«Il cammino delle tre chiavi» romanzo fantateologico di Ariel S. Levi di Gualdo

— negozio librario delle Edizioni L’Isola di Patmos —

«IL CAMMINO DELLE TRE CHIAVI» ROMANZO FANTATEOLOGICO DI ARIEL S. LEVI di GUALDO 

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Avere tradotto in forma di romanzo, in bilico tra fantasy e distopico, l’essenza dei Novissimi, è un modo efficace ― a dire il vero geniale ― per riempire quel vuoto che ha reso sterile il Cattolicesimo, che da mezzo secolo brancola nel buio in un susseguirsi continuo di sperimentazioni autodistruttive. Novissimi è un termine bellissimo che unisce in forma catechetica e pastorale le realtà ultime di ogni cristiano in una prospettiva apocalittica intesa nel suo significato etimologico più genuino: rivelazione.

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Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

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Per accedere al negozio cliccare sull’immagine di copertina

Raccontare alla luce della fede le vicissitudini della vita di un affermato professionista attraverso la lente dei Novissimi: una scelta d’altri tempi e un argomento piuttosto inusuale nel panorama cattolico attuale. È questo che propone l’Autore in questo romanzo fanta-teologico in bilico tra distopia e fantasy, ripercorrere in forma pastorale e catechetica i momenti fondamentali della vita spirituale di ogni cristiano per prepararlo responsabilmente a quelle realtà ultime — insegnategli molti decenni prima durante le tappe dell’iniziazione cristiana e poi disattese o dimenticate — però essenziali nella prospettiva apocalittica verso la rivelazione.

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Chi siamo, da dove veniamo, verso dove andiamo? Sono le domande esistenziali più profonde nella vita di ognuno di noi. Il cammino delle tre chiavi è un paradigma del viaggio che ciascun uomo è chiamato a percorrere attraverso le numerose tappe della propria esistenza terrena. Si nasce, si vive e si muore. Chi ne è consapevole sa di avere alle spalle un passato, di vivere un presente che scorre veloce e un futuro che si fa sempre più imminente, anzi è già qui e alla fine ci presenterà un conto, talora anche piuttosto salato.

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È questo il dramma della caducità della vita, una interminabile sequela di alterne esperienze. Sui piatti della bilancia ci sono da un lato gli affetti, le amicizie, le gioie, le emozioni, le soddisfazioni professionali, sull’altro lato pesano le delusioni, le sofferenze, le mortificazioni, le malattie e quelle tragedie che ciascuno di noi, crescendo, è chiamato ad affrontare.

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Ogni giorno le sempre più innovative applicazioni tecnologiche e la propaganda consumistica ci lusingano a vivere l’epoca della modernità, in un mondo ripiegato nell’edonismo più materialista dove l’apparenza e l’appagamento egoistico dei nostri piaceri e dei nostri bisogni hanno di fatto obnubilato la nostra essenza spirituale, la sola fondamentale ricchezza individuale, la capacità di pensare alle ragioni più profonde della nostra esistenza domandandoci il perché, quale sia il nostro ruolo nella creazione.

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Quest’opera letteraria segna la maturità umana e spirituale di Ariel S. Levi di Gualdo, raffinato teologo dogmatico e storico del dogma, che unendo alle sue competenze teologiche la profonda conoscenza della psiche umana, traduce con maestria in romanzo i temi esistenziali profondi e misteriosi del protagonista, uomo di successo, in cui ciascuno di noi si può facilmente identificare. Narratore di riconosciuto talento sin dalla pubblicazione del suo romanzo storico Nada te turbe, l’Autore riesce a condurre il Lettore attraverso spazi e paesaggi concreti dove si susseguono i dialoghi dei personaggi, facendo gustare, di quadro in quadro, anche i particolari più minuti e crudi delle debolezze umane, dove spesso ama nascondere con artifici originali e mai scontati gli insegnamenti più profondi della religione cattolica.

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Questa presentazione è stata realizzata da Jorge Facio Lince e Ettore Ripamonti

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Dall’Isola di Patmos, 20 dicembre 2021

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Le Edizioni L’Isola di Patmos ringraziano la pittrice romana Anna Boschini autrice della copertina realizzata da un suo quadro a olio su tela e donato all’Autore per questa sua pubblicazione editoriale.

