Er wird unseren sterblichen Körper in das Bild seines herrlichen Körpers verwandeln – Er wird unseren sterblichen Körper durch Bild seines herrlichen Körpers verweigern

(Englischer Text nach dem Italienischen)

 

Homiletik der Väter der Insel Patmos

EGLI TRASFIGURERÀ IL NOSTRO CORPO MORTALE A IMMAGINE DEL SUO CORPO GLORIOSO

"Maestro, Es ist schön für uns, hier zu sein. Lassen Sie uns drei Hütten machen, eine für dich, Eine für Moses und eine für Elìa ". Er wusste es nicht, Aber, was er sagte …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

.

Artikel im PDF-Druckformat – PDF -Artikel Druckformat

 

.

.

La tradizione ha conservato l’episodio, giustamente famoso, della Trasfigurazione di Gesù sul monte, dove si ripete l’epifania celeste del battesimo, stavolta a beneficio di pochi discepoli.

Il racconto, nella sua attuale collocazione durante la vita di Gesù, oscura in parte il significato dell’evento, perché è Gesù stesso a condurre i discepoli sul monte dove subisce una trasfigurazione temporanea presentata come preannuncio del destino di morte e resurrezione che lo attende. È molto probabile che in origine si trattasse di un racconto di apparizione del Risorto, che Marco, il quale ha escluso dalla sua narrazione quei racconti, avrebbe inserito al centro del Vangelo, subito dopo la confessione messianica di Pietro, per bilanciare l’annuncio del destino di morte del Figlio dell’uomo (MC 8, 31) con la visione prolettica della sua glorificazione (MC 9, 2-13); una scelta che ne avrebbe determinato la collocazione anche in Matteo e Luca. A supporto di questa ipotesi sta il fatto che nel prosieguo dei tre racconti l’incomprensione dei discepoli nei riguardi di Gesù resta intatta, malgrado alcuni fossero stati testimoni di un evento tanto eclatante. Während, collocato dopo la sua morte, il racconto assume un significato cruciale.

I tre discepoli ricevono, in uno stato di allentamento della coscienza vigile ― «gravati dal sonno», Pietro «non sa quel che dice» ― la rivelazione del Figlio dell’uomo in una forma trasfigurata dalla luce divina. È il punto di svolta: i discepoli, nach seinem Tod, hanno la visione di Gesù collocato allo stesso livello di Mosè ed Elia, cioè di due figure bibliche già innalzate alla gloria celeste e ascoltano la proclamazione della sua elezione divina, la stessa che risuona al momento del battesimo. Finalmente i discepoli «sanno» chi è Gesù, ed è alla luce di tale comprensione che l’episodio storico del battesimo assume il suo «vero» significato di investitura divina. Tra i numerosi racconti di apparizioni del Risorto, quello della Trasfigurazione rappresenta, damit, nel modo più eloquente il processo attraverso il quale alcuni discepoli hanno raggiunto una comprensione superiore riguardo il significato della vicenda umana di Gesù dopo lo shock della sua morte. Lass es uns lesen:

«Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Und hier, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: “Maestro, Es ist schön für uns, hier zu sein. Lassen Sie uns drei Hütten machen, eine für dich, una per Mosè e una per Elìa”. Er wusste es nicht, Aber, was er sagte. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, wer hat gesagt: “Questi è il Figlio mio, der Auserwählte; Hör ihm zu!”. Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto» (LC 9,28-36).

Il brano della trasfigurazione, come già all’inizio accennato, è tra i più difficili da leggere e da collocare all’interno del percorso storico della vita di Gesù. Esso è ricco di suggestioni perché presenta molte e ricche allusioni ad avvenimenti e racconti dell’Antico Testamento.

L’annotazione temporale, collocata all’inizio, «otto giorni dopo», mentre gli altri sinottici riportano: «sei giorni dopo», collega il racconto con quanto è appena accaduto. Gesù ha terminato il suo primo annuncio della passione, ma, almeno secondo Matteo e Marco, ma non Luca, ha anche ricevuto una cocente delusione da Pietro. Se poco prima l’aveva riconosciuto come Messia, ora invece gli consiglia, prendendolo da parte, di non recarsi a Gerusalemme, perché il Cristo non avrebbe dovuto morire. Simone, sulla bocca di Gesù, diviene come Satana. Per questa ragione molti commentatori moderni aggiungono all’interpretazione tradizionale che vede nella presenza di Mosè ed Elia accanto a Gesù un significato teologico, essi incarnerebbero la Legge ed i Profeti, anche un’altra motivazione. Questi due personaggi porterebbero a Gesù quella consolazione di cui aveva bisogno. Le biografie di Elia e Mosè, in der Tat, ci riportano quanto i due hanno dovuto passare e ciò fa si che conoscano quanto Gesù sta per attraversare. Ambedue hanno vissuto prove ardite fino a chiedere a Dio perfino di morire. Mosè in Ist 32,32 subito dopo la vicenda del vitello d’oro si rivolge al Signore implorando il perdono per il suo popolo: «se tu perdonassi il loro peccato… Altrimenti, cancellami dal tuo libro che hai scritto!». Elia in 1Betreff 19,4: «Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei mie padri». Tutti e due infine hanno avuto cocenti delusioni, per le quali è loro concessa la visione di Dio (vgl.. Ist 33,21-22; 1Betreff 19,13).

La presenza dei due personaggi non è dunque solo per i discepoli, ma è la consolazione per il Figlio che sta per andare a Gerusalemme. Gesù deve essere confortato e rafforzato riguardo il suo «esodo», ovvero il suo futuro prossimo; allo stesso modo farà l’angelo al Getsemani, secondo il racconto di Luca, nel momento della lotta estrema (LC 22,43-44).

Die drei synoptischen Evangelien provano a spiegare quanto è accaduto sul Tabor, il monte della Galilea dove, sin dal 348, secondo Cirillo di Gerusalemme, sarebbe avvenuta la Trasfigurazione e descrivono a loro modo quella trasformazione. Sia Matteo che Marco usano un verbo al passivo, il cosiddetto «passivo teologico»: «fu trasformato»; il che lascia intendere che implicitamente fu Dio ad agire. Für Markus, bestimmtes, la Trasfigurazione riveste un ruolo importante per l’economia del suo scritto. Per lui non si tratta solo di ascoltare Gesù, „Das ist mein Sohn, die Geliebte: Hör ihm zu!» (MC 9, 7), ma anche di accogliere che Egli è veramente il Figlio. Pietro, in MC 8, 29, si era fermato ad una identificazione parziale, riconoscendo Gesù solamente come Messia: «Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo». La voce sul Tabor, stattdessen, rimarca che Gesù è effettivamente il Figlio, secondo il nome che già Gli era stato conferito al battesimo. Questo elemento, per se., non ha riscontro invece nel racconto di Matteo, dove Pietro aveva già visto in Gesù sia il Messia che il Figlio: "Du bist der Christus, der Sohn des lebendigen Gottes! " (MT 16,16).

Per l’evangelista Luca, letzten Endes, la Trasfigurazione non è solo un momento di consolazione per Gesù o il modo in cui Pietro deve comprendere chi fosse Gesù ed il suo destino. Luca introduce anche il motivo della gloria che si manifesta. Solo questo evangelista, in der Tat, insiste per due volte su questo termine: «gloria» (v. 31 e 32). In tal modo Gesù, auf dem Berg, prefigurando ai discepoli quello che sarà il suo destino, dopo il suo «esodo», lascia intendere che esso si compirà anche per loro, e per noi. L’annuncio della passione e morte di Gesù non è mai completo se ad esso non è associato quello della gloria, della risurrezione. Così anche la nostra sorte di credenti in Lui si compirà quando anche il nostro corpo, unser Leben, saranno trasfigurate e anche noi, come già Pietro, Giovanni e Giacomo, vedremo il Risorto «così come egli è» (1GV 3, 2), non solo nella sua forma umana, ma nella sua più completa realtà. La trasformazione di Gesù è lo svelamento della personalità profonda di Gesù, quella dell’eletto, del Figlio unigenito ed è anche profezia della nostra futura trasformazione.

A ragione di ciò vorrei sottolineare quanto sia ricorrente, nel brano odierno, il verbo vedere, che torna più volte ed in diverse forme (v. 27.30.31.36), così come il termine: anhören (v. 35). Essi descrivono bene la condizione attuale dei credenti che, grazie alla fede, possono vedere il Signore presente nei piccoli, nel prossimo o nei sacramenti dove, come scriveva Leone Magno: «è passato ciò che era allora visibile nel nostro Salvatore» (Predigten 74,2). E oltre che vedere, lo possono anche ascoltare grazie alla Chiesa che ancora imbandisce la mensa della Sua parola.

Zum Ende, un ultimo dettaglio. Leggendo i brani della Trasfigurazione, solo Luca ci fornisce almeno un motivo per cui Gesù sale sul monte, ossia per pregare e la preghiera è, übrigens, anche uno degli impegni quaresimali più rilevanti. Luca è fra gli evangelisti colui che più degli altri insiste su questo aspetto e lascia pregare Gesù anche quando gli altri vangeli non lo dicono: al battesimo (LC 3,21: "Jesus, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera»); prima di scegliere i Dodici (LC 6,12: «In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio»); es ist hier, alla Trasfigurazione: «Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare» (LC 9,28).

Qualche giorno prima, secondo Marco e Matteo, Gesù aveva ricevuto uno smacco, proprio da Pietro. Luca ci passa sopra e racconta solo l’annuncio della passione e le dure esigenze che da quello discendono per il discepolo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, du verleugnest dich, nimm jeden Tag sein Kreuz und folge mir » (LC 9, 23). Ma la reazione a tutto questo per Gesù è la preghiera che diviene l’occasione per fare unità, per raccogliere i sentimenti più intimi e lasciarsi guidare da Dio, anche se si dovranno attraversare le tempeste della vita. Alla fine dell’esperienza rimane solo una voce. La notazione finale del brano che riporta: «restò Gesù solo», «fu trovato solo» (inventus est Iesus solus); parla della condizione di Gesù anche durante la Trasfigurazione, ovvero durante la preghiera che i discepoli faticano a reggere. Sul monte della Trasfigurazione, dove è salito «per pregare», Gesù è solo, anche «mentre prega». La fatica dei discepoli, espressa da almeno tre annotazioni, ci suggerisce, per via negativa, tre tappe di una iniziazione, tre momenti di un cammino per entrare nel mistero della preghiera di Gesù. I discepoli sono gravati dal sonno, le loro palpebre cadono, gli occhi si chiudono e trapela la fatica anche somatica del pregare. Quindi Pietro pronuncia parole che appaiono confuse, tangenziali a ciò che è avvenuto. Endlich, tutti vengono presi da paura. Il loro non dire niente a nessuno con cui si chiude il racconto (LC 9,36) sembra il possibile inizio di qualcosa di nuovo e di positivo. Questo silenzio potrebbe essere il loro cominciare a custodire una solitudine interiore, indizio del pregare, ovvero capacità di ripensare e meditare gli eventi successi e cercarne un senso davanti a Dio. Come Maria che custodiva parole e fatti riguardanti suo figlio Gesù volgendoli e rivolgendoli nel suo cuore (vgl.. LC 2,19.51).

Fröhlichen Sonntag euch allen!

aus der Eremitage, 16 Marsch 2025

.

_________________________________________________________

Homiletik Die Väter der Isle of Patmos

.

HE WILL TRANSFIGURE OUR MORTAL BODY BY IMAGE OF HIS GLORIOUS BODY

«Master, it is good for us to be here. Let us put up three shelters — one for you, one for Moses and one for Elijah». He did not know what he was saying

 

 

 

 

 

 

 

 

.

.

The old Tradition has preserved the famous episode of the Transfiguration of Jesus on the mountain, where the celestial epiphany of baptism is repeated, this time for the benefit of a few disciples.

The story, in its current location during the life of Jesus, partly obscures the meaning of the event, because it is Jesus himself who leads the disciples to the mountain where he undergoes a temporary transfiguration presented as a preannouncement of the destiny of death and resurrection that awaits him. It is very likely that it was originally a story of the appearance of the Risen One, which Mark, who excluded those stories from his narrative, would have inserted at the center of the Gospel, immediately after Peter’s messianic confession, to balance the announcement of the destiny of death of the Son of Man (Mk 8:31) with the proleptic vision of his glorification (Mk 9:2-13); a choice that would have determined its placement also in Matthew and Luke. Supporting this hypothesis is the fact that in the continuation of the three stories the disciples’ misunderstanding of Jesus remains intact, despite the fact that some of them had witnessed such a sensational event. While, placed after his death, the story takes on a crucial meaning.

The three disciples receive, in a state of slackening of waking consciousness ― «burdened by sleep», Peter «does not know what he is saying» ― the revelation of the Son of Man in a form transfigured by divine light. This is the turning point: the disciples, after his death, have the vision of Jesus placed on the same level as Moses and Elijah, two gloriosus biblical figures already raised to heavenly glory and they hear the proclamation of his divine election, the same one that resounds at the moment of baptism. Finally the disciples “kennt” who Jesus is, and it is in the light of this understanding that the historical episode of the baptism takes on its “wahr” meaning of divine investiture. Among the numerous accounts of apparitions of the Risen One, that of the Transfiguration therefore represents in the most eloquent way the process through which some disciples have reached a superior understanding regarding the meaning of the human story of Jesus after the shock of his death. Let us read it:

«About eight days after Jesus said this, he took Peter, John and James with him and went up onto a mountain to pray. As he was praying, the appearance of his face changed, and his clothes became as bright as a flash of lightning. Two men, Moses and Elijah, appeared in glorious splendor, talking with Jesus. They spoke about his departure, which he was about to bring to fulfillment at Jerusalem. Peter and his companions were very sleepy, but when they became fully awake, they saw his glory and the two men standing with him. As the men were leaving Jesus, Peter said to him, “Master, it is good for us to be here. Let us put up three shelters — one for you, one for Moses and one for Elijah” (He did not know what he was saying). While he was speaking, a cloud appeared and covered them, and they were afraid as they entered the cloud. A voice came from the cloud, saying, “This is my Son, whom I have chosen; listen to him”. When the voice had spoken, they found that Jesus was alone. The disciples kept this to themselves and did not tell anyone at that time what they had seen» (Lk 9, 28-36).

