inséparable de l'âme et du corps. L'intelligence de l'homme se manifeste à travers la rationalité, mais aussi par la corporéité, c'est-à-dire sa capacité intrinsèque à entrer en relation avec Dieu, avec les gens et avec la création; et a son propre lien profond avec la recherche de la vérité et du bien. L'intelligence humaine implique, alors, la totalité de notre être: en dehors du spirituel, le monde cognitif, réalité physique, corporel et relationnel. L'IA, mais sophistiqué et bien conçu, au contraire, il a des limites intrinsèques. Il opère principalement dans le domaine logique-informatique. Il manque d'un discernement moral authentique et est incapable de générer de vraies relations, ceux qui nourrissent l'esprit. En conséquence, il lui manque cette ouverture constitutive au bien et à la vérité qui caractérise l'être humain. L'IA peut simuler le raisonnement, peut offrir une aide précieuse, mais il n'apprend pas par l'expérience vécue, corporel, et ne possède pas de compréhension interprétative, cette sagesse qui vient du cœur et de l'intellect unis.

LES IMPLICATIONS ÉTHIQUES ET ANTHROPOLOGIQUES: LA DIGNITÉ HUMAINE COMME PHARE

Face au développement inexorable de l’IA, l’Église se réfère à un principe directeur indispensable: la promotion de la dignité de chaque être humain et l'accompagnement vers la plénitude de sa vocation. C’est le critère fondamental de discernement pour toute application technologique: développement humain intégral, ce qui entraîne de grandes responsabilités. L'être humain, en tant qu'agent moral, il est toujours responsable de l'IA. Celui qui le programme est responsable de son activation et de sa logique interne, donc quiconque l'utilise est responsable des finalités et des méthodes de son utilisation. Nous ne devons jamais déléguer à une machine le jugement moral ou les décisions fondamentales qui affectent la vie et le destin des gens.. Une grande prudence est requise, pour que l'IA soit toujours au service de l'homme et de sa dignité et jamais l'inverse. Existe, en fait, le risque d’une « fonctionnalisation » du renseignement lui-même. Si on le réduit à un simple calcul, on finit aussi par avoir une vision réductrice de l'homme, le considérer uniquement pour son efficacité ou son utilité, oublier les dimensions les plus profondes de son existence. Il faut également éviter « l’anthropomorphisation » de l’IA, c'est-à-dire essayer de le représenter comme s'il s'agissait d'une personne; un risque que pourraient encourir notamment les jeunes ou les personnes les plus fragiles. Fais-le, notamment à des fins manipulatrices ou frauduleuses, constitue une grave lacune éthique, car cela peut induire des modèles d’interaction utilitaires et appauvrir la perception des relations humaines authentiques, par exemple celui entre élève et professeur.

L'APPLICATION DE L'IA DANS DIFFÉRENTS SECTEURS ET QUESTIONS SPÉCIFIQUES CONNEXES

La note Vieux et nouveau met en lumière certains domaines d'application de l'IA dans différents secteurs de la vie quotidienne et culturelle et la relation que cela entretient avec l'éthique. Par exemple, en soins de santé, L’IA offre un immense potentiel. Des diagnostics plus précis, développement de nouveaux traitements, faciliter l’accès aux soins. Toutefois, le risque est que la machine intervienne de manière excessive dans la relation entre patient et soignant, qui représente une pierre angulaire du traitement. La solitude du patient pourrait s'aggraver. Ce serait bien si les décisions thérapeutiques restaient toujours entre les mains des gens. Il existe également un risque que l’IA n’amplifie les inégalités., privilégier « la médecine des riches », pour qui, avoir des moyens, je peux me le permettre, au détriment de l’accès universel aux soins.

Un autre domaine d'application est représenté par l'Éducation. Ici, l’IA peut être une ressource précieuse, améliorer l’accès à l’éducation et offrir un accompagnement personnalisé, surtout dans les contextes pauvres en ressources. Mais cela ne peut pas remplacer complètement la relation vivante entre enseignant et élève., fondamental pour la croissance intégrale de la personne. L’utilisation excessive ou exclusive de l’IA peut générer une dépendance ou atrophier la capacité d’apprendre et d’agir de manière autonome. Quelques outils, plutôt que de stimuler la pensée critique, ils pourraient même fournir des réponses prédéfinies. L’objectif devrait toujours être de promouvoir la capacité de penser par soi-même.

En ce qui concerne le domaine de l'information, d’une part, l’IA peut aider à comprendre des faits complexes et à rechercher la vérité, d'autre part, il est possible que de faux contenus soient produits, mais extrêmement réaliste, la dite faux profond. L’utilisation de tels outils pour tromper ou nuire constitue une grave violation de l’éthique qui déforme notre rapport à la réalité.. Les producteurs et utilisateurs d’IA ont la responsabilité de garantir la véracité des informations et d’éviter la diffusion de matériel préjudiciable à la dignité..

Lié au sujet de l'information il y a aussi celui de intimité, car il faut toujours garder à l'esprit que les êtres humains sont des êtres relationnels, et nos données numériques sont une expression de cette nature. La intimité vise à protéger les espaces intimes de la vie et à garantir la liberté. L'IA, capable de détecter des schémas de pensée et de comportement à partir de peu de données, rend cette protection encore plus urgente. L’utilisation de l’IA à des fins de contrôle aveugle n’est pas justifiable, à l'exploitation, à la limitation de la liberté ou au profit de quelques-uns au détriment du plus grand nombre. Il faut résister à la tentation d’identifier la personne comme un simple ensemble de données, comment ça se passe, par exemple, dans les pratiques de notation sociale.

L'IA a prouvé, avoir des applications prometteuses dans le domaine de la garde et de la protection de la création. Cela pourrait nous aider à améliorer notre relation avec l’environnement, par exemple dans la gestion des événements climatiques extrêmes. Toutefois, modèles d'IA actuels et l’matériel nécessaires nécessitent d’énormes quantités d’énergie et d’eau, contribuant ainsi à l’impact environnemental. Les grands modèles linguistiques, en particulier, ils nécessitent une puissance de calcul et une infrastructure de stockage de données considérables. La solution, comme le rappelle l'Encyclique Laudato Si’, ça ne réside pas seulement dans la technique, mais dans un changement du cœur humain.

Dans le contexte militaire et de guerre, Les capacités analytiques de l'IA pourraient, théoriquement, aider la recherche de la paix. Toutefois, l’utilisation de l’IA dans ces domaines, notamment en ce qui concerne les systèmes d’armes létaux autonomes (LOIS), c'est extrêmement problématique. Ces machines n’ont pas la capacité humaine de jugement moral et soulèvent de très graves questions éthiques.. Le développement d’armes basées sur l’IA doit être soumis à l’examen éthique le plus strict, dans le plein respect de la dignité humaine et du caractère sacré de la vie. Enfin, dans le secteur délicat et fragile de l’économie et du travail, L’IA peut certainement augmenter la productivité, assumer des tâches répétitives. Mais la dépendance croissante de l’économie au numérique risque d’appauvrir la diversité des communautés locales.. Dans le monde du travail, il existe un risque que les travailleurs soient contraints de s'adapter aux rythmes déshumanisants des machines et que le travail lui-même perde sa valeur intrinsèque.. L’efficacité gagnée aux dépens de l’humanité est un prix trop élevé. L’IA doit aider, ne pas remplacer, jugement humain; cela ne doit pas dégrader la créativité, ni réduire les travailleurs à de simples rouages ​​d'un système.

IL EXISTE UNE RELATION ENTRE L'IA ET LA RELATION PERSONNELLE AVEC DIEU?

Un dernier, mais réflexion non moins importante, cela concerne la relation entre l’IA et notre dimension spirituelle. Dans une société qui tend à s'éloigner du lien avec le transcendant, la tentation de se tourner vers l’IA peut survenir, surtout ses formes les plus avancées et futuristes, comme l'Intelligence Artificielle Générale (AGI, dans l'acronyme anglais), à la recherche de réponses ultimes, d'un sentiment de plénitude qui, en vérité, un croyant ne devrait trouver une satisfaction authentique que dans la communion avec Dieu. La présomption de pouvoir remplacer Dieu par une œuvre de nos mains est, et le sera toujours, une forme d'idolâtrie. L'intelligence artificielle est un produit de l'ingéniosité humaine, une empreinte de notre créativité. Mais il n'a pas de cœur, il n'a pas d'âme, et elle ne pourra jamais remplacer la relation vivante et personnelle que tout homme est appelé à entretenir avec son Créateur..

POUR UNE IA AU SERVICE DU BIEN COMMUN

La réflexion chrétienne sur l'intelligence artificielle intègre la technologie dans une vision plus large et plus profonde de la nature humaine, de sa vocation et du projet d'amour de Dieu. L'IA est un outil puissant, riche de potentiels bénéfiques mais également porteur de risques importants. La clé de son utilisation éthique et judicieuse réside, d'abord, dans la distinction claire entre intelligence humaine et intelligence artificielle, en conscience des limites intrinsèques de cette dernière e, surtout, dans la prise constante de responsabilité morale par celui qui le conçoit, le développe et l'utilise. La dignité humaine doit rester le critère suprême d’évaluation de chaque application de l’IA. Il est essentiel d’éviter de confondre la machine avec la personne et de veiller à ce que l’IA ne devienne pas un instrument de contrôle., inégalité, désinformation ou remplacement des relations humaines authentiques et de notre rapport à la réalité et à Dieu. Prudence et discernement moral, éclairé par les principes éternels de la doctrine sociale de l'Église, ils sont essentiels pour garantir que l’intelligence artificielle contribue réellement au progrès humain intégral et au bien commun. Comme toute autre technologie, L'IA peut également s'inscrire dans une réponse consciente et responsable à la vocation de l'humanité à faire le bien et à protéger le monde qui nous a été confié.. Que tel soit notre engagement: guider le développement et l’utilisation de l’intelligence artificielle avec sagesse, responsabilité et cœur, pour qu'il soit véritablement au service de chaque homme et de l'homme tout entier.

PROGRÈS TECHNOLOGIQUE, RESPONSABILITÉ HUMAINE ET RECHERCHE DE LA VRAIE SAGESSE

Ancien et nouveau souligne que les avancées technologiques imparables, surtout l'IA, place l’humanité face à des défis cruciaux qui interpellent sa conscience, ses valeurs et sa conception même du progrès. Comme l'a souligné le Pape François, Il est urgent de développer la responsabilité, des valeurs et de la conscience va de pair avec l'augmentation des possibilités offertes par la technologie. En fait, avec l'augmentation de la puissance dont dispose l'homme, sa responsabilité individuelle et collective s'étend également proportionnellement. Dans ce contexte,, la question essentielle qui résonne fortement est de savoir si, à travers ce progrès, les êtres humains deviennent vraiment meilleurs: plus mature spirituellement, plus conscient de la dignité intrinsèque de son humanité, plus responsable dans ses choix, plus ouvert aux autres, en particulier aux plus nécessiteux et aux plus vulnérables, et plus enclin à offrir aide et solidarité. Cette question fondamentale doit guider toute réflexion et action concernant les nouvelles technologies.

Une capacité critique devient donc déterminante vers des applications technologiques individuelles, les analyser dans leurs contextes spécifiques. Comme nous l'avons dit à plusieurs reprises, le but d’un tel discernement est de déterminer s’ils promeuvent réellement la dignité humaine, la plénitude de la vocation de chacun et le bien commun de toute la famille humaine. Les effets des différentes applications de l’IA, comme avec beaucoup d'autres technologies, peuvent ne pas être immédiatement prévisibles dans leurs premiers stades. À mesure que ces applications et leur impact sur la société deviennent plus clairs, Il est impératif que les mécanismes de retour d’information et d’ajustement soient activés à tous les niveaux., des utilisateurs individuels aux familles, de la société civile aux entreprises, des institutions gouvernementales aux organisations internationales. Chaque acteur, selon le principe de subsidiarité et dans le cadre de ses compétences, est appelé à s’engager à faire en sorte que l’usage de l’IA soit toujours orienté vers le bien de tous.

Un défi de taille, qui se présente en même temps comme une grande opportunité pour le bien commun, consiste à considérer la technologie dans un horizon « d’intelligence relationnelle ». Cette approche améliore l’interconnexion intrinsèque entre les individus et les communautés, vantant la responsabilité partagée dans la promotion du bien-être intégral de chacun. Le philosophe Nikolaï Berdiaev a mis en garde contre la tendance à imputer aux machines les problèmes individuels et sociaux., une attitude qui rabaisse l'homme et ne reflète pas sa dignité[1]. Il est en effet indigne de transférer la responsabilité de l'être humain, le seul sujet capable d'agir moralement, à un artefact technologique. Les défis posés par une société de plus en plus technologique, finalement, l'esprit humain. Pour les traiter de manière adéquate, une profonde revigoration de la sensibilité spirituelle est nécessaire.

L’émergence de l’IA sur la scène mondiale lance également un appel pressant pour renouveler la valorisation de tout ce qui est authentiquement humain. Comme l’a observé avec acuité l’écrivain Georges Bernanos, le vrai danger ne réside pas tant dans la prolifération des machines, comme dans le nombre croissant de personnes qui y sont habituées, dès mon plus jeune âge, désirer seulement ce que les machines peuvent offrir. Cette intuition reste d’actualité d’urgence: La numérisation rapide comporte le risque d’un « réductionnisme numérique », une tendance à mettre de côté, oublier ou considérer comme non pertinentes toutes ces expériences humaines qui ne peuvent être quantifiées ou traduites en termes formels et calculables. C'est fondamental, au lieu, que l’IA est utilisée comme outil complémentaire à l’intelligence humaine, sans jamais prétendre remplacer sa richesse, complexité et intuition. Cultiver les aspects de la vie humaine qui transcendent le simple calcul est crucial pour préserver « l’humanité authentique »., cette dimension profonde qui, comme un mince brouillard, il semble presque imperceptiblement vivre et résister même au cœur de la civilisation technologique.

Face à la vaste extension des connaissances accessibles aujourd’hui, cela aurait étonné les générations passées, il est essentiel de franchir une étape supplémentaire: aller au-delà de la simple accumulation de données pour tendre vers la vraie sagesse. Sans cette étape, le progrès scientifique et technologique risque de rester humainement et spirituellement stérile.

Cette sagesse, définie par le pape François comme « la sagesse du cœur », c’est le cadeau dont l’humanité a le plus désespérément besoin pour répondre aux questions profondes et aux défis éthiques complexes posés par l’IA.. Seulement en nous équipant d'un regard spirituel, seulement en récupérant cette sagesse qui coule du cœur, nous pouvons lire et interpréter en profondeur l'actualité de notre temps. C'est une vertu qui permet de tisser le tout et les parties ensemble., les décisions et leurs conséquences, long terme. L'humanité ne peut pas s'attendre à recevoir cette sagesse des machines; Ce, comme l'enseignent les Écritures, elle se laisse trouver par ceux qui la cherchent avec un cœur sincère, ça se manifeste à ceux qui l'aiment, il empêche ceux qui le désirent et recherche activement ceux qui en sont dignes. Dans un monde de plus en plus façonné par l’IA, nous avons un besoin vital de la grâce du Saint-Esprit, qui nous permet de voir les choses avec les yeux de Dieu, comprendre les liens profonds, les situations, événements et découvrir leur signification ultime. La mesure de la perfection des gens, en fait, cela ne dépend pas de la quantité de données et de connaissances qu’ils peuvent accumuler, mais par leur degré de charité. En conséquence, la manière dont l'IA est adoptée et utilisée pour inclure le moins, les frères et sœurs les plus faibles et les plus nécessiteux, cela devient la mesure révélatrice de notre propre humanité. Cette sagesse, enraciné dans l'amour, il peut éclairer et guider une utilisation de la technologie authentiquement centrée sur l’humain. Une telle approche peut contribuer à promouvoir le bien commun, prendre soin de la "maison commune", avancer dans la recherche de la vérité, soutenir le développement humain intégral et favoriser la solidarité et la fraternité universelles, orienter enfin l'humanité vers son but ultime: heureuse et pleine communion avec Dieu.

Dans cette perspective, les croyants sont appelés à agir en tant qu’agents responsables, capable d'utiliser cette technologie pour promouvoir une vision authentique de la personne humaine et de la société. Cela commence par une compréhension du progrès technologique et non comme une fin en soi., mais dans le cadre du plan prévoyant de Dieu pour la création: une activité que l'humanité est appelée à orienter et à ordonner vers le mystère pascal de Jésus-Christ, dans la recherche constante et inlassable du Vrai et du Bien.

CONCLUSIONS

Le risque de générer un danger avec l’IA qui affecterait toute l’humanité dans son intégralité est grand et imminent. Comme cela s'est produit dans le cas de l'utilisation de l'énergie nucléaire dans le secteur militaire. Un développement qui, peut-être inattendu, ou peut-être oui, il avait au départ de bonnes intentions: pensons à la médecine nucléaire pour le diagnostic à l'aide d'appareils avancés. Puis soudain, de la guérison, l’énergie nucléaire est devenue synonyme de mort immédiate et généralisée. La même chose pourrait arriver pour l’IA. Si le nucléaire risque de nuire à l’organisme, L’IA risque de nuire à l’esprit et à l’intellect, donc l'esprit. Faisons-en un bon usage. Redécouvrir, comme cela a été dit plus haut, une sagesse du cœur qui est un regard contemplatif sur la réalité, capable de goûter, percevoir et pénétrer le monde avec l'aide de la grâce, la société, l'époque historique dans laquelle nous vivons pour la vivre avec la vertu de la foi, espoir et charité, par les fruits du Saint-Esprit.

Seulement avec ce regard, Non seulement l’IA ne sera pas dangereuse, mais cela deviendra un outil utile, presque indispensable pour répondre rapidement aux défis de notre époque. Une IA ne peut jamais se sanctifier, je ne peux jamais recevoir la grâce, mais l'homme qui l'utilise à de bonnes fins le fait. Apprenons à bien l'utiliser: sans peur, sans le diaboliser, pas comme une idole à adorer, mais comme outil d'amélioration. Notre impératif sera de l'utiliser sans négliger le mental, le cœur et l'esprit humain. Comme les croyants l'ont toujours fait, avec n'importe quel instrument artefact né de l'ingéniosité. Nous aiderons ainsi ceux qui utilisent de plus en plus l’IA à en faire un outil promotionnel et, Pourquoi pas, d'aide sur le chemin de ceux qui cherchent Dieu.

Santa Maria Novella à Florence, juin 21, 2025

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[1] Berdjaev N., «L'homme et la machine», en C. Mitcham – R. Mackey (éd.), Philosophie et technologie: Lectures sur les problèmes philosophiques de la technologie, La presse libre, New York 1983, 212-213.

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LE DILEMME DE L’INTELLIGENCE ARTIFICIELLE ET DE L’HOMME CRÉÉ À L’IMAGE DE DIEU. UNE RÉFLEXION À PARTIR DE “ANCIEN ET NOUVEAU

Le risque de générer avec l’IA un danger qui affecte toute l’humanité dans son intégralité est grand et imminent.. Comme cela s'est produit dans le cas de l'utilisation de l'énergie nucléaire dans le domaine militaire. Un développement qui, peut-être de façon inattendue, ou peut-être oui, avait à l'origine de bonnes intentions: pensez à la médecine nucléaire pour le diagnostic grâce à des appareils avancés. Puis soudain, de la guérison, le nucléaire est devenu synonyme de mort immédiate et généralisée. La même chose pourrait arriver avec l’IA.

les pages de thelogica

 

Auteur:
Gabriele Giordano M. Scardocci, o.p.

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Imaginez recevoir un appel téléphonique. A l'autre bout, une voix bienveillante offre la solution à un problème qui nous préoccupe depuis longtemps, ou propose un investissement incontournable avec des propos extrêmement convaincants, ou nous propose simplement un changement de tarif pour le service téléphonique.

Un autre exemple: pense à un artiste qui, après des années de silence, publie un nouveau morceau de musique qui émeut des millions de personnes. Mais alors, après un certain temps, il arrive qu'il nous soit révélé que dans les deux cas, à la fois la voix du centre d'appels qui a proposé les offres, et la composition de l'artiste, ne vient pas d'un être humain, mais d'un logiciel capable de l'imiter parfaitement. Peut-être, sans le savoir, nous avons déjà interagi avec des créations similaires, si raffinés qu'ils semblent humains, puisqu'il ne s'agit plus que d'intrigues de films futuristes, mais des scénarios que l'Intelligence Artificielle rend de plus en plus concrets et qui nous interrogent profondément. Sur ce lien, vous pouvez lire la Note des dicastères pour la Doctrine de la Foi et pour la Culture et l'Éducation sur la relation entre intelligence artificielle et intelligence humaine..

Intelligence artificielle (après: IA) est une réalité qui transforme rapidement notre monde, remettre en question la compréhension de l’être humain et de sa place dans la création. J'aimerais donc explorer ce sujet sans crainte, avec ce regard attentif et éclairé que seules la foi et la Tradition de l'Église peuvent offrir, cherchant à discerner les opportunités et les défis qu’il nous présente. Récemment, en janvier de cette année, une Note du Vatican sur ces thèmes a été publiée par les Dicastères pour la Doctrine de la Foi et pour la Culture et l'Éducation, qui porte le titre emblématique d'Antiqua et Nova et que je voudrais ici rappeler. Enfin, Je voudrais offrir quelques considérations personnelles.

IA: DÉFINITION ET RELATION AVEC L'HOMME

D'après la Nota “Vieux et nouveau”, L’IA a fait ses premiers pas il y a plus d’un demi-siècle, avec l'objectif ambitieux de créer des machines capables d'effectuer des actions qui, si c'est fait par un être humain, nous considérerions comme intelligent. Initialement, formes de ce qu'on appelle “étroit” L'IA a été développée, spécialisé dans des tâches spécifiques, comme analyser d'énormes quantités de données ou découvrir de nouvelles voies de recherche. Ces technologies peuvent désormais imiter, et dans certains cas remplacer, les humains dans certains processus cognitifs. Pensez à l'analyse d'informations complexes, raisonnement logique appliqué à des problèmes définis, l’interprétation d’images ou la reconnaissance faciale. Il est important de comprendre, toutefois, que la perspective dans laquelle l’IA naît et fonctionne est éminemment fonctionnelle: il est conçu pour résoudre des problèmes spécifiques où le comportement humain intelligent offre le modèle.

Après cette première phase, étant donné les progrès imparables qu'il réalise, on peut déjà se poser quelques questions, comme un reflet, sur la relation entre la machine intelligente et l'idée, venant de la Révélation chrétienne, cet homme est l'image de Dieu, “Dei imago”, et donc intelligent. Quelle différence existe, donc, entre homme, tel que conçu par l'Apocalypse, et l'IA? Quels problèmes éthiques sous-tendent l’utilisation de l’IA, surtout quand cela a un impact sur la vie des êtres vivants et sur la création?

Intelligence humaine, pour nous chrétiens, est bien plus qu'une simple capacité à calculer ou à résoudre des problèmes. C'est un reflet caractéristique d'être l'homme, à l'image de Dieu “Dei imago” (Gén 1:26). En réalité, c'est enraciné dans la personne tout entière, une union inséparable de l'âme et du corps. L'intelligence humaine se manifeste à travers la rationalité, mais aussi par la corporéité, C'est, sa capacité intrinsèque à entrer en relation avec Dieu, avec les gens et avec la création; et il a son propre lien profond avec la recherche de la vérité et du bien. L’intelligence humaine implique donc la totalité de notre être: la partie spirituelle, le monde cognitif, le physique, réalité corporelle et relationnelle. IA, mais sophistiqué et bien conçu, a au contraire des limites intrinsèques. Il opère principalement dans le domaine logique-informatique. Il lui manque un discernement moral authentique et n'est pas capable de générer de véritables relations., ceux qui nourrissent l'esprit. par conséquent, il lui manque cette ouverture constitutive au bien et à la vérité qui caractérise l'être humain. L'IA peut simuler le raisonnement, il peut offrir une aide précieuse, mais il n'apprend pas à travers le vécu, expérience corporelle, et il ne possède pas de compréhension interprétative, cette sagesse qui vient du cœur et de l'intellect unis.

IMPLICATIONS ÉTHIQUES ET ANTHROPOLOGIQUES: LA DIGNITÉ HUMAINE COMME PHARE

Face au développement inexorable de l’IA, l'Église fait appel à un principe directeur indispensable: la promotion de la dignité de chaque être humain et l'accompagnement vers la plénitude de sa vocation. C’est le critère fondamental de discernement pour toute application technologique: développement humain intégral, d'où découlent de grandes responsabilités. L'être humain, en tant qu'agent moral, est toujours responsable de l’IA. Ceux qui le programment sont responsables de son activation et de sa logique interne; de même, ceux qui l'utilisent sont responsables des finalités et des modalités de son utilisation. Nous ne devons jamais déléguer à une machine le jugement moral ou les décisions fondamentales qui affectent la vie et le destin des personnes.. Une grande prudence s’impose, pour que l'IA soit toujours au service de l'homme et de sa dignité et jamais l'inverse. Il y a, En réalité, le risque d'un “fonctionnalisation” de l'intelligence elle-même. Si on le réduit à un simple calcul, on finit aussi par avoir une vision réductrice de l'homme, le considérant uniquement pour son efficacité ou son utilité, oublier les dimensions les plus profondes de son existence. Il faut également éviter « l’anthropomorphisation » de l’IA, C'est, j'essaie de le représenter comme s'il s'agissait d'une personne; un risque qui pourrait surtout être encouru par les jeunes ou les personnes les plus fragiles. Ce faisant, notamment à des fins manipulatrices ou frauduleuses, constitue une grave faute éthique, car cela peut induire des modèles d’interaction utilitaires et appauvrir la perception des relations humaines authentiques, comme celui entre l'élève et l'enseignant.

L'APPLICATION DE L'IA DANS DIFFÉRENTS SECTEURS ET QUESTIONS SPÉCIFIQUES CONNEXES

La remarque “Vieux et nouveau” met en avant certains domaines d'application de l'IA dans les différents secteurs de la vie quotidienne et culturelle et le rapport que cela entretient avec l'éthique. Par exemple, en soins de santé, L’IA offre un immense potentiel. Des diagnostics plus précis, développement de nouveaux traitements, facilitation de l’accès aux soins. toutefois, le risque est que la machine intervienne de manière excessive dans la relation patient-professionnel de santé, qui est la pierre angulaire des soins. La solitude du patient pourrait s'aggraver. Il serait bon que les décisions thérapeutiques restent toujours entre les mains des gens. Il existe également un risque que l’IA n’amplifie les inégalités., favorisant un “médecine pour les riches”, pour ceux qui, avoir les moyens, je peux me le permettre, au détriment de l’accès universel aux soins. Un autre domaine d'application est l'éducation. Ici, l’IA peut être une ressource précieuse, améliorer l’accès à l’éducation et offrir un accompagnement personnalisé, surtout dans des contextes pauvres en ressources. Mais cela ne peut pas remplacer complètement la relation vivante entre enseignant et élève., ce qui est fondamental pour la croissance intégrale de la personne. Une utilisation excessive ou exclusive de l’IA peut générer une dépendance ou atrophier la capacité d’apprendre et d’agir de manière autonome.. Quelques outils, au lieu de stimuler la pensée critique, pourrait même fournir des réponses prédéfinies. L’objectif devrait toujours être de promouvoir la capacité de penser par soi-même.