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Prossime pubblicazioni in uscita:

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narrativa (mese di gennaio):

LE ULTIME LACRIME DI GIULIANO, Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

 

 

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Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Gabriele

Il primo incontro di Gesù Cristo e di Giovanni Battista nel ventre delle loro madri

—  omiletica —

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

IL PRIMO INCONTRO DI GESÙ CRISTO E DI GIOVANNI BATTISTA NEL VENTRE DELLE LORO MADRI

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«Se fossi un filosofo, dovrei scrivere una filosofia dei giocattoli, per dimostrare che il giorno di Natale in compagnia dei bambini è una delle poche occasioni in cui gli uomini diventano completamente vivi!»

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari lettori dell’Isola di Patmos,

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immaginate l’attesa di una madre che deve partorire il suo bambino, ma anche quella di suo padre che ha accompagnato e protetto la gestante. Poi c’è anche l’attesa di tutti gli altri parenti. I giorni del parto sono giorni spasmodici. In questi casi, alberga in tutti un sentimento di gioia, ma anche di curiosità, come conoscere il nuovo nascituro, prenderlo in braccio. C’è gioia e curiosità di un incontro intimo. Questi sentimenti sono anch’essi frutto della fede che è l’incontro intimo col Signore.

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Lo sapevano bene sia Elisabetta sia Maria. Nelle letture di oggi ci insegnano la bellezza della fede in Gesù Cristo, il Verbo Incarnato, bambino piccolo pronto ad abbracciare la nostra umanità e fragilità. In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Il brano della visitazione di oggi ci mostra Maria che di fretta si muove verso la casa di Elisabetta. Perché questa fretta? Perché c’è una certa ansia di incontrare chi si ama, quando si è effusi dall’amore di Dio. Era proprio il caso di Maria, che aveva ricevuto poco tempo prima l’annuncio dell’Angelo ed era ormai incinta di Gesù. Maria dunque, colmata dell’amore di Gesù, corre incontro a sua cugina. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.

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Il Battista, quando è piccolissimo embrione nella pancia di sua madre, si rende conto che quello è un momento speciale. I due bambini si incontrano mediante le loro mamme: è il momento in cui c’è il passaggio definitivo tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Fra il Battista, ultimo annunciatore e precursore di Gesù, e il Cristo stesso. L’incontro con Cristo, che fa sempre esultare di gioia, genera sussulto nel piccolissimo Giovanni.

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Questo interroga la nostra fede e la nostra vita di credenti. Possiamo provare a ricordare il momento in cui anche noi abbiamo incontrato per la prima volta Gesù. Per tutti è stato un momento felice, unico e sacro. Portati anche noi dai nostri parenti e da nostra madre per eccellenza, la Chiesa. Proviamo, in questi pochi giorni prima del Natale, a fare memoria e ricordare la nostra prima comunione o un momento bello di preghiera intima di incontro con Gesù.

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Andando oltre, non appena Elisabetta sente suo figlio sussultare è colmata di Spirito Santo. Ecco che allora la gioia viene trasmessa da Giovanni a lei. A quel punto può esclamare la sua professione di fede:

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«Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”».

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Elisabetta pone una domanda a Maria. Perché sei venuta qui, madre del Signore? Subito dopo riconosce la beatitudine, ancora una volta la gioia e soddisfazione di chi ha avuto una fede autentica. Elisabetta non fa un interrogatorio, ma contempla in modo intelligente il grande mistero della fede cha davanti: la salvezza di Dio, che si fa presente davanti a lei in Maria. Elisabetta testimonia che dunque la fede in Dio non è teoria, ma vicinanza concreta. Questa sana curiosità è una virtù cristiana che possiamo sviluppare tutti noi: è un interrogarsi sulla fede, per provare a comprenderla e dopo poter vivere meglio quello che professiamo nel Credo. La fede in Gesù che viene in questo Natale 2021 dunque non è pura passività ma esercizio armonico della nostra volontà, del nostro affetto e anche della nostra intelligenza. Diceva lo scrittore irlandese Robert Wilson Lynd:

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«Se fossi un filosofo, dovrei scrivere una filosofia dei giocattoli, per dimostrare che il giorno di Natale in compagnia dei bambini è una delle poche occasioni in cui gli uomini diventano completamente vivi!».

