Pedro e suas fragilidades: de «Se você é» para «você é o Cristo, o filho do Deus vivo"

Homilética dos Padres da ilha de Patmos

PEDRO E SUA FRAGILIDADE: DE «SE VOCÊ É» PARA «VOCÊ É O CRISTO, IL FIGLIO DEL DIO VIVENTE»

“Chi crede non s’imbatterà mai in un miracolo. Você não pode ver as estrelas durante o dia". “Aquele que faz um milagre diz: Não consigo me separar da terra". (Francisco Kafka)

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Abbiamo visto tante volte nei legal thriller americani, che si svolgono per la maggior parte delle scene in un tribunale, gli avvocati incalzare i testimoni saliti sul loro scranno, con domande dirette che richiedevano come risposta solamente un sì o un no. Sono le domande che la scienza della comunicazione identifica come chiuse. Di altro genere sono quelle aperte, che rendono possibile, em vez de, una risposta ragionata e articolata, anche se breve. Sono quelle domande che gli psicologi, por exemplo, prediligono perché favoriscono la relazione e un clima positivo fra gli interlocutori.

Il PeruginoConsegna delle chiavi a San Pietro, particular – 1481-1482 – affresco – Capela Sistina, Vaticano

Nella pagina evangelica di questa ventunesima domenica del tempo ordinario Gesù rivolse ai suoi discepoli due domande del secondo tipo, cioè aperte. Il testo evangelico è il seguente:

"Naquela época, Jesus, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Risposero: “Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti”. Disse loro: “Ma voi, Quem você diz que eu sou?”. Rispose Simon Pietro: “Você é o Cristo, o Filho do Deus vivo". E Jesus lhe disse:: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. Eu lhe darei as chaves do Reino dos céus: tudo que você ligar na terra será ligado no céu, e tudo o que você derreter na terra será derretido no céu". Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo». (MT 16, 13-20)

Questa scena che comunemente viene definita della confessione di Pietro si svolge all’estremo nord di Israele, dove Gesù si trovava dopo esser passato da Genesaret (MT 14, 34), quindi dalle parti di Tiro e Sidone (MT 15, 21), poi lungo il Mare di Galilea (MT 15, 29) e nella regione di Magadan (MT 15, 39). Siamo alle pendici del Monte Hermon dove nasce il Giordano, dalle parti di Cesarea di Filippo, città che nel nome rimanda alla potenza di Roma perché fu edificata dal tetrarca Filippo, figlio di Erode, in onore dell’imperatore. Sia spiritualmente che geograficamente siamo dunque molto distanti dalla città santa di Gerusalemme, praticamente all’estremo opposto, ed è qui che avviene la confessione messianica di Pietro. Dopo di che il cammino di Gesù si allontanerà da questi territori, dove fino ad ora si era attardato, per dirigersi proprio verso Gerusalemme: «Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme» (MT 16, 21).

Presso la città che in antico portava il nome del dio Pan (Panea)[1] e ora quello di Cesare Gesù interroga i suoi discepoli, dapprima in forma indiretta e poi direttamente con parole che non lasciano spazio alla divagazione perché richiedono una risposta che coinvolge gli interpellati. Un non lasciare scampo espresso anche dall’avversativa: «Ma voi, Quem você diz que eu sou?».

Ai nostri giorni vanno molto di moda i sondaggi, corredi indispensabili dei politici e delle loro coalizioni, come pure gli exit poll che presto permettono di capire chi abbia vinto una competizione elettorale oppure le indagini di mercato lanciate prima che un certo prodotto venga messo in circolazione, per sapere se sarà gradito agli acquirenti. Di certo non era di questo tipo e tenore la ricerca che Gesù invocava con la prima domanda, eppure anche lui volle sondare quale opinione le persone potessero avere di lui. Se nella prima domanda la questione è volta a sapere cosa si dicesse intorno al «Figlio dell’uomo», probabilmente il titolo messianico più importante in quel momento ( cf.. MT 9, 6; MT 10, 23; MT. 24, 27-30 etc.), nella seconda Gesù, passando in modo diretto all’io, pose i discepoli davanti ad una risposta personale, difícil, forse anche dolorosa. Voi che avete vissuto con me, che avete camminato fin qui insieme a me, che avete ascoltato ciò che ho detto, che avete visto ciò che ho fatto, che avete assistito agli scontri e agli incontri di cui siete stati testimoni. Manteiga, chi dite chi io sia? Non è tanto la richiesta in sé, che è più che legittima, quanto il fatto che Gesù, in questo modo di porsi, diventi Egli stesso domanda sia per i discepoli a cui si rivolge che per gli immediati lettori del Vangelo. Alguém[2] ha raccolto tutte le domande che Gesù pose nei Vangeli, pare siano duecentodiciassette (217)[3]. Ma questa qui, che troviamo nel brano di questa domenica, è la domanda che raggiunge tutti: crentes e não crentes. I secondi perché, se onesti e pensosi, non possono non subire il fascino e l’inquietudine della figura di Gesù. E receber, i credenti, perché sanno che questa è la domanda che risuona ogni giorno e li scuote nell’intimo, poiché non si tratta di accettare un’opinione o di aderire ad un’idea per quanto nobile, ma riguarda Gesù stesso, la sua persona e il suo mistero. Gesù è la domanda. Non é eludibile e neppure facile. Se infatti alla prima domanda la risposta fu corale: «Ed essi dissero “οἱ δὲ εἶπαν“»; alla seconda rispose il solo Pietro. Perché è una richiesta dirimente che vaglia il vero discepolo togliendolo dal rischio di restare muto.

Tornando alla prima domanda, Gesù chiese le opinioni circolanti che riguardavano il «Figlio dell’uomo», un’espressione oscura per noi ma chiara per i suoi ascoltatori, infatti con essa Gesù preferiva identificare sé stesso: un personaggio messianico che «è una persona, non una collettività; ha natura divina, esiste prima del tempo e vive tuttora; conosce tutti i segreti della Legge e perciò ha il compito di celebrare il Grande Giudizio alla fine dei tempi»[4]. Tutte le risposte dei discepoli su cosa si pensasse del «Figlio dell’uomo» avranno in comune un tratto profetico. Innanzitutto lo eguagliano a Giovanni il Battista che Gesù stesso aveva definito come «più di un profeta» (MT 11,9) e precursore del Messia (MT 11,10). Secondo Matteo la folla stessa considerava Giovanni un profeta (MT 14,5) e identificandolo ora con Gesù doveva pensarlo per forza risorto. Questa era anche l’opinione di Erode che pure lo aveva messo a morte: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi» (MT 14,2).

Per quanto riguarda la correlazione del «Figlio dell’uomo» con Elia, em vez de, bisogna ricordare che la tradizione biblica considerava questi come un precursore del Messia (cf.. Mal 3,23; Senhor 48,10), mentre Gesù lo aveva identificato con Giovanni Battista (MT 17, 10-13). Invece accostare Gesù, Figlio dell’uomo, a Geremia è proprio di Matteo, probabilmente perché come Gesù l’antico profeta pronunciò parole contro il tempio (cf.. Fornece 7) e come lui ebbe a soffrire da parte della casta dei sacerdoti e nella città di Gerusalemme. Una prefigurazione, assim, di quello che sarebbe successo allo stesso Gesù. Afinal, dicono i discepoli, altri pensano a lui come a un profeta, uno fra molti. É neste ponto que Jesus, forse insoddisfatto o desideroso di portare il dialogo a un livello superiore, più personale e coinvolgente, rivolse loro una domanda diretta: «Ma voi, Quem você diz que eu sou?». Stavolta rispose il solo Pietro: "Tu és o Cristo, o Filho do Deus vivo ".

Nella risposta dell’apostolo abbiamo la ripresa della dichiarazione fatta a Gesù sulla barca: «Davvero tu sei Figlio di Dio» (MT 14,33) premessa dalla confessione messianica «Tu sei il Cristo», con l’aggiunta di un aggettivo riferito a Dio che rimanda alla consapevolezza espressa nell’Antico Testamento che il Dio di Israele fosse appunto «vivente»: E avverrà che invece di dire loro: «Voi non siete popolo mio», si dirà loro: «Siete figli del Dio vivente» (cf.. Os 2,1)[5].

Siamo di fronte ad un titolo cristiano di grande importanza che compone insieme sia la messianicità di Gesù che la sua divinità, poiché egli procede da Dio e per mezzo di Lui viene rivelata e comunicata la vita stessa del Padre. Come dirà Giovanni, Gesù è la via della verità e della vita (Ver GV 16, 6). Sono affermazioni che la teologia si compiacerà di esplorare, ma che la Bibbia semplicemente afferma come verità solida e tranquilla. Questo grazie all’evoluzione dell’apostolo Pietro passato dal titubante «se sei tu» proferito mentre stava per affondare[6] alla odierna chiara confessione di fede in Gesù. Un passaggio avvenuto non per merito, ma per grazia come afferma la successiva beatitudine che Gesù rivolse a Pietro la quale rimanda ad un altro detto evangelico che abbiamo già incontrato: «Eu te dou elogios, Pai, Senhor do céu e da terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli»[7]. Sappiamo da altre circostanze che Pietro fu un uomo di umanissime fragilità e debolezze, ciò non impedì al Signore di vederlo come un “piccolo” e beneficiarlo di una particolare rivelazione e di un importante compito. Lo attestano le parole di Gesù che scelgono il patronimico «Simone, figlio di Jona» e il semitismo «carne e sangue»: è perciò dentro la storia personale e generazionale di Pietro che scende la grazia divina. E si noti che, se in Marco e in Luca, Pietro espresse la fede dell’intero gruppo dei discepoli (cf.. MC 8,29; LC 9,20), qui in Matteo invece parlò a nome proprio e per questo la risposta di Gesù è rivolta a lui solo: «Beato sei tu, Simone, figlio di Jonà, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli».

Questa affermazione sta alla base della successiva rivelazione di Gesù sulla Chiesa perché anch’essa nascerà dalla grazia e dal dono di Dio. Simone che quasi sasso stava per raggiungere il fondale del lago se non fosse stato afferrato, diventerà nelle parole di Gesù la «pietra» sulla quale poggerà la Chiesa, che però sarà costruita dal Signore e sarà sua (οἰκοδομήσω μου τὴν ἐκκλησίανOikodomeso mu ten ekkelsìan). Eppure nonostante l’importante collocazione dell’apostolo come pietra alla base, l’ultima menzione di Pietro, nel Vangelo di Matteo, lo mostrerà in lacrime dopo il triplice rinnegamento (MT 26, 75) e neanche sarà menzionato nei racconti della risurrezione. Questo aspetto di Pietro che la tradizione sinottica non si esime dal ricordare non impedirà a Gesù di conferirgli importanti poteri. Come afferma Paolo nella odierna seconda lettura il Signore conosce ciò che sta nel profondo e non prende consiglio da alcuno: «Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie[8]. Il potere delle chiavi del Regno rimanda alle parole del profeta Isaia ricordate nella prima lettura di questa domenica: «Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire»[9]. Sono un segno di autorità concesso dal Signore ― le chiavi, na verdade, sono sue ― del quale non ci si può approfittare come i ‘dottori della Legge’ che avevano distorto il loro uso metaforico impedendo ai più l’accesso alla conoscenza della parola di Dio o interpretandola a proprio favore (cf.. LC 11, 52)[10]. Il compito di Pietro e degli apostoli con lui dovrà essere ormai quello che Gesù consegnerà loro alla fine del Vangelo: «Andate e fate discepoli tutti i popoli … insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (MT 28,19).

In questo passo, como lemos, appare la parola Chiesa, che ritornerà solo un’altra volta in tutti i Vangeli, ancora in Matteo (cf. MT 18,17). Il termine Chiesa ― ekklesía ― identificava l’assemblea dei chiamati-da (ek-kletoí): questo infatti fu il nome dato dagli elleno-cristiani alle loro comunità, anche per differenziarsi dalla sinagoga (assemblea) degli ebrei non cristiani. Come l’antica ekklesia dei greci aveva i propri organi, le proprie leggi e le delibere così anche Pietro per guidare l’ekklesìa cristiana sarà dotato del potere delle chiavi al quale si accompagnerà quello di sciogliere e legare, ovvero di proibire o permettere in campo disciplinare e dottrinale. E diventerà in particolare, nello spazio ecclesiale, l’autorità di rimettere i peccati, vero potere che narra la potenza della resurrezione.