The passage of the Transfiguration, as already mentioned at the beginning, is among the most difficult to read and to place within the historical path of Jesuslife. It is rich in suggestions because it presents many and rich allusions to events and stories of the Old Testament.

The temporal annotation, placed at the beginning, «eight days later», while the other synoptics report: “six days later”, connects the story with what has just happened. Jesus has finished his first announcement of the passion, aber, at least according to Matthew and Mark, but not Luke, he has also received a bitter disappointment from Peter. If shortly before he had recognized him as the Messiah, now instead he advises him, taking him aside, not to go to Jerusalem, because the Christ should not have died. Simon, in the mouth of Jesus, becomes like Satan. For this reason many modern commentators add another motivation to the traditional interpretation that sees a theological meaning in the presence of Moses and Elijah next to Jesus, they would embody the Law and the Prophets. These two characters would bring Jesus the consolation he needed. The biographies of Elijah and Moses, eigentlich, tell us what the two had to go through and this makes them know what Jesus is about to go through. Both have experienced daring trials to the point of even asking God to die. In Exodus 32:32, immediately after the story of the golden calf, Moses turns to the Lord, imploring forgiveness for his people: «if you would forgive their sinBut if not, blot me out of your book which you have written!» Elijah in 1 Kings 19:4: «Take my life, for I am no better than my fathers». Finally, both have had bitter disappointments, for which they are granted the vision of God (Exodus 33:21-22; 1 Kings 19:13).

The presence of the two characters is therefore not only for the disciples, but is the consolation for the Son who is about to go to Jerusalem. Jesus must be comforted and strengthened regarding hisexodus”, or his near future; the angel will do the same in Gethsemane, according to Luke’s account, at the moment of the extreme struggle (Lk 22:43-44).

The three Synoptic Gospels try to explain what happened on Tabor, the mountain in Galilee where, according to Cyril of Jerusalem, the Transfiguration took place since 348, and they describe that transformation in their own way. Both Matthew and Mark use a passive verb, the so-calledtheological passive”: “he was transformed”; which implies that implicitly it was God who acted. For Mark, in particular, the Transfiguration plays an important role in the economy of his writing. For him it is not just a matter of listening to Jesus: «This is my beloved Son; listen to him!» (Mk 9:7), but also of accepting that He is truly the Son. Peter, in Mk 8:29, had stopped at a partial identification, recognizing Jesus only as the Messiah: «Peter answered him, You are the Christ». The voice on Tabor, aber, emphasizes that Jesus is indeed the Son, according to the name that had already been given to Him at baptism. This element, in itself, has no correspondence in Matthew’s account, where Peter had already seen in Jesus both the Messiah and the Son: «You are the Christ, the Son of the living God» (MT 16:16).

For the evangelist Luke, finally, the Transfiguration is not only a moment of consolation for Jesus or the way in which Peter must understand who Jesus was and his destiny. Luke also introduces the motif of the glory that manifests itself. Only this evangelist, eigentlich, insists twice on this term: «glory» (v. 31 und 32). In this way Jesus, on the mountain, prefiguring to the disciples what will be his destiny, after his “exodus”, lets it be understood that it will also be fulfilled for them, and for us. The announcement of the passion and death of Jesus is never complete if it is not associated with that of glory, of the resurrection. Thus also our destiny as believers in Him will be fulfilled when our body, our life, will be transfigured and we too, like Peter, John and James, will see the Risen One «just as he is» (1 Jh 3:2), not only in his human form, but in his most complete reality. The transformation of Jesus is the unveiling of the profound personality of Jesus, that of the chosen one, of the only-begotten Son and is also a prophecy of our future transformation.

For this reason, I would like to emphasize how recurrent, in today’s passage, the verb to see is, which comes back several times and in different forms (in the verses 27, 30, 31, 36), as well as the term: to listen (in the verse 35). They describe well the current condition of believers who, thanks to faith, can see the Lord present in the little ones, in their neighbor or in the sacraments where, as Leo the Great wrote: “what was then visible in our Savior has passed away” (Predigten 74, 2). And in addition to seeing, they can also listen to him thanks to the Church that still prepares the table of His word.

Finally, one last detail. Reading the passages of the Transfiguration, only Luke gives us at least one reason why Jesus goes up the mountain, das ist, to pray and prayer is, incidentally, also one of the most important Lenten commitments. Among the evangelists, Luke is the one who insists more than the others on this aspect and lets Jesus pray even when the other Gospels do not say so: at the baptism (Luke 3:21: «When Jesus also had been baptized, he was praying»); before choosing the Twelve (Luke 6:12: «In those days he went out to the mountain to pray, and spent the whole night in prayer to God»); and here, at the Transfiguration: «About eight days after these sayings, Jesus took with him Peter and John and James and went up the mountain to pray» (Luke 9: 28).

A few days earlier, according to Mark and Matthew, Jesus had received a setback, precisely from Peter. Luke passes over it and only tells of the announcement of the passion and the harsh demands that descend from it for the disciple: «If anyone would come after me, let him deny himself and take up his cross daily and follow me» (Luke 9:23). But the reaction to all this for Jesus is prayer, which becomes the occasion to create unity, to gather the most intimate feelings and let oneself be guided by God, even if one has to go through the storms of life. At the end of the experience only one voice remains.

The final notation of the passage that reports: «Jesus remained alone», «he was found alone» (latin: «inventus est Iesus solus»); speaks of Jesuscondition even during the Transfiguration, das ist, during the prayer that the disciples struggle to sustain. On the mountain of the Transfiguration, where he went up «to pray», Jesus is alone, even «while praying». The fatigue of the disciples, expressed by at least three annotations, suggests to us, in a negative way, three stages of an initiation, three moments of a journey to enter into the mystery of Jesusprayer. The disciples are burdened by sleep, their eyelids fall, their eyes close and the somatic fatigue of praying shines through. Then Peter pronounces words that appear confused, to what has happened. Finally, everyone is gripped by fear. Their not saying anything to anyone with which the story ends (Lk 9:36) seems the possible beginning of something new and positive. This silence could be their beginning to guard an interior solitude, a sign of prayer, or the ability to rethink and meditate on the events that happened and seek a meaning before God. Like Mary, who guarded words and facts about her son Jesus, in her heart (Luke 2:19.51).

Happyntag an alle!

aus der Einsiedelei, Marsch 16, 2025

 

 

.

.

.

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

.

Besuchen Sie die Seiten unserer Buchhandlung WHO und unterstützen Sie unsere Ausgaben, indem Sie unsere Bücher kaufen und verteilen.

.

______________________

Sehr geehrte Leserinnen und Leser,
Dieses Magazin erfordert Verwaltungskosten, die wir immer nur mit Ihren kostenlosen Angeboten hatten. Wer unsere apostolische Arbeit unterstützen möchte, kann uns seinen Beitrag bequem und sicher zukommen lassen PayPal indem Sie unten klicken:

Oder wenn Sie bevorzugen, können Sie unsere verwenden
Bankkonto im Namen:
Editions Die Insel Patmos

n Agentur. 59 Aus Rom
IBAN:
IT74R05034032590000000301118
Für internationale Banküberweisungen:
Kodex SWIFT:
BAPPIT21D21

Bei Banküberweisung senden Sie bitte eine E-Mail an die Redaktion, Die Bank gibt Ihre E-Mail-Adresse nicht an und wir können Ihnen keine Dankesnachricht senden:
isoladipatmos@gmail.com

Wir danken Ihnen für die Unterstützung, die Sie unserem apostolischen Dienst anbieten möchten.

Die Väter der Insel Patmos

.

.

.

.

.

Von Sacht in den Bergen bis zur Liebe zu Feinden in den Ebenen

Homiletik der Väter der Insel Patmos

DALLE BEATITUDINI IN MONTAGNA ALL’AMORE PER I NEMICI IN PIANURA

«Chi usa la Parola di Gesù diversamente che agendo, gibt Jesus falsch, verweigert die Predigt am Berg, Implementiert sein Wort nicht. Dal punto di vista umano ci sono infinite possibilità di intendere e di interpretare il sermone sulla montagna. Gesù conosce una sola possibilità: andare e obbedire»

 

 

 

 

 

 

 

 

.

Artikel im PDF-Druckformat

 

.

Dopo le beatitudini proclamate nel Vangelo di domenica scorsa, prosegue la lettura del sermone in pianura di Gesù redatto da Luca, nella parte in cui si accede al cuore del Suo discorso dove predomina l’etica dell’amore rivolto ai nemici, espresso nel donare gratuitamente, esente dal giudicare, propositivo quando invita a porgere un’altra guancia. Nel testo, Al v. 31, è conservata la famosa «regola d’oro»: «Come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro».

L’intero discorso di Gesù, coi suoi comandi, si regge sul verbo agapao, amare. E i detti sono espressi secondo uno stile sapienziale con verbi soprattutto all’imperativo. Quello che alla fine emerge è il desiderio di Gesù di scardinare la logica della reciprocità. Leggiamo la pericope evangelica.

„Zu dieser Zeit, Jesus sagte seinen Jüngern: “A voi che ascoltate, ich sage: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; verurteile nicht und du wirst nicht verurteilt werden; vergib und dir wird vergeben. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio”» (LC 6,27-38).

Dopo il «guai» (LC 6, 26), speculare dell’ultima beatitudine, le parole di Gesù proseguono con una potente avversativa, «Ma a voi che ascoltate io dico» (v. 27), che apre la porta alla comprensione della sostanziale differenza della vocazione cristiana nel mondo. Al cuore di essa vi è l’amore per il nemico che forma l’inclusione dell’intero passo di Lukas 6, 27-35: «Amate i vostri nemici». Chi è il nemico nelle parole di Gesù? È colui che odia, maledice, maltratta ed esprime la sua inimicizia con la violenza fisica, con il furto, con la richiesta e la pretesa. Qualunque sia il modo di esprimersi dell’inimicizia la straordinaria proposta di Gesù che definisce la precipua differenza cristiana riposa nella risposta non violenta. Non una qualsiasi non violenza, ma una propositiva ed attiva, poiché essa, sottraendosi alla specularità, pone in essere un’azione positiva di segno opposto. Non ripetendo il gesto violento subìto il discepolo di Gesù esce dal mimetismo e dalla passività. Si tratta di fare qualcosa attivamente dopo un tempo nel quale si è subita passivamente la violenza; non ponendosi, Aber, di fronte all’altro come si fa in una lite o in un incontro di boxe. Non faccio quel che fa il violento, non lo tocco dove egli mi tocca e non gli permetto di toccarmi nello stesso posto. Eppure agisco a partire dal suo primo atto, vengo sul suo terreno e lì gli presento l’alterità. Questo testo ci sta dicendo cosa fare se l’obiettivo è quello di rendere possibile una relazione di alterità con qualcuno che soffre e che fa soffrire. Ciò è rappresentato emblematicamente dalle parole di Gesù sullo schiaffo che è forse il passaggio del brano più noto ed iconico: «A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra». Nel testo evangelico greco la parola usata per dire «altra guancia» non è quella che ci aspetteremmo, se ci trovassimo di fronte alla semplice simmetria: vengo colpito su una parte del volto, ti presento anche l’altra. Non è usato qui il vocabolo greco «éteros» usato nell’accezione di «ora l’uno ora l’altro». Qui il Vangelo adopera il termine «allos» che significa: Ein weiterer, unterschiedlich. Non è, damit, la seconda guancia, è una guancia altra. Non c’è una somma, prima la destra e poi la sinistra, ma occorre presentare una guancia differente. La grande novità di queste parole di Gesù rivelano che, se da un lato in una forma avversativa nello stesso tempo mite e potente, contrastano il sentire e il modo di agire mondano, dall’altro dicono che è possibile fare il bene del nemico, facendolo sentire una persona migliore, offrendogli la possibilità di emendarsi dalla violenza. Gli dico che può amarsi, perché in fondo sia l’offensore che l’offeso sono destinatari di un amore di cui non sospettavano la grandezza.

E qui ci soccorre la teologia cristiana sull’amore che ci aiuta a capire perché esso possa essere addirittura comandato, come nelle parole di Gesù. Perché il comando esprime anche una insospettata possibilità che Cristo per primo ha vissuto, non nella sola forma di provare un sentimento, ma nella concretezza delle azioni, mostrando di amare chi amabile non è, come i suoi nemici, rivelando così la fonte unica di quell’amore fino all’impossibile che è Dio Padre: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito… Gesù, zu wissen, dass seine Zeit gekommen war, um von dieser Welt auf den Vater überzugehen, seine eigenen geliebt zu haben, die in der Welt waren, li amò fino alla fine» (GV 3, 16; 13, 1). Così si esprimono anche diversi primi autori cristiani. Dio ha mostrato il suo amore per noi perché, mentre noi eravamo nemici e peccatori, Cristo è morto per noi (VGL. RÖM 5,6-11). Cristo sulla croce ha abbattuto la logica dell’inimicizia (vgl.. Eff 2,14), Egli ha risposto agli oltraggi e alle violenze invocando il perdono sui suoi aguzzini (1Pkt 2,23; LC 23,34). In questo senso l’amore può essere comandato, perché va inteso nella sua altezza e profondità: „Sei gnädig, come il Padre vostro è misericordioso» (v. 36); ancor prima che nella sua estensione, anche se scopriamo che in questa rientriamo tutti, noi come il prossimo e addirittura il nemico: „Du sollst deinen Nächsten lieben wie dich selbst“ (MC 12,31). È anche significativo ed innovativo che Gesù abbia rielaborato, secondo Luca, la regola d’oro in forma positiva e non negativa come si trova invece in altri testi ed autori antichi: «Come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro».

Luca per definire la forza o capacità che permette di andare oltre la misura umana della reciprocità usa il termine «χάρις», cháris (vgl.. LC 6,32.33.34; la Bibbia CEI traduce: «quale gratitudine vi è dovuta?»). Davvero l’amore che il cristiano riesce ad avere perfino verso il suo nemico è una grazia, è cioè un dono che viene da Dio.