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Chiediamo al Signore la grazia di tornare ad avere la gioia e la curiosità di un bambino, per accogliere ogni giorno della nostra vita con la semplicità della fede.

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Roma, 19 dicembre 2021

 

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Il blog personale di

Padre Gabriele

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Novità dalla Provincia Domenicana Romana: visitate il sito ufficiale dei Padri Domenicani, QUI

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Novità editoriale: «Il segno di Caino» fede e tatuaggi nella storia un connubio possibile? Andiamoci molto cauti a demonizzare i tatuaggi. Un imperdibile libro di Padre Ivano Liguori

— negozio librario delle Edizioni L’Isola di Patmos —

NOVITÀ EDITORIALE: «IL SEGNO DI CAINO» FEDE E TATUAGGI NELLA STORIA UN CONNUBIO POSSIBILE? ANDIAMOCI MOLTO CAUTI A DEMONIZZARE I TATUAGGI. UN IMPERDIBILE LIBRO DI PADRE IVANO LIGUORI

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Con questo suo libro Padre Ivano Liguori rende un servizio ai cattolici, giovani e meno giovani, attraverso una analisi storico-antropologica che dissipa tanti dubbi. Anzitutto spiegando che non si può definire il tatuaggio a cuor leggero come un “marchio satanico”, ignorando che esiste una antica tradizione della tatuatura cristiana, legata anche ai pellegrinaggi, al termine dei quali nel passato, ma anche oggi, presso le località dove si trovano celebri Santuari e luoghi di culto, i pellegrini si fanno imprimere un “marchio” come segno del loro cammino di fede, che in molti ha segnato delle vere ri-conversioni e il loro ritorno nel seno della Chiesa. 

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Autore:
Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

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Per andare al negozio e ordinare il libro potete cliccare QUI

I Padri de L’Isola di Patmos non esitano a trattare argomenti sui quali spesso si preferisce sorvolare, non altro per non avere problemi. Ciò che volendo potremmo chiamarlo Complesso di Don Abbondio.

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Poi ci sono persone, cattolici inclusi o soggetti che si credono tali, che con l’avvento di Internet e dei social media credono di potersi formare una conoscenza solida saltando da un blog all’altro. A quel punto finiscono per udire i cori degli Angeli dove gli Angeli non possono cantare, oppure vedere il Demonio ― che è persona, esiste e opera oggi più che mai ― dove il Demonio non c’è.

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Con questo suo libro Padre Ivano Liguori rende un servizio ai cattolici, giovani e meno giovani, attraverso una analisi storico-antropologica che dissipa tanti dubbi. Anzitutto spiegando che non si può definire il tatuaggio a cuor leggero come un “marchio satanico”, ignorando che esiste una antica tradizione della tatuatura cristiana, legata anche ai pellegrinaggi, al termine dei quali nel passato, ma anche oggi, presso le località dove si trovano celebri Santuari e luoghi di culto, i pellegrini si fanno imprimere un “marchio” come segno del loro cammino di fede, che in molti ha segnato delle vere ri-conversioni e il loro ritorno nel seno della Chiesa.

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cliccare sull’immagine per ingrandire la quarta di copertina

Poi, che certi satanisti facciano altro uso del tatuaggio, ciò non toglie a questo segno una valenza cristiana antica e profonda da molti ignorata.

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Argomento sul quale l’Autore fa chiarezza, quello della demonologia, invitando a non vedere il Demonio dove non c’è, ma a cercare di capire dove davvero bivacca e opera e a difendersi da lui:

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«Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il Diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi» [I Pt 5, 8-9].

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I libri dei nostri Autori, caratterizzati da alta qualità di contenuto, mirano a dissipare tanti dubbi e leggende metropolitane a volte anche molto pericolose, ad accrescere nel sapere e aiutare verso un cammino di fede cosciente e matura. Tutto questo non possono darvelo certo Facebook, Twitter e Instagram, né si può acquisire saltando freneticamente da un blog all’altro. Acquistando i nostri libri sosterrete il lavoro apostolico dei Padri, la  rivista e le Edizioni L’Isola di Patmos. Ma soprattutto, in occasione di questo Santo Natale, potete fare a delle persone care un bel regalo, un regalo di qualità. 

