Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

Il valore del dogma nella vita cristiana: la crisi del dogma genera la crisi della fede

— theologica —

IL VALORE DEL DOGMA NELLA VITA CRISTIANA: LA CRISI DEL DOGMA GENERA LA CRISI DELLA FEDE

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Senza l’immutabile verità, nessun dinamismo o divenire dello spirito. Senza la fedeltà al dogma, nessun progresso nella vita cristiana. Senza la conservazione della verità dogmatica, nessun fervore o rinnovamento nello spirito. Senza il mantenimento fedele degli impegni assunti davanti a Dio, nessuna perseveranza e nessun frutto nel cammino della salvezza. Senza l’univocità inflessibile del dogma, c’è l’equivoco, la truffa, la frode, la confusione, il caos.

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Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

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la donna di spettacolo Alba Parietti, che più volte, durante vari programmi televisivi, si è improvvisata persino esperta in teologia e in morale cattolica [vedere questo vecchio articolo di Ariel S. Levi di Gualdo, QUI]

Dobbiamo tornare a parlare del valore dei dogmi, dei quali raramente si sente parlare nella predicazione e nell’omiletica. Si parla molto di “fede”, di “Vangelo” e di “Parola di Dio”; ma vien da chiedersi che fede è quella che non si cura di sapere e precisare che cosa dobbiamo credere, e quali sono le verità di fede e chi le stabilisce. Che Vangelo è quello che non chiarisce la dottrina di Cristo? Che Parola di Dio è quella che viene isolata dall’interpretazione che ne dà la Chiesa?

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Si diffondono con sicumera e saccenteria da molte parti nei mass-media e nelle istituzioni ecclesiastiche e civili, e si accolgono con fanatismo e credulità certe idee, slogan, proposizioni attinenti al Vangelo o alla Bibbia, diffuse da scrittori, giornalisti, filosofi, psicologi, sociologi, storici, teologi, esegeti, vescovi, cardinali, profeti o veggenti di successo. E così accade che  ognuno, sia la massaia, la fruttivendola, il barbiere o il barista ha da dire la sua, sull’esistenza di Dio, sulla salvezza, sulla morale o sul senso della vita, spesso in polemica col buon senso, con la sana filosofia o col dogma o con fratelli di fede o col Papa o con la Tradizione o con la Scrittura o col Magistero della Chiesa [per leggere tutto l’articolo cliccare sotto]

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Giovanni Cavalcoli, O.P.  —  IL VALORE DEL DOGMA NELLA VITA CRISTIANA: LA CRISI DEL DOGMA GENERA LA CRISI DELLA FEDE

 

 

 




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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

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Padre Giovanni

I cattivi amici del Santo Padre: il Gesuita Antonio Spadaro tra utopismo e secolarismo

difendere il Santo Padre dai falsi amici — 

I CATTIVI AMICI DEL SANTO PADRE: IL GESUITA ANTONIO SPADARO TRA UTOPISMO E SECOLARISMO

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Il Padre Antonio Spadaro a questo punto si allontana non solo dalla teologia della liberazione, ma sembra cadere nell’eccesso opposto di un certo atteggiamento remissivo e pacifista, che lo avvicina all’utopismo liberal-massonico di matrice rousseauiana ed illuminista, che ignora il fatto che il peccato originale ha lasciato nell’umanità appunto una tendenza all’ingiustizia e alla violenza, che non può essere neutralizzata se non con un moderato uso della forza, in difesa dei deboli e degli oppressi.

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Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

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Antonio Spadaro, S.J. [aprire video QUI].

In un articolo su La Civiltà Cattolica dedicato al problema del fondamentalismo politico, che ha suscitato molte discussioni, il Padre Antonio Spadaro S.J. ha fatto la seguente dichiarazione:

«Lo schema teopolitico fondamentalista vuole instaurare il regno di una divinità qui e ora. E la divinità ovviamente è la proiezione ideale del potere costituito. Questa visione genera l’ideologia di conquista. Al contrario lo schema teopolitico davvero cristiano è invece escatologico, cioè guarda al futuro e intende orientare la storia presente verso il Regno di Dio, regno di giustizia e di pace. Questa visione genera il processo di integrazione, che si dispiega con una diplomazia che non incorona nessuno come “uomo della Provvidenza”» [cf. testo integrale QUI].

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Osserviamo che lo schema teopolitico cristiano ha effettivamente un orientamento escatologico, nel senso di preparare fin da adesso l’umanità dei risorti, che regneranno con Cristo in cielo al suo Avvento glorioso e vittorioso alla fine del mondo e con il Giudizio universale, con la sconfitta definitiva delle forze del male e la liberazione finale dei giusti dall’oppressione degli empi. Tale esito escatologico viene preparato dall’azione congiunta della Chiesa — azione spirituale dei pastori e azione politica dei laici — e degli uomini di buona volontà sotto l’impulso dello Spirito Santo nel cammino della storia.

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L’enciclica Pacem in Terris del Santo Pontefice Giovanni XXIII [testo integrale QUI]

Occorre tuttavia distinguere, in questa promozione dell’umanità e della società escatologiche, il compito della gerarchia ecclesiale da quello dei laici, credenti e non credenti, ossia dello Stato. Compito della Chiesa, nella promozione della giustizia e della pace — Pacem in terris — è quello di insegnare all’intera umanità, nel nome del Vangelo e sulla base della ragion pratica, comune a tutti gli uomini, quello che è il fine dello Stato — la promozione del bene comune temporale — e le leggi morali naturali stabilite da Dio, che devono essere alla base della legislazione dello Stato, per cui, se una legge civile è contraria alla legge naturale, è invalida e nulla e sarebbe criminale osservarla, almeno da parte dei credenti.

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Occorre fare attenzione che la prospettiva escatologica del Regno di Dio non è genericamente una semplice prospettiva politica di “giustizia e di pace”, come sembrerebbe credere Padre Antonio Spadaro, in ciò assimilando le sue posizioni a quelle della Teologia della Liberazione, ma è una meta ben più elevata, oggetto della divina Rivelazione e del Magistero della Chiesa.

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… «nel nome del Padre …»

Temo infatti che quanto egli afferma cada sotto la censura dell’Istruzione sulla teologia della liberazione pubblicata dalla Congregazione per la dottrina della fede nel 1984 [cf. testo QUI], là dove essa osserva che la teologia della liberazione «si pone nella prospettiva di un messianismo temporale, che è una delle  espressioni più radicali della secolarizzazione del Regno di Dio e del suo assorbimento nella immanenza della storia umana» [cf. n.6].

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Quando infatti si parla di escatologia e di Regno di Dio, non basta limitarsi, come fa Spadaro, a un vago accenno alla prospettiva della “giustizia” e della “pace” — ciò costituisce già l’aspirazione di tutte le politologie umane —, ma occorre precisare ed aggiungere l’originalità e la novità delle finalità specificamente cristiane, col loro contenuto evangelico, soprannaturale e rivelato, dedotto dalla Scrittura e dalla Tradizione.

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Concordo invece col Padre Antonio Spadaro nel chiamare «schema fondamentalista», si potrebbe dire anche totalitario, la volontà «di instaurare il regno di una divinità qui e ora. E la divinità ovviamente è la proiezione ideale del potere costituito. Questa visione genera l’ideologia di conquista».

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Non è difficile riconoscere a quali progetti politico-statali il Padre Antonio Spadaro può riferirsi. Per fermarci solo alle teorie apparse nel XIX secolo, possiamo senz’altro pensare alla filosofia politica hegeliana, per la quale lo Stato è l’immanenza di Dio sulla terra, per cui la classe politica al governo rappresenta senz’altro la guida divina della società. Stando così le cose, lo Stato non riconosce alcun diritto naturale o alcuna legge morale che lo preceda e lo fondi, ma lo Stato si considera il fondamento ultimo del diritto e della morale, il cosiddetto «Stato etico».

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l’11 febbraio 1929, il Capo del Governo Benito Mussolini e il Segretario di Stato di Sua Santità Cardinale Pietro Gasparri, firmano i Patti Lateranensi

Si capisce allora il motto di Benito Mussolini, tipicamente hegeliano: «Niente al di fuori dello Stato, niente al di sopra dello Stato, niente contro lo Stato». È vero che il Duce fu chiamato, come è noto, da Pio XI, «uomo della Provvidenza». Nel suo scritto, infatti, Padre Antonio Spadaro allude, pur senza nominarlo, a questo Pontefice, e precisamente ad una sua famosa frase di commento indirizzata a Mussolini. È però necessario ricordare che esisteva allora il pericolo di una diffusione in Europa dei princìpi atei della Rivoluzione d’Ottobre, fenomeno che si sarebbe accentuato dopo la seconda guerra mondiale. Inoltre, Mussolini ebbe il merito di firmare con la Chiesa i Patti Lateranensi e il Concordato con l’Italia. Con tutto ciò, è chiaro che in queste materie il giudizio dei Papi non è infallibile. Del resto, non possiamo non auspicare che chi ci governa ci rappresenti la divina Provvidenza.

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Nel citare le parole di Pio XI, l’Autore dell’articolo ironizza in maniera inopportuna e troppo facile sull’espressione di un Pontefice, che non poteva prevedere la tragedia nella quale l’Italia sarebbe precipitata vent’anni dopo con l’alleanza con Hitler. D’altra parte i fascisti, conquistato il potere, non avrebbero mancato, con la loro mentalità neopagana e la loro arroganza, di esercitare sulla Santa Sede e sulla Chiesa una pressione che ne avrebbe limitato la libertà, similmente a quanto stanno facendo oggi i modernisti. 