La forza del Cristo risorto viene accordata ora anche alla Chiesa, costruzione operata da lui stesso. La risurrezione è il momento dirimente che permette ai discepoli di ricordare e riprendere le parole di Gesù e finalmente comprenderle. Da quel momento in poi la Chiesa poggiata e fondata sulla sua resurrezione, prolungherà la vita e la salvezza di Gesù che, ressuscitado dos mortos, donerà speranza a tutti gli uomini. L’apertura al dono di Dio consentirà alla Chiesa di contrastare l’azione delle forze del male, facendo spazio alla potenza di Cristo mediante la fede. La Chiesa vive della promessa di Cristo.

Para concluir è necessario ricordare che questa meditazione sulla Chiesa e sul ruolo di Pietro che il vangelo ha innescato, probabilmente sarà risultata un po’ pesante vuoi perché il periodo estivo che stiamo attraversando richiederebbe con ogni probabilità argomenti più leggeri, vuoi perché essendo temi non facili sembrano riguardare solo la configurazione della Chiesa e i suoi poteri. Infatti non si può tralasciare di dire che sulla confessione di Pietro e sulle conseguenti parole di Gesù circa il suo ruolo e quello dei suoi successori, le varie comunità cristiane si sono divise. Una cosa pensano i cattolici diversamente dagli ortodossi e un’altra ancora le varie chiese riformate.

Come scrivevo all’inizio le domande aperte, tipo queste poste da Gesù, permettono un clima positivo fra i dialoganti e la relazione. Perché Gesù invece di rivelare semplicemente chi fosse e sarebbe stata la via più semplice, ha preferito farsi domanda? Probabilmente perché desiderava allora e tuttora questa relazione. È sarà in base alla risposta che sapremo dare che si determinerà la fede come esperienza vitale, perché ognuno di noi crederà solo al Cristo che sente proprio, quello il cui volto ha riconosciuto vero per sé. Pur nella sua assolutezza divina, Gesù vuole restare relativo alle vite delle singole persone e in nome di quella relazione continua a chiederci di essere noi a dire chi sia, a prescindere dalle parole altrui.

Nella prospettiva di Matteo che ha ricordato l’episodio di Cesarea e ne ha scritto, l’intenzione fu quella di far comprendere quale grande dono fosse la fede in Gesù ormai risorto e vivente, Filho de Deus. E come da questo dono che illumina e da speranza all’esistenza ne scaturiscano a cascata molti altri. Il primo è che i discepoli di Gesù non sono monadi, ma una comunità, uma ekklesia precisamente, luogo spirituale ma anche vitale e concreto dove è possibile far crescere e maturare gli altri doni che ormai provengono dallo Spirito, para o bem de todos. Pietro svolge in questa comunità un ruolo importante che non si è scelto e per questo lo ringraziamo in ogni suo rappresentante. Mi viene in mente che gli ultimi suoi successori che abbiamo conosciuto, Giovanni Paolo che è santo, Benedetto e Francesco, al di là delle evidenti personali differenze, a un certo punto della loro vita si sono trovati nella condizione di dover palesare a tutti la loro infermità nel corpo: quasi una parabola o una icona di quella fragilità e debolezza che fu del primo, do Pietro.

E concludo ricordando che nella tradizione del quarto Vangelo Pietro sarà quello che non capisce[11], sarà colui che arriverà per secondo al sepolcro[12]. Sarà colui che avrà bisogno che un altro gli dica: «È il Signore»[13], perché non se ne era accorto. Ma è anche quello che prima degli altri coprirà la sua nudità e si metterà a nuotare finché non giungerà a riva da Gesù. Forse ha bisogno di scusarsi, di recuperare. Gesù per tre volte gli domanderà se lo amava e lui comprendendo si addolorò. «Più di costoro?» (GV 21,15) gli chiese Gesù e lui capì. Comprese che il suo peculiare servizio sarebbe stato quello dell’amore e di confermare i fratelli nella relazione con Gesù, cioè nella fede. Allora riprenderà il cammino con gli altri dietro, perché sarà a lui che Gesù dirà: «Tu seguimi»[14].

bom domingo a todos!

do eremitério, 27 agosto 2023

 

NOTA

[1] Polibio, Storie, Libro 16, seção 18, Rizzoli, 2002.

[2] Monti L., Le domande di Gesvocê, São Paulo, 2019.

[3] op cit. página. 251-262: Ai discepoli (111), agli uomini religiosi (51), alla folla (20), a persone malate (9), para outros (25), a Deus (1).

[4] Sacchi P., Gesù Figlio dell’uomo, Morcelliana, 2023; l’autore rilegge la figura del figlio dell’uomo in Marco alla luce del libro apocrifo Libro delle parabole, secondo libro della raccolta di Enoc etiopico (IH).

[5] «Sub, na verdade, tra tutti i mortali ha udito come noi la voce del Dio vivente parlare dal fuoco ed è rimasto vivo» (Deut 5, 26).

[6] MT 14, 30.

[7] MT 11, 25.

[8] ROM 11, 33.

[9] É 22, 22.

[10] "Ai de vós, doutores da Lei, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».

[11] GV 20, 9 «Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, isto é, ele teve que ressuscitar dos mortos".

[12] GV 20, 6 «Giunse intanto anche Simon Pietro, quem o seguiu, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là».

[13] GV 21, 7.

[14] GV 21, 22.

San Giovanni all'Orfento. Abruzzo, montanha Maiella, era uma ermida habitada por Pietro da Morrone, chamado 1294 à Cátedra de Pedro à qual ascendeu com o nome de Celestino V (29 agosto – 13 dezembro 1294).

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Quando eu era pequeno, Há séculos atrás, havia um jogo chamado capturar a bandeira. Dois contendores, uma vez chamado por aqueles que seguravam uma bandeira pendurada entre os dedos, geralmente um lenço ou pano, eles correram em sua direção e tiveram que tirar a bandeira sem deixar que o outro tocasse neles. Agora, entre as regras, havia aquele em que você podia cruzar a linha do meio com as mãos para tocar rapidamente a outra, você poderia encontrá-lo com seu olhar e provocá-lo com fintas, mas você nunca poderia cruzar os pés além da linha mediana que servia de fronteira entre as duas equipes, sob pena de perder o ponto e desaprovação geral.

Quem sabe por que esse jogo antigo voltou para mim do acampamento de verão tendo que comentar na página evangélica de hoje no domingo. Talvez porque estamos falando de quem, violando regras e oportunidades, ele cruzou limites. E então vamos brincar; aqui está a página evangélica.

"Naquela época, saiu de lá, Jesus recuou para a região de Tiro e Sidom. E aqui está uma mulher cananéia, que veio daquela região, clamou: " Tenha pena de mim, homem, filho de David! Minha filha está muito atormentada por um demônio". Mas ele nem disse uma palavra para ela. Então seus discípulos se aproximaram dele e lhe suplicaram: “Conceda, porque ele vem atrás de nós gritando!”. Ele respondeu: “Não fui enviado senão às ovelhas perdidas da casa de Israel”. Mas ela se aproximou e se prostrou diante dele, provérbio: “homem, me ajude!”. E ele respondeu: “Não é bom pegar o pão dos filhos e jogá-lo aos cachorros”. “É verdade, homem” – disse a mulher –, “mas os cachorrinhos comem as migalhas que caem da mesa dos seus donos”. Então Jesus lhe respondeu: “Donna, grande é a sua fé! Deixe acontecer com você como você deseja”. E a partir daquele momento sua filha foi curada." [MT 15, 21-28].

Toda a perícope é um esplêndido jogo de papéis. Mateus escreve que Jesus começou de um lugar, em grego temos «saímos de lá». De onde e do que ele se afastou?? Da cidade de Genezaré, onde teve um conflito acirrado com os fariseus e sua interpretação distorcida e interessada da Lei Mosaica. Mas ele também teve que lidar com o mal-entendido de seus próprios discípulos. Ele dirá sobre o primeiro: «Deixe-os em paz! Eles são guias cegos e cegos. E se um cego guiar outro cego, ambos cairão em uma vala!» No segundo ele afirma desanimado: «Mesmo você ainda não é capaz de entender?» [MT. 15,14].

Tendo saído desta situação geográfica e dialógica mudou-se para uma área fronteiriça, perto das cidades de Tiro e Sidon. O Evangelho não diz que ele atravessou a fronteira para pisar terras fenícias, portanto pagão, mas quem foi em direção a isso. Em vez disso, ela é uma mulher que atravessou a fronteira - em grego temos o mesmo aoristo usado para Jesus que "saiu" de Genesaré - para se aproximar dele com um pedido. Isto é importante porque no trecho evangélico Mateus coloca a frase na boca de Jesus: “Fui enviado apenas às ovelhas perdidas da casa de Israel”, enquanto em outro lugar ele havia dito aos seus discípulos ao enviá-los em missão «Não vão entre os pagãos e não entrem nas cidades dos samaritanos; volte-se antes para as ovelhas perdidas da casa de Israel" [MT 10,5-6]. Mateus tem o cuidado de especificar que Jesus não está em território pagão, mas ainda na terra de Israel e conhece esta mulher que, ela faz, atravessou as fronteiras do seu território de origem. Tudo isto contribui para preparar uma história em que Jesus aparece guiado por um sentido muito rigoroso de pertença judaica., mesmo intransigente.

Quem é esta mulher clamando por Jesus? Mateus a chama de cananeia. Descreva a complexa história histórica aqui, natureza social e religiosa dos territórios e populações que se referem a Canaã excede o escopo deste comentário. Basta dizer que a menção à cananeia serve ao evangelista para expressar a distância entre esta mulher e Jesus, revivendo simultaneamente a antiga inimizade entre Israel e as populações cananéias. Com uma simples nota, Matteo nos faz sentir o peso de uma história e de uma tradição que encapsula os dois personagens em limites estreitos.. Tenhamos também em mente o relato de Marco sobre o mesmo episódio, onde ele tem o prazer de oferecer mais detalhes: «Esta mulher falava grego e era de origem siro-fenícia» [MC 7, 26]. Estas duas especificações de Marcos multiplicam os elementos de diversidade da mulher e tornam particularmente intrigante o encontro entre o Jesus galileu e esta mulher.. Além da diferença de género e do facto de ser estrangeiro, talvez uma diferença no status socioeconômico deva ser levada em conta. De acordo com Theissen[1] a mulher pertence à classe alta e rica de gregos urbanizados que vivem na zona fronteiriça de Tiro e Galileia com a qual estavam em conflito os pobres agricultores judeus, cujo trabalho agrícola também servia para sustentar os habitantes da cidade[2]. A equipe editorial de Marcian sugere que talvez uma distância moral também deva ser levada em conta: o termo Sirofenício Eu tive, na sátira latina, o valor de uma pessoa de má reputação[3]. E finalmente, ou antes de tudo, Marco destaca a diferença linguística: «ele era um falante de grego». Ellenis (grego) indica pertencimento linguístico-cultural, enquanto que sirophoiníkissa designa a linhagem e religiosidade pagã. Eles conversam um com o outro: em qual idioma? Quem fala a língua do outro? Jesus fala grego? Ou a mulher fala aramaico? Em qualquer caso, deve ter havido adaptação mútua à língua um do outro, o esforço de sair da língua materna para se expressar na língua acessível ao outro. Todos esses detalhes, alguns reais, outros prováveis, servem para descrever tudo o que separou a mulher de Jesus, sua alteridade, diríamos hoje, comparado ao Nazareno, até na possibilidade de nos entendermos através de uma linguagem. No entanto, esta mulher usará um código que Jesus conhecia bem e que encontrou várias vezes, o da necessidade, por quem o Senhor sentiu profunda compaixão. Mas aqui tudo se expressa de uma forma muito original e interessante também para nós que hoje ouvimos este Evangelho.