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Dall’Isola di Patmos, 12 dicembre 2021

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«A Natale puoi»: le derive dei super cattolici sembrano meno gravi di quelle di certi vescovi

— attualità ecclesiale —

«A NATALE PUOI»: LE DERIVE DEI SUPER CATTOLICI SEMBRANO MENO GRAVI RISPETTO A QUELLE DI CERTI VESCOVI

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Sembra superfluo ricordarlo, però in tempi di analfabetismo funzionale è bene ribadirlo. L’intervento del Vescovo di Pistoia non può e non deve essere compreso dentro l’eterna diatriba della logica tra i pro-vax contro no-vax. Esso informa una sensibilità pastorale che sta diventando sempre più opaca tanto da assimilarsi a quel modo pallido di fare politica che finisce con l’essere distante dalla gente.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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«A Natale puoi…» chi non ricorda il famoso brano entrato di prepotenza nelle case degli italiani come jingle pubblicitario di un noto prodotto dolciario? Sicuramente in molti. Ebbene, oggi mi sento di dedicare questo jingle a S.E. Mons. Fausto Tardelli vescovo di Pistoia, che in questo Natale avrebbe potuto ― il condizionale è d’obbligo ― avere addosso l’odore del suo gregge, anche di quello no-vax, ma che ha preferito usare il vincastro della politica anziché quello del pastore per confezionare un paliatone di tutto rispetto da indirizzare ai fedeli pistoiesi renitenti al siero.

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La dura presa di posizione del Presule pistoiese sui fedeli no-vax è apparsa sul settimanale diocesano La Vita nella rubrica In punta di penna [vedi QUI e QUI] ma che da oggi sarebbe più doveroso ribattezzare In punta di fioretto, visto la pastorale stoccata del Vescovo a quei fedeli riottosi a vaccinarsi.

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«A Natale puoi…» fare una bella figura, ma non è questo il caso del Vescovo in questione che ― povera anima ― preferisce apparire basito, meravigliato e finanche imbarazzato per quei cristiani che assumono posizioni del genere ― leggasi no-vax ― e che frequentano abitualmente la sua chiesa diocesana.

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Non riesco a pensare a una posizione più disequilibrata e squinternata di questa, che forse rischia di apparire persino peggio di quella assunta dal Vescovo di Tempio-Ampurias, S.E. Mons. Sebastiano Sanguinetti, che ha chiesto l’obbligo vaccinale al clero e ai fedeli della diocesi gallurese [vedi QUI].

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Sembra superfluo ricordarlo, però in tempi di analfabetismo funzionale è bene ribadirlo. L’intervento del Vescovo di Pistoia non può e non deve essere compreso dentro l’eterna diatriba della logica tra i pro-vax contro no-vax. Esso informa una sensibilità pastorale che sta diventando sempre più opaca tanto da assimilarsi a quel modo pallido di fare politica che finisce con l’essere distante dalla gente. Per questo sono convinto che è necessario scendere più in profondità rispetto a quanto non appaia da una semplice reprimenda su un giornale diocesano. Sarebbe quanto meno saggio nonché ragionevole che almeno noi cristiani evitassimo simili derive dialettiche che selezionano e contrappongono i buoni ai cattivi e che alla lunga stancano creando instabilità sociale, sommossa di popolo e sfiducia nelle istituzioni, cose tutte a cui ci stiamo purtroppo abituando e che non ci hanno permesso di diventare migliori, più buoni o estremamente tolleranti.

