„Komm hinter mich, Ich werde euch zu Menschenfischern machen“. Und sofort verließen sie ihre Netze und folgten ihm

Homiletik der Väter der Insel Patmos

„Komm hinter mich, Ich werde euch zu Menschenfischern machen“. E SUBITO LASCIARONO LE RETI E LO SEGUIRONO

Come potremmo descrivere il regno di Dio proclamato da Gesù? Die Hauptschwierigkeit besteht darin, dass Jesus nie eine Definition verwendet hat, um darüber zu sprechen. Vielmehr verwendete er Gleichnisse und Bilder, paragonandolo, per rimanere sempre al Vangelo di Marco che leggeremo quest’anno, a un seminatore che getta del seme in terra o a un granello di senapa e così via.

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Lasciato alle spalle il passaggio nel Vangelo secondo Giovanni di domenica scorsa, il lezionario ci riporta a Marco, WHO, terminata l’esposizione della trilogia comune ai sinottici (Johannes der Täufer, Battesimo di Gesù e la prova nel deserto), riprende la narrazione dandoci un’indicazione temporale importante che apprendiamo dall’attacco del Vangelo di oggi.

«Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, er sah Simone und Andrea, Bruder von Simone, als sie ihre Netze ins Meer warfen; Sie waren tatsächlich Fischer. Jesus sagte zu ihnen:: «Venite dietro a me, Ich werde euch zu Menschenfischern machen“. Und sofort verließen sie ihre Netze und folgten ihm. Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui. (MC 1,14-20).

Scrive Marco che Gesù inizia a proclamare il regno di Dio «dopo che Giovanni fu arrestato» (MC 1,14 vgl.. Auch MT 4,12). Molti immaginano che la cronologia dell’inizio del ministero pubblico di Gesù si sia svolta così: dalla Galilea, regione da cui viene, Gesù scende al Giordano per essere battezzato. Subito dopo, versucht, rimane quaranta giorni nel deserto per poi ritornare in Galilea. Ma deve invece essere passato più tempo e il punto di svolta, ciò che fa tornare Gesù in Galilea è rappresentato dall’arresto del Battista. Forse è in quel preciso momento che per Gesù giunge la consapevolezza che è ora di assumersi le sue responsabilità.

La voce che gridava nel deserto, poiché è stata messa a tacere, passa ora alla Parola che annuncia il regno. Questa interpretazione aiuta noi credenti nei momenti di difficoltà e sofferenza, come deve essere stato per Gesù l’arresto di Giovanni e ci fa proferire: bisogna fare qualcosa. È in tali situazioni che, se non vai tu, nessuno può andare al posto tuo. La chiamata che ora Gesù farà dei discepoli, l’ha vissuta in prima persona lui; il regno che annuncia l’ha visto arrivare per primo lui, anche nella dolorosa notizia che Giovanni non può più parlare.

Ma eccoci a una questione teologica importante. Come potremmo descrivere il regno di Dio proclamato da Gesù? Die Hauptschwierigkeit besteht darin, dass Jesus nie eine Definition verwendet hat, um darüber zu sprechen. Vielmehr verwendete er Gleichnisse und Bilder, paragonandolo, per rimanere sempre al Vangelo di Marco che leggeremo quest’anno, a un seminatore che getta del seme in terra (MC 4,26) o a un granello di senapa (MC 4,31) usw. Il regno, sagt Jesus, non solo è vicino, ma bisogna accoglierlo come fanno i bambini (MC 10,15) ed entrarci dentro, anche se non è così facile, soprattutto se si hanno molte ricchezze (MC 10,23). È presente, cioè qui o vicino, ma è anche futuro, come quello in cui Gesù berrà, mit uns, il vino nuovo, altro vino rispetto a quello dell’ultima sua cena (MC 14,25). La teologia cristiana ha elaborato a proposito una formula, quella del «già» ma «non ancora», quasi un ossimoro che dice però come il regno possiamo già ereditarlo e viverci, anche se non è ancora compiuto. Non è ancora esteso a tutti gli uomini, ma, come insegna il documento del Concilio Vaticano II Das Licht «è già presente in mistero» con la Chiesa (vgl.. n. 5).

In diesem Sinne Gesù si distingue dalle due principali concezioni sul regno che circolavano nel giudaismo del suo tempo. Egli infatti non ha inventato questa idea, già nota all’Antico Testamento (vgl. 1Kr 28,5) e non l’ha applicata né a quel modo di pensare che vedeva il regno come una realtà «nazionalistica», tutta presente, da attuare magari ad ogni costo, né tanto meno alla concezione opposta, di tipo apocalittico, che vedeva il regno possibile solo come una realizzazione futura che negava il presente. Se vogliamo rintracciare questi due estremi nella storia dell’umanità, potremmo dire che il materialismo si è spesso fondato sull’illusione che tutto potesse risolversi qui, jetzt; ma dall’altra parte è facile riconoscere in certi movimenti spiritualistici la svalutano del presente, considerato in modo negativo.

Gesù ha invece usato l’idea di regno per dire anzitutto che è arrivato e quindi ci si può entrare. Ma per farlo bisogna cambiare mentalità, modo di ragionare e pensare; per dirlo con le parole di Gesù: «convertirsi» (MC 1,15). "Dein Reich!», prega ancora la Chiesa, heute, nach zweitausend Jahren. Il regno c’è già, ma deve ancora essere accolto come un dono e trovato lì anche dove si fatica a vederlo.

In conformità dunque con l’attesa escatologica giudaica, ma con la differenza decisiva però che non più di attesa si tratta, il Regno di Dio è l’effetto dell’evento messianico annunciato da Gesù e in lui presente. Il pieno dispiegamento della sua sovranità redentrice non si è ancora realizzato, ma il tempo della fine è giunto e dunque per parlare in modo appropriato non c’è più sviluppo storico, sondern vielmehr eine Zusammenfassung der gesamten Geschichte, die vor Gericht steht.

«È questo il contenuto dell’«evangelo di Dio» quale ci è sinteticamente riferito dalla tradizione più antica raccolta da Marco: «Il tempo è compiuto ed è vicino il Regno di Dio: Konvertieren, e credete nell’evangelo» (1,14-15). Was hier angekündigt wird, ist die Zeit (der Kairos) der endgültigen Fertigstellung, die versprochene Ankunft des Königreichs, der große Wendepunkt der Welt, eingeleitet durch Jesus, dessen letzte Tat mit seiner Parusie bevorsteht. Evidentemente qui non può essere il Gesù storico a parlare, bensì il Risorto predicato dall’evangelista, che segna con precisione il tempo della fine tra resurrezione e parusia, come un evento unico in cui tutto il tempo, tutta la storia si condensa, ivi compresa la vita stessa di Gesù. Dafür jetzt, im Gegensatz zur jüdischen Eschatologie, occorre «fede nell’evangelo», das heißt, in Jesus Christus, im Messias, der gegenwärtig ist als der, der gekommen ist und der kommt. Tutto dunque in forza di questa fede precipita e si concentra nel presente, non vi è più oscillazione tra passato e futuro, tradizione e attesa; ma solo l’ora attuale in cui il passato è redento e il futuro è solo desiderio del compimento: „Komm Herr Jesus“ (Ap 22, 20).[1]

Il Vangelo prosegue descrivendo la fretta di Gesù di portare ad attuazione la sua parola sul regno, perché “il tempo è compiuto”. Il concetto emerge molto chiaramente nel Vangelo di Marco, dove abbonda l’avverbio euthus (εὐθὺς), «subito», ripetuto decine di volte. Tale sollecitudine trova una prima applicazione nella chiamata dei quattro discepoli (vv. 16-20) e nell’episodio dell’insegnamento nella sinagoga di Cafarnao, accompagnato dalla liberazione di un indemoniato (nächsten Sonntag). Jesus, con gesti e con parole, mostra davvero come il regno è arrivato, e lo dice: ai discepoli (appena chiamati a sé) e alla sua gente (nella sinagoga). Ecco che allora il regno può essere solo uno spazio in cui Dio è presente, wo ist das, note, solo lui regna. Le altre potenze non possono fare altro che riconoscerne l’autorità («Io so chi tu sei: il santo di Dio» di MC 1,24) e sottomettersi.

I padri della Chiesa erano colpiti dal modo in cui Gesù chiamò i primi a seguirlo: rilevano che erano persone semplici e illetterate (Ursprung), che probabilmente avranno obiettato con la loro inadeguatezza (Eusebio); noi ci stupiamo anche del fatto che questi «subito» lascino le reti lo seguano (vgl.. MC 1,18), ma soprattutto per il fatto che ancora oggi, nach so vielen Jahren, Gesù ancora «passi accanto» (MC 1,16) alle nostre situazioni, al nostro quotidiano, alle nostre reti, e ci inviti a seguirlo per stare con lui.

Ciascuno di noi viene chiamato lì dove si trova e ogni inizio ha sempre un prima che lo ha preparato su cui poi si innesta una novità, un cambiamento: come il seme che è stato seminato ha una forma diversa dalla pianta che poi germoglierà, così anche noi siamo presi dal Signore a partire dalle nostre storie e dal nostro oggi per far sviluppare quelle potenzialità di bene e di vita che sono racchiuse nel «piccolo seme» della nostra vita e che solo il Signore può dischiudere e trasformare con la forza e la fantasia del suo Spirito. A noi è chiesta l’attenzione alla sua voce che chiama, l’abbandono filiale e fiducioso alle sue parole, e la prontezza nel rispondere senza dilazioni nel tempo o attaccamenti al «già», a quel noto e conosciuto che ci rassicura ma anche rischia di bloccarci: «E subito lasciarono le reti e lo seguirono».

 

Aus der Eremitage, 21 Januar 2024

 

HINWEIS

[1] Gaeta G., Die Zeit des Endes, Beliebig, 2020

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Die Väter der Insel Patmos

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Gabriele GiordanoM. Scardocci
Vom Orden der Prediger
Presbyter und Theologe

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Pater Gabriele

Eine wohltätige Meisterschaft: "Rabbi, wo Sie leben? Kommen Sie und sehen Sie“

Homiletik der Väter der Insel Patmos

Eine wohltätige Meisterschaft: "RABBI, WO SIE LEBEN? VENITE E VEDETE»

Scriveva Isaac Newton «Più imparo, Je mehr ich merke, wie viele Dinge ich nicht weiß“. Heutzutage scheint es, dass viele nicht lernen wollen, obwohl sie sicher sind, dass sie es wissen.

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

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Liebe Leserinnen und Leser der Insel Patmos,

uno degli atteggiamenti più naturali che tutti abbiamo è quello della ricerca. Quando siamo bambini ci domandiamo spesso il perché delle cose. Crescendo troviamo poi delle risposte, e continuamente rinnoviamo questa nostra ricerca del senso della verità nelle cose. Scriveva Isaac Newton «Più imparo, Je mehr ich merke, wie viele Dinge ich nicht weiß“.

Nel Vangelo di oggi Gesù ci mostra due uomini in ricerca e la via da seguire per trovare la risposta definitiva. La risposta è molto bella: andare con Lui e vedere dove dimora il Signore.

«Gesù allora si voltò e, osservando che [Giovanni e due discepoli] lo seguivano, er hat ihnen gesagt: “Che cosa cercate?”. Sie antworteten ihm: “Rabbì — che, tradotto, significa maestro — , wo Sie leben?”. er sprach zu ihnen:: “Venite e vedrete”».

Troviamo dunque una scena molto bella. Johann, Andrea e un altro discepolo di cui non sappiamo il nome si muovono seguendo Gesù. Lui se ne accorge e li interroga. Rispondono e così lo riconoscono come maestro e vogliono sapere dove abita. Ed è allora che Gesù li invita a venire e vedere.

È un dialogo vivido e forte fra i tre e Gesù. Il Signore con il suo sguardo umano divino coglie un cuore e una mente pronti a cercare la casa di Dio. Pronti a cercare quel luogo dove possono trovare la verità che schiude il loro mistero e quello di Dio.

Gesù è davvero maestro per loro perché in quanto figlio di Dio può condurre Andrea, Giovanni e l’altro discepolo ad una maestria, ad una conoscenza che diventa amore. Una conoscenza di Dio che gli permette di amare in modo concreto e pratico sé stessi e gli altri.

In questo incontro ci siamo anche noi. Potremmo dire che siamo simboleggiati da quel discepolo innominato. Quello senza nome è colui che ascolta e chiede a Gesù qual è la sua dimora oggi nel 2024.