Per concludere bisogna accennare a come le parole di Gesù, così esigenti, siano state variamente interpretate. Restringiamo il campo a due punti di vista. La posizione cattolica che opta per le due vie, quella della maggioranza che è invitata a seguire i precetti di Gesù e l’altra, più radicale ed esigente, per quei pochi che insieme ai precetti perseguono anche i consigli che sono lasciati alla libera opzione e richiedono uno stato di perfezione. Vi è poi la posizione dell’ortodossia luterana che ritiene «inattuale» il discorso della montagna o della pianura, poiché difficile da mettere in pratica fedelmente. Allo stesso modo della impraticabilità della legge mosaica esso mette in risalto la condizione peccatrice e dunque la necessaria apertura della fede alla grazia che salva. Giustamente a questa posizione, ma a questo punto direi anche alla cattolica, reagisce Dietrich Bonheffer nel suo libro teologico più famoso:

«Chi usa la Parola di Gesù diversamente che agendo, gibt Jesus falsch, verweigert die Predigt am Berg, Implementiert sein Wort nicht. Dal punto di vista umano ci sono infinite possibilità di intendere e di interpretare il sermone sulla montagna. Gesù conosce una sola possibilità: andare e obbedire» (Sequela).

Le parole del teologo protestante interrogano ancora oggi la nostra coerenza e ci sfidano. Il discorso della pianura di Luca si può mettere in pratica, non grazie alle nostre capacità, ma con l’aiuto di Dio. L’etica cristiana è praticabile, purché tenga al centro la grazia che viene da Dio.

Dall’eremo, 23 Februar 2025

.

.

.

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

.

Besuchen Sie die Seiten unserer Buchhandlung WHO und unterstützen Sie unsere Ausgaben, indem Sie unsere Bücher kaufen und verteilen.

.

______________________

Sehr geehrte Leserinnen und Leser,
Dieses Magazin erfordert Verwaltungskosten, die wir immer nur mit Ihren kostenlosen Angeboten hatten. Wer unsere apostolische Arbeit unterstützen möchte, kann uns seinen Beitrag bequem und sicher zukommen lassen PayPal indem Sie unten klicken:

Oder wenn Sie bevorzugen, können Sie unsere verwenden
Bankkonto im Namen:
Editions Die Insel Patmos

n Agentur. 59 Aus Rom
IBAN:
IT74R05034032590000000301118
Für internationale Banküberweisungen:
Kodex SWIFT:
BAPPIT21D21

Bei Banküberweisung senden Sie bitte eine E-Mail an die Redaktion, Die Bank gibt Ihre E-Mail-Adresse nicht an und wir können Ihnen keine Dankesnachricht senden:
isoladipatmos@gmail.com

Wir danken Ihnen für die Unterstützung, die Sie unserem apostolischen Dienst anbieten möchten.

Die Väter der Insel Patmos

.

.

.

.

.

Jesus hebt den Glauben hervor, indem er Ärger und Sacht vorschlägt

Homiletik der Väter der Insel Patmos

GESÙ METTE IN RISALTO LA FEDE PROPONENDO GUAI E BEATITUDINI

«Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. Wahrlich, ich sage euch:: Viele Propheten und viele Gerechte wollten sehen, was Sie sich ansehen, Aber sie haben es nicht gesehen, Und hör dir an, was du hörst, ma non lo ascoltarono

 

 

 

 

 

 

 

 

.

Artikel im PDF-Druckformat

 

.

.

In questa domenica si legge il testo delle beatitudini secondo la versione di Luca. Un brano che si differenzia da quello più noto, presente nel primo Vangelo, per il numero di beatitudini: quattro contro le otto di Matteo; e per la presenza di altrettanti «guai» che formano una precisa contrapposizione con le stesse.

Fra Angelico, Le beatitudini

Se a essere dichiarati «beati» sono i poveri, gli affamati, i piangenti e perseguitati, i guai si indirizzano ai ricchi, ai sazi, i ridenti e a coloro che sono lodati. Außerdem, se le beatitudini di Matteo sono inserite nel cosiddetto Discorso della montagna (vgl.. MT 5,1), quelle di Luca sono pronunciate in un luogo pianeggiante (vgl.. LC 6,17). Leggiamo il testo.

„Zu dieser Zeit, Jesus, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne. Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, er sagte: “Beati voi, Arm, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, dort, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, Reich, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Wehe euch, che ora siete sazi, perché avrete fame. Wehe euch, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti”» (LC 6,17.20-26).

Poiché non esiste altra pagina evangelica che abbia tanto interessato il pensiero e la cultura e sia stata oggetto di svariate interpretazioni, cercherò di mettere in evidenza il punto di vista dal quale Luca intende presentare le beatitudini di Gesù, ma anche i guai che ne seguono. Sie, in der Tat, sono necessari per spiegare le prime, le presuppongono e ne sono la loro controparte, cosicché le beatitudini, poste su questo sfondo negativo, risaltano meglio.

Subito dopo aver costituito i Dodici (LC 6,12-16) Gesù pronuncia le beatitudini, che dunque assumono un valore particolarmente significativo per quel gruppo «ai quali diede il nome di apostoli» (LC 6,13). Sie, uniti a quelli che per primi seguirono Gesù, sono i destinatari immediati di queste parole: «Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva» (LC 6,20). Però vi è anche una folla numerosa che stavolta ascolta il discorso, formata da ebrei e persone provenienti da zone non ebraiche, come le città fenicie di Tiro e di Sidone. Con questa annotazione l’evangelista non intende solo mostrare che la fama di Gesù si è estesa al di fuori dei confini di Israele, ma desidera prefigurare l’estensione post-pasquale, anche ai cosiddetti gentili, del messaggio di salvezza di Gesù. Außerdem, poste immediatamente dopo l’annotazione che la folla «cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti» (LC 6,19), le parole di Gesù che propongono beatitudini e guai intendono far risaltare la fede in chi lo segue e lo sta cercando, invece che la dimensione magica o interessata. Riportano le persone sulla terra e dunque sul piano delle scelte e delle responsabilità. Per questo il modo di parlare in pubblico di Gesù, come già in occasione dell’omelia nella sinagoga di Nazareth, ha un tono «kerygmatico» e pedagogico; invogliano a prendere posizione e predispongono anche a un’inevitabile divisione, poiché le parole di Gesù svelano i pensieri di molti cuori (vgl.. LC 2,34-35). Possiamo dire che la pagina evangelica che mette a diretto confronto, in un brutale vis-à-vis, poveri e ricchi, affamati e sazi, afflitti e gaudenti, perseguitati e gente ammirata, implica una necessaria scelta di campo, un’opzione che in definitiva è tra l’autosufficienza e la fiducia nel Signore, ovvero tra l’idolatria e la fede.

Di norma si pensa sia Matteo l’evangelista delle beatitudini, invece Luca nel suo scritto ne presenta ben quindici, due in più del suo collega e, Der andere Bruder, è anche il solo che ci trasmette la beatitudine degli ascoltatori della Parola: «Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la custodiscono» (LC 11,28). Questa è infatti la chiave per scorgere la beatitudine nelle varie situazioni vitali: ascoltare e custodire la parola e i segni di Dio, come la Vergine Maria per prima ha fatto.

Im Alten Testament, in particolare nei Salmi e nella letteratura sapienziale, le beatitudini costituiscono quelle indicazioni date affinché l’uomo raggiunga il traguardo della felicità: «Beato l’uomo che non cammina in compagnia dei malvagi e nella strada dei peccatori» (Soll 1,1). Se si seguono si vivrà felici, ma se si preferisce un’altra strada iniziano i guai, che sono necessarie messe in guardia: non maledizioni, ma avvisi, come quelli che davano gli antichi profeti (Ist 1,4; 5,8-24; 30,1; 33,1). Rispetto all’Antico Testamento, il Nuovo presenta a questo proposito alcune sostanziali differenze. Per Gesù non esistono particolari condizioni previe alle beatitudini, perché Egli dichiara già felici coloro che sono in una determinata situazione e non dice ad esempio: «siate poveri!». Si rivolge, chiamandolo beato, a chi povero lo è già. La beatitudine, o «macarismo» come viene definita in senso tecnico in modo da richiamare l’espressione greca, non stabilisce alcun comportamento previo perché è l’annuncio di una novità che viene da Dio e per questo difficile da cogliere a prima vista, é paradossale, non mondana e richiede la fede. In ciò risiede l’originalità e la differenza di senso che il Nuovo Testamento apporta. Le beatitudini, das ist, più che un’etica da mettere in pratica sono l’annuncio di una novità, un modo nuovo di vivere la vita e di pensarla, perché tutto è visto in rapporto a Dio, ovvero al suo Regno. Ausgeben, genau, potrebbe riscontrare beatitudine nei poveri, negli indigenti, nei sofferenti, nei perseguitati? O meglio ancora: come possiamo anche noi, nelle nostre personali povertà, nelle nostre sofferenze o dentro qualsiasi altra situazione faticosa, riconoscerci beati? Cosa permette di leggere una situazione e di giudicarla come benedetta e non invece una maledizione o una disgrazia? La beatitudine funziona solo per chi ha fede. Per usare un’immagine molto importante per la teologia della rivelazione, potremmo dire che servono gli occhi della fede (P. Rousselot, Les yeux de la foi, 1910; Trad.. es. Gli occhi della fede, Mailand 1974).

Nella fede c’è la possibilità di vedere in un modo diverso, poiché essa rende capaci gli occhi di cogliere ciò che altrimenti rimane sotto la superficie. In forza della grazia il credente riconosce quei segni che Dio pone nella sua vita, Andernfalls, senza la grazia, vede solo il fallimento, die Toten, Hunger, verzweifeln. Con la fede in essi scorge, trotz allem, Gottes Gegenwart. È allora chiaro perché Gesù non pone condizioni all’essere beati. Solo una è la condizione previa: credere alla sua Parola.

Le parole di Gesù sono comprensibili alla luce del fatto che in Lui si manifesta davvero l’avvento del Regno di Dio. Beatitudini e guai sono lo sguardo di Dio su situazioni umane contraddittorie e ciò appare paradossale, poiché Egli vede ciò che l’uomo non scorge, sconvolgendo i parametri umani di valutazione. In fondo ciò che le beatitudini mettono in questione è il rapporto col presente che per alcuni si mostra pieno, soddisfacente e saturo (vgl.. la Vulgata che traduce il «sazi» di LC 6,25 mit: «qui saturati estis») e per altri è desiderio ed attesa di un cambiamento. Questi sono i poveri che per la loro situazione di mancanza ed indigenza diventano i primi destinatari del Regno. La vera povertà non è l’indigenza o la miseria in sé, ma lo stato di chi, come gli עֲנָוִים (anawim i poveri e gli umili in ebraico) des Alten Testaments, sono capaci di accogliere Dio perché sanno di non avere nulla e di attendersi tutto da lui. Guai ai ricchi, sagt Jesus, quando sono schiavi delle ricchezze, perché ripongono in esse la sicurezza della vita e ritengono che il loro essere dipenda dall’avere (vgl.. LC 12,15: «Seien Sie vorsichtig und halten Sie sich von jeglicher Gier fern, denn, auch wenn einer im Überfluss vorhanden ist, sein Leben hängt nicht davon ab, was er besitzt "). Non a caso l’azione divina celebrata nel Magnificat canta il Dio che «ha saziato (riempito) di beni gli affamati», mentre «ha rimandato vuoti i ricchi» (LC 1,53). O come nel racconto metaforico di LC 16,19-31 dove il ricco, sazio e gaudente, si contrappone a Lazzaro, Arm, affamato, nudo, senza casa, wohingegen, nella prospettiva escatologica della parabola, i destini dei due sono completamente ribaltati. Quella parabola è un bel commento narrativo al discorso di Gesù che alterna beatitudini e guai.

Endlich, la beatitudine nella povertà e nella fame non ci lascia comunque tranquilli o senza dolore per le situazioni che si rincorrono nel mondo e per la sorte di tanti, soprattutto quando a soffrire sono inermi e bambini. La fede e la fiducia in Dio, come scrive il Manzoni, non basta a tenere lontani i problemi, piuttosto «li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore». Una conclusione «trovata da povera gente», commenta lo scrittore (die Verlobten, Kappe. XXXVIII). Ma la parola beati, che noi leggiamo in greco, poiché il vangelo ci è stato trasmesso in quella lingua, Gesù l’ha pronunciata in aramaico e nella sua lingua non vuol dire solo felici, ma significa anche «dirigere, orientare, incamminarsi» e dove se non nel mondo? Non possiamo fuggire da questo mondo, bisogna starci e imparare a vedere cose che la maggior parte non vede, non tanto perché manca di un principio di fede, ma perché travolta dalla vita non ha più tempo di pensare.

C’è una particolare beatitudine ricordata da Matteo. Sono parole straordinariamente dense pronunciate da Gesù riferendosi alla capacità che abbiamo non tanto di separarci materialmente dalle cose, dal lavoro quotidiano, dalla famiglia, ma di saper vedere nel nostro ambiente, im täglichen Leben, quello che superficialmente non si vede, quello che trascende la nostra visione immediata:

«Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. Wahrlich, ich sage euch:: Viele Propheten und viele Gerechte wollten sehen, was Sie sich ansehen, Aber sie haben es nicht gesehen, Und hör dir an, was du hörst, ma non lo ascoltarono!» (MT 13, 16-17).

Dall’eremo, 16 Februar 2025

.

.

.

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

.

Besuchen Sie die Seiten unserer Buchhandlung WHO und unterstützen Sie unsere Ausgaben, indem Sie unsere Bücher kaufen und verteilen.

.

______________________

Sehr geehrte Leserinnen und Leser,
Dieses Magazin erfordert Verwaltungskosten, die wir immer nur mit Ihren kostenlosen Angeboten hatten. Wer unsere apostolische Arbeit unterstützen möchte, kann uns seinen Beitrag bequem und sicher zukommen lassen PayPal indem Sie unten klicken:

Oder wenn Sie bevorzugen, können Sie unsere verwenden
Bankkonto im Namen:
Editions Die Insel Patmos

n Agentur. 59 Aus Rom
IBAN:
IT74R05034032590000000301118
Für internationale Banküberweisungen:
Kodex SWIFT:
BAPPIT21D21

Bei Banküberweisung senden Sie bitte eine E-Mail an die Redaktion, Die Bank gibt Ihre E-Mail-Adresse nicht an und wir können Ihnen keine Dankesnachricht senden:
isoladipatmos@gmail.com

Wir danken Ihnen für die Unterstützung, die Sie unserem apostolischen Dienst anbieten möchten.