Dans le domaine de l'information, d'une part, L’IA peut aider à comprendre des faits complexes et à rechercher la vérité, d'autre part, il est possible que du contenu faux mais extrêmement réaliste, les soi-disant contrefaçons profondes, peut être produit. L’utilisation de tels outils pour tromper ou nuire constitue une grave violation de l’éthique qui déforme notre rapport à la réalité.. Les producteurs et utilisateurs d’IA ont la responsabilité de garantir la véracité des informations et d’éviter la diffusion de matériel préjudiciable à la dignité..

Lié au thème de l'information est également celui de la vie privée, car il faut toujours garder à l'esprit que les êtres humains sont des êtres relationnels, et nos données numériques sont une expression de cette nature. La vie privée vise à protéger les espaces intimes de la vie et à garantir la liberté. IA, capable de détecter des schémas de pensée et des comportements à partir de quelques données, rend cette protection encore plus urgente. L’utilisation de l’IA pour un contrôle aveugle, exploitation, la limitation de la liberté ou l’avantage de quelques-uns au détriment du plus grand nombre n’est pas justifiable. Il faut résister à la tentation d’identifier la personne comme un simple ensemble de données, comme cela arrive, par exemple, dans les pratiques de notation sociale.

L'IA a montré des applications prometteuses dans le domaine de l’intendance et de la protection de la création. Cela pourrait nous aider à améliorer notre relation avec l’environnement, par exemple dans la gestion des événements météorologiques extrêmes. toutefois, les modèles d'IA actuels et le matériel nécessaire nécessitent d'énormes quantités d'énergie et d'eau, contribuant ainsi à l’impact environnemental. Grands modèles de langage, en particulier, nécessitent une puissance de calcul et une infrastructure de stockage de données considérables. La solution, comme l'Encyclique “Laudato Si’ ” nous rappelle, ne réside pas seulement dans la technologie, mais dans un changement du cœur humain.

Dans le contexte militaire et de guerre, les capacités analytiques de l’IA pourraient, in theory, help in the pursuit of peace. toutefois, the use of AI in these areas, especially in the context of lethal autonomous weapon systems (LOIS), is extremely problematic. These machines lack the human capacity for moral judgment and raise very serious ethical questions. The development of AI-based weaponry must be subjected to the strictest ethical scrutiny, with full respect for human dignity and the sanctity of life. Enfin, in the delicate and fragile sector of the economy and in work, AI can certainly increase productivity by taking on repetitive tasks. But the growing dependence on digital technology in the economy risks impoverishing the diversity of local communities. In the world of work, there is a danger that workers will be forced to adapt to the dehumanizing rhythms of machines and that work itself will lose its intrinsic value. Efficiency gained at the expense of humanity is too high a price to pay. AI must assist, not replace, human judgment; It must not degrade creativity, nor reduce workers to mere cogs in a system.

IS THERE A RELATIONSHIP BETWEEN AI AND THE PERSONAL RELATIONSHIP WITH GOD?

A final, but no less important reflection concerns the relationship between AI and our spiritual dimension. In a society that tends to distance itself from the bond with the transcendent, the temptation may arise to turn to AI, especially to its most advanced and futuristic forms, such as Artificial General Intelligence (AGI), in search of ultimate answers, of a sense of fullness that, en vérité, should for a believer find authentic satisfaction only in communion with God. The presumption of being able to replace God with a work of our hands is, and always will be, a form of idolatry. Artificial Intelligence is a product of human ingenuity, an imprint of our creativity. But it does not have a heart, it does not have a soul, and it will never be able to replace the living and personal relationship that every man is called to have with his Creator.

FOR AN AI AT THE SERVICE OF THE COMMON GOOD

Christian reflection on Artificial Intelligence integrates technology within a broader and deeper vision of human nature, its vocation and God’s loving plan. AI is a powerful tool, rich in beneficial potential but also carrying significant risks. The key to its ethical and wise use lies, tout d'abord, dans la distinction claire entre intelligence humaine et intelligence artificielle, dans la conscience des limites intrinsèques de cette dernière et, surtout, dans la prise constante de responsabilité morale par l'homme qui conçoit, le développe et l'utilise. La dignité humaine doit rester le critère suprême d’évaluation de chaque application de l’IA. Il est essentiel d’éviter de confondre la machine avec la personne et de veiller à ce que l’IA ne devienne pas un instrument de contrôle., inégalité, la désinformation ou le remplacement des relations humaines authentiques et de notre rapport à la réalité et à Dieu. Prudence et discernement moral, éclairé par les principes éternels de la doctrine sociale de l'Église, sont essentielles pour garantir que l’intelligence artificielle contribue réellement au progrès humain intégral et au bien commun. Like any other technology, AI can also be part of a conscious and responsible response to humanity’s vocation to do good and to protect the world that has been entrusted to us. Let this be our commitment: to guide the development and use of Artificial Intelligence with wisdom, responsibility and heart, so that it may truly be at the service of every man and of all man.

TECHNOLOGICAL PROGRESS, HUMAN RESPONSIBILITY AND THE SEARCH FOR TRUE WISDOM

“Ancien et nouveau” emphasizes that the unstoppable advance of technology, especially AI, presents humanity with crucial challenges that question its conscience, its values ​​and its very concept of progress. As the Holy Father Francis has emphasized, there is a pressing urgency for the development of responsibility, values ​​and conscience to proceed hand in hand with the increase in the possibilities offered by technology. En réalité, as the power available to man increases, his individual and collective responsibility also expands proportionally. In this context, the essential question that resonates forcefully is whether, through this progress, the human being becomes truly better: more spiritually mature, more aware of the intrinsic dignity of his humanity, more responsible in his choices, more open to others, especially those most in need and vulnerable, and more inclined to offer help and solidarity. This fundamental question must guide every reflection and action regarding new technologies.

A critical capacity towards individual technological applications, analyzing them in their specific contexts, therefore becomes crucial. As we have said several times, the goal of such discernment is to determine whether they actually promote human dignity, the fullness of the vocation of each person and the common good of the entire human family. The effects of the different applications of AI, as with many other technologies, may not be immediately predictable in their initial phases. As these applications and their impact on society become clearer, it is imperative that feedback and adjustment mechanisms are activated at all levels, from individual users to families, from civil society to businesses, from government institutions to international organizations. Each actor, according to the principle of subsidiarity and within the scope of their own competences, is called to commit to ensuring that the use of AI is always oriented to the good of all.

A critical capacity towards individual technological applications, analyzing them in their specific contexts, therefore becomes crucial. As we have said several times, the goal of such discernment is to determine whether they actually promote human dignity, the fullness of the vocation of each person and the common good of the entire human family. The effects of the different applications of AI, as with many other technologies, may not be immediately predictable in their initial phases. As these applications and their impact on society become clearer, it is imperative that feedback and adjustment mechanisms are activated at all levels, from individual users to families, from civil society to businesses, from government institutions to international organizations. Each actor, according to the principle of subsidiarity and within the scope of their own competences, is called to commit to ensuring that the use of AI is always oriented to the good of all.

The emergence of AI on the world stage also launches a pressing call to renew the valorization of all that is authentically human. As the writer Georges Bernanos acutely observed, the real danger lies not so much in the proliferation of machines, but in the growing number of people accustomed, from a young age, to desiring only what machines can offer. This insight remains of pressing relevance: rapid digitalization carries the risk ofdigital reductionism”, a tendency to set aside, forget or consider irrelevant all those human experiences that cannot be quantified or translated into formal and calculable terms. It is essential, au lieu, that AI be used as a complementary tool to human intelligence, without ever claiming to replace its richness, complexity and intuition. Cultivating those aspects of human life that transcend mere calculation is of crucial importance to preserve anauthentic humanity”, that profound dimension that, like a thin mist, seems almost imperceptibly to inhabit and resist even in the heart of technological civilization.

Faced with the vast extent of knowledge accessible today, which would have amazed past generations, it is essential to take a further step: to go beyond the simple accumulation of data to strive to achieve true wisdom. Without this step, scientific and technological progress risks remaining humanly and spiritually sterile.

This wisdom, defined by Holy Father Francis as “wisdom of the heart," est le cadeau dont l'humanité a le plus désespérément besoin pour répondre aux questions profondes et aux défis éthiques complexes posés par l'IA.. Seulement en nous équipant d'un regard spirituel, seulement en récupérant cette sagesse qui coule du cœur, pouvons-nous lire et interpréter en profondeur les nouveautés de notre temps. C'est une vertu qui nous permet de tisser ensemble le tout et les parties, les décisions et leurs conséquences, à long terme. L'humanité ne peut pas s'attendre à recevoir cette sagesse des machines; ce, comme l'enseignent les Écritures, se laisse trouver par ceux qui le cherchent avec un cœur sincère, se révèle à ceux qui l'aiment, anticipe ceux qui le désirent et recherche activement ceux qui en sont dignes. Dans un monde de plus en plus façonné par l’IA, nous avons un besoin vital de la grâce du Saint-Esprit, qui nous permet de voir les choses avec les yeux de Dieu, comprendre les liens profonds, situations, événements et découvrir leur signification ultime. La mesure de la perfection des gens, En réalité, n'est pas donné par la quantité de données et de connaissances qu'ils peuvent accumuler, mais par leur degré de charité. par conséquent, la manière dont l’IA est adoptée et utilisée pour inclure le moins, les frères et sœurs les plus faibles et les plus nécessiteux, devient la mesure révélatrice de notre propre humanité. This wisdom, enraciné dans l'amour, peut éclairer et guider un usage de la technologie authentiquement centré sur l’être humain. Une telle approche peut contribuer à promouvoir le bien commun, prendre soin du “maison commune”, faire avancer la recherche de la vérité, soutenir le développement humain intégral et favoriser la solidarité et la fraternité universelle, orienter finalement l’humanité vers sa fin ultime: heureuse et pleine communion avec Dieu.

Dans cette perspective, les croyants sont appelés à agir en tant qu’agents responsables, capable d'utiliser cette technologie pour promouvoir une vision authentique de la personne humaine et de la société. Cela commence par une compréhension du progrès technologique et non comme une fin en soi., mais dans le cadre du plan prévoyant de Dieu pour la création: une activité que l'humanité est appelée à orienter et à ordonner vers le mystère pascal de Jésus-Christ, dans la recherche constante et inlassable du Vrai et du Bien.

CONCLUSIONS

Le risque de générer avec l’IA un danger qui affecte toute l’humanité dans son intégralité est grand et imminent.. Comme cela s'est produit dans le cas de l'utilisation de l'énergie nucléaire dans le domaine militaire. Un développement qui, peut-être de façon inattendue, ou peut-être oui, avait à l'origine de bonnes intentions: pensez à la médecine nucléaire pour le diagnostic grâce à des appareils avancés. Puis soudain, de la guérison, le nucléaire est devenu synonyme de mort immédiate et généralisée. La même chose pourrait arriver avec l’IA. Si le nucléaire risque de nuire à l’organisme, L’IA risque de nuire à l’esprit et à l’intellect, donc l'esprit. Faisons-en sa propre sagesse. Redécouvrir, comme cela a été dit plus haut, une sagesse du cœur qui est un regard contemplatif sur la réalité, capable de goûter, percevoir et pénétrer avec l'aide de la grâce le monde, société, l'époque historique dans laquelle nous vivons pour la vivre avec la vertu de la foi, Espoir et organisme de bienfaisance, par les fruits du Saint-Esprit.

Seulement avec cette vue, Non seulement l’IA ne sera pas dangereuse, mais deviendra un outil utile, presque indispensable pour répondre rapidement aux défis de notre époque. Une IA ne peut jamais se sanctifier, il ne peut jamais recevoir la grâce, mais l'homme qui l'utilise à de bonnes fins peut. Apprenons à bien l'utiliser: sans crainte, sans le diaboliser, pas comme une idole à adorer, mais comme outil d'amélioration. Notre impératif sera de l'utiliser sans négliger l'esprit humain, coeur et esprit. Comme les croyants l'ont toujours fait, avec n'importe quel outil artificiel né de l'ingéniosité. Nous aiderons ainsi ceux qui utiliseront de plus en plus l’IA à en faire un outil de promotion et, pourquoi pas, pour l'aide sur le chemin de ceux qui cherchent Dieu.

Santa Maria Novella à Florence, juin 21, 2025

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Saint mystique François d'Assise, pas saint, C'est un chiffre très compliqué

SAINT MYSTIQUE FRANÇOIS D'ASSISE, PAS SANTINO, C'est une figure très compliquée

Francesco est pour la théologie, mais il rassure son frère que cela ne doit pas le conduire à des élucubrations, l'intellectualisme finit tout seul, ou à une réalité qui pourrait l'éloigner du Seigneur plutôt que de le rapprocher, que vous l'avez élu à un niveau intellectuel mais pas à un niveau mystique-souffrant. C'est pourquoi Francesco peut se permettre de corriger et aussi exhorter un théologien raffiné comme Sant'antonio da Padova; C'est pourquoi Francesco reste une figure très complexe et compliquée à comprendre, expliquer et transmettre, Surtout à suivre.

— Théologique —

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Auteur
Ivano Liguori, ofm. Cap.

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Article au format PDF imprimable

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Cet article sur le père séraphique - qu'à sa manière, il pourrait être appelé "réactif"Comme"inspiré par"- Je le dois à l'expression de l'un des différents jeunes évêques de la nouvelle nomination, qu'en répondant à un intervieweur, il a illustré sa personnalité et ses perspectives pastorales en disant qu'il serait inspiré par la «théologie de Saint-François d'Assise». Sans aucun doute, le jeune évêque aura essayé de dire quelque chose d'engagement, Avec le transport et l'âme sincère, Mais peut-être ignorer que pas tellement le franciscanisme, Mais Francesco D'Sissi lui-même est quelque chose de assez complexe, Pour nous Franciscains d'abord.

Bartolomé Esteban Murillo (Séville 1618 – 1682), St. Francis embrasse le crucifix du Christ, huile sur toile, collection privée – Photo © Christie’s

Le rédacteur en chef des pères de L'isola di Patmos C'est aussi et surtout un lieu de comparaison pastorale spirituelle et de discussion théologique entre les confrères. Et ainsi, Père Ariel et père Gabriele, Les deux théologiens dogmatiques de la formation, Pour moi, le cappuccino mineur et le presbytère franciscain ont demandé:

"Que serait-il “La théologie de Saint-François "? Saint-François était peut-être un théologien? Et depuis quand? Nous voyons que les théologiens franciscains ont été Antonio da Padova, Aujourd'hui Docteur de l'église, qu'il a pu exercer le magistère du théologien avec la permission de Francesco qui lui a donné une petite réticence initiale; Bonaventure (Docteur de l'Église) celui des théologiens est le patron. Suivre Arlotto da Prato e Matteo D'Acquasparpa, Mais surtout le grand Docteur Subtilis Duns ScotO, Également connu comme le docteur de la conception immaculée de Marie ".

Il est toujours de notre devoir d'expliquer Avec une rigueur historique et théologique véridique, ce qui est réel et surréaliste, Quelle chose historiquement authentique et falsifiée au niveau légendaire, parfois même idéologique. C'est pourquoi il est raisonnable et réaliste de dire qu'aujourd'hui, Beaucoup de ceux inspirés par notre père séraphique, de San Francesco montre qu'ils savent très peu. Malheureusement, les faits montrent - et les faits le démontrent, pas les jugements téméraires - que plus que pour le paupérismeO Certains sujets sont très proches de cela Pauvre idéologique d'un moule sociopolitique que Francis d'Assise et la sagesse de l'Église ont combattu depuis le XIIIe siècle, Le déflexant ouvertement et s'opposant à un concept de pauvreté qui ne s'est pas ouvert à la transcendance et à la relation avec Dieu, Mais c'est devenu une pauvreté violente, Accusatif et punitif à ceux qui possédaient des biens matériels. Exactement que dans l'ère post-industrielle et post-marxiste sera définie et indiquée par des sociologues tels que envie sociale.

Être précis Nous devrions parler de vieilles hérésies de retour, à partir de celui de Fine dolcino, précédé de Gherardo Segarellje et beaucoup d'autres plus ou moins illustres appartenant à ce mouvement hérétique du début du 14ème siècle connu sous le nom Carreauje. Francesco, Suivant le franciscanisme qui lui est venu et ensuite former, Ils ont constitué la lutte désaveue et implicite la plus frappante contre ces courants hérétiques, en plein respect de la doctrine de l'Église et de l'obéissance à ses autorités établies.

Francesco est extrêmement compliqué, En tant que saint et en tant qu'homme, En dépit d'être le saint par tous reconnus comme plus simples, En vérité, c'est extrêmement complexe. Souvent, le premier à ne pas le comprendre, Nous étions précisément nous Franciscains, que nous l'avons recyclé à plusieurs reprises tout au long de l'histoire de notre utilisation et de notre consommation diverses, ou "atténuer" et "adoucis", comme ils l'ont fait de différentes manières mais de la même base Tommaso da Celano et Bonaventura da Bagnoregio.

Des chiffres compliqués à comprendre et à interpréter Il y a toujours existé dans l'histoire de l'Église, Même si parfois la population les a déformés à travers leurs dévotions plus ou moins surréalistes. Une de ces chiffres, qu'en ce sens, nous pouvons apporter comme exemple, est Padre pio da Pietrelcina, Pour comprendre ce qu'il est nécessaire d'interpréter la figure à la lumière de la théologie mystique dans laquelle Dieu attire l'homme vers lui-même dans la totalité de son être et de la présence et de l'avenir. Sinon, St. Pio da Pietrelcina deviendra une figure superstitieuse populaire dont l'image sera réservée au camion du camion du camion du camion, À côté des photos érotiques du calendrier de l'année civile en cours, où les chiffres de douze photomodes envoûtants se distinguent. Je dis "strictement le conducteur du camion du sud" pour un discours purement sociologique, Parce que celle du Tyroléen du Sud fait un choix cohérent: Soit sur son camion, il met San Pio da Pietrelcina, soit le calendrier érotique de l'année civile en cours, Mais pas les deux ensemble.

St. Francis d'Assise Depuis environ neuf siècles, l'intérêt non seulement des personnes dévouées a été excitée, mais aussi de chercheurs, historiens, littération, Théologiens et bien sûr artistes, À cause de la nature extraordinaire de son expérience en tant que vie chrétienne; Un témoignage de l'Évangile qui a pu informer et transformer notre entreprise E, naturellement, l'église. Les pauvres mots qui suivront n'ont aucune réclamation puisque déjà beaucoup, il a été dit, Et de grande balade culturelle, ils ont parlé de Francesco en soulignant tous les domaines de sa vie et sa personnalité singulière. L'intention simple de cette rédaction est de mettre en évidence le seul aspect de son expérience mystique, coin visuel à travers lequel toute son existence en tant que chrétien et saint pourrait également être lue.

C'est Francesco lui-même Se souvenir du début de sa nouvelle vie en tant qu'expérience mystique et un cadeau de Dieu. Vingt ans après que les faits de sa conversion décrivent Volonté maintenant mourir cet événement, Son changement de vie, L'enclure dans ces quelques-uns, libération conditionnelle densément:

«Le Seigneur m'a accordé, Friar Francesco, Commencez ainsi à faire pénitence, Depuis qu'il est dans les péchés, il semblait trop amer pour voir les lépreux; Et le Seigneur lui-même me conduisit parmi eux et je leur fait miséricorde. Et quand je les ai quittés, Ce qui me semblait amèrement a été changé dans la douceur de l'âme et du corps. Puis, Régler un peu, et est sorti du monde ".

Francesco n'est pas un théologien, du moins pas comme nous avons l'habitude de penser. Ne développe pas une conception systématisée de l'expérience chrétienne, ni écrit traité ou sage sur la foi et ses vérités. Néanmoins, quand Dante, dans la comédie divine, parle des ordres mendiants et spécifiquement de Francesco, Lui éloge vient de celui qui est considéré comme l'un des plus grands, Sinon le plus grand théologien que l'église a eu: San Tommaso d'Aquino. D'autre part, L'éloge de San Domenico, Fondateur de l'Ordre des prédicateurs Frères, connu sous le nom de Dominicains, L'autre mendiant ordonnance par excellence, Il viendra de l'embouchure de San Bonaventura, Le théologien par excellence des Franciscains, celui qui stigmatiait l'image de Francesco pour toujours jusqu'à ce qu'il apparaisse pratiquement presque inimitable. Le grand poète florentin, Dans les deux chansons jumelles, l 'XI et le XII du paradis, Souligne douloureusement que les deux mouvements ont perdu le vernis à ongles initial, Ayant disparu par les enseignements et les règles de leurs fondateurs. So Dante, À travers San Tommaso, Fait l'histoire de la vie de Francesco en inscrivant tout cela dans une dimension mystique et spirituelle, Comme le long préambule qui se déplace entièrement dans le domaine de la métaphore. Parle de l'union de l'assistance à une femme qui, Malgré ses vertus, Il était resté seul pendant plus de mille cents ans après la mort du premier "mari" et aucun autre homme n'avait voulu la prendre en mariage et cela pour lui, Francesco, Il est allé rencontrer la colère paternelle. San Tommaso ne dissoudra pas la longue métaphore que dans le triplet où il fera enfin expliciter que les deux conjoints dont il parle sont Francesco et Monna Povertà.

Cet itinéraire spirituel de son, fait de réunions, étreindre la pauvreté, Extrême fidélité à l'Évangile et beaucoup de prière, Francesco le lira, Nous l'avons déjà mentionné, comme un cadeau du Seigneur. Il y a trois verbes dans Volonté qui sont indicatifs à cet égard. Cinq fois, cela répétera que "Seigneur m'a donné»Faire pénitence, avoir foi dans les églises et les prêtres, avoir des frères et écrire la règle pour eux. Ci-dessous, il affirmera que le Seigneur toujours "révélé ahje»Combien il devait faire et se présenter la salutation qui est devenue célèbre: "Le Seigneur vous donne la paix". Et enfin «m'a embauché"Entre le chaume.

À cet égard Francesco, comme vous le savez, Il n'offre pas de réponse politique aux injustices sociales, au problème du mal dans le monde. Il n'a aucun projet pour des changements factuels et concrètes, Il ne médite pas les luttes et les rébellions; Francesco, être compris, Ce n'est ni un hippie ni un guevara du moyen âge, ni un contemporain de certains prêtres très sociaux. Francesco répond avec la foi, Quand il parvient à pénétrer tout le chemin, avec une adhésion totale et impétueuse, Le sacrifice du Christ. Nous essayons de le suivre dans ses pensées: Je donnai, le très haut, le maître de l'univers, de toute création, Il a sacrifié son fils unique et préféré pour ne pas perdre sa créature, l'homme, capable de pécher. Et si Christ qui est Dieu est venu sur terre traîné par un immense amour, Et il s'est fait pauvre et pèlerin, Il a souffert de la faim et du froid, La trahison et l'abandon d'amis, Jusqu'à ce qu'il donne sa vie sur la croix afin de restaurer le salut à l'humanité, La joie éternelle du paradis, Que reste-t-il à faire d'autre à l'homme s'il n'est pas suivi, le plus loin possible, Les pas du Sauveur, le gospel, Sinon pour répondre à l'amour divin avec un pauvre amour humain, Essayer de s'aimer comme des frères? Et qui, Si ce n'est pas les pauvres et les abandonnés, répéter en souffrant de l'expérience terrestre du Christ, Il peut mieux comprendre l'organisme de bienfaisance divin ardent et accepter avec des angoisses et des souffrances de gratitude, revenir, comme Christ, À la volonté du père?

je Fioretti di San Francesco, Une merveilleuse collection vulgaire du dernier quart du XIVe siècle de "miracles et exemples dévoués" de sa vie, Ils le font dire, En parlant de ce qu'est la vertu de la Letizia parfaite:

«Surtout les grâces et les dons du Saint-Esprit, que Christ accorde à ses amis, vous gagnez si le même, Et volontiers pour l'amour du Christ pour soutenir les pénalités, insultes et objets et inconvénients; Il est immente que dans tous les autres dons de Dieu, nous ne pouvons pas nous faire les uns les autres, Mais ce ne sont pas les nôtres, Mais de Dieu, Alors il dit l'apôtre (Paulo, dans le 1Cor 4, 7 N.D.R.): «Que vous avez, qui n'a pas de Dieu? Et si tu l'avais de lui, Parce que j'ai gorgé, Comme si tu l'avais l'avoir?”. Mais dans la croix de la tribulation et de l'affliction, nous pouvons nous faire mutuellement, Mais qui dit l'apôtre (Toujours Paolo, en fille 6,14 n.d.r): Je ne veux pas gloriare sauf dans la croix de notre Seigneur Jésus-Christ ".

Et donc la croix depuis la rencontre avec les lépreux, au début de sa conversion, Faire partie de l'expérience de Francesco, de son horizon spirituel. Si nous voulions vraiment identifier une théologie de Saint-François, Nous pourrions le définir comme un "Croix scientifique». Il embrasse la croix alors qu'il embrasse le lépreux parce que maintenant ce qui était amer l'avait transformé en douceur et peut entendre la voix du Christ qui l'appelle depuis la croix, dans l'église de San Damiano. Là, Le rédempteur, Selon l'iconographie du Christ triomphant, Sans signes de souffrance physique, Réparez l'observateur avec une douceur tranquille. Francesco croyait que l'image se tourna vers lui et lui parlait: «Francesco, Tu ne vois pas que ma maison s'effondre? Va donc le réparer ". Mais Francesco comprend mal le sens symbolique des mots, Il croit qu'il doit sauver le bâtiment des matériaux de la ruine, ne soupçonne pas quelle tâche l'attend: sauver le bâtiment spirituel, l'église. Tout sort heureux, Il lui semble que la vie a enfin un but. Maintenant il sait quoi faire, Les paroles mystérieuses du rêve précédent de Spoleto, celui du palais et de la mariée qui sera la sienne, Ils commencent à clarifier; à cause de ce, Ils peuvent voir pour la première fois qui l'appelle et entendre leur nom prononcé. C'est donc l'ordre qui attendait. Et donc Francesco, "Équipement avec le signe de la croix", Il a commencé sa mission.