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Iosif Vissarionovič Džugašvili, in arte Iosif Stalin [1879-1953]. Non andrebbe dimenticato che dall’altra parte della cortina di ferro, dopo la Rivoluzione dell’Ottobre 1917, c’era quest’altro grande «uomo della provvidenza» …

Conosciamo bene i danni che, a partire soprattutto dal 1938 in poi, fece l’ «uomo della provvidenza», ma Padre Antonio Spadaro dovrebbe anche sapere che dall’altra parte, l’altro «uomo della provvidenza», non era affatto un San Luigi IX di Francia o un San Venceslao, ma Stalin, feroce persecutore della Chiesa e massacratore di coloro che non volevano essere comunisti. Quindi, in quegli anni, non è che le scelte fossero molte: o Mussolini o Stalin. Si scelse il meno peggio.

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Quanto ad Hegel, ispiratore di Nietzsche e di Hitler, lo Stato è la Persona assoluta e il Führer è la concretizzazione di questa Persona. Il cittadino non ha sussistenza individuale propria, ma ha la sua sostanza e sussistenza nella Persona dello Stato concretizzata nel Führer. Lo Stato non è effetto della decisione dei singoli cittadini; ma sono i cittadini ad essere fondati nello Stato, come lo Sostanza divina. A queste condizioni la volontà del cittadino coincide con la libera e sovrana volontà del Führer, mentre questa è la sostanza della volontà dei cittadini, ed in tal modo la volontà del cittadino è libera della stessa libertà divina del Führer  [1].

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Vladimir Il’ič Ul’janov, in arte Lenin [1870-1924], un altro grande «uomo della provvidenza» che oltre la cortina di ferro seminava pace e bene, un autentico francescano in versione russo-ortodossa …

Altra dottrina sociale che può entrare nello «schema fondamentalista» di Padre Antonio Spadaro, è certamente la teoria marxista della rivoluzione sociale, per la quale l’uomo alienato per essere derubato del prodotto del proprio lavoro, rientra in possesso della propria essenza espropriando mediante la violenza la classe padronale, che detiene privatamente il possesso degli strumenti di produzione. In questa visione lo Stato non è, come in Hegel, la sostanza divina della società civile, ma è concepito come transitorio strumento di potere, attualmente nelle mani dei padroni, ma destinato ad entrare, mediante la rivoluzione, nelle mani dei lavoratori, per instaurare la “dittatura del proletariato”, avente la funzione di eliminare l’oppressione della classe padronale ed instaurare la società comunista senza classi, nella quale, come avrebbe spiegato Lenin, sarebbe avvenuta l’estinzione dello Stato, non più necessario nella sua funzione repressiva, perché nella società comunista, fatta di giusti, di uguali e di liberi, non sarà più necessario l’uso della forza.

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In Marx non lo Stato ma l’uomo, il Gattungswsen, ossia l’uomo non come individuo, ma come essere sociale, come genere umano, è Dio: «l’uomo è Dio per l’uomo». Nella società borghese capitalista, della divisione del lavoro e della divisione in classi, l’uomo stesso è diviso e posto contro se stesso, perché l’uomo opprime l’uomo; l’uomo è alienato della propria divina essenza.

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quel pericoloso gioco della lotta di classe …

Il metodo marxista insegna allora all’uomo alienato nel lavoro — il lavoratore —, cosciente  del suo potere rivoluzionario, a liberare se stesso e con ciò stesso i padroni, anch’essi alienati nella proprietà privata; da qui la liberazione dell’intera umanità dall’alienazione religiosa e ad un tempo dall’alienazione del lavoro. Il tutto, s’intende, nell’orizzonte della storia, non essendo concepibile, per Marx, una prospettiva escatologica ultraterrena di eternità, poiché è negata la trascendenza dello spirito sulla materia e l’esistenza di Dio.

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La Teologia della Liberazione, alla quale Padre Antonio Spadaro sembra avvicinarsi, ammette bensì un’escatologia, ma — come nota il documento della Congregazione per la dottrina della fede [cf. testo QUI] — non dà garanzie di trascendenza rispetto all’orizzonte della storia e quindi della politica: il mondo, come dice Gutiérrez, è questo mondo e non c’è un altro mondo nell’al di là, oltre a questo. Dio certo non viene negato, ma, in queste condizioni, appare piuttosto un Dio mondano, un Dio della storia, più che il vero Dio metastorico, eterno e trascendente cristiano, anche se Padre Antonio Spadaro vorrebbe proprio rifiutare un Dio mondano ed immanente.

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i prodotti visibili della Teologia della Liberazione: Ernesto Guevara detto El Che avanti, il Cristo dietro [opera di Sergio Michilini, Che Guevara con el Cristo amarillo, 1996, olio su tela, cm.60×70]

La Teologia della Liberazione è altresì attratta dalla prospettiva rivoluzionaria, come nota il documento della Congregazione per la dottrina della fede, il quale, al riguardo, mette in guardia contro il rischio della violenza. Tuttavia, riguardo al problema della rivoluzione, cade qui opportuno ricordare che il Beato Paolo VI nell’enciclica Populorum progressio del 26 marzo 1967 ammise, in circostanze particolarmente gravi, la liceità della rivoluzione [cf. n.31], esattamente come da sempre, il Catechismo della Chiesa Cattolica, ammette il ricorso alla forza e l’uso della «guerra giusta» in precise situazioni di aggressione [CCC n. 2263, nn. 2307-2317], naturalmente per la difesa del bene comune o della pace.

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Il Padre Antonio Spadaro a questo punto si allontana non solo dalla teologia della liberazione, ma sembra cadere nell’eccesso opposto di un certo atteggiamento remissivo e pacifista, che lo avvicina all’utopismo liberal-massonico di matrice rousseauiana ed illuminista, che ignora il fatto che il peccato originale ha lasciato nell’umanità appunto una tendenza all’ingiustizia e alla violenza, che non può essere neutralizzata se non con un moderato uso della forza, in difesa dei deboli e degli oppressi. In tal senso anche l’attuale Codice di Diritto Canonico ci ricorda che «Nativum et proprium Ecclesiae ius est christifideles delinquentes poenalibus sanctionibus coercere » [«La Chiesa ha il diritto nativo e proprio di costringere con sanzioni penali i fedeli che hanno commesso delitti»] [can. 1311].

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l’opera di Charles Lutwidge Dodgson, firmata con lo pseudonimo di Lewis Carroll

Il Padre Antonio Spadaro sembra risolvere l’azione della Chiesa nel mondo per la giustizia e la pace in una semplice tranquilla opera di “integrazione” e di “diplomazia”, dimenticando che, come insegna l’Apocalisse, alla Chiesa, pastori e laici, ognuno al suo posto, non sono risparmiate la prova, la lotta e la sofferenza, perché, se sempre la Chiesa incontrerà forze che l’asseconderanno e saranno pronte a collaborare, sempre anche dovrà incontrare nemici irriducibili. Padre Antonio Spadaro sembra invece immaginare un mondo sul tipo di Alice nel paese delle meraviglie, composto soltanto da uomini di buona volontà e benintenzionati, che non attendono altro che di ascoltare la Parola di Dio ed esser guidati dalla Chiesa al Regno di Dio. È il mondo che immagina Rahner, dove gli uomini sono definiti dallo «orientamento trascendentale a Dio» e dal possesso della grazia.

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Purtroppo le cose non stanno esattamente così. Non siamo più sul paradiso terrestre. Nel mondo operano il peccato, la morte e Satana. «Tutto il mondo è sotto il potere del maligno» [I Gv 5,19], che di Cristo e di Dio proprio non ne vogliono sapere. Che possono fare dunque, la “integrazione” e la “diplomazia” da sole? Al massimo farci prendere in giro dai furbi e dagli approfittatori. Temo che anche il Padre Antonio Spadaro, similmente al suo Preposito generale Padre Arturo Sosa, non sia troppo persuaso dell’azione del demonio nel mondo. Questi utopisti che vivono fuori della realtà sembrano concepire la predicazione del Vangelo come la pubblicità di una nuova auto per fare meglio le vacanze in montagna o nel Mar Nero.

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dalle lettere di Santa Caterina da Siena al Sommo Pontefice presso la corte di Avignone

Il Regno di Dio si conquista con una «violenza» [Mt 11,12], che non ha nulla dell’odio, se non con l’odio per il peccato, ma è dettata dall’amore e significa coraggio e forza liberatrice; tuttavia non è possibile instaurare quaggiù la giustizia e la pace senza l’uso della forza e la vittoria sui nemici della giustizia e della pace [Gv 18,36]. Essere miti non vuol dire essere imbelli. In Dio e nell’uomo giusto la misericordia non esclude la severità. Saggi erano i Romani, quando dicevano: «si vis pacem, para bellum » [«Se vuoi la pace, prepara la guerra»]. Come disse Virgilio: «parcere subiectis et debellare superbos» [«risparmiare i sottomessi ed abbattere i superbi»]. Perché Cristo dice che è venuto a portare una spada? [Mt 10,34], se non perchè è il Principe della pace? E chi è che ha detto «ha rovesciato i potenti dai troni» [Lc 1,52]?

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Questo è il Vangelo.

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Una Chiesa pavida e molle, col collo torto, serva dei potenti, che fugge dallo scontro col mondo, non può essere luce del mondo, sale della terra e forza liberatrice e pacificatrice. Una Chiesa opportunista che piace al mondo, non può piacere a Cristo, che ha vinto il mondo. Cristo certamente vince il mondo con la croce, ma il nemico della croce può esser vinto solo con la forza.

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Varazze, 22 luglio 2017

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[1] Cf G.G.F.Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, Editori Laterza, Bari 1963,§§ 535-552.