A mulher chama a atenção de Jesus para a situação de sua filha doente, ele faz isso gritando. Mais tarde no Evangelho, haverá um pai que falará sinceramente com Jesus sobre seu filho que sofre muito.[4]. Ambos pedem “Misericórdia” ao Senhor (Tenha piedade de mim). Uma expressão que encontramos nos Salmos e em Mateus nos lábios de dois cegos [cf.. MT 9, 27] e dois outros cegos [MT 20, 30-31] Ambas as cenas, da mãe cananeia e do referido pai, eles transmitem emoções e pathos particulares, já que são crianças doentes; desta forma, o leitor também fica espontaneamente ao lado de quem faz um pedido urgente de ajuda e compreende a insistência que beira o aborrecimento.

Na redação mateana que difere da marciana, é descrito um longo processo que torna a cena palpável, quase como se estivéssemos dentro dele. A princípio Jesus fecha-se num silêncio duro e obstinado [cf.. MT 15,23], então ele dá uma resposta seca aos discípulos com um tom teológico: «Fui enviado apenas às ovelhas dispersas da casa de Israel» [cf.. MT 15,24], finalmente ele dirige uma resposta dura à mulher pessoalmente [cf.. MT 15,26], que também se dirigiu a ele com títulos messiânicos: " Tenha pena de mim, homem, filho de Davi".

Assim a mulher recebe um “não” três vezes de Jesus, apesar da insistência dos discípulos que queriam resolver o problema: «Conceda, porque ele vem atrás de nós gritando!». Desta forma, a dramatização é ativada, subindo de nível, o eclesial e teológico. Realmente, como disse Gregório, o Grande, o Evangelho "ao narrar o texto revela o mistério» – «enquanto propõe o texto revela o mistério» e ainda «ele sobe da história para o mistério»«da história sobe-se ao mistério»[5].

A resposta de Jesus aos discípulos descreve os limites dentro dos quais se encontra a sua missão, sugerindo que a decisão vem de cima, por Deus. A obra salvífica e messiânica que na tradição bíblica foi definida como “a reunião dos desaparecidos”[6] [cf.. É 27, 12-13] respeito, na intenção e nas palavras de Jesus somente Israel: “Fui enviado apenas às ovelhas perdidas da casa de Israel”. Uma resposta teológica que aparece como freio e obstáculo intransponível, pois está em causa o mandato messiânico de que Jesus acolhe de Deus e faz seu até às consequências mais extremas. Mas a mulher que anteriormente já havia ultrapassado os limites, o geográfico, movida pela necessidade e dor pela filha que ela deu à luz com o corpo de sua mãe, ele agora bloqueia o caminho para Jesus, colocando seu próprio corpo como limite: «Mas ela se aproximou e se prostrou diante dele, provérbio: "Homem, me ajude!». A solução que nos abre ao mistério, como eu disse há pouco, é nas próprias palavras de Jesus que à primeira vista parecem duras e insensíveis: «Não é bom tirar o pão dos filhos e jogá-lo aos cães domésticos» [MT 15,26]. Na época de Jesus a separação entre “filhos” e “cães” era a distinção que separava os membros do povo de Israel dos gentios. Algo está, portanto, começando a ser delineado e compreendido. A distância entre Israel e os pagãos era enorme sob muitos pontos de vista e parecia intransponível. E foi também o primeiro grande problema da Igreja primitiva resolvido em Jerusalém [cf.. No 15] a menos que depois de conflitos, diferentes pontos de vista e confrontos entre os quais o mais contundente eclodiu entre Paulo e Pedro: «Mas quando Cefas veio para Antioquia, Eu resisti-lhe na cara, porque ele estava errado " [cf.. Garota 2, 11]. E Mateus tem discípulos entre seus leitores que agora vêm tanto do judaísmo quanto do paganismo..

Com suas palavras, Jesus sugere que existe um plano de salvação que não pode ser distorcido, mas surge uma nova situação e não pode ser superada, porque o corpo da mulher estrangeira, cananeu, Falar grego está bem na sua frente e é inevitável, como o fato de que os pagãos durante a Páscoa foram batizados e acreditaram em Jesus ressuscitado. Agora é o próprio Jesus quem define os pagãos, como um israelita, como «quinária – quinária», isto é, cães domésticos, portanto, não são cães vadios que vão a todos os lugares, até mesmo para comer coisas impuras e proibidas. São aqueles que estão na mesma casa dos filhos que são herdeiros. Marcos em seu Evangelho faz Jesus dizer: «Deixe as crianças se saciarem primeiro, porque não é bom tirar o pão dos filhos e jogá-lo aos cachorrinhos" [MC 7, 27]. Há um primeiro que deve ser respeitado, existe uma vontade divina expressa por “não é bom”, mas os cães estão lá agora, na mesma casa que seus filhos.

A resposta da mulher é grandiosa e bela, porque ao entrar na perspectiva de Jesus ele mostra que entendeu sua intenção e a vontade de Deus que o enviou e explica com suas palavras o quanto isso é maior do que você pensa, já que na mesma casa, que hoje é a Igreja da Páscoa, Matthew, de Paolo e também nosso, há espaço para todos. A mulher disse: "É verdade, homem, mas os cachorrinhos comem as migalhas que caem da mesa dos seus donos". Nas suas palavras, o mesmo projeto messiânico não pode mais ser visto apenas temporalmente - há um antes e um depois - mas também espacialmente, pois há uma única casa onde há uma mesa onde a salvação chegou e é oferecida a todos, mesmo para aqueles que não pareciam ter direito a isso.

«”Dona, grande é a sua fé! Deixe acontecer com você como você deseja.". E a partir daquele momento sua filha foi curada.".

O comentário editorial do evangelista é extremamente consolador, pois desata todos os nós narrativos e emocionais ao revelar que a filha está curada. Alguns comentaristas às vezes dizem: lá, a mulher forçou a mão de Jesus. Para usar a metáfora de abertura do jogo: "ele roubou"; foi ela quem fez o milagre. Eu não acredito porque, com isso estratagema, trairíamos o Evangelho e ele nos conduziria ao mistério mais profundo em que também nós estamos envolvidos, isto é, o da fé em Jesus: «Donna, grande é a sua fé!». É esta confiança que nos permite ver as coisas novas ou olhá-las de forma diferente e Jesus as vê conosco. Um mistério que dota a Igreja da capacidade hermenêutica do tempo que vive, especialmente o nosso, que parece se distanciar dele, enquanto provavelmente, coma o cananeu, pede uma nova palavra, pede ajuda e aceitação.

Nesse sentido, o trabalho de outra mulher parece esclarecedor, a Mãe de Jesus, do que nas bodas de Caná, apesar do que às vezes ainda ouvimos pregado, ele não forçou a mão de Jesus para completar o sinal do bom vinho até o fim. Mas ele tornou isso possível, porque Jesus encontrou uma nova comunidade, apenas incipiente, simbolizado pela Mãe e pelos discípulos presentes no casamento, a quem ela precedeu e acompanhou no caminho da fé. Ela, como a mulher cananeia, apresentou uma situação e uma necessidade: «Eles não têm mais vinho» [GV 2, 3]. Assim Jesus manifestou a sua glória em Caná porque encontrou uma comunidade que, embora na fé inicial, mostrou-se disponível e acolhedor à novidade expressa pela dádiva do vinho: «E os seus discípulos começaram a acreditar nele»[7]. A dona cananeia, pagão, tão distante e diferente de Jesus, trazido pela necessidade, ele foi além do tempo de economia ao antecipá-lo, prefigurando uma comunidade aberta, capaz de acolher até quem vem de longe. Sua fé é realmente grande.

bom domingo a todos.

do eremitério, 20 agosto 2023

 

NOTA

[1] Gerd Theissen, A sombra do Nazareno, claudiano, 2014.

[2] Marco, referindo-se à cama onde estava a filha doente da mulher, fala de kliné (cama), uma cama de verdade e não apenas um sofá pobre (MC 7, 30).

[3] A região siro-fenícia foi estabelecida por Sétimo Severo em 194 d.C. Na oitava sátira Juvenal fala dos sirofenianos como donos de tabernas. Em particular, descreve um afeminado, avarento, judeu (veja Juvenal, Sátira, Feltrinelli, 2013).

[4] MT 17, 14- 15: «Um homem aproximou-se de Jesus e caiu de joelhos e disse: “homem, tenha piedade do meu filho! Ele é epiléptico e sofre muito; muitas vezes cai no fogo e muitas vezes na água".

[5] Gregório, o Grande, Homilia sobre Ezequiel I, 6, 3.

[6] «Acontecerá que, Naquele dia, o Senhor baterá nos ouvidos, desde o rio até a torrente do Egito, e vocês serão reunidos um por um, Israelitas. Acontecerá que naquele dia a grande trombeta soará, os perdidos irão para a terra da Assíria e os perdidos para a terra do Egito. Eles se prostrarão diante do Senhor no monte santo, para Jerusalém".

[7] GV 2, 11 episteus eles acreditaram – é um aoristo ingressivo: eles começaram a acreditar.

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San Giovanni all'Orfento. Abruzzo, montanha Maiella, era uma ermida habitada por Pietro da Morrone, chamado 1294 à Cátedra de Pedro à qual ascendeu com o nome de Celestino V (29 agosto – 13 dezembro 1294).

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Os Padres da Ilha de Patmos

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Talvez deva ser lembrado que em meados deste mês não há festa “San Ferragosto” mas a solenidade da assunção da Virgem Maria ao céu

Homilética dos Padres da ilha de Patmos

FORSE È OPPORTUNO RICORDARE CHE A METÀ DI QUESTO MESE NON SI FESTEGGIA “SAN FERRAGOSTO” MA LA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE AL CIELO DELLA VERGINE MARIA

Nos primeiros séculos, na verdade, como a divindade de Jesus deixou de ser questionada pelos hereges, la Chiesa si occupò del problema opposto: affermare la verità della sua Incarnazione. È in questo contesto che la figura di Maria divenne cruciale e importante, perché la sua disponibilità la legava indissolubilmente al figlio, al Figlio di Dio che si fece carne, nella carne di Lei.

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Dopo Benedetto XVI così compìto nei modi e misurato nelle parole più di uno è rimasto sorpreso da alcune frasi, soprattutto quelle proferite di getto dal Sommo Pontefice Francesco, seu sucessor. Che pure, bisogna dirlo, sono maggiormente ricordate dalle persone semplici che probabilmente non ne rammentano neanche una dei predecessori. Fra queste ce n’è una che ha ripetuto più volte e sulla quale immagino ci sia il consenso di tutti, ovvero che stiamo vivendo una «terza guerra mondiale a pezzi»[1]. Uno di questi «pezzi», il conflitto in Ucraina, ci riguarda più da vicino poiché provoca ogni giorno da tempo distruzione e morti e per il fatto che dal punto di vista del rapporto fra le Chiese ha causato allontanamenti, divisioni e discordie per i quali occorreranno anni e anni di cammino di ricucitura.

Per tal motivo è così significativo che la Festa della Assunzione[2] come la chiama la Chiesa cattolica o della Dormizione come viene definita nelle Chiese d’Oriente venga celebrata liturgicamente da tutte queste comunità lo stesso giorno del 15 di Agosto. Per l’intero mese così canta di gioia la Chiesa d’Oriente nella liturgia:

«Nella tua maternità sei rimasta vergine, nella tua dormizione non hai abbandonato il mondo, o Madre di Dio. Sei stata trasferita alla vita, tu che sei la Madre della Vita e riscatti le nostre anime dalla morte con la tua intercessione»[3].

La convinzione che il corpo di Maria, la Vergine madre, non abbia subito la corruzione del sepolcro risale alle prime comunità giudeo-cristiane. Il nucleo più antico (II-III secolo) dell’apocrifo detto Dormitio Mariae contiene infatti già la narrazione, fantasiosa quanto al racconto ma univoca quanto al contenuto, del trasporto di Maria al cielo. E a Gerusalemme, è noto, esisteva una tradizione ininterrotta riguardo al luogo della sepoltura (o della temporanea deposizione) del corpo della Vergine in quella tomba del Getsemani sulla quale, verso la fine del IV secolo, l’imperatore Teodosio I fece costruire una chiesa. Proprio dalla celebrazione che il 15 Agosto si teneva in questo antico centro di culto mariano fu ripresa la data della festa della Dormizione di Maria estesa nel IV secolo a tutto l’oriente cristiano[4].