L'inspiration mystique de Francesco traçable dans beaucoup de ses œuvres, du Règle non tamponnée, l 'Épître aux fidèles O Les louanges du dieu très élevé Ils se combinent désormais avec la dévotion à la croix du Christ. Dans le Lodi conservé dans le Graphique à son frère Lion Nous lisons ces mots célèbres adressés au Seigneur:

«Tu es saint, ô Seigneur, seul Dieu, Cela fait des choses merveilleuses. Tu es fort, Tu es super, Tu es très haut, Tu es omnipotent, Votre Saint-Père, roi du ciel et de la terre. Tu es Trino et un, seigneur, Dieu des dieux. Tu es le bien, Tout bon, Le puits suprême, Le Seigneur Dieu vivant et vrai. Tu es l'amour, charité; Tu es la sagesse, Tu es l'humilité, Tu es patiente, Tu es la beauté, Tu es grenier, Vous êtes la sécurité, Tu es silencieux, Tu es la joie, Tu es notre espoir et Letizia, Tu es justice, Tu es la tempérance, Vous êtes toutes nos richesses en surabondance. Tu es la beauté, Tu es grenier; Vous êtes protecteur, Vous êtes notre gardien et notre défenseur, Tu es forteresse, Vous êtes un rafraîchissement. Tu es notre espoir, Tu es notre foi, Tu es notre organisme de bienfaisance, Tu es toute notre douceur, Tu es notre vie éternelle, O GRANDE GOMMEUR ANDIRABLE, Dieu omnipotent, miséricordieux salvatore ".

Ainsi que dans le troisième chapitre de Foils La dévotion profonde que le saint assise à la croix de Jésus est racontée:

«Le jour de la sainte croix vient, et Santo Francesco le matin à temps, Les innoens disent, Il se jette à la prière devant la porte de sa cellule, Tourner son visage vers l'est, et prié sous cette forme: O mon Seigneur Jésus-Christ, Deux merci s'il vous plaît tu me fais, avant de mourir; la première, que dans ma vie je me sens dans l'âme et dans mon corps, combien c'est possible, Cette douleur que tu, Doux Jésus, soutenu à l'heure de votre passion amère; la deuxième, que je ressens dans mon cœur, combien c'est possible, ce grand amour dont toi, Fils de Dieu, Vous étiez pour soutenir volontiers autant de passion pour nous les pécheurs ".

Ces aspects de la spiritualité de Francesco Ils seront ensuite représentés au figuré par les artistes, auquel il a été mentionné au début. Beaucoup pourraient être mentionnés et parmi ceux-ci le Maître de Saint-François, dont le nom dérive d'une table avec le saint et les deux anges maintenant conservés au musée de la basilique de Santa Maria degli Angeli à Assise. Nous pouvons nous souvenir de l'imposant crucifix de la basilique dédiée au saint, à Arezzo. La croix peinte, reprend le type de Christ souffrant, de l'inspiration byzantine, où la douleur et la mort de Jésus sont soulignés par la tête de la tête allongée sur l'épaule et le corps Inarn. Tandis que la plupart des croix peintes ont été lues de bas en haut et se sont terminées par une ascension et un Christ dans la gloire, Ici, le message doit être lu de haut en bas, Selon les dicts de la spiritualité franciscaine. Ce Christ mourant, Plus maintenant Triomphant, C'est une nouveauté introduite par les Franciscains qui cultivent l'élément de la pathétique, dans le sens de l'invitation à la compassion. Maintenant le mot mystérieux, gardien du secret du christianisme, Ce n'est plus "aimant" mais "souffrant". Au lieu d'apparaître sur la croix, Ressuscité et triomphant comme à San Damiano, Jésus est représenté avec ses yeux fermés et sa tête s'est inclinée latéralement sur une épaule. Sans nier la résurrection, Les fidèles deviennent plus attachés à l'homme de souffrance. Le vrai message de cette croix est donc que Jésus est sorti du ciel et a enduré sa passion infligée par Ponzio Pilate pour les hommes et pour leur salut. La dévotion laisse la place à la compassion, Dans la participation de chacun dans la souffrance de Jésus. Et le premier de ces fidèles est décrit par Francesco sous la petite croix, qui aimait alors s'appeler, qui prend un pied saignant du crucifix dans ses mains et l'embrasse. Un autre travail à mon avis capable de décrire le "Scroix de cienti»Franciscan est le San Francesco qui embrasse le crucifix du Christ de Murillo. Peinture faite approximativement dans le 1668 et conservé au Musée des beaux-arts de Séville en Espagne. Les travaux faisaient partie d'un cycle commandé au peintre espagnol des Capucins pour une chapelle de l'église de leur couvent à Séville. Ces œuvres devaient améliorer les éléments distinctifs de la spiritualité franciscaine. L'image est d'une beauté choquante; déplace le spectateur qui reste silencieux devant une telle toile, Comme dans la prière. La peinture symbolise le moment culminant de la vie de Francesco: le renoncement à ses biens matériels pour embrasser la vie religieuse. La composition est harmonieuse. À côté de la croix, Deux anges tiennent un livre ouvert qui porte le passage de l'Évangile en latin selon Luca: «Quiconque de vous n'abandonne pas tous ses biens, Ce ne peut pas être mon disciple " (Lc 14, 25-27).

Au pied du saint, il y a une carte du monde, Un ballon terrestre; Francesco semble le retirer avec un pied, métaphore de son refus de chaque vanité. Mais passons au fait le plus frappant, et aussi le plus controversé au moins dans les témoignages qui le rapportent, pour lequel l'afflatus mystique de Saint-François est combiné avec sa profonde dévotion pour la croix du Christ Jésus. Je parle de l'épisode de La Verna en Toscane, La vision de Serafino et l'impression des stigmats. Pour rendre la nature extraordinaire de l'événement palpable, revivons-le à travers les paroles du biographe du saint, Tommaso da Celano, Celui qui le connaissait personnellement, qui a été appelé par le pape Gregory IX pour rédiger sa biographie en collectant des témoignages sur des événements. Aussi et surtout sur celui des stigmates, Avant avec le Légende majeure San Bonaventura da Bagnoregio a remplacé les précédents Vite, Imposer leur destruction. Comme connu et bien connu Bonaventura, Ministre général de l'Ordre, Il a envoyé à tous les couvents franciscains un commandement précis et strict: Détruisez tous les manuscrits sur la vie et les actes du père séraphique. Cependant, plusieurs de ces manuscrits ont également été trouvés dans certaines bénédictions et monastères et citerciens, qui se regarda bien en réalisant une commande similaire. C'est à eux que les historiens doivent remercier si certaines de ces bibliothèques monastiques ont ensuite été disséquées des siècles après les manuscrits de la Vite raconté par d'autres auteurs avant Bonaventura da Bagnoregio, considéré par certains historiens de l'église comme le deuxième fondateur, ou le soi-disant ré-fond de l'ordre franciscain.

Tommaso da Celano dans le La vie avant Il connaissait certainement la version de Friar Leone et évidemment aussi la lettre du frère Elia sur les faits de La Verna. Le biographe ne pouvait pas se permettre de négliger l'ami le plus cher du saint et de son confesseur ou le puissant chef de l'ordre. Comment connecter deux tels témoignages divergents? Il a erré la difficulté en racontant deux fois au miracle des stigmats avec des ajustements qualifiés, une première en le plaçant sur la verna, une seconde au moment de l'exposition du corps de Francesco. Nous relions ce que Tommaso da Celano écrit:

«Deux ans avant Francesco Morisse, Passer une période dans le Romitorio qui, du nom de l'endroit, s'appelle Verna, vu un homme envoyé par Dieu dans une vision, Presque si c'était une séraphie avec six ailes, être, avec des mains ouvertes et des pieds articulaires, confetto à une croix. Deux ailes ont grimpé sur la tête, Deux se propagent à la volée et ont finalement couvert tout le corps. Voyant cela, le serviteur béni des plus élevés a été envahi par une grande étonnement mais ne pouvait pas comprendre ce que cette vision voulait dire. Il aimait beaucoup et avec une grande joie, il s'est applaudi en se sentant avec un regard bénin et doux de Serafino, dont la beauté était vraiment inimaginable, Mais en même temps, il avait atterri par la publication de la croix et la grossièreté de lui souffrant. Alors il s'est levé, juste dire, triste, Et à Francesco, ils ont alterné la joie et la douleur. Il a continué à souffler avec impatience ce qu'il pourrait signifier la vision, Et son esprit visait terriblement à essayer de saisir sa signification. Car, par raisonnement, il n'est pas venu à une interprétation sûre et s'est senti imprégné et très agité dans le cœur par la nouveauté de cette vision, Les signes des ongles ont commencé à apparaître dans les mains et les pieds comme il l'avait vu dans l'homme crucifié au-dessus de lui-même. Ses mains et ses pieds semblaient percés au centre par Chiodi: À l'intérieur des mains et sur le haut des pieds, les têtes des ongles ont été vues, Et de l'autre côté de la pointe. Ces signes étaient ronds à l'intérieur des mains et allongés du côté opposé et se sont formés presque une sortie charnue et détectée, Comme si c'était la pointe des ongles repliés et répondait. Aussi dans les pieds, les signes des ongles saillants sur le reste de la viande ont été impressionnés. Aussi le côté droit, avait presque été percé par une lance, Il a montré une grande cicatrice qui émet souvent du sang pour que la tunique et les vêtements de jambe soient fréquemment tachés de son sang sacré. Ah, Combien peu jusqu'à ce que le serviteur de Dieu crucifix vivait, Ils ont eu la chance de pouvoir voir la blessure sacrée du coût! Mais heureuse Elijah qui, tout en vivant, le saint méritait d'une manière ou d'une autre et pas moins heureux Rufino qui pourrait au moins le toucher ».

Plus tard toujours Tommaso da Celano, En parlant de la joie et de la tristesse du peuple et des frères en présence du corps désormais décédé du saint, rapporte ainsi:

"Pur, Un inconnu de joie a tempéré leur tristesse et la nouveauté du miracle a rempli leur esprit d'une stupéfaction extraordinaire. Le deuil a donc changé en chant festif et en pleurant dans la jubilation. En fait, ils n'avaient jamais entendu ni lu dans les Écritures ce qu'ils ont maintenant vu avec leurs yeux, Et ils n'auraient guère cru s'ils n'avaient pas eu un témoignage aussi probant et sûr avant cela […] La forme de la croix a été saisie en lui. En fait, il semblait avoir juste déposé de la croix avec ses mains et ses pieds percés par les ongles et le côté droit blessé par la Lancia. Ils ont toujours vu sa viande, qu'avant la nuit, Maintenant, brille avec une candeur brillant et la beauté surhumaine s'est déjà prouvée le prix de la résurrection béni. Son visage, enfin, C'était comme celui d'un ange […] Comme il brillait devant tout le monde pour une beauté aussi merveilleuse, Sa viande devenait plus lumineuse. C'était vraiment un miracle de voir les trous des ongles au centre des mains et des pieds mais les ongles eux-mêmes formés par sa propre viande, de couleur foncée comme le fer et la droite nominale de la droite du sang. Et ces signes du martyre n'ont pas imposé la peur et l'horreur à ceux qui les ont vus, Mais ils ont conféré la décoration et l'ornement, Comment les cartes noires dans un sol candide ".

Nous pourrions nous arrêter ici et n'ajouter rien d'autre En présence d'une telle histoire émouvante. Il suffit de souligner que dans La Verna Francesco a finalement vécu son identification personnelle et extraordinaire avec le Christ et avec ces crucifix. Mais dans quel contexte cela s'est produit? À la fin de la vie, Francesco s'est senti de plus en plus exhorté par l'Église inquiet de normaliser un projet de vie chrétienne, Pratiquez la pauvreté et l'amour évangéliques, ce, Si vraiment implémenté, Cela aurait été révolutionnaire et dangereux pour la même structure ecclésiastique, Si un mal inter-foulé. Il se sentait également mal compris par une grande partie des frères et cela a augmenté son découragement. Grown dramatiquement tout le monde n'a pas pu partager des choix si difficiles, les hommes parfois de vertu limitée ou trop cultivés, Loin des idéaux purs de leur tête spirituelle. Comme Christ de plus en plus uniquement sur la ligne d'arrivée de la croix, À environ quarante-quatre ans, Francesco a emmené très peu de compagnons avec lui, intime et participer, et a déménagé, comme nous le savons, sur la verna, Pour une longue retraite de contemplation solitaire. Il a dû surmonter cette profonde crise; Il a continuellement demandé à Dieu de l'éclairer, qu'il lui a indiqué ce que la fin de sa vie aurait été. En fait, il a commencé à voir l'obscurité dans l'âme que lorsqu'il comprenait qu'il devait remettre les problèmes de l'ordre et son avenir à la décision de Dieu, endurer, Tommaso da Celano écrit, que "la volonté de miséricorde du père céleste était pleinement accomplie en lui". Le biographe considère le fondateur comme un "autre Christ" à l'arrière-plan du Monte Degli Ulivi. Le saint, Toutefois, Il aurait aimé savoir ce qui lui est arrivé, en dépit d'être maintenant sûr de ne pas se rebeller. Un jour, Après être parti pendant longtemps, a recouru à la triple ouverture des Évangiles, qui a toujours montré la même étape ou une très similaire. Le regard a posé: «Sur la passion du Christ, Mais seulement dans le tronçon où il a peur ". Quand Tommaso da Celano a écrit cette partie de l'œuvre, évidemment, connaissait déjà ce qui suit, Il savait que peu de temps après, il raconterait l'apparition de Serafino et des stigmates. Construit délibérément l'épisode de la triple ouverture avec des citations évangéliques qui se réfèrent à l'agonie du Christ selon Luca (22, 43-45). Christ, Au plus fort de souffrir, il demande au père: "Ce calice me quitte", Mais il comprend qu'il doit accepter toute la souffrance de la passion imminente. Dans l'Evangile, Après la vision de l'ange, Jésus s'est senti temporairement consolé; Mais immédiatement après, il a déchiré une grande angoisse, Tant de temps pour transpirer le sang. Francesco est également sur la montagne, il monte de La Verna; Il voit le Serafino et trouve la consolation quand il accepte toutes les souffrances qui l'attendent encore avant la mort. L'angoisse conduit le Christ à transpirer le sang; Francesco, La vision de Serafino a disparu, Ainsi, il se sent près du monte degli ulivi à un point tel que les ongles de viande, La copie des ongles de la croix se rend visible. Comme tous les grands saints mystiques, Francesco également sur La Verna est immergé dans l'obscurité de la "nuit noire" si appelée ", Pas même soutenu par son cher ami et compagnon Leone qui a vécu, lui-même, Un moment de crise. Après une longue période de retraite spirituelle, Francesco a enfin un éclairage, J'envisage la solution: Je connais Christ, qui est Dieu, Il est revenu à la volonté du père, Il n'aura pas à faire de même lui-même? Ainsi est accompli cette identification avec le modèle qui est inscrit non seulement dans l'âme du saint, Mais aussi dans sa chair. Jésus console Francis et révèle la justesse de son chemin qui était apparu et la première assurance de l'autre croix, celui de San Damiano; Et il lui donne aussi son amour, Maintenant au moment terminal de sa vie chrétienne et de sa expérience. De cette profonde connaissance, non intellectuel, Mais mystique, de la croix du Christ coulera du cœur de Francesco ces mots que nous avons signalés ci-dessus et ici la condensation. Témoignage de cela "connaissance»Du mystère chrétien qui nous rend toujours excités pour la façon dont Francesco l'a compris et vécu:

«Tu es l'amour, charité; Tu es la sagesse, Tu es l'humilité, Tu es patiente, Tu es la beauté, Tu es grenier, Vous êtes la sécurité, Tu es silencieux, Tu es la joie, Tu es notre espoir et Letizia, Tu es justice, Tu es la tempérance, Vous êtes toutes nos richesses en surabondance ".

Dans une lettre de Francesco à Antonio da Padova dans lequel il se tourne vers lui en l'appelant "Friar Antonio mon évêque" a-t-il dit:

"Faire de la théologie aussi, Mais soyez prudent que cela n'éteint pas l'esprit de prière et de contemplation ".

Francesco est pour la théologie, mais il rassure son frère que cela ne doit pas le conduire à des élucubrations, l'intellectualisme finit tout seul, ou à une réalité qui pourrait l'éloigner du Seigneur plutôt que de le rapprocher, que vous l'avez élu à un niveau intellectuel mais pas à un niveau mystique-souffrant. C'est pourquoi Francesco peut se permettre de corriger et aussi exhorter un théologien raffiné comme Sant'antonio da Padova; C'est pourquoi Francesco reste une figure très complexe et compliquée à comprendre, Pour être expliqué et transmis, Surtout à suivre. C'est aussi pourquoi il n'est pas facile de parler de "Théologie de Saint-François".

 

Sanluri, 17 juillet 2024

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Bible, homosexuels et théologie. La différence substantielle entre ceux qui spéculent et discutent et ceux qui veulent introduire un dangereux cheval de Troie dans l’Église

BIBLE, HOMOSEXUELS ET THÉOLOGIE. LA DIFFÉRENCE SUBSTANTIELLE ENTRE CEUX QUI SPÉCULENT ET DISCUTERENT ET CEUX QUI VEULENT INTRODUIRE UN DANGEREUX CHEVAL DE TROIE À L'INTÉRIEUR DE L'ÉGLISE

«Aujourd'hui, un nombre de plus en plus important de personnes, même au sein de l'Église, ils exercent une très forte pression pour l'amener à accepter la condition homosexuelle, comme si ce n'était pas compliqué, et légitimer les actes homosexuels" (Joseph Ratzinger, 1986)

— Pages théologiques —

 

 

 

 

 

 

 

 

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L'homosexualité a toujours été un sujet épineux, génère des discussions et des polarisations destinées, comme les fameuses lignes parallèles, ne jamais se rencontrer. Pour donner un exemple, je pourrais citer le tapage suscité l'année dernière par la publication d'un livre écrit par un général de l'armée italienne contenant ses positions résolument claires sur ce sujet.. Bien sûr l'homosexualité, au fil des ans, c'était aussi un chapitre débattu dans l'Église catholique, de plus en plus; a échappé à une mention éphémère dans les anciens manuels de théologie morale et est devenu le sujet de déclarations magistrales, avec des documents spécifiques dédiés, ce qui dénote à quel point le sujet est ressenti dans la société et dans les communautés chrétiennes qui s'interrogent à ce sujet. Diverses significations se retrouvent dans les mêmes documents, ouvertures et fermetures décisives ou timides qui peuvent également être attribuées à la sensibilité ou à la position de ce représentant ecclésiastique ou pontife en fonction à un moment historique particulier.

Le Concile Vatican II il a également demandé que l'on rende à l'Écriture Sainte la vénération qu'elle mérite comme source de la Révélation divine et à elle et à la Sainte Tradition il a dédié l'une des quatre constitutions dogmatiques issues de cette réunion., avec le nom de Épée de Dieu. Depuis, chaque déclaration magistrale, mais on pourrait dire n'importe quelle réflexion théologique ou pastorale, chaque acte de l'Église ne peut ignorer la référence à la Bible. Même un sujet qui paraîtrait délicat comme celui de l'homosexualité. Maintenant, ce qui ressort parfois chez beaucoup de ceux qui veulent se référer à la Bible lorsqu'ils parlent ou écrivent sur ce sujet, c'est qu'ils peuvent difficilement mettre de côté l'envie de polariser ou de sortir forcément victorieux des controverses, comme nous l'avons déjà noté au début de ce discours. Comme ça, la Sainte Ecriture, dans des débats ou des écrits, elle cesse d'être cette source qui nourrit pour devenir une arme brandie par ceux qui condamnent tout court homosexualité, et par ceux qui voudraient au contraire que l'Église s'excuse auprès des homosexuels pour ses fermetures et pour les souffrances qu'elle leur a causées. Comment peux-tu t'en sortir impasse? je pense, d'abord, reconnaître la juste valeur des Saintes Écritures qui ne sont évidemment pas une arme à utiliser à volonté ni un manuel et un dépliant à ouvrir pour conforter ses idées et ses positions dans le monde. J'ai lu quelques passages du volumineux commentaire publié l'année dernière sous le nom de Bibbia pédé pour les types des éditions dehoniennes (QUI), où, entre autres, dans les Évangiles, on craint une relation homosexuelle entre le centurion romain et son serviteur malade pour lequel le premier demande la guérison à Jésus, seulement parce que l'évangéliste Luc dit qu'« il lui était très cher » (Lc 7, 1-10). La même interprétation a été récemment relancée par un blog habituellement très polémique envers l'actuel Pontife et les dirigeants de l'Église., mais décidément indulgent sur le sujet de l'homosexualité, au point de déclarer dans un article consacré à la relation entre ce sujet et l'Écriture Sainte que:

« En lisant attentivement ces textes, donc, il n'y a rien contre l'homosexualité".

Pour de vrai? Pourquoi feuilleter les documents du Magistère ecclésiastique, le Catéchisme de l'Église catholique pour citer un exemple, et bien sûr les sites ou blogs avec une orientation plus conservatrice, pour ainsi dire, il semble au contraire que pour eux la Bible se positionne résolument sur une attitude contre l'homosexualité.

Ce dont je veux me souvenir ici c'est ainsi que le Concile voulait que la Bible soit interprétée et il en parle au n°. 12 de la Constitution Dogmatique Épée de Dieu:

«Car Dieu dans la Sainte Écriture a parlé à travers les hommes à la manière humaine, l'interprète des Saintes Écritures, pour bien comprendre ce qu'il voulait nous communiquer, il doit rechercher soigneusement ce que les hagiographes voulaient vraiment dire et ce que Dieu s'est plu à démontrer par leurs paroles. Pour obtenir l'intention des hagiographes, entre autres, les genres littéraires doivent également être pris en compte. En fait, la vérité est proposée et exprimée différemment dans les textes historiques de différentes manières., ou prophétique, ou poétique, ou même dans d'autres genres d'expression. Il faut donc que l'interprète recherche le sens que les hagiographes dans certaines circonstances, selon les conditions de son époque et de sa culture, à travers les genres littéraires en usage à l'époque, il avait l'intention d'exprimer et a en fait exprimé. En effet, pour comprendre exactement ce que l'auteur sacré a voulu affirmer par écrit, une attention particulière doit être accordée aux manières de ressentir à la fois habituelles et originales, s'exprimer et raconter des histoires en force au temps de l'hagiographe, à la fois à ceux-là et dans les différents endroits où ils étaient alors utilisés dans les relations humaines. L'Écriture Sainte doit être lue et interprétée à la lumière du même Esprit par lequel elle a été écrite, pour obtenir la signification exacte des textes sacrés, il faut veiller avec pas moins de diligence du contenu et de l'unité de toute l'Écriture, en tenant dûment compte de la tradition vivante de toute l'Église et l'analogie de la foi. C'est la tâche des exégètes de contribuer, en suivant ces règles, à l'intelligence la plus profonde et à l'exposition du sens de l'Écriture Sainte, pour qu'à travers leurs études, un peu préparatoire, que le jugement de l'Église mûrisse".

C'est important et d'une certaine manière, le passage du passage n'est toujours pas entièrement compris Épée de Dieu rappelle le nous, dans sa première partie, la qualité sacramentelle, juste dire, des Saintes Écritures. Puisque la Parole de Dieu se présente sous la forme d'une écriture humaine soumise aux conditions de temps et de culture des écrivains et à la manière originale d'organiser ce génie littéraire que possède tout auteur biblique. Tout comme cela sous-tend leurs « manières de ressentir, s'exprimer et raconter des histoires... qui étaient en usage dans les relations humaines". Dans la deuxième partie, au lieu, il y a une invitation à des fouilles plus approfondies qui vont dans le sens de la recherche du sens ou du sens plus profond de la même Écriture. Un sens spirituel, ce n'est pas un hasard si l'Esprit est mentionné avec une majuscule, et théologique, conformément à tout le dépôt de la foi, pour une compréhension toujours plus complète du texte et parce que l'Église, en particulier cette partie prédisposée à conduire, peut exprimer un jugement sur les choses qui concernent l'expérience chrétienne conformément à la Parole de Dieu et à sa tradition. Dans ce contexte, nous comprenons que nous sommes confrontés à un travail long et patient., tout autre chose que de dégainer l'épée de la Bible et de la brandir pour affirmer, ou pire pour imposer ses idées.

Revenons à notre sujet, il est clair que le jugement de l'Église sur l'homosexualité a progressé, ainsi que de maintenir certaines considérations. Cela se voit dans les documents, donne Personne humaine du 1975 au récent Implorant la confiance du 2023, en passant par Lettre aux évêques de l'Église catholique sur la pastorale des personnes homosexuelles du 1986, délivré par la Congrégation, maintenant Dicastère, pour la Doctrine de la Foi. Ce dernier document est celui qui, plus que les autres, fait explicitement référence aux passages bibliques qui condamnent l'homosexualité., il les énumère tous et sur cette base et sur celle de la Tradition et du Magistère, ce document déclare que l'Église:

«Il maintient sa position claire sur cette question, qui ne peut être modifié sous la pression de la législation civile ou de la mode du moment" (Non.. 9).

Peu avant, le même texte mentionnait que:

«Aujourd'hui, un nombre de plus en plus important de personnes, même au sein de l'Église, ils exercent une très forte pression pour l'amener à accepter la condition homosexuelle, comme si ce n'était pas compliqué, et légitimer les actes homosexuels" (Non.. 8).

Même le document le plus récent Implorant la confiance cela s'appuie sur l'Écriture, Tradition et Magistère, en particulier du dernier Pontife. Cela donne la possibilité de donner la bénédiction sous certaines conditions aux couples irréguliers et à ceux du même sexe car de cette manière:

« L'Église est donc le sacrement de l'amour infini de Dieu. Donc, même lorsque la relation avec Dieu est obscurcie par le péché, tu peux toujours demander une bénédiction, en lui tendant la main, comme Pierre l'a fait dans la tempête lorsqu'il a crié à Jésus: "Monsieur, sauve-moi!” (Mont 14, 30). Souhaiter et recevoir une bénédiction peut être la meilleure chose possible dans certaines situations. » (Non.. 43).