 




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L’ISOLA DI PATMOS IN FESTA: SIAMO POVERI MA « SONO GIUNTI DIECI MILIONI … »

L’ISOLA  DI  PATMOS  IN FESTA :  SIAMO POVERI  MA  « SONO GIUNTI  DIECI  MILIONI … »

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I Padri de L’Isola di Patmos, giovanneo luogo de l’ultima rivelazione, ed i loro collaboratori, ringraziano i Lettori, sempre più assidui e numerosi, giunti al considerevole numero di dieci milioni di visite.

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Autori
Giovanni Cavalcoli, O.P. – Ariel S. Levi di Gualdo

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La redazione de L’Isola di Patmos riunita a Villa Imelda a San Lazzaro di Savena (Bologna). A sinistra Giovanni Cavalcoli, O.P, al centro Ariel S. Levi di Gualdo, a destra Jorge Facio Lince

L’Isola di Patmos nasce il 20 ottobre 2014 sotto gli auspici del Beato Apostolo Giovanni che su quest’isola — nota per questo come luogo dell’ultima rivelazione —, scrisse il Libro della Apocalisse. A quell’epoca avevamo un contatore esterno, poi azzerato per un problema tecnico. Così la creatrice e curatrice del sito, Manuela Luzzardi, installò un motore interno facendo partire il conteggio giornaliero delle visite dalla data del 15 febbraio 2015.

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Sr. Matilde Nicoletti della Congregazione domenicana della Beata Imelda, da anni collaboratrice di Giovanni Cavalcoli, O.P, ed il giovane Dott. Jorge Facio Lince, allievo e da anni collaboratore di Ariel S. Levi di Gualdo

Progressivamente L’Isola di Patmos si è munita dei migliori servizi professionali, il primo dei quali fu il server business per consentire un accesso illimitato di visitatori. Infatti, il numero delle visite in crescente aumento sin dagli inizi del 2015, comportava spesso il blocco del sito, quando le persone collegate erano numerose e quando sforavamo oltre il numero di visite consentito da quel servizio che, raggiunto un certo numero, bloccava la visualizzazione sino all’inizio del mese successivo.

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Questo il motivo per il quale, più volte, ci siamo rivolti ai Lettori facendo presente che su internet nulla è gratis ma tutto è a pagamento quando si lavora in un certo modo usufruendo di certi servizi.

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Il mantenimento del sito de L’Isola di Patmos è divenuto progressivamente sempre più costoso in seguito all’acquisto di tutta una serie di servizi professionali che ogni anno rinnoviamo per un importo complessivo che nel 2016 è stato pari a 5.200 euro, senza contare altri generi di spese sempre legate alle nostre attività pubblicistiche ed editoriali.

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Giovanni Cavalcoli, O.P, Matilde Nicoletti e Ariel S. Levi di Gualdo

A livello statistico europeo L’Isola di Patmos è tra i primi 10 siti cattolici più visitati. Numerosi i siti e le riviste, incluse quelle specialistiche, che più e più volte hanno ripreso e fatto proprie le tematiche teologiche ed ecclesiali spesso spinose trattate dai Padri de L’Isola di Patmos, senza avere né il buon gusto né la signorilità di fare i dovuti richiami, o facendo passare il tutto come farina del loro sacco. Se però da una parte fa fede la data di pubblicazione nostra, spesso di molto antecedente certe allegre appropriazioni, dall’altra è altrettanto palese la scorrettezza di questi soggetti sui quali abbiamo sempre fatto un sorriso divertito. Volete un solo esempio, uno solo tra i tanti? Ebbene, andate a rileggere questo articolo che risale al 16 dicembre 2016, scritto non da un laico praticone che quando la sera torna a casa sua o quando smette di far danni via internet, chiude la porta o il computer e nessuno può scalfirlo in alcun modo; rileggete oggi questo articolo scritto da un presbìtero soggetto in tutto e per tutto alla piena giurisdizione dell’Autorità Ecclesiastica, con tutto ciò che ad esso potrebbe derivare in prezzi da pagare a volte anche per tutta la vita. Fatto questo, verificate poi come le analisi dure e severe impresse in quello scritto, oggi sono oggetto di diffuse discussioni e soprattutto di un malumore sempre più crescente che pervade sia il Popolo di Dio sia la società civile dei non credenti, per esempio riguardo il supremo culto dei profughi veri o presunti e dei migranti inaugurato con questo pontificato. E ci limitiamo, come dicevamo, solo a questo esempio tra i numerosi, mentre oggi, giornalisti e analisti, gridano “eureka !” per avere scoperta infine l’acqua calda, usando allegramente le nostre argomentazioni senza fare a noi — che per inciso non ne abbiamo proprio bisogno, come dimostrano i nostri numeri di Lettori —, alcun doveroso richiamo, specie quando citano come proprie delle frasi e delle espressioni tutte quante nostre, scioccamente ignari che il Padre Giovanni Cavalcoli per un verso, il Padre Ariel S. Levi di Gualdo per altro verso, hanno tra l’altro uno stile figurato e lessicale inconfondibile, oltre a non essere propriamente due perfetti sconosciuti [l’articolo richiamato in queste righe è leggibile QUI].  

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Eppure sino ad oggi non siamo riusciti a trovare uno sponsor che sostenesse le nostre spese in cambio di uno spazio pubblicitario che sarebbe visualizzato giornalmente da decine di migliaia di visitatori. Quando si sono presentate alcune possibilità abbiamo dovuto rifiutarle, perché saremmo andati incontro a quei problemi meglio noti come “bavagli”. Infatti, dinanzi a certi nostri scritti e analisi critiche tanto ineccepibili quanto non contestabili, gli amici degli amici avrebbero reagito facendo leva sullo sponsor, legato direttamente o indirettamente a certi gruppi, persone o cosiddette cordate. E di questo ne abbiamo avuto immediato saggio quando un imprenditore, ben disposto nei nostri riguardi, esordì dicendo: «Però io sono legato al gruppo di […], quindi sarebbe necessario che voi mitigaste i toni e le critiche su certe cose» …

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Giovanni Cavalcoli, O.P. e Sr. Matilde Nicoletti

… e quando il Padre Ariel, rivestendosi del candore di Sant’Agnese con l’agnellino bianco in mano, con tanto di occhioni spalancati e di battito di ciglia, chiese lumi su che cosa intendesse dire con «mitigare toni e critiche», fu chiaramente risposto che non avremmo dovuto rivolgere alcuna critica ai lefebvriani ed a tutti i gruppi che circolavano attorno a loro, ivi inclusi blog e riviste cimentate da anni nella diffusione delle eresie del Vescovo Marcel Lefebvre e dei suoi attuali sostenitori. Detta in altre parole: lo sponsor cercò di comprare il nostro silenzio a beneficio di quei cattolici sempre più incattiviti e depressi che dietro al mondo del cosiddetto e impropriamente detto “tradizionalismo”, si sono costruiti il loro redditizio mercatino di pubblica visibilità, di libri, di pubblicazioni, di conferenze e via dicendo a seguire, foraggiati di danaro sia da facoltosi imprenditori italiani sia soprattutto da esponenti della ultra destra americana, perché con la vendita sia di libri sia di riviste in formato cartaceo, non sono in grado di recuperare neppure le sole spese vive della stampa. Se infatti le cordate dei modernisti sono servite e riverite con tutto il danaro a loro necessario, altrettanto lo sono i cosiddetti e impropriamente detti “tradizionalisti” facenti capo alle correnti lefebvriane e affini. Noi che invece non siamo sul libro paga né degli uni né degli altri, dobbiamo fare solo ed esclusivo affidamento sul sostegno dei Lettori, che sino a oggi ci hanno sostenuti, malgrado le nostre non poche difficoltà passate e presenti, non esitando ad ammettere che camminiamo sempre sul filo del rasoio e con la periodica paura di non riuscire a farcela per mancanza di fondi. 

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Per due volte abbiamo corso il rischio di chiudere, se non fosse intervenuta una singola benefattrice che vive sulle rive di un bel lago e che ci ha tirati fuori dalle acque mentre stavamo correndo il rischio di affogare noi in un altro genere di lago, per nulla bello.

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Giovanni Cavalcoli, O.P. e Ariel S. Levi di Gualdo nel Convento domenicano di Varazze durante le riprese video delle lezioni registrate per i Lettori de L’Isola di Patmos

Le soddisfazioni raccolte per il nostro lavoro apostolico non si contano e tutti i giorni ne rendiamo grazie a Dio, tra le tante ne citiamo una sola: diversi sacerdoti, soprattutto italiani e polacchi, ogni mese ci inviano delle piccole somme di danaro per sostenerci, nell’ordine delle poche decine di euro ciascuno. Più che di un aiuto determinante, si tratta di una grande soddisfazione morale. O per dirla con le parole a volte secche e dure del Padre Ariel:

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«I preti, sin dai primi mesi di santissimo seminario, imparano a chiedere, ma non a dare. E, quando danno, in tal caso danno ciò che in fondo non costa a loro niente, a partire da tanti consigli inutili e spesso di rigore neppure richiesti. Però, da subito, sviluppano la capacità di chiedere, chiedere, chiedere … Insomma, tirare fuori un centesimo dalle tasche di un prete è impresa destinata quasi sempre al totale insuccesso».

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Voi capite bene quanto per noi sia importante essere sostenuti anche da non pochi sacerdoti. E che dei preti, tutti i mesi, ci mandino anche e solo 10 euro di offerta a sostegno de L’Isola di Patmos, più che un successo è per noi cosa tanto inaspettata quanto straordinaria, specie se poste le premesse del Padre Ariel, che sarà spesso duro e severo, ma non per questo privo di profondo contatto con quello che è il mondo del reale ecclesiale ed ecclesiastico.

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Varazze, maggio 2017, le riprese delle video lezioni di Giovanni Cavalcoli, O.P.

Dal 15 febbraio 2015 ad oggi 16 luglio 2017, in due anni e cinque mesi L’Isola di Patmos ha totalizzato dieci milioni di visite.