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È a mio avviso necessario sottolineare e riprendere l’atteggiamento pastorale di un vescovo che non può permettersi di cazziare i fedeli in modo gratuito. Costoro infatti, seppur in palese torto, sono liberi comunque di esprimere delle legittime riserve anche se espresse in toni carnevaleschi o rasenti a volte finanche la fantascienza, anche se fossero ispirati da sedicenti guide spirituali che da oltre oceano discettano su complotti e apocalissi imminenti. Siamo ancora possessori di una libertà battesimale che Dio ci ha dato e che Lui per primo rispetta anche davanti al nostro peccato? È evidente che questi fedeli sono confusi e forse dottrinalmente impreparati e condizionati, ma proprio per questo non avrebbero bisogno di vedere nel loro vescovo un padre e non un patrigno? Non sarebbe meglio che il vescovo si ponesse come guida sicura che vigila dall’alto, rispettando così l’etimologia del suo nome, anziché seguire la logica opportunista della politica che vive sul contradditorio tra gli opposti attendendo la disfatta delle fazioni avversarie? Perché, carissimi Lettori, se anche nella Chiesa di Cristo scoppia la divisione e la fazione è impossibile andare d’accordo e dare modo allo Spirito Santo di agire e creare comunione, anche quando reputiamo nell’intimo di aver agito da persone mature e responsabili.

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A questo proposito voglio riprendere le parole del beato apostolo Paolo che ammonisce i cristiani di Corinto:

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«Purtroppo, alcuni della famiglia di Cloe mi hanno fatto sapere che vi sono litigi tra voi. Mi spiego: uno di voi dice: “Io sono di Paolo”; un altro: “Io di Apollo”; un terzo sostiene: “Io sono di Pietro”; e un quarto afferma: “Io sono di Cristo”. Ma Cristo non può essere diviso!» [Cfr. 1 Cor 1, 11-13].

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Anche nelle nostre diocesi, nelle nostre parrocchie, nei nostri gruppi ecclesiali avvengono litigi per colpa dei vaccini e l’avvicinamento al presbiterio è subordinato al numero delle dosi inoculate. Oggi Cristo è strattonato tra una responsabilità sanitaria e una urgenza sociale senza che la sua adorabile persona sia realmente inizio e occasione per una autentica conversione al Padre, non è questo forse il fine ultimo di qualunque battezzato? Invece stiamo qui a litigare tra noi e a cercare colpevoli, tacciando tutti di irresponsabilità e se occorre di poca aderenza al Vangelo, cosa che rileviamo negli altri ma che si nasconde anche sotto i tappeti buoni di casa nostra. Perché vedete, il fatto che si sottolinei un torto non implica in automatico di avere la ragione. Se i rigidi no-vax sbagliano questo non significa che i pro-vax siano nel giusto o a riparo da qualsiasi fondata obiezione.

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Io sono un presbitero dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, con anni di ministero trascorsi come cappellano in una grande struttura ospedaliera, oggi esercito il ministero di parroco di una parrocchia affidata dal Vescovo del luogo a una nostra comunità di Frati, sono vaccinato, come lo sono i miei confratelli, ma mai mi permetterei di etichettare dal pulpito i fedeli della mia parrocchia come sedicenti cattolici (sic!) da cui guardarsi, come invece ha fatto il pastorale cuore del Vescovo di Pistoia utilizzando l’organo ufficiale della diocesi [vedi QUI]. Se questi sedicenti cattolici invece che no-vax appartenessero a una diversa categoria, non pensiamo che forse, nel giro di appena ventiquattro ore, il presule sarebbe invitato a dare le dimissioni e a lasciare il posto a qualcuno di più performante? Conosciamo tutti la risposta, senza bisogno di aggiungere altro. Posso solo rimandarvi alla lettura del libro che ho appena pubblicato assieme al Padre Ariel S. Levi di Gualdo: Dal Prozan al Prozac, nel quale abbiamo fatto una analisi sull’inevitabile fallimento del Ddl Zan sancito poche settimane fa dal Senato della Repubblica.

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Quando certi malanimi giungono a toccare coloro che sono stati deputati ad essere guide del popolo di Dio, i fedeli si perdono, cadono nella sfiducia e viene compromessa ogni possibilità di dialogo ed ogni affetto pastorale che dovrebbe essere all’apice delle intenzioni di ogni saggio vescovo. E in tutta questa situazione emergenziale legata alla pandemia è oramai chiaro che gli animi sono più che esasperati. La metodologia coercitiva che è stata imposta alle persone su diversi fronti per ottenere una salvezza rapida e indolore non ha prodotto i risultati sperati, non solo non ha agito da collante ma sta creando delle fratture di cui porteremo i postumi per molto tempo. Allora domandiamoci: siamo sicuri che ne valga ancora la pena? Cui prodest? E se dentro questa situazione esasperata ci si mette anche la Chiesa con i suoi pastori siamo alla frutta, cadendo dentro il ragionato calcolo di chi cerca l’utile e il vantaggioso nell’immediato invece della salvezza delle anime.