Sia i testi occidentali, da Gregorio di Tours (538 ca.- 594) a Pio XII che adottò la precisione terminologica richiesta da un pronunciamento dogmatico, che le antiche opere dei Padri della Chiesa, su tutti quelli di Giovanni Damasceno (676 ca.- 749) con i suoi ripetuti “era conveniente”[5], esplicitano il contenuto di fede di questa festa mariana e si rifanno al tema della vita. Una vita incorruttibile di cui la Theotòkos è immagine privilegiata e da qui il simbolismo della luce che pervade sia le rappresentazioni artistiche in occidente (da Tiziano a Tintoretto e Guido Reni), che le immagini iconografiche bizantine; sia la trama dei testi liturgici, che le preghiere di invocazione in oriente, come questa molto antica che recita:

«Maria, ti preghiamo, Maria luce e madre della luce, Maria vita e madre degli apostoli, Maria lampada d’oro che porti la vera lampada, Maria nostra regina, supplica tuo Figlio»[6] .

Naturalmente oltre la tradizione che risale al tempo delle Chiese unite è la sacra Scrittura, e i racconti evangelici in particolare, la fonte a cui attingere il motivo di tanta attenzione data a Maria, la Madre del Signore. Se oggi noi celebriamo il transito di Maria presso Dio è perché Lei stessa ha declamato il passaggio di Dio nella sua esistenza, come espresso nel brano evangelico di oggi [cf.. LC 1, 39-56]. In risposta al saluto di Elisabetta Maria pronuncia le parole del Magnificat, che distolgono l’attenzione da lei e la fanno volgere totalmente al Signore. Non lei ha fatto nulla, ma il Signore ha fatto tutto: questo è il significato basilare del Magnificat. Questo inno, na verdade, celebra il Dio che in Maria ha fatto tutto perché la vicenda di Maria ha Dio come soggetto. E il fare di Dio in Maria viene da Lei definito come uno sguardo: «Il Signore ha guardato la piccolezza della sua serva» [LC 1,48]. Questo sguardo divino si posò su di lei fin dal momento preparatorio, trasformandola attraverso la grazia[7], perché divenisse la Madre del Verbo incarnato e l’accompagnerà per tutta la vita, fin sotto la croce dove riceverà la nuova maternità sulla Chiesa nascente e oltre.

Un oltre che Maria già intravede nel brano del Magnificat quando elenca le opere di Dio che si dipanano di generazione in generazione a favore degli umili e degli affamati, mentre i potenti, i ricchi e i superbi già sazi verranno adeguati a differenza dei piccoli che saranno innalzati mentre i potenti, i ricchi e i superbi già sazi verranno deprezzati. Un dramma che, come insegnerà Gesù annunciando il Regno di Dio non avviene nei cieli, ma qui: é história, è vita nel mondo, vissuta nella carne che nasce e che un giorno morirà. Maria dentro questa storia diviene una protagonista fin dal momento della chiamata, sarà l’amica e modello di chi vorrà percorrere un cammino autentico di fede.

Forse è per questo che solo la Vergine Maria e nessun altro personaggio, in occidente, ha avuto così tante rappresentazioni artistiche che la raffigurano vicina all’esperienza quotidiana degli uomini e delle donne. Quando è stata dipinta con gli abiti propri di un particolare periodo storico, su sfondi che riproducevano la vita di quel tempo, sotto architetture di una specifica epoca, in contesti i più disparati. Dalla Vergine delle rocce di Leonardo, alla Madonna sontuosa di Piero della Francesca, dalla Maria popolana, addirittura una prostituta annegata nel Tevere a cui si ispirò Michelangelo Merisi detto Caravaggio, per seguire con la Vergine con le braccia spalancate dei tanti misteri napoletani, sotto un tempio romano diroccato. Maria ha potuto rivestire i panni della donna di ogni periodo perché Lei più di tutti fu protagonista del mistero grande dell’incarnazione nel quale

«trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo, na verdade, il primo uomo, era figura di quello futuro [cf.. RM 5, 14], e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo Amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione… Poiché in Lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche a nostro beneficio innalzata a una dignità sublime. Con la sua incarnazione, na verdade, il Figlio stesso di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, Egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato»[8] [A alegria e esperança].

Nos primeiros séculos, na verdade, como a divindade de Jesus deixou de ser questionada pelos hereges, la Chiesa si occupò del problema opposto: affermare la verità della sua Incarnazione. È in questo contesto che la figura di Maria divenne cruciale e importante, perché la sua disponibilità la legava indissolubilmente al figlio, al Figlio di Dio che si fece carne, nella carne di Lei. «E il verbo si fece carne» dice il Vangelo secondo Giovanni [GV 1, 14] e gli fa eco Paolo nella lettera ai Galati: «Ma quando venne la pienezza del tempo, Deus enviou seu Filho, nascido de mulher, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» [Garota 4, 4-5].

È per questo che nelle chiese quasi subito si iniziò a dire che la carne di Maria dopo aver dato vita al Figlio di Dio non poteva subire l’affronto della corruzione. E se non poteva, la sua collocazione naturale era presso il Figlio dove da lì poteva diventare “di speranza fontana vivace”[9].

«Não, tu non sei soltanto come Elia ‘salita verso il cielo’, tu non sei stata come Paolo, trasportata fino al ‘terzo cielo’, ma sei giunta fino al trono regale del tuo Figlio, nella visione diretta, nella gioia, e stai accanto a Lui con grande e indicibile sicurezza… Benedizione per il mondo, santificazione per tutto l’universo; sollievo nella pena, consolazione nel pianto, guarigione nella malattia, porto nella tempesta. Per i peccatori perdono, per gli afflitti incoraggiamento benevolo, per tutti coloro che ti invocano soccorso sempre pronto»[10] (San Giovanni Damasceno).

Questo è il cammino di Maria che anticipa quello di ogni figlio adottato nel Figlio come ha detto Paolo nelle parole su riportate.

Ci sono due icone della tradizione bizantina che ci raccontano molto della festa odierna. La prima è quella dell’incontro fra Maria e sua cugina Elisabetta, che poi è l’episodio che prelude al Magnificat riportato nel Vangelo di questa solennità. In alcune di queste icone le due donne, la sterile e la vergine, si abbracciano strette e i volti vanno a toccarsi quasi che l’occhio dell’una confini con quello dell’altra. Si tratta di un vero incontro fraterno di cui tanto abbiamo bisogno in questo tempo di conflitti e divisioni. Quell’abbraccio e quella fusione di sguardi delle due donne rivela lo scambio del dono che ciascuna ha ricevuto, è una nuova pentecoste nella quale ciascuna riconosce l’altra nella sua peculiarità, nella sua chiamata senza rivalità o gelosie.

L’altra icona è quella propria della Dormitio Mariae che irradia grande speranza e pace. Ho sempre pensato che sarebbe bello, por exemplo, collocarla in chiesa durante la celebrazione delle esequie cristiane. Perché in questi tempi di morte ospedalizzata e privatizzata, guardare una scena dove si vede che al momento del trapasso non siamo soli è di grande consolazione. La Vergine è stata dipinta distesa col suo manto che ricorda quello della natività. Pietro si trova a capo del letto e Paolo ai piedi, mentre Giovanni posa la testa sul cuscino come l’aveva posata sul petto di Gesù. Tutti gli apostoli sono chini su di lei così pure qualche vescovo della Chiesa primitiva e il popolo cristiano: non manca nessuno. Nell’antichità i morti scendevano nelle regioni inferiori o venivano traghettati verso di esse. Entravano comunque in una condizione oscura, umbratile. Se guardiamo l’icona possiamo vedere che l’insieme è una barca, uno scafo che non va verso regioni oscure, ma verso la luce.

Tutti gli sguardi dei presenti convergono in basso verso il corpo di Maria disteso orizzontalmente a significare la natura umana. Ora ci aspetteremmo, come dice il dogma, che Maria salisse al cielo. Invece qui è il cielo che scende e sulla linea orizzontale della Vergine appare in linea verticale e centrale la figura del Cristo che occupa la scena, sul cui volto si leggono la forza e la determinazione del Risorto, di colui che ha vinto la morte e tiene in mano una bambina. Mentre la figura orizzontale rappresenta la natura umana adagiata su un manto, la bambina sarebbe l’anima di Maria. Un incontro, assim, fra visibile e invisibile. Lo spazio orizzontale del sonno/morte viene intercettato da una verticale di luce a formare una croce.

Il punto dove le assi della croce si incontrano è la vita e la luce portate dalla figura del Cristo. Anche la raggiera che lo circonda indica il movimento di risalita del Figlio venuto a prendere sua Madre. Con un’atipica torsione del corpo a destra, verso la testa di sua madre, il Risorto prende fra le braccia l’anima di lei e la sorregge poiché è lui che effettua il passaggio da questa vita all’altra.

Ma la cosa bella è che Gesù tiene in braccio l’anima di sua madre con la stessa tenerezza con la quale lei teneva in braccio lui da bambino. I gesti che la Madre faceva al Figlio, il Figlio ora li ricorda e li strappa alla morte. Abbiamo visto la Madre tenere tra le braccia il Figlio, adesso la situazione è rovesciata ed è il Figlio che porta in braccio Maria. Solo l’amore rende eterne le cose. Cristo risorto porta i segni dei chiodi a indicare che è veramente lui, assunto dall’amore del Padre non poteva rimanere in balia del sepolcro. Così il corpo di Maria che a motivo della maternità è stato tutto in funzione dell’amore non può essere lasciato in balia della putrefazione. Questa festa dell’assunzione è una festa dell’amore e solo gli amanti la possono capire perché loro sanno che ogni gesto di amore sarà ricordato per sempre.

Buona Festa dell’Assunzione a tutti.

do eremitério, 15 agosto 2023

 

NOTA

[1] Guerra mondiale a pezzi, ver em O Osservatore Romano.

[2] Il Dogma in occidente fu promulgato da Pio XII con la costituzione a generosa a 1 novembro 1950.

[3] Tropario t.1 dei grandi Vespri della festa della Dormizione.

[4] Bagatti B., Alle origini della Chiesa, LEV, Roma, 1981, p.75.

[5] San Giovanni Damasceno, In Dormitionem, eu, PG 96:«Era conveniente che colei che nel parto aveva conservato integra la sua verginità conservasse integro da corruzione il suo corpo dopo la morte. Era conveniente che colei che aveva portato nel seno il Creatore fatto bambino abitasse nella dimora divina. Era conveniente che la Sposa di Dio entrasse nella casa celeste. Era conveniente che colei che aveva visto il proprio figlio sulla Croce, ricevendo nel corpo il dolore che le era stato risparmiato nel parto, lo contemplasse seduto alla destra del Padre. Era conveniente che la Madre di Dio possedesse ciò che le era dovuto a motivo di suo figlio e che fosse onorata da tutte le creature quale Madre e schiava di Dio».

[6] Bagatti B., La chiesa primitiva apocrifa, Roma, 1981, página 75

[7] de La Potterie I., Κεχαριτωμένη en Lc 1,28 Étude exégétique et théologique, Biblica, vol. 68, Não. 4 (1987), p. 377.382

[8] A alegria e esperança n. 22; S. João Paulo II, Redemptor Hominis, não 8.

[9] Dante, Paraíso, Canto XXXIII, 12

[10] em. cit PL 96, 717 UM JEITO.

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San Giovanni all'Orfento. Abruzzo, montanha Maiella, era uma ermida habitada por Pietro da Morrone, chamado 1294 à Cátedra de Pedro à qual ascendeu com o nome de Celestino V (29 agosto – 13 dezembro 1294).