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Da un mese a questa parte abbiamo deciso di mettere in fondo ad ogni nostro articolo un invito ai numerosi Lettori a ricordarsi di noi, perché l’invito «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32], deve essere seguito dalla consapevolezza che la verità, per essere annunciata e diffusa, ha bisogno di mezzi, anche e soprattutto economici. Lo stesso Verbo di Dio Cristo Signore, per portare avanti la sua predicazione, aveva bisogno di essere sostenuto; ed in tal senso era sostenuto da ricchi pagani convertiti, da giudei benestanti che credevano al suo annuncio, da vedove facoltose che sostenevano Lui ed i suoi Apostoli.

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… cosa possono fare di “irrazionale” un frate sacerdote domenicano ed un sacerdote membro del clero secolare dopo avere celebrato la Santa Messa della Domenica? Andare a prendere un … cappuccino, ed ovviamente soffermarsi a parlare delle ultime sparate fanta teologiche di Padre Raniero Cantalamessa … [vedere QUI]

Questo è il mondo del reale: la verità costa, in tutti i sensi, ed ogni uomo di fede che crede in essa e che ritiene che alcuni ne siano validi e fedeli annunciatori, è chiamato a sostenere sia la verità sia chi la annuncia e la diffonde, in modo del tutto particolare nell’odierno mondo ecclesiale ed ecclesiastico nel quale, più che la buona teologia ormai andata perduta da decenni, si stanno smarrendo i fondamenti basilari del Catechismo della Chiesa Cattolica, mentre il Popolo di Dio è sempre più disorientato, ed i pochi e buoni sacerdoti che ci rimangono hanno spesso enormi difficoltà a trovare almeno un confratello che li possa sostenere umanamente, moralmente e spiritualmente, un buon direttore spirituale ed un bravo confessore. 

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Sostenere L’Isola di Patmos vuol dire molto di più che sostenere qualche congrega di laici che si sono improvvisati dalla sera alla mattina storici della Chiesa, canonisti, teologi dogmatici ed ecclesiologi; vuol dire sostenere anzitutto due sacerdoti che da anni sono confessori, direttori spirituali e consiglieri di numerosi sacerdoti sempre più smarriti ed in difficoltà. Altro che l’opera spesso devastante, quasi sempre politicante e soprattutto divisoria e distruttiva, portava avanti da non pochi laici praticoni, nessuno dei quali, almeno al momento presente, può levare in alto la mano e dire ad un sacerdote in stato di profonda crisi morale: «io ti assolvo dai tuoi peccati …», né alcuno di costoro, con due formule politico-ideologiche, può essere vicino e sostenere spiritualmente un sacerdote in crisi di fede.

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Ecco che cos’è nella concreta realtà L’Isola di Patmos, il primo sostegno economico alla quale dovrebbe venire proprio dalla Conferenza Episcopale Italiana, se di essa non fosse Segretario generale S.E. Mons. Nunzio Galantino, che aumenta il disorientamento del clero facendo passare sul quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, degli articoli che sono sempre più spesso un affronto e un oltraggio al deposito della fede e alla dottrina cattolica. E per ricordarne a tal proposito solo una tra le tante, o meglio tra le troppe ormai all’ordine del giorno, basti rileggere un recente articolo di Padre Giovanni Cavalcoli, dov’è spiegato con tutto lo stupore del caso — posto che la dottrina della Chiesa sulla Santissima Eucaristia non risulta sia stata mutata —, l’autentico florilegio di eresie scritte su Avvenire da un sacerdote religioso per la commemorazione della solennità del Corpus Domini [vedere QUI].

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in due anni e cinque mesi, L’Isola di Patmos ha totalizzato dieci milioni di visite

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

Il nuovo Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e ciò che la Chiesa si attende sul problema di Karl Rahner

IL NUOVO PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE E CIÒ CHE LA CHIESA SI ATTENDE SUL PROBLEMA KARL RAHNER

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La Chiesa non funziona solo come un «ospedale da campo». Questo può operare opportunamente nei casi minori, comuni o di emergenza, come pronto soccorso, o per la cura di piccoli traumi o malattie leggere; la cura di questi casi può essere demandata ai vescovi, agli istituti religiosi e alle parrocchie. Ma per le eresie più pericolose e diffuse occorrono cliniche dello spirito altamente specializzate […]

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Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

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Vigila attentamente [II Tm 4,5]

Il vescovo sia in grado di esortare con la sua sana dottrina

e di confutare  coloro che contraddicono [Tt 1,15]

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il Cardinale Gerhard Ludwig Müller [Finthen 31.12.1947], 69 anni, già Vescovo di Regensburg, voluto dal Sommo Pontefice Benedetto XVI a capo della Congregazione per la dottrina della fede presso la quale inizia il suo mandato il 2 luglio 2012. Concluso il suo primo quinquennio il 2 luglio 2017, il Sommo Pontefice Francesco non lo conferma nell’incarico.

Com’è ormai a tutti noto, il Sommo Pontefice ha scelto S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer come nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Egli è un buon conoscitore del pensiero di Karl Rahner, come del resto, ed ancor più di lui, lo era il Cardinale Joseph Ratzinger, che da Papa aveva scelto questo Gesuita come Segretario della Congregazione per la dottrina della fede. Ora Ratzinger, dopo esser stato collaboratore di Rahner al Concilio, nel 1982 pubblicò un libro sui princìpi della teologia cattolica [1], nel quale svolge una severa critica al pensiero di Rahner accusandolo di idealismo panteista [pag. 179-190, in ed. francese]. Per questo, dobbiamo supporre che il neo Prefetto, per quanto benevolo verso Rahner, soprattutto adesso che Papa Francesco, con grande fiducia, gli ha affidato il delicato compito di supremo collaboratore ed aiuto del Pontefice nella conservazione e nella custodia della sana dottrina, si terrà ben lontano dai gravi errori del Gesuita tedesco, accogliendo i quali si assumerebbe una condotta tale che condurrebbe alla perdizione.

S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. [Manacor 19 aprile 1944], 73 anni, nominato dal Sommo Pontefice Arcivescovo segretario della Congregazione per la dottrina della fede il 9 luglio 2008, il 1° luglio 2017 è nominato dal Sommo Pontefice Francesco Prefetto della stessa Congregazione

Per questo dobbiamo aspettarci che il nuovo Prefetto ci indichi con saggezza e prudenza il cammino per uscire dalla selva oscura, “aspra e forte”, nella quale Rahner ci ha cacciato in questi ultimi cinquant’anni, senza quasi che ce ne accorgessimo, stante il fascino che egli esercita su molti, che lo considerano erroneamente il grande interprete del Concilio Vaticano II [2]. Sarà, questo del nuovo Prefetto, un lavoro di sottile vaglio e discernimento, perché si tratterà di liberare valori indubbi da pericolose insidie che li mettono in pericolo.

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Vogliamo formare il voto che adesso che S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer è Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, in collaborazione col Santo Padre, lo Spirito Santo gli conceda la prudenza, il coraggio e la saggezza necessari per mostrare chiaramente e definitivamente al popolo di Dio dove sta l’errore, come e perché rimediarvi e confutarlo, quali benefìci se ne traggono, come liberarsene e dove sta la sua parte di verità, per avviare una seria riforma degli studi teologici e della formazione del clero, in fedeltà a San Tommaso d’Aquino, come prescrive il Concilio, e al Magistero della Chiesa.

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Un’idea di come il nuovo Prefetto valuta il pensiero di Rahner possiamo farcela leggendo il suo saggio Karl Rahner: Cristo nelle religioni del mondo, [cf. QUI] presentato ad un convegno teologico sotto il titolo L’eredità teologica di Karl Rahner, organizzato dall’Università Lateranense e pubblicato dalla Lateran University Press nel 2005 [cf. QUI].

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S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. dal 1° luglio 2017 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

In questo scritto il nuovo Prefetto evidenzia aspetti positivi del pensiero di Rahner, come il riconoscimento del primato del cristianesimo sulle altre religioni, da lui chiamato «religione assoluta», nonché il fatto che tutte le religioni entrano almeno implicitamente o inconsciamente in rapporto con Cristo, senza il quale non c’è salvezza, Cristo che offre a tutti la salvezza.

 

Gli errori di Rahner

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S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. dal 1° luglio 2017 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

S.E. Mons. Ladaria Ferrer, tuttavia, riporta anche alcune tesi erronee di Rahner, che tanto danno hanno fatto e fanno alla Chiesa, ma trascura di confutarle. Facciamo alcuni esempi. Egli cita senza discuterla la tesi rahneriana che «nella struttura dell’Antica Alleanza si trova insieme con ciò che è gradito a Dio, ciò che è falso ed erroneo» [p. 247] e, commentando queste parole, giunge a dire che «soltanto nel Nuovo Testamento e nella Chiesa di Cristo abbiamo una norma permanente di distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso» [p. 248].

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A parte che già la ragione naturale sa distinguere in teologia e in morale il vero dal falso, un simile rilievo fatto alla teologia e all’etica veterotestamentarie appare decisamente ingiusto e offensivo, e sa molto dell’eresia marcionita, che oppone il vero Dio del Nuovo Testamento dal falso Dio dell’Antico Testamento.

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Nessuno nega che nell’Antico Testamento abbiamo un’immagine di Dio a volte terrorizzante e certe sanzioni penali e leggi di guerra crudeli. Ma non è difficile spiegare queste cose come i segni di una civiltà arretrata, senza bisogno di rivolgere ingiuste accuse ad un’Alleanza di Israele con Dio, che non viene superata dalla Nuova come il falso è negato dal vero, ma come la verità iniziale è superata dalla verità finale, come la luce dell’aurora è superata dalla luce del giorno. Cristo non è venuto per abolire, ma per completare [cf. Mt 5, 17,19].