Die Väter der Insel Patmos

.

.

.

.

.

Pietro, Expertenfischer Sohn von Fischern, wirft die Netze auf das Wort des Sohnes eines Zimmermanns

Homiletik der Väter der Insel Patmos

PIETRO, Expertenfischer Sohn von Fischern, GETTA LE RETI SULLA PAROLA DEL FIGLIO DI UN FALEGNAME

Jesus, Wer war Tischler, Er war kein Angelexperte, Doch Simone the Fisherman vertraut diesem Rabbiner, Das gibt ihm keine Antworten, sondern ruft ihn auf, sich zu verlassen. La sua reazione davanti alla pesca miracolosa è quella dello stupore e della trepidazione: «Lord, allontanati da me che sono un peccatore»

 

 

 

 

 

 

 

.

Artikel im PDF-Druckformat

 

.

.

Pietro era un ebreo credente e osservante, fiducioso nella presenza operante di Dio nella storia del suo popolo, e addolorato per non vederne l’azione potente nelle vicende di cui egli era, bis zur Gegenwart, testimone. In tale frangente avviene il suo primo incontro con Gesù.

I Vangeli sinottici ci informano che Pietro è tra i primi quattro discepoli del Nazareno (LC 5,1-11), ai quali se ne aggiunge un quinto, secondo il costume di ogni Rabbi di avere cinque discepoli (LC 5,27: chiamata di Levi). Quando Gesù passerà da cinque a dodici discepoli (LC 9,1-6), sarà infine chiara la novità della sua missione. Egli non è uno dei tanti rabbini, ma è venuto a radunare l’Israele escatologico, simboleggiato dal numero dodici, quante erano le tribù d’Israele. I Vangeli consentono di seguire passo dopo passo l’itinerario spirituale di Pietro. Il punto di partenza è la chiamata da parte di Gesù. Avviene in un giorno qualsiasi, mentre Pietro è impegnato nel suo lavoro di pescatore. Gesù si trova presso il lago di Genesaret e la folla gli fa ressa intorno per ascoltarlo. Il numero degli ascoltatori crea un certo disagio. Il Maestro vede due barche ormeggiate alla sponda; i pescatori sono scesi e lavano le reti. Egli chiede allora di salire sulla barca, quella di Simone, e lo prega di scostarsi da terra. Sedutosi su quella cattedra improvvisata, si mette ad ammaestrare le folle dalla barca. E così la barca di Pietro diventa la cattedra di Gesù. Quando ha finito di parlare, dice a Simone:

«”Prendi il largo e calate le reti per la pesca! Simone risponde: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”».

Jesus, Wer war Tischler, Er war kein Angelexperte, Doch Simone the Fisherman vertraut diesem Rabbiner, Das gibt ihm keine Antworten, sondern ruft ihn auf, sich zu verlassen. La sua reazione davanti alla pesca miracolosa è quella dello stupore e della trepidazione: «Lord, allontanati da me che sono un peccatore» (LC 5,8). Gesù risponde invitandolo alla fiducia e ad aprirsi ad un progetto che oltrepassa ogni sua prospettiva: "Fürchte dich nicht; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Rileggiamo questo emozionante racconto:

„Zu dieser Zeit, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Jesus, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; aber auf dein Wort werde ich die Netze auswerfen". Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, Sprichwort: «Lord, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: "Fürchte dich nicht; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono» (LC 5,1-11).

Il racconto di Luca segue il canovaccio di MC 1,16-20 a cui si rifà, ma con inserzioni proprie e l’aggiunta di una scena che ricorda molto da vicino quella di GV 21, dove lì è un Gesù ormai risorto a dialogare con Pietro per una definitiva chiamata a seguirlo. Mentre due domeniche fa abbiamo lasciato Gesù a Nazareth non compreso e addirittura rifiutato; qui invece le persone Lo cercano e Pietro, bestimmtes, lascia tutto per seguire il Maestro. Fin da questo iniziale momento cogliamo la particolare attenzione e stima che l’evangelista Luca rivolge a questo discepolo; qualcosa che evidentemente aveva appreso ed ereditato dalla comunità primitiva. Notiamo infatti che, mentre in Matteo e Marco la formula di vocazione è al plurale, «Venite dietro a me, Ich werde euch zu Menschenfischern machen“ (MC 1, 17; MT 4,19), nel racconto lucano è alla seconda persona, dass von Peter. E sullo sfondo, nella pesca infruttuosa, già si intravedono metaforicamente le fatiche apostoliche delle prime comunità cristiane.

La narrazione della pesca miracolosa, in der Tat, presenta i tratti di una catechesi sulla fede per mezzo della quale il Signore ribalta le situazioni umane chiuse e senza speranza. Pietro ne diventa il paradigma. Nelle sue parole, «abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla», non vi è solo amarezza e delusione per l’inane pesca, ma traluce anche un significato più forte che designa la spossatezza e la stanchezza fisica (vgl.. das verb κοπιάω (kopiao). Un’esperienza che troviamo di frequente nella Bibbia, soprattutto nei Salmi: «Sono stremato dai miei lamenti» (Soll 6, 7; vgl.. Auch Soll 69, 4; Soll 127, 1); e che l’antico Israele più volte aveva sperimentato nel corso delle sue vicende. Vi è dunque uno spazio di delusione e di limite nel quale Dio agisce. Per quella parentela fra il presente testo e il capitolo 21 del Vangelo di Giovanni, più sopra ricordata, comprendiamo che senza la presenza del Signore i discepoli si affaticano inutilmente fino alla spossatezza. Ma Lui presente, che invita a gettare le reti nuovamente, tutto cambia. La prima trasformazione avviene nella fiducia del discepolo e qui è Pietro ad esplicitarla: «sulla tua parola calerò le reti» (LC 5,4).

Ma di fronte alla pesca miracolosa sembra non basti lo stupore registrato (v. 9) da Luca, poiché Pietro sente di dover dire: «allontanati da me, perché sono un peccatore». Per alcuni ancora una volta dovrebbe soccorrerci il brano parallelo di Giovanni dove il dialogo fra il Risorto e Pietro, incentrato sull’amore, serve all’apostolo per guarire la ferita del rinnegamento nella notte della passione. Aber vielleicht, einfach, visto che qui l’Apostolo compare protagonista per la prima volta nel Vangelo, la richiesta di perdono è da intendersi come il riconoscimento della propria fragilità di fronte al manifestarsi della grandezza di Dio e al compimento della «sua parola». Ma ciò che ancor più colpisce è l’atteggiamento di Gesù verso il discepolo dal quale ha udito la confessione di colpevolezza. Non la sottolinea, non vi insiste, poiché essa non dice tutto della vita di Pietro, il quale dovrà passare attraverso molteplici confessioni. Jesus, più che sottolineare la peccaminosità del futuro apostolo, preferisce invitarlo alla fiducia ed alla sequela: "Fürchte dich nicht; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Qui conviene sottolineare il verbo usato da Luca per designare questa pesca di uomini e non di pesci, poiché in greco «zogreo» contiene in sé sia il vocabolo ζῷον (zoos vivo) che il verbo ἀγορεύω (agreuo, prendere a caccia o a pesca). Si tratta perciò di un prendere vivo, di un catturare lasciando vivi (vgl.. vocabolario Rocci). In questo modo l’opera pastorale di Pietro e dei suoi soci (v.10), metaforicamente espressa tramite la pesca che era il loro mestiere originario – e qui torna alla mente l’abbondante pesca di GV 21, 11: 153 grossi pesci tirati in barca, senza che la rete si divida – sarà un servizio alla vita. Die, die, attraverso il loro ministero, verranno raggiunti dal Vangelo, saranno attirati al Cristo, il vivente apportatore di vita: «io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (GV 10, 10).

 

Aus der Eremitage, 8 Februar 2025

.

.

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

.

Besuchen Sie die Seiten unserer Buchhandlung WHO und unterstützen Sie unsere Ausgaben, indem Sie unsere Bücher kaufen und verteilen.

.

______________________

Sehr geehrte Leserinnen und Leser,
Dieses Magazin erfordert Verwaltungskosten, die wir immer nur mit Ihren kostenlosen Angeboten hatten. Wer unsere apostolische Arbeit unterstützen möchte, kann uns seinen Beitrag bequem und sicher zukommen lassen PayPal indem Sie unten klicken:

Oder wenn Sie bevorzugen, können Sie unsere verwenden
Bankkonto im Namen:
Editions Die Insel Patmos

n Agentur. 59 Aus Rom
IBAN:
IT74R05034032590000000301118
Für internationale Banküberweisungen:
Kodex SWIFT:
BAPPIT21D21

Bei Banküberweisung senden Sie bitte eine E-Mail an die Redaktion, Die Bank gibt Ihre E-Mail-Adresse nicht an und wir können Ihnen keine Dankesnachricht senden:
isoladipatmos@gmail.com

Wir danken Ihnen für die Unterstützung, die Sie unserem apostolischen Dienst anbieten möchten.

Die Väter der Insel Patmos

.

.

.

.

.

Vielleicht musste Jesus durch die Taufe gereinigt und von seinen Sünden vergeben werden?

Homiletik der Väter der Insel Patmos

Vielleicht musste Jesus durch die Taufe gereinigt und von seinen Sünden vergeben werden?

Das Untertauchen Jesu im Jordan ist ein Zeichen, das offenbart, welches Schicksal das fleischgewordene Wort teilte: das der Sünder. Wie Paulus schreibt: „Er, der keine Sünde kannte, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio».

 

 

 

 

 

 

 

 

.

.

Un episodio sorprendente, addirittura imbarazzante, quello del battesimo di Gesù, che allontana ogni dubbio circa la sua storicità.

Pietro Perugino Pala di Sant ‘Agostino, Battesimo di Gesù, 1512

Giovanni al Giordano impartiva un battesimo di penitenza, secondo quanto scritto in LC 3,3. Gesù aveva forse bisogno di essere perdonato dai peccati? Per tentare di rispondere, seguiamo il filo della pagina del racconto evangelico di questa Domenica, nella versione lucana.

„Zu dieser Zeit, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Und hier, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, die Geliebte: in te ho posto il mio compiacimento» (LC 3,15-16.21-22).

In questo brano evangelico notiamo alcune peculiarità. Solo Luca ci dice che Gesù ricevette il battesimo in questo modo: «quando tutto il popolo fu battezzato» (3,21). Mettendosi in fila come gli altri Gesù è l’ultimo di un lungo corteo. L’espressione «tutto il popolo» è tipica dell’evangelista Luca e non è una semplice affermazione tesa ad esagerare la realtà per amplificarla; ha invece uno spessore teologico. Il primo utilizzo di questa espressione nella Bibbia si trova nel libro della Genesi, nel racconto del peccato degli abitanti di Sodoma:

«Gli uomini di Sodoma si radunarono attorno alla casa [di Lot] dai giovani ai vecchi, tutto il popolo al completo» (19,4).

Questa dicitura richiama la condizione peccaminosa di un intero gruppo di uomini, la complicità nel peccato di una determinata moltitudine. Luca usa l’espressione «tutto il popolo» per affermare che l’evento del battesimo di Gesù riguarda in effetti tutto il popolo d’Israele, quanti sono stati toccati dalla testimonianza di Giovanni Battista e non solo. L’immersione nelle acque del Giordano era un segno di conversione e di penitenza, l’atteggiamento a cui tutti erano chiamati per accogliere la salvezza. Ma San Luca sembra guardare anche al di là del popolo di Israele e lascia trapelare che è tutta l’umanità a essere convocata e abbracciata.

Nel mistero del Natale abbiamo meditato l’incarnazione del figlio di Dio, la sua venuta come uomo tra gli uomini, assumendo «in tutto eccetto il peccato» la vera natura umana. Messa in questo modo, Das Untertauchen Jesu im Jordan ist ein Zeichen, das offenbart, welches Schicksal das fleischgewordene Wort teilte: das der Sünder. Wie Paulus schreibt:

„Er, der keine Sünde kannte, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio» (2Kor 5,21).

Reso con maggiore fedeltà al testo greco, questo passaggio del nostro brano potrebbe essere tradotto così: «Quando tutto il popolo fu immerso, anche Gesù fu immerso», come a significare che Gesù si immerge nell’immersione del popolo. Non solo è un membro del suo popolo ma si immerge nella sua stessa condizione ed è con questo atto che dà inizio al suo ministero pubblico, manifestando la sua profonda solidarietà con noi umani, perfino nella nostra condizione di peccatori.

Per l’evangelista Luca, Zu dieser Zeit, l’episodio del battesimo del Signore riveste una funzione teologica fondamentale perché Gesù, ancor prima di essere tentato e poi iniziare il suo ministero, parte da lì. Anche se questo aspetto è più evidente nel vangelo secondo Matteo è chiaro per l’evangelista che in questo mistero si riassumono i vari passaggi del Giordano già compiuti nella storia della salvezza. Da quello di Israele fuggente dall’Egitto, per entrare nella terra promessa, fino al ritorno dello stesso da Babilonia dopo l’esilio. Il Giordano appare fondamentale anche per Gesù; Egli lo attraversa per entrare nella sua missione, in una condizione, almeno esteriore, der Buße. Tutto si farà chiaro all’altro battesimo che Egli deve ancora ricevere (LC 12, 50: «Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!»). Dal battesimo nelle acque del Giordano fino al battesimo nella morte e risurrezione che è la sua Pasqua, il Signore non ha mai cessato di immergersi nelle acque della nostra condizione umana spesso peccaminosa, nelle acque agitate della nostra esistenza. Viene a immergersi nella nostra povera umanità per depositarvi l’amore infinito del Padre.