Sans oublier le Catéchisme de l'Église catholique, Publié dans 1992, ce qu'il dit des homosexuels:

"L'homosexualité fait référence aux relations entre hommes ou femmes qui éprouvent une attirance sexuelle, exclusif ou prédominant, envers les personnes du même sexe. Elle se manifeste sous des formes très variées au cours des siècles et dans différentes cultures. Sa genèse psychique reste largement inexpliquée. S'appuyant sur l'Ecriture Sainte, qui présente les relations homosexuelles comme de graves dépravations, La tradition a toujours déclaré que "les actes homosexuels sont intrinsèquement désordonnés". Ils sont contre la loi naturelle. Ils excluent le don de la vie de l'acte sexuel. Ils ne sont pas le fruit d'une véritable complémentarité affective et sexuelle. Ils ne peuvent en aucun cas être homologués» (cf.. 2357). « Un nombre non négligeable d'hommes et de femmes ont des tendances homosexuelles profondément enracinées. Cette inclinaison, objectivement désordonné, il constitue pour la plupart d'entre eux une épreuve. Ils doivent donc être reçus avec respect, la compassion, délicatesse. A leur égard, toute forme de discrimination injuste sera évitée. Ces personnes sont appelées à accomplir la volonté de Dieu dans leur vie, e, s'ils sont chrétiens, d'unir au sacrifice de la croix du Seigneur les difficultés qu'ils peuvent rencontrer en raison de leur condition" (cf.. 2358). « Les homosexuels sont appelés à la chasteté. Par les vertus de la maîtrise de soi, éducateurs de la liberté intérieure, grâce au soutien, parfois, d'une amitié désintéressée, avec prière et grâce sacramentelle, ils peuvent et doivent, progressivement et résolument, se rapprocher de la perfection chrétienne" (cfr.2359).

Et tout ça? Ce ne sont évidemment pas des visions schizophréniques de la même réalité. Au contraire, dans les documents susmentionnés, il y a une volonté de maintenir l'ancrage dans la Parole de Dieu., vu précisément comme une source. Il est clair que les différents auteurs ont voulu appuyer sur un certain type de registre plutôt qu'un autre.. Ainsi le document le plus récent s'appuyait sur l'enseignement de la miséricorde, si chère au pape François et préfère les passages bibliques qui soulignent l'accueil de Dieu plutôt que la condamnation. Il est probable que les textes les plus décisifs dans la condamnation de l'homosexualité ont été interprétés à la lumière de ce « sens que l'hagiographe, dans certaines circonstances,, selon les conditions de son époque et de sa culture, à travers les genres littéraires en usage à l'époque, destiné à exprimer et a en fait exprimé", dont le Conseil a parlé. Ainsi certaines expressions de saint Paul et déjà du Livre du Lévitique qui condamnent les relations homosexuelles pour certains exégètes sont telles parce que « la notion d'homosexualité n'existait pas »., c'est-à-dire l'attirance normale qu'une personne peut avoir envers une autre du même sexe, Paul considérait ce comportement comme une déviation, sur la base de ce qu'il croyait être la « relation naturelle ». Ses opinions sur la question ont la même valeur que lorsqu'il affirme que c'est "la nature elle-même qui nous enseigne qu'il est inconvenant pour un homme de laisser pousser ses cheveux". (1 Cor 11,14) (QUI). De même, les prescriptions de l'Ancien Testament du Lévitique, ils ne sont pas liés à la sexualité, mais plutôt à la procréation, car cela contrevenait au commandement divin « Soyez féconds et multipliez-vous » (Gén 1,28) (QUI). Le texte biblique par excellence, puis, sur lequel se fonde toute ouverture à la condition homosexuelle et, dernièrement, il est également utilisé pour la demande d'ordination féminine et est le passage paulinien de la Lettre aux Galates:

«Il n'y a ni juif ni grec; il n'y a ni esclave ni libre; il n'y a ni mâle ni femelle, parce que vous êtes tous un en Jésus-Christ" (Fille 3,28).

Texte diversement interprété et parfois obligé de dire ce qu'il ne veut vraiment pas dire. Pourtant, tous les documents, et les plus fermés, est le dernier qui présente quelques ouvertures concernant la bénédiction des couples homosexuels, tu dois le dire et l'accepter, ils ne se déclarent pas ouvertement Gay-friendly, comme on dit aujourd'hui; plutôt l'inverse. Aussi Implorant la confiance, qui parle de miséricorde, il ne s'écarte pas de la doctrine traditionnelle et ne souhaite pas non plus créer une confusion entre l'union conjugale et les autres types d'union:

«Cette croyance est fondée sur la doctrine catholique éternelle du mariage. C’est seulement dans ce contexte que les relations sexuelles trouvent leur sens naturel, adéquat et pleinement humain. La doctrine de l'Église sur ce point reste ferme. » (Non.. 4).

Il y a encore un autre aspect qui doit être mentionné. Joseph Ratzinger qui a rédigé le texte susmentionné Lettre du 1986 il a parlé de pressions très fortes, même des manipulations, faire en sorte que l'Église accepte la condition homosexuelle. Le document a clarifié la position de l'Église sur cette question. Pourtant, il faut admettre que dans ce document et dans d'autres, l'attitude de l'Église à l'égard des homosexuels avait déjà beaucoup changé et cela, on ne peut pas le nier, parce que la sensibilité et l'opinion des contemporains à cet égard ont profondément changé, à tous les niveaux. Ainsi, l'Église déplore aujourd'hui aussi l'oppression des personnes homosexuelles, comme l'exprime le Catéchisme de l'Église catholique cité ci-dessus, donc l'utilisation d'un langage et d'actions violentes. Nous en appelons à la « juste dignité de chaque personne ». Le terme sodomie a disparu et au lieu de « contre nature » on parle plutôt d'une tendance, même si "l'orientation" utilisée par l'Organisation mondiale de la santé n'est pas adoptée. Les homosexuels sont chrétiens comme tout le monde et invités à vivre la chasteté. Voici, Les actes homosexuels ne sont pas acceptés, mais ce document, dans la dernière partie, il s'agit d'une promotion de l'accueil et de la pastorale des homosexuels à qui les sacrements ne sont pas refusés., dans les conditions appropriées.

Mais comme toujours avec les sujets qui nous intéressent Dans la vie chrétienne, les discussions ne sont jamais fermées, la réflexion continue. Le même Lettre de Joseph Ratzinger invite les évêques à solliciter « la collaboration de tous les théologiens catholiques » (Non.. 17). Cet aspect est probablement le plus difficile, le plus fatiguant, ce qui nous manque le plus et aussi le plus délicat comme je l'évoquerai prochainement avec un exemple. Mais aussi ce dont nous avons le plus besoin, précisément parce que la Bible, pour revenir au coeur de notre discussion, n'est pas utilisé comme manuel. Il y a une étape supplémentaire et décisive. Pour que les gens, immergé dans la culture contemporaine, peut apprécier l'intelligence de la foi, nous avons besoin d'un effort continu pour re-comprendre herméneutiquement les données de la foi et les traduire en organisations de pensée cohérentes.. La Bible doit conserver son caractère de source, mais nous avons besoin d'une réflexion théologique pour laquelle la Sainte Écriture, selon une belle expression de Épée de Dieu, c'est comme l'âme qui la garde toujours jeune:

«La théologie sacrée repose comme sur un fondement éternel sur la Parole écrite de Dieu, indissociable de la Tradition sacrée; en lui, il est vigoureusement consolidé et toujours rajeuni, scrutant à la lumière de la foi chaque vérité contenue dans le mystère du Christ. Les Saintes Écritures contiennent la Parole de Dieu et, parce que tu es inspiré, ils sont vraiment la Parole de Dieu, que l'étude des pages sacrées soit l'âme de la théologie sacrée" (Non.. 24).

J'arrive à l'exemple auquel je voulais faire référence: les théologiens connus qui ont réfléchi sur le thème de l'homosexualité appartiennent presque tous à la zone anglo-saxonne, souvent avec des positions résolument ouvertes dans ce domaine. Pourtant en Italie nous avions un théologien, un prêtre, qui a beaucoup réfléchi à ce sujet, mais peu le savent. Je fais référence au prêtre Gianni Baget Bozzo, que beaucoup connaissent pour sa vocation orbitale., c'est-à-dire capable de faire des choix et d'exprimer des opinions d'abord dans un sens puis dans le sens opposé. Incarnant vivant un personnage controversé il est désormais presque oublié, Malheureusement. Mais selon lui, « en Dieu les contraires ne sont pas contradictoires » et « il n’y a rien de plus fascinant pour l’imagination humaine que de voir en même temps les deux faces d’une contradiction ».[1]. Il avait Giuseppe Siri comme professeur de religion à Gênes, futur archevêque et cardinal de la même ville qui l'a ordonné prêtre, il voudra qu'il soit professeur de théologie au séminaire, il lui confiera le magazine Renouvellement, il lui retirera ces deux tâches et le suspendra du divin. Il a changé d'avis sur tout, mais sur un sujet il n'a jamais changé d'avis: sur les homosexuels. Ses commentaires à ce sujet, qui date de 1976 jusqu'à ce que le 2008, pour qu'ils ne tombent pas dans l'oubli, ils ont été rassemblés par l'expert du Vatican Luigi Accattoli dans un livre intitulé: Pour une théologie de l'homosexualité [2].

Ce sont des textes parus dans les journaux, des magazines ou des discours lors de conférences dans lesquels il a fait valoir avec ténacité ses affirmations, depuis plus de trente ans, les droits de ceux qui vivent dans la condition homosexuelle. Et en tant que théologien, il a encouragé les chrétiens à repenser la théologie de la sexualité et à y développer le chapitre inédit de l'homosexualité.. Avec son extraordinaire aptitude à parler de Dieu dans le langage de son temps, il s'est interrogé et a demandé quelle est l'intention divine concernant l'existence des homosexuels.. Il l'a fait avec des arguments pointus et des citations savantes, au point qu'à la fin il a même dû répéter dans plus d'une interview qu'il n'était pas homosexuel. Homosexuels défendus, mais aussi la virginité et le célibat et n'a pas épargné les critiques du mouvement homosexuel, à l'organisation de Fierté, en particulier celle de l'Année Sainte de 2000, année jubilaire, qui a fait tant de sensation dans la ville de Rome. Il a conseillé aux homosexuels d'avoir des partenaires stables, au lieu de variables et a également accusé l'Union européenne d'utiliser i homosexuel comme arme contre l'Église catholique. Il considérait que l'homoérotisme chaste n'était pas incompatible avec la sainteté et écrivait des choses comme celle-ci.:

"Homosexualité, dans tous les cas, il ne pourra jamais être considéré par la société comme un modèle. Il ne peut en être ainsi avant tout pour des raisons biologiques. Une société biologiquement aseptique est incompatible avec les enseignements du Christ. Il ne faut pas oublier cela. L'Église ne peut pas accepter l'égalisation entre les conditions hétérosexuelles et homosexuelles. Ceci est valable au niveau de la moralité sociale. Pour être clair, au niveau politique. Mais au niveau de la moralité individuelle, la discussion est toujours ouverte et devra être abordée" (la Gazette, juin 2020).

Ce que je veux souligner ici il ne s'agit pas tant de défendre les opinions de Baget Bozzo, même s'il est bien qu'ils ne soient pas oubliés et qu'il y ait un intellectuel italien qui n'a pas eu peur de s'exposer dans ce débat, mais que nous avons besoin d'un tel effort culturel et théologique, d'esprits vifs qui nous aident à réfléchir à des questions difficiles et donc à faire face à ceux qui ne pensent pas comme nous, mais avec la même diligence. Laissons les raccourcis de ceux qui prennent la Bible et la lisent comme un manuel médical aux chers fondamentalistes d'outre-mer ou à quelque blog de peu de fortune.. La tradition catholique qui n’a jamais eu recours aux raccourcis, encore moins les intellectuels, nous a toujours invité à réfléchir, après avoir médité sur Page sainte, pour citer Thomas d'Aquin, Ce que c'était magister.

De l'Ermitage, 3 mai 2024

 

Gianni Baget Bozzo, Prêtre génois (1925 – †2009)

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REMARQUE

[1] Baget Bozzo G., Vocation, Rizoli, 1982, page 68 e 142).

[2] Baget Bozzo G., Pour une théologie de l'homosexualitéà, édité par Luigi Accattoli, Éd. Mois, 2020.

 

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Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)

 

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La dernière dévotion du Christ: le Sacré-Cœur n'est pas une dévotion mais une porte d'accès aux mystères de Dieu

LA DERNIÈRE DÉVOTION DU CHRIST: LE SACRÉ-CŒUR N'EST PAS UN DÉVOTIONNISME MAIS UNE PORTE D'ACCÈS AUX MYSTÈRES DE DIEU

Pour ceux qui connaissent le cinéma, la référence au film de Martin Scorsese sur Jésus est évidente 1988: «La dernière tentation du Christ». Mais juste pour dire ça, tandis que la fiction cinématographique peut aussi imaginer que le Christ a été tenté de se retirer de son chemin, l'Évangile nous a dit qu'il est allé jusqu'au bout, avec un dévouement envers sa mission qui a finalement révélé ce qu'il y avait dans son cœur plein d'amour.

- Les pages théologiques -

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Auteur
Ivano Liguori, ofm. Cap.

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Article au format PDF imprimable

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La dévotion qui s'est répandue le plus parmi les chrétiens, au moins au cours des derniers siècles, c'est celui adressé au Sacré-Cœur, ce, naturellement, il a aussi attiré à lui que grâce au Cœur de Sa Mère Marie. Avec ce culte, l'Église catholique entendait honorer le Cœur de Jésus-Christ, un des organes symbolisant son humanité, que pour l'union intime avec la Divinité, a le droit d'adorer.

Déjà pratiqué dans l'Antiquité chrétienne et au Moyen Âge, le culte s'est largement répandu au XVIIe siècle grâce à saint Jean Eudes (1601-1680) et surtout de Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), tandis que la fête du Sacré-Cœur était célébrée pour la première fois en France, probablement dans 1685. La première des célèbres visions de Santa Margherita s'est produite 27 décembre 1673, fête de Saint Jean l'Évangéliste. Jésus lui apparaît et Marguerite se sent « entièrement investie de la présence divine ». Il l'invita à prendre la place qu'avait occupée saint Jean lors de la Dernière Cène et lui dit:

«Mon divin Cœur est si passionné d'amour pour les hommes, qui ne pouvait plus contenir en lui les flammes de son ardente charité, tu dois les diffuser. Je t'ai choisi pour réaliser ce grand plan, pour que tout soit fait par moi".

Comme pour toutes les autres dévotions, pour qu'ils ne restent pas simplement tels ou des conteneurs vides de manifestations populaires, la théologie puis le magistère se sont efforcés d'offrir des contenus et des motivations qui puissent non seulement maintenir vivante la dévotion au Cœur du Christ, mais qu'elle s'est aussi continuellement nourrie des sources de l'écriture et de la tradition ecclésiale. Comme le dévotionnisme arrive souvent, qui est au contraire une dégénérescence de l'acte authentique de culte, a tendance à prévaloir sur le contenu, ils ont donc du mal à accomplir leur tâche, surtout de nos jours, dans lequel il est facile de qualifier une dévotion d'héritage d'un passé pré-moderne et qui n'est plus d'actualité, ou comme on dit seulement bon pour les personnes âgées ou les simples.

Au lieu de cela, la dévotion au Sacré-Cœur il aurait aussi beaucoup à apprendre aux gens modernes, en effet aux post-modernes que nous sommes, parce que le symbole du cœur et les thèmes qui y sont liés se conjuguent spontanément avec ceux de l'affection et de l'amour, c'est-à-dire tout ce monde de sentiments et d'émotions qui nous intéressent beaucoup à notre époque. Quand de plus en plus souvent, encore récemment, Des événements criminels se produisent et affectent les relations amoureuses, nous contactons immédiatement les experts qui nous préviennent de notre inquiétude sur la façon dont notre temps, surtout les jeunes générations, a besoin d'une éducation aux sentiments, de la manière dont il faut être en contact avec ses émotions pour pouvoir les exprimer de manière adéquate et non violente. C'est ce vocabulaire qui nous ramène à l'intériorité et donc au cœur humain, à qui le cœur du Christ a encore beaucoup à enseigner.

Pour revenir aux sources de cette dévotion chrétienne particulière et faire comprendre comment il est théologiquement fondé et lié à tout le mystère du salut apporté par Jésus, j'aimerais considérer, qui, un simple, pour ainsi dire, verset de l'Évangile qui adhère parfaitement à cette dévotion du Sacré-Cœur. Puisque de nombreuses images représentent Jésus en train d'offrir son cœur palpitant, donc d'ouvrir son monde intérieur et le plus intime, voyons comment l'Évangile décrit ce moment. L'évangéliste Jean le fait dans le chapitre où il rapporte lui-même la crucifixion de Jésus., au dernier moment, dit-il: «Tout est accompli»; et aussitôt après un soldat lui blesse le côté pour constater sa mort. Voyons comment St. John décrit la scène, ce qui a dû être vraiment important. Notons combien de fois apparaît le terme témoignage, adressé à la foi et lié à deux citations bibliques importantes. Nous sommes intéressés par le deuxième, le verset que nous aimerions examiner – « Ils regarderont celui qu'ils ont percé » – précisément parce que la dévotion nous invite à regarder le Cœur de Jésus, mais nous ne pouvons manquer de prendre en considération le contexte immédiat dans lequel se déroule la scène et ses significations théologiques importantes..

«Mais ils sont venus de Jésus, voyant qu'il était déjà mort, ils ne lui ont pas cassé les jambes, mais l'un des soldats l'a frappé au côté avec une lance, et immédiatement du sang et de l'eau sont sortis. Celui qui a vu en rend témoignage et son témoignage est vrai; il sait qu'il dit la vérité, pour que toi aussi tu puisses croire. Cela s'est en fait produit pour que l'Écriture puisse s'accomplir: Pas un seul os ne sera brisé. Et un autre passage de l'Écriture dit encore: «Ils regarderont celui qu'ils ont transpercé»» (Gv 19,33-37).

Le passage cité par John il appartient à un oracle prophétique qui annonçait le salut et la restauration eschatologique de Jérusalem (Zac 12-14). Dans le péricope, 12,1013,1 – il raconte la mort mystérieuse d’un roi berger qui représente le futur Messie, Dieu lui-même se sent blessé par cette mort, alors il prend les devants en promettant un bon esprit et une fontaine bouillonnante pour leur péché:

«Je répandrai sur la maison de David et sur les habitants de Jérusalem un esprit de grâce et de consolation: ils me regarderont, celui qu'ils ont percé. Ils le pleureront comme on pleure un enfant unique, ils le pleureront comme on pleure le premier-né. »(Zac 12,10).

Plus loin 13, 1:

"Ce jour-là, il y aura une source pour la maison de David et pour les habitants de Jérusalem, pour laver le péché et l'impureté".

À ce verset vous pouvez ajouter le texte sur l'eau vive du chapitre suivant: « Ce jour-là, des eaux vives couleront de Jérusalem et se dirigeront en partie vers la mer orientale., partie vers la mer occidentale: il y en aura toujours, été et hiver. Le Seigneur sera roi de toute la terre. Ce jour-là, le Seigneur sera un et son nom sera un. » (14, 8-9).

L'application de ces textes à Jésus sur la croix c'est clair. Jésus avait annoncé que des fleuves d'eau vive couleraient de lui, dans Gv 7,38, et l'évangéliste a expliqué qu'il disait cela à propos de l'Esprit (7,39)[1].

En résumé, l'open source pour les habitants de Jérusalem est le côté ouvert de Jésus; les eaux vives qui sortent de Jérusalem (Zacharie) pour Jean, ce sont les eaux vives qui coulent de lui, quel est le nouveau temple; ces eaux apportent purification et vie à l'Orient et à l'Occident. Nous avons ici le thème de l'universalité du salut, signalé, dans l'histoire de la Passion, aussi du titre de la croix qui disait: «Roi des Juifs». Pourtant l'écriture était en hébreu, Grec et Latin: donc une royauté proclamée au monde entier. La dernière prophétie de Zacharie s'est également vérifiée de cette manière où il n'est plus fait mention d'un berger transpercé., mais du Seigneur et de sa royauté universelle dans le temps eschatologique: «Il sera le roi de toute la terre» (Zac 14,9). Jean donne donc à la scène de la croix un sens historique salvifique très large, en plein accord avec les autres grandes époques théologiques liées à celle-ci verset 37 pris en considération.

On pourrait également citer deux autres passages de l'Écriture où nous parlons de la Nouvelle Alliance. En premier, (Allemagne 31,33-34), cela ne sera plus signalé sur les tablettes de calculs externes, mais plutôt inscrit dans le coeur:

«Ce sera l'alliance que je conclurai avec la maison d'Israël après ces jours-là - oracle du Seigneur - je placerai ma loi en eux, je l'écrirai dans leur coeur. Alors je serai leur Dieu et ils seront mon peuple. Ils n'auront plus à s'instruire, disant: « Connaître le Seigneur », parce que tout le monde me connaîtra, du plus petit au plus grand - oracle du Seigneur - car je pardonnerai leur iniquité et je ne me souviendrai plus de leur péché".

Dans la seconde, (Ce 36,25-27), il est toujours fait référence à l'alliance, mais sanctionné par le don d'un esprit, semblable à l'eau qui purifie, d'où aussi le don d'un cœur nouveau:

«Je t'aspergerai d'eau pure et tu seras purifié; Je te purifierai de toutes tes impuretés et de toutes tes idoles, Je te donnerai un nouveau cœur, Je mettrai un nouvel esprit en toi, Je t'enlèverai le cœur de pierre et je te donnerai un cœur de chair. Je mettrai mon esprit en toi et je te ferai vivre selon mes lois et je te ferai observer et mettre en pratique mes règles".

Tout ce contexte scripturaire cela nous fait comprendre ce que Jean voulait dire lorsqu'il rapporta la phrase prophétique: «Ils regarderont celui qu'ils ont percé»; qui ne se trouve que dans son Évangile, à la fin d'un texte qui, comme nous l'avons déjà souligné, c'est la référence préférée quand on parle de dévotion au Sacré-Cœur de Jésus. Ces mots résument la reconnaissance et la compréhension[2] par la foi de ce qui demeurait au plus profond du cœur du Christ mourant qui "ayant aimé les siens... jusqu'au bout" et ayant maintenant tout accompli, exprime le désir intérieur de donner l'Esprit. Ceux qui dirigent leur regard vers Jésus ne peuvent plus être les spectateurs ou les soldats qui ont assisté à la crucifixion., mais ce sont désormais les âmes croyantes qui pénètrent et conservent fidèlement le mystère de l'amour de Jésus, en un mot son Coeur.

Essayons de mieux comprendre tout cela, se laisser guider par la structure littéraire du passage johannique qui décrit les instants avant et après la mort de Jésus sur la croix. Bien sûr, nous ne pouvons pas résumer tout ce qui se passe. Il permet de mettre en évidence la présence de trois binômes: «tout est fini» et «j'ai soif» al v. 28; "c'est fini" et "il a rendu l'Esprit" de v. 30; enfin « du sang et de l'eau » de v. 34. Deux lignes thématiques partent de ces trois, vers lequel nous devons diriger notre regard de foi.

La première ligne que nous appellerons christologique il est dessiné par des expressions: "tout est fini", "c'est fini" et "du sang". Ils représentent le recueil de l'œuvre salvifique de Jésus. Dans ce cas, le regard se tourne vers l'arrière, à ce qui s'est passé, saisir dans ces paroles l'obéissance totale de Jésus au Père: il a terminé son travail, jusqu'à ce que le sang coule. Mais c'est aussi une vision de l'accomplissement de cet amour salvateur pour nous, que "jusqu'à la fin" de Gv 13,1. Alors voyons ici, dans le côté ouvert du Christ, sois son oblation parfaite, cet amour à l'excès pour nous.

La deuxième ligne thématique il est plutôt tourné vers l'avenir, à la vie de l'Église qui, comme nous avons essayé de le décrire dans un article précédent, il y est présent en la personne du disciple bien-aimé et de la Femme, la Mère de Jésus, appelé à une nouvelle maternité spirituelle envers les disciples croyants. Cette ligne, pneumatologie, il est décrit par des mots: «Sur le plateau», «abandonné l'Esprit» et «l'eau».

L'eau qui coule du côté du Christ c'est un symbole du don de l'Esprit et vient du Christ lui-même: c'est lui qui "a donné l'Esprit"; c'est de lui que vient ce désir: «Sur le plateau». En fait, nous notons une différence significative entre la citation de Zacharie et la façon dont Jean la rapporte dans l'Évangile.. Pour Jean il ne s’agit plus de regarder vers Dieu, mais vers "il", Christ, qui a été percé. Toute l'attention, c'est-à-dire le regard croyant, elle est concentrée sur lui et sur le moment où le sang et l'eau sortent de ses sous-vêtements. De plus, l'ancienne prophétie parlait de repentance, ce qui n'est pas dit par Giovanni qui préfère se concentrer sur la vue.

Il existe de nombreuses études qui confirment les différentes manières de voir du quatrième Évangile et comment, pour Jean, le plus parfait est celui qui comprend avec foi le mystère révélé et le conserve dans sa mémoire.. Nous ajoutons que cette vision vise à la participation des lecteurs de l'Évangile à la même expérience, comme John lui-même l'avoue dans la première finale de son œuvre: "Ces (panneaux) ils ont été écrits pour que vous croyiez que Jésus est le Christ, le Fils de Dieu, et pourquoi, croire, avoir la vie en son nom" (Gv 20, 31)[3].

Donc, Encore une fois, l'évangéliste écrit pour diriger le lecteur de l'histoire au mystère. On voit un côté percé, du sang et de l'eau qui en sortent et on contemple tout le monde intérieur du Christ et les grands thèmes, grande profondeur théologique, ecclésial et spirituel, rien que du dévotionisme magico-ésotérique. L'eau du côté de Jésus est un symbole de l'Esprit qui coule de son côté, Il devient le nouveau temple eschatologique (cf.. Ce 47). En même temps, le sang fait référence à son don de soi au Père., à son travail fini et à son amour pour nous. Le regard de la foi qui contemple est le désir de participer à tout ce monde intérieur du Christ qui se manifeste.

Dans ce passage Johannine il n'y a aucune mention explicite du cœur, plutôt que l'intériorité de Jésus. Ce sera la mystique médiévale qui identifiera ce monde intérieur comme le cœur du Christ et fera de ce passage du côté percé le texte biblique par excellence de la théologie et de la spiritualité du Divin Cœur de Jésus.. Saint Ambroise a dit:

« Que l'Église soit introduite dans la chambre secrète du Christ...; la salle secrète de l'Église est le Corps du Christ; le roi l'introduisit dans tout (le sien) mystère" (Sant'Ambrogio, En PS. 218, 1,16 FROMAGE 62,16).