S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. dal 1° luglio 2017 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

Un’altra tesi di Rahner, che il nuovo Prefetto accoglie senza fare obiezioni, è la sua interpretazione del modo col quale le religioni non cristiane possono incontrare Cristo. Questo modo è un’applicazione della gnoseologia rahneriana, per la quale l’uomo, ogni uomo, esperimenta aprioricamente e soprannaturalmente Dio secondo un’esperienza interiore da lui detta «trascendentale», «atematica» e «preconcettuale», alla quale fa seguito la concettualizzazione o «categorizzazione» di detta esperienza.

In base a questo presupposto teologico Rahner distingue un cristianesimo esplicito e cosciente da un cristianesimo implicito ed inconscio o preconscio, che egli chiama «anonimo».  Cristo si rivela a tutti gli uomini, dà a tutti la sua grazia e salva tutti gli uomini. Solo che questa rivelazione avviene su due piani conoscitivi differenti. Per tutti avviene sul piano trascendentale; per alcuni, sul piano categoriale. E questi sono i cristiani espliciti. Coloro invece ai quali avviene solo sul piano trascendentale, sono i cristiani anonimi [3].

S.E. Mons. Ladaria Ferrer cita al riguardo lo stesso Rahner: «Questo momento trascendentale della rivelazione corrisponde alla modificazione gratuita della nostra coscienza trascendentale operata soprannaturalmente da Dio, ma questa modificazione è realmente un momento originale e permanente della nostra coscienza, una sorta di illuminazione originaria della nostra esistenza e, in quanto momento della nostra trascendentalità costituita dall’autocomunicazione di Dio, è in senso proprio già rivelazione» [p. 254].

S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. dal 1° luglio 2017 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

Osserviamo che la Rivelazione non modifica, ma supera ed eleva la coscienza trascendentale, altrimenti non sarebbe soprannaturale. Anche ammesso e non concesso che la Rivelazione fosse una «modificazione della coscienza», essa non è affatto una «illuminazione originaria», ma è un’illuminazione proveniente da Dio, che si aggiunge alla previa luce naturale dell’intelletto, la quale sola è la luce originaria della nostra mente, preceduta dall’esperienza sensibile, e così la Rivelazione, che dà origine alla fede, giunge solo successivamente all’esercizio della ragione e dell’esperienza, e come illuminazione della ragione, che la eleva alla conoscenza del mistero soprannaturale ignoto alla ragione.

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S.E. Mons. Ladaria Ferrer spiega il pensiero rahneriano su questo punto in tal modo: la fede cristiana esplicita è la «dichiarazione concettuale di ciò che l’uomo», che non ha sentito l’annuncio del Vangelo, «ha già realizzato o ha potuto realizzare nella profondità della sua esistenza spirituale» [p. 249]. Questa sarebbe la rivelazione trascendentale.

Per Rahner allora la rivelazione universale è quella che egli chiama «trascendentale», mentre la Rivelazione data da Cristo alla Chiesa, quella che egli chiama “categoriale” e che la Chiesa chiama «pubblica», egli la chiama anche «particolare», quasi come se fosse quella che la Chiesa chiama «rivelazione privata». Invece dobbiamo dire che la vera rivelazione universale, cioè pubblica, non è la rivelazione «trascendentale», che non esiste se non nella mente di Rahner, perché Dio, nel rivelarsi e nel parlare all’uomo, propone contenuti intellegibili di verità al suo intelletto, contenuti che, in forza della natura dello stesso intelletto umano, sono espressi in concetti e in giudizi e quindi in parole. L’adulto ricava quei concetti dall’esperienza sensibile; chi invece non è in grado di ragionare, come per esempio il demente o l’embrione, riceve quei concetti da Dio e così tutti, magari inconsciamente, possono farsi un concetto di chi è Cristo.

Rahner accoglie il princìpio giovanneo che il Logos illumina ogni uomo, consciamente o inconsciamente. Il che vuol dire che il Logos si propone a tutti, ma non tutti Lo accettano. Invece Rahner trascura il fatto, notato da Giovanni, che non tutti accolgono la luce, ma alcuni preferiscono le tenebre [4]. Rahner sostiene così che di fatto l’illuminazione divina è universale, tutti la accolgono, per cui tutti si salvano, il che è falso, perché va contro il Vangelo e l’insegnamento della Chiesa.

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C’è da dire inoltre che la dottrina rahneriana del «Salvatore assoluto», riferita da S.E. Mons. Ladaria Ferrer, è un’invenzione di Rahner, che mescola ibridamente la ragione con la fede, la filosofia col Vangelo, l’autocoscienza con la Rivelazione, la natura con la grazia, la religione naturale con quella soprannaturale, il cristianesimo con le altre religioni. 

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L’esistenza di un Salvatore assoluto, uomo-Dio, la conosciamo solo per fede, perché questo Salvatore divino è Cristo, e non in base all’inesistente previa “esperienza o rivelazione trascendentale atematica” di Rahner. Infatti è solo dal Vangelo che sappiamo che Dio vuol salvarci per mezzo di un uomo-Dio. Sta proprio in ciò l’originalità inaudita del messaggio evangelico. Ogni religione sa che Dio esiste, che ci può salvare e che remunera quelli che lo amano. Quello che invece nessuna di esse sa, ma che solo Cristo ci rivela nel Vangelo, è che Egli e solo Lui è il Salvatore di tutti.

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S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. dal 1° luglio 2017 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

Dio infatti,  se avesse voluto, avrebbe potuto salvarci anche in altri modi e con altri mezzi: perdonandoci incondizionatamente o alla nostra richiesta di perdono, o dopo un’opportuna penitenza o mediante sacrifici o una rivelazione fatta interiormente a ciascuno, o con la mediazione di semplici santi o profeti o angeli.

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Il vero e semplice sapere trascendentale religioso, che è solo al livello della pura ragione, non è assolutamente in grado di sapere da sé quale via Dio ha scelto per salvarci. Pertanto questo sapere non immagina e non attende nessun “Salvatore assoluto”, come crede Rahner, ma sa solo che la nostra salvezza viene da Dio, quale che sia la via concreta che Egli ha scelto, ad esso ignota. Questa soltanto è la certezza di tutte le altre religioni, certezza che però — e qui Rahner ha ragione — le mette comunque in contatto con Cristo.

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Il messaggio evangelico che ci parla di Cristo non ci offre affatto, come crede Rahner, il semplice dettaglio, la semplice categorizzazione e determinazione storica, concreta e “particolare” di una supposta precognizione [Vorgriff] «trascendentale e originaria» del «Salvatore assoluto», quella che Rahner chiama «cristologia trascendentale», che sarebbe comune a tutte le religioni e che costituisce il cristianesimo «anonimo».

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Osserviamo che l’annuncio del Vangelo non esplicita ciò che è già precontenuto atematicamente nell’ «esperienza trascendentale» di tutte le religioni, ovvero ciò che le altre religioni oscuramente, vagamente ed implicitamente già sanno, ma è l’annuncio di una novità inaudita, imprevedibile ed inimmaginabile, che il mondo e tutte le religioni non cristiane, compresa quella ebraica, ignorano assolutamente. Questo annuncio evangelico non è il chiarimento o la presa di coscienza di una conoscenza umana precedente, ma è l’aggiunta di una nuova conoscenza teologica del tutto superiore alla ragione e che non può che essere dono di Dio. Sta proprio qui la novità della Nuova Alleanza rispetto all’Antica.

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S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. dal 1° luglio 2017 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

S.E. Mons. Ladaria Ferrer sembra non avvertire l’insidia che si cela sotto la nozione rahneriana di «autocomunicazione divina» [5], che per Rahner non è concettuale, come è insegnato dalla Dei Verbum [n. 6], ma «ontologica ed entitativa» [p. 254]. D’altra parte, si deve dire che, se Dio non può comunicare il suo essere divino alla creatura, le dona bensì una preziosa qualità divina ontologica, che è somiglianza della natura divina di Cristo, ossia la figliolanza divina; ma questa è la grazia, mentre il Concilio, parlando di autocomunicazione, si riferisce alla Rivelazione.

Bisogna osservare che l’Essere divino, nella sua assoluta semplicità, trascendenza e sussistenza, è assolutamente impartecipabile e quindi incomunicabile. Se San Pietro, dal canto suo, dice che l’uomo, mediante la grazia, diventa «partecipe» [koinonòs] della natura divina cf. [II Pt 1,4], ciò significa che egli riceve da Dio un dono soprannaturale, appunto la grazia, che, in Cristo, lo rende simile a Dio.

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L’essere divino, essendo assolutamente semplice, non può essere ricevuto in parte dalla creatura e tanto meno può essere ricevuto totalmente in un’assurda «autocomunicazione ontologica», la quale, semmai, avviene all’interno della Santissima Trinità, per la quale, per esempio Dio Padre comunica al Figlio la propria divinità [Deum de Deo]. Ma anche il Padre non può comunicare Se stesso come Padre al Figlio, proprio perché il Padre è distinto del Figlio.

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S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. dal 1° luglio 2017 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

L’essere della grazia è un essere per partecipazione, è un essere creato. Solo l’essere divino è Essere per essenza [Ipsum Esse per Se subsistens]. Tuttavia l’essenza della grazia è divina. La grazia però non è Dio, ma è un dono divino creato, un accidente o qualità dell’anima: per questo la grazia può essere distrutta dal peccato mortale. Se la grazia fosse Dio, essa sarebbe incorruttibile come Dio. E per questo Rahner è coerente, quando dice che la grazia non può mai esser perduta [«esistenziale permanente»]. Ma se la grazia fosse Dio, avremmo il panteismo, e l’uomo sarebbe Dio.