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Os Padres da Ilha de Patmos

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Com a assunção ao céu, a Virgem Maria é configurada ao mistério de Cristo ressuscitado

L'Angolo di Girolamo Savanarola: Homilética católica dos Padres da Ilha de Patmos

COM SUA ASSUNÇÃO AO CÉU É A VIRGEM MARIA CONFIGURADOS AO MISTÉRIO DE CRISTO RESSUSCITADO

A Assunção é «uma celebração que oferece à Igreja e à humanidade a imagem e o documento consolador da realização da esperança última: que tal glorificação plena é o destino daqueles que Cristo tornou irmãos, tendo em comum com eles o sangue e a carne"

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Autor
Simone Pifizzi

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O 15 agosto, no coração do verão, enquanto a maioria das pessoas migram para resorts de férias para passar férias, a Igreja celebra uma das mais belas e significativas solenidades marianas. Assim falou o Santo Pontífice Paulo VI:

«A solenidade de 15 Agosto celebra a gloriosa Assunção de Maria ao céu; E, esta, a celebração do seu destino de plenitude e bem-aventurança, da glorificação da sua alma imaculada e do seu corpo virginal, da sua configuração perfeita com Cristo ressuscitado; uma celebração que oferece à Igreja e à humanidade a imagem e o documento consolador da realização da esperança última: que tal glorificação plena é o destino daqueles que Cristo tornou irmãos, tendo sangue e carne em comum com eles (cf.. EB 2,14; Garota 4,4)». [São Paulo VI, Exortação Apostólica Culto Marial, 2 fevereiro 1974, n. 6].

Cardeal Silvano Piovanelli, Arcebispo Metropolitano de Florença, pintura a óleo sobre tela de V.. Stankho (2011)

O Venerável Pontífice Pio XII, na Constituição Apostólica a generosa (1950) escreve:

«Os santos padres e os grandes doutores em homilias e discursos, dirigida ao povo por ocasião da celebração de hoje, falavam da Assunção da Mãe de Deus como uma doutrina já viva na consciência dos fiéis e já professada por eles; eles explicaram seu significado extensivamente; eles especificaram e exploraram seu conteúdo com maior profundidade, eles mostraram as grandes razões teológicas para isso. Salientaram particularmente que o objectivo da celebração não era apenas o facto de os restos mortais da Bem-Aventurada Virgem Maria terem sido preservados da corrupção, mas também o seu triunfo sobre a morte e a sua glorificação celestial, para a mãe copiar o modelo, isto é, ele imitou seu único Filho, Cristo Jesus […] Todas essas considerações e motivações dos santos padres, bem como os de teólogos sobre o mesmo tema, têm a Sagrada Escritura como fundamento último. Com efeito, a Bíblia apresenta-nos a santa Mãe de Deus intimamente unida ao seu divino Filho e sempre solidária com ele e partilhando a sua condição”..

Este antigo testemunho litúrgico foi explicitado e proclamado solenemente como dogma de fé por Pio XII em 1º de novembro 1950. Seguido pelo Concílio Vaticano II, na Constituição da Igreja, esta doutrina foi reconfirmada dizendo:

«A Virgem Imaculada, preservado livre de qualquer mancha de culpa original, o curso de sua vida terrena terminou, ela foi assumida à glória celestial com seu corpo e sua alma, e exaltada pelo Senhor como a Rainha do universo, para que ela se conformasse mais plenamente com seu Filho, o Senhor dos governantes, o vencedor do pecado e da morte" (n. 59).

O filósofo dinamarquês Søren Kierkegaard, há mais de um século e meio, tirou um instantâneo impiedoso do que nossa sociedade parece ter se tornado: um grande navio de cruzeiro cujos passageiros se esqueceram do destino da viagem e nem se importam com os anúncios de rota dados pelo capitão, mas estão muito mais ocupados com as informações do cardápio do dia fornecidas com insistência pedante pelo chefe de cozinha a bordo.

À luz de muitas investigações socioculturais, nossa sociedade é exatamente assim: esmagado no presente, esquecidos da eternidade e com horizontes cada vez mais estreitos. Eliminamos adjetivos como “duradouro” do nosso vocabulário, “permanente”, “definitivo”. Ele já via o filósofo há muito tempo quando ele disse: “O que o tempo presente mais precisa é do eterno”. A festa da Assunção torna-se então - neste sentido - uma lufada de ar fresco que nos é oferecida pelo Eterno para nos desintoxicar dos narcóticos do efémero, do provisório, do “bater e fugir” e nos faz respirar o ar puro para o qual nosso coração foi feito: o ar do céu.

No prefácio desta festa mariana por favor curta isso:

«Hoje a Virgem Maria, mãe de Cristo e nossa Mãe é assumida na glória do céu".

O que esse evento significou para Maria? A primeira leitura – extraída do livro do Apocalipse – apresenta-nos uma “mulher vestida de sol” que dá à luz um filho. Um “enorme dragão vermelho” a ataca e está pronto para devorar o recém-nascido com ferocidade e voracidade.; mas este foi arrebatado para o céu, enquanto a mulher encontra abrigo no deserto e assim se realiza “a salvação do nosso Deus e o poder do seu Cristo”. No simbolismo apocalíptico, a mulher representa a Igreja, o povo de Deus que gera Cristo, ascendeu definitivamente à glória do céu com a Ressurreição. Contra Cristo, o dragão - a "antiga serpente" - libera sua violência mais feroz e sádica, mas ele falha em sua má intenção; então ele deve voltar à terra para perseguir a Igreja e seus filhos, mas nem mesmo esta tentativa terá sucesso. Mesmo que neste texto não haja menção direta a Maria, a liturgia nos oferece esta passagem para descrever a Mãe de Deus, em que a Igreja reconhece a sua imagem mais elevada, a jóia mais esplêndida e preciosa.

O Evangelho da Solenidade da Assunção nos apresenta Maria - grávida do Espírito Santo do Filho de Deus - que vai visitar sua prima Isabel, também milagrosamente frutífero. Nesta página evangélica nos é dada - além do Magnificat - a verdadeira razão da grandeza e da felicidade de Maria, isto é, sua fé. Isabel saúda-a com o mais belo e significativo elogio que foi dirigido a Maria e que poderia - mais fielmente - ser traduzido assim:: «Bem-aventurada aquela que acreditou: o que ela foi contada, isso será realizado".

A fé é o coração da vida de Maria. Não é a ilusão sincera de um benfeitor ingênuo que pensa na vida como um navio que navega pacificamente em direção ao porto da felicidade.. Maria sabe que a brutalidade dos agressores pesa muito na história, a arrogância descarada dos ricos, a arrogância desenfreada dos orgulhosos. Para crentes, a salvação não acontece sem a experiência de luta e perseguição. Mas Deus - Maria acredita e canta - não deixa os seus filhos sozinhos, mas ele os ajuda com preocupação misericordiosa, derrubando os critérios da história escrita por homens («ele derrubou os poderosos dos seus tronos... dispersou os orgulhosos... despediu os ricos de mãos vazias»).

O Magnificat permite-nos vislumbrar todo o sentido da história de Maria: se a misericórdia de Deus é o verdadeiro motor da história, se é o amor de Deus que envolve para sempre toda a humanidade, então “aquela que deu à luz o Senhor da vida não poderia ter conhecido a corrupção do túmulo” (Prefácio). Uma mulher como Maria não poderia ter acabado debaixo de um monte de terra, concebendo a humanidade do Filho de Deus, ela tinha o céu incorporado em seu ventre. Mas tudo isso não diz respeito apenas a Maria. As “grandes coisas” feitas nela nos tocam profunda e irreversivelmente; falam à nossa vida e lembram à nossa memória curta e distraída o destino que nos espera: a casa do pai.

Olhando para Maria e comparando nossas vidas à sua luz, entendemos que nós nesta terra não somos vagabundos, com muitas preocupações, com alguns momentos de raro e incomum prazer, lutando com o gosto amargo da dor; e nem somos os marinheiros brincalhões de um navio de cruzeiro que um destino adverso tenta de todas as maneiras arruinar e que no final é interrompido com um naufrágio irreparável e fatal. Como o de Maria, nossa vida é uma peregrinação, certamente incerto e cansativo e às vezes até doloroso e doloroso... um “vale de lágrimas”. sim, mas constantemente acompanhado pelo Senhor Jesus que caminha connosco “todos os dias até ao fim do mundo”. É uma peregrinação que tem um destino certo, o encontro com aquele Pai que enxugará as lágrimas dos seus filhos para que não haja mais choro, ou luto, nem choro, nem dor.

Deus Pai faz brilhar “para o seu povo”, peregrino na terra, sinal de consolação de esperança segura" (Prefácio); um sinal que tem o rosto de Maria, a plenamente abençoada porque acreditou no cumprimento das palavras do Senhor.

«O amor reacendeu-se no seu ventre» recita o início do XXXIII canto do Paraíso de Dante que abre com o Louvor de São Bernardo à Virgem Maria, colocado à frente daqueles que foram regenerados pelo mesmo amor e que finalmente receberão a vida em Cristo, depois de ter aniquilado o último inimigo, o morto (cf.. II lendo).

Portanto, não estamos destinados a sofrer durante toda a vida acabar nos encontrando talvez com uma grande conta bancária, um carro de luxo, uma bela casa, mas com perspectiva de apodrecer nos poucos centímetros cúbicos de uma cova fria no cemitério, Estamos destinados a compartilhar a glória de Maria, porque nós também - pela graça - somos semelhantes a ela: crianças com o céu incorporado em nosso DNA espiritual. Então nos voltamos para ela porque, à medida que nossa peregrinação terrena se desenrola, volte seus olhos misericordiosos para nós, arriscar a estrada, você nos lembra do objetivo e nos mostra, depois deste exílio, Jesus, o fruto bendito do seu ventre.

Para um movimento do coração e por uma necessidade obediente, memória comovente e grata, Gostaria de concluir esta meditação com as palavras do Bispo que me ordenou sacerdote, Cardeal Silvano Piovanelli, autêntico amante da Madonna. O Cardeal concluiu todas as suas esplêndidas homilias com uma referência mariana que para nós, então jovens seminaristas servindo na Catedral, foi o sinal de que a homilia estava prestes a terminar e que tínhamos que nos preparar para o ofertório! Assim o Cardeal dirigiu-se aos fiéis na Catedral no dia 15 agosto de 1995:

«As palavras da sua canção, Seas, tocou diante de Isabel na montanha de Judá. Hoje eles ressoam nesta Catedral consagrada a você, nas inúmeras igrejas dedicadas ao seu nome e onde quer que a comunidade cristã se reúna. Ressoam sobretudo naquele santuário íntimo que é o coração de tantas mulheres e homens e na consciência profunda dos povos pobres e derrotados que preservam a esperança a todo custo. Vocês, Maria, você cantou uma música que cresce ao longo da história, porque é o canto da humanidade redimida. Queremos cantar com você. (...) O canto do Evangelho proclama: “Maria foi elevada ao céu; as hostes dos anjos se alegram". Se os anjos se alegrarem, temos motivos para nos alegrar mais; eles a honram como rainha, nós a veneramos como Mãe; eles olham para ela como aquela que se juntou a eles na glória, nós como Aquela que nos chama para nos juntarmos a ela na alegria, ansiosa como está para cumprir a tarefa que Deus lhe confiou do alto da cruz. Vamos todos nos alegrar no Senhor. Amém".

Florença, 15 agosto 2023

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A Igreja como um barco na tempestade é uma realidade e uma realidade já retratada pelo próprio Cristo que nos deu a solução da fé

Homilética dos Padres da ilha de Patmos

LA CHIESA COME BARCA SULLA TEMPESTA È UNA ATTUALITÀ E REALTÀ GIÀ RAFFIGURATA DA CRISTO STESSO CHE CI FORNÌ LA SOLUZIONE DELLA FEDE

Gesù aveva già tentato di prendere una barca per andare in un posto e lì isolarsi, depois de saber do fim violento do Batista, ma il tentativo venne frustrato dall’accorrere della gente per la quale provò compassione

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Esistono fin dai tempi antichi molte rappresentazioni artistiche della barca come immagine della Chiesa, di cui si narra nella pagina evangelica di questa domenica. Ma non esistono, almeno a me non constano, raffigurazioni di Gesù che si ritira da solo a pregare. Salvo il caso del Getsemani, preludio della sua passione. Forse perché è più difficile rendere visibile artisticamente un’esperienza interiore, spirituale e privata. Eppure nel Vangelo i due momenti stanno insieme, chi ha composto questa pagina ha voluto che l’uno non si reggesse senza l’altro. Eccola:

«Dopo che la folla ebbe mangiato, subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, à margem, a pregare. A noite chegou, egli se ne stava lassù, sozinho. La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: “È un fantasma!” e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: “Coraggio, wsou eu, non abbiate paura!”. Pietro allora gli rispose: "Homem, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. Ed egli disse: “Vieni!”. Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Mãe, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, ele gritou: "Homem, salvami!”. E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?"». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, provérbio: “Davvero tu sei Figlio di Dio!"» [MT 14, 22-33].