Il Signore chiede a tutti noi di cercarlo innanzitutto nella Chiesa, la sua dimora principale, perché in essa si vive e si celebra l’Eucarestia, cioè la presenza reale di Gesù in corpo, Blut, Seele und Göttlichkeit. Se seguiamo e vediamo Gesù nella Chiesa che celebra l’Eucarestia, e dunque ci rende partecipi attivamente nell’Incontro con Lui, tutti possiamo crescere anche nell’imparare la comunione con il prossimo. Weil, effektiv, la seconda dimora dove possiamo incontrare Gesù oggi, è proprio il nostro prossimo. Tutti noi infatti siamo tempio dello Spirito Santo e tempio dell’Eucarestia. Perciò impariamo a guardare nel prossimo sofferente e bisognoso, quello stesso Gesù che ci chiede aiuto.

Così dobbiamo innanzitutto imparare ad ascoltare la voce di Gesù che oggi domanda ai nostri cuori “Cosa cercate?”. Domandiamoci se i nostri desideri sono santi, giusti e buoni, e davvero sentiremo il Signore invitarci a camminare sui sentieri dell’Eternità.

Chiediamo al Signore il dono di una ricerca che ci porti alla vita autentica, la vita in Lui e nella sua Chiesa, per diventare ricercatori della Luce Eterna.

 

Novelle Santa Maria in Florenz, 14 Januar 2024

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Die Väter der Insel Patmos

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Der göttliche Provokateur Jesus zu den Aposteln: "Wonach suchst du??»

Homiletik der Väter der Insel Patmos

DER GÖTTLICHE PROVOKER JESUS ​​ZU DEN APOSTELN: "WONACH SUCHST DU?»

Questo primo incontro di Gesù coi suoi primi discepoli è un intreccio di sguardi e di testimonianze che convergono verso il Signore. Das tiefe Geheimnis seiner Person beginnt sich zu offenbaren, sowie die Namen der ersten Follower. Tanto significativo dovette essere questo momento che ne conservarono anche l’orario: le quattro del pomeriggio, l’ora decima.

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Nel Vangelo di questa II domenica del tempo ordinario leggiamo: «In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, er sagte: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, er hat ihnen gesagt: "Wonach suchst du??». Sie antworteten ihm: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, wo Sie leben?». er sprach zu ihnen:: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro». (GV 1,35-42).

La Chiesa ha compreso l’unità dei tre misteri che hanno attinenza con la rivelazione di Gesù, e li ha legati già nell’antica antifona dei Secondi Vespri del giorno dell’Epifania:

«Tre prodigi celebriamo in questo giorno santo: oggi la stella ha guidato i magi al presepio, oggi l’acqua è cambiata in vino alle nozze, oggi Cristo è battezzato da Giovanni nel Giordano per la nostra salvezza, alleluia».

Quest’anno il terzo mistero che attiene alla manifestazione di Gesù è annunciato sempre tramite il Vangelo secondo San Giovanni, ma invece che l’episodio di Cana, la liturgia propone quello della prima manifestazione di Gesù ai discepoli, a seguito della indicazione di Giovanni Battista che lo definisce come «Agnello di Dio».

L’episodio evangelico si colloca al terzo giorno della settimana inaugurale del ministero di Gesù, settimana che culminerà nella manifestazione della sua gloria a Cana davanti ai suoi discepoli che «credettero in lui» (GV 2,11). Il testo offre la versione giovannea della chiamata dei primi discepoli narrata dalla tradizione sinottica, ma con differenze rimarchevoli. Giovanni presenta uno schema in cui è fondamentale la mediazione di un testimone che confessa la fede in Gesù e conduce altri all’incontro con lui: è così per Giovanni Battista nei riguardi di due suoi discepoli (1,35-39), per Andrea nei confronti di Simon Pietro (1,40-41), per Filippo che si rivolge a Natanaele. In particolare Giovanni Battista che, dopo una testimonianza negativa su di sé («Io non sono il Cristo») e una positiva su Gesù («Ecco l’Agnello di Dio»), rivela davanti a due suoi discepoli l’identità di colui di cui egli è stato il precursore e li conduce a farsi discepoli di Gesù. Colui che era stato inviato da Dio come testimone del Verbo «perché tutti credessero per mezzo di lui» (1,7) adempie così il suo mandato lasciando che i suoi discepoli diventino di Gesù, chiedendo che aderiscano a lui.

Che siamo di fronte alla manifestazione di un mistero è segnalato anche dallo “schema di rivelazione”, spesso usato dall’evangelista nella sua opera e che si può riassumere nelle tre fasi del vedere, dire e proferire l’avverbio: «Ecco». Il brano evangelico si apre, also, con Giovanni che «fissa lo sguardo» (1,36) su Gesù e dice: «Ecco l’Agnello di Dio» e si chiude con Gesù che «fissando lo sguardo» (1,42) su Simon Pietro gli dice: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, sarai chiamato Cefa – che significa Pietro». Es beschäftigt sich mit, in beiden Fällen, di uno sguardo intenso, un vedere in profondità, un discernere l’identità di una persona. La vocazione non è solo una chiamata come nei sinottici, ma anche uno sguardo come qui in Giovanni. Lo sguardo, come e forse più della voce è comunicazione e rivelazione. In Giovanni Il verbo più neutro è scorgere, βλέπειν (Blepein). Lo troviamo per la scena iniziale del battesimo al Giordano. Giovanni Battista scorge Gesù che viene a lui e dice: «Ecco l’agnello di Dio». Ma si nota già in questo episodio un passaggio dallo scorgere al contemplare (GV 1,32) e poi all’«ho visto» di GV 1,34, come in GV 14,9.

Alla forma verbale più completa arriviamo in GV 14,9, dove il verbo «vede­re» verrà usato al perfetto: έώρακα (Eoraka). Applicato a Gesù, descrive ciò che lo sguardo attento e stupito ha scoperto in lui e di cui si conserva nella memoria la scoperta. Possiamo osservare che ogni volta che Giovanni usa questo verbo «ho visto» (e ne conservo la memoria) Gesù viene riconosciuto come il luogo santo dove Dio si manifesta, il tempio della presenza divina, la casa, ovvero la dimora in cui Dio stesso abita. In un tale contesto diventa chiaro il senso del versetto di Gv14,9: "Wer mich gesehen hat hat den Vater gesehen". Aver visto Gesù e conservarne la visione interiore nella memoria vuol dire riconoscere Gesù come il luogo di inabitazione del Padre, presente nel suo Figlio come in una dimora. Aus diesem Grund, ritornando al brano evangelico di questa domenica, bisogna dire che in modo adeguato la versione rinnovata della Bibbia CEI del 2008 ha tradotto il v.38 con: «Rabbì dove dimori?» e non «dove abiti?» come era nella precedente versione, data la presenza del verbo μένεις (Menein) che riveste nel quarto Vangelo una importanza particolare. Il tema del dimorare corre, in der Tat, come un filo rosso attraverso tutto il quarto Vangelo, arricchendosi progressivamente. Allargando lo sguardo all’insieme del Vangelo e provando a tirare le fila del nostro discorso possiamo affermare che lo stesso evan­gelista in 1,14 ci invita a comprendere che nell’uomo Gesù — il Verbo fatto carne «pieno della grazia della verità» in cui i testimoni hanno «contemplato la gloria dell’unigenito» — c’era un mistero, «insondabilmente nascosto» ma che ci viene manifestato «simbolicamente» (San Massimo il Confessore). È il mistero dell’«unigenito venuto da presso il Padre», che «è venuto a mettere la sua tenda in mezzo a noi». Così egli diventa la dimora del Padre (GV 14,10), il nuovo tempio della presenza di Dio (GV 2,21; vgl.. GV 4,20-24). Un bellissimo brano di san Massimo il Confessore, sep­pur difficile, dice l’essenziale:

„Der Herr […] er ist sein eigener Vorläufer geworden; es ist zum Typus und Symbol seiner selbst geworden. Simbolicamente fa conoscere se stesso attraverso se stes­so. Das heißt, er leitet die gesamte Schöpfung, ausgehend von sich selbst, wie er sich manifestiert, sondern um es zu sich selbst zu führen, da es unergründlich verborgen ist..

Forse più intellegibile e nello stesso tempo mirabile è questa frase di Guglielmo di Saint-Thierry, l’amico di San Bernardo, che interpretò in senso spirituale e trinitario la domanda dei primi discepoli:

"Maestro, wo Sie leben? Vieni e vedi, disse Egli. Non credi che io sono nel Padre, e che il Padre è in me? Grazie a te, Mann! […] Noi abbiamo trovato il tuo luogo. Il tuo luogo è il Padre; es ist immer noch, il luogo del Padre sei tu. Tu sei dunque localizzato a partire da questo luogo. Ma questa localizzazione, che è la tua, […] è l’unità del Padre e del Figlio»[1].

Questo primo incontro di Gesù coi suoi primi discepoli è un intreccio di sguardi e di testimonianze che convergono verso il Signore. Das tiefe Geheimnis seiner Person beginnt sich zu offenbaren, sowie die Namen der ersten Follower. Tanto significativo dovette essere questo momento che ne conservarono anche l’orario: le quattro del pomeriggio, l’ora decima. Così iniziamo a conoscere Andrea fratello di Simon Pietro, (1,42) che da Gesù riceve la vocazione a diventare «roccia» (questo significa «Cefa»), in mezzo ai suoi fratelli. Chi è l’altro discepolo che era insieme a Andrea? Possiamo ipotizzare che sia «il discepolo amato». Egli è colui che, presente alla croce di Gesù, vedendo Gesù morire come Agnello a cui non viene spezzato alcun osso (GV 19,33.36) «testimonia perché voi crediate» (GV 19,35), proprio come Giovanni Battista testimonia di Gesù, dopo averlo visto e indicato come Agnello di Dio perché tutti credano (GV 1,34.36.37). Il parallelismo tra GV 1,38 («Voltatosi Gesù e vedendo essi che lo seguivano dice loro») e GV 21,20-21 («Voltatosi, Pietro vede il discepolo che Gesù amava che seguiva … e dice a Gesù») mostra che accanto a Pietro, agli inizi della sequela e dopo la Pasqua, Es gibt, con ogni probabilità, il discepolo amato che ha seguito l’Agnello con fedeltà fin dagli inizi. E Pietro, mentre viene costituito pastore delle pecore del Signore e invitato nuovamente a seguire Gesù come pecora egli stesso (vgl.. GV 10,4), riceve la rivelazione che la sequela dell’Agnello e il ministero pastorale trovano il loro esito nel dare la vita per le pecore, nel glorificare Dio con il martirio. Questa sarà la testimonianza di Pietro: nella morte di croce l’apostolo si troverà là dove è stato il suo Signore: «Se uno mi vuol servire mi segua e dove sono io, là sarà anche il mio servo» (GV 12,26).

Aus der Eremitage, 13 Januar 2024

 

HINWEIS

[1] GUGLIELMO DI SAINT-THIERRY, La contemplation de Dieu. L’oraison de Dom Guillaume, Paris, Ed. Du Cerf, 1959 (Koll. Sources Chrétiennes, n.61), 124-125.

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In der Herrschaft Christi, des Königs des Universums, kleine Könige zu sein

Homiletik der Väter der Insel Patmos

IN DER HERRSCHAFT CHRISTI, KÖNIG DES UNIVERSUMS, KLEINE KÖNIGE ZU SEIN

Oscar Wilde schrieb: „Egoismus besteht nicht darin, so zu leben, wie es uns gefällt, sondern darin, von anderen zu verlangen, so zu leben, wie es uns gefällt.“

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

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Liebe Leser der Insel Patmos,

Das liturgische Jahr endet, Es ist unser letztes im katholischen Jahr. Das liturgische Jahr endet mit einem großen Fest, das von Jesus Christus, dem König des Universums.

Heute die Monarchie Es handelt sich nicht mehr um eine Regierungsform, die üblicherweise auf der ganzen Welt angewendet wird, wo stattdessen die Republik bevorzugt wird. Aus diesem Grund entgeht uns die Figur des „Königs“., wenn nicht vielleicht wegen der kürzlichen Krönung von König Karl von England. Jesus ist König des gesamten Universums und unseres Lebens. Aber nicht wie der König von England, von Schweden oder Belgien. Seine Monarchie wird nicht in einer politischen Regierung ausgeübt. Es ist eine Monarchie der Liebe, die ihren Thron der Herrlichkeit zum Ausdruck bringt, seine Exposition von maximaler Sichtbarkeit im Kreuz; Heute ist dieser Thron der Herrlichkeit für uns verwirklicht, im Mitgefühl Jesu. Wir haben es am Anfang gelesen Passage aus dem heutigen Evangelium:

"Wenn der Menschensohn kommt in seiner Herrlichkeit [...] er wird auf dem Thron seiner Herrlichkeit sitzen. Alle Völker werden sich vor ihm versammeln. Er wird einen vom anderen trennen, wie der Hirte die Schafe von den Ziegen trennt, und er wird die Schafe zu seiner Rechten und die Ziegen zu seiner Linken platzieren..