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S.E. Mons. Ladaria Ferrer cita senza obiettare anche la dottrina rahneriana, secondo la quale l’unione ipostatica non sarebbe altro che il vertice supremo della Rivelazione, che Rahner identifica con la grazia: «La storia della rivelazione ha il suo vertice assoluto, quando l’autocomunicazione di Dio nei confronti della realtà creaturale spirituale di Gesù mediante l’unione ipostatica che ha luogo nell’Incarnazione di Dio raggiunge in vista di questa realtà e con essa a beneficio di tutti il suo culmine insuperabile» [p. 254].

Bisogna dire due cose: prima, che l’unione ipostatica non è un atto gnoseologico attinente alla Rivelazione, ma un atto ontologico relativo alla divinità di Cristo. Quindi qui non c’entra l’autocomunicazione divina rivelativa, della quale parla il Concilio, ma l’unione ipostatica è l’effetto dell’assunzione della natura umana di Cristo da parte della Persona del Verbo.

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S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. dal 1° luglio 2017 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

Da qui la seconda cosa. L’unione ipostatica non è il vertice di uno sviluppo precedente ascensionale, ma è l’effetto di un libero atto divino, che non presuppone nulla prima di sé, se non il Verbo eterno Che lo ha prodotto. La Rivelazione divina ha certamente uno sviluppo storico narrato dalla Scrittura, ma essa nulla ha a che vedere con l’unione ipostatica, la quale, come ho detto, appartiene all’ordine ontologico, non a quello intenzionale o concettuale. Ma, come è noto, Rahner identifica idealisticamente l’essere col conoscere.

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Così parimenti l’unione ipostatica nulla ha a che vedere con il vertice di una supposta «autotrascendenza umana», nel senso rahneriano, essa pure inficiata di idealismo panteista. L’uomo trascende sì stesso per tendere a Dio; ma Dio non è l’ «orizzonte della trascendenza umana», come dice Rahner, bensì è Colui che trascende l’orizzonte dell’uomo. L’uomo sale a Dio, ma non diventa Dio. Dio assume l’uomo, ma non diventa uomo.

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Alcune osservazioni

S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. dal 1° luglio 2017 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

Prima. S.E. Mons. Ladaria Ferrer, nel presentare il pensiero di Rahner, sembra fermarsi ad una semplice esposizione, del resto ben fatta. Il che non è proibito. Ma, toccando certi errori, ci si può chiedere perché non li confuta. Il medico non deve limitarsi ad una corretta descrizione del morbo, ma deve offrire una cura specifica efficace, dopo avere anzitutto diagnosticata la malattia.

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Seconda. L’interpretazione fatta da S.E. Mons. Ladaria Ferrer del pensiero rahneriano è troppo benevola. Egli si pone solo qualche punto interrogativo. Questo metodo ha certamente un valore, ma dà prova di ingenuità, non mostra le insidie, fa sentire una carenza di acume e di vigilanza critici.

La guida alpina esperta deve mostrare i pericoli del cammino all’inesperto turista, che affronta un percorso rischioso. Se bastasse ognuno da sé a curare la propria salute, che bisogno ci sarebbe dei medici? Se ogni buon laico potesse far da sé per salvarsi l’anima, che bisogno ci sarebbe del teologo, del vescovo e del Papa? Avrebbe ragione Lutero, che ha abolito la Gerarchia cattolica.

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Terza. L’eccessiva benevolenza dei giudizi di S.E. Mons. Ladaria Ferrer nei confronti di Rahner fa temere che egli non abbia compreso e approfondito abbastanza le radici del pensiero rahneriano, ormai analizzate da tempo, come per esempio dal Padre Cornelio Fabro, e che quindi non si renda conto a sufficienza dei gravi errori metafisici, gnoseologici, antropologici e morali di Rahner.

Una funzione essenziale della Congregazione per la dottrina della fede è quella di avvertire i fedeli, in aiuto e a nome del Papa, degli errori più pericolosi non facilmente diagnosticabili, mettendoli in luce e correggendoli. Ed è proprio qui che si trova il problema Rahner. Alla direzione della Congregazione per la dottrina della fede, S.E. Mons. Ladaria Ferrer avrà tutto il tempo per colmare queste lacune, le quali, se erano tollerabili nel suo passato, non lo saranno più adesso.

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La riforma della Congregazione per la dottrina della fede

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S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. dal 1° luglio 2017 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

In conclusione, diciamo che il compito che attende S.E. Mons. Ladaria Ferrer è complesso, rischioso e difficile, ma siamo certi che Dio gli darà luce e forza nell’aiutare il Santo Padre e nel servire la Chiesa.

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Dobbiamo confessare con tutta franchezza e cognizione di causa, dopo cinquant’anni di studi su questo tema, che la riforma degli studi e della formazione del clero promossa dal Concilio è stata fraintesa e mal realizzata, sicché oggi non abbiamo una riforma, ma una deformazione delle vere intenzioni del Concilio, il quale aveva raccomandato San Tommaso come guida degli studi, anche se certamente non secondo il modulo pre-conciliare di un tomismo troppo polemico verso la modernità, ma  di un tomismo criticamente ed evangelicamente aperto ai valori della modernità, secondo l’esempio di Jacques Maritain, raccomandato da San Giovanni Paolo II nell’enciclica Fides et Ratio.

Voler sostituire Karl Rahner a San Tommaso d’Aquino è stato un errore gravissimo, le cui conseguenze le vediamo oggi nel caos dottrinale e morale — quello che già nel 1974 Fabro chiamava «sconquasso»[6], del quale stiamo soffrendo, il che sia detto e lo ripeto, senza dover affatto misconoscere i meriti di Rahner, ai quali S.E. Mons. Ladaria Ferrer accenna nel suo saggio.

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S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.J. dal 1° luglio 2017 Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede

Per questo immane compito occorrerà un rafforzamento del personale della Congregazione per la dottrina della fede, da rendere maggiormente specializzato e più competente in rapporto alle varie discipline teologiche da impiegare negli interventi da intraprendere e proporzionato all’entità delle questioni da risolvere, liberandola da incombenze estranee alla sua competenza, come per esempio il perseguimento del delitto di pedofilia, incombenza questa che, nella fattispecie, può essere opportunamente demandata alla Congregazione per il Clero o alla magistratura civile.

La Chiesa non funziona solo come un «ospedale da campo». Questo può operare opportunamente nei casi minori, comuni o di emergenza, come pronto soccorso, o per la cura di piccoli traumi o malattie leggere; la cura di questi casi può essere demandata ai vescovi, agli istituti religiosi e alle parrocchie. Ma per le eresie più pericolose e diffuse occorrono cliniche dello spirito altamente specializzate, sul modello, per fare un paragone in campo medico, degli istituti specialistici della complessa e vasta struttura ospedaliera Sant’Orsola di Bologna. Qui abbiamo il ruolo della Congregazione per la dottrina della fede, la quale deve occuparsi delle eresie più gravi, più diffuse e più difficilmente diagnosticabili e curabili, unendo ed alternando giustizia e misericordia, a seconda delle necessità. Se è cosa importante la cura del corpo, ben più importante è la salute dell’anima.

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Varazze, 15 luglio 2017

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[1] Edizione francese Les principes de la théologie catholique, Téqui, Paris 1985.

[2] Quanto questo sia falso, lo dimostro nel mio libro Karl Rahner. Il Concilio tradito, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2009. Quando Papa Benedetto XVI parlava della “ermeneutica di rottura”, si riferiva appunto all’interpretazione rahneriana.

[3] Cf il mio saggio La radice teoretica della dottrina rahneriana del cristianesimo anonimo, in Karl Rahner. Un’analisi critica, a cura di S.Lanzetta, Atti del convegno teologico internazionale organizzato dai Francescani dell’Immacolata a Firenze nei giorni 22 e 23 novembre 2007, Edizioni Cantagalli, Siena 2009.

[4] Cf. Prologo del Vangelo di San Giovanni

[5] Cf P.P. Saldanha, Revelation  as “self-communication of God”. A study of the influence of Karl Barth and Karl Rahner on the Concept of Revelation in the Documents of the Second Vatican Council, Urbaniana University Press, Roma 2005

[6] Nel suo libro L’avventura della teologia progressista, Rusconi Editore, Milano 1974, p.20.

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[video] I poteri del Sommo Pontefice: infallibilità e fallibilità, Maestro supremo della fede e dottore privato

–  i nostri video  –

I POTERI DEL SOMMO PONTEFICE: INFALLIBILITÀ E FALLIBILITÀ, MAESTRO SUPREMO DELLA FEDE E DOTTORE PRIVATO …

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In questa seconda lectio Giovanni Cavalcoli O.P. ci guida in un’analisi teologica ed ecclesiologica sulla figura del Sommo Pontefice, oggi esposto in modo particolare a critiche, in sé e di per sé legittime, a volte quasi volute e persino cercate da lui stesso; ma esposto anche a critiche caratterizzate spesso da prevenzioni e chiusure, quindi come tali niente affatto legittime. 

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Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

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le vecchie satire liberal-massoniche sul Beato Pontefice Pio IX

Criticare il Romano Pontefice è possibile, a volte può essere di ausilio al suo stesso alto ufficio, ma prima è necessario conoscere Pietro e sapere anzitutto chi è Pietro.

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Senza andare indietro di secoli, chiunque può appurare in che modo a volte persino feroce, aggressivo e insultante i Sommi Pontefici sono stati criticati, specie là dove la libera critica era in verità un pretesto per sferrare attacchi violenti al papato, specie da parte della Massoneria, quella che ieri indicava il Beato Pio IX come «sacco di merda» ed il Sommo Pontefice Leone XIII come «osso putrefatto»; la stessa Massoneria che oggi inneggia invece al Sommo Pontefice Francesco I come a «un grande Papa rivoluzionario». 