L’altra peculiarità dell’odierno brano evangelico è rappresentata dal fatto che solo Luca ci dice che Gesù, ricevuto il battesimo, «stava in preghiera». Proprio il Terzo Vangelo ha un’attenzione particolare nei confronti di questo aspetto, poiché i momenti più decisivi del ministero di Gesù sono preparati o accompagnati da una preghiera più intensa: il suo battesimo appunto, la scelta dei dodici (LC 6,12), la domanda posta ai Dodici su chi è Gesù per la gente (9,18), la trasfigurazione (9,28) e la passione (22,41-45). San Luca non riporta nessuna parola di questa preghiera di Gesù e neppure cosa Dio Gli abbia potuto comunicare. Jedoch, dalle parole scese dal cielo, possiamo comprendere che si tratti di una preghiera filiale, un aspetto quest’ultimo caratteristico del modo di rapportarsi di Gesù a Dio come Padre, rimarcato qui da Luca e soprattutto dal Quarto Vangelo: "Vati, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te… Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie» (GV 17, 1. 10). Il Padre riconosce Gesù come suo figlio prediletto, con il quale ha una relazione profonda che definisce e contraddistingue la personalità di Gesù fin da fanciullo: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (LC 2,49).

Infine il contesto della scena evangelica richiama il libro del profeta Isaia e la vocazione dell’eletto:

«Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni» (Ist 42,1).

La missione del Servo inizia dalla comunione e comunicazione con il Padre e dal dono dello Spirito. Lo Spirito Santo giunge ad attestare in modo solenne la divinità di Gesù nel momento in cui ha compiuto, come un uomo qualsiasi, il gesto penitenziale, essendosi sottoposto al battesimo di Giovanni. Durante la sua vita terrena, Gesù non si mostrerà mai così grande come nell’umiltà dei gesti e delle parole. Un’importante lezione per noi che vediamo le cose in modo tanto diverso. Seguire Cristo significa intraprendere questo cammino di umiltà, cioè di verità. Christus, wahrer Gott und wahrer Mensch, ci insegna la verità del nostro essere. Anche a noi cristiani è stata data la grazia dello Spirito ed anche per noi c’è una missione da compiere e una testimonianza da dare. Chiediamo di conoscerla, come Gesù ha conosciuto la sua al Giordano e di poterla vivere. Perché questo accada, il dono dello Spirito va sempre chiesto con insistenza:

«il comportamento di Gesù che prega quando viene lo Spirito, deve servire da esempio ai credenti: il dono dello Spirito Santo infatti è la domanda essenziale della preghiera cristiana» (Gérard Rossé).

Aus der Eremitage, 12 Januar 2025

Battesimo del Signore

 

.

.

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

.

Besuchen Sie die Seiten unserer Buchhandlung WHO und unterstützen Sie unsere Ausgaben, indem Sie unsere Bücher kaufen und verteilen.

.

______________________

Sehr geehrte Leserinnen und Leser,
Dieses Magazin erfordert Verwaltungskosten, die wir immer nur mit Ihren kostenlosen Angeboten hatten. Wer unsere apostolische Arbeit unterstützen möchte, kann uns seinen Beitrag bequem und sicher zukommen lassen PayPal indem Sie unten klicken:

Oder wenn Sie bevorzugen, können Sie unsere verwenden
Bankkonto im Namen:
Editions Die Insel Patmos

n Agentur. 59 Aus Rom
IBAN:
IT74R05034032590000000301118
Für internationale Banküberweisungen:
Kodex SWIFT:
BAPPIT21D21

Bei Banküberweisung senden Sie bitte eine E-Mail an die Redaktion, Die Bank gibt Ihre E-Mail-Adresse nicht an und wir können Ihnen keine Dankesnachricht senden:
isoladipatmos@gmail.com

Wir danken Ihnen für die Unterstützung, die Sie unserem apostolischen Dienst anbieten möchten.

Die Väter der Insel Patmos

.

.

.

.

.

Das Geheimnis von Weihnachten liegt in einer Stille, die von der Geschichte der Menschheit spricht

Homiletik der Väter der Insel Patmos

IL MISTERO DEL NATALE È RACCHIUSO IN UN SILENZIO CHE PARLA ALLA STORIA DELL’UMANITÀ

Entrando anche noi nel silenzio di Betlemme e penetrando il Vangelo con amore e contemplazione scorgiamo dunque qualcosa di bello e di nuovo su Dio e su di noi, damit wir ihn besser kennen, sondern auch wir selbst, Wer wir sind, quale mistero alberga in noi, quale senso e valore ha la nostra vita e quella dell’intero universo.

 

 

 

 

 

 

 

.

Artikel im PDF-Druckformat

 

 

La moda nata negli Stati Uniti di festeggiare in anticipo il sesso del nascituro si è presto propagata anche da noi. Ma nessun baby shower Ö gender reveal party per il Santo Bambino Gesù.

Più seriamente e anche più profondamente nel Natale del Signore, soprattutto nelle tre liturgie che contraddistinguono questa Solennità, viene svelato qualcosa del mistero di Dio e dell’uomo a partire da quello fontale, sorgente di tutti i misteri storici, che è il mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio. Leggiamo perciò il brano proclamato nella Messa della Notte di Natale, secondo il Vangelo di Luca:

„In jenen Tagen ein Gebot von dem Kaiser Augustus ausging, dass eine Zählung soll der ganzen Erde sein. Dies war die erste Anmeldung gemacht, als Quirinius Statthalter von Syrien. Jeder ging eingeschrieben sein, ciascuno nella propria città. Josef auch, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, Zeit kam für sie geliefert werden. Und brachte sie ihren ersten Sohn hervor, Sie wickelte Kleider in Windeln und legte ihn in eine Krippe, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: “Hab keine Angst: dort, Sie gute Nachricht von großer Freude, die für alle Menschen sein soll: heute, die Stadt Davids, Sie ist ein Retter geboren, das ist Christus, der Herr. Dieses Zeichen für Sie: Sie finden das in Windeln gewickelte Babe, adagiato in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”» (LC 2,1-14).

Questo conosciutissimo ed emozionante testo proclamato come Vangelo nella Messa della Notte di Natale lascia a una prima lettura alquanto delusi. Ci aspetteremmo, almeno dai personaggi principali, qualche parola, una spiegazione o esternazione dei loro sentimenti. Essi invece rimangono muti e tutta la scena è avvolta da un grande silenzio. Tace Giuseppe che dalla sconosciuta Nazareth sale alla più nota e significativa città di Davide denominata Betlemme, a motivo del censimento. Ma nulla dice di sé, di quel che prova o percepisce. Muta rimane Maria, la sua sposa, che l’accompagna nel viaggio e silenziosamente da alla luce il suo figlio primogenito. Non ci vengono riferiti i suoi sentimenti, cosa si muoveva nel suo cuore. Solo che partorisce fuori dell’albergo, costretta a poggiare il Bambino in una povera greppia di animali. E, natürlich, non si ode alcun vagito del Bambino appena nato. L’insieme della scena narrata presenta tutta una serie di umili gesti scanditi dal silenzio. Mentre sullo sfondo si proiettano le azioni del potere di Cesare Augusto che vuole che il censimento raggiunga le provincie più lontane. Anche Luca, l’evangelista scrittore, non proferisce alcun commento, come a sottolineare un’estrema misura perfino nella povertà dei mezzi espressivi. Fuori della scena emergono i pastori, intimoriti dall’apparizione di un angelo, sono ammutoliti anch’essi. Solo il messaggero celeste rompe il silenzio annunciando la grande gioia: «E’ nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore». E poi la moltitudine dell’esercito celeste loda Dio proclamandone la gloria nei cieli e la pace sulla terra degli uomini.

Il silenzio è la chiave, in quanto ogni mistero di Dio da esso scaturisce e ad esso ci riporta. Poiché non è semplice, né facile dire Dio, chi Egli sia o descriverlo, il silenzio allora sta lì a segnalare che certe realtà vanno prima di tutto contemplate e lungamente adorate. Questo ci aiuta a comprendere l’apparente e stridente contrasto fra la povertà silenziosa della scena centrale della pagina evangelica e la magnificenza di ciò che le sta intorno. In essa è contenuto il mistero di Dio che va contemplato ed adorato.

Ed è in questo contesto che si rivela, ovvero si solleva il velo sulla singolare manifestazione di Dio, la cui prima caratteristica è indubbiamente la capacità di sorprendere. Chi si sarebbe atteso da Dio un Bambino in fasce? Quale sovrabbondante messaggio Egli porta, quale luce propaga? Ad andare oltre sembra invitarci il brano evangelico, al di là delle dimesse apparenze, per scoprire la ricchezza divina che riposa non nel frastuono, sia esso il bando del censimento di allora, o tutto ciò che oggi fa audience o moltiplica i followers, bensì nella «sottile voce silenziosa» di cui Elia fece esperienza (1Betreff 19, 12), nella quale Dio si rivela all’anima capace di meditazione e contemplazione delle scritture e del mistero in esse contenuto.

Di seguito un secondo aspetto rivela di Dio la scena evangelica. E cioè che Egli venga qualificato da alcuni paradossi, da verità apparentemente al di là del buon senso comune e che il mondo accuratamente evita. Potrebbero essere espressi così: di fronte a Dio il piccolo appare spesso più importante del grande, il povero più del ricco, il disprezzato più di colui che è importante, il singolo più della moltitudine. Außerdem, la povertà non è il male peggiore, dal momento che Dio l’ha permessa per il suo Figlio; es ist immer noch, ciò che sulla terra è solitudine e umiliazione, può essere grande e glorioso in cielo.

Ci accorgiamo, in tal-modo, di entrare a poco a poco in una «teologia e antropologia cristiana», in un nuovo modo di capire Dio e l’uomo. In quell’abitudine, prima ricordata, di saper andare oltre scorgiamo che nel mistero di Betlemme dove tutto solo apparentemente è segreto e silenzio, parla in modo nuovo Dio all’uomo e si manifesta come Colui che ordinariamente è dalla parte del più piccolo e del più povero; come qualcuno la cui onnipotenza si mostra anzitutto nella bontà della tenerezza, nell’affidabilità e nella vicinanza ai più semplici e ai più umili. Comprendiamo così che gli siamo cari, noi fragili, deboli e poveri figli di Adamo. Tutto nella scena evangelica fa emergere dal silenzio un unico grande annuncio denso di significato: Dio ci ama gratuitamente, prima che noi lo amiamo e per il nostro bene ci viene incontro.

Entrando anche noi nel silenzio di Betlemme e penetrando il Vangelo con amore e contemplazione scorgiamo dunque qualcosa di bello e di nuovo su Dio e su di noi, damit wir ihn besser kennen, sondern auch wir selbst, Wer wir sind, quale mistero alberga in noi, quale senso e valore ha la nostra vita e quella dell’intero universo.

Nel mistero adorabile del Natale prendiamo coscienza che non siamo soli, che il Signore è venuto per noi e con noi rimane. Nonostante sentiamo i rombi di guerra d’intorno, il messaggio che Egli porta è quello della gioia e della pace. Una pace divina e non effimera che viene da Lui e attraversa i vissuti delle persone, delle nazioni e dei popoli.

Recentemente è stata avanzata una nuova idea nella riflessione teologica che tratta del mistero dell’incarnazione. Viene denominata «incarnazione profonda», o «radicale». Si tratta di una recente sensibilità teologica interessata a riscoprire la portata inclusiva e salvifica dell’incarnazione per l’intera creazione. Senza nulla togliere alle nuove acquisizioni, ricordiamo che su questo tema si sono confrontati in tanti, soprattutto i santi padri fin dall’antichità. E fra questi Sant’Ambrogio che commentava lo scritto dell’evangelista Luca con queste parole:

«È affinché tu potessi diventare un uomo perfetto che Gesù volle essere un bambinello. Egli fu stretto in fasce affinché tu fossi sciolto dai lacci della morte. Fu nella stalla per porre te sugli altari. Venne in terra affinché tu raggiungessi le stelle, e non trovò posto in quell’albergo affinché tu avessi nei cieli molte dimore. Egli da ricco che era si è fatto povero per noi, perché diventassimo ricchi della sua povertà. Questa indigenza di Dio è dunque la mia ricchezza e la debolezza del Signore la mia forza. Ha preferito per sé le privazioni per donare in abbondanza a tutti. Il pianto della sua infanzia in vagiti è un lavacro per me, quelle lacrime hanno lavato i miei peccati».

Frohe Weihnachten an alle.

Aus der Eremitage, 25 Dezember 2024

Dies Natalis Domini

.

.

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

.

Besuchen Sie die Seiten unserer Buchhandlung WHO und unterstützen Sie unsere Ausgaben, indem Sie unsere Bücher kaufen und verteilen.

.

______________________

Sehr geehrte Leserinnen und Leser,
Dieses Magazin erfordert Verwaltungskosten, die wir immer nur mit Ihren kostenlosen Angeboten hatten. Wer unsere apostolische Arbeit unterstützen möchte, kann uns seinen Beitrag bequem und sicher zukommen lassen PayPal indem Sie unten klicken:

Oder wenn Sie bevorzugen, können Sie unsere verwenden
Bankkonto im Namen:
Editions Die Insel Patmos

n Agentur. 59 Aus Rom
IBAN:
IT74R05034032590000000301118
Für internationale Banküberweisungen:
Kodex SWIFT:
BAPPIT21D21

Bei Banküberweisung senden Sie bitte eine E-Mail an die Redaktion, Die Bank gibt Ihre E-Mail-Adresse nicht an und wir können Ihnen keine Dankesnachricht senden:
isoladipatmos@gmail.com

Wir danken Ihnen für die Unterstützung, die Sie unserem apostolischen Dienst anbieten möchten.

Die Väter der Insel Patmos

.

.

.

.

.

Die gynäkologische Diagnose von Doktor Lucas: „Und siehe,, Du wirst im Mutterleib schwanger werden“

Homiletik der Väter der Insel Patmos

GYNÄKOLOGISCHE DIAGNOSE VON DOKTOR LUCA: „UND SIEHE, CONCEPIRAI NEL GREMBO»

Un’antica tradizione, die auf den Apostel Paulus zurückgeht, berichtet, dass Luca Arzt war. eine Person, damit, besser geeignet als andere, um die besondere Vorstellung zu erzählen; Tatsächlich nutzt der heilige Lukas hier seine ganze Weisheit, forse anche quella professionale, ma soprattutto quella teologica.

 

 

 

 

 

 

 

.