Hier verbindet sich das Bild des Königs mit dem des Hirten. Effektiv, der Hirte, Es hat auch eine leitende Rolle in der Welt der Farm. Es war eine Welt und eine Kultur, die der Vorstellung, in der Jesus spricht, nahe kam. Hier sind also diejenigen auf der rechten Seite, die vom Vater gesegnet sind. Die Linken tun das nicht. Effektiv, der Gesegnete des Vaters, Sie sind diejenigen, die die Armen und Bedürftigen in den verschiedenen Notsituationen, die Jesus zum Ausdruck bringt, aufgenommen haben. Während diejenigen, die im ewigen Feuer sein werden, Sie waren dieser materiellen und spirituellen Armut gegenüber nicht aufmerksam und mitfühlend. So zeigt uns Jesus und bittet uns, ihn als König in konkreter Liebe nachzuahmen, in aktiver Wohltätigkeit, was er allen Menschen, denen er begegnete, tun wollte: Nikodemus, der Blinde von Jericho, der Dämon von Gerasa und andere Begegnungen. Der Herr hat all diese großen Werke immer mit einem Akt des Mitgefühls und der Zärtlichkeit vollbracht, mit einem wahrhaft menschlichen und wahrhaft göttlichen Herzen. Ein kleines christologisches Herz für eine große Liebe.

Daraus ergibt sich für uns die Grundlage der Werke der Barmherzigkeit Materiell und Körperlich. Der Herr, damit, Er bittet uns, ihm zu folgen, unser König, im katholischen Leben gerade deshalb, weil wir mit einer konkreten und aufmerksamen Liebe für die anderen handeln und versuchen, sie mit Zärtlichkeit zu betrachten. Wir versuchen, unseren Nächsten so anzusehen, als wäre es Jesus selbst, der uns als ganz Kleiner um diesen Dienst bittet. Wir werden zu kleinen Königen in Jesus, dem kleinen König des Universums.

Andererseits Stattdessen finden wir diejenigen, die ins ewige Feuer gehen werden. Weil sie der Logik der Liebe und des Mitgefühls völlig entkommen sind. Damit, Die Ziegen auf der linken Seite sind die Menschen, die dem Egoismus verfallen sind, in der Dimension der einzigartigen Aufmerksamkeit für die eigenen Bedürfnisse und Anforderungen. Das Risiko, das wir eingehen, wenn wir die Ausübung der Werke der Barmherzigkeit vergessen, besteht darin, dass wir nicht mehr nur andere anerkennen, sondern die Notwendigkeit Gottes im Leben nicht zu erkennen. Die Bösen im ewigen Feuer sind also diejenigen, die die zentrale Bedeutung der Herrschaft Gottes im Leben nicht erkennen, des Königs der Könige, ohne die wir nichts tun. Die Spannung zum Egoismus ist also ein Ersatz, eine Selbstkrönung zum König und die Forderung, dass sich das Universum und Gott vor uns verneigen.

Oscar Wilde schrieb: „Egoismus besteht nicht darin, so zu leben, wie es uns gefällt, sondern darin, von anderen zu verlangen, so zu leben, wie es uns gefällt.“.

Wir bitten den Herrn, auf seinem Thron willkommen zu sein und seine Monarchie der Liebe, und seien Sie von nun an Zeugen, dass authentische Liebe existiert, und wir leben in Gemeinschaft mit dem Vater, des Sohnes und des Heiligen Geistes.

So sei es!

Novelle Santa Maria in Florenz, 25 November 2023

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Die Väter der Insel Patmos

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Unser Herr Jesus Christus, König des Universums: ein Königtum, das auf Wohltätigkeit basiert

Homiletik der Väter der Insel Patmos

NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO: UNA REGALITÀ ERETTA SULLA CARITÀ

Tanto splendida è questa pagina dell’Evangelo proclamata oggi nelle nostre chiese, dass jeder Kommentar es ein wenig zu verderben scheint. Es ist besser, es so zu lassen, wie es ist, einfach, ad indicare alle persone che la vita dell’uomo non è mai concepibile senza l’altro. Tragedia allora non sarà il conflitto, l’alterità, la differenza bensì i due estremi che negano questo rapporto: la confusione e la separazione

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In un breve ma celebre apologo nach Titel Il Natale di Martin lo scrittore russo Lev Tolstòj1 raccontò di uomo, un ciabattino di nome Martin, che aveva misteriosamente incontrato il Signore nelle persone bisognose che durante la giornata erano passate davanti la sua bottega e citò espressamente la pagina del Vangelo di questa domenica.

San Martino dona parte del mantello al povero (dipinto, elemento d’insieme) di Bartolomeo Vivarini (Sekunde. XV)

La letteratura non è stata l’unica arte che questa mirabile pagina di Matteo ha ispirato, basti pensare agli affreschi del Buonarroti nella Cappella Sistina. Leggiamola:

„Zu dieser Zeit, Jesus sagte seinen Jüngern: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, er wird auf dem Thron seiner Herrlichkeit sitzen. Alle Völker werden sich vor ihm versammeln. Er wird einen vom anderen trennen, wie der Hirte die Schafe von den Ziegen trennt, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: "Komm schon, Gesegneten meines Vaters, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, Ich war durstig, und ihr habt mir zu trinken:, ero straniero e mi avete accolto, nackt und du hast mich angezogen, krank und ihr habt mich besucht, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: "Mann, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, oder nackt und kleiden Sie? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, du hast es mir angetan". Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, weg von mir, verwünscht, das ewige Feuer, das für den Teufel und seine Engel, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, Ich war durstig, und ihr habt mir nichts zu trinken, ero straniero e non mi avete accolto, nackt und du hast mich nicht angezogen, krank und im Gefängnis, und ihr habt mich besucht ". Dann wird es: "Mann, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me. Und sie werden gehen: und die ewige Strafe, i giusti invece alla vita eterna”».

Con il brano di oggi finisce non solo, per quanto riguarda la liturgia, l’anno liturgico in corso, che lascia il passo all’Avvento, ma anche l’insegnamento di Gesù nel Vangelo secondo Matteo. Subito dopo la nostra pericope infatti l’evangelista da inizio al racconto della passione, morte e risurrezione di Gesù, mit diesen Worten: «Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli» (MT 26,1). Gesù insegnerà d’ora in poi in un altro modo, soprattutto con i gesti e l’obbedienza al Padre nella prova suprema della croce. Per questa ragione è rivestita di particolare importanza la pericope di oggi, l’ultimo discorso fatto da Gesù in Matteo, senza contare, l’invito del Risorto a fare discepoli e a battezzare in 28,18-19, e le poche ma importanti parole dette durante la passione, a partire dall’ultima cena.

Solo übrigens occorre anche dire che nonostante una prassi interpretativa consolidata che prende l’avvio dai Padri della Chiesa e che porta a definire la scena come il giudizio “universale”, a partire dal XVIII secolo vengono sottolineati i tanti e buoni indizi nel testo, non solo di tipo lessicale, per ritenere che anziché di un giudizio per tutta Menschheit, il testo implichi, andererseits, un giudizio solo per i pagani, ma non è possibile in questo contesto esplicitare questa interpretazione che richiederebbe troppo spazio.

La scena del giudizio è esclusivamente matteana, ed è costruita in modo magistrale, con l’uso di vari espedienti quali ad esempio la ripetizione, utili per la memorizzazione. Molti sono i confronti che possiamo fare con il linguaggio e la simbologia di stampo apocalittico correnti al tempo di Gesù che appaiono di volta in volta nella letteratura canonica ― Daniele e Apocalisse ― ma anche in quella apocrifa. Il dato originale, Revolutionär, stattdessen, la novità che apporta il discorso di Gesù è che lo stesso giudice, il Re, si consideri oggetto di tali azioni: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare», oder, «non mi avete dato da mangiare». Questo crea un effetto di sorpresa sia in quelli che gli hanno usato misericordia sia in quelli che gliel’hanno negata. Mentre nell’Antico Testamento il giorno del Signore è decretato da Dio stesso ed è quindi Lui l’unico che giudica, nella logica del Nuovo Testamento è Gesù, il Messia, che può intervenire in questo giudizio. Di conseguenza Dio compirà il giudizio, aber dieses in Nuce avviene già nel modo in cui ci siamo rapportati al suo Figlio in questo mondo, al Gesù presente nei poveri che hanno avuto fame e sete e che sono stati assistiti o meno da noi. Ecco perché alla fine dei tempi, sarà Cristo, l’Agnello, a prendere in mano il libro della nostra vita, quello che nemmeno noi siamo capaci di leggere e comprendere fino in fondo, e ad aprirne i sigilli (vgl.. Ap 5).

Colpisce poi che la grandiosa visione che abbraccia l’intera umanità si accompagni allo sguardo posato su ciascuno e, bestimmtes, su quelle persone che normalmente sono le più invisibili: Arm, malati, Gefangene, affamati, assetati, Ausländer, ignudi. Non a caso il nostro testo li chiama «minimi» (vv. 40.45). La carità verso il bisognoso, il gesto di condivisione che è così semplice, Menschlichen, Täglich, für jeden Geschmack, Gläubige und Ungläubige, diviene ciò su cui si esercita il giudizio finale. L’esempio di Martino di Tours, secondo la narrazione agiografica di Sulpicio Severo2, è emblematico. Dopo aver diviso con la spada il suo mantello per coprire la nudità di un povero mendicante alle porte di Amiens, in un rigido inverno, Martino ebbe la visione in sogno di Cristo che gli diceva: «Martino, tu mi hai rivestito con il tuo mantello». Cristo è identificato con il povero, come nella nostra pagina evangelica.

Tanto splendida è questa pagina dell’Evangelo proclamata oggi nelle nostre chiese, dass jeder Kommentar es ein wenig zu verderben scheint. Es ist besser, es so zu lassen, wie es ist, einfach, ad indicare alle persone che la vita dell’uomo non è mai concepibile senza l’altro. Tragedia allora non sarà il conflitto, l’alterità, la differenza bensì i due estremi che negano questo rapporto: la confusione e la separazione3. Die Anderen, soprattutto se bisognosi, non costituiranno per me l’inferno quanto una benedizione: «Venite benedetti perché…». Due celebri pieces theatralisch, una di Sartre4 con all’interno la famosa espressione: "Die Hölle ist die anderen"; l’altra di Pirandello, Vestire gli ignudi5, che nel titolo fa diretto riferimento al nostro brano evangelico, ci hanno raccontano drammaticamente che non escludendo l’Altro dal proprio mondo il problema sarebbe facilmente risolvibile e l’inferno cesserebbe di esistere. Quegli autori hanno inteso, andererseits, constatare l’impossibilità di un’esistenza che escluda l’Altro. In altri termini, l’enfer, c’est les autres, perché dall’alterità non si può uscire, ci si rende conto che l’Altro detiene il segreto del proprio essere e, während, che senza l’Altro questo essere non sarebbe possibile.

Così il Signore Gesù, anche nell’ultimo suo discorso, ci ha sorpreso ancora una volta dando un nuovo significato alle ‘opere di misericordia’, già note nel giudaismo coevo, wo sie waren, Aber, intese come una sorta di imitatio Dei, nel senso di un fare agli altri ciò che Dio stesso ha fatto per l’uomo. Non prevedevano invece che il giudice eterno si celasse dietro esistenze umilissime, disagiate e sconfitte. Nell’altro, nel fratello, c’è Gesù il quale aveva detto ai suoi discepoli: «Wer dich begrüßt, heißt mich willkommen, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato… Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, wahrlich, ich sage: er wird seine Belohnung nicht verlieren". Mentre ora estende questa visione all’intera umanitàpanta ta ethne, πάντα τὰ ἔθνη del v.22: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, du hast es mir angetan". Perché come recita un antico inno adoperato nella liturgia del Giovedì Santo: «Ubi caritas et amor, Gott ist da».

Buona Domenica a tutti!