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le vecchie satire liberal-massoniche sul Santo Pontefice Pio X

Da tempo, i Padri de L’Isola di Patmos, tra le righe di loro articoli [vedere QUIQUI] hanno espresso che del Sommo Pontefice Francesco I non è criticato, come in molti dei suoi Augusti Predecessori, il magistero, o quelle che sino al 1870 furono scelte politiche, bensì atteggiamenti marginali; è criticata la sua tendenza alla ambiguità, od a tacere talvolta — e questo va rispettosamente ammesso — su alcune verità di fede, quasi come se su nefasto influsso del Cardinale Walter Kasper avesse paura di irritare gli eretici luterani.

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la Massoneria, dopo due secoli di feroce anti-papismo e anticlericalismo, oggi loda «Papa Francesco il rivoluzionario» [cf. QUI]

Il Santo Padre Francesco non è stato il primo a «rompere tutti gli schemi», come ama laudare la stampa laicista e quella massonica. Se infatti vogliamo prendere due figure di Pontefici che hanno «rotto gli schemi» — per usare questo termine molto giornalistico e molto improprio, perché non teologico né ecclesiologico —, basti citare per un verso il Beato Pio IX, per altro verso San Giovanni Paolo II. Anche questi Pontefici dissero a loro modo il proprio «buonasera» al primo affaccio, però poi, le conseguenze di quel «buonasera», hanno saputo gestirle per tutta la vita, soprattutto in situazioni molto complesse e travagliate, dinanzi alle quali si procacciarono le più feroci e aggressive critiche del mondo proprio per avere detto all’occorrenza un secco “si” e un secco “no” [per aprire il video cliccare sotto …]

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Canale You Tube de L’Isola di Patmos

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Canale Cattolico Gloria Tv

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«Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso», il suo nome e Charlie Gard. Assieme al Cardinale Carlo Caffarra L’Isola di Patmos urla: «Fermatevi in nome di Dio!»

«DIO È MORTO E NOI LO ABBIAMO UCCISO», IL SUO NOME È CHARLIE GARD. ASSIEME AL CARDINALE CARLO CAFFARRA L’ISOLA DI PATMOS URLA: «FERMATEVI IN NOME DI DIO!»

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Esulta il coro dei Diavoli, esulta l’assemblea infernale, un inno di gioia saluti, il trionfo del nemico del Risorto: un bambino, come novello Agnello di Dio, rischia di essere ucciso sull’altare sacrificale dell’Europa senza Dio, il piccolo Charlie Gard [notizie QUI, QUI].

 

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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PDF  articolo formato stampa 
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Fermatevi, in nome di Dio. Altrimenti vi dico con Gesù: «Sarebbe meglio che vi legaste al collo una macina da mulino e vi gettaste nel più profondo del mare» [testo dichiarazione,  QUI]

Carlo Caffarra

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Una sana democrazia, fondata sugl’immutabili principi della legge naturale e delle verità rivelate, sarà risolutamente contraria a quella corruzione, che attribuisce alla legislazione dello Stato un potere senza freni né limiti, e che fa anche del regime democratico, nonostante le contrarie ma vane apparenze, un puro e semplice sistema di assolutismo [testo intero, QUI]

S.S. Pio XII, 24 dicembre 1944 

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il piccolo Charlie Gard – per aprire il video cliccare sopra l’immagine

La frase di Friedrich Nietzsche riportata nel titolo è tratta dalla sua opera La gaia scienza, per leggerla interamente nella traduzione italiana basta aprire QUI

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Detto questo faccio notare ― come scrissi in un mio libro del 2011 che a breve sarà ristampato ―, che sul finire del XIX secolo, quella mente acuta di Nietzsche aveva già intuito che l’attacco decisivo al Cristianesimo non poteva essere basato sul tema della verità ma su quello della morale cristiana.

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Spesso amo parlare della “innaturalezza della morte”, alla quale si tende a dare altri nomi e ad indicarla in altro modo: « … è venuto a mancare … è scomparso … si è spento … non c’è più …» e vari altri eufemismi, pur di non usare quella parola naturale che a suo modo grida per la sua intima “innaturalezza”: morte. Il tutto in una società nella quale sempre meno persone, dinanzi alla morte, hanno il coraggio di dire : «È morto».

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La morte è a suo modo innaturale perché non rientra nei progetti della natura creata da Dio; è opera del Demonio che indusse Adamo ed Eva a ribellarsi al Creatore [cf. Gen 1,3]. È infatti attraverso il peccato originale che la morte entra nel mondo come conseguenza di quella ribellione che rompe gli equilibri della divina armonia creata. Lo spiega il Beato Apostolo Paolo in una sua epistola:

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[…] come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato […] Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita. Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti [Rm 5, 12-18].

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Spesso mi sono domandato se il rifiuto della morte e della sofferenza, non dipenda in parte dal fatto che nella nostra memoria umana più antica rimane sempre vivo nel profondo il ricordo, anche se in molti inconsapevole, di quando eravamo immortali e liberi dalla morte come conseguenza del peccato originale.

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A tacere su quel piccolo Cristo in terra di Charlie Gard, che rischia di essere ucciso affinché l’Europa atea possa esorcizzare la propria paura della morte, sacrificando sulla croce del moderno ateismo un Agnello di Dio, non sono stati semplicemente “i preti” o “i vescovi”, come molti cattolici e non cattolici hanno lamentato in questi giorni in giro per vari blog, riviste telematiche e quotidiani su carta stampata; a tacere su questo piccolo Agnello sulla croce sono stati “certi” preti … “certi” vescovi …

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… se volete vi spiego quali, indicandovi che sotto questo pontificato in modo particolare, questi pessimi soggetti con una idea a dir poco erronea di vita, di famiglia e di morale, sono tutti lanciati in gran carriera ai vertici ecclesiastici.

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A tacere sono stati quei vescovi e preti che anno dopo anno sono stati deformati dentro il santissimo seminario, senza che all’interno dell’immondo pretificio nessuno si accorgesse, dal vescovo per primo ed a seguire col rettore ed i padri spirituali, che numerosi candidati al sacerdozio provenivano da famiglie completamente disastrate. Nessuno di questi soloni messi dai vescovi a far danni dentro i pretifici, si è mai curato del fatto che una persona nata, cresciuta ed educata in una famiglia non cristiana, che risente come tale di tutte le peggiori derive morali di questo mondo e che le vive come se il male fosse in verità bene ed il bene fosse invece male da rifuggire, sempre e di rigore diventerà un pessimo prete. A uno di questi soggetti potete imporre le mani sulla testa cento volte, rovesciargli sui palmi delle mani tutto l’orcio del sacro crisma consacrato dal vescovo durante la Santa Messa Crismale, potete mandarlo alla Pontificia Università Gregoriana o al Pontificio Istituto Biblico, farlo specializzare, dottorare e infine tornare in diocesi con l’aura di grande intellettuale, senza che però riesca, come prete e come pseudo-teologo o biblista, a capire che la famiglia è la Chiesa domestica, che la prima e imprescindibile maestra di vita cristiana è la famiglia. E chi non ha avuto una famiglia cristiana e dei genitori cristiani, prima di entrare in un seminario deve essere messo nella condizione di acquisire e di elaborare nel corso di un lungo processo di anni, tutti quei valori e quella educazione che solo una famiglia cristiana e dei genitori cristiani possono dare e trasmettere. In caso contrario ci ritroveremo poi dinanzi a preti carenti nelle basi fondamentali del Cristianesimo che invitano a parlare negli studi teologici dei filosofi atei, dei sostenitori del gender e dei sociologi che considerano l’aborto una conquista di grande importanza sociale e civile. E siccome non hanno mai superato il trauma del divorzio dei genitori e soprattutto le rispettive belle gesta del padre e della madre, fatte di egoismi e di tradimenti varî, non pochi di costoro si sfogheranno riversando cattiveria su interi presbitèri, nei quali troveranno l’immagine di un padre e di una madre sulla quale riversare vendetta distruttiva. Per non parlare dei danni disastrosi che costoro faranno se messi nel ruolo di formatori, di insegnanti, o peggio … di vescovi!

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Le sacre ordinazioni di questi soggetti, sono spesso un brulicare di genitori pluridivorziati, di fratelli e di sorelle conviventi col loro ultimo ganzo o ganza di turno, che dopo il solenne sacro rito, tra un calice di Champagne e una tartina, raccontano ai convitati che loro non sono credenti, però rispettano le scelte degli altri. Nel corso di questi ultimi anni, a siffatte oscene ordinazioni, durante il rinfresco si sono sentiti padri, madri e sorelle che a malapena sapevano farsi il segno della croce, esordire con espressioni di “alta cultura” cristiana del tipo … «adesso le cose nella Chiesa si stanno rivoluzionando, grazie a quel grande che è Papa Francesco, che ormai aprirà alla coppie di divorziati, ai gay, all’aborto, all’eutanasia …». Inutile dire e ricordare che il Sommo Pontefice Francesco I, non aprirà mai a nulla di tutto questo, ma l’anti-cristiano parentado del neo-consacrato sacerdote, ci crede però per davvero. Anzi semmai è pure convinto che loro figlio, fratello o cugino, sia entrato nella grande Multinazionale Chiesa Cattolica Apostolica Romana, proprio nel momento giusto, proprio quando le cose si stanno “rivoluzionando”.