Et Guillaume de Saint-Thierry:

"Que par la porte ouverte nous entrons, tout en un seul morceau, dans ton cœur, Ô Jésus... jusqu'à ta sainte âme"; demander au Sauveur: «Ouvrir le côté de son corps pour que puissent entrer ceux qui désirent voir les secrets du Fils» (Guillaume de Saint-Thierry, Prières méditatives, 6; PL 180, 226UNE).

Aujourd'hui, grâce à une exégèse moderne et précise, donnons à ces belles affirmations une base évangélique solide et apprécions-les mieux.

Ayant, Encore une fois, des thèmes résumés qui auraient nécessité un traitement plus long et plus approfondi, l'intention de cette contribution pourrait être de susciter, après dégustation, un vrai goût et intérêt. L'intelligence de la foi ne cesse d'approfondir les questions chères au peuple chrétien., même une dévotion peut devenir une porte vers une compréhension toujours plus large et plus profonde des mystères de Dieu et de la foi.. Quand le mois de juin approche, traditionnellement dédié au Cœur du Christ, donnons un nouveau sens à cette dévotion, aux prières que nous choisirons ou aux images que nous partagerons sur social. Par exemple, la pratique des «neuf premiers vendredis», après ce qui a été dit ici, ce n'est plus simplement la prière et la dévotion de l'individu, mais doit être pensé dans le contexte plus large de la communion ecclésiale et du mystère chrétien, comme nous l'avons découvert en réfléchissant sur l'Évangile, en repensant au don de Jésus de sa vie et de son Esprit pour tous, pas seulement pour l'âme individuelle.

Ces aspects ont été saisis par le pape Jean-Paul II qui les a exprimés lors d'une audience publique. Vingt-cinq ans se sont écoulés depuis ces paroles que je rapporte ci-dessous:

« L'Évangéliste ne parle que du coup de lance sur le côté, d'où coulaient le sang et l'eau. Le langage de la description est presque médical, anatomique. La lance du soldat a certainement touché le cœur, pour vérifier si le condamné était déjà mort. Ce cœur – ce cœur humain – a cessé de fonctionner. Jésus a cessé de vivre. Au même moment, Mais, cette ouverture anatomique du cœur du Christ après la mort - malgré toute la « dureté » historique du texte - nous pousse à penser aussi sur un plan métaphorique. Le cœur n'est pas seulement un organe qui conditionne la vitalité biologique de l'homme. Le coeur est un symbole. Cela parle de tout l'homme intérieur. Il parle de l'intérieur spirituel de l'homme. Et la tradition a immédiatement réinterprété ce sens de la description de Jean. Le reste, dans un sens, l'évangéliste lui-même a donné l'impulsion à ce projet, Lorsque, faisant référence au témoignage du témoin oculaire qui était lui-même, Il a été rapporté, en même temps, à cette phrase des Saintes Écritures: "Ils regarderont celui qu'ils ont transpercé" (Gv 19,37; ZC 12,10). Comme ça, en réalité, regarde l'église; C'est ainsi qu'il regarde l'humanité. Et ici, Dans Percé par la Lance du Soldat, toutes les générations de chrétiens ont appris et apprennent à lire le mystère du Cœur du Crucifié qui était et est le Fils de Dieu". (Saint John Paul II, Grand public de 20 juin 1979).

J'ai intitulé cette contribution: La dernière dévotion du Christ. Pour ceux qui connaissent le cinéma, la référence au film de Martin Scorsese sur Jésus est évidente 1988: La dernière tentation du Christ. Mais juste pour dire ça, tandis que la fiction cinématographique peut aussi imaginer que le Christ a été tenté de se retirer de son chemin, l'Évangile nous a dit qu'il est allé jusqu'au bout, avec un dévouement envers sa mission qui a finalement révélé ce qu'il y avait dans son cœur plein d'amour.

Sanluri 27 février 2024

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Les fans de Marie co-rédemptrice, une contradiction flagrante en termes théologiques

LES FANS DE MARIA CO-REDEMPTOR, UNE GRAVE CONTRADICTION EN TERMES THÉOLOGIQUES

Quelqu'un est-il vraiment prêt à croire que la Sainte Vierge, celle qui se définissait comme une « humble servante », la femme de l'amour doué, silence et confidentialité, celui qui a pour but de conduire à Christ, peut vraiment demander à certains voyants ou visionnaires d'être proclamés co-rédempteur et mis presque à égalité avec le Divin Rédempteur? On pourrait raisonnablement demander: depuis quand, l'"humble serviteur" de magnificat, elle deviendrait si prétentieuse et vaniteuse qu'elle demanderait et revendiquerait le titre de co-rédempteur?

— Pages théologiques —

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Auteur
Rédacteurs en chef de l'île de Patmos

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A l'occasion de la sortie de la note doctrinale Mère des fidèles, nous vous proposons le dernier article sur le sujet écrit par le Père Ariel S. Levi di Gualdoil 3 février 2024 le sien “Maria Corredentrice”, dans lequel nous renvoyons aux articles suivants publiés précédemment: «Article de 3 avril 2020 — Nous défendons le Saint-Père Francesco de lance-flammes de soif mariolatri pour les nouveaux dogmes mariaux: “Marie n'est pas co-rédemptrice”»; «Article de 14 août 2022 – Proclamer de nouveaux dogmes est plus sérieux que déconstruire les dogmes de la foi. Maria Corredentrice? Une idiotie théologique soutenue par ceux qui ignorent les bases de la christologie»; «Article de 11 mai 2023 – Bergoglio, hérétique et apostat, blasphémer la Madone". Parole d'un hérétique solaire avec l'obsession de Marie co-rédemptrice qui demanderait la proclamation du cinquième dogme marial»

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Article dédié à la mémoire du jésuite Pierre Gumpel (Hanovre 1923 – Rome 2023) qui fut mon formateur et précieux professeur dans l'histoire du dogme

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En fréquentant suffisamment je réseaux sociaux, lire et écouter des prêtres et des laïcs, sur des sujets bibliques et théologiques, on a parfois l'impression qu'aucun progrès n'a été réalisé sur certaines questions. Il se trouve que de nombreuses inexactitudes circulent sur des questions liées à la foi., ou on continue sur d'anciens registres, dévotionnel et émotionnel.

Salvador Dalí, La Madone de Port Lligat, 1949, Musée d'art Haggerty, Milwaukee, WI, Etats-Unis. Détail.

Le désir, peut-être un peu utopique, il appartiendrait aux lecteurs de se rendre compte, avec un minimum d'effort, qui pourrait bénéficier d’éclairages sérieux et précis. C'est du moins mon espérance et celle de nos Pères Île de Patmos, être utile à ceux qui parviennent à aller au-delà des quatre ou cinq lignes qui suivent réseaux sociaux, où aujourd'hui d'improbables théologiens et mariologues pontifient, avec les conséquences que l'on connaît souvent bien: déviation de la vraie foi. Et c'est très triste, parce que je Des médias sociaux ils pourraient être pour nous un outil extraordinaire pour la diffusion d’une doctrine catholique saine et solide..

Dans les années qui ont suivi le Concile Vatican II La science biblique a fait des progrès importants, offrant des contributions désormais essentielles pour la théologie dans ses différentes branches et pour la vie chrétienne. Ceci depuis quand, depuis l'époque du Vénérable Pontife Pie XII, dans l'Église catholique, l'étude de la Bible a été encouragée en donnant la possibilité d'utiliser toutes les méthodes normalement appliquées à un texte écrit. Pour ne citer que quelques exemples: analyse rhétorique, le structurel, la littérature et la sémantique ont produit des résultats qui ont peut-être parfois paru insatisfaisants, mais ils nous ont aussi permis d'explorer le texte de l'Écriture Sainte d'une manière nouvelle et cela a conduit à toute une série d'études qui nous ont fait connaître mieux et plus profondément la Parole de Dieu.. Ou de reconsidérer d'anciennes acquisitions, de tradition, des Saints Pères de l'Église, qui, bien que vrai et profond, ainsi que des ouvrages de haute théologie, cependant ils n'avaient pas le soutien d'une étude moderne des textes sacrés, précisément parce qu'encore, certains outils, au moment de leurs spéculations, ils manquaient.

Avant de continuer, un aparté s'impose: je suis un "téologue" réseaux sociaux ils ont besoin du combat, pour déchaîner qu'il faut choisir et créer un ennemi. Pour certains groupes, l’ennemi le plus populaire est le modernisme., justement défini par le Saint Pontife Pie (cf.. Nourrissage des moutons de Dominic). Cela ne veut pas dire que, Mais, que les actions de ce Saint Pontife, avant cela et de son prédécesseur suprême Léon XIII, a toujours produit des effets bénéfiques dans les décennies qui ont suivi. De toute évidence, faire une analyse critique objective, il est impératif de contextualiser la condamnation du modernisme et les mesures canoniques sévères qui ont suivi à ce moment historique précis., certainement pas d'exprimer des jugements sur la base de critères liés à notre présent, parce que seules des phrases trompeuses et déformantes émergeraient. Pour résumer brièvement ce problème complexe auquel je compte consacrer mon prochain livre, il suffit de dire que l'Église de ces années-là, après la chute de l'État pontifical survenue le 20 septembre 1870, il a fait l'objet de violentes attaques politiques et sociales. Le Pontife romain s'est retiré en tant que « prisonnier volontaire » dans les murs du Vatican dont il est sorti seulement six décennies plus tard.. L'anticléricalisme d'origine maçonnique a été porté au maximum de puissance et l'Église a dû sérieusement s'occuper de sa propre survie et de celle de l'institution de la papauté.. Elle ne pouvait certainement pas se permettre le développement de courants de pensée qui l’auraient attaqué et corrodé directement de l’intérieur.. C'est dans ce contexte délicat que le combat du Saint Pontife Pie. Avec toutes les conséquences, y compris négatives, de l'affaire: la spéculation théologique était effectivement figée au milieu de mille peurs et la formation des prêtres était réduite à quatre formules d'une néo-scolastique décadente, qui n'était même pas un parent éloigné de la scolastique classique de saint Anselme d'Aoste et de saint Thomas d'Aquin. Cela a produit une telle impréparation et une telle ignorance au sein du clergé catholique qu'il suffirait pour s'en convaincre de lire l'Encyclique Retour au sacerdoce catholique écrit en 1935 du Souverain Pontife Pie XI.

Les conséquences de la lutte contre le modernisme ils étaient à certains égards désastreux, il suffit de dire qu'au seuil des années 1940, au début du pontificat de Pie XII, Les théologiens catholiques et les biblistes ont commencé à mettre la main sur certains documents et à mener des exégèses dans le contexte de l'Ancien et du Nouveau Testament., ils ont été forcés, discrètement et travaillant prudemment sous la table, faire référence à des auteurs protestants, qui spéculait et menait des études approfondies sur certains sujets depuis des décennies, surtout dans le domaine des sciences bibliques. Et donc aujourd'hui, si nous voulons faire une étude et une analyse du texte de la Lettre aux Romains, nous devons nécessairement nous référer au commentaire du théologien protestant Carl Barth., qui reste fondamental et surtout inégalé. Ce sont là aussi les fruits de la lutte contre le modernisme., dont les "théologiens" ne parlent certainement pas réseaux sociaux que pour exister, ils ont besoin d'un ennemi à combattre. Mais comme déjà dit, ce thème sera le sujet de mon prochain livre, mais cet aparté était nécessaire pour mieux introduire notre thème.

Ce qui manque encore aujourd'hui est que ces résultats obtenus grâce à l'exégèse moderne ou à l'étude des textes de l'Ancien et du Nouveau Testament deviennent l'apanage de la majorité des croyants. Et je reviens ici pour réitérer l'importance extraordinaire que revêt réseaux sociaux, diffuser et rendre accessible certains supports. Trop souvent, ils restent confinés à des textes spécialisés et ne passent pas, sinon sporadiquement, dans la prédication et la catéchèse, favoriser une nouvelle prise de conscience des termes en jeu et donc une foi chrétienne plus solide et motivée, ne s’appuie pas uniquement sur des données acquises souvent fragiles et déroutantes, sur la dévotion, sur le sentimental, ou pire: sur les révélations, sur des apparitions réelles ou supposées, ou sur les « secrets » démangeants et tremblants du bavardage madame de Medjugorje (cf.. ma visioconférence, QUI)…et ainsi de suite à suivre.

Si certains fans fous ils avaient de l'humilité, peut-être même la décence de lire des livres et des articles rédigés par des universitaires faisant autorité, peut-être pourraient-ils comprendre que non seulement, ils n'ont pas compris, mais qu'ils n'ont rien compris du tout à la Marie des Saints Évangiles. Il suffirait de reprendre - je n'en cite qu'un parmi tant d'autres - l'article rédigé par le Père Ignace de la Potterie: «La Mère de Jésus et le mystère de Cana» (La Civiltà Cattolica, 1979, IV, pp. 425-440, texte intégral QUI), pour comprendre ainsi quelle différence abyssale il peut y avoir entre mariologie et mariolâtrie.

Quand encore aujourd'hui on parle de la Vierge Marie, Malheureusement, même chez certains prêtres - et plus encore chez certains fervents croyants - nous assistons à la répétition banale des habituels discours dévotionnels et émotionnels., jusqu'à atteindre, au pas des éléphants à l'intérieur d'une verrerie, le thème très délicat et discuté de Marie co-rédemptrice, que, comme on le sait - et comme les derniers Pontifes l'ont souligné à plusieurs reprises -, c'est un terme qui en lui-même crée d'énormes problèmes théologiques avec la christologie et le mystère de la rédemption lui-même.. En fait, affirme que Maria, créature parfaite née sans péché, mais toujours une créature créée, il a coopéré à la rédemption de l'humanité, ce n'est pas exactement la même chose que de dire qu'il a co-racheté l'humanité. C'est Christ qui a opéré la rédemption, qui n'était pas une créature créée mais la Parole de Dieu faite homme, engendré non créé de la même substance que Dieu le Père, alors que nous agissons dans le Symbole de foi, la credo, où nous professons «[...] et par l'œuvre du Saint-Esprit, il s'est incarné dans le sein de la Vierge Marie. ». Dans Symbole de foi, la rédemption est entièrement centrée sur le Christ. C'est pourquoi nous disons que la Sainte Vierge “il a coopéré” et dis “ha co-rachat” il a une valeur théologique substantiellement et radicalement différente. En fait, un seul est le rédempteur: Jésus-Christ Dieu a fait l'homme « engendré et non créé de la même substance que le Père », qui en tant que tel n'a besoin d'aucune créature créée pour le soutenir ou le soutenir en tant que co-rédempteur ou co-rédempteur, dont la Bienheureuse Vierge Marie" (cf.. Ariel S. Levi Gualdo, dans L'île de Patmos, voir QUI, QUI, QUI). Demande: aux fans du co-rédempteur, comment se fait-il qu'il ne suffit pas que Marie soit celle qui a en fait coopéré plus que n'importe quelle créature pour que le mystère de la rédemption soit réalisé? Pour quelle raison, mais surtout pour quelle obstination, pas satisfaite de son rôle de coopératrice, ils veulent à tout prix qu'elle soit proclamée co-rédemptrice avec une définition dogmatique solennelle?

D'un point de vue théologique et dogmatique, le concept même de Marie co-rédemptrice crée tout d'abord de gros problèmes pour la christologie, au risque de donner naissance à une sorte de « quatrinità » et élever la Vierge, qui est parfaite créature née sans tache du péché originel, le rôle des vrais dieux. Le Christ nous a rachetés avec son précieux sang hypostatique, humain et divin., avec son glorieux corps ressuscité qui porte encore aujourd'hui les signes de la passion imprimés en lui. Marie à la place, tout en couvrant un rôle extraordinaire dans l'histoire de l'économie du salut, Il a collaboré à notre rédemption. Dire co-rédempteur équivaut à dire que nous avons été rachetés par le Christ et Marie.. Et là, il est bon de clarifier: Christ sauve, Marie intercède pour notre salut. Il n’y a pas une petite différence entre « sauver » et « intercéder »., sauf disposition contraire de créer une religion différente de celle fondée sur le mystère de la Parole de Dieu (cf.. Mon article précédent QUI).

La mariologie n'est pas quelque chose en soi, presque comme s'il vivait une vie indépendante. La mariologie n'est qu'un appendice de la christologie et s'insère dans une dimension théologique précise du christocentrisme.. Si la mariologie se détache en quelque sorte de cette centralité christocentrique, on peut courir le risque sérieux de tomber dans le pire et le plus néfaste des mariocentrismes. Sans parler de l’arrogance évidente des représentants de certaines jeunes et problématiques empreintes de la Congrégation franciscaine-mariale., qui ne se sont pas limités à faire des hypothèses ou des études théologiques pour soutenir l'idée pèlerine du soi-disant co-rédempteur, mais en fait ils ont institué son culte et sa vénération.

Qui proclame des dogmes qui n'existent pas commet un crime plus grand que ceux dont les dogmes les nient, car il fonctionne en se plaçant au-dessus de l'autorité du même sainte Église mère et professeur, détenteur d'une autorité qui dérive du Christ lui-même. Et ce dernier oui, qui est un dogme de la foi catholique, ce qui n'a pas été atteint par déduction logique après des siècles d'études et de spéculations - comme dans le cas du dogme de l'Immaculée Conception et de l'assomption de Marie au ciel -, mais sur la base de paroles claires et précises prononcées par la Parole de Dieu faite Homme (cf.. Mont 13, 16-20). Et quand on proclame des dogmes qui n'existent pas, dans ce cas, la fierté entre en scène dans sa pire manifestation. Je l'ai écrit et expliqué dans plusieurs de mes articles précédents mais il mérite d'être répété encore une fois.: dans la soi-disant échelle des péchés capitaux, le Catéchisme de l'Église catholique indique la fierté en premier lieu, avec la paix douloureuse de ceux qui s'obstinent à concentrer tout le mystère du mal dans la luxure - dont on se souvient ne figure pas du tout en première place, mais même pas à la seconde, aux troisième et quatrième [Voir. Catéchisme non. 1866] ―, indépendamment du fait que les pires péchés vont tout le monde et la rigueur de sa ceinture à la hausse, pas au lieu de sa ceinture tomber, comme je l'ai écrit sur un ton ironique mais théologiquement très sérieux il y a des années dans mon livre Et Satan est devenu trinitaire, expliquant dans un de mes livres 2011 comment le sixième commandement a souvent été exagéré au-delà de toute mesure, oubliant souvent tous les péchés les plus graves et les plus graves contre la charité.

Si alors tout ça est filtré à travers des émotions fidéistes - comme si un sujet aussi délicat et centré sur les sphères les plus complexes de la dogmatique était une sorte de base de supporters opposés composée de supporters de la Lazio et de supporters de la Roma -, dans ce cas, on peut tomber dans une véritable idolâtrie mariale ou dans ce qu'on appelle la mariolâtrie., soit: pur paganisme. À ce stade, Marie pourrait facilement prendre le nom de n'importe quelle déesse de l'Olympe grec ou du Panthéon romain..

Les supporters de réseaux sociaux de co-rédemption de la Sainte Vierge affirment comme une sorte de preuve incontestable que c'est Marie elle-même qui a demandé la proclamation de ce cinquième dogme marial (cf.. parmi de nombreux articles, QUI). Quelque chose dont ils disent qu'il n'y a pas de discussion, la Sainte Vierge elle-même l'aurait demandé lors de son apparition à Amsterdam à Ida Peerdeman. Étant donné qu'aucune apparition mariale, y compris ceux reconnus authentiques par l'Église, Fatima incluse, cela peut être l'objet et la matière contraignante de la foi; étant donné aussi que les locutions de certains voyants le sont encore moins, on ne peut que sourire de certaines plaisanteries de théologiens amateurs qui rendent certains sujets difficiles à gérer pour nous prêtres et surtout pour nous théologiens, précisément parce que leur arrogance va de pair avec leur ignorance qui les amène à traiter un tel sujet comme s'il s'agissait réellement d'un échange houleux entre supporters de la Lazio et supporters de la Roma qui se crient dessus depuis les coins opposés du stade. Même dans ce cas, la réponse est simple: est-ce que quelqu'un est vraiment prêt à croire que la Sainte Vierge, celle qui se définissait comme une « humble servante », la femme de l'amour doué, silence et confidentialité, celui qui a pour but de conduire à Christ, peut vraiment demander à certains voyants ou visionnaires d'être proclamés co-rédempteur et mis presque à égalité avec le Divin Rédempteur? On pourrait raisonnablement demander: depuis quand, l'"humble serviteur" de magnificat, elle deviendrait si prétentieuse et vaniteuse qu'elle demanderait et revendiquerait le titre de co-rédempteur?

Enfin, le voici “preuve de preuve”: «Plusieurs Souverains Pontifes ont utilisé le terme de co-rédempteur», Cela dit, voici la liste de leurs différents discours, bien que tout démontre exactement le contraire de ce que les fans de co-rédemption aimeraient vivre. Il est vrai que le Souverain Pontife Jean-Paul II, dans un discours du 8 septembre 1982, il a déclaré:

« Maria, mais il a conçu et né sans la tache du péché, participé à une merveilleuse façon dans les souffrances de son divin Fils, être co-rédempteur de l'humanité".

Cependant, cette expression démontre exactement le contraire sur le plan théologique et mariologique. Clarifions pourquoi: dès lors, à la suite de Jean-Paul II - qui fut sans aucun doute un Pontife d'une profonde dévotion mariale -, il en avait d'autres avant lui 23 années de Pontificat. Comment venir, dans cette longue période, ainsi que de ne pas proclamer le cinquième dogme marial de la co-rédemption de Marie, il a catégoriquement rejeté la demande, quand on lui a présenté deux fois? Il l'a rejetée parce qu'entre 1962 et le 1965, le jeune évêque Karol Woytila ​​​​​​était une figure participante et active du Concile Vatican II qui, dans l'une de ses constitutions dogmatiques, a clarifié comment Marie avait « coopéré d'une manière unique à l'œuvre du Sauveur » (La lumière, 61). Affirmation introduite par l'article précédent où il est précisé que la seule médiation du Rédempteur «n'exclut pas, mais il suscite chez les créatures une coopération variée à laquelle participe une source unique. (La lumière 60; CCC 970). Et la coopération la plus élevée et la plus extraordinaire fut celle de la Vierge Marie.. Cela devrait suffire pour comprendre que les Souverains Pontifes, lorsqu'ils recouraient parfois au terme de co-rédempteur dans leurs discours, jamais dans les encycliques ou les actes solennels du magistère suprême, ils entendaient exprimer avec lui le concept de la coopération de Marie au mystère du salut et de la rédemption.

Le terme même de co-rédemption c'est en soi une absurdité théologique qui crée d'énormes conflits avec la christologie et le mystère de la rédemption provoqué uniquement par Dieu, le Verbe incarné., qui n'a pas besoin de co-rédempteurs et de co-rédempteurs, il l'a répété trois fois, Dans le 2019, 2020 e 2021 ainsi que le Souverain Pontife François:

«[...] Fidèle à son Maître, qui est son fils, le seul Rédempteur, il n'a jamais voulu prendre quelque chose de son Fils pour lui. Elle ne s'est jamais présentée comme co-rédemptrice. Non, Discepola. Et il y a un Saint-Père qui dit que le fait d'être disciple vaut plus que la maternité.. Questions des théologiens, mais un disciple. Il n'a jamais rien volé à son fils pour lui-même, elle l'a servi parce qu'elle est mère, donne la vie dans la plénitude des temps à ce Fils né d'une femme (cf.. Homélie de 12 décembre 2019, texte intégral QUI) [...] Notre-Dame n'a voulu retirer aucun titre à Jésus; elle a reçu le don d'être sa Mère et le devoir de nous accompagner en tant que Mère, être notre mère. Elle ne s'est pas demandée d'être une quasi-rédemptrice ou une co-rédemptrice: non. Le Rédempteur n'est qu'un et ce titre n'est pas doublé. Seule disciple et Mère (cf.. Homélie de 3 avril 2020, texte intégral QUI) [...] la Madone qui, comme la Mère à qui Jésus nous a confiés, nous enveloppe tous; mais en tant que mère, pas comme une déesse, pas en tant que co-rédemptrice: en tant que mère. Il est vrai que la piété chrétienne lui donne toujours de beaux titres, comme un fils pour sa mère: combien de belles choses un fils dit à la mère qu'il aime! Mais soyons prudents: les belles choses que l'Église et les saints disent de Marie n'enlèvent rien à l'unicité rédemptrice du Christ. Il est le seul Rédempteur. Ce sont des expressions d'amour comme un fils à sa mère, parfois exagéré. Mais l'amour, nous savons, nous fait toujours faire des choses exagérées, mais avec amour" (cf.. Audition de 24 mars 2021, texte intégral QUI).

Le mystère de la rédemption il ne fait qu'un avec le mystère de la croix, sur lequel Dieu a fait l'homme est mort comme un agneau sacrificiel. Sur la croix, la Bienheureuse Vierge Marie n'a pas été clouée à mort comme un agneau sacrificiel, qu'à la fin de sa vie, elle s'est endormie et a été élevée au ciel, elle ne mourut pas et ressuscita le troisième jour, vainquant la mort. La Sainte Vierge, première créature de toute la création au-dessus de tous les saints pour sa pureté immaculée, il ne pardonne pas nos péchés et ne nous rachète pas, il intercède pour la rémission de nos péchés et pour notre rédemption. Donc s'il ne nous rachète pas, parce que nous tenons à dogmatiser un titre visant à définir solennellement ce qui nous co-rachète?

De nombreux adeptes de la co-rédemption sont susceptibles n'ai jamais prêté attention aux invocations des Litanies de Lorette, qui n'étaient certainement pas l'œuvre d'un pontife récent sentant le modernisme, comme diraient certains, ils furent ajoutés à la récitation du Saint Rosaire par le Saint Pontife Pie V après la victoire de la Sainte Ligue à Lépante en 1571, bien que déjà utilisé depuis plusieurs décennies dans le Sanctuaire de la Maison de Lorette, d'où ils tirent leur nom. Il suffirait pourtant de poser cette question: comment venir, quand au début de ces litanies Dieu le Père est invoqué, Dieu le Fils et Dieu le Saint-Esprit, Disons "Ayez pitié de nous» (ayez pitié de nous)? Alors qu'on commence tout juste, avec l'invocation Sainte Marie, énoncer tous les titres de la Sainte Vierge, à partir de ce moment on dit «Priez pour nous» (Priez pour nous)? Simple: parce que Dieu le Père qui nous a créés et qui s'est donné à l'humanité par l'incarnation de la Parole de Dieu fait homme, Jésus Christ, qui apporta alors le Saint-Esprit qui « procède du Père et du Fils », avec une miséricorde compatissante, ils accordent la grâce du pardon des péchés par une action trinitaire du Dieu trinitaire, la Vierge Marie ne le fait pas, il ne nous pardonne pas nos péchés et ne les pardonne pas, parce que dans l'économie du salut son rôle est celui d'intercession. C'est la raison pourquoi, quand nous nous tournons vers elle par la prière, à la fois dans le Avé Maria que dans Salut Regina, toujours, tout au long de l'histoire et de la tradition de l'Église, nous l'invoquons en disant "priez pour nous, pécheurs"., nous ne lui demandons pas de pardonner nos péchés ou de nous sauver (cf.. Mon article précédent, QUI). Cela seul devrait suffire et faire comprendre que le terme co-rédempteur lui-même est une grossière contradiction sur le plan théologique., malheureusement suffisamment pour rendre grossiers les théologiens qui insistent pour appeler à la proclamation de ce cinquième dogme marial., charger et utiliser comme éventails des franges de fidèles, dont la plupart présentent des lacunes profondes et sérieuses dans les fondements du Catéchisme de l'Église catholique.