Rembrandt Harmenszoon van Rijn, Cristo nella tempesta sul mare di Galilea

Gesù aveva già tentato di prendere una barca per andare in un posto e lì isolarsi, depois de saber do fim violento do Batista [MT 14,12], ma il tentativo venne frustrato dall’accorrere della gente per la quale provò compassione. Não somente, davanti alla fame delle persone e all’impotenza dei discepoli[1] compì il gesto della moltiplicazione dei pani. Un atto che fu frainteso, stante anche la tradizione giovannea che dice:

"Jesus, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo [...] “In verità, em verdade te digo: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”» [GV 6, 15-26].

Questo preambolo probabilmente spiega il rigo iniziale: «E subito costrinse i discepoli a salire su una barca». Non conosciamo le intenzioni nascoste di Gesù e possiamo fare solo ipotesi. Forse l’azione frettolosa unita alla costrizione dei discepoli a salire sulla barca aveva lo scopo di sottrarre lui e il gruppo che lo seguiva dallo snaturamento del significato teologico del gesto che aveva compiuto sui pani e, come attesta Giovanni, al fraintendimento del tipo di messianismo che Gesù intendeva e nel quale i discepoli potevano crogiolarsi. O forse perché effettivamente sentì l’urgenza di stare solo, su un luogo elevato a pregare. Per l’evangelista Matteo il monte è un luogo significativo. Grazie a lui il discorso delle beatitudini prende il nome di Discorso della Montagna. Su un monte Gesù si trasfigurò e su un’altura ormai risorto consegnò ai discepoli il mandato missionario [cf.. MT 28, 16-20]. In questo caso è il luogo della solitudine e della preghiera. Jesus, nel capitolo sei di Matteo, aveva messo in guardia dalla preghiera ipocrita di chi vuol farsi vedere, preferendo quella nascosta, nel segreto della stanza [cf.. MT 6, 5-6] e che soprattutto fosse rivolta a Dio chiamandolo nella forma intima e personale di “Padre”. Poco più avanti insegnò la preghiera comunitaria del Nosso pai che tutti conosciamo. Ciò che possiamo dire è che Gesù cercava questo rapporto personale, da solo a solo, com Dio, non uno qualsiasi, ma con il Padre suo. Nella preghiera sappiamo che Gesù, anche grazie ad altre tradizioni evangeliche, percepisse vivissima la sua coscienza filiale.

Mas há mais. Matteo dice che Gesù rimase staccato dai discepoli, invisibile dai suoi mentre intanto scendeva la sera e il buio. La barca coi discepoli a bordo aveva già guadagnato miglia da terra e il vento contrario la sballottava, rendendo la situazione precaria e pericolosa. È evidentemente una descrizione della situazione della Chiesa nel periodo post pasquale. L’episodio che ora si svolge ― Il cammino di Gesù sulle acque [MT 14,24-33] ― riveste infatti una dimensione simbolica: il testo è metafora del cammino della Chiesa nella storia, nel tempo tra la Pasqua e la parusia. Gesù è in alto, sul monte, a pregare [cf.. MT 14,23]: ou, è il Risorto che sta alla destra di Dio nei cieli e intercede per i suoi che sono nel mondo. Proprio questo importante rivestimento teologico e simbolico ha fatto dire anche a studiosi moderati[2] che l’episodio avesse poco o nullo valore storico. La qual cosa non toglie significato a un’esperienza che travalica il tempo e giunge fino a noi. Ovvero quella di una Chiesa che si muove su un elemento non stabile, con l’oscurità che impedisce di vedere i contorni, il vento che designa le contrarietà insite in ogni epoca, le onde che provocano turbamenti e nausea. Infine Pietro che se in altre circostanze ha espresso una fede forte e matura, qui manifesta una fiducia titubante e debole. E soprattutto in tutti l’incapacità di vedere il Signore che provoca sconvolgimento interiore e paura.

Matteo descrive la scena collocandola sul più ampio fondale del racconto dell’Esodo e della traversata del Mar Rosso, per significare che quello che i discepoli stanno facendo è un approdo verso la salvezza. Come già nell’esodo dall’Egitto, anche ora i protagonisti sono in grave difficoltà e preda della paura. La presenza di Gesù che cammina sulle acque è evidente richiamo al Dio che ha salvato il suo popolo e che ha dominato le acque del mare:

«Sul mare la tua via [ou Dio], i tuoi sentieri sulle grandi acque, ma le tue orme non furono riconosciute» [Vontade 77,20]; «Così dice il Signore che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti» [É 43,16].

Em particular, il nostro testo contiene rimandi al capitolo quattordicesimo dell’Esodo in cui si narra il passaggio del mare. Se Gesù avanza verso i discepoli alla «quarta veglia della notte» ― ετάρτῃ δὲ φυλακῇ τῆς νυκτὸς [MT 14,25], il momento della salvezza per i figli d’Israele, quando Dio mette in rotta gli inseguitori egiziani, scocca «alla veglia del mattino» [É 14,24]. Per i figli d’Israele, il passaggio non è solo geografico, ma è anche passaggio liberatorio dalla paura [É 14,10-13] al timore del Signore [É 14,31]; è passaggio dal «vedere» l’avvicinarsi degli inseguitori [É 14,10] al vedere la mano potente con cui il Signore li aveva salvati [É 14,31]. La presenza del vento forte accomuna ancora i due racconti14,21; MT 14,24]. Gesù si presenta ai discepoli dicendo «Sono io» [MT 14,27], con un’espressione che corrisponde al Nome di Dio rivelato nell’Esodo: «Io sono». Resumidamente, siamo di fronte al cammino della Chiesa, cammino pasquale, cammino di salvezza, ma di una salvezza che non è così facilmente discernibile perché frammista a situazioni di contraddizione e sofferenza.

Neste ponto sarebbe forte la tentazione di applicare questa narrazione alle vicende attuali della Chiesa. Ma chi conosce un po’ la storia sa benissimo che non è mai esistito un periodo tranquillo e pacifico per essa e che oggi non è più difficile che in altri momenti. Né che Pietro è più o meno fedele oggi che in altre epoche storiche, em vez de. Il Concilio ha maturato una visione della Chiesa che la definisce così:

«(Essa) E, em Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano»[3].

Quindi una realtà umana che conserva tutte le sue fragilità a cui è stata accordata la grazia della chiamata e della missione. Então o que, se la Chiesa incontrerà sempre difficoltà, se onde e venti ne sballotteranno per tre veglie notturne la barca, qual è il dramma vero nel quale essa potrà incappare e dal quale sarà difficile uscirne se non attraverso una chiave particolare? È il dramma di ritenere Gesù, o senhor, un fantasma! «E sconvolti dissero: “È un fantasma!” e gridarono dalla paura».

Per questo scrivevo all’inizio che le due scene che compongono l’odierna pagina evangelica vanno a designare un unico quadro e sono inscindibili. Come giustamente notò Origene[4] Gesù quasi obbliga i discepoli a traversare il mare della storia, con tutte le difficoltà e le vicissitudini che questo comporta, quasi separandosi da loro, ritornando al Padre. Possiamo immaginare le difficoltà che essi ebbero dopo la morte di Gesù, al sentire che era Risorto, nel riconoscerlo vivo e vincitore della morte. Matteo lo segnala nell’ultimo capitolo prima del congedo: «Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono» [MT 28, 17]. Però è a questi discepoli di poca fede che assicurerà una presenza costante, di natura diversa che la precedente, ma ugualmente efficace: "E eis, Eu estou convosco;, até o fim do mundo " [MT 28, 20].

Elas, assim, non si è separato da noi, come temevano quei discepoli sulla barca tremolante e lo stesso Pietro che disse: «se sei tu»; ma il necessario ritorno al Padre, simboleggiato dal suo salire sul monte da solo a pregarlo, è avvenuto perché Dio potesse essere “tutto in tutti” e l’amore di Lui e la sua salvezza, potessero essere riconosciuti nella Chiesa che diventa da ora in poi sacramento di unione col Signore e di unità degli esseri umani come diceva il Concilio.

Così giungiamo all’ultimo atto, a quella chiave o, dado o contexto, quella vela che permette di percorrere la traghettata senza paura, cioè la fede. Ce lo insegna l’episodio di Pietro che voleva camminare sulle acque come Gesù, ma sprovvisto di fede piena. Una tentazione pericolosa che può cogliere ogni stagione della vita della Chiesa, forse anche l’attuale. Quella di svuotare Cristo, di renderlo un fantasma o un ectoplasma ― Phanstasma estin, Φάντασμά ἐστιν ― mentre la Chiesa è intenta in altre cose, affaccendata in chissà quale opera preziosa o in qualche sistemazione delle sue strutture. O Evangelho, come giustamente nota Origene, non dice che Pietro non avesse fede, ma che ne aveva poca[5]. Anche Elia, narra il primo libro dei Re nella prima lettura di questa domenica, condivide con Pietro una situazione di pericolo di vita. Dio gli passa accanto, ma non sarà presente nelle realtà rumorose ed eclatanti, come nel massacro dei profeti di Baal, bensì in una “sottile voce silenziosa” (Qol demamah daqqah דַקָּֽה דְּמָמָ֥ה ק֖וֹל)[6].

Il rimprovero di Gesù a Pietro, il suo stendere la mano e afferrarlo sono tutte azioni sacramentali che diverranno esemplari per la Chiesa. Jesus, na verdade, non rimprovera Pietro affinché resti semi affogato nell’inadeguatezza, mas por que, attraverso questo momento veritativo, divenga consapevole della situazione in cui si trova e la mano di Gesù che lo afferra è un gesto di salvezza, guarigione e cambiamento, parabola di ciò che la Chiesa fa coi sacramenti che moltiplicano nel tempo l’amore e la grazia del Signore.

La presenza di Gesù, colta attraverso la fede, sottile voce silenziosa, è fondamentale perché la barca che è la Chiesa ritrovi la sua tranquillità e i discepoli finalmente riconoscono la pienezza della forma divina del Signore, non più visto come un fantasma: «Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, provérbio: “Davvero tu sei Figlio di Dio!"».

Chiudo con una frase di un famoso libro di Dietrich Bonhoeffer:

«Il sì e l’amen sono il terreno sicuro sul quale poggiamo. Perdiamo continuamente di vista in questo tempo sconvolto la ragione per la quale merita vivere. Ci è consentito vivere continuamente vicino a Dio e in sua presenza e allora non c’è più niente di impossibile per noi non essendoci niente di impossibile per Dio. Nessuna potenza terrena può toccarci senza il volere di Dio e la miseria e il pericolo ci portano più vicino a Dio»[7].

bom domingo a todos!

do eremitério, 13 agosto 2023

 

NOTA

[1] «Ma Gesù disse loro: “Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare”. Eles responderam a ele: “Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!”. Ed egli disse: “Portatemeli qui”» (MT 14, 16-18).

[2] John Paul Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico, Volume 2, Mentore, messaggio e miracoli, 2002

[3] A luz 1.

[4] «Può dunque darsi, ritornando al testo, che i discepoli sentendosi a disagio lontani da Gesù, non possano separarsi da lui neppure per caso, perché vogliono rimanere con lui; por mim, giudicando che debbano avere la prova dei flutti e del vento contrario, che non ci sarebbe stato se fossero stati con Gesù, impone loro l’obbligo di staccarsi da lui e di salire sulla barca” (Orígenes, (C)ommento al Vangelo di Matteo, Citta Nuova, 1998, página. 215.

[5] em. cit. Pg 218.

[6] 1Ré 19, 12. La Bibbia Cei traduce: «il sussurro di una brezza leggera». Il testo masoretico ha: «Una voce sottile silenziosa».

[7] Dietrich Bonhoeffer, Resistência e rendição, São Paulo, 2015.

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San Giovanni all'Orfento. Abruzzo, montanha Maiella, era uma ermida habitada por Pietro da Morrone, chamado 1294 à Cátedra de Pedro à qual ascendeu com o nome de Celestino V (29 agosto – 13 dezembro 1294).