Aus der Eremitage, 25 November 2023

 

HINWEIS

[1] La rielaborazione di Tolstòj apparve per la prima volta anonima sulla rivistaRusskij rabocij” (L’operaio russo), Nein. 1 der 1884, mit dem Titel “Djadja Martyn” (Zio Martyn). Im 1886 il racconto, mit dem Titel “Dove c’è amore c’è Dio”, fu inserito in un volume edito a Mosca da Posrednik assieme ad altri otto, tutti con la firma di Lev Tolstòj

[2] Severo Sulpicio,Vita di Martino, EDB, 2003

[3] Michel de Certeaux, Mai senza l’altro. Viaggio nella differenza, 1983

[4] J.P. Sartre, Porta chiusa, Bompiani, Mailand 2013

[5] Pirandello L., Maschere nude. Vol. 5: Enrico IVLa signora Morli, una e dueVestire gli ignudi, Mondadori, 2010

 

 

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Die Väter der Insel Patmos

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Wir sollten mehr über die Sünde der Zeitverschwendung nachdenken

Homiletik der Väter der Insel Patmos

Wir sollten mehr über die Sünde der Zeitverschwendung nachdenken

Sie möchten sie jedoch verstehen, denn jede parabolische Geschichte ist offen für eine Vielzahl von Interpretationen, Talente bleiben ein Geschenk, das man nicht für sich behalten kann, es versteckt sich auch nicht, aber es muss multipliziert werden. Sie offenbaren diesen Gott, Mehr als ein Meister erweist er sich uns Kindern gegenüber als Vater und bietet im Laufe der Zeit jedem von uns und unseren Gemeinschaften viele dieser Gnaden an.

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Ein Geschenk kann aus tausend Gründen angeboten werden, manchmal sogar nichtadlige. Aber es hat eine unverwechselbare Eigenschaft auf seiner Seite: es offenbart die Identität desjenigen, der es anbietet, und desjenigen, der es empfängt. Das Evangelium von diesen Sonntag präsentiert einen ganz besonderen Spender, der kein einziges Geschenk macht, sondern alles Gute. Lass uns lesen:

„Zu dieser Zeit, Jesus erzählte seinen Jüngern dieses Gleichnis: „Es wird einem Mann passieren, der, Eine Reise machen, Er rief seine Diener und gab ihnen seine Waren. Einem gab er fünf Talente, zu zwei weiteren, zu einem anderen, Je nach der Kapazität der einzelnen; dann ging er. Sofort machte sich derjenige, der fünf Talente erhalten hatte, daran, sie zu nutzen, und fünf weitere verdient. So auch derjenige, der zwei erhalten hatte, er hat zwei weitere verdient. Derjenige, der nur ein Talent erhalten hatte, Er machte ein Loch in die Erde und versteckte dort das Geld seines Herrn. Nach langer Zeit kam der Herr dieser Diener zurück und wollte mit ihnen abrechnen. Derjenige, der fünf Talente erhalten hatte, erschien und brachte fünf weitere, Sprichwort: «Lord, Du hast mir fünf Talente gegeben; dort, Ich habe fünf weitere verdient.“. "Nun, guter und treuer Diener - sagte ihm sein Herr -, Du warst im Kleinen treu, Ich werde dir Macht über vieles geben; nimm teil an der Freude deines Meisters“. Dann trat der vor, der zwei Talente erhalten hatte, und sagte:: «Lord, Du hast mir zwei Talente gegeben; dort, Ich habe zwei weitere verdient.“. "Nun, guter und treuer Diener - sagte ihm sein Herr -, Du warst im Kleinen treu, Ich werde dir Macht über vieles geben; nimm teil an der Freude deines Meisters“. Schließlich erschien auch derjenige, der nur ein Talent erhalten hatte, und sagte: «Lord, Ich weiß, dass du ein harter Mann bist, die ernten, wo du nicht gesät hast, und sammeln, wo du nicht zerstreut hast. Ich bekam Angst und versteckte dein Talent im Boden: Hier ist, was dir gehört“. Der Meister antwortete ihm: „Böser und fauler Diener, Du wusstest, dass ich ernte, wo ich nicht gesät habe, und sammle, wo ich nicht ausgestreut habe; Du hättest mein Geld den Bankiers anvertrauen sollen und so, zurückkehren, Ich hätte meins mit Zinsen zurückgezogen. Also nimm ihm sein Talent weg, und gib es dem, der die zehn Talente hat. Denn das hat jeder, es wird gegeben und im Überfluss vorhanden sein; aber für diejenigen, die es nicht haben, sogar was er hat, wird ihm genommen. Und wirf den nutzlosen Diener hinaus in die Dunkelheit; es wird Weinen und Zähneknirschen geben“. (MT 25,14-30).

Das evangelische Lied dieses Sonntags fügt eine Präzisierung der Bedeutung der Wachsamkeit hinzu, die bereits im Gleichnis von den zehn Jungfrauen dargelegt wurde (MT 25,1-13). Dort bedeutete Wachsamkeit, vorausschauend zu sein, bereit sein, sich fertig machen, Rüsten Sie sich mit dem aus, was Sie brauchen, und berücksichtigen Sie dabei eine lange Wartezeit. Jetzt, im Gleichnis von den Talenten, Wachsamkeit wird als Aufmerksamkeit und Verantwortung im Alltag definiert und als Loyalität in kleinen Dingen ausgedrückt („Du warst ein wenig treu“: MT 25,21.23).

Erinnern wir uns zunächst daran, welche Funktion die Parabel hat. Diese Form der Kommunikation beinhaltet häufig die Verwendung hyperbolischer Sprache, eine paradoxe Situation, mit bewussten Übertreibungen, die aufgrund der damit verbundenen Gewalt sogar skandalisieren können. Es betrifft uns, WHO, die Strafe des bösen Dieners. Aber auch das Ende ist überraschend, wie es oft in fiktiven parabolischen Geschichten passiert, präsentiert eine echte Wendung: Talent wird denen genommen, die nur eines haben, und denen gegeben, die bereits viele haben. Die Frage stellt sich beim Leser: Was für ein Herr ist derjenige, der sich erlaubt, seinen Diener auf diese Weise zu demütigen, der letztendlich umsichtig gehandelt hat?

Es wurde gesagt, dass Wachsamkeit es betrifft nicht nur die eschatologische Erwartung, sondern betrifft voll und ganz die Beziehung zum Alltagsleben, mit seinen alltäglichen Realitäten. Matthäus-Gleichnis, womit eine etwas andere und komplexere Parallele besteht Lukas 19,11-27, es ist sicherlich in einen eschatologischen Kontext eingefügt - der V.30 platziert es am Horizont des Jüngsten Gerichts: „Wirf den nutzlosen Diener in die Dunkelheit, es wird Heulen und Zähneknirschen geben“ – aber das bekräftigt nur, dass dieses Endgericht hier und jetzt vorbereitet wird, in der Gegenwart der Geschichte, etwas, das in all seinen Beweisen im Gleichnis vom Jüngsten Gericht gezeigt wird (MT 25,31-46) nächsten Sonntag. Dort wird die eschatologische Autorität der Kleinen und Armen deutlich zum Vorschein kommen. Das endgültige Urteil wird auf der Grundlage der zu ihren Gunsten durchgeführten oder unterlassenen Handlungen der Nächstenliebe und Gerechtigkeit erfolgen. Der Alltag erweist sich so als eschatologischer Ort schlechthin, denn es ist die Zeit, die uns gegeben ist. So das Gleichnis nach der Verteilung der Talente[1] auf personalisierte Weise, den Fähigkeiten der Empfänger angemessen sein, entfaltet sich zwischen dem „unmittelbar“ (v.15) von denen, die sie profitabel machen und die nach „einer langen Zeit“ (V.19) der Rückkehr des Meisters. Außerdem scheint es nicht wichtig zu sein, Zumindest in dieser Geschichte, die Menge der erhaltenen Geschenke, da die beiden fleißigen Diener, obwohl sie Talente in unterschiedlichem Maße erhielten, Sie erhalten jedoch die gleiche Belohnung. Wichtig ist vielmehr die Zeit, deren Dauer die Wahrheit der Menschen ans Licht bringt, ihres Verhaltens, ihres Nachlasses und ihrer Verantwortung. Der Lauf der Zeit ist aufschlussreich; Tatsächlich konnten die ersten beiden Diener sofort erkennen, dass es das erste große Geschenk war, das sie nutzen konnten, und verschwendeten es nicht, indem sie es wegwarfen.

Wir sollten mehr über die Sünde der Zeitverschwendung nachdenken. Wenn der dritte Diener darüber nachgedacht hätte, hätte er es ausgenutzt, denn am Ende würde die Belohnung die gleiche sein wie die der ersten beiden Diener, die mehr erhalten hatten. Aber wie oben gesagt, das Geschenk ist, sowie die aufgewendete Zeit, die Charaktere in diesem Gleichnis enthüllen. Das gilt auch für den Spender, auch wenn Jesus es zunächst hinter einem anonymen Mann verbirgt (V.14), Es ist eindeutig Gott, der später tatsächlich „Herr“ genannt wird. (Kyrie, Herr, Gott v.20.22.24). Nur Er ist in der Lage, alle seine Dinge zu verschenken [2], auf präventive und unerwartete Weise, insbesondere gegenüber Empfängern, die, so unternehmungslustig sie auch sein mögen, immer noch Diener sind. Einige Kirchenväter wollten hinter der Gabe der Talente die Gabe des Wortes Gottes sehen, in Erinnerung an das Gleichnis vom guten Samen, der je nach dem Boden, den er findet, Frucht bringt. Irenäus von Lyon, die gestorben sind in 202 Gleichstrom, er sah darin das Geschenk des Lebens, von Gott den Menschen geschenkt. Sie möchten sie jedoch verstehen, denn jede parabolische Geschichte ist offen für eine Vielzahl von Interpretationen, Talente bleiben ein Geschenk, das man nicht für sich behalten kann, es versteckt sich auch nicht, aber es muss multipliziert werden. Sie offenbaren diesen Gott, Mehr als ein Meister erweist er sich uns Kindern gegenüber als Vater und bietet im Laufe der Zeit jedem von uns und unseren Gemeinschaften viele dieser Gnaden an. Die Fähigkeit, sie zu erkennen und Früchte tragen zu lassen, ist die Eigenschaft furchtloser Diener, die auch wissen, wie man Risiken eingeht.

Der Sinn des Gleichnisses aber es ist nicht wirtschaftlicher Natur, das heißt, in der Fähigkeit, aus der Kapitalanlage Gewinne zu erzielen, weil die Belohnung, in diesem Sinne, es hätte dem Wert und der Größe des angesammelten Vermögens angemessen sein müssen. Stattdessen geht es darum, sofort zu handeln und nicht in der vorgegebenen Zeit untätig zu bleiben. Unter Berücksichtigung der Tatsache, dass der Herr zurückkommen und nach einem Grund fragen wird («er legt den Grund dar» übersetzt die Vulgata) wie sich die Diener verhalten haben. Sie werden entdecken, dass es in seinen Augen auf Güte und Treue im Handeln ankam und dass das, was viel schien, im Vergleich zur Belohnung tatsächlich sehr wenig war: "Nun, guter und treuer Diener - sagte ihm sein Herr -, Du warst im Kleinen treu, Ich werde dir Macht über vieles geben; nimm teil an der Freude deines Meisters“.

Das Gleichnis wird so zu einer Einladung an die Jünger und dass die Gemeinschaften angesichts der Schwierigkeiten der aktuellen Zeit nicht unbeweglich und verzaubert bleiben, jederzeit einsatzbereit, Wir sind uns der empfangenen Gaben bewusst und wissen, dass dies, was uns gegeben wird, die günstige Zeit ist. Die Herausforderungen, die es mit sich bringt, und die veränderten kulturellen Bedingungen sollten uns nicht erschrecken oder uns nur mit dem, was bereits getan wurde, glücklich machen oder uns durch Aktivismus als Selbstzweck berauschen lassen. Das Gleichnis bittet Christen um Bewusstsein, Verantwortung, Kühnheit und vor allem Kreativität, alle Realitäten in Worten zusammengefasst: Sei gut und treu.