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E sì perché ascoltando discorsi simili a quelli del vescovo di Pistoia mi vengono in mente i politici intenti ad accumulare consensi elettorali e favore popolare per avere o mantenere una posizione. Infatti, quando un politico si schiera a favore di battaglie da cui può guadagnare qualche cosa sta bene attento a cosa dire, ma soprattutto a cosa “non dire”. Invece, su altri fronti meno favorevoli si preferisce glissare anche se ci si trovasse di fronte a battaglie ben più importanti e sacrosante e tutto questo per ben ragionato calcolo.

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Ora mi chiedo e chiedo a questo Presule: nella diocesi di Pistoia forse non ci sono coloro che seppur cristiani e da messa domenicale (magari quotidiana) non hanno appoggiato le idee di Emma Bonino o di Marco Cappato affermando che l’eutanasia è un gesto di amore e di misericordia, magari firmando per il referendum abrogativo? Nella diocesi di Pistoia e tra il suo clero non esistono forse sostenitori di Zan&Company con tanto di manina vergata e arcobalenata a sostegno della proposta di un disegno di legge liberticida che mirava tra le righe a perseguire e punire il reato di opinione, sebbene gay illustri abbiano spiegato il contrario, dal lucido e colto Senatore Tommaso Cerno, già presidente nazionale di Arcigay [vedi QUI] sino al nostro autore Francesco Mangiacapra che ha dato di recente alle stampe con le nostre edizioni l’illuminante saggio critico Il golpe del politicamente corretto?

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Forse che nella diocesi di Pistoia non esistono appartenenti a gruppi ecclesiali che in barba alla nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede [vedi QUI] continuano a militare in partiti politici che si oppongono apertamente alla Chiesa e sostengono idee contrarie all’insegnamento morale e sociale del Magistero? Non sarebbe forse giusto e doveroso, in punta di penna e di fioretto, leggere anche di queste cose sul giornale diocesano, aspettando di sentire proferire dalle episcopali labbra la parola sedicenti cattolici applicata ad alcuni stili di cristianesimo che abbondano nelle curie e nelle parrocchie?

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Ammettiamo però anche il caso che la diocesi di Pistoia fosse un modello di virtù ecclesiale e di fedeltà al Vangelo e al successore del beato apostolo Pietro, anche in questo caso i cristiani no-vax rappresenterebbero ugualmente una sfida pastorale a cui il vescovo non potrebbe sottrarsi, anche a costo dell’effusione del proprio sangue che è più scomodo e impegnativo dell’effusione dell’inchiostro sul giornale diocesano.

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“In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”, è una massima antica che vedo essere molto cara a vostra eccellenza. Per questo motivo desidero utilizzarla anche io per l’ultima sottolineatura a questo articolo. Erroneamente viene attribuita a Sant’Agostino ma non è lui l’autore, nel tempo è stata utilizzata per spingere verso un liberalismo teologico e religioso che livella i pensieri scomodi e dipana le situazioni imbarazzanti cercando di mettere tutti d’accordo. Una modalità politica e populista molto utilizzata oggi perché paga senza il pericolo di sovraesposizione.  

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Eccellenza Reverendissima, se lei fosse un vero liberale concederebbe la facoltà ai cattolici no-vax di fare quello in cui credono rispettando quella libertà che anche Dio rispetta con l’uomo che sbaglia aprendo al contempo un dialogo paterno e cercando di recuperare qualche fratello, ma sappiamo entrambi che i vescovi liberali non esistono e questo è vero fin dal tempo di Pasquino:

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«Non ci illudiam, Marforio, e parliamoci franco:   

dir prete patriottico è dire corvo bianco;                                                                

contraddizione in termini, cui non si dà l’uguale,                                                            

essere papa a un tempo ed esser liberale».

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Per questo motivo nel suo intervento al giornale diocesano non ci vedo nulla di quel sano liberalismo illuminato che salva le differenze integrandole ma solo populismo in salsa paonazza che non vincola le coscienze ma che forse le esaspera.

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Laconi, 9 dicembre 2021

 

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