«A Natale puoi»: le derive dei super cattolici sembrano meno gravi di quelle di certi vescovi

— attualità ecclesiale —

«A NATALE PUOI»: LE DERIVE DEI SUPER CATTOLICI SEMBRANO MENO GRAVI RISPETTO A QUELLE DI CERTI VESCOVI

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Sembra superfluo ricordarlo, però in tempi di analfabetismo funzionale è bene ribadirlo. L’intervento del Vescovo di Pistoia non può e non deve essere compreso dentro l’eterna diatriba della logica tra i pro-vax contro no-vax. Esso informa una sensibilità pastorale che sta diventando sempre più opaca tanto da assimilarsi a quel modo pallido di fare politica che finisce con l’essere distante dalla gente.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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«A Natale puoi…» chi non ricorda il famoso brano entrato di prepotenza nelle case degli italiani come jingle pubblicitario di un noto prodotto dolciario? Sicuramente in molti. Ebbene, oggi mi sento di dedicare questo jingle a S.E. Mons. Fausto Tardelli vescovo di Pistoia, che in questo Natale avrebbe potuto ― il condizionale è d’obbligo ― avere addosso l’odore del suo gregge, anche di quello no-vax, ma che ha preferito usare il vincastro della politica anziché quello del pastore per confezionare un paliatone di tutto rispetto da indirizzare ai fedeli pistoiesi renitenti al siero.

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La dura presa di posizione del Presule pistoiese sui fedeli no-vax è apparsa sul settimanale diocesano La Vita nella rubrica In punta di penna [vedi QUI e QUI] ma che da oggi sarebbe più doveroso ribattezzare In punta di fioretto, visto la pastorale stoccata del Vescovo a quei fedeli riottosi a vaccinarsi.

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«A Natale puoi…» fare una bella figura, ma non è questo il caso del Vescovo in questione che ― povera anima ― preferisce apparire basito, meravigliato e finanche imbarazzato per quei cristiani che assumono posizioni del genere ― leggasi no-vax ― e che frequentano abitualmente la sua chiesa diocesana.

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Non riesco a pensare a una posizione più disequilibrata e squinternata di questa, che forse rischia di apparire persino peggio di quella assunta dal Vescovo di Tempio-Ampurias, S.E. Mons. Sebastiano Sanguinetti, che ha chiesto l’obbligo vaccinale al clero e ai fedeli della diocesi gallurese [vedi QUI].

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Sembra superfluo ricordarlo, però in tempi di analfabetismo funzionale è bene ribadirlo. L’intervento del Vescovo di Pistoia non può e non deve essere compreso dentro l’eterna diatriba della logica tra i pro-vax contro no-vax. Esso informa una sensibilità pastorale che sta diventando sempre più opaca tanto da assimilarsi a quel modo pallido di fare politica che finisce con l’essere distante dalla gente. Per questo sono convinto che è necessario scendere più in profondità rispetto a quanto non appaia da una semplice reprimenda su un giornale diocesano. Sarebbe quanto meno saggio nonché ragionevole che almeno noi cristiani evitassimo simili derive dialettiche che selezionano e contrappongono i buoni ai cattivi e che alla lunga stancano creando instabilità sociale, sommossa di popolo e sfiducia nelle istituzioni, cose tutte a cui ci stiamo purtroppo abituando e che non ci hanno permesso di diventare migliori, più buoni o estremamente tolleranti.

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È a mio avviso necessario sottolineare e riprendere l’atteggiamento pastorale di un vescovo che non può permettersi di cazziare i fedeli in modo gratuito. Costoro infatti, seppur in palese torto, sono liberi comunque di esprimere delle legittime riserve anche se espresse in toni carnevaleschi o rasenti a volte finanche la fantascienza, anche se fossero ispirati da sedicenti guide spirituali che da oltre oceano discettano su complotti e apocalissi imminenti. Siamo ancora possessori di una libertà battesimale che Dio ci ha dato e che Lui per primo rispetta anche davanti al nostro peccato? È evidente che questi fedeli sono confusi e forse dottrinalmente impreparati e condizionati, ma proprio per questo non avrebbero bisogno di vedere nel loro vescovo un padre e non un patrigno? Non sarebbe meglio che il vescovo si ponesse come guida sicura che vigila dall’alto, rispettando così l’etimologia del suo nome, anziché seguire la logica opportunista della politica che vive sul contradditorio tra gli opposti attendendo la disfatta delle fazioni avversarie? Perché, carissimi Lettori, se anche nella Chiesa di Cristo scoppia la divisione e la fazione è impossibile andare d’accordo e dare modo allo Spirito Santo di agire e creare comunione, anche quando reputiamo nell’intimo di aver agito da persone mature e responsabili.

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A questo proposito voglio riprendere le parole del beato apostolo Paolo che ammonisce i cristiani di Corinto:

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«Purtroppo, alcuni della famiglia di Cloe mi hanno fatto sapere che vi sono litigi tra voi. Mi spiego: uno di voi dice: “Io sono di Paolo”; un altro: “Io di Apollo”; un terzo sostiene: “Io sono di Pietro”; e un quarto afferma: “Io sono di Cristo”. Ma Cristo non può essere diviso!» [Cfr. 1 Cor 1, 11-13].