La personne de la Vierge Marie, la Mère de Jésus, il est regardé et indiqué avec une profondeur théologique qui le place en relation étroite avec la mission de son Fils et uni à nous, disciples., parce que c'est son rôle que les Évangiles ont voulu communiquer et rappeler, le tout avec tout le respect que je dois à ceux qui prétendent, parfois même avec arrogance, reléguer la Femme de magnificat dans un microcosme de dévotions émotionnelles qui révèlent souvent même le fumus du néo-paganisme. Le Souverain Pontife François a donc raison, qu'avec son style très simple et direct, parfois même délibérément provocateur et pour certains même irritant, mais c'est précisément pour cette raison qu'il est capable de se faire comprendre de tous, il a précisé que Maria «[...] il n'a jamais voulu prendre quelque chose de son Fils pour lui. Elle ne s'est jamais présentée comme co-rédemptrice". Et elle ne s'est pas présentée comme telle parce que Marie est la Femme de magnificat: «Il regarda l'humilité de son serviteur, désormais toutes les générations me diront bienheureuse"; béni parce que je suis devenu serviteur, certainement pas pourquoi j'ai demandé, à un voyant dément, être proclamée co-rédemptrice.

 

de l'île de Patmos, 3 février 2024

 

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La Mère de Jésus, le trésor caché dans les Évangiles

LA MÈRE DE JÉSUS, LE TRÉSOR CACHÉ DANS LES ÉVANGILES

«Le saint Concile exhorte avec ferveur et insistance tous les fidèles, surtout les religieux, apprendre “la science sublime de Jésus-Christ” (Fichier 3,8) avec lecture fréquente des divines Écritures. “Ignorance des Écritures, en fait, c'est l'ignorance du Christ”. Qu'ils s'approchent volontiers du texte sacré, à la fois à travers la liturgie sacrée, qui est imprégné de paroles divines, à la fois par une lecture pieuse, à la fois par le biais d'initiatives adaptées à cet effet et d'autres subventions, qu'avec l'approbation et les soins des pasteurs de l'Église, c'est louable aujourd'hui, ils se sont répandus partout".

- Les pages théologiques -

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Auteur
Ivano Liguori, ofm. Cap.

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Article au format PDF imprimable

 

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Dans les années qui ont suivi le Concile Vatican II La science biblique a fait des progrès importants, offrant des contributions désormais essentielles pour la théologie dans ses différentes branches et pour la vie chrétienne. C'est le cas au moins depuis, depuis l'époque de Pie XII, dans l'Église catholique, l'étude de la Bible a été encouragée en donnant la possibilité d'utiliser toutes les méthodes normalement appliquées à un texte écrit.

L'annonce – Œuvre de Salvador Dali, 1960, Musées du Vatican (cliquez sur l'image pour ouvrir la page)

Combien sont conscients des énormes avantages que les études exégétiques ont apporté à la théologie qui étudie la figure et le rôle de la Vierge Marie, la soi-disant mariologie. Quelle richesse de pouvoir dire aujourd'hui que le récit de l'Annonciation (Lc 1, 26-38) pour sa forme littéraire, tout en conservant en lui la communication d'une naissance miraculeuse, mais c'est une histoire de vocation: La vocation de Marie. Mais qui sait? Qui a remarqué que dans la version CEI de la Bible de 2008, celui que nous lisons actuellement dans nos liturgies, l'annonce de l'ange à Marie se fait aujourd'hui avec: "Réjouir"; quand dans la version précédente du 1974 il a été lu: "Je vous salue"; en raison de la grande influence due à la prière deAvé Maria? C'était le Père jésuite Stanislas Lyonnet[1] le premier que dans 1939 il a souligné que l'invitation impérative à la joie ("remonter le moral", Kayré De Lc 1,28) fait référence aux textes prophétiques adressés à la « fille de Sion » (Canapé 3,14). Changez tout, ce n'est plus une simple salutation, mais Marie reçoit une invitation qui était autrefois adressée à Israël, à qui les prophètes s'adressaient comme à une femme. Au Moyen Âge, on disait qu'en raison de sa fonction maternelle, Marie était "Figure de la synagogue".[2], aujourd'hui, grâce à des acquisitions exégétiques nous donnons à cette affirmation une connotation nouvelle et plus solide d'un point de vue scripturaire.

Quand encore aujourd'hui on parle de la Vierge Marie, malheureusement aussi parmi les prêtres et plus encore parmi les fidèles, nous assistons à la répétition banale des discours dévotionnels et émotionnels habituels; tout au plus allons-nous jusqu'à suivre le thème délicat et discuté de Marie co-rédemptrice. Combien d'homélies voulant expliquer l'épisode de Cana en parlent encore comme d'un simple miracle? Ce mot n'est pas présent dans le passage de l'Évangile. Au lieu de cela, nous parlons d'un "signe" - "Jésus a fait cela comme le début des signes" (Gv 2,11) - qui dans le Quatrième Évangile a une profondeur et une signification théologiques complètement différentes. Et Maria était présente là-bas, qui n'est même pas appelé par son nom, mais seulement identifié comme: «Donna». Pourtant, tout ce que nous entendons, c'est à propos de la Madone: La Madone qui a forcé le miracle. Qui sait combien savent que la phrase de Jésus à sa Mère est très probablement une question : « Mon heure n'est pas encore venue ».?» - comme l'a prouvé un exégète talentueux il y a des décennies[3]. La nouvelle Bible CEI ne le rapporte pas encore, mais au moins, de la version précédente, le terme miracle a été changé et maintenant on peut enfin lire le mot "signe" (Gv 2,11).

Un autre changement de perspective intéressant ce qui s'est produit lentement, en scrutant attentivement la figure de Marie dans les Évangiles, c'était mettre de côté le lien traditionnel entre Elle et la figure d'Ève, protagoniste du protovangelo di Genesi. Parce qu'il était au contraire plus conforme aux textes et riche en perspectives théologiques et ecclésiologiques de voir Marie comme une image de cette fille biblique de Sion. (Doit 86 [87],5, 5 LXX), la nouvelle Jérusalem qui devient protagoniste de la nouvelle Alliance avec Jésus.

Cela apparaît clairement dans les récits évangéliques, surtout dans deux textes johanniques qui voient Marie, jamais appelé par son nom propre, mais identifié plutôt comme « La mère de Jésus » ou plus curieusement comme « Femme ». L'épisode des noces de Cana (Gv 2, 1-11) et celui de la "Mère" sous la croix (Gv 19,25-27) avec le disciple bien-aimé, sont directement liés précisément à cause de la présence dans les deux moments de cette "Femme".

Dans le premier cas, un Cana, nous sommes au début de la manifestation de Jésus, dans le deuxième épisode nous sommes plutôt à la fin de cette révélation, là: «Tout a été accompli» (Gv 19,28). Révélation qui représente le leitmotiv de l'Évangile johannique: "Ça a donné, personne ne l'a vu: le Fils unique, qui est Dieu et est au Père, il est celui qui l'a fait connaître " (Gv 1,18). Cana est le point culminant d'une semaine au cours de laquelle Jésus commence à se révéler à ses premiers disciples, après la première grande journée intemporelle du prologue; la croix est le dernier moment, avant la résurrection bien sûr, qui voit Jésus se révéler à la Mère et au disciple, celui qui n'a jamais cessé de suivre Jésus depuis le début, le grand mystère de l'Église qui regarde avec foi ce qui s'est passé et en rend témoignage: «Celui qui l'a vu en rend témoignage» (Gv 19,35).

Un Cana, Marie, la Mère de Jésus, elle est cette Femme qui représente l'humanité dans la pauvreté et le judaïsme qui vivait d'espérance messianique. Les mots si apodictiques - «Ils n'ont pas de vin» (Gv 2,3) - ils signifieraient le désir d'Israël de voir se répandre le vin messianique ou la révélation définitive de la Nouvelle Alliance, selon la riche symbolique du vin dans la tradition biblique et juive. Elle invite, donc, les disciples à renouveler ce dessein déjà exprimé dans l'ancienne alliance du Sinaï: «Tout ce que Yahvé a dit, nous le ferons"; « Quoi qu'il te dise, fais-le" (Est 19,8; voir également 24,3.7; Gv 2,5).

Saint Jean l'Évangéliste, comme il le fait souvent tout au long de son travail, par exemple dans l'histoire de la Samaritaine au puits (Gv 4,13-14), il nous demande de nous élever du niveau humain et historique au niveau plus spirituel et théologique. Où spirituel ne veut pas dire moins fidèle à la vérité, il désigne et indique plutôt le sens le plus caché et le plus profond caché dans une histoire, en accord avec ce que l'herméneutique moderne découvre également. Martin Heidegger dans ses écrits dit que le langage se trouve dans « l'imprononçable » et le sens dans le « non-dit » du texte., tandis que le philosophe Emmanuel Lévinas parle d'aller "au-delà du vers", Grégoire le Grand, un médiéval, il a même dit ça: «Le texte grandit avec celui qui le lit».

Concernant Marie, l'Évangile nous fait donc passer par le sens immédiat et plus évident d'elle comme mère de Jésus parce qu'elle l'a porté dans son sein et lui a donné naissance., à celui d'un représentant de toute une communauté qui souhaite s'unir à Jésus qui, étant donné le contexte, elle veut se lier à lui comme une épouse à son époux, car c'est Lui qui apporte le salut, le vin nouveau symbole de la nouvelle alliance messianique. L'ensemble du passage et l'utilisation du terme « Femme » sont une invitation à nous élever du niveau historique et littéral au sens le plus caché et le plus profond qui est spirituel., théologique et hautement significatif pour les croyants. C'est pourquoi l'épisode de Cana se déroule à la fin de la première semaine de la manifestation de Jésus à ses disciples., curieux de savoir qui il est, ce qui apporte un nouveau respect à John qui l'a indiqué (Gv 1,36) et où est son secret: "Où séjournes-tu? » (Gv 1,38). Ce n'est pas un hasard si l'évangéliste commente à la fin que Jésus n'a pas accompli un simple miracle à Cana., mais « il manifesta sa gloire et ses disciples commencèrent à croire en lui » (Gv 2,11).

Si le rôle maternel de la Femme envers les disciples, un Cana, c'était sommaire ou plutôt initial, sous la croix cela apparaît clairement. C'est là que Marie reçoit une nouvelle maternité spirituelle qui s'exprime dans la relation mutuelle entre elle et un disciple.: «Ils étaient près de la croix de Jésus sa mère, la sœur de sa mère, Marie, mère de Cléopas et de Marie-Madeleine. Jésus alors, voir sa mère et à côté d'elle le disciple qu'il aimait, Il a dit à sa mère: «Donna, voici votre fils!». Puis il dit au disciple:: "Voici ta mère!». Et à partir de cette heure, le disciple la prit chez lui " (Gv 19,25-27).

On dit que quand quelqu'un est sur le point de mourir prononce habituellement des mots importants, définitive. Et ce sont les dernières paroles de Jésus avant de mourir, avant de prononcer celle définitive: «Sur le plateau». Mais une fois de plus, saint Jean nous prévient qu'ici se cache une révélation importante.. Il le fait en utilisant un schéma utilisé à plusieurs reprises dans son travail, ou en utilisant les deux verbes: voir, terrible; puis l'adverbe "ici", en séquence. Les chercheurs appellent ce processus: schéma de révélation; car cela indique que l'auteur nous dit que quelque chose de nouveau est illustré.

En racontant la passion, la crucifixion et la mort de Jésus, Jean ne se contredit pas et rassemble des thèmes d'une grande importance théologique. La royauté de Jésus est universelle, comme l'indiquent les langues du titre de la croix: «C'était écrit en hébreu, en latino et en greco» (Gv 19,20); tous les enfants de Dieu dispersés sont rassemblés: "Et moi, quand je suis soulevé du sol, J'attirerai tout le monde à moi" (Gv 12,32); sa tunique inutilisable représente l'unité de l'Église, du moins dans l'exégèse patristique à cause du verbe esquisser ("mèche") utilisé ici, d'où le schisme: «C'est pourquoi ils dirent entre eux: "Ne le déchirons pas, mais tirons au sort à qui ce sera le tour". Il est l'agneau pascal intact: «Cela s'est en effet produit pour que l'Écriture s'accomplisse: Pas un seul os ne sera brisé. » (Gv 19,36; cf.. Est 12,46). Et au point culminant de cette révélation, Jésus remet « sa mère » au disciple..

En effet, nous remarquons dans les versets que la Mère de Jésus qui est "le sien" (terme répété quatre fois), cela devient à travers les paroles de Jésus au disciple: "Votre mère"; et vice versa, il est pour elle: "Ton fils". Ce disciple est aimé parce que c'est lui qui n'a jamais cessé de suivre Jésus depuis le début, à partir de cette première semaine qui se jette dans le signe de Cana que nous avons mentionné ci-dessus; quoi ça, au lieu, cela n'a pas réussi pour Pietro qui devra reprendre sa suite plus tard. En ce sens, il représente le disciple par excellence auquel nous devons tous nous conformer., c'est un symbole de tout vrai disciple de Jésus, pour être en mesure, penché sur sa poitrine, saisir les aspects les plus intimes de Lui. Mère, comme nous l'avons vu à Cana, représente la fille de Sion, mais maintenant dans sa fonction maternelle pleinement révélée. C'est elle qui voit ses enfants perdus auparavant, maintenant rassemblez-vous (Est 60, 4-5 LXX). Soyez à Cana, dans la phase initiale, cette relation a été mentionnée, ici il atteint toutes ses preuves. La « Femme » devient désormais la mère de l'Église, représenté par le disciple.

En quoi consiste cette nouvelle maternité ? que nous appelons spirituel, parce que le vrai et unique Fils qu'elle avait était Jésus? Précisément à cause de son lien indissoluble avec Jésus, Désormais, elle ne peut être que pour le nouvel enfant, l'église, celui qui conduit à Jésus, qui nous invite à entrer dans une alliance qui n'est plus initiale comme à Cana, mais définitif, sanctionné par la mort salvatrice du Christ sur la croix. Elle sera celle qui renouvellera envers les disciples ce qu'elle fut pour Jésus dans l'incarnation.: ce sera la Mère. Si déjà à Cana les disciples n'étaient pas appelés esclaves, mais servir, je "diakonoï" De Gv 2,5, encore plus ici ils sont considérés comme des enfants. Et cette maternité, donné sous la croix, il s'exprime en aidant le disciple, nous tous, comprendre le sens profond de ce qui s'est passé depuis le début et de ce qui se passe à ce moment-là dans l'épreuve. C'est pourquoi le disciple, dit l'évangile, il comprend immédiatement les paroles de Jésus et prend dans son cœur ce qui est maintenant sa Mère. Il ne prend pas possession, comme si une femme passait la propriété de l'un à l'autre, mais il l'accueille pour tout ce que cela signifie maintenant, grâce à la parole révélatrice que vient de prononcer Jésus. C'est pour cette raison que l'évangéliste commente: «Et à partir de cette heure le disciple l'accueillit avec lui» (Gv 19,27).

Le disciple, participant à l'heure messianique du Seigneur et grâce à la présence maternelle de Marie il peut tourner le regard de celui qui a compris vers Jésus sur la croix, au sens large du terme, celui de porter avec lui et en lui le grand mystère dont il est témoin. Et en fait, ce sont ses mots: « Celui qui a vu en rend témoignage et son témoignage est vrai; il sait qu'il dit la vérité, pour que toi aussi tu croies" (Gv 19,35).

De quoi témoigne le disciple, juste après avoir reçu cette nouvelle Mère? Qui a entendu les dernières paroles de Jésus sur son œuvre achevée et les autres qui ont exprimé son désir de donner l'Esprit: «Sur le plateau» (Gv 19,28b). Ce sera après la mort de Jésus, que Jean décrira précisément comme une délivrance de l’Esprit – «Il a abandonné son esprit» (Gv 19,30 Vulgate) – avec l’ouverture du côté d’où s’écoule le sang, c'est-à-dire la vie de Jésus donnée jusqu'à présent, et de l'eau, symbole du don de l'Esprit comme cela avait été annoncé à plusieurs reprises dans l'Évangile (Gv 7, 37-38), que sa volonté soit enfin et définitivement un regard de foi tourné perpétuellement vers Jésus: «Ils regarderont celui qu'ils ont percé». (Gv 19,37). Un Père de l'Église écrit:

"Personne ne peut atteindre le sens (de l'Évangile de Jean) s'il n'a pas appuyé sa tête sur la poitrine de Jésus et n'a pas reçu Marie comme mère de Jésus, E, être un autre John, pour qu'il se sente désigné par Jésus comme s'il était Jésus lui-même. Parce que… Marie n'a pas d'autres enfants que Jésus; quand Jésus dit à sa Mère: “Voici ton fils” et pas: “Ici, cet homme est aussi ton fils”, c'est comme s'il lui disait: “Voici Jésus que tu as enfanté”. En fait, tout le monde a atteint la perfection “il ne vit plus mais le Christ vit en lui” et parce que le Christ vit en lui, Le Christ parle de lui à Marie: “Voici ton fils, le Christ”»[4].

Si aujourd'hui je relis ces paroles audacieuses d'Origène nous réalisons combien de vérité théologique et de beauté spirituelle ils contiennent, nous le devons aussi au fait que l'étude de Marie dans l'Écriture, qui a de nouveau prospéré au cours des dernières décennies, elle permet de récolter les fruits d'un travail d'analyse à la fois rigoureux et amoureux des textes bibliques et de jouir des affirmations anciennes avec une conscience renouvelée.. Et l'Église recommande non seulement que le texte soit étudié par des spécialistes, mais que chacun puisse boire à la fontaine de la Sainte Écriture:

«Le saint Concile exhorte avec ferveur et insistance tous les fidèles, surtout les religieux, apprendre “la science sublime de Jésus-Christ” (Fichier 3,8) avec lecture fréquente des divines Écritures. “Ignorance des Écritures, en fait, c'est l'ignorance du Christ”. Qu'ils s'approchent volontiers du texte sacré, à la fois à travers la liturgie sacrée, qui est imprégné de paroles divines, à la fois par une lecture pieuse, à la fois par le biais d'initiatives adaptées à cet effet et d'autres subventions, qu'avec l'approbation et les soins des pasteurs de l'Église, c'est louable aujourd'hui, ils se sont répandus partout. Cependant, ils doivent se rappeler que la lecture des Saintes Écritures doit être accompagnée de la prière., pour que le dialogue s'établisse entre Dieu et l'homme; tant que “quand nous prions, parlons-lui; nous l'écoutons, quand on lit les oracles divins”». (Épée de Dieu, 25).

Nous voici maintenant au but de cette petite contribution. Inculquer aux lecteurs le désir d’aimer et d’apprendre les Écritures de manière sérieuse, mais aussi passionné. Ici, nous avons résumé beaucoup de choses, tellement, parce que chaque aspect aurait nécessité un traitement plus large. Espérons que cela serve au moins de stimulus ou de... saisir comme on dit dans le jargon, surtout parce que le sujet abordé faisait référence à la Vierge Marie. Ce petit écrit peut aider ceux qui lisent à revenir à cette source de révélation qu'est la Bible qui peut nous en dire tant sur Marie., plus que les récits qui circulent, aussi sur social, souvent pas d'excellente qualité. Parce que comme le disait un auteur ancien et je le laisse en latin, c'est si immédiatement compréhensible: «Toute la Bible est un seul livre, et ce livre est le Christ»[5].

Sanluri, 6 février 2023

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REMARQUE

[1] LYONNET S., Caire, Kéjaritomène, Biblique 20 (1939)

[2] Un gloss interlinéaire par Gv 2,1: «La figure maternelle de la synagogue», sous la garde sacrée de la Bible Glossaire ordinaire…, V, Anvers, 1617, 1044; SAN TOMMASO D'AQUINO, Super évangile. S. de Jean (éd. Caï.), n. 346: «[…] portant en cela la forme d'une synagogue, qui est la mère du Christ".

[3] VANHOYE A., Interrogation johannique et exégèse de Cana (Gv 2,4), dans la Bible 55 (1974).

[4] Origène, Commentaire sur Saint-Jean, je,4,23; Caroline du Sud 120,70,72.

[5] Hugues de Saint-Victor, De Arca Noé, 2, 8: PL 176, 642; cf. Ibid.. 2, 9: PL 176, 642-643; Catéchisme de l'Église catholique, Non. 134).

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De la désorientation doctrinale de l'Église au péché des prêtres et au recyclage des laïcs. Perspective d'une culture intransigeante qui en condamnant sanctifie et condamne en sanctifiant

DE LA DÉSORIENTATION DOCTRINAL DE L'ÉGLISE AU PÉCHÉ DES PRÊTRES ET AU RECYCLAGE DES LAÏCS. PERSPECTIVES D'UNE CULTURE NON TRANSIGENTE EN CONDAMNANT LES SANCTIFIES ET EN SANCTIFANT LES CONDAMNATIONS

le “tolérant” moderne, au lieu, il ne se sacrifie pas pour ses idées comme le ferait l'idéaliste, au contraire, on ne se fait pas scrupule de sacrifier ceux qui ont des idées contraires aux siennes, comme le ferait un dictateur envers ses adversaires. Combien de martyrs de la tolérance et des droits existent aujourd'hui? Mais peut-être que les martyrs les plus nombreux sont ceux qui sont présentés comme des semeurs involontaires de haine précisément parce qu'ils divergent, porteurs d'une haine qui ne peut être vue car elle n'est présente que dans le regard du tolérant en devoir qui a intérêt à utiliser la haine comme outil idéologique pour contrôler les masses.

- Les pages théologiques -

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Auteur
Ivano Liguori, ofm. Cap.

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Article au format PDF imprimable
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je. UNE QUESTION DE PRINCIPE

Je suppose que je ne révèle pas de secrets indigne de confiance si je dis que garder les catholiques chrétiens, de nos jours, ce n'est pas du tout une simple entreprise. Il ne s'agit pas tant de préserver seulement une identité traditionnelle apparente - du moins en ce qui concerne le continent européen - mais de montrer que Dieu a encore un certain droit de citoyenneté dans la vie des hommes et que le Christ est reconnu comme l'événement fondateur et définitif de la révélation. divina.

l'effondrement de la voûte de la basilique de San Francesco à Assise en 1997 [cliquez sur l'image pour ouvrir la vidéo]

Selon un sondage du Centre de recherche Pew [cf. QUI] réalisée en 2017 sur un échantillon de 1.804 répondants, 80% des Italiens se déclarent chrétiens, le fait inquiétant concerne la fréquence, en fait le 23% participe aux services religieux au moins une fois par semaine, la 20% une fois par mois et plus 34% a une pratique beaucoup moins assidue. Selon d'autres données relatives à une recherche Ipsos sur 2017, toujours en Italie, le sien 60.000 répondants, Les catholiques diminuent. Cela passe de 85,4% de 2007 Al 74,4% du 2017. Une étude plus récente du 2018 dell 'Étude des valeurs européennes 84,4% des Italiens disent généralement croire en Dieu sans autre précision utile.

Données en main nous subissons une baisse drastique de la foi chrétienne mais ce qu'une enquête ne peut jamais dire concerne la motivation théologique qui représente la vraie raison de cette diminution. La motivation théologique qui devient une pierre scandaleuse sur laquelle se brisent les statistiques impitoyables réside dans le fait que l'on n'est plus en possession de la spécificité du christianisme, pour que nous soyons souvent perdus, à la merci d'une forme d'Alzheimer qui nous rend incapables de reconnaître la foi et de nous reconnaître comme des croyants prêts à donner raison, comme l'exprime saint Pierre dans sa première épître [cf.. 1Pt 3,15-16].

Je donne un exemple pour être plus clair. Pas de juif, d'hier à aujourd'hui, on ne songerait jamais à désavouer l'alliance entre Dieu et Abraham et surtout l'événement fondateur qui a unifié le peuple élu lors des Pâques de libération en Egypte. Pas de juif, sain, douterait que Dieu soit le Goël libérateur et rédempteur du peuple et qui en Moïse a rendu possible le salut contre la domination du pharaon d'Égypte. Bien que cette foi ait été sévèrement mise à l'épreuve face aux terribles événements d'Auschwitz, la foi de nos frères en Abraham est restée pratiquement inchangée pendant des siècles et devient une raison pour que l'identité ethnique et religieuse soit célébrée avec fierté dans chaque famille.

Pour nous chrétiens, au lieu, avoir une certaine foi n'est pas une question d'orgueil mais d'embarras, nous sommes souvent les premiers à nous considérer comme intransigeants et fanatiques lorsque nous essayons de nous élever au-dessus de la médiocrité. Donc, être plus digeste aux yeux du spectateur, nous préférons plutôt devenir rose et montrer un amour universel que nous pouvons magnifiquement justifier à travers le discours eschatologique de Matthew 24,31-46 qui - d'ailleurs - selon l'exégèse correcte, il ne doit jamais être dissocié des passages ultérieurs – rapportés par le saint évangéliste Matthieu, d'abord la parabole des dix vierges [cf.. Mont 25,1-13] puis celle des Talents [cf.. Mont 25,14-29] — avec le risque de faire dire au texte sacré ce qu'il n'a pas vraiment l'intention de dire.