Artikel im PDF-Druckformat

 

 

Il brano dell’Annunciazione, che è anche quello della Vocazione di Maria, è uno dei più belli e profondi del Vangelo di Luca. Ma anche uno dei più complessi e difficili.

Un’antica tradizione, die auf den Apostel Paulus zurückgeht (Kol 4, 14), berichtet, dass Luca Arzt war. eine Person, damit, besser geeignet als andere, um die besondere Vorstellung zu erzählen; Tatsächlich nutzt der heilige Lukas hier seine ganze Weisheit, forse anche quella professionale, ma soprattutto quella teologica. Wir lesen das Lied.

„Zu dieser Zeit, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, er sagte: “Rallègrati, voller Gnade: il Signore è con te”. A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Und hier, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Le rispose l’Angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Und hier, Elisabeth, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio”. Dann sagte Maria: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l’Angelo si allontanò da lei» (LC 1,26-38).

L’Arcangelo Gabriele viene inviato da Dio per comunicare alla Vergine Maria l’annuncio dell’Incarnazione ormai prossima. A Maria, promessa sposa di Giuseppe, viene annunciato che diventerà verginalmente la madre del Figlio di Dio. Il testo ci dice che Dio aveva già preparato Maria da molto tempo per questa sua missione, in quanto Ella aveva sperimentato di essere stata «resa gradita» (κεχαριτωμένη, Kexaritoméne) zu Gott, mediante l’influsso della grazia. Questo è il vero senso di quel «voller Gnade», che ancora oggi recitiamo nella preghiera dell’Ave-Maria, ma spesso senza comprenderne appieno il significato. Il participio perfetto passivo del verbo karitoo indica che si tratta di un’azione passata della grazia su Maria, un’azione dunque anteriore all’Annunciazione, per mezzo della quale Maria aveva sentito di essere interiormente orientata verso un evento futuro ancora sconosciuto. San Tommaso d’Aquino lo spiega dicendo che aveva sperimentato in sé un profondo «desiderio di verginità»; così pure per San Bernardo di Chiaravalle la grazia di Maria era «la grazia della verginità». Orientata da quella grazia Maria era stata preparata a questo giorno: diventare la madre del Figlio di Dio incarnato, ma in un modo verginale.

Un parto simile appare paradossale e difficile da credere, forse anche solo immaginare. Eppure San Luca, nel testo evangelico, ci offre importanti indizi perché noi possiamo accogliere questa verità, come tutta la Tradizione ci insegna. Vediamo da vicino il verso di LC 1,31 che recita in greco: „Und siehe,, Du wirst im Mutterleib schwanger werden“. Questa aggiunta, «nel grembo», è singolare, poco notata e spesso non tradotta, come abbiamo visto nel testo della CEI che si proclama in chiesa oggi. Non c’è in quanto sembra un’integrazione pleonastica, poiché è evidente che una donna concepisca sempre nel grembo. Eppure l’inizio del verso ben si integra nell’insieme della descrizione dei tre momenti:

  1. Concepirai nel grembo;
  2. partoriraiun figlio;
  3. gli porrai nome Gesù.

Solo Maria, in tutta la Scrittura, riceve l’annuncio che il suo concepimento si farà integralmente «nel grembo», sarà quindi completamente interiore e perciò sarà un concepimento verginale. Mal sehen warum.

Il versetto rimanda chiaramente alla profezia di Isaia 7, 14 (Versione dei LXX), ripresa anche da Matteo (1,23) durante l’annuncio a Giuseppe in sogno:

"Hier la vergine avrà nel grembo e darà alla luce un figlio e chiameranno il suo nome Emmanuele».

In San Luca, trattandosi di un dialogo fra l’Angelo e Maria, si usa la seconda persona (concepirai) e il soggetto è chiaramente Maria, non più la vergine di Isaia o di San Matteo. Anche perché all’inizio del brano, Der andere Bruder, era già stato detto chiaramente due volte che Lei era «una vergine, promessa sposa»; e che «la vergine si chiamava Maria». Ma la cosa più sorprendente è l’uso da parte di Luca del verbo. Non più «avrai nel grembo» come in Isaia e Matteo, ma «concepirai nel grembo». Un’espressione nuova che va nella direzione di escludere ogni partecipazione maschile, perciò umana, da questo concepimento. Nell’Antico Testamento una donna «riceve nel grembo» (Ist 8, 3) il seme maschile, oppure «ha nel grembo» (GN 38, 25) dopo un rapporto con un uomo. Ma qui in Luca è chiaramente escluso dalle parole di Maria: «Non conosco uomo» (LC 1, 34) e cioè «sono vergine». Per questo San Luca preferisce usare il verbo «concepire» (sullambánein), anch’esso molto frequente nell’Antico Testamento, però sempre senza l’aggiunta «nel grembo». L’Evangelista infatti adopera due volte il verbo «concepire», con l’aggiunta apparentemente superflua di «nel grembo» e lo fa unicamente riferendosi a Maria. Non lo fa, zum Beispiel, con Elisabetta (LC 1, 24.36); per Maria invece si, in questo brano e in Luca 2,21:

«…come era stato chiamato [Jesus] dall’Angelo, prima di essere stato concepito nel grembo».

Sembrano solo parole, eppure qui Luca sta dicendo che il concepimento di Maria sarà vero, corporale, come lascia intendere la ripresa dell’antico verbo: concepire; eppure sarà nuovo, unico e diverso per Maria, ovvero senza concorso umano, maschile, totalmente verginale. Richiedeva cioè una «potenza» diversa, un’azione fecondante di tipo spirituale. È quanto l’Angelo spiegherà a Maria a fronte della sua vera obiezione:

«Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (v. 35).

Mi scuso se, data l’odierna Solennità, non mi sono soffermato sul Dogma dell’Immacolata Concezione, sul suo significato storico e teologico, sul peccato originale per esempio, come spesso si fa. Mi è sembrato più opportuno e avvincente soffermarmi sulle basi scritturistiche da cui tutto scaturisce come una sorgente. Si nota, in der Tat, nel brano odierno del Vangelo della Solennità, una bella continuità. Dal verso di LC 1, 28, dove alla Vergine viene dato il titolo di «voller Gnade», sappiamo che Maria, Längst, è stata preparata dalla grazia alla sua missione futura. Al momento dell’Incarnazione, l’Angelo le porta il grande e nuovo messaggio: il suo prossimo concepimento si realizzerà «nel grembo», cioè senza concorso umano. Sarà quindi un concepimento verginale, effettuato in Lei dallo Spirito Santo. La Sua Immacolata Concezione è perciò mirabilmente descritta dalla lunga preparazione della grazia in Maria in vista dell’Incarnazione, «nel suo grembo», del Figlio di Dio. C’è quindi una perfetta continuità ben presentata dall’Evangelista Luca. Maria, piena di Grazia, dopo aver «concepito» e partorito «santamente» (v. 35) suo figlio sotto l’azione dello Spirito Santo, può presentarlo agli uomini come Figlio di Dio, il cui nome è Gesù. Questo è il mistero grande che finalmente è rivelato agli uomini. Ma al centro di tutto il racconto sta la Vergine Maria.

In diesem Sinne risultano appropriate le parole del Vescovo Andrea di Creta (+740) riferite a Maria:

«Il corpo della Vergine è una terra che Dio seminò, le primizie della materia adamitica divinizzata da Cristo, l’immagine che rassomiglia alla bellezza primitiva, l’argilla modellata dalle mani dell’artigiano» (Predigt 1 sulla Dormizione della Beata Vergine Maria (PG 97,1068).

Aus der Eremitage, 8 Dezember 2024

Solennità della Beata Vergine Maria Immacolata

.

.

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

.

Besuchen Sie die Seiten unserer Buchhandlung WHO und unterstützen Sie unsere Ausgaben, indem Sie unsere Bücher kaufen und verteilen.

.

______________________

Sehr geehrte Leserinnen und Leser,
Dieses Magazin erfordert Verwaltungskosten, die wir immer nur mit Ihren kostenlosen Angeboten hatten. Wer unsere apostolische Arbeit unterstützen möchte, kann uns seinen Beitrag bequem und sicher zukommen lassen PayPal indem Sie unten klicken:

Oder wenn Sie bevorzugen, können Sie unsere verwenden
Bankkonto im Namen:
Editions Die Insel Patmos

n Agentur. 59 Aus Rom
IBAN:
IT74R05034032590000000301118
Für internationale Banküberweisungen:
Kodex SWIFT:
BAPPIT21D21

Bei Banküberweisung senden Sie bitte eine E-Mail an die Redaktion, Die Bank gibt Ihre E-Mail-Adresse nicht an und wir können Ihnen keine Dankesnachricht senden:
isoladipatmos@gmail.com

Wir danken Ihnen für die Unterstützung, die Sie unserem apostolischen Dienst anbieten möchten.

Die Väter der Insel Patmos

.

.

.

.

.

Und das Kommen unseres Erlösers Jesus Christus

Homiletik der Väter der Insel Patmos

ET ADVENTUM SALVATORIS NOSTRI IESU CHRISTI

La prima domenica di Avvento è la porta d’ingresso di un nuovo anno liturgico, diesmal mit dem Buchstaben „C“ gekennzeichnet, in dem die Passagen des Sonntagsevangeliums dem Lukasevangelium entnommen werden …

 

 

 

 

 

 

 

.

Artikel im PDF-Druckformat

 

 

La prima domenica di Avvento è la porta d’ingresso di un nuovo anno liturgico, diesmal mit dem Buchstaben „C“ gekennzeichnet, in dem die Passagen des Sonntagsevangeliums dem Lukasevangelium entnommen werden.

Dieses Schreiben costituisce la prima parte di un’unica opera, la seconda della quale sono gli Atti degli Apostoli. Costruendo questo complesso letterario Luca ha voluto mostrare che la vita della Chiesa è radicata in Cristo e trova in lui il suo centro di gravità. Non a caso gli Atti iniziano riassumendo così il terzo Vangelo:

«Nel primo racconto, o Teofilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito santo» (Bei 1,1-2).

E tra «ciò che Gesù fece e insegnò» vi è il discorso escatologico, quello sulle cose ultime, da cui è tratta la pericope di questa prima domenica di Avvento. Leggiamola:

„Zu dieser Zeit, Jesus sagte seinen Jüngern: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo» (LC 21,25-28.34-36).

Il capitolo 21 del Vangelo lucano, costruito attorno al discorso escatologico del capitolo 13 di Marco, è un esempio di quel genere letterario presente anche in altri scritti del Nuovo Testamento e in particolare nell’ultimo libro del canone cristiano: l’Apocalisse. È una modalità di presentare la realtà che non ci deve spaventare, ma nemmeno distoglierci dal messaggio che porta e a volte cela. Per trovare un paragone musicale, è come il Dies irae von dem Messa da Requiem di Verdi. Dapprima intervengono tutti gli archi ed emergono le percussioni, tamburi e grancasse. Poi cessano improvvisamente il suono ed ecco, Endlich, il senso di quanto è stato eseguito:

«Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo» (LC 21,36).

Tutto questo movimento, nel brano odierno, prende avvio da un apparentemente innocuo apprezzamento fatto da alcuni discepoli, Al v. 5: „Während einige vom Tempel und den schönen Steinen und Votivgaben sprachen, die ihn schmückten, [Jesus] er sagte:

„Es werden Tage kommen, an denen, von allem, was du bewunderst, es wird keinen Stein auf Stein geben, der nicht zerstört wird ".

Così Gesù anziché sintonizzarsi sulla questione estetica della bellezza del tempio inizia un discorso escatologico sulla rovina di esso e di Gerusalemme, sulle catastrofi cosmiche e sul ritorno del Figlio dell’Uomo che copre l’intero capitolo fino al versetto sulla vigilanza cui abbiamo accennato, che lo chiude.

In tutto questo discorso Gesù spiega che la distruzione del tempio non è segno della fine del mondo (LC 21,5-9), ma inizio dei «tempi delle genti» (vgl.. καιροὶ ἐθνῶν di Lc 21,24), che sono poi i tempi della storia, i quali avranno termine con la venuta del Figlio dell’uomo. San Luca accenna rapidamente alla parusia«Allora vedranno il Figlio dell’Uomo venire su una nube con grande potenza e gloria» (LC 21,27) – poiché preferisce piuttosto soffermarsi sulle reazioni degli uomini dinanzi agli eventi escatologici. Se l’accento è posto sulla storia, perché è il luogo in cui il credente è chiamato a sperare, vigilando e pregando, in mezzo alle tribolazioni, la venuta gloriosa del Signore è vista da Luca framezzo le reazioni che produce sugli uomini. Gli eventi catastrofici nella natura o nella storia, in cielo o sulla terra, che saranno motivo di angoscia e smarrimento, di attesa ansiosa, di paura e morte per tanti uomini; für Gläubige, stattdessen, potranno essere il segno dell’avvicinarsi della salvezza: «Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (LC 21,28). Sollevare la testa significa anche alzare gli occhi e vedere ciò che a molti resta invisibile, quella salvezza che avanza tra le tribolazioni che si dipanano nel tempo. Quel «Regno» che emerge da dietro le macerie della storia, fondato sulla promessa del Signore che resta salda anche nell’accumularsi delle rovine «sulla terra» (LC 21,25). Nessun pessimismo dunque, nessun far coincidere le catastrofi naturali e storiche per quanto devastanti, come le guerre, le pandemie, le crisi ecologiche, con la fine del mondo, ma anche nessun cinismo, nessuna fuga dai dolori e dalle assurdità del reale per rifugiarsi in una visione spiritualistica o ingenuamente ottimista.

Per San Luca tutti, credenti e non, sono sottomessi al rischio di essere soverchiati e schiacciati dagli eventi che devono succedere, soprattutto i credenti se non veglieranno e non pregheranno (vgl.. LC 21,34). Le paure collettive, le angosce planetarie che schiavizzano uomini e donne, rendendoli preda di ciò che potrà accadere«gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra» (LC 21,26) – costituiscono un dramma escatologico che investe l’intero ecumene (oikouméne: LC 21,26 vgl.. «la faccia di tutta la terra» di LC 21,35), anche i discepoli.