Schließlich haben wir uns gefragt Erstens, weil der Meister, Protagonist des Gleichnisses, Er hat den dritten Diener so schlecht behandelt. Was an dieser Geschichte auffällt, ist genau die Vorstellung, die der Diener von ihm hatte. Während die ersten beiden Diener nicht darüber nachdenken mussten, Fast so, als ob es für sie automatisch wäre, dass, wenn der Besitzer Ihnen ein Geschenk macht, es sofort profitabel gemacht werden sollte, Der andere Diener entwickelt stattdessen seine eigene Idee, wir könnten seine Theologie sagen, was seine Wirkung blockiert, weil die Vorstellung von Angst sie dominiert. Gefangen in diesem Bild, das er von seinem Meister hat, das eines harten und anmaßenden Mannes, Obwohl er über die große Gabe eines Talents verfügt, kann er ihm nicht vertrauen. Und das wird sein wahres Drama sein.

Seine Untätigkeit er wird auf die gleiche Weise gerichtet wie die Guten und Gläubigen, aber genauso böse und faul. Hätte er zumindest ein Sparkonto eröffnet, hätte er die Zinserträge erhalten, aber er zog es vor, seine Gabe zu begraben, und zwar aus diesem Grund, wenn keine Zeit mehr zum Handeln bleibt, zum Zeitpunkt des Urteils, es wird zu Weinen und Zähneknirschen kommen, ein biblischer Ausdruck, der auf das Scheitern des eigenen Lebens hinweist[3].

Ein funktionierender Glaube ist wichtig im Wortschatz des ersten Evangeliums. Jesus spricht vom Glauben derer, die an seine Heilung glauben, das des Zenturios (8,10), des Gelähmten (9,2), der blutenden Frau (9,22), der beiden Blinden (9,29), della Cananea (15,28), und ermutigt sein Team, wurde nie wegen „wenig Glaubens“ kritisiert, mehr zu haben (vgl.. 6,30).

Unser Gleichnis Es könnte daher etwas darüber bedeuten, ob man in der Zwischenzeit, die vom Gericht trennt, an Gott glaubt oder nicht. Der dritte Diener, teuflisch, er hat keinen Glauben mehr, er hat es mit der Zeit verloren: er vergaß, dass das, was ihm anvertraut worden war, investiert werden musste, damit es für den Meister Früchte tragen würde, sondern auch zu seinen Gunsten: es ist daher unbrauchbar geworden (V.30). Dass es in dem Gleichnis um die Gabe des Glaubens geht, es kann auch indirekt aus einem anderen Text des Neuen Testaments abgeleitet werden, wo der heilige Paulus sagt, dass dieses Geschenk auf mysteriöse Weise personalisiert ist, genau wie in dem Gleichnis, das Jesus erzählt:

„Für die Gnade, die mir geschenkt wurde, Ich sage es jedem von euch: Schätzen Sie sich selbst nicht mehr als angemessen, aber beurteilt euch selbst weise und gerecht, jeder nach dem Maß an Glauben, das Gott ihm gegeben hat“ (RM 12,3).

Abschließend könnten wir uns fragen: Welche Vision haben wir von Gott?? Der Rachsüchtige, fordernd und hart, das Angst einflößt oder das befreiende, positiv, das uns vertrauensvoll und ohne Angst handeln lässt, wie Jesus es gelebt und uns gelehrt hat?

Aus der Eremitage, 19 November 2023

 

HINWEIS

1 Das Talent, was auch „das, was gewogen wird“ bedeutete, es war eine Gewichtseinheit von ungefähr 30-40 kg. entsprechend sechstausend Denaren. Denn ein Denar, gemäß dem, was Matthäus selbst in erklärt 20,2 (Matteo geht sehr präzise mit Münzen um, und in seinem Evangelium werden mehrere Typen aufgeführt), Dabei handelt es sich um die Höhe des Lohns für einen Arbeitstag, hier meinen wir eine große Summe, die den Bediensteten zur Verwaltung gegeben wird

2 Im Gleichnis von den mörderischen Pächtern zögert er nicht, auch seinen Sohn zu senden (MT 21,37)

3 "Trotzdem, Das Himmelreich ist wie ein Netz, das ins Meer geworfen wird, der alle Arten von Fischen sammelt. Wenn es voll ist, Die Fischer ziehen es an Land, Sie setzen sich, Sie sammeln die guten Fische in Körben und werfen die schlechten weg. So wird es am Ende der Welt sein. Die Engel werden kommen und die Bösen von den Guten trennen und sie in den Feuerofen werfen, Da wird sein Heulen und Zähneknirschen " (MT 13,47-50).

 

 

 

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Die Väter der Insel Patmos

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Gabriele GiordanoM. Scardocci
Vom Orden der Prediger
Presbyter und Theologe

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Pater Gabriele

Die Liebe, die aus der Nächstenliebe entsteht, ist die Grundlage des Christentums

Homiletik der Väter der Insel Patmos

Die aus der Nächstenliebe geborene Liebe ist die Grundlage des Christentums

Jesus lehrt uns, dass es keine allzu große Liebe zu Gott gibt, hingebungsvoll und authentisch, und dass es nicht zur Nächstenliebe wird. Eine Liebe zur Nächstenliebe, die daher bedeutet, nach konkreten und realen Werken zu handeln, um auch anderen zu helfen, in der Heiligkeit zu wachsen. Deshalb, wie die Provenzalischen sagten, In der Liebe wächst oder schrumpft man.

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

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Liebe Leserinnen und Leser der Insel Patmos,

«Es ist offensichtlich: l„Liebe nimmt zu oder ab und bleibt nie gleich“. Wir finden diesen schönen Satz in einem alten Satz Provenzalischer Liebeskodex. Diese Maxime enthält eines der Grundgesetze der Liebe, nämlich das kontinuierliche Wachstum in der Hingabe an andere und an Gott. Liebe ist eine gemeinsame Erfahrung, die wir alle mindestens einmal in unserem Leben erlebt haben. Die Grundlage, deshalb, unserer menschlichen Liebe, Welche Liebe der Nächstenliebe und Zärtlichkeit ist immer die Liebe Gottes, die ewig ist, Er fordert uns auf, auch mit ewiger Liebe zu lieben.

Dieser Grundstein liegt bei In dem Evangelium dieses XXX. Sonntags im Jahreskreis, wo das Grundgesetz des Christentums dargelegt wird. Eine wahre kopernikanische Revolution im Judentum und in der griechischen Welt- Roman. Eine absolute Neuheit, bei der die Liebesbeziehung zwischen Gott und Mensch im Mittelpunkt steht.

Wieder einmal finden wir die Pharisäer alle vereint, um einen Rat gegen Jesus Christus abzuhalten. Die letzte Woche verlief für ihn schlecht, als sie die Herodianer geschickt hatten, um zu versuchen, ihn gegen die Römer aufzuhetzen. Diesmal schicken sie einen Juristen, ein Experte, der ihm eine Fallenfrage stellt. Welcher 613 Jüdische Gebote (nehmen Sie es einfach) Du denkst, es ist wichtiger, nach der jüdischen Hierarchie? Auch das ist eine Fangfrage, nach dem Trugschluss der falschen Dichotomie. Von mir 613 Tatsächlich gab es eine Hierarchie und Wichtigkeit der Gebote. Unabhängig davon, ob wir uns an diese hierarchische Skala erinnern oder nicht – die für Jesus einfach war – bestand die Falle darin, auf die Antwort Jesu zu hören, wie auch immer die Antwort gewesen wäre, Antwort, dass die zitierte Regel vielmehr die unwichtigste sei. In tal-modo, Sie wollten Jesu mangelnde Verbindung zur jüdischen Tradition und zu Gott diskreditieren und zeigen. Jesus befreit sich erneut aus dieser Argumentationsfalle. Und er nutzt die Situation, um das Zentrum und den Kern der Lehre des Christentums anzubieten. Jesus antwortet:

«”Du wirst den Herrn, deinen Gott, von ganzem Herzen lieben, und mit deiner ganzen Seele und mit all deinen Gedanken”. Das ist das große und erste Gebot. Der zweite ist diesem ähnlich: “Du sollst deinen Nächsten lieben wie dich selbst”. An diesen beiden Geboten hängt das ganze Gesetz und die Propheten ".

Die Nachrichten es besteht zunächst in der Formulierung dieser beiden Gebote. Der erste ist dem Deuteronomium entnommen 6,5 und es ist mit dem Gesetz der Heiligkeit verbunden, das wir in Levitikus finden 19,18. Hier liegt also die untrennbare Verbindung zwischen der Liebe zu Gott und dem Nächsten, die bereits im Alten Testament vorhanden und vorgezeichnet ist und dann von Jesus explizit gemacht und verkündet wird. Diese Antwort bricht jede Gegenantwort. Und es ist eine Antwort, die auch heute noch für uns gültig ist.

Jesus lehrt uns, dass es so etwas wie Liebe nicht gibt gegenüber Gott, der sehr groß ist, hingebungsvoll und authentisch, und dass es nicht zur Nächstenliebe wird. Eine Liebe zur Nächstenliebe, die daher bedeutet, nach konkreten und realen Werken zu handeln, um auch anderen zu helfen, in der Heiligkeit zu wachsen. Deshalb, wie die Provenzalischen sagten, In der Liebe wächst oder schrumpft man. Wir wachsen in der Liebe zu Gott, weil die Werke der Barmherzigkeit unsere Wahl des Glaubens, der eine Beziehung zum ewigen Du Gottes darstellt, ständig antreiben, ewig verliebt in seine Schöpfung und damit in die Menschheit. Gleichzeitig, Mit Nächstenliebe zu lieben bedeutet, sich für ein verantwortungsvolles Engagement in der Kirche zu entscheiden, damit alle anderen Gläubigen durch uns Christus begegnen können. Wenn du aufhörst zu lieben, auch unser Leben und unsere Freude, nach und nach verblassen sie. Dadurch wird auch unser Mensch immer mehr in sich selbst verschlossen. Jesus bittet uns, unsere authentische und zärtliche Liebe in Umlauf zu bringen.

Wir bitten den Herrn die Stärke und der Mut großzügigen und barmherzigen Handelns, damit alle vereint auf dem Weg der Heiligkeit wachsen, der zum ewigen Leben führt.

So sei es.

Novelle Santa Maria in Florenz, 29 Oktober 2023

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Homiletik der Väter der Insel Patmos

„Du sollst deinen Nächsten lieben wie dich selbst.“ Das ganze Gesetz und die Propheten hängen von diesen beiden Geboten ab

Jesus ging mit der überraschenden Neuheit, die in der antiken jüdischen Literatur keine Parallele hat, sofort einen Schritt weiter: „Du sollst deinen Nächsten lieben wie dich selbst“. Sie, Zurück zum Willen des Gesetzgebers, erkennt, dass Gottesliebe und Nächstenliebe untrennbar miteinander verbunden sind: das eine existiert nicht ohne das andere.

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Im Lektionar, die Diskussion mit den Sadduzäern über die Auferstehung wurde weggelassen, wir kommen an, mit dem Evangelium davon XXX Sonntag im Jahreskreis, zu einer neuen Schmährede, die damit beginnt, dass Jesus von seinen Gegnern befragt wird, ma, erneut, um es zu testen.

„Zu dieser Zeit, Ich Farisei, nachdem er gehört hatte, dass Jesus die Sadduzäer zum Schweigen gebracht hatte, Sie versammelten sich und einer von ihnen, ein Doktor der Rechtswissenschaften, er befragte ihn, um ihn auf die Probe zu stellen: "Maestro, im Gesetz, Was ist das große Gebot??». Sie antwortete ihm: „Du wirst den Herrn, deinen Gott, von ganzem Herzen lieben, mit ganzer Seele und mit ganzem Verstand“. Das ist das große und erste Gebot. Der zweite ist diesem ähnlich: „Du sollst deinen Nächsten lieben wie dich selbst“. An diesen beiden Geboten hängt das ganze Gesetz und die Propheten ". (MT 22,34-40)

Dies sind die letzten Tage Jesu in der heiligen Stadt Jerusalem, vor der Verhaftung und Leidenschaft, und er weiß, dass der Kreis um ihn herum immer enger wird. Auf unserer Evangelienseite betreten die Pharisäer erneut die Bühne, und unter ihnen ein Doktor der Rechtswissenschaften, ein Theologe würden wir sagen, ein Experte in der Heiligen Schrift, der ihn noch einmal anspricht, indem er ihn ruft: Rabbi (Maestro, Lehrer). Tatsächlich hatte man so etwas noch nie zuvor gesehen, dass ein Zimmermann es sich in den Kopf gesetzt hatte, die Thora zu lehren und Ratschläge zu geben, darüber, wie man Gott ehrt, darüber, was erlaubt und was verboten ist. Dies wurde nicht gut aufgenommen, wie Ben Sira zu Beginn des dritten Jahrhunderts v. Chr. bezeugte: „Wer frei von Mühe ist, wird weise werden“1; und in den Evangelien wird nie von einer exegetischen Schule Jesu gesprochen. Die überraschenden Interpretationen der Thora, die es ihm ermöglichen, den dialektischen Fallstricken seiner Gegner zu begegnen, sie werden von seinen Jüngern nicht wiederholt werden. Wenn Jesus gerufen wird Rabbi (Maestro) Es liegt an seiner Autorität und Fähigkeit, sich kreativ mit der Heiligen Schrift auseinanderzusetzen. Allerdings ist er nicht der Typ Lehrer, der Schüler ausbildet, ihnen ihre exegetischen Methoden zu vermitteln. Während im rabbinischen Judentum, die sich nach der Zerstörung des zweiten Tempels durchsetzen wird 70, Der Student ist dazu bestimmt, e, wenn möglich, den Meister an Weisheit übertreffen, Die Jünger Jesu werden es für immer bleiben, ohne die Möglichkeit, ihm im intellektuellen Bereich nachzueifern.