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Anche nelle nostre diocesi, nelle nostre parrocchie, nei nostri gruppi ecclesiali avvengono litigi per colpa dei vaccini e l’avvicinamento al presbiterio è subordinato al numero delle dosi inoculate. Oggi Cristo è strattonato tra una responsabilità sanitaria e una urgenza sociale senza che la sua adorabile persona sia realmente inizio e occasione per una autentica conversione al Padre, non è questo forse il fine ultimo di qualunque battezzato? Invece stiamo qui a litigare tra noi e a cercare colpevoli, tacciando tutti di irresponsabilità e se occorre di poca aderenza al Vangelo, cosa che rileviamo negli altri ma che si nasconde anche sotto i tappeti buoni di casa nostra. Perché vedete, il fatto che si sottolinei un torto non implica in automatico di avere la ragione. Se i rigidi no-vax sbagliano questo non significa che i pro-vax siano nel giusto o a riparo da qualsiasi fondata obiezione.

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Io sono un presbitero dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, con anni di ministero trascorsi come cappellano in una grande struttura ospedaliera, oggi esercito il ministero di parroco di una parrocchia affidata dal Vescovo del luogo a una nostra comunità di Frati, sono vaccinato, come lo sono i miei confratelli, ma mai mi permetterei di etichettare dal pulpito i fedeli della mia parrocchia come sedicenti cattolici (sic!) da cui guardarsi, come invece ha fatto il pastorale cuore del Vescovo di Pistoia utilizzando l’organo ufficiale della diocesi [vedi QUI]. Se questi sedicenti cattolici invece che no-vax appartenessero a una diversa categoria, non pensiamo che forse, nel giro di appena ventiquattro ore, il presule sarebbe invitato a dare le dimissioni e a lasciare il posto a qualcuno di più performante? Conosciamo tutti la risposta, senza bisogno di aggiungere altro. Posso solo rimandarvi alla lettura del libro che ho appena pubblicato assieme al Padre Ariel S. Levi di Gualdo: Dal Prozan al Prozac, nel quale abbiamo fatto una analisi sull’inevitabile fallimento del Ddl Zan sancito poche settimane fa dal Senato della Repubblica.

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Quando certi malanimi giungono a toccare coloro che sono stati deputati ad essere guide del popolo di Dio, i fedeli si perdono, cadono nella sfiducia e viene compromessa ogni possibilità di dialogo ed ogni affetto pastorale che dovrebbe essere all’apice delle intenzioni di ogni saggio vescovo. E in tutta questa situazione emergenziale legata alla pandemia è oramai chiaro che gli animi sono più che esasperati. La metodologia coercitiva che è stata imposta alle persone su diversi fronti per ottenere una salvezza rapida e indolore non ha prodotto i risultati sperati, non solo non ha agito da collante ma sta creando delle fratture di cui porteremo i postumi per molto tempo. Allora domandiamoci: siamo sicuri che ne valga ancora la pena? Cui prodest? E se dentro questa situazione esasperata ci si mette anche la Chiesa con i suoi pastori siamo alla frutta, cadendo dentro il ragionato calcolo di chi cerca l’utile e il vantaggioso nell’immediato invece della salvezza delle anime.

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E sì perché ascoltando discorsi simili a quelli del vescovo di Pistoia mi vengono in mente i politici intenti ad accumulare consensi elettorali e favore popolare per avere o mantenere una posizione. Infatti, quando un politico si schiera a favore di battaglie da cui può guadagnare qualche cosa sta bene attento a cosa dire, ma soprattutto a cosa “non dire”. Invece, su altri fronti meno favorevoli si preferisce glissare anche se ci si trovasse di fronte a battaglie ben più importanti e sacrosante e tutto questo per ben ragionato calcolo.

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Ora mi chiedo e chiedo a questo Presule: nella diocesi di Pistoia forse non ci sono coloro che seppur cristiani e da messa domenicale (magari quotidiana) non hanno appoggiato le idee di Emma Bonino o di Marco Cappato affermando che l’eutanasia è un gesto di amore e di misericordia, magari firmando per il referendum abrogativo? Nella diocesi di Pistoia e tra il suo clero non esistono forse sostenitori di Zan&Company con tanto di manina vergata e arcobalenata a sostegno della proposta di un disegno di legge liberticida che mirava tra le righe a perseguire e punire il reato di opinione, sebbene gay illustri abbiano spiegato il contrario, dal lucido e colto Senatore Tommaso Cerno, già presidente nazionale di Arcigay [vedi QUI] sino al nostro autore Francesco Mangiacapra che ha dato di recente alle stampe con le nostre edizioni l’illuminante saggio critico Il golpe del politicamente corretto?