Comme preuve de cela, J'apporte un exemple à l'appui de mes paroles. Combien de fois avons-nous entendu parler de prêcher l'amour depuis les chaires? Combien de fois l'amour a-t-il été utilisé comme slogan et passe-partout pour tout justifier, même l'injustifiable et le déraisonnable? Combien de fois au nom de l'amour ont fait des choix complètement méchants, expression de la sentimentalité la plus émotionnelle et de la passion la plus séduisante? Le terme chrétien de charité se réfère à Dieu, selon l'enseignement de l'apôtre Jean: "Cher, aimons-nous, parce que l'amour vient de Dieu: quiconque aime est né de Dieu et connaît Dieu. Celui qui n'aime pas n'a pas connu Dieu, parce que Dieu est amour " [cf.. 1Gv 4,7-8]. Triste est la conscience de vérifier que cet «amour» si fortement médiatisé aujourd'hui est privé de la présence de Dieu Trinité et utilisé comme un alibi par lequel le péché est normalisé jusqu'à ce qu'il s'épuise dans une attitude exclusivement philanthropique et utilitaire. Cette attitude d'appauvrissement charité en fait, ce n'est pas un vice moderne de la personne de Dieu, fort de cette sagesse disant Rien de nouveau sous le soleil [rien de nouveau sous le soleil] l'histoire du christianisme a déjà connu cette dégénérescence du concept d'amour depuis ses premiers siècles.

Dans 361 dC. l'empereur Julien l'Apostat, il s'oppose vigoureusement au christianisme en mettant en œuvre une politique de paganisation du peuple et un retour à la pensée néoplatonicienne. Le christianisme ne retiendra que l'activité caritative et l'attention au voisin qui tente de se greffer au sein de l'anti-Église païenne qu'il a conçue. L'histoire nous dit que la tentative était irréalisable, paganisme décadent, ainsi que l'athéisme moderne assumé par la religiosité d'élite, il ne pouvait rivaliser avec l'amour authentique de Dieu qui dans le Christ consiste en la caractéristique de l'héroïsme jusqu'au sacrifice de la vie et dans le Saint-Esprit de la caractéristique du missionnaire qui est la cause première de toute action vertueuse. L'amour, être authentiquement chrétien, il ne faut pas que faire du bien, mais cela doit conduire à un don de soi total, même avec ces gens et dans ces situations peu aimantes, en vertu du fait que si la justice du disciple n'excède pas celle du monde, il n'y a plus d'indication de perfection et de garantie de la présence de l'Esprit du Père, comme l'indique le saint évangéliste Matthieu [cf.. Mont 5,20]. L'amour chrétien est cette vertu théologale qui se reconnaît en Dieu et conduit à lui, annonce le salut à l'âme, se convertit du péché et ouvre les portes du ciel.

Après cette digression nécessaire sur la relation entre Dieu et l'amour, revenons à la recherche des questions de sens qui interpellent notre foi. Qui est Jésus? Qu'est-ce qu'il est venu faire dans le monde? Ce sont encore les questions de base, dans la plupart des cas, des questions restent sans réponse pour de nombreux jeunes qui fréquentent le catéchisme et pour de nombreux jeunes chrétiens. La situation ne change pas beaucoup si nous soumettons cette question à des adultes, aux parents de ces enfants, ou à leurs grands-parents qui, tragique à dire, ils s'orientent vers un retour à l'analphabétisme religieux qui conduit à un véritable athéisme pratique.

Maintenant pour savoir qui est Jésus-Christ nous nous résignons à interroger les différents laïcs branchés qui social et à la télévision avec un air tamisé, ils dictent la nouvelle christologie à la page avec la circonstance aggravante que l'Église, le officiel, celui assigné au contrôle de la bonne doctrine, qui devrait confirmer les frères dans la foi, est silencieux. Et même quand il parle, essayant de mettre sur pied un déni bâclé et pâle, il le fait avec peu de conviction pour faire soupçonner que certaines affirmations hérétiques ont gagné une certaine sympathie même à l'intérieur des palais sacrés.

Nous pouvons dire, à ce stade, ce dogme est entré en crise? Absolument pas. Qui est entré en crise est un certain C'esttablissement ecclésiastique composé de pasteurs et de théologiens qui ont perdu - oui - la boussole de la foi et qui recourent de plus en plus à la catégorie du « mystère » en essayant de se cacher derrière un paravent, puisqu'ils ne peuvent plus donner raison à la foi et à l'espérance qui sont en eux, tout est inclus dans les première et deuxième épîtres de saint Pierre et dans l'évangile de saint Jean [cf.. 1Pt 3,15; 2Pt 1,16-19; 1 Gv1, 1-4]. De cette façon, il a perdu les deux vertus théologales de la foi et de l'espérance, ce qui reste, l'amour, prend les connotations de la modernité et de la recherche du consentement à tout prix. Avez-vous déjà remarqué que la modernisation de la personne du Christ, de l'église, du magistère, de la morale, de la formation du clergé et de son identité a toujours été menée par les champions de l'amour et au nom de l'amour? Nous sommes arrivés au paradoxe, dans lequel la corruption doctrinale de l'Église est sous la bannière de l'amour! Qui aime ça, il faut réitérer, il s'est fait chair et a donné sa vie pour l'homme pécheur, Bref, même insulte à la blessure. Au plus fort de cette confusion doctrinale, il y a aussi l'acte sacrilège de vouloir confondre ou associer Dieu avec le péché. Mais si nous entendons rester fidèles au Christ et à l'Église catholique, comme l'a fait saint Thomas Becket avec son martyre, nous devons résister et la résistance chrétienne ne se réalise pas dans le chant de "Bella Ciao", mais delaissez Pasquale ' qui nous rappelle que le Christ est Dieu, Seigneur et souverain, vainqueur du péché.

je sais, finalement, être chrétien cela signifie entrer dans la vie intime de Jésus-Christ, et laissez-le régner en tant que dirigeant incontesté de mon existence - vérité réitérée chaque année à la solennité du Christ-Roi à la fin de l'année liturgique - peut-être est-il bon de reconnaître que quelque chose a mal tourné ou nous sommes confrontés à un grand malentendu. La foi est avant tout une adhésion de l'homme à Dieu et en même temps et de manière inséparable, c'est le libre assentiment à toute la vérité que Dieu a révélée et qui trouve plénitude en Jésus-Christ, révélation définitive et complète du mystère salvifique de Dieu [cf.. Seigneur Jésus].

Donc, nous reconnaissons franchement que c'est nous prêtres, ainsi que les chrétiens dits engagés - ceux qui, par exemple, militent dans les mouvements ecclésiaux, ils se reconnaissent comme militants dans la vie sociale et politique du pays, qui aident dans la paroisse, qui pratiquent une certaine charité — nous poursuivons au mieux une christianisme secondaire, bordure ou périphérie qui aux yeux des plus espiègles se révèle comme une façade christianisme.

Avec ce terme nous identifions une certaine culture chrétienne extrêmement variée et complexe qui néglige la fin ultime et surnaturelle de la foi qui consiste en le salut de l'âme, ignore la lutte spirituelle contre le péché et l'ouverture à la grâce divine ainsi que la nécessité de rester dans une foi catholique divine observée au sein d'une communauté de foi qui se reconnaît au sein de l'Église de Rome.

Conte christianisme secondaire dissipe largement la figure du prêtre en le réinventant comme directeur, un conservateur de musée diligent et un travailleur social régulièrement rémunéré et avec des horaires de travail variables. La même dissipation se retrouve chez les laïcs, chez ceux qui ne s'identifient plus dans la catégorie des fidèles (puis fidèle à qui et à quoi? mah!) et pour cette raison, ils choisissent de s'hybrider dans des modèles de christianisme qui les transforment tous en figures mythologiques difficiles à concilier dans un chemin de foi et une vie qui dans le baptême a été transmise à Dieu..

Il ne fait aucun doute qu'il est urgent de réitérer une question de principe: l'essence du christianisme réside dans ce petit mot que Jésus prononce plusieurs fois dans l'Évangile de Jean [cf.. Gv 8,24; 8,28; 8,58; 13,19; 18,5] se désigner: est-ce’Je suis — en greco ἐγὼ εἰμι, je eimi, qui est une garantie d'identité divine [cf.. Est 3,14-15] et de salut pour chaque créature.

C'est le choix total de ce moi divin qui met en crise et que, comme le montre la lecture de Jacob Neusner dans son livre "Un rabbin parle avec Jésus", constitue la grande différence entre l'Israël éternel et le Nouvel Israël composé du peuple des baptisés rachetés par la Passion du Christ et sa résurrection.

Mien je identité il doit être capable de reconnaître le mystère de Dieu, réprimer'Je suis qui a la première place [cf.. Lc 14,25-33] et qui me jette au sol [cf.. À 22,8] et ça terrifie chaque fois que je présume de le posséder et de le gérer à ma guise [cf.. Gv 18,6], la totalité, il se trouve enfermé dans les Évangiles de San Luca et San Giovanni.

Qui est Jésus? Jésus est Dieu, comme l'indiquent divers passages des Saintes Écritures, en particulier le saint évangéliste Luc, à suivre avec l'Évangile de saint Jean et la correspondance paulinienne [cf.. Lc 22,70; Gv 1,1.14; Gv 5,18; Gv 8, 58; Fichier 2,6; Col 2, 9; Col 1,15; Mib 1,3], est le Seigneur [cf.. Rm 10,9; Gv 20, 28; Lc 23,39-43; Fichier 2,11], il est l'authentique révélateur du Père [cf.. Gv 10, 30; Gv 5,22-23; Gv 14,8-11], et pour ces raisons, personne ne peut ignorer ces vérités révélées sans consommer une trahison, faire un déni, sans se sentir scandalisé ni déclencher une guerre sainte; le tout toujours en référence à l'Évangile de saint Jean. Cet Homme-Dieu est venu pour sauver le monde des péchés [cf.. Mont 1,21], pour que l'homme ait une belle vie et pas une bonne vie [cf.. Gv 10,10] et en vivant sérieusement être définitivement privé du cancer du péché [cf.. Mib 2,14-15] et rendu juste dans son sang [cf.. Rm 5,9; 8,33]. Il n'y a pas d'alternatives, la jalousie divine de l'Ancien Testament [cf.. Dt 5,6-10] est combiné avec le choix totalisant du Christ et sa personne est le seul choix de communion possible qui produit des fruits de vie nouvelle [cf.. Mont 12,30; Lc 5,38].

Jésus-Christ est si volumineux qu'il n'est pas possible de le faire taire, depuis deux mille ans, son nom résonne sur la terre et sa fidélité s'est avérée aussi stable que le ciel [cf.. Doit 89,3]. Tout parle encore de lui: du calendrier aux vacances, des traditions civiles à l'éthique, de l'art à la musique; l'histoire, géographie, la manière de calculer le temps et même le vaste cosmos et la nature témoignent qu'il est Dieu et qu'il est Seigneur. Même avant ceux qui ont l'intention de le nier pernicieusement, le refuser, Jusqu'à ce qu'il disparaisse complètement, le mérite involontaire doit être admis - tout comme pour les démons [cf.. Mc 5,6; Lc 4,34; À 19,15] - d'un accusé de réception Kerigmatico, dans lequel sa majesté et sa puissance ne sont pas du tout remises en question.

Et tandis que le Christ proclame et s'affirme, sa majesté est réitérée, son rôle clé qu'il joue dans l'histoire humaine, bien que ce dernier se cache le plus souvent de sa présence comme Adam l'a fait [cf.. gn 3,9-10] ou désir comme Nietzsche de faire un parricide qui brise la dépendance angoissée du partenaire divin, promettre de plus grandes libertés.

.II. CRISE DE LA FOI, CRISE DOCTRINALE, CRISE MORALE

.La question de principe que je voulais aborder dans le premier paragraphe de cet article nous aide à mieux comprendre la condition de crise chronique qui depuis cinquante ans a affecté la solidité de l'Église. C'est une crise sur plusieurs fronts qui affecte les aspects de croire à la contingence historique actuelle. De la doctrine à la pastorale, de la morale à la spiritualité, du témoignage quotidien à la manière d'interpréter le martyre, tout repose sur une foi fragile, où le Christ n'est plus Dieu et son rôle n'est plus celui de Sauveur. Attention bien, affirmer l'existence d'une foi instable n'est pas la même chose que dire qu'il n'y a plus de foi en général ou que ceux qui croient le font de manière malveillante ou intéressée. Les statistiques nous montrent qu'environ 80% des personnes se déclarent encore chrétiennes, mais le fait de se déclarer n'est pas encore une raison suffisante pour croire. Les bienheureux apôtres Pierre, André et Jean se sont vu reprocher à plusieurs reprises par Notre Seigneur pour leur foi en lui pas encore suffisamment mûre et ouverte à la grâce. Et tous les autres, bien qu'identifiés comme les disciples du Nazaréen, ils n'ont pas hésité à l'abandonner au moment de la Passion, désavouer avec les œuvres ce qu'ils proclamaient ouvertement. Autrement dit on peut dire que l'inscription du nom sur le registre paroissial des baptêmes ne fait pas de nous des chrétiens croyants et crédibles.. Ces considérations nous amènent à comprendre comment une foi de cette nature et une croyance de ce genre n'ajoutent rien et ne nuisent pas à l'existence de l'homme.. Avec les paroles de l'Évangile de Jean, nous pouvons dire que la foi conduit essentiellement à un habiter là où Jésus est présent [cf.. Gv 1,38; 15,4-ss]. En demeurant en Lui, il y a plus qui mène à une christification de la vie que, bien que travail de grâce, cependant, il a besoin d'une assistance humaine et de l'exercice du libre arbitre.

Comment ne pas reconnaître Karl Rahner et dans l'invention des « chrétiens anonymes », la ruse magistrale d'une apparente religiosité moderne qui, face à une proposition ouverte de foi, il en a conduit beaucoup à croire qu'il vaut mieux se tenir le plus loin possible de tout ce qui est chrétien (et peut-être même catholique) préférant passer du temps plus fructueusement au lieu de recourir à un Dieu qui ne se connaît plus par son nom et qui ne s'est conservé que comme présence formelle. Ces gens sont plus que des « chrétiens anonymes » – anonymes pour ceux qui voient que Dieu appelle toujours tout le monde par son nom. [cf.. Est 43,1; 45,4] — ils devraient être appelés « athées dogmatiques », ne ressentant pas le besoin de croire au Dieu de Jésus-Christ, ils vivent déjà dans une foi athée qui se nourrit et se nourrit de ses propres dogmatiques. Faites-y attention, personne n'est plus dogmatique et intransigeant qu'un athée convaincu, qui déclare énergiquement ce qui ne devrait pas exister pour lui, et combattre ce en quoi il ne croit plus. Tout comme personne n'est plus attaché aux traditions chrétiennes de celui qui a abandonné la pratique religieuse pendant des années et vit de souvenirs lointains et de nostalgie. Dogmatisme, rigidité, la nostalgie et les styles de foi sclérosés sont les déchets dont la christianisme secondaire nourrit avec voracité, mais comme ils sont indigestes, ils sont régurgités dès qu'une nouveauté évangélique approche.

Nous devons réaffirmer que la foi chrétienne tout court c'est une pieuse illusion, s'il ne consiste pas en une théologie du salut bien établie. Le Christ n'est pas seulement le Dieu auquel croire, mais il est le Sauveur et Rédempteur de l'homme, celui pour qui le salut entre dans le monde et l'homme se libère de l'esclavage du péché [cf.. Mont 1,21; Mc 2,7]. La foi sans salut est mutilée et pour survivre elle s'oriente et s'identifie vers d'autres disciplines de la connaissance humaine, comme la philosophie, psychologie, sociologie, anthropologie, le médicament, vers un nouvel humanisme avec une empreinte athée qui manifeste sa propre hybris présumer de sauver la physicalité de l'individu - lutter contre la pauvreté, avoir faim, aux maladies, aux guerres - et pour préserver la création - parallélisme, environnementalisme, pseudo-franciscanisme communiste - reconstituer une virginité primordiale désormais perdue, le tout au détriment d'une âme divine immortelle qui a été créée par Dieu et qui reviendra à Dieu après la mort. En effet si on veut tout dire, ce faux hybris qui a combattu le péché originel dans le passé et le combat encore aujourd'hui, il enlève à l'homme le sens du péché en introduisant des lieux de contrôle externes dans lesquels rechercher le bon bouc émissaire pour justifier toute adversité et opposition. Malheureusement, l'homme est créé pour Dieu et sans lui son cœur ne peut trouver la paix [cf. Augustin, Les confessions, 1,1.5], sans sens du péché et sans besoin de rédemption, ce qui reste est le sentiment de culpabilité qui écrase et déprime la pauvre humanité moderne. De nombreux deresponsabilizzati, ils sont incapables de procéder à un examen de conscience véritable et sincère - même en vue d'une confession sacramentelle - qui conduit à la reconnaissance de la culpabilité et à la recherche de la rédemption de la part du seul capable de la fournir.

Certains préfèrent télécharger vers le diable la faute de tous les renversements personnels, rejetant naïvement la question sur les épaules de l'esprit du mal - qui est ici assumé comme un lieu de contrôle externe - sans se souvenir que le tentateur [cf.. gn 3, ss] pour consommer la chute de l'homme, il avait besoin de son consentement. En bref, atténuant en atténuant, facile et improbable pour une humanité au-delà des limites du désarroi.

Pour détourner l'attention de cette triste vérité ce qui conduit à un pessimisme selon lequel définir Leopardi serait un euphémisme, les oppositions s'inventent, distractions de masse se combattant. Et comme à l'époque des anciens Romains, les gens concouraient au Colisée pour garder les affamés bons, Alors aujourd'hui, vous affrontez des factions opposées pour vous distraire: les traditionalistes contre les progressistes, les papistes contre les sédévacantistes, les Lefebvriens contre les modernistes, les Guelfes contre les Gibelins, Chrétiens de droite contre chrétiens de gauche, prêtres séculiers contre prêtres réguliers, bref, la liste pourrait encore s'allonger et se prolonger indéfiniment avec l'inclusion de mouvements ecclésiaux qui rivalisent pour gagner la palme des meilleurs si la question n'était pas en elle-même suffisamment tragique.

Devant ce panorama, l'Église hiérarchique, celle des bergers à l'odeur du mouton, les prêtres pauvres, lobbies spéculant sur les migrants, intégration et accueillir ce qu'il fait? L'exercice de direction plus validée aujourd'hui par le clergé, elle ne repose plus sur l'autorité d'une foi raisonnable, qui apporte des motivations basées sur le besoin de croire et pourquoi il faut croire. La direction de beaucoup d'entre nous, prêtres - il suffit d'écouter une homélie ou une catéchèse pour s'en rendre compte - est remplie d'un esprit de bienveillance démocratique et d'un style que je définirais comme « parlementaire » dans lequel les choses sont décidées par élection, par l'autorité de la majorité. et si quelque chose met en danger la pensée dominante, une motion ou une interpellation est immédiatement prête à renverser la situation en sa faveur..

Le style politique parlementaire est aussi celui de nos évêques qui sont prêts à se dissocier de leurs prêtres, vu comme des frappeurs d'inquisition, quand ils essaient d'éduquer les fidèles aux principes de la doctrine et de la morale, même simplement en citant le catéchisme. A côté des actes de dissociation poussés il y a des excuses faciles pour toutes ces catégories de personnes qui ne correspondent pas à la pensée de l'Évangile. La technique consistant à transformer l'ennemi en ami grâce à un aimer bombarder [bombardement d'amour] qui assume l'hypothèse de fautes faciles et inexistantes est le nouveau paradigme pour être inclusif dans la charité. Peu importe que l'apôtre nous rappelle que la charité doit fuir les fictions [cf.. Rm 12,9] et pratiquez la vérité même si elle est inconfortable et inappropriée pour la plupart.

Nous les prêtres 3.0 dans la nouvelle version mise à jour, absorbé par le rôle de direction des conservateurs de musée avec un salaire fixe, sans paternité de nos bergers et sans une foi solide qui nous distingue comme prophètes devant le monde, nous sommes la proie facile du fomite de la sensualité. Les sens assombris par une vie plus en phase avec le monde qu'avec le Christ Sauveur du monde, ils nous exposent à des problèmes critiques identifiés par l'exercice d'une sexualité désordonnée, d'une possessivité qui exprime le pire d'elle-même dans la gestion financière, et dans l'incapacité d'entretenir des relations significatives avec les gens sans parler du maintien despotique du pouvoir qui est très proche de la conservation des privilèges de la pire caste.

En parlant de sexualité, une distinction doit être faite. J'ai parlé de sexualité juste pour la diversifier de la génitalité, en fait, les deux termes de la morale chrétienne sont attribués à deux aspects différents. Bien que les adjectifs sexuel e génital ils sont aujourd'hui utilisés comme synonymes, ils ne sont pas. Nous identifions la personne dans son être masculin ou féminin avec le terme sexuel, dans son comportement masculin ou féminin, dans sa manière d'exprimer la masculinité ou la féminité et dans le style différent et original de communiquer l'amour. Avec le terme génital, au lieu, nous entendons ce qui se réfère plus correctement aux systèmes génitaux, leur anatomie et physiologie, à la tâche unitive et procréative que la doctrine catholique continue de considérer résolument.

Réalité génitale, tellement salué par la modernité, il est inclus dans le sexuel qui est plus large, complet et typiquement humain. Nous sommes trop inquiets pour attraper les prêtres en faute pour un abus de génitalité dont nous ne nous rendons pas compte qu'il y a une grande déconnexion dans la pratique de cette sexualité qui fait partie intégrante et essentielle de la figure du presbytre.. À tel point que le terme «père», avec lesquels nous appelons communément les prêtres du clergé régulier, c'est une indication de l'exercice d'une sexualité masculine saine comme démonstration d'une paternité spirituelle qui vise l'accompagnement et la sanctification du peuple de Dieu. C'est pourquoi les prêtres sont tenus avant tout d'une masculinité avérée et éprouvée qui leur permet de mieux exprimer l'exercice de leur sexualité en étant des pères aimants et autoritaires..

La manière d'aimer qu'il connaît dans la sexualité et la masculinité ta propre langue, il peut s'exprimer de deux manières différentes et antithétiques: par une possessivité asphyxiante qui veut consommer l'autre et l'opérer ou par une liberté dialoguant qui ne craint pas l'autre et se propose de l'aimer tel qu'il est, assez pour mûrir et grandir comme nous le voyons se produire dans la rencontre entre Jésus et la femme samaritaine [cf.. Gv 4,1-26]. En ce qui concerne le sexe féminin, Jésus est différent de la majorité des hommes de son temps qui utilisent, ils abusent et objectivent la femme pour obtenir quelque chose d'elle en retour. Dans le Christ, cet amour libre et libérateur du Père qui témoigne du véritable amour pour toute réalité créée se concrétise. Le prêtre, viens vieux christ, il ne peut pas mortifier cet amour libérateur et libre qui est constitutionnel à sa sexualité et à sa nature. Les compromis qui alternent entre les sublimations compensatoires doivent être évités, troubles pathologiques et écarts. La liberté du prêtre amoureux, qui est une explication d'une vie célibataire, caste, pauvre et obéissant à l'image du Rédempteur, c'est une condition théologique et prophétique qui ne peut être comprise qu'en fonction du Royaume et de cette vie eschatologique pleine dans laquelle toutes les relations seront assumées et transfigurées en Dieu [cf.. Mont 19,12; Mc 12,25].

Même dans l'utilisation de l'argent et dans l'exercice du pouvoir il est possible de tracer une expression de la sexualité humaine qui peut s'avérer équilibrée, mature et informé par grâce ou despotique, narcissique et soumis aux désirs égoïstes du monde. La manière de gérer et de sauvegarder les biens qui nous sont confiés - depuis le soin de la création jusqu'à la manière de travailler au sein de la création - communique ou non la rencontre globale avec Dieu qui aime et sert à partir de tout ce qui existe a été confié au commun. bien. Faire étalage de succès et de puissance, par une utilisation inhumaine et instrumentale de la richesse, c'est une constante que l'on trouve assez répandue dans l'histoire humaine, parfois c'est une gratification immédiate, d'autres temps d'un véritable culte idolâtre envers les choses et envers soi-même. Parmi les disciples de Jésus-Christ, Mais, la logique du règne humain ne s'applique pas, mais l'impératif est incontesté: "Ce n'est pas comme ça entre toi" [cf.. Mc 10,43]. Il ne faut pas être naïf au point de penser que la richesse et le pouvoir constituent objectivement des maux en eux-mêmes - comme cela s'est produit dans certains mouvements paupéristes ou dans certaines idéologies des XIXe et XXe siècles -, il est nécessaire d'évaluer soigneusement l'utilisation qui en est faite. L'Évangile n'accuse jamais le riche en tant que tel, sinon en référence à un non-partage et à un usage solipsiste qui oublie les gémissements des pauvres [cf.. Lc 16,19-31], et les difficultés de la veuve [cf.. Mc 12,41-44]. Comme ça, tandis que la richesse humaine devient fonctionnelle pour une subsistance et un entretien honnêtes, la richesse du Royaume ouvre les portes du paradis et assure la possession de Dieu [cf.. Lc 12,16-21].

Tout pouvoir et toute autorité viennent de Dieu et sont son don [cf.. Monsieur 33,23; Allemagne 1,10; Gv 19,10-11; Rm 13,1-2; App 2,28]. Ce concept était assez connu dans l'Antiquité, au point de soutenir la thèse - soutenue par certains auteurs [cf.. S. Paulo, S. Augustin, CITÉ DE DIEU, Jacques-Bénigne Bossuet] — selon lequel il était possible de construire un véritable principe juridique légitimant les gouvernants à gouverner les hommes en se substituant à Dieu. Dans le gouvernement civil et religieux, l'obéissance à celui qui détenait le pouvoir était interprétée comme une obéissance directe à Dieu. Cette thèse ainsi formulée se compose de deux inexactitudes. La première consiste à ne pas considérer le fait qu'aucune puissance et autorité terrestre n'est à l'abri de cette blessure du péché originel qui corrompt tout pouvoir et autorité dans le despotisme et la dictature.. La seconde inexactitude consiste à négliger l'aspect trinitaire de la question en ne considérant que la personne du Père comme le détenteur exclusif de l'autorité et du pouvoir excluant la participation du Fils et du Saint-Esprit.

Seulement en devenant obéissant au Père, tout comme Christ était, il est possible de trouver le moyen sûr d'éviter la corruption de pouvoir et les déviations d'autorité [cf. Mont 4,1-11]. Le prêtre, participer à l'autorité du Christ découlant de l'ordination sacrée, il est également admis au gouvernement et à l'exercice d'un pouvoir qui exprime une autorité. Alors, comment, après le baptême, Le Christ est conduit dans le désert par le Saint-Esprit pour devenir un messie du salut selon l'Esprit du Père et non selon l'esprit du monde, ainsi le prêtre dans l'exercice du pouvoir et de l'autorité est appelé à imiter le Maître qui en servant l'autre s'est fait serviteur, culminant sa diaconie avec le sacrifice de la vie en faveur des hommes [cf.. Mc 10,42-45] et remettre tout pouvoir entre les mains du Père dans le jardin des oliviers [cf.. Mont 26,39; 26,42; Mc 14,36; Lc 22,42] donner satisfaction à cela kénose qui a commencé avec l'incarnation. L'autorité sacerdotale retrace la diaconie du Fils, se nourrit de la volonté du Père et possède l'onction du Saint-Esprit pour la sanctification des frères et pour la confirmation de la foi reçue avec le baptême.