Es waren genau die Rabbiner, die es im Gesetz identifiziert hatten, die Thora, mehr als zehn Wörter (Ist 20,2-17), Ben 613 Gebote, Daher scheint die an Jesus gestellte Frage relevant zu sein und drehte sich um eine Vereinfachung: "Maestro, im Gesetz, Was ist das große Gebot??». Es war ein umstrittenes Thema, wie diese rabbinische Antwort zeigt: „Rabbi Simlaj diese:

„Auf dem Berg Sinai wurden sie Moses angekündigt 613 Gebote: 365 Negativ, entsprechend der Anzahl der Tage des Sonnenjahres, e 248 positiv, entsprechend der Anzahl der Organe im menschlichen Körper ... Dann kam David, wer reduzierte diese Gebote auf 11, wie es geschrieben steht [in Ps 15]… Dann kam Jesaja, der sie reduzierte 6, wie es geschrieben steht [in Is 33,15-16]… Dann kam Micha, der sie reduzierte 3, wie es geschrieben steht: „Was verlangt der Herr von dir?“, wenn nicht, um Gerechtigkeit zu praktizieren, Liebe Mitleid, Wandele demütig mit deinem Gott? » (Mir 6,8) … Dann kam Jesaja erneut und reduzierte sie auf 2, wie es geschrieben steht: „So spricht der Herr: Gesetze beachten und Gerechtigkeit üben“ (Ist 56,1) … Schließlich kam Habakuk und reduzierte die Gebote auf nur eins, wie es geschrieben steht: „Der Gerechte wird von seinem Glauben leben“ (Ab 2,4)» (Babylonischer Talmud, Makkot, 24ein).

Jesus antwortete hervorheben, erneut, seine Fähigkeit, sich auf das Wesentliche zu beziehen und dann eine überraschende Neuheit vorzuschlagen, ein zweites Gebot mit dem Hauptgebot verknüpfen, sie als ähnlich zu erklären und beide zu einem Seil zu machen, auf dem die gesamte Struktur der übrigen Befehle balanciert ist, tatsächlich der gesamte Komplex des Wortes Gottes. Wenn sie sich davon lösen, fallen sie zu Boden. Dies ist die Bedeutung des Verbs für Sahne ― κρέμαμαι ― des Verses V.40, das heißt, gehängt werden, ausgesetzt, baumeln; was mit depend gemacht wurde: „Auf diesen beiden Geboten beruhen das ganze Gesetz und die Propheten.“.

Wo Jesus das Fundament fand um die Größe des ersten Gebots zu rechtfertigen? Im Gebet, in diesem Fall das von Shema (Hören) die den Tag des religiösen Juden und insbesondere den von eröffnete und beendete Schabbat, Samstag:

«Hören, Israel: Der Herr ist unser Gott, Der Herr ist nur einer. Du wirst den Herrn, deinen Gott, von ganzem Herzen lieben, mit deinem ganzen Leben und mit deinem ganzen Verstand“ (Dt 6,4-5). Und er sagte: „Dies ist das große und erste Gebot“.

Dann ging Jesus sofort weiter mit der überraschenden Neuheit, dass es keine Parallelen in der antiken jüdischen Literatur gibt: „Du sollst deinen Nächsten lieben wie dich selbst“ (lv 19,18). Sie, Zurück zum Willen des Gesetzgebers, erkennt, dass Gottesliebe und Nächstenliebe untrennbar miteinander verbunden sind: das eine existiert nicht ohne das andere. Das Gebot, deinen Nächsten zu lieben, lautet, im Matthäusevangelium, der am häufigsten zitierte alttestamentliche Text: es kommt auch vor in MT 5,43 e 19,19. Das bedeutet, dass Jesus auf diesem Gebot bestand, aber auch, dass es für Matthäus besonders wichtig war, die Gläubigen an Christus zu erinnern, wenn sie von ihrem eigenen Volk nicht mehr verstanden und willkommen geheißen werden; Unglücklicherweise, sogar von ihren eigenen jüdischen Brüdern.

Kein Wunder in unserem Text Das zweite Gebot wird als gleichwertig – ὁμοία – zum ersten definiert, mit gleicher Bedeutung und gleichem Gewicht, während der Evangelist Lukas sie sogar in einem großen Gebot vereint: „Du sollst den Herrn, deinen Gott, lieben ... und deinen Nächsten.“ (LC 10,27). Damit vollbringt Jesus eine mutige und entscheidende Neuerung, und er tut es mit der Autorität von jemandem, der weiß, dass man Gott nicht lieben kann, ohne die Menschen zu lieben.

Liebe ist ein menschliches Gefühl Es kann nicht gesagt werden, dass es a darstellt richtig des Christen, Stattdessen ist der Glaube an Jesus, der Christus, Sohn des Vaters, der sich offenbarte. Und im Mittelpunkt dieses Prozesses steht die Manifestation Gottes als Liebe. Wie jeder weiß, sind Paulus und Johannes die Autoren des Neuen Testaments, die die Tiefe dieses Geheimnisses erforscht haben. Genau Letzteres, In einem seiner Briefe erklärte er: „Gott ist Liebe“ (1GV 4,8.16) und wer „uns zuerst geliebt hat“ (1GV 4,19). Der heilige Paulus wird uns die Hymne der Nächstenliebe schenken (1Kor 13). Alle diese Worte richteten sich in erster Linie an die Jünger Jesu aller Zeiten, Sie sind heute das Erkennungszeichen derer, die an ihn glauben, so sehr, dass Giovanni es selbst bestätigte: «Wenn man sagt: Ich liebe Gott und hasse seinen Bruder, Er ist ein Lügner. Für jeden, der seinen Bruder, den er sieht, nicht liebt, er kann Gott nicht lieben, den er nicht sieht. Und das ist das Gebot, das wir von ihm haben: der Gott liebt, Du liebst deinen Bruder auch“ (1GV 4,20-21). Und das liegt daran, dass der Bezug immer auf Jesus gerichtet sein wird, der sich selbst als Vergleichspunkt darstellte: „Daran wird jeder erkennen, dass ihr meine Jünger seid: wenn ihr Liebe füreinander habt“ (GV 13,35); das heißt, jene Liebe, die „das neue Gebot“ in die Tat umsetzt, das heißt, zuletzt und endgültig, von ihm hinterlassen: „Liebt einander, wie ich euch geliebt habe“ (GV 13,34; 15,12).

Um auf das Beispiel des aufgehängten Seils zurückzukommen Der Christ wird immer diesen subtilen Weg gehen und vermeiden, sich zu sehr auf die eine Seite zu stützen und das Gleichgewicht auf der anderen Seite zu verlieren. Die Liebe zu Gott und zu anderen bleibt in ständigem Gleichgewicht und beides ist nicht das Wahrzeichen einer Jahreszeit. Selbst jetzt, in der Kirche, Es wird mehr Wert auf Solidarität und die Aufnahme der Armen und Elenden gelegt, Der Christ wird immer ein „Mann für alle Jahreszeiten“ sein2. Und nach der Lehre Jesu wird es immer jemanden geben, der beim unbeaufsichtigten Abstieg von Jerusalem nach Jericho Gefahr laufen könnte, halb tot zu sein: Mitfühlende Liebe wird die Antwort sein (LC 10,25-37).

Auch der heilige Augustinus scheint dieser Meinung zu sein:

„Die beiden Gebote der Liebe aussprechen.“, Der Herr empfiehlt nicht, zuerst den Nächsten und dann Gott zu lieben, aber er stellt Gott an die erste Stelle und dann seinen Nächsten. Aber da du Gott immer noch nicht siehst, Du wirst es verdienen, es zu sehen, indem du deinen Nächsten liebst. Deshalb liebe deinen Nächsten, und schauen Sie in sich selbst nach der Quelle, aus der die Nächstenliebe entspringt: Du wirst uns sehen, so viel wie möglich, Es gab. Beginnen Sie also damit, Ihren Nächsten zu lieben. Brechen Sie Ihr Brot mit den Hungrigen, und holen Sie die Obdachlosen in Ihr Zuhause; wenn Sie eine nackte Person sehen, Nachricht, und verachte nicht diejenigen, die von deinem Fleisch sind. Dadurch, was wird passieren? Dann wird dein Licht wie eine Morgendämmerung hervorbrechen (Ist 58,7-8). Dein Licht ist dein Gott. Er ist das Morgenlicht für dich, weil es nach der Nacht dieser Welt zu dir kommt. Er geht weder auf noch unter, strahlt immer ... Indem du deinen Nächsten liebst und dich für ihn interessierst, du wirst gehen. Welchen Weg wirst du einschlagen, außer dem, was zum Herrn Gott führt, zu dem, den wir von ganzem Herzen lieben müssen, mit meiner ganzen Seele, mit deinem ganzen Verstand? Wir sind noch nicht beim Herrn angekommen, aber wir haben unseren Nachbarn immer bei uns. Bringen Sie daher denjenigen mit, mit dem Sie gehen, um den Einen zu erreichen, bei dem du für immer bleiben möchtest“3.

aus der Eremitage, 29 Oktober 2023

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HINWEIS

1 [Bauern, Schmiede, Töpfer, und alle Arbeiter, die Tag und Nacht für Lohn schuften] „Ohne sie kann keine Stadt gebaut werden, Niemand konnte dort bleiben oder sich bewegen. Aber sie werden nicht für den Rat des Volkes gesucht, in der Versammlung nehmen sie keinen besonderen Platz ein, Sie sitzen nicht auf dem Richterstuhl und kennen die Bestimmungen des Gesetzes nicht. Sie bringen weder Bildung noch Recht zum Leuchten,
Sie tauchen nicht unter den Autoren von Sprichwörtern auf, aber sie festigen den Aufbau der Welt,und die Arbeit, die sie tun, ist ihr Gebet. (Herr 38,24. 33-34)

2 Sylvester R. S., Das “Mann für alle Jahreszeiten” Wieder: Robert Whittingtons Verse an Sir Thomas More, Vierteljährlich der Huntington Library, Vol. 26, Nein 2,1963, PP. 147-154.

3 Augustinus von Hippo, Kommentar zum Johannesevangelium, Predigt 17, 7-9 (sehen WHO)

 

 

 

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

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Die Väter der Insel Patmos

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Gabriele GiordanoM. Scardocci
Vom Orden der Prediger
Presbyter und Theologe

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Pater Gabriele

Das Reich Gottes wird euch genommen und einem Volk gegeben, das seine Früchte hervorbringen wird

Homiletik der Väter der Insel Patmos

Das Reich Gottes wird euch genommen und einem Volk übergeben werden, das seine Früchte hervorbringt

Heute sind wir alle das neue Volk Gottes, das heißt, wir haben uns in seiner Taufe vereint, von dem Gott verlangt, dass es Frucht bringt, also fruchtbar werden. Auf diese Weise wird jeder von uns zum Hüter und Beschützer dieses Weinbergs, Das ist unsere katholische Kirche und die Ortskirche, in der wir aktiv sind.

 

Autor:
Gabriele GiordanoM. Scardocci, o.p.