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Forse che nella diocesi di Pistoia non esistono appartenenti a gruppi ecclesiali che in barba alla nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede [vedi QUI] continuano a militare in partiti politici che si oppongono apertamente alla Chiesa e sostengono idee contrarie all’insegnamento morale e sociale del Magistero? Non sarebbe forse giusto e doveroso, in punta di penna e di fioretto, leggere anche di queste cose sul giornale diocesano, aspettando di sentire proferire dalle episcopali labbra la parola sedicenti cattolici applicata ad alcuni stili di cristianesimo che abbondano nelle curie e nelle parrocchie?

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Ammettiamo però anche il caso che la diocesi di Pistoia fosse un modello di virtù ecclesiale e di fedeltà al Vangelo e al successore del beato apostolo Pietro, anche in questo caso i cristiani no-vax rappresenterebbero ugualmente una sfida pastorale a cui il vescovo non potrebbe sottrarsi, anche a costo dell’effusione del proprio sangue che è più scomodo e impegnativo dell’effusione dell’inchiostro sul giornale diocesano.

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“In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”, è una massima antica che vedo essere molto cara a vostra eccellenza. Per questo motivo desidero utilizzarla anche io per l’ultima sottolineatura a questo articolo. Erroneamente viene attribuita a Sant’Agostino ma non è lui l’autore, nel tempo è stata utilizzata per spingere verso un liberalismo teologico e religioso che livella i pensieri scomodi e dipana le situazioni imbarazzanti cercando di mettere tutti d’accordo. Una modalità politica e populista molto utilizzata oggi perché paga senza il pericolo di sovraesposizione.  

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Eccellenza Reverendissima, se lei fosse un vero liberale concederebbe la facoltà ai cattolici no-vax di fare quello in cui credono rispettando quella libertà che anche Dio rispetta con l’uomo che sbaglia aprendo al contempo un dialogo paterno e cercando di recuperare qualche fratello, ma sappiamo entrambi che i vescovi liberali non esistono e questo è vero fin dal tempo di Pasquino:

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«Non ci illudiam, Marforio, e parliamoci franco:   

dir prete patriottico è dire corvo bianco;                                                                

contraddizione in termini, cui non si dà l’uguale,                                                            

essere papa a un tempo ed esser liberale».

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Per questo motivo nel suo intervento al giornale diocesano non ci vedo nulla di quel sano liberalismo illuminato che salva le differenze integrandole ma solo populismo in salsa paonazza che non vincola le coscienze ma che forse le esaspera.

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Laconi, 9 dicembre 2021

 

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2 commenti
  1. Luca
    Luca dice:

    Caro padre Ivano,
    Sono in piena sintonia con lei, e vorrei aggiungere al suo intervento il mio personale commento in forma di domande a lei rivolte.
    Sono i cristiani in grado oggi di leggere i segni? Quei segni che Gesù ci ha indicato essere pre-monitori dall’arrivo del tempo del raccolto?
    Perché se è vero che quel tempo non è noto se non al Padre, è ugualmente vero che a noi è data da Dio la sapienza necessaria per riconoscere le figure storiche che ne anticipano la venuta.
    Dato, come causa, un evento catastrofico epocale qual è senza dubbio questa pandemia, se i pastori  gridano contro parte del proprio gregge e parteggiano; se il gregge stesso si divide e litiga; se esseri umani in tutto e per tutto simili tra loro manifestano un odio crescente gli uni verso gli altri; se il potere di questo mondo esercita impunemente l’arma del ricatto celata da amoroso consiglio; se uomini donne e giovani in numero di milioni decidono diversamente (e non possiamo né dobbiamo permettere che si entri con violenza nel foro interiore di ognuno) e per questo vengono discriminati e criminalizzati; se la cattiveria che esce dalla bocca dei nuovi sacerdoti televisivi viene applaudita dai più, non crede lei che in questo vi sia l’opera di colui che per sua stessa natura vuole la divisione? E se la sua risposta fosse sì, non crede che questo momento della storia della Salvezza sia da considerare  un segno (o un complesso si essi) del tipo che Gesù ci invitava a riconoscere?
    Se la sua risposta fosse no, la prego di confortarmi in tal senso.
    Sempre a nutrimento della fede.

    In Cristo.

  2. orenzo
    orenzo dice:

    Conosco Mons. Sanguinetti e la sua richiesta di “obbligo vaccinale al clero e ai fedeli della diocesi” è stata, per me, come una pugnalata al cuore.
    Io sono persona a rischio ed ho rifiutato, nonostante le pressanti richieste del mio oncologo, il vaccino non etico: preferisco morire che farmi inoculare volontariamente un vaccino non etico.
    E non mi si venga a dire che nella “Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla moralità dell’uso di alcuni vaccini anti-Covid-19, 21.12.2020” è scritto che la collaborazione all’aborto in chi si vaccina è remota: la collaborazione all’aborto in chi si vaccina è prossima, non remota, perchè il successo dei vaccini non etici è uno stimolo, per le case produttrici, ad incrementare l’uso delle linee cellulare umane non etiliche ed a produrne di nuove.
    Debbo infine rilevare la grave omissione, perpetrata dai responsabili della Chiesa Cattolica, riguardo alla richiesta, sponsorizzazione ed acquisto dei vaccini etici che erano disponibili sul mercato assieme a quelli non etici.

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