L’esortazione alla vigilanza Zu dieser Zeit (LC 21,34.36) è anzitutto appello alla lucidità, alla sobrietà, a non cercare vie di stordimento e immunizzazione dal peso e dal dolore della realtà e a non lasciarsi ottundere dal «rumore» degli eventi e anche dalla seduzione di certa narrazione, che approfitta delle paure e delle angosce per stravolgere la realtà presentandone una alternativa, come abbiamo sperimentato durante il periodo della pandemia o adesso con le guerre in corso. Vale la pena ripetere; questi eventi catastrofici che saranno colti come segno di «fine» da tanti e quindi motivo di smarrimento, angoscia, paura e morte per molte persone, per i credenti potranno essere segno dell’avvicinarsi della salvezza e nuovo inizio di vita, «perché la vostra liberazione è vicina» (LC 21,28). Il credente si erge in piedi nell’atteggiamento di chi possiede la speranza nata dalla Risurrezione di Cristo; e forte delle rassicurazioni del Signore intravede il senso di tutto ciò che accade. Ai discepoli che possono lasciarsi sopraffare dalle paure e dalle angosce Gesù ricorda: «Attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita». Sono parole che richiamano quanto il Signore aveva già annunciato in una parabola, riportata nel capitolo 8 di Luca, a riguardo del seme che viene soffocato dalle preoccupazioni.

Termino qui riportando le parole di Papa Benedetto XVI das, commentando questo passo del Vangelo, chiamava in causa la testimonianza cristiana, simile ad una città bene in vista:

«A questo ci richiama oggi la Parola di Dio, tracciando la linea di condotta da seguire per essere pronti alla venuta del Signore. Im Lukas-Evangelium, Gesù dice ai discepoli: “I vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita … vegliate in ogni momento pregando” (LC 21,34.36). Damit, sobrietà e preghiera. E l’apostolo Paolo aggiunge l’invito a “crescere e sovrabbondare nell’amore” tra noi e verso tutti, per rendere saldi i nostri cuori e irreprensibili nella santità (vgl.. 1Ts 3,12-13). In mezzo agli sconvolgimenti del mondo, o ai deserti dell’indifferenza e del materialismo, i cristiani accolgono da Dio la salvezza e la testimoniano con un diverso modo di vivere, come una città posta sopra un monte. “In quei giorni – annuncia il profeta Geremia – Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia” (33,16). La comunità dei credenti è segno dell’amore di Dio, della sua giustizia che è già presente e operante nella storia ma che non è ancora pienamente realizzata, e pertanto va sempre attesa, invocata, ricercata con pazienza e coraggio» (Engel 2.12.2012).

Aus der Eremitage, 1° dicembre 2024

.

.

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

.

Besuchen Sie die Seiten unserer Buchhandlung WHO und unterstützen Sie unsere Ausgaben, indem Sie unsere Bücher kaufen und verteilen.

.

______________________

Sehr geehrte Leserinnen und Leser,
Dieses Magazin erfordert Verwaltungskosten, die wir immer nur mit Ihren kostenlosen Angeboten hatten. Wer unsere apostolische Arbeit unterstützen möchte, kann uns seinen Beitrag bequem und sicher zukommen lassen PayPal indem Sie unten klicken:

Oder wenn Sie bevorzugen, können Sie unsere verwenden
Bankkonto im Namen:
Editions Die Insel Patmos

n Agentur. 59 Aus Rom
IBAN:
IT74R05034032590000000301118
Für internationale Banküberweisungen:
Kodex SWIFT:
BAPPIT21D21

Bei Banküberweisung senden Sie bitte eine E-Mail an die Redaktion, Die Bank gibt Ihre E-Mail-Adresse nicht an und wir können Ihnen keine Dankesnachricht senden:
isoladipatmos@gmail.com

Wir danken Ihnen für die Unterstützung, die Sie unserem apostolischen Dienst anbieten möchten.

Die Väter der Insel Patmos

.

.

.

.

.

Das Kreuz von Christus dem König trägt das Zeichen des Triumphs auf seinen Schultern

Homiletik der Väter der Insel Patmos

Das Kreuz Christi, dem König, der das Zeichen des Triumphs auf seinen Schultern trägt

Christus brachte das Kreuz zu sich selbst, und für die Bösen war es ein großer Spott, aber für die Gläubigen ein großes Geheimnis. Christus trägt das Kreuz wie ein König sein Zepter, als Zeichen seiner Herrlichkeit, seiner universellen Souveränität vor allem. Die Tür wie ein siegreicher Krieger bringt die Trophäe seines Sieges

 

 

 

 

 

 

 

.

Artikel im PDF-Druckformat

 

 

Wenn letzten Sonntag Die Ankündigung des zweiten Kommens Christi wurde "auf den Wolken mit großer Macht und Herrlichkeit" verkündet (MC 13, 26), heute, Am letzten Sonntag dieses liturgischen Jahres, Wir öffnen das Evangelium nach Johannes nach dem Punkt, an dem eine besondere Qualität des geschliffenen Herrn offenbart wird, seine Könige. Der einzigartige Kontext, Die Leidenschaft des Herrn, und der Gesprächspartner, Ein kaiserlicher Beamter, Machen Sie das Verständnis der Könige, die Jesus besonders faszinierend verkörpert.

Was die Welt durch Pilatus vertreten hat es kann nicht verstehen, Stattdessen öffnen sich diejenigen, die mit Glauben eine ungewöhnliche und überraschende Offenbarung haben. Wir lesen das Lied.

„Zu dieser Zeit, Pilatus sagte zu Jesus: „Bist du der König der Juden?”. Jesus antwortete: „Das sagst du für dich, oder andere haben dir von mir erzählt?”. Sagte Pilatus: „Vielleicht bin ich Jude? Ihr Volk und die Hohenpriester haben Sie mir übergeben. Was hast du getan?”. Jesus antwortete: „Mein Königreich ist nicht von dieser Welt; Wenn mein Königreich von dieser Welt wäre, Meine Diener hätten gekämpft, um mich davon abzuhalten, an die Juden übergeben zu werden; aber mein Reich ist nicht von hier unten". Dann sagte Pilatus zu ihm: „Also bist du König?”. Jesus antwortete: "Das sagst du: Ich bin König. Dafür wurde ich geboren und dafür kam ich auf die Welt: die Wahrheit bezeugen. Wer auch immer es gehört zur Wahrheit, Hören Sie auf meine Stimme "" " (GV 18,33-37).

Es wird beschrieben Hier der erste der beiden Vergleiche, die Pilatus mit Jesus im Praetorium hatte. Sie werden in dieser zentralen Szene der gesamten Leidenschaftserzählung nach San Giovanni gipfeln, auf dem Litòstroto aufgetreten, wo Pilatus die Wörter aussprach: "Hier ist dein König" (GV 19,14). Um die Bedeutung der Szene und die Bedeutung der Bedeutung der ausgeprägten Wörter zu betonen, Giovanni wird aufschreiben, dass die Osterlämmer gleichzeitig vorbereitet wurden, Am Tag des Parasceve.

Im evangelischen Lied dieses Sonntags Pilatus, ohne Verschwendung, Er erreicht sofort den Punkt und die entscheidende Frage, die ihn am meisten interessiert: «Du bist der König der Juden?». Für den römischen Präfekten, Vertreter der kaiserlichen Macht, Diese Frage zeigt die Besorgnis über die Regierung ihrer Gebiete. Anlässlich des jüdischen Osterns, in der Tat, Der Präfekt bewegte sich, Truppen im Schlepptau, Von Cäsarea nach Jerusalem, genau um zu vermeiden, dass ein Aufstand die Reihenfolge und die Order destabilisieren könnte Pax Romana. Ma, Wie mehrere Kommentatoren hervorstechen, Der Ausdruck "König der Juden", den Pilatus verwendet, in unserem Lied, Zumindest auf zwei andere Arten, Anders als das, was er wahrscheinlich beabsichtigt. Die Juden, mit diesem Ausdruck, Sie meinten den erwarteten Messias -König seit Davides Ära für die Zeit der Erlösung, Investiert mit sowohl religiöser als auch politisch-nationaler Mission. Der Begriff King hat hier, deshalb, In diesem Zusammenhang, eine irdische und historische Bedeutung, mit einer Anspielung auf einen theologischen Inhalt. In der biblischen Geschichte, Beide sind eng miteinander verbunden und für einander verwendet; So sehr, dass die beiden Bedeutungen eine entscheidende Rolle in der an Jesus gerichteten Anschuldigung spielen werden.

Aber wir müssen berücksichtigen der Bedeutung, die Worte für Jesus gehabt haben müssen, Besonders Indikat für das Verständnis des heutigen Festes. Auf dem Mund Jesu zeigt dieser Titel eine neue Bedeutung, dass nur San Giovanni hervorhebt und auffällt. Jesus akzeptiert den Titel und antwortet: "Das sagst du: Ich bin König ", Gleichzeitig leugnen Sie die Bedeutung, die Pilatus ihm zuschreiben möchte, auf seinem besonderen König zu bestehen. Jesus weigert sich, einen irdischen Messianismus zu verkörpern, Wie derjenige, der bereits in den Versuchungen in der Wüste hervorgerufen wurde, insbesondere in der lucanischen Version des Tests: „Der Teufel führte ihn hoch und, Ihn sofort alle Königreiche der Erde zeigen, er sagte es ihm: «Ich werde Ihnen all diese Kraft und die Herrlichkeit dieser Königreiche geben, Weil es in meine Hände gesteckt wurde und ich es an wen, den ich will, gebe. Wenn Sie sich vor mir niederlassen, wird alles bei Ihnen gehören. " (LC 4,5-7). «Die ganze Welt gehört Satan, Wer ist bereit, Jesus die Macht über alle Reich der Erde zu geben. Aber Jesus, Seit Beginn seines öffentlichen Lebens, Weigert sich radikal, ein irdisches Königreich zu finden " (vgl.. Ignace aus der Potenz, Die Leidenschaft Jesu gemäß dem Johannes -Evangelium, 1993). Wenn die Könige Christi auf andere Weise verstanden werden müssen, Dies darf uns nicht zur entgegengesetzten Idee führen, oder sich ein Messias vorzustellen, der von der Welt geschätzt wird. Der Text des Evangeliums dieses Sonntags muss sorgfältig gelesen werden. In Greco, Jesus Worte zu v. 36 Ich bin, Verbatim: "Mein Königreich ist nicht" dieser Welt ". Wie viel Unterschied zu Apokryphen. «In bestimmten gnostischen Schriften, die vom vierten Evangelium inspiriert sind, Zum Beispiel Handlungen von Pilatus, Die kleine Modifikation wird in diesem Text eingeführt: "Mein Königreich ist nicht" in " Diese Welt "; Das hat offensichtlich eine völlig andere Bedeutung und führt zu einer Trennung zwischen der Welt und dem Reich Gottes ". Die Worte Jesu dagegen bedeuten, dass "die Könige Christi nicht auf den Mächten dieser Welt beruhen und nicht im am wenigsten inspirierten von diesen inspiriert sind. Es ist eine Souveränität in Welt, aber das wird anders als die irdische Kraft realisiert und zieht seine Inspiration aus einer anderen Quelle. " (vgl.. Ignace aus der Potenz).

Pilatus war ein Expertenbeamter, konkret und, nach Bedarf, gewalttätig und rücksichtslos. Nach heiliger Johannes zu den Worten Jesu, Fast überrascht, Ich konnte nicht fragen: «Du bist also König?». Jesus antwortete:

"Das sagst du: Ich bin König. Dafür wurde ich geboren und dafür kam ich auf die Welt: die Wahrheit bezeugen. Wer auch immer es gehört zur Wahrheit, hört meine Stimme ".

Und hier, dass der Herr die tiefgreifende Bedeutung seines Königs angibt Und von wo es hochkommt. Seine Quelle ist im Vater, der ihn geschickt hat, Der Weg der Wahrheit und des Lebens zu werden. Sagt Giovanni im Prolog:

„Und das Verb wurde Fleisch gemacht und lebte in der Mitte von uns; und wir sahen seine Herrlichkeit, Ruhm als der unigenitische Sohn, der aus dem Vater kommt, Voller Gnade der Wahrheit " (GV 1, 14).

Dann drückt er weiter in San Giovanni:

„Aus seiner Fülle haben wir alle empfangen: Gnade auf Gnade. Weil das Gesetz mittels Moses gegeben wurde, Die Gnade der Wahrheit kam durch Jesus Christus. Es gab, niemand hat ihn gesehen: der einzige Sohn, wer ist Gott und ist am Vater, ist er es, der ihn bekannt gemacht hat " (GV 1, 16-18).

Die Wahrheit, daher führt Jesus zur Menschheit wie eine Gnade, Ein Geschenk und eine Mission vom Vater, Es ist seine Offenbarung. Keine einfache abstrakte und aseptische Wahrheit, Aber Leben, das Wort, Die ganze Existenz des Herrn Jesus, In der unerschöpflichen Fülle seiner Bedeutung der Liebe, der Erlösung und des Lebens im Vater, Für jede Person, die sich dafür öffnet und sich mit dem Glauben an Sie hält. Bei jedem Mann oder jeder Frau, die die Wahrheit Christi begrüßt, regiert er in Frieden. Und dies trotz der Könige des Herrn musste durch den Schmelztiegel der Leidenschaft gehen, von denen die evangelische Szene dieses Sonntags das Prodrom ist. Aber für San Giovanni, Und nur für ihn, Genau die Leidenschaft wird die Manifestation der Könige Jesu sein: Christus regiert vom Kreuz.