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Os Padres da Ilha de Patmos

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Gabriele Giordano M. Scardocci
Da Ordem dos Pregadores
Presbítero e Teólogo

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Padre Gabriel

Contra o vento do mundo, fugindo da descrença que nos afoga

Homilética dos Padres da Ilha de Patmos

CONTRA O VENTO DO MUNDO, IN FUGA DALLA INCREDULITÀ CHE CI FA ANNEGARE

Com efeito, a fé «é um acto pessoal: é a resposta livre do homem à iniciativa de Deus que se revela". Portanto é uma resposta que damos a Deus e que alguns dias podem ser mais certos e outros mais inseguros..

 

Autor:
Gabriele Giordano M. Scardocci, o.p.

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Caros Leitores da Ilha de Patmos,

ogni persona divenuta nostra amica si conosce sempre guardandola in viso, vedendo il suo sguardo. Poi sentendo le sue parole, nasce in noi una iniziale simpatia che può essere confermata tramite i gesti che esprime per noi, divenendo così amico. Nel bene e nel male, chi siamo e chi è il prossimo viene sempre testimoniato dai nostri gesti e parole. Questo accade anche nel Vangelo di oggi, in cui Gesù si fa riconoscere nella filiazione divina proprio a partire dalle sue azioni.

Nelle ultime settimane abbiamo ascoltato diversi discorsi in parabole del Signore. In questa XIX Domenica del tempo ordinario troviamo un episodio accaduto in mezzo al mare. Ecco il passaggio: dal discorso all’azione di Gesù. Perché Dio accompagna sempre ogni Sua Parola verso di noi con un gesto e un segno concreto.

In questo passo del Vangelo Gesù chiede agli Apostoli di salire sulla loro barca, che poco dopo si trova in mezzo a una tempesta e costretta a navigare contro vento. Questa situazione vissuta dagli Apostoli possiamo un poaccostarla a noi oggi. Tradizionalmente, la barca, i Padri della Chiesa l’hanno sempre interpretata come il simbolo della Chiesa, il vascello di Cristo che ci fa navigare nelle acque del mondo. Anche oggi la Chiesa è nella tempesta col vento che le soffia contro, immersa in una società contemporanea contraria a qualsiasi invito o qualsiasi valore della nostra fede. A Igreja, composta da tutti che la formiamo, clero, religiosos e leigos, si muove in acque tempestose contro il vento delle mode materialiste.

Anche noi come credenti ci troviamo in questa condizione nelle situazioni più concrete: em família, no trabalho, com os amigos. Ancoriamoci alla forza e alla grazia di Gesù che davvero può aiutarci a essere testimoni credibili e credenti. Il Signore stesso porge un segno ai suoi Apostoli, per incoraggiarli ad andare avanti e perseverare anche navigando in tempesta e controvento. Vuole dare un segno per testimoniare che egli è il Figlio di Dio. Per questo si mette a camminare sulle acque, mostrando che le acque che avversano la barca gli sono sottomesse. Vuole mostrare agli Apostoli che affidandosi veramente a Lui con fede profonda, riusciranno a calmare quella tempesta. Questa la reazione degli apostoli:

«Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: “È un fantasma!” e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: “Anime-se, wsou eu, non abbiate paura!”»[MT 14,22-33].

Pietro decide di camminare sulle acque, ma affonda, rischia di annegare. Così Gesù, rapidamente, lo raggiunge e gli mostra la sua incredulità che lo ha spinto a non affidarsi a Lui. Lo prende per mano e non lo fa annegare. Poi risale sulla barca con Pietro e, Finalmente, la tempesta cessa. Solo in questo momento gli Apostoli lo riconoscono come Figlio di Dio.

Quelle di Gesù sono parole rivolte a tutti noi, spesso increduli e aridi, incapaci di affidarci a Lui. Anche noi credenti possiamo vivere questi momenti di aridità, li hanno vissuti anche molti santi e mistici, basti pensare alla “notte oscura della spirito” vissuta per quarant’anni da San Giovanni della Croce.

Troppo spesso vogliamo fare da soli a prescindere dalla grazia, o senza la grazia, come dice il Santo Padre, rischiando così di cadere nel pelagianesimo, quella eresia del V secolo che pretendeva che l’uomo si salvasse e facesse cose buone con sue sole forze. Ao contrário, con parole che sento dolci e comprensive, Gesù dice a noi, come a Pietro, di avere una fede semplice e di affidarci a Lui. Impieghiamo la nostra responsabilità, la nostra virtù, doniamo a Gesù una fede vera e Lui saprà trasformare ogni momento della nostra vita in un capolavoro, dove bloccheremo tutte le tempeste spirituali ed esistenziali.

Gesù oggi ci esorta a prendere coscienza della nostra incredulità, per fare il passo di uscirne fuori, per fuggire da questa poca fede e dire anche noi «Davvero tu sei il Figlio di Dio e sei Signore della mia vita».

Chiediamo al Signore la grazia della fede viva e operante nell’amore, per poter guardare con occhi contemplativi e pieni di sapienza tutto il mondo, affinché il mondo ci possa restituire il progetto e lo sguardo D’Amore che Dio ha per tutti noi.

Que assim seja.

santa maria novela em Florença, 13 agosto 2023

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« Venha para o lado, você sozinho, em um lugar deserto, e descansar um pouco". O verão é uma oportunidade de fazer conexões significativas com o Senhor

" SEPARAR, APENAS VOCÊ, EM UM LUGAR DESERTO, E DESCANSE UM POUCO". O VERÃO É A OPORTUNIDADE DE CRIAR LIGAÇÕES SIGNIFICATIVAS COM O SENHOR

Quero ser um provocador e sugerir aos nossos leitores que prescindam, durante os períodos de descanso e férias, dos muitos jornais e jornais que comumente adquirimos para potencializar a leitura e a meditação do Evangelho. Não será apenas um benefício económico - mais ou menos 1,50 € salvo - mas uma bênção segura que beneficiará grandemente a nossa alma. O resto, o Evangelho nem sempre esteve lá Boas notícias por excelência que nenhum jornal poderá jamais esperar igualar?

- Notícias da Igreja -

Autor
Ivano Liguori, ofm. Capp..

 

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Entramos agora no auge do verão que é aquele período eletivo que nos permite dedicar-nos ao descanso e à recuperação dos esforços físicos e espirituais. No Evangelho vemos o próprio Jesus convidando os Apóstolos, no final de um dia cansativo de anúncio do Reino, descansar e ficar com Ele para recuperar nossas forças [Ver. MC 6,31]. Para um olhar casual, o descanso não pode ser interpretado apenas como ausência de fadiga. Na Sagrada Escritura, por exemplo, o descanso divino após a semana da Criação [Ver. Geração 2,2] torna-se o caminho para entrar no reconhecimento do louvor e da contemplação do Pai por aquilo que foi criado. Deus não para, ele não está ocioso, estático, porque como o próprio Cristo nos atesta: “Meu Pai sempre trabalha e eu também trabalho” [Ver. GV 5, 17].

«Vvá para o lado, você sozinho, em um lugar deserto, e descansar um pouco" [Ver. MC 6,31]. Descanso divino, que Deus vive e dá generosamente ao homem, torna-se a recompensa daquele trabalho de tutela da Criação - e no Evangelho de anúncio do Reino do Pai - em que é possível contemplar, adorar e louvar ao Senhor. Assim como é Deus primeiro quem, na sua alegria «Shabat» contempla o seu trabalho abençoando a sua bondade intrínseca - viu que era bom -, assim o homem contempla e reconhece o seu Criador que o coloca no auge das coisas criadas e que faz dele uma bênção (Ver. João Paulo II, Carta apostólica, Dies Domini, 1998).

Descanse de acordo com a Sagrada Escritura expande e transmuta o tempo do homem desde Saturno/Cronos, momento marcado por compromissos e fazer, dentro clima/kairos, momento oportuno em que o homem se torna sujeito da preocupação de Deus que se revela. O clima favorável kairos é uma epifania da graça, algo que a Igreja vive na sua ação de santificação diária na ação litúrgica. A este respeito, permita-me um breve aparte sobre teologia litúrgica. Durante a liturgia, o que quer que seja, seria bom ampliar o tempo e não restringi-lo, deixe-se guiar por kairos e não de Cronos, esqueçamos por um momento o relógio de pulso - principalmente para o sacerdote celebrante - juntamente com os inevitáveis ​​relógios que durante alguns anos se tornaram o novo mobiliário litúrgico presente em muitos presbitérios.

Devemos, no entanto, com um sentido de equilíbrio e realidade, esteja ciente de que nem todos podem desfrutar de um momento de descanso, talvez porque estejam ocupados com tarefas que não podem ser adiadas ou porque estejam sobrecarregados por alguma condição que tire da mente até mesmo a vaga possibilidade de conceber um pouco de descanso ou férias. E ainda, mesmo diante dessas situações, Deus deseja proporcionar a cada um de seus filhos um pai carinhoso e sugerir um descanso que não seja feito apenas de lugares, mas sobretudo de presença, da sua presença divina.

Será bom lembrar - e lembremo-nos - que como cristãos não devemos ceder à tentação do desânimo, muito menos ao desespero. Lembremo-nos frequentemente do que sugere o Beato Apóstolo Tiago na sua carta: «Quem entre vocês está com dor, você reza; quem está alegre deve cantar" [Ver. GC 5, 13-20]. Os momentos de alegria – inclusive os de descanso e de férias – são oportunidades propícias para cantar louvores ao Senhor, dizer a Ele o quão grande Ele é e que somente Ele é o poderoso Salvador de nossas vidas.

São Tiago convida você a cantar porque os Salmos constituem a oração eletiva do homem que busca o Senhor e que deseja viver sempre esta busca, sem interrupções, não apenas quando as coisas parecem estar indo bem, uma eventualidade que não coincide automaticamente com a absoluta ausência de problemas. A este respeito, gosto de recordar o exemplo do Seráfico Padre São Francisco que compôs em 1226 a Cântico das Criaturas certamente não em um momento favorável de sua vida, na verdade, talvez no momento mais difícil do ponto de vista da saúde física e das controvérsias internas dentro da Ordem, no entanto, sua boca nunca se fechou devido à dor, mas foi capaz de abrir para o louvor do Senhor.

A busca do Senhor nos abre ao louvor e ajuda-nos a derramar aquele livre sentimento de gratidão do coração para com Deus que desdobra a sua Providência e o seu braço forte e omnipotente, como vemos proclamado pela Bem-Aventurada Virgem Maria no canto de Magnificat. É precisamente durante os períodos de descanso que temos o privilégio de formar vínculos eletivos com o Senhor e conhecê-lo como Ele deseja ser conhecido por nós.. Por esta razão, quando nossos dias de verão serão mais livres de compromissos de trabalho, acadêmico ou escolar, aprendamos a conviver com a solidão de nossas igrejas, para preenchê-los com kairos. Muito mais que as igrejas no inverno, em imóveis, são prontamente abandonados e parecem desertos perfeitos para deixar falar a voz do Senhor. Escolhemos um momento que nos seja favorável em que sabemos que podemos permanecer face a face com o Senhor diante do sacrário e ali elevamos nossos louvores e nossa adoração gratuita e grata. Sejamos educados pelo Espírito Santo para saber abraçar a grandeza de Nosso Senhor Jesus Cristo no mistério eucarístico. Não temos medo de falar com o coração:

«Nós te adoramos, Santíssimo Nosso Senhor Jesus Cristo, aqui e em todas as suas igrejas em todo o mundo, e nós te abençoamos, porque com a tua santa cruz redimiste o mundo". [Ver. F.F.. 110-111].

Dadas as várias horas que possamos dedicar ao merecido lazer, ir para o mar, nas montanhas ou em algum outro local favorável, não temos medo de dedicar uma hora - sim, sessenta minutos do dia inteiro - ao Senhor Jesus. Seria bom dividir esta hora em dois períodos de trinta minutos cada, deixando o Senhor se comunicar conosco. Se pensarmos bem, o verão é foco de muitas palavras efêmeras e conversas superficiais que as férias muitas vezes agravam.. Como cristãos, sentimos um forte imperativo de preencher as nossas vidas com a Palavra da Palavra feita Carne. Nesta hora de kairos, não temos medo de abrir o Evangelho. Uma boa pedida é a leitura do Evangelho do dia que pode ser encontrado de diversas formas nos Apps dedicados ou através da ferramenta missal mensal. Quero ser um provocador e sugerir aos nossos leitores que prescindam, durante os períodos de descanso e férias, dos muitos jornais e jornais que comumente adquirimos para potencializar a leitura e a meditação do Evangelho. Não será apenas um benefício económico - mais ou menos 1,50 € salvo - mas uma bênção segura que beneficiará grandemente a nossa alma. O resto, o Evangelho nem sempre esteve lá Boas notícias por excelência que nenhum jornal poderá jamais esperar igualar?