III. UNE ENTREPRISE LIQUIDE, FAIBLE ET IMPARFAIT

La société occidentale dans laquelle nous vivons, où le chrétien est appelé à faire son pèlerinage terrestre et où il manifeste son témoignage courageux de foi, ressemble de plus en plus à un terrible Moloch qui exige l'accomplissement de sacrifices continus et qui s'auto-attribue le droit d'être adoré en tant que divinité. Peu importe que ces sacrifices soient payés par le prix de vies humaines non concluantes et d'âmes maintenant fragmentées et perdues., perdu dans le non-sens de l'existence. Une société étrange, notre, qui est heureuse d'être narcissiquement envisagée pour ressembler à une terrible belle-mère qui exige beaucoup plus de ses enfants qu'elle ne parvient réellement à donner.

Une belle-mère affectueuse, à cause de l'utérus stérile, qui est orné de mots comme il le ferait avec des bijoux qui scintillent de significations aiguës comme dans le cas de l'amour, de tolérance, de bienveillance, compréhension et droits. Cette vision du monde en faillite avait déjà été annoncée par le Christ à ses disciples dans l'Évangile: « Si le monde vous hait, sachez qu'il m'a haï avant. Si vous étiez du monde, le monde vous aimer comme son propre; parce que vous n'êtes pas du monde, mais je t'ai choisi du monde, c'est pourquoi le monde te déteste" [cf.. Gv 15,18-19]. Le Christ et ses disciples ne sont pas du monde, en expérimentant la dimension temporelle du monde mais pas son essence. Le signe effectif consiste dans le fait que la Parole de Dieu s'est faite chair [cf.. Gv 1,14], la Parole divine est devenue humaine, contrairement à ce qui se passe aujourd'hui dans lequel beaucoup de mots humains sont divinisés et absolutisés. Toutefois, ce Moloch corporatif apparemment invincible et déifié a déjà un terme établi, juste pour le simple fait que le "prince et dieu de ce monde" [cf.. Gv 12,31; 2Cor 4,4] a été définitivement vaincu.

À ce stade de la discussion il est utile d'introduire le thème de l'idolâtrie, cela nous aidera à comprendre certains problèmes importants de l'entreprise que nous rencontrons au quotidien. Parlez d'idolâtrie, dans le tissu social, ce n'est en aucun cas secondaire, en effet on peut dire que cette attitude se reproduit cycliquement et systématiquement juste au moment où diminue le sens du «Sacré» qui comprend des horizons beaucoup plus larges et diversifiés que la simple référence au divin. A cet égard, il serait intéressant d'étudier le déclin des peuples précisément en relation avec la crise et la disparition du «sacré» de la vie humaine. Pour le moment, il suffit de le mentionner en attendant une future étude plus ponctuelle et compétente.

Clarifions un fait immédiatement: idolâtrie, en réalité, c'est l'un des nombreux masques avec lesquels l'athéisme se déguise devant la société et le monde. Parler d'idolâtrie et d'athéisme semble une contradiction mais ce n'est pas. Dans la Bible, par exemple, le péché de l'idolâtrie est bien connu mais pas celui de l'athéisme, comment venir? La réponse est simple: l'homme ancien aussi bien que l'homme biblique n'est en aucun cas un homme athée. Il faut partir de l'observation évidente qu'aucun homme n'est né naturellement athée, l'étincelle de son origine divine a poussé l'homme depuis sa naissance, jusqu'à sa mort et le pousse à rechercher le sens de sa propre existence et une vérité qui le transcende.

Athéisme visible, celui pratiqué ces jours-ci, c'est la dégénérescence de l'idolâtrie qui jette les vêtements du sacré. L'athéisme est le fruit trompeur qui s'est formé au cours de certaines périodes historiques et cela à travers la Révolution française, L'âge de l'illumination, La pensée positiviste se matérialise de plus en plus à travers les philosophies des XIXe et XXe siècles ainsi que des mouvements gnostiques très spécifiques qui ont déclaré la guerre au christianisme et en particulier au christianisme catholique.

Athéisme, paradoxalement, il se nourrit de ce mode de vie dissociéO qui est clairement visible aujourd'hui et qui prend de plus en plus des traits pathologiques, sous l'illusion de conduire chacun vers un progrès illimité. L'homme occidental moderne se trouve ébranlé dans ce modèle d'entreprise - se trompant souvent et volontairement qu'il a atteint les plus hauts jalons de la civilisation et de l'humanisation - un visage d'une communauté humaine qui se décrit de plus en plus clairement comme le visage d'un La société imparfaite et qui a déjà commencé à présenter une énorme facture.

Cette société imparfaite qui se définit et se fait connaître précisément à partir de ses dogmatistes si intransigeants et de sa conscience nettement fidéiste qu'ils se révèlent souvent imprudents. La clairance du relativisme gnoséologique et éthique pour lire et interpréter la réalité qui nous entoure, l'optimisme répandu d'un certain type de science qui prétend répondre aux gémissements de sens les plus intimes au cœur de l'homme, révolutions dans le domaine de la technologie et de la communication, avec la présomption de constituer un nouvel ordre mondial qui peut unifier toutes les croyances, conduire inexorablement à l'échec car en fait l'ancien péché que les bâtisseurs de la Tour de Babel ont commis est retracé dans une clé moderne [cf.. gn 11,1-9]. L'athéisme est donc la distillation d'une volonté idolâtre privée du sens du sacré qui prétend se faire un nom quel que soit son Créateur. [cf.. gn 11,4].

Cet aperçu social, si douloureusement concret mais néanmoins réel, cela peut s'expliquer à travers une phrase du théologien dominicain Réginald Garrigou-Lagrange [1877-1964] ça dit: «L'Église ne fait aucun compromis sur les principes, parce qu'il croit, il est tolérant dans la pratique, parce qu'il aime. Les ennemis de l'Église, au contraire, tolèrent les principes, parce qu'ils ne croient pas, mais sans compromis dans la pratique, parce qu'ils n'aiment pas. L'Église absout les pécheurs, les ennemis de l'Église absout les péchés " [cf. Dieu, son existence et sa nature, Paris 1923, p. 725]. Quel sens donner à ces propos du bon Réginald Garrigou-Lagrange par rapport à une société liquide et déstabilisée comme la nôtre ?? Quel fil conducteur unit les traits de faiblesse, imperfection, dell 'idolâtrie impie assez pour produire une réalité apparemment libérale mais secrètement intransigeante et parfois impitoyable et contradictoire?

Le raisonnement du théologien dominicain permet de comprendre comment cette société, avant d'être ennemie de Dieu et de l'Église, est d'abord ennemie d'elle-même. En réalité, est plus enclin à entreprendre plus facilement la recherche d'une tolérance qui égalise et aplatit ses semblables qu'une recherche de vérité qui conduit à une altérité différente, jusqu'à atteindre l'altérité transcendantale qui représente le noyau authentique de la foi et de la relation avec Dieu. Aujourd'hui, si vous avez remarqué comment mener certains débats et discussions, le moyen le plus sûr de mettre l'adversaire sur les cordes puis de le faire taire, il consiste essentiellement à l'accuser d'intolérance. L'accusation de non-tolérance est cette accusation qui n'admet pas de vérité objective, qui ne prend pas en compte l'expérience personnelle, de l'histoire et de la tradition des peuples. L'accusation d'intolérance est rejetée par la censure, l'interdiction des réalités qui ne peuvent être dites, connu ou simplement témoigné. Aujourd'hui, il est possible d'être considéré comme intolérant à bien des égards et d'être provoqué dans différents domaines tels que la foi et la religion, race et ethnicité, sexualité et génitalité, Coutumes et traditions, la politique et le monde civil et bien plus encore.

Dans le jeu des contrastes, stratagème que j'ai déjà eu l'occasion d'analyser dans cet article, professer la foi fait de moi une personne intolérante et violente, par exemple. Affirmer la loi morale naturelle sur le mariage me donne la visibilité d'un fanatique fondamentaliste médiéval, cultiver et valoriser les racines traditionnelles et culturelles d'un peuple fait de moi un ennemi dangereux de la mondialisation et de l'inculturation. Ceux que nous appelons maintenant intolérants sont en fait divergents, des héros qui ne s'alignent pas sur la pensée unique et doivent donc être vus comme des ennemis à neutraliser. Si vous remarquez les meilleurs représentants de la pensée libérale, tolérants et garants, ils commettent d'innombrables fois des attitudes illibérales, violent et intransigeant digne du meilleur régime dictatorial despotique.

le “tolérant” moderne, au lieu, il ne se sacrifie pas pour ses idées comme le ferait l'idéaliste, au contraire, on ne se fait pas scrupule de sacrifier ceux qui ont des idées contraires aux siennes, comme le ferait un dictateur envers ses adversaires. Combien de martyrs de la tolérance et des droits existent aujourd'hui? Mais peut-être que les martyrs les plus nombreux sont ceux qui sont présentés comme des semeurs involontaires de haine précisément parce qu'ils divergent, porteurs d'une haine qui ne peut être vue car elle n'est présente que dans le regard du tolérant en devoir qui a intérêt à utiliser la haine comme outil idéologique pour contrôler les masses. La tolérance moderne revendique donc non seulement des droits mais aussi la dispersion de la haine. Depuis moins d'une décennie, la tolérance a conclu un mariage heureux avec le terme de dérivation grecque phobie. Grâce à ce terme, les meilleurs chevaux de trait du tolérant sont générés La société imparfaite comme l'homophobie, L'islamophobie, xénophobie et autres. Je cite ces trois exemples uniquement parce qu'ils sont les plus pratiqués par les réseaux sociaux, télévision, radio et journaux … On se rend compte que tout cet échafaudage n'a pas le moindre sens et qu'il n'est pas possible de poursuivre un discours de tolérance exclusivement lié à un droit privé de devoirs et à une peur qui est un antidote à la haine.? Invoquer la tolérance en tirant parti des droits et en excluant les devoirs constitue une vision du monde basée sur l'égocentrisme, dans lequel tout devient licite, il suffit que cela soutienne des droits personnels réels ou présumés.

D'autre part, remettre en cause la tolérance à venir à la haine se fier au sentiment de peur de l'autre est insensé, car cela signifierait qu'il suffit de générer une alarme pour conjurer le mal. Dans cette imposante zibaldone, il est difficile de trouver la clé du problème, au point de tout ramener à une origine certaine et sûre. La perspective d'une culture sociale intransigeante qui tout en condamnant sanctifie et sanctifiant la condamnation apparaît plus comme un paradoxe qui rappelle le dieu romain Janus qui, ayant un "double visage", c'est l'image parfaite du compromis, du transformisme, de l'union des contraires.

Aujourd'hui, le masque de Janus triomphe sur les visages du monde qui parcourent les rues de nos villes et villages, de nos places et centres commerciaux, palais du pouvoir et églises. Un Janus sans âge qui s'habille en vêtements masculins et féminins ou neutre si nécessaire, porter le voile, la talar, l'habitude, le jupon fileté de violet ou de rouge mais c'est toujours lui, l'ancien serpent qui ne se lasse jamais de faire la guerre avec la prétention impie de prouver que Dieu avait tort de faire confiance à l'homme.

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Sanluri, 27 novembre 2023

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De l'amitié de Jésus avec Abraham à Jésus qui nous accueille en nous appelant amis

DE L'AMITIÉ DE DIEU AVEC ABRAHAM À JÉSUS QUI NOUS ACCUEILLE EN NOUS APPELANT AMIS

Cette célèbre histoire biblique nous dit qu'être amis n'est certainement pas une diminution ou une soustraction à la relation de foi, parce que ça demande de la condescendance, complicité et attente quand, par exemple, un ami est en difficulté. pas un hasard, longtemps après l'histoire d'Abraham dans la Genèse, l'une des plus belles expressions que nous trouvons dans l'Écriture concernant la relation entre le messager de Dieu, Jésus, et qui le suivait était: "Je vous ai appelé amis".

— Pages bibliques —

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Il semble que le terme ami ne peut exister sans sa qualification spécifique. Nous avons différents types déclinés, dans les divers arts, qui offrent de temps en temps l'image d'un ami fragile, redécouvert ou ingénieux. On pourrait en parler sans fin. Un ami peut être vrai ou faux, être toujours là ou disparaître, vous pouvez lui faire confiance inconditionnellement ou dans le pire des cas être trahi par eux.

La Bible qui est littérature formé sur une très longue période, ainsi que parler du protagoniste principal, qui est Dieu, présente un ensemble diversifié de situations humaines. Ce n'est pas par hasard que le poète Byron il l'appelait "le grand code de l'art", expression reprise plus tard par le critique N. Frire qui en a fait un livre[1]. Dans ce tour d'horizon de l'humanité disparate, l'intérêt pour les amis ne pouvait pas manquer. C'est ainsi que le code biblique a pu susciter des symboles restés dans l'imaginaire de chacun (Frye les a appelés imagerie), même des non-étudiants du livre biblique.

Le personnage de Judas est célèbre cil incarne l'amitié trahie: «Amico, c'est pourquoi tu es là" (Mont 26,50), ce sont les paroles que Jésus adresse au traître après avoir reçu son baiser. En restant avec les Evangiles, on ne peut oublier l'amitié de Jésus pour la famille de Béthanie: mars, Maria et Lazzaro. Quand il mourra, Jésus dira: « Lazare, notre ami, il s'est endormi; mais je vais le réveiller" (Gv 11,11). Ainsi que la réputation d'ami des publicains et des pécheurs qui a conduit Jésus à être détesté par les autorités.

Il existe de nombreuses expressions bibliques se référant à l'amitié, surtout dans les livres de sagesse. Voici deux mentions parmi tant d'autres:

« Un ami fidèle est un médicament qui donne la vie:
ceux qui craignent le Seigneur le trouveront." (Monsieur 6, 16).

"Un ami fidèle est un havre de paix:
qui le trouve, trouver un trésor" (Monsieur 6,14).

Un dicton devenu célèbre celui qui dit "celui qui trouve un ami trouve un trésor". Mais le premier personnage biblique à être qualifié d'ami, nul autre que Dieu, c'était Abraham. Le prophète Isaïe l'a appelé ainsi: « Je vous, Israël, mon serviteur, toi Jacob, j'ai choisi, descendant d'Abraham, mon ami" (Est 41,8). Le livre de Daniel fait écho à cela: « Ne nous retire pas ta miséricorde, pour l'amour d'Abraham, ton ami, d'Isaac, votre serviteur, d'Israël, ta sainte" (3,35) et le deuxième livre des Chroniques: "Tu n'es pas parti en voiture, notre Dieu, les habitants de ce pays devant ton peuple Israël et tu ne l'as pas donné pour toujours aux descendants de ton ami Abraham?» (20,7). Jusqu'au deuxième testament où l'on trouve dans la lettre de Jacques: «Et s'accomplit l'Ecriture qui dit: UNEbramo a cru Dieu et cela lui a été crédité comme justice, et il a été appelé un ami de Dieu" (2,23).

Et si l'auteur de la lettre de Jacques il a insisté sur les actions d'Abraham comme qualifiant sa foi, de l'autre Paul de Tarse renversa la médaille, dans Romains, mettre la foi d'Abraham avant ses œuvres et par cela et par cela seulement il a été justifié.

Ici, nous ne voulons pas aborder le sujet ardu et complexe de la justification et de la grâce relevant de la théologie. Mais nous voulons simplement décliner la façon dont l'histoire biblique nous parle de la relation entre Dieu et Abraham. Quel genre d'amitié c'était? Abraham méritait cette relation particulière? Il t'a toujours correspondu? Il semble un sujet intéressant étant donné qu'il est devenu le vêtement du don de la vie divine à l'homme de foi et de la grâce qui sauve. Sans négliger le fait qu'Abraham est considéré comme le père des trois grandes religions monothéistes, même si certains ont du mal à définir le christianisme comme un monothéisme.

Parce que la Bible préfère raconter que d'énoncer des théories, nous essaierons de retracer les récits des événements d'Abraham pour comprendre cette relation d'amitié et comprendre au final qu'Abraham n'était pas si éloigné de nous, de nos attentes et émotions, de nos points de vue qui paraissent inébranlables et qui sont mis à l'épreuve par des demandes et des promesses divines qui ne se révèlent pas immédiatement.

Il y a un épisode dans l'histoire d'Abraham raconté dans le livre de la Genèse (18, 25-32) qui semble mettre en valeur plus que d'autres, plus que le même appel, la relation spéciale d'amitié entre lui et Dieu, et c'est l'histoire de la négociation sur la destruction de la ville de Sodome. A Dieu qui avait déjà décidé du sort de la ville, Abraham signale la possible présence de justes dans celle-ci. Et de dix à dix à descendre il parvient à arracher un morceau de la bienveillance de Dieu. Cet épisode met en lumière une caractéristique du patriarche qui revient plusieurs fois dans les récits, ou sa capacité incontestable à négocier. C'est un puits, de division territoriale, de terre pour la tombe de sa femme Sara, de comment trouver une femme pour Isaac son fils ou de Dieu lui-même, comme dans le cas ci-dessus, Abraham est imbattable.

Un peu moins, beaucoup moins, quand il s'agit d'avoir foi dans les paroles divines et cela semble incroyable pour tout ce qu'on pense normalement de lui. Mais Dieu ne semble pas s'en soucier. Comme le font les vrais amis.

Même l'exégèse rabbinique il considérait favorablement la capacité abrahamique de traiter, quand il s'agit de sauver les gens. Les maîtres de la Torah, en fait, ils n'ont pas accordé une bienveillance égale à un autre patriarche célèbre, Noé, qui a reçu l'ordre de construire une arche à cause du déluge imminent. Celles-ci, contrairement à Abraham, il n'a rien fait pour contrecarrer le dessein destructeur.[2] Noé était un homme obéissant qui ne posait aucune question, "marcher avec Dieu" (Gén 6,9) mais il n'a établi aucune relation avec lui, peut-être à cause de la fin de tout ce qui était à venir. Avec Abraham qui "a marché devant Dieu" (Gén 17, 1) c'était nécessaire, plutôt une relation active, patiente et sympathique.

Et la patience avec Abraham doit avoir beaucoup. Un lecteur moderne du texte biblique serait surpris de trouver des traits embarrassants dans la vie du patriarche. Ceux-ci agissent comme un contrepoids aux compétences de médiation évidentes déjà mentionnées, qu'il est un expert en armes et en guérilla (Gén 14, 14-16), des hommes et des alliances (Gén 17, 17-24) et entrepreneur capable du monde antique (Gén 24, 34-35).

Pourtant, les premiers mots d'Abraham dans la bible, immédiatement après l'appel de Dieu, ils disent un mensonge, laisser passer Sarah, aux yeux du pharaon égyptien, comme une soeur au lieu d'une femme[3]. Un épisode qui se répétera plus tard avec un autre roi (casquette. 20). Malgré la promesse divine répétée qu'il aura sûrement une progéniture, sera d'accord, plus loin, à propos de l'intention de Sarah d'avoir un enfant avec l'esclave Hagar; mais quand les deux femmes entreront en conflit, il la chassera dans le désert, à contrecœur, avec seulement une miche de pain et une outre d'eau. Quand avec son fils Isaac montera sur le mont Moriah, lieu de son sacrifice, il chargera le bois sur les épaules de son fils. Quel père aurait fait ça sachant quel destin il allait rencontrer?

Mais Abraham, justement, on se souvient surtout de lui pour sa foi: « Il crut que le Seigneur, qui le lui a crédité comme justice" (Gén 15, 6). Mais cette foi devait évidemment grandir et mûrir, en passant par des preuves importantes, outre le fait que c'est une parole et une promesse divine qui l'ont suscité, rappelé maintes et maintes fois.

Dans le Livre de la Genèse (cf.. 12) Dieu a d'abord parlé à Abraham. L'expression utilisée en hébreu, les psychanalystes ont beaucoup aimé: Aller (joue joue) « Va pour toi » ou « Va vers toi »[4]. Un nouveau mot, personnel, adressée à Abraham fils de Terak, l'a invité à quitter son père et à aller dans un pays pour devenir une nation bénie. Déclencher, mais comme souvent, l'enthousiasme s'est perdu en cours de route. Le voyage était fatigant, dans stages, les gens hostiles e, surtout, quelle progéniture aurait-il pu avoir si un fils n'était pas venu? Voilà comment, tu veux pour les difficultés, vous voulez pour l'âge avancé, il satisfait. Après tout, le fils de l'esclave, Ismaël, c'était déjà quelque chose. Donc, à un moment donné, Abraham a laissé échapper devant Dieu: « Si au moins Ismaël pouvait vivre devant toi!» (Gén 17, 18). Jusqu'à la énième promesse d'un enfant à eux, Abraham et Sarah éclatent de rire. Abraham a même plié de rire (Gén 17, 17).

Mais voici la torsion. Sarah a en effet enfanté un fils à Abraham: Isaac, le promis. Mais quel ami te fait un tel cadeau: Isaac, de l'hébreu Isaac littéralement "le fils qui rit, qui fait rire, dont on peut se moquer et ridiculiser[5]? Qui pour cette raison est devenu la cause de l'enlèvement de l'autre fils, Ismaël, qui n'avait aucun défaut?

Abraham était sans voix à la naissance de son fils, puisque le texte ne contient que les paroles de Sarah, qui parlait de rire et de rire. Qui est ce fils que son ami Dieu a envoyé ?? Nous devons accepter ce cadeau? Parce qu'Isaac, parmi tous les patriarches bibliques et sui generis. Il n'a jamais eu le rôle du protagoniste et est immédiatement apparu dépourvu de sa propre personnalité. Il ne pouvait même pas trouver sa femme tout seul et celle-ci, Rébecca, quand elle l'a finalement vu de près, est tombé du chameau. Sans surprise, plusieurs commentateurs, juifs et chrétiens, ils ont souligné qu'Isaac n'était peut-être pas un fils parfait, désactivé, fils autiste d'un père vieillissant[6]. Imaginons les sentiments d'Abraham si cela devait être l'accomplissement de la promesse. Comment accepter tout ça?

C'est à ce point que le récit biblique nous présente l'un des épisodes les plus fascinants et dramatiques de toute sa littérature. L'histoire du sacrifice ou plutôt de la Akda (aqedah, sur la connexion) d'Isaac au chapitre 22. Un épisode qui a inspiré artistes et commentateurs de l'Antiquité à nos jours. Il n'est pas possible d'en rendre compte ici, mais nous pouvons proposer une interprétation qui est bien liée à ce qui a été dit jusqu'à présent sur la relation entre Dieu et Abraham.

C'était d'abord un nouveau départ. Revenons au verset 2 le même "joue joue” (va pour toi, vers vous) du chapitre 12. Encore un aller vers soi. Mais cette fois la promesse s'est réalisée, de manière inattendue. Où Abraham devrait-il aller? L'ascension du mont Moria, avec seulement un dialogue sur un bélier à trouver, c'est déchirant. Malgré le résultat à la fin heureux, l'épisode gardera sa tragédie: dans le silence qui tombe lors du retour à la maison des deux, dans le manque d'exaltation ou de joie, dans la séparation physique subséquente entre le père et le fils et dans la mort de Sara qu'un Midrach (midrash)[7] cela découle du fait qu'elle a appris ce qui allait se passer sur la montagne.

Alors que s'est-il passé? Qu'Abraham a été appelé à accepter la promesse de Dieu, en la personne d'Isaac, fils imparfait. À cause de cela, sa foi a été testée et elle a été fortifiée. L'ami avait enfin compris ce qu'on lui demandait depuis le début, bien qu'inattendu et loin de ses prérogatives et de ses caractéristiques psychologiques. Mais Abraham est allé vers lui, s'ouvrir à un nouveau soi et au toi du fils enfin dissout et laissé libre de partir.

Quelqu'un, bien des siècles plus tard, il dira: "Dieu choisit ce qui est faible dans le monde" (1Cor 1,27). C'est probablement ce que la foi d'Abraham a dû comprendre dramatiquement: accueillir la promesse dans la personne fragile d'Isaac. Ce n'est que lorsqu'il comprendra qu'il choisira pour Isaac une femme avec qui se consoler de la mort de sa mère, il lui donnera tout son bien, il le protégera d'éventuels concurrents et mourra « rassasié de jours » enterré par ses fils Isaac et Ismaël enfin réunis (Gén 25,9).

L'histoire d'Abraham et de Dieu peut être lu de plusieurs façons. La Bible au-delà des implications qui se réfèrent à la foi et qui passent par saint Paul et Jacques mentionnés ci-dessus sont arrivées jusqu'à aujourd'hui, la Loi comme histoire d'amitié. Avec toutes ses tonalités et variations, car Abraham reste un homme avec sa personnalité faite de limites et de grandeur. Cette célèbre histoire biblique nous dit qu'être amis n'est certainement pas une diminution ou une soustraction à la relation de foi, parce que ça demande de la condescendance, complicité et attente quand, par exemple, un ami est en difficulté. pas un hasard, longtemps après l'histoire d'Abraham dans la Genèse, l'une des plus belles expressions que nous trouvons dans l'Écriture concernant la relation entre le messager de Dieu, Jésus, et qui le suivait était: "Je vous ai appelé amis" (Gv 15, 15).

de l'Ermitage, 17 juin 2023

 

Remarque

[1] N. Frire, Excellent code, Bible et littérature, 1981 (simp. il.: Einaudi, 1986)

[2] Le parallèle entre le déluge et la destruction de Sodome a été saisi par de nombreux. C'est la destruction totale. Une seule famille est sauvée dans les deux cas. La présence de relations incestueuses dans les deux histoires, d'où sont issues des tribus non juives (Cananéens de Cam, fils de Noé et Moabites et Ammonites des filles de Lot).

[3] Même si c'est vrai, car ils étaient fils du même père, mais de mères différentes.

[4] De même Noé est commandé de faire une arche de cyprès "pour vous" (Gén 6, 14)

[5] la racine du nom (zade/chet/qof) avec ces sens, comparer 179 fois dans la Bible mentionnés 112 fois fait référence à Isaac dans la Genèse

[6] Marmorini G., Isaac, le fils imparfait, claudien 2018; Baharier H., Genèse expliquée par ma fille, Milan 2015

[7] Sd.R. Midrach, de l'hébreu Midrach, terme désignant une méthode d'exégèse biblique de la tradition juive

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