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Questo bel clero uscito fuori negli ultimi anni dai nostri santissimi seminari, a quanti elementi ammonta? Provate a chiederlo a quell’autentico uomo di Dio nonché santo pastore in cura d’anime, tale è sempre stato il Cardinale Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il clero, perché lui i numeri ce li ha tutti, basta solo saper contare …

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Da elementi di questo genere, come possiamo aspettarci delle parole decise e necessariamente dure sul povero Cristo in croce Charlie Gard? E ancora una volta torno a ripetere: Giovanni Paolo II è stato proclamato santo, ma del suo santo insegnamento, a così pochi anni di distanza, non è proprio rimasto niente? Perché questo pare purtroppo dimostrare a suo modo il clero contemporaneo, ma ahimè lo stesso Augusto Pontefice felicemente regnante, il quale si è cimentato negli ultimi giorni in molti discorsi varianti dagli improperi contro i mafiosi ed i corrotti, per i quali è allo studio persino un appropriato decreto di scomunica [cf. QUI], sino alla politica sindacale ed ai discorsi sul «nuovo patto sociale» [cf. QUI]. Ovviamente ben guardandosi dal nominare quel monumento straordinario che è la Dottrina sociale della Chiesa, dalla Rerum novarum del Sommo Pontefice Leone XIII [cf. QUI] sino  alla Centesimus annus del Santo Pontefice Giovanni Paolo II [cf. QUI].

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In questa estate mi trovo come sempre in Sicilia, ed in verità debbo dirvi che dalla suprema cupola dei mammasantissima sino agli ultimi picciotti di Cosa Nostra, inclusi quelli che all’ombra dei campanili gestiscono a botte di decine di milioni di euro il gran carnevale della Festa di Sant’Agata a Catania e quello di Santa Rosalia a Palermo, tutti quanti i malavitosi vivono con angoscia e terrore l’idea di vedersi notificare una bolla di scomunica dalle cancellerie vescovili. Non oso neppure immaginare in che colata di cemento finirebbe un gaio cancelliere sculettante che si presentasse loro con la voce in falsetto a notificargli che il vescovo li ha scomunicati in quanto mafiosi e corrotti, perché se c’è una cosa che i mafiosi non rispetterebbero mai, sono certi preti-donnetta che abbondano soprattutto nel Meridione d’Italia. I preti-donnetta sono infatti tanto numerosi quanto utili alle mafie, che conoscono tutti i peggiori vizi morali nascosti dei preti, per meglio tenere così intere diocesi sotto ricatto, perché dinanzi a qualsiasi serio e deciso sospiro contro le mafie, i loro capi farebbero letteralmente esplodere intere fosse biologiche; e per riprendersi dalla marea di quel magma che inonderebbe interi presbitèrî, alcune diocesi dovrebbero lavorare per decenni e decenni nel tentativo di rifarsi un barlume di credibilità, ammesso che infine ci riescano. Se però il Santo Padre Francesco volesse convocarmi, posso spiegarglielo io che cosa sono le mafie italiane e soprattutto sotto quali ricatti morali e patrimoniali tengono le Chiese locali del Meridione d’Italia; e glielo spiegherò molto meglio di quanto mai potrebbe spiegarglielo un imprenditore dell’anti-mafia a cinque stelle lusso come don Luigi Ciotti.

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Però, il Santo Padre Francesco, dopo tanti tuoni contro le mafie e tante accorate parole sul «nuovo patto sociale», ha dedicato un tweet che recita:

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«Difendere la vita umana, soprattutto quando è ferita dalla malattia, è un impegno d’amore che Dio affida ad ogni uomo».

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Neppure la meritata dignità del nome, è stata a lui conferita, che pure un nome ce l’ha: Charlie Gard. Peggio de L’Innominato dei Promessi Sposi. E allora torno ancora a chiedere: perché è stato proclamato santo Giovanni Paolo II? perché a lui sono state titolate molte chiese in giro per il mondo, perché? O forse che i santi servono solo per costruire nuovi stabili, destinati di questi tempi a rimanere sempre più vuoti di fede e di fedeli?

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Mentre il falegname aveva già preparata la croce per il piccolo Agnello di Dio Charlie Gard, il Sommo Pontefice parlava di … «nuovo patto sociale» in materia di lavoro e di sindacato, mentre la stampa laicista dei laudatores inneggiava viva Francisco el revolucionario che adesso scomunicherà mafiosi e corrotti, mettendo finalmente in ginocchio la Camorra, la N’drangheta e Cosa Nostra. Figurarsi, a sconfiggere la Mafia non c’è riuscito neppure il Fascismo in un ventennio con un uomo abile e dotato come il prefetto Cesare Mori, detto non a caso il prefetto di ferro, ma sicuramente ci riuscirà il Santo Padre Francesco con la potenza di una scomunica, o mandando semmai cento guardie svizzere con l’alabarda in ausilio alle forze di polizia dell’anti-mafia.

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Ovviamente evito di dire con chi, la Chiesa visibile, rischia di fare — se non peggio di avere già fatto — un terribile patto. E vi garantisco che il proprio “patto sociale”, non l’ha fatto con i Sindacati, ma con un’altra terribile Persona di cui si parla nel Libro dell’Apocalisse, quello che “certi” vescovi e “certi” preti considerano però soltanto una leggendaria allegoria.

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Sul piccolo Agnello di Dio Charlie Gard, hanno taciuto i vescovi ed i preti di ultima generazione, molti dei quali non hanno avuto una famiglia come Chiesa domestica. Hanno taciuto quei vescovi e preti per i quali non esiste l’assolutezza della fede, che vuol dire teologica assolutezza di Cristo inizio, centro e fine ultimo del nostro intero umanesimo, dal quale conseguono altre assolutezze legate sia alla vita umana sia alla famiglia; e queste assolutezze, che sono un termine teologico da non confondere mai con l’assolutismo socio-politico, costituiscono il cuore di quei valori non negoziabili che per noi cattolici rimarranno sempre tali, anche se la Chiesa visibile dovesse decidere di brindare a taralucci e vino con il Padrone di questo mondo.

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A tacere sull’Agnello di Dio Charlie Gard sono stati quindi i vescovi ed i preti del “possibile”, del “probabile”, del “bisogna valutare caso per caso”, ovviamente “dopo lungo discernimento”. E questi vescovi e preti vanno a braccetto con le peggiori derive di questo mondo nel quale i nemici della vita e della famiglia: gli ultra laicisti, i massoni e gli omosessualisti con la loro potente gaystapo, prendono e portano sempre come esempi e modelli dei casi limite, oltre che rarissimi, per giustificare così l’ingiustificabile, ossia la distruzione della famiglia, l’aborto, l’eutanasia, le sperimentazioni genetiche …

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Mai che portino casi ordinari, perché nel loro diabolico tentativo di far passare delle norme decisamente sataniche, portano sempre come esempio l’eccezione estrema, tentando di usarla affinché da essa possa essere imposta la regola. Mi domando e vi domando: come si fa, a portare come esempio per legittimare l’aborto, una bambina brasiliana di nemmeno dieci anni, violentata dal nonno e rimasta incinta? In tutto il mondo, quanti casi di questo genere conosciamo? E infatti, quel caso, fu talmente eccezionale che ne parlò per giorni la stampa di tutto il mondo. La stessa stampa mondiale non parla però dell’esercito di cagnette in calore che senza alcuno scrupolo e turbamento di coscienza, prima del compimento del diciottesimo anno di età si sono già presentate per la terza volta al consultorio per abortire. E siccome era venerdì, la loro preoccupazione è stata quella di chiedere all’assassino fabbricante di angeli … «Sabato sera, non ci sono problemi se vado in discoteca, vero?». Oppure: «Dottore, quando posso riprendere con il mio ragazzo. Capisce, cosa voglio dire …?».

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Questa è la norma della gran parte degli aborti, non le donne distrutte che piangono per tutta la vita, non il caso assolutamente eccezionale della bambina violentata dal nonno e rimasta incinta, dinanzi alla quale, in ogni caso, non è ammissibile e giustificabile l’aborto, con buona pace di non pochi vescovi e preti, che per non irritare il mondo ed il suo terribile Padrone, all’epoca risposero sommessamente che bisogna valutare caso per caso, o che l’Arcivescovo della Diocesi di Recife era stato un esagerato e un inopportuno a scomunicare tutta quanta la equipe che aveva praticato l’aborto alla bambina [vedere QUI]. Forse, se l’Arcivescovo di Recife avesse invece scomunicato i corrotti che sfruttano el pueblo, che persino con soli bastoni e pietre può cercare di difendersi o di fare anche una rivoluzione, cosa che invece non può fare un feto nel ventre di sua madre, oggi sarebbe stato elevato alla dignità cardinalizia su segnalazione del Cardinale Cláudio Hummes e con un panegirico laudatorio di Enzo Bianchi e di Alberto Melloni.

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Dinanzi al piccolo Cristo in Croce Charlie Gard, tutti costoro hanno invece taciuto, preferendo parlare semmai contro i mafiosi e sul «nuovo patto sociale»; ed a tacere è stata la nuova generazione di vescovi e preti senza famiglia, senza etica, senza morale e infine senza fede. Proprio come uno degli ultimi vescovi italiani di recente consacrati sotto questo Augusto Pontificato. Durante il party, il fratello e la sorella della nuova Eccellenza Reverendissima, uno di quelli manco a dirsi tutto poveri, profughi e periferie esistenziali, entrambi divorziati e presenti alla solenne cerimonia con i loro nuovi rispettivi compagni, si sono lasciati sfuggire con una certa fierezza questa affermazione: «Alla fine, nostro fratello, ce l’ha fatta!». In pratica hanno detto: voi non immaginate neppure quanto ci sperasse.

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E qualcuno si domanda come mai, tra immigrati, profughi e discorsi sindacali sul «nuovo patto sociale», qualcuno rischia di mandare di nuovo Cristo in croce per l’ennesima volta trincerandosi dietro al silenzio? In fondo, sarebbe la ripetizione del tradimento di Giuda Iscariota:

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E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, Satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: «Quello che devi fare fallo al più presto». Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte [Gv, 13, 26-30].

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Ed era notte, la grande notte della fede …

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da L’Isola di Patmos, 30 giugno 2017

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