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Liebe Leserinnen und Leser der Insel Patmos,

Wir sind alle in einer Nation und einer Stadt geboren und aufgewachsen. Dieses Zusammensein mit anderen hat ein bisschen aufgebaut’ unsere Identität. Wir sind „Ich“ geworden, auch dank vieler „Du“, unsere Mitbürger. Wir wurden dann getauft und so in eine besondere und allgemeine kirchliche Gemeinschaft eingefügt, Kinder der katholischen Kirche. Wir wurden somit einer bestimmten Gemeinschaft anvertraut, eine Ortskirche, die in erster Linie aus unserer Familie bestand. Heute sind wir Erwachsene, Wir sind aufgefordert, diejenigen zu sein, die die Kirche aufbauen und beschützen. Dies ist die Zusammenfassung von Das heutige Evangelium.

Die mörderischen Winzer, Illustrierter französischer Katechismus aus dem 20. Jahrhundert.

Noch einmal Jesus beschließt, diese Lehre in Gleichnissen darzulegen. Er erzählt also eine Art Gleichnis’ gewalttätig, Wenn wir wollen. Der Eigentümer eines Grundstücks überlässt seinen Weinberg den Bauern, damit diese ihn bewirtschaften und Früchte tragen. Es ist an der Zeit, die Ernte einzusammeln, schicke mehrere Diener: die ersten paar, dann viele. Diese werden getötet. Schließlich wird der letzte Gesandte getötet, das heißt, der Sohn des Meisters.

An diesem Punkt führt Jesus einen Dialog mit den Ältesten und Führern des Volkes über das Schicksal dieser Bauern. Sie geben ihm eine Antwort, die klar erscheint: nach der Rückkehr desselben Meisters, Die mörderischen Bauern werden bestraft und getötet. Den Psalm zitieren 118, sehr berühmt, Jesus bietet ihnen die endgültige Antwort:

"Ich sage Ihnen: Das Reich Gottes wird euch genommen und einem Volk gegeben, das seine Früchte hervorbringen wird.

Die Antwort Jesu ist sehr stark: Es werden nicht mehr nur die Führer des jüdischen Volkes und die Priester sein, die das Bündnis mit Gott aufrechterhalten. Es wird ein neues Reich Gottes geben, ein neuer Weinberg, also ein neues Volk Gottes, das fruchtbar sein und Frucht bringen wird.

Deshalb kommt Jesus, um den Grundstein für seine Kirche zu legen, der den endgültigen und ewigen Bund empfangen und aufrechterhalten wird, der neue und ewige Bund zwischen Gott und den Menschen. Deshalb ein neues Volk Gottes, was nicht ausschließlich mit den Beschnittenen zusammenfallen wird.

In der Tat, Heute sind wir alle das neue Volk Gottes, das heißt, wir haben uns in seiner Taufe vereint, von dem Gott verlangt, dass es Frucht bringt, also fruchtbar werden. Auf diese Weise wird jeder von uns zum Hüter und Beschützer dieses Weinbergs, Das ist unsere katholische Kirche und die Ortskirche, in der wir aktiv sind. Diese Fruchtbarkeit wird auf unterschiedliche Weise erreicht: vor allem mit der Ausübung der Nächstenliebe und spirituellen und materiellen Werken der Barmherzigkeit. Auch die Ausübung der theologischen und Kardinaltugenden, mit anderen und in Gemeinschaft mit Gott, Es ist eine andere Art, fruchtbar zu sein. Denn Fruchtbarkeit und Fruchtbarkeit bedeuten, anderen die Gnade der Freundschaft und Gottes Liebe zu schenken. Die Schönheit unseres Glaubens fordert uns dann auf, diese Gnade entsprechend einer Fruchtbarkeit zu schenken, die ursprünglich und ganz uns selbst eigen ist: Deshalb werden wir alle fruchtbar, weil wir mit unserer Schönheit und Einzigartigkeit berufen sind. Das ist eine wunderbare Art und Weise, wie Gott uns bittet, Teil der Kirche zu sein: weder dominant noch passiv, aber fruchtbar. Offen für Gottes Plan, aber ohne zu Robotern zu werden.

Wie John Stuart Mill schrieb: „Alle guten Dinge, die es gibt, sind die Frucht der Originalität“.

Wir bitten den Herrn, dieses neue Volk Gottes zu werden in der Lage, in ein stilles Gebet einzutreten, Hören Sie auf die Stimme des ewigen Du Gottes, und bringe diese Stimme in eine Welt, die nach endloser Liebe sucht.

So sei es

Novelle Santa Maria in Florenz, 8 Oktober 2023

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Die Väter der Insel Patmos

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Vom Homo Sapiens bis zum mörderischen Bauern im Weinberg des Herrn

Homiletik der Väter der Insel Patmos

AUS’Ein weiser Mann AN DIE MORDLICHEN BAUERN IM WEINBERG DES HERRN

Unsere Vorfahren Sapiens Als sie begannen, diese Tierarten und die wenigen Samen, die wir noch auf unserem Tisch finden, zu domestizieren, konnten sie sich nicht vorstellen, welche besondere Verbindung zwischen dem Menschen und dem Weinanbau entstehen würde. Eine Beziehung, die nach Allianz und damit nach Leidenschaft riecht, der Fürsorge und sogar der Liebe. Ich erinnere mich an die Bauern, die ich traf, als sie den Aufwand ihrer spezifischen Arbeit zum Ausdruck bringen wollten, sagten sie: „Das Land ist niedrig!». Denn man muss sich nicht nur dazu neigen, sondern auch zu unterstützen und mit großem Einsatz daran zu arbeiten.

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Historiker der Evolution Sie sagen, dass der Übergang zur Landwirtschaft für unsere Spezies in einer Zeitspanne von begann 9500 alle’8500 n. Chr. in einer hügeligen Region im Südosten der Türkei, Westiran und der Nahe Osten. Es begann langsam und in einem eher begrenzten geografischen Gebiet. Weizen und Ziegen wurden ungefähr um die herum domestiziert 9000 Wechselstrom; Erbsen und Linsen um 8000 v. Chr.; die Olivenbäume drin 5000 Wechselstrom; die Pferde im 4000 Wechselstrom; und die Schraube im 3500 A. C.. Es geht genau um den Boden, der vom Weinstock den Namen Weinberg erhalten wird, über den Jesus im Evangelium sprechen wird siebenundzwanzigster Sonntag im Jahreskreis.

„Zu dieser Zeit, sagte Jesus zu den Hohenpriestern und den Ältesten des Volkes: Hören Sie sich ein anderes Gleichnis an: Da war ein Mann, der Land besaß und dort einen Weinberg anpflanzte. Er umgab es mit einer Hecke, Er grub ein Loch für die Weinpresse und baute einen Turm. Er verpachtete es an einige Bauern und zog weit weg. Als die Zeit kam, die Früchte zu ernten, Er schickte seine Diener zu den Bauern, um die Ernte einzusammeln. Aber die Bauern nahmen die Diener und schlugen einen von ihnen, Sie haben einen anderen getötet, sie haben einen anderen gesteinigt. Er schickte wieder mehr Diener, zahlreicher als die ersteren, aber sie behandelten sie gleich. Schließlich schickte er seinen Sohn zu ihnen und sagte:: „Sie werden Respekt vor meinem Sohn haben!». Aber die Bauern, sah seinen Sohn, sagten sie zueinander: „Das ist der Erbe. Seine, Lasst uns ihn töten und wir werden sein Erbe haben!». Sie haben ihn mitgenommen, Sie jagten ihn aus dem Weinberg und töteten ihn. Wann kommt der Besitzer des Weinbergs?, Was wird er mit diesen Bauern machen??». Sie antworteten ihm: „Diese bösen Leute, er wird sie elend sterben lassen und den Weinberg an andere Bauern verpachten, Wer wird ihm zu gegebener Zeit die Früchte liefern?. Und Jesus sagte es ihnen: „Du hast noch nie in der Heiligen Schrift gelesen: „Der Stein, den die Bauherren ablehnten, ist zum Grundstein geworden; Dies geschah durch den Herrn und es ist ein Wunder in unseren Augen.? Deshalb sage ich es dir: Das Reich Gottes wird euch genommen und einem Volk gegeben, das seine Früchte hervorbringen wird. (MT 21,33-43).

Unsere Vorfahren Sapiens Als sie begannen, diese Tierarten und die wenigen Samen, die wir noch auf unserem Tisch finden, zu domestizieren, konnten sie sich nicht vorstellen, welche besondere Verbindung zwischen dem Menschen und dem Weinanbau entstehen würde. Eine Beziehung, die nach Allianz und damit nach Leidenschaft riecht, der Fürsorge und sogar der Liebe. Ich erinnere mich an die Bauern, die ich traf, als sie den Aufwand ihrer spezifischen Arbeit zum Ausdruck bringen wollten, sagten sie: „Das Land ist niedrig!». Denn man muss sich nicht nur dazu neigen, sondern auch zu unterstützen und mit großem Einsatz daran zu arbeiten. Als sie jedoch anfingen, über den Weinberg und den gezapften Wein zu sprechen, änderte sich das Gespräch, Die Erinnerung an die Anstrengung und Hingabe verschwand: sie schienen zurückgezahlt zu sein, Sie wurden stolz auf die Früchte des Weinstocks und waren deshalb eifersüchtig auf ihren Weinberg. Es ist möglich, dass dieses Urerlebnis die biblischen Autoren inspiriert hat, besonders die Propheten, als sie mehrfach die besondere Bindung zwischen dem Bauern und dem Weinberg als Allegorie des Bündnisses zwischen Gott und seinem Volk Israel besangen. Die zweifellos berühmteste Passage stammt aus der ersten Lesung dieses Sonntags und stammt aus dem Propheten Jesaja:

„Ich möchte für meinen Geliebten mein Liebeslied für seinen Weinberg singen. Meine Geliebte besaß einen Weinberg auf einem fruchtbaren Hügel. Er hatte es ausgegraben und von Steinen befreit und dort wertvolle Weinreben gepflanzt; in der Mitte hatte er einen Turm gebaut und auch einen Bottich gegraben. Er wartete darauf, dass es Trauben hervorbrachte; es produzierte, stattdessen, unreife Trauben. Und nun, Einwohner von Jerusalem und Männer von Juda, Seid Richter zwischen mir und meinem Weinberg. Was hätte ich mit meinem Weinberg noch machen sollen, was ich nicht getan habe??» (Ist 5,1-4).

Als Jesus begann zu erzählen Die Zuhörer verstanden sofort, wovon er sprach, im Gegensatz zu uns, die diese Unmittelbarkeit verloren haben und viele Erklärungen benötigen. Tatsächlich stellte das Verständnis des Gleichnisses „von den mörderischen Winzern“ einen bedeutenden Moment in der Geschichte der christlichen Exegese dar. Es gab eine Zeit, nicht weit von unserem entfernt, in dem man dachte, dass der Vers „Darum sage ich euch: „Das Reich Gottes wird euch genommen und einem Volk gegeben, das seine Früchte hervorbringen wird“ stellte eine echte Strafe für Israel und einen Angriff Jesu auf das Judentum dar, damit die Kirche nicht als ein neues Israel betrachtet werden sollte, das das alte ersetzte, aber das echte1, wie Gott es von Anfang an vorgesehen hatte. Dieser Angriff ist jedoch im gesamten Matthäusevangelium nicht erkennbar, weshalb diese Interpretation heute als überholt gilt. Ebenso wie die von der vorherigen abgeleitete Idee, dass Israel als Volk von Gott abgelehnt worden sei. Sicherlich sprach Jesus im Tempel zu den Ältesten und Hohenpriestern und berichtete in seinen Worten von der schweren Strafe, die durch die Weigerung der Abgesandten des Weinbergbesitzers verursacht wurde. Sie waren die Gesandten, von denen im Folgenden die Rede sein wird MT 23,34: „Also hier, Ich sende euch Propheten, Weise und Schriftgelehrte: Von diesen, einige wirst du töten und kreuzigen, andere wirst du in deinen Synagogen geißeln und sie von Stadt zu Stadt verfolgen.. Vor allem kündigte Jesus die Tötung seines Sohnes an. Aber er sprach das an Führer religiös, was er blinde Führer nennen wird (vgl.. MT 23,16) und da das Gleichnis jetzt im Evangelium vorhanden ist, werden diese Worte für die Kirche und ihre Führer immer gültig sein. Insbesondere der Weinberg, der das heilige Israel Gottes ist, das auserwählte Volk, Sie wird nicht verbrannt oder verwüstet werden wie die Stadt, von der im folgenden Gleichnis die Rede ist (MT 22,7) sondern vielmehr ist es da, bereit, gute Frucht zu bringen; Solo, Die derzeitigen Winzer werden nicht diejenigen sein, die sie pflücken: der Weinberg, die Leute der Allianz, wird anderen Landwirten anvertraut. Daher müssen alle Gleichnisse Jesu und dieses insbesondere als offene Werke betrachtet werden. Fassen Sie sie in eine einzige Interpretation ein, Als ein Prokrustesbett, es würde ihnen Unrecht tun, denn der Wert liegt in der Besorgnis, die sie weiterhin wecken werden, verbunden mit den Fragen, die den Glauben der Jünger und ihrer Anhänger belasten werden, damit sie kontinuierlich gefördert werden.