Johann, Während er die Leidenschaft Christi erzählte, leugnet nicht die Realität oder Materialität der schmerzhaften Ereignisse, die schmerzhaft waren. Es zeigt jedoch, Im Gegensatz zur Synoptik, Der Aspekt von Königen und Triumph, des Sieges über das Böse und sparen Wert, Wer ist der Leidenschaft und dem Tod von Jesus Christus inhärent: Während es es sagt, gibt es uns auch die Bedeutung von Ereignissen. Diese Aspekte tauchen bereits während des Prozesses und dann zur Kreuzigung Jesu auf. Am Ende des römischen Gerichts führt Pilatus Jesus vor die Menge und sagt: "Hier ist ein Mann, Hier ist der Mann " (GV 19,5). In diesem Moment trägt Jesus die Symbole der Könige und zusätzlich zur Dornenkrone hat er immer noch einen Umhang. Während die synoptischen Evangelien sagen, dass das Lila entfernt wurde, indem er Schmerzen verursachte, Im vierten Evangelium gibt es sogar den Eindruck, dass Jesus ins Kreuz geht. Und es gibt eine beeindruckende Parallelität, auch literarisch, Zwischen der Szene, die im Praetorium stattfand, an dem Ort genannt Gabbatà (GV 19, 13-16), Und was passiert am Fuße des Kreuzes, Auf der Golgotha (GV 19, 17-22). In beiden Fällen betont Giovanni das Thema Königen und in beiden Fällen war Pilatus Pilatus war, das heißt, der Inhaber der höchsten zivilen Macht, Was für Jesus die Ehre macht. "Hier ist dein König", sagt er zu der Menge, die sich vor dem Praetorium versammelt hat (GV 19,14); Dann über dem Kreuz er dich schreiben lässt: "Der König der Juden" (GV 19,19). Dies ist, vor der Welt, Eine Proklamation der Könige Christi, die in drei Sprachen gemacht wurde: auf Hebräisch, Die Sprache Israels, in Griechenland, Die Sprache der Kultur; und in Latein, Die Sprache der zivilen Macht. Die Episode, erneut, Es wird nur von San Giovanni erzählt. Und es ist kein Zufall, dass in der christlichen Tradition die Kreuzen, hauptsächlich inspiriert von der Geschichte junger Menschen, Es wird ein triumphaler Weg. Also nicht ein paar bemalten Kreuze, Wie das berühmte Kruzifix von San Damiano in Assisi, der mit San Francesco sprach, Jesus nach der Art von darstellen Christmans. Johannes schreibt, dass Jesus aus der Stadt kommt: «Und bis zu ihrem Kreuz ausgeführt». Es wird normalerweise übersetzt: "Das Kreuz von selbst bringen". In Wirklichkeit ist die richtige Übersetzung: "Das Kreuz zu sich selbst bringen", das heißt, es als Werkzeug seines Sieges zu bringen. San Tommaso D'Aquino bestätigt diese Übersetzung und sagt: «Christus brachte das Kreuz zu sich selbst, und für die Bösen war es ein großer Spott, aber für die Gläubigen ein großes Geheimnis. Christus trägt das Kreuz wie ein König sein Zepter, als Zeichen seiner Herrlichkeit, seiner universellen Souveränität vor allem. Die Tür wie ein siegreicher Krieger bringt die Trophäe seines Sieges ". Und in den ersten Jahrhunderten hatte San Giovanni Chrysostom bereits einen ähnlichen Ausdruck verwendet: "Er brachte das Zeichen des Triumphs auf seine Schultern".

Aus der Eremitage, 24 November 2024

.

.

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

.

Besuchen Sie die Seiten unserer Buchhandlung WHO und unterstützen Sie unsere Ausgaben, indem Sie unsere Bücher kaufen und verteilen.

.

______________________

Sehr geehrte Leserinnen und Leser,
Dieses Magazin erfordert Verwaltungskosten, die wir immer nur mit Ihren kostenlosen Angeboten hatten. Wer unsere apostolische Arbeit unterstützen möchte, kann uns seinen Beitrag bequem und sicher zukommen lassen PayPal indem Sie unten klicken:

Oder wenn Sie bevorzugen, können Sie unsere verwenden
Bankkonto im Namen:
Editions Die Insel Patmos

n Agentur. 59 Aus Rom
IBAN:
IT74R05034032590000000301118
Für internationale Banküberweisungen:
Kodex SWIFT:
BAPPIT21D21

Bei Banküberweisung senden Sie bitte eine E-Mail an die Redaktion, Die Bank gibt Ihre E-Mail-Adresse nicht an und wir können Ihnen keine Dankesnachricht senden:
isoladipatmos@gmail.com

Wir danken Ihnen für die Unterstützung, die Sie unserem apostolischen Dienst anbieten möchten.

Die Väter der Insel Patmos

.

.

.

.

.

Himmel und Erde werden vergehen, aber meine Worte werden nicht vergehen

Homiletik der Väter der Insel Patmos

Himmel und Erde werden vergehen, MA LE MIE PAROLE NON PASSERANNO

In questa condizione il credente può dunque assumere spiritualmente la dimensione della venuta del Signore nello spazio dell’attesa. Es wird weder beunruhigend noch ein Vorbote von Angst sein, ganz voller Zuversicht, poiché poggia sull’assicurazione del Signore: «Io vengo presto»

 

 

 

 

 

 

 

.

Artikel im PDF-Druckformat

 

.

Un evento certo, ma di cui non si sa quando accadrà, esige che lo si attenda. È ciò che emerge dalla pagina evangelica di questa domenica. Tratta dal discorso escatologico di Marco (Deckel. 13), essa annuncia come sicura la venuta del Signore, ma afferma che la sua data e il suo momento sono incerti. Leggiamola:

„Zu dieser Zeit, Jesus sagte seinen Jüngern: “In quei giorni, nach jener Drangsal, die Sonne wird sich verfinstern,, der Mond seinen Schein nicht geben,, Die Sterne werden vom Himmel fallen und die Mächte der Himmel werden erschüttert. Dann werden sie sehen den Menschensohn kommen in den Wolken mit großer Kraft und Herrlichkeit. Er wird die Engel aussenden und seine Auserwählten von den vier Winden her, vom Ende der Erde bis zu den Enden des Himmels. Von dem Feigenbaum aber lernt seine Lektion: Wenn sein Zweig wird zart und treibt seine Blätter, Sie wissen, dass der Sommer nahe ist. So tun Sie: wenn Sie sehen, diese Dinge, wissen, dass er in der Nähe von, Es kommt. Wahrlich, ich sage euch:: Diese Generation wird nicht vergehen, bis dies alles geschehen. Himmel und Erde werden vergehen, aber meine Worte werden nicht vergehen. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, niemand weiß,, weder die Engel im Himmel noch der Sohn, eccetto il Padre”» (MC 13,24-32).

Il Cap. 13 del Vangelo di Marco prende avvio da due domande dei discepoli rivolte a Gesù all’uscita dal Tempio e sul Monte degli Ulivi:

«Mentre usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: “Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!”. Jesus antwortete ihm: “Vedi queste grandi costruzioni? Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non venga distrutta” (vv.1.2). «Mentre stava sul monte degli Ulivi, seduto di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea lo interrogavano in disparte: “Di’ a noi: quando accadranno queste cose e quale sarà il segno quando tutte queste cose staranno per compiersi?”» (vv. 3.4).

Gesù non risponde subito alla domanda dei quattro discepoli, ma nel frattempo ha l’occasione per parlare delle ultime cose. Le parole di Gesù che descrivono l’arrivare di codeste «cose ultime», in «quei giorni», sono una ripresa di testi profetici di Isaia, Gioele e Daniele. Chi le udiva sulla bocca di Gesù, probabilmente ne comprendeva il senso meglio di noi, che dopo tanti anni di distanza facciamo fatica ad orientarci. In realtà il linguaggio apocalittico non è lontano dalla nostra cultura, anzi essa ne è fortemente permeata. Bisogna tener presente, Aber, che detto linguaggio è un «genere letterario», quindi non un racconto storico o un trattato di scienza. Purtroppo molti credenti lo interpretano proprio così, leggendo eventi presenti come realizzazione delle parole di Gesù. Il linguaggio escatologico ha una sua propria chiave e come tale va interpretato. È un genere che nasce dalla confluenza della corrente sapienziale e profetica. Soprattutto quando quest’ultima finisce si attenderà in Israele un profeta che avrebbe sistemato le cose: «Riposero le pietre sul monte del tempio in luogo conveniente, finché fosse comparso un profeta a decidere di esse» (1Mac 4, 46). Del resto non possiamo pensare che Gesù volesse dire che la fine del mondo accadrà proprio come l’ha descritta. Dann, siamo sicuri che Egli stesse parlando della «fine del mondo», und nicht, stattdessen, di un nuovo inizio? Perché dice che «questa generazione» vedrà quanto da lui annunciato.

La figura centrale del Vangelo odierno è quella del Figlio dell’Uomo. Mentre precedentemente il Signore aveva parlato del suo destino sofferente, stavolta dà ragione a ciò che si pensava di questo personaggio all’epoca e quindi fra i discepoli. Il Figlio dell’Uomo è una figura potente, quasi un’ipostasi divina come la descrive il profeta Daniele (7, 13-14), il cui compito principale sembra essere quello del giudice (Libro dei Giubilei). Gesù si descrive in tale modo, quando risponde al Sommo Sacerdote che gli domanda se è lui il Messia: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo» (MC 14,62); e queste parole diventeranno una delle ragioni della sua condanna. Ma oggi Egli parla del Figlio dell’Uomo legandolo ad un tema caro al giudaismo, ovvero il raduno dei dispersi. Sorprendentemente, in der Tat, per le tradizioni evangeliche esso non avverrà soltanto alla «fine del mondo», ma si è già realizzato in un momento particolare e cioè alla morte del Messia Gesù. Ciò è particolarmente chiaro nel Quarto Vangelo quando San Giovanni riporta le parole di Gesù: «E io, wenn ich vom Boden erhoben werde, Ich werde alle zu mir ziehen" (GV 12,32). Il raduno delle genti operato dal Figlio dell’Uomo è preceduto da sconvolgimenti celesti. Così se andiamo a vedere il modo in cui l’Evangelista Marco descrive la morte del Messia, troviamo che alcuni segni che erano stati annunciati nel brano evangelico di oggi si compiono. Gesù aveva detto che il sole si sarebbe oscurato (MC 13,24), ed ecco che dopo la crocifissione di Gesù, «venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio» (MC 15,33). Matteo, amplificando il racconto marciano, aggiunge poi che anche «la terra tremò e le rocce si spaccarono» (MT 27,51), un richiamo alla frase di Gesù per cui «gli astri si metteranno a cadere dal cielo» (MC 13,25). Siamo quindi di fronte non solo ad un annuncio di fine del mondo e del tempo. che per altro si era già intravisto nelle parole iniziali del Vangelo: „Die Zeit ist erfüllt und das Reich Gottes ist nahe.“; convertitevi e credete nel Vangelo» (MC 1,15). Ma con la venuta del Messia e con la morte del Signore Gesù inizia il tempo escatologico, il tempo della fine, per cui passa la scena di questo mondo: «Questo vi dico, Geschwister: il tempo si è fatto breve… passa infatti la figura di questo mondo!» (1Kor 7, 29-31).

In questa condizione il credente può dunque assumere spiritualmente la dimensione della venuta del Signore nello spazio dell’attesa. Es wird weder beunruhigend noch ein Vorbote von Angst sein, ganz voller Zuversicht, poiché poggia sull’assicurazione del Signore: «Io vengo presto» (Ap 22,7). È un atto di fede l’attesa cristiana della seconda venuta del Signore. Essa si diramerà nelle diverse direzioni della pazienza, della resistenza, della perseveranza e soprattutto della speranza. Dice l’Apostolo Paolo: «Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza» (per patientiam exspectamus, vgl.. RM 8,25). L’attesa paziente diviene persino motivo di beatitudine secondo il libro di Daniele: «Beato chi attenderà con pazienza» (DN 12,12).

Va sottolineato che il brano evangelico di questa domenica è inquadrato fra due avvertimenti quasi identici: blépete, «guardate», «state attenti»; e agrupneite, «tenete gli occhi ben aperti e abbiate cura» (MC 13,23.33). Il testo è incastonato all’interno di un’esortazione alla vigilanza e al discernimento. Il tempo della storia è abitato da tribolazioni di cui Marco ha parlato nei versetti precedenti (MC 13,19-20), tribolazioni che precedono l’evento centrale dell’annuncio escatologico, che porrà fine alla storia accordandole un fine: la venuta del Figlio dell’Uomo. Lo sconvolgimento delle realtà celesti (MC 13,24-25) dice che è in atto un evento divino, un evento di cui è protagonista il Dio creatore. Ma il sole e la luna, gli astri e le potenze celesti erano anche parte del pantheon degli antichi romani, entità divinizzate ed idoli; e sappiamo che Marco scrive a cristiani di Roma. Perciò qui non è annunciata solo la fine del mondo, ma anche la fine di un mondo, il crollo del mondo degli dèi pagani detronizzati dal Figlio dell’Uomo. E se si afferma che la fine dell’idolatria si compirà con il Regno di Dio instaurato dalla venuta del Signore, si insinua anche che la prassi dei cristiani nel mondo può rappresentare un segno del regnare di Dio; grazie alla vigilanza, per non far regnare su di sé gli idoli. Annunciando la sua venuta gloriosa, Gesù chiede dunque ai cristiani, come gesto profetico, la conversione dagli idoli e dalle potenze mondane. Vivere l’attesa del Signore significa vivere in stato di conversione. Ma la conversione ha come premessa necessaria la vigilanza.

Ecco allora l’immagine dolcissima del fico che germoglia, In jedem Sinne, poiché fa quasi pregustare l’esito finale quando spunterà il frutto maturo. Questa è una parabola del Signore che ci insegna come lo sguardo verso i segni celesti e l’osservazione di quelli terrestri non sono in alternativa. Il futuro si prepara nell’oggi che si vive, sulla terra dove siamo piantati e dove possiamo scorgere molti segnali della venuta gloriosa del Signore. Solo chi sa ben osservare sa anche scorgerli: «Dal fico imparate la parabola: quando già il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l’estate è vicina» (MC 13,28).

Aus der Eremitage, 17 November 2024

.

.

Sant'Angelo-Höhle in Ripe (Civitella del Tronto)

 

.

Besuchen Sie die Seiten unserer Buchhandlung WHO und unterstützen Sie unsere Ausgaben, indem Sie unsere Bücher kaufen und verteilen.

.

______________________

Sehr geehrte Leserinnen und Leser,
Dieses Magazin erfordert Verwaltungskosten, die wir immer nur mit Ihren kostenlosen Angeboten hatten. Wer unsere apostolische Arbeit unterstützen möchte, kann uns seinen Beitrag bequem und sicher zukommen lassen PayPal indem Sie unten klicken:

Oder wenn Sie bevorzugen, können Sie unsere verwenden
Bankkonto im