Para quem como eu adora caminhar e andando - quando posso, também posso 10/15 km por dia - é uma boa prática recitar o Santo Rosário ou a Oração do Coração: «Senhor Jesus Cristo, Filho de Deus, tenha piedade de mim, pecador!». Caminhar ajuda a sintonizar a mente com o coração e a encontrar a concentração certa para subir a Deus em contextos naturalistas, à beira-mar ou na praia... mas também nos parques da cidade. Não tenhamos vergonha de rezar o terço e mostrar que o temos em mãos. O verão oferece-nos muitas vezes uma série de situações embaraçosas e deslocadas e certamente não será um rosário nas mãos que criará escândalo e despertará a atenção dos curiosos..

O verão é aquela época em que, devido ao calor, costumamos iluminar nossas roupas para sermos mais livres e desfrutar de um certo bem-estar saudável. Se pensarmos sobre isso, podemos fazer uma comparação semelhante em relação ao Sacramento da Reconciliação. O pecado nos pesa, isso nos sufoca, impede-nos de desfrutar de Cristo, sol da justiça e da verdade, e de viver na liberdade batismal dos nossos filhos. A confissão é a prática sacramental que remove o pecado de nossas vidas, aquele mal concreto e mortal que sufoca a relação com Deus e com os irmãos. Vamos nos acostumar a confessar periodicamente, mantendo a constância habitual para estarmos sempre livres das vestes do mal e revestidos da luz resplandecente do batismo que nos torna filhos perdoados porque acima de tudo amados.

Fonte e ápice de toda a vida do cristão e do discípulo é a Santa Missa. Não abandonemos a ligação com a Páscoa semanal nos meses de verão. Organizemos o nosso tempo e os nossos compromissos para participarmos antes de tudo na Santa Missa dominical e, se tivermos a chance, não desdenhamos ir em outro dia da semana também. Recordemos que o louvor do Senhor - assim como a liturgia da Igreja - vive da nota da gratuidade e da generosidade. Não sejamos mesquinhos em desejar o encontro com Cristo na celebração eucarística, ele certamente não é mesquinho conosco quando se entrega a nós em seu corpo mais precioso, sangue, alma e divindade.

Oração, ouvindo a Palavra do Evangelho, a reconciliação e a Santa Missa são privilégios pessoais que devemos guardar zelosamente e intimamente para nós mesmos? Absolutamente não, o Senhor ao nos enviar para anunciar o Reino e ao cuidar do mundo que o Pai nos confiou não nos deixa sozinhos. É ele mesmo quem nos fornece os equipamentos necessários para não falharmos no caminho e para apoiar aqueles que encontramos que precisam da Boa Nova. Contemplar, adorar e louvar o Senhor constituem a primeira forma de acolhimento que nos permite exercer abundantemente aquela caridade ativa, pastoral e recíproca para com tudo o que o bem-aventurado apóstolo Paulo recomenda aos cristãos de Tessalónica [Ver. Ts 3, 12-13].

Desejamos-nos boas festas e bom descanso Esperemos antes de tudo poder permanecer com Cristo Senhor, ele é o verdadeiro sol benéfico do qual haurir a força para construir significativos laços de graça com os quais abrir uma nova relação com o Pai e os irmãos.

Sanluri, 11 agosto 2023

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Os Padres da Ilha de Patmos

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O “carta vencedora” uma parte. Alessandro Minutela: fazer declarações falsas a pessoas que não leem documentos oficiais

O "CARTÃO VENCEDOR" DO MR. ALESSANDRO Minutella: AFFERMARE FALSITÀ A PERSONE CHE NON LEGGONO I DOCUMENTI UFFICIALI

Nello spazio di due minuti il Sig. Minutella ha proferito delle falsità gravissime e per ben due volte ha ribadito che il tutto è scritto nello Instrumento de Trabalho do Sínodo. Quindi ha assicurato: «Io non m’invento nulla». Invece si è inventato tutto: ciò che lui afferma non è scritto nello Instrumento de Trabalho e né la benedizione alle coppie gay all’altare né il conferimento del diaconato alle donne sono argomenti di discussione, anche perché non possono essere discussi.

- Notícias da Igreja -

Autor
Simone Pifizzi

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Não é um mistério, perché cosa pubblicamente risaputa, che quando due anni fa il Sig. Alessandro Minutella fece un giro per i Paesi dell’America Latina, nosso Pai Ariel S. Levi di Gualdo informò i Nunzi Apostolici, che ricevuta notizia allertarono i vescovi delle regioni che senza indugio comunicarono al loro clero la presenza di questo presbitero excomunhão incorrida e em demissão do estado clerical por heresia e cisma, disponendo che non gli fosse consentito di accedere ad alcuna struttura ecclesiastica cattolica.

Allo stesso modo in Italia, quando cominciò a frequentare le ricche zone del Triveneto per mietere vittime, ma soprattutto per mietere soldi, il Patriarca di Venezia che presiede la Conferenza Episcopale del Triveneto emise un comunicato, altrettanto fecero i Vescovi della Regione [veja WHO, WHO, WHO, WHO, WHO]. Adempiendo in tal modo al loro dovere di Pastori posti a guida del Popolo di Dio avvisarono i fedeli che chiunque segue uno scomunicato incorre a sua volta in scomunica automático. Il risultato fu che per settimane irrise e insolentì tutti i Vescovi, manipolando come di prassi fatti e situazioni.

In Italia le persone sono informate che questo soggetto è incorso prima in scomunica e poi nel provvedimento tanto estremo quanto raro della dimissione dallo stato clericale. Portanto, chi lo vuole seguire in modo cieco e ostinato, lo farà in ogni caso e a prescindere dai comunicati dei Vescovi e dalle esortazioni di noi Presbiteri.

Però non si può passare sopra a cose di altro genere, per esempio la manipolazione di fatti e documenti. In questo caso abbiamo l’obbligo, por imperativo de consciência, di informare i nostri fedeli.

Nel suo delirio del 1° agosto il Sig. Minutella ha affermato testuali parole che potete udire dalla sua viva voce in video:

«Il titolo di questa sera è “il sinodo maledetto e il futuro del cattolicesimo” [...] questo sinodo fa parte della strategia massonica di distruzione e cambiamento dell’identità cattolica [...] è stato preparato quello che si chiama Instrumento de Trabalho, cioè una sorta di piano tematico sulle questioni da gettare sul tavolo al Sinodo, che sono già state tutte decise. Con una menzogna che è tipica del Diavolo stanno facendo credere che queste richieste vengono dal basso, dal popolo [...] L’Instrumentum Laboris che è stato creato serve a intavolare le questioni. Quali sono le questioni sul tavolo? Andatevi a leggere l’Instrumento de Trabalho e vedete se m’invento nulla, per questo parlo di “sinodo maledetto”. Le questioni sul tavolo servono a dimostrare qual è il progetto, se voi vi andate a leggere l’instrumento de trabalho ve ne accorgete. Eu estou: l’agenda arcobaleno, quindi la benedizione delle coppie gay all’altare [...] il Sinodo propone l’abolizione del celibato ecclesiastico, perché i preti sono pochi, Papa Francesco ha già detto che è d’accordo [...] le donne all’altare, le diaconesse. Non so se vi rendete conto a che cosa stiamo andando incontro [...]» [ver vídeo WHO].

Nello spazio di due minuti Senhor.. Minutella ha proferito delle falsità gravissime e per ben due volte ha ribadito che il tutto è scritto nello Instrumento de Trabalho do Sínodo. Quindi ha assicurato: «Io non m’invento nulla». Invece si è inventato tutto: ciò che lui afferma non è scritto nello Instrumento de Trabalho e né la benedizione alle coppie gay all’altare né il conferimento del diaconato alle donne sono argomenti di discussione, anche perché non possono essere discussi. Basterebbe ricordare che la Santa Sede, attraverso il Dicastero per la Dottrina della Fede, ha proibito in modo tassativo la benedizione alle coppie omosessuali [consulte o documento WHO]. além disso, o Santo Padre Francisco, per più volte, nel corso del proprio pontificato, ha ribadito che non intende porre in alcun modo in discussione il celibato sacerdotale.

Manipolando e falsando le parole Senhor.. Minutella afferma che il Santo Padre Francesco, intervistato da Daniel Hadad del quotidiano argentino di Infobae, si è dichiarato a favore della abolizione del celibato. Cosa assolutamente falsa. Vediamo che cosa ha detto il Santo Padre e in che modo il Sig. Minutella ha manipolato e falsato le sue parole. O Santo Padre, alla domanda sul celibato, ha risposto:

«È una prescrizione temporanea (N.d.A il celibato). Non è eterna come l’ordinazione sacerdotale. Celibato, em vez de, è una disciplina». Domanda l’intervistatore: «Quindi potrebbe essere rivisto?». Risponde il Santo Padre: "Sim",. [veja estratto in italiano su ANSA].

Minutella ripete ossessivamente da sempre di essere due volte dottore in sacra teologia. Altra cosa falsa data a credere a chi non conosce il sistema dei nostri studi ecclesiastici. Il dottorato in teologia è infatti uno e uno solo, non si è due volte dottori in sacra teologia. O che forse può esistere qualcuno laureato due volte in medicina e che vada in giro dicendo di essere due volte dottore in medicina? O un architetto, un ingegnere, un avvocato che siano due volte architetti, ingegneri e avvocati perché laureati due volte? Ainda mais, proprio un eccelso bi-dottore come lui, non dovrebbe fraintendere queste parole del Santo Padre che ha detto l’ovvio: il celibato non è un dogma di fede ma una disciplina ecclesiastica che affonda le proprie origini sin dalla prima epoca apostolica, ma una disciplina non è eterna, come invece lo è il sacro ordine sacerdotale, che è un Sacramento indelebile che ci rende sacerdoti in eterno.

Com’è possibile manipolare i testi e di conseguenza mentire sino a questi livelli? Logo disse: Senhor.. Minutella si rivolge a persone che non andrebbero mai a leggere questo pubblico documento dello Instrumento de Trabalho, in parte perché affette da analfabetismo funzionale o digitale, in parte perché appartenenti alla specie dei creduloni peggiori: i creduloni pigri, quelli che non compiono neppure la minima fatica per andare a verificare che questo lungo e articolato documento non reca scritto e non dice affatto tutto ciò che di totalmente falso il Sig. Minutella gli attribuisce.

Senhor. Minutella punta agli ignoranti creduloni, muitos dos quais, per esempio nel Triveneto, sono sì culturalmente ed ecclesialmente ignoranti, ma al tempo stesso sono però pieni di soldi.

Pur proclamando «io non m’invento nulla», Senhor.. Minutella s’inventa invece tutto, manipola e mente in modo spudorato, facendo leva anzitutto sull’ignoranza.

Il documento dello Instrumento de Trabalho è tradotto i sei lingue ed è visibile a chiunque sul Sito Ufficiale della Santa Sede. Basta solo andare a leggerlo, per comprendere in che modo e con quale malafede il Sig. Minutella si inventa tutto ciò che non è mai stato detto e scritto. Uno strumento di lavoro contiene infatti quesiti, domande e oggetti di discussione su tutti i più disparati argomenti. Chi invece confonde domande e temi di lavoro con risposte, o peggio con permissioni o con nuove regole, delle due una esclude l’altra: o è ignorante a livelli parossistici, oppure è in totale malafede.

Ci sono persone che vengono raggirate, ma ci sono persone che esigono essere raggirate, cercano proprio qualcuno che le raggiri. Tanto che a volte, quando poi finiscono nei guai, per provare cristiana pietà verso di loro bisogna compiere un grande sforzo di cuore e di fede.

Florença, 3 agosto 2023

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Benedizione Episcopale del prete scomunicato e dimesso dallo stato clericale con sentenza data dalla Sede Apostolica

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