Jesus begann die Geschichte mit der Aussage, dass da ein Mann war, ein Eigentümer – der Begriff oikodespotes (Gastgeber) es kann auch einen Familienvater bedeuten, tatsächlich übersetzte die Vulgata: Der Mann war der Vater der Familie - der einen Weinberg gepflanzt und ihn mit allem Notwendigen ausgestattet hat, dann vertraute er es einigen Winzern an und ging. Das Verb apodemeo (Ich wandere aus aus denen resigniert der V.33) bezeichnet jemanden, der das Heimatland verlässt, all’estero, wenn Sie von zu Hause wegziehen. Dieser Mann ging und nahm den Gedanken und die Erinnerung an den Weinberg mit sich, Als die Zeit für die Früchte gekommen war, schickte er Diener, um sie zu erbitten, aber sie wurden von den Pflegeeltern brutal behandelt. Offensichtlich waren sie tief in ihrem Herzen davon überzeugt, dass der Besitzer, nachdem er gegangen war, auch den Weinberg vergessen hatte und dass er nun ihnen gehörte., Also schnappten sie es sich und ersetzten den echten Besitzer. Doch letztendlich beanspruchte er nur die Früchte, er beanspruchte nicht das Eigentum. Mit einer Geduld, die unglaublich erscheinen würde, wenn sie nicht Gott zugeschrieben würde, sandte er erneut Diener in größerer Zahl, und auch diese erlitten das gleiche Schicksal wie die vorherigen.. Die Leser des Evangeliums, die an dieser Stelle bereits die Wut über den sich aufbauenden Missbrauch spüren werden, in der Hoffnung, dass die Gerechtigkeit auch unter Anwendung von Gewalt wiederhergestellt wird, Sie werden unvorbereitet und schockiert sein, wenn sie lesen, dass der Vater im Begriff ist, das Leben seines eigenen Sohnes aufs Spiel zu setzen. Sondern der Besitzer des Weinbergs, wir wissen es mittlerweile, er ist ein außergewöhnlicher Vater, wie es im Sammelgebet dieses Sonntags heißt: Er fügt hinzu: „Worauf das Gebet nicht zu hoffen wagt“. Daher entsandte er keine Abgesandten mehr als Vertreter, aber er schickte seinen Sohn direkt, bewegt von einer innigen Hoffnung: „Sie werden Respekt vor meinem Sohn haben!».

Wir wissen, wie die Dinge endeten, es ist sinnlos, es zu wiederholen. Die Einzelheiten des außerhalb des Weinbergs begangenen Mordes blieben den Autoren des Neuen Testaments im Gedächtnis verankert und so erwähnten sie sie, wenn es darum ging, den Tod Jesu zu erzählen (vgl.. MC 15,20; MT 27,31, EB 13,12) oder Stefanos (vgl.. Bei 7,58). Die Vertreibung des Sohnes aus dem Weinberg war das greifbare Zeichen der Ablehnung des göttlichen Willens und des Ersatzes, den diese Bauern anstrebten: „Das ist der Erbe. Seine, Lasst uns ihn töten und wir werden sein Erbe haben!».

Die nächsten Worte Jesu Eingeleitet durch die Frage nach dem Schicksal dieser mörderischen Winzer wird alle Aufmerksamkeit erregen und, wie wir oben berichtet haben, auch das der zukünftigen Exegese, Schweigend übergeht er ein nicht unbedeutendes Detail, das Jesus erwähnt hatte und das stattdessen den Kern des Gleichnisses darstellen könnte, was es erleuchtet und ihm Bedeutung verleiht, sogar noch mehr als die Eliminierung und Ersetzung böser Mieter. Dieses Detail bezieht sich auf den Gedanken des Besitzers des Weinbergs, der Respekt gegenüber seinem gesandten Sohn erwartete. Das Verb Lager, Ich erlaube der v. 37 in der aktiven Form bedeutet es sich verändern, Veränderung, zur Besinnung und ins Passive zurückkehren, wie es im Evangelium steht: bewegt sein, Respekt bringen, zögern. Die Vulgata entschied sich für Angst und berichtete: “Sie werden meinen Sohn fürchten“. Wie auch immer Sie diesen ausdrücklichen Wunsch umsetzen möchten, Es ist klar, dass der Besitzer des Weinbergs nicht mit dem gewaltsamen Tod seines Sohnes gerechnet hatte. Das war sein Traum, Gottes Traum. Im Matthäusevangelium bereits Joseph und dann die Heiligen Drei Könige (vgl.. MT 1,20; 2,12-13) Indem sie einem Traum zuhörten, konnten sie Jesus retten. Sie hatten damit Gottes Willen erfüllt. Was wäre passiert, wenn Pilatus auf den Traum seiner Frau gehört hätte? (vgl.. MT 27,19) erzählt in der Passionsgeschichte: er hätte Jesus vor der Verurteilung bewahrt? Dieser Satz aus dem Gleichnis, offenbar unschuldig, es untergräbt einige einfache und unangemessene Erlösungstheologien. Darin lesen wir nicht nur die Hoffnung, dass Israel sich bekehren wird, sondern auch, dass der Sohn verschont bleibt.

Natürlich ohne zu vergessen dass Jesus dreimal zeigen wird, dass er freiwillig aufsteigt, frei und wissentlich in Jerusalem (vgl.. MT 16,21-23), wo er in Gethsemane den Tod gefunden hätte, den er noch entschiedener hinnehmen würde: "Dein Wille geschehe" (MT 26,42). Matthäus las seine Rede sogar noch einmal im Licht der Heiligen Schrift: „All dies geschah, damit die Schriften der Propheten erfüllt würden.“ (MT 26,56). Allerdings konnte man das nicht glauben, immer in der Logik von Matthews Geschichte, dass das ursprüngliche Projekt nicht dieses war, sondern vielmehr das, worüber Jesus selbst sprechen wird – in Wahrheit nach allen drei Ankündigungen der Passion –, was auf eine Palingenese hindeutet (vgl.. MT 19,282 e 25,31-46); dass er gerne vorangekommen wäre, indem er das Israel Gottes wiederhergestellt hätte? Doch als der Plan begann, sich zu verschlechtern, dann Jesus, wie der Sohn im Gleichnis, Er wird zeigen, dass er seinen Weinberg so sehr liebt, dass er dafür sterben würde. Der Kommentar des heiligen Ambrosius kommt mir in den Sinn: «Hallo, Weinberg, der eines so großen Beschützers würdig ist: Nicht nur das Blut Naboths, sondern auch das Blut unzähliger Propheten hat dich geweiht, und tatsächlich das, umso wertvoller, ausgegossen vom Herrn“3. Das Gleichnis, damit, der auf die Gnade des Meisters bestand, Außerdem ließ er im Hintergrund das kostenlose Angebot seines Sohnes auftauchen.

Dieses Gleichnis klingt sicherlich wie ein Urteil Gottes, aber nicht auf das Volk Israel, sondern auf jene Führer des Volkes, die Jesus ablehnten und verurteilten. Matteo, in der Tat, werden ihre Reaktion unmittelbar danach aufzeichnen; Sie versuchten ihn zu fangen, hatten aber Angst vor der Menge und verschoben ihren Plan deshalb um ein paar Tage, auf eine günstigere Situation warten (in der Nacht und in Gethsemane, wo es keine Menge seiner Anhänger geben wird; vgl.. MT 26,47-56). Tatsächlich hatten sie verstanden, dass dieses Gleichnis sie als die mörderischen Winzer identifizierte. Aber das Gleichnis sagt, dass dies auch das Gericht über die Kirche sein wird, vor allem gegenüber seinen Vorgesetzten. Der Weinberg wurde diesen Führern Israels weggenommen und einer neuen menschlichen Gemeinschaft gegeben (Ethnos, ohne Artikel von V.43): die Gemeinschaft der Armen im Geiste, der Mythen, die, gemäß der Verheißung des Herrn, sie werden die Erde erben (vgl. MT 5,5; Soll 37,11), diesem bescheidenen und armen Volk, das der Herr zu Erben für immer eingesetzt hat (vgl. Sof 3,12-13; Ist 60,21; Bietet 30,3).

Es ist auf theologischer Ebene sehr wichtig verstehen, dass die Funktion der matthäusischen Form des Gleichnisses nicht darin besteht, das Christentum über das Judentum zu verherrlichen, sondern vielmehr die Antwort auf das erneute Versöhnungsangebot des auferstandenen Christus offen zu lassen. In einer Weise,, Die Kirche befindet sich in einer ähnlichen Lage wie Israel. In einem anderen Sinne, aber, Sie hat bereits das wundersame Eingreifen Gottes erlebt. Die weggeworfener Stein stellt nun die dar Eckkopfball. Es wird diese Generation von Christen sein, die das Reich Gottes willkommen heißen und Früchte der Gerechtigkeit hervorbringen, oder es wird ihr weggenommen, um es einem anderen anzuvertrauen? Der oben erwähnte Ambrosius von Mailand erkannte, dass die Gefahr einer Strafe für jeden besteht, auch für Christen: „Der Weingärt ist zweifellos der allmächtige Vater, der Weinstock ist Christus, und wir sind die Zweige: aber wenn wir in Christus keine Frucht bringen, werden wir von der Sichel des ewigen Kultivierenden abgeschnitten.“4. Sagte das, Es ist klar, dass das Gleichnis christologisch und theologisch ist. Der Sohn des Weingutbesitzers zeichnet sich durch diese Attribute aus, wie die Idee der Vererbung, die typisch für die Sprache Jesu sind, wenn er über sich selbst und seine Beziehung zu seinem Vater sprechen wollte; Sein Tod außerhalb der Stadtmauern wird offensichtlich an das Ende des Messias erinnern. Aber das Gleichnis sagt auch viel über den Vater aus: sein Urteil, seltsam, spät dran; Gott wird sogar als viel zu geduldig dargestellt. Jeder Zuhörer der Geschichte, zur Zeit Jesu, Ihm wäre etwas aufgefallen, was wie eine Charakterschwäche erscheinen könnte. Dass Gott jedoch zu warten weiß und weiterhin auf eine Veränderung bei seinen Winzern hofft, die vielleicht sogar „seinen Sohn respektieren“ (vgl.. MT 21,37). Anders als wir es tun, lässt Gott nicht zu, dass er durch eine Ablehnung demoralisiert wird, er bleibt bei seinem Heilsvorschlag, Er will niemals den Tod des Sünders, sondern dass er sich bekehrt und lebt.

Abschließen möchte ich mit einer Erinnerung dass die Bedeutung dieses Gleichnisses in besonderer Weise von Benedikt XVI. erfasst wurde, in einem Moment, von dem wir uns vorstellen, dass er voller Emotionen und großer Angst um ihn war. So sprach er am Abend seiner Wahl von der Loggia des Petersdoms aus über sich selbst:

„Sie haben mich gewählt, ein einfacher und bescheidener Arbeiter im Weinberg des Herrn. Mich tröstet die Tatsache, dass der Herr auch mit unzureichenden Werkzeugen zu arbeiten und zu handeln weiß, und vor allem vertraue ich mich Ihren Gebeten an.“5.

Fröhlichen Sonntag euch allen.

aus der Eremitage, 8 Oktober 2023

 

 

 

1 Trilling W., Das wahre Israel. Studien zur Theologie des Matthäusevangeliums, Piemme, 1992

2 „Und Jesus sprach zu ihnen:: „„Wahrlich, das sage ich dir: Du, der mir gefolgt ist, wenn der Menschensohn auf dem Thron seiner Herrlichkeit sitzt, zur Erneuerung der Welt, Du wirst auch auf zwölf Thronen sitzen und die zwölf Stämme Israels richten..

3 Sant’Ambrogio, Darstellung des Lukasevangeliums, New City 1978.

4 Sant’Ambrogio, an. zit.

5 Sehen: https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2005/april/documents/hf_ben-xvi_spe_20050419_first-speech.html

 

 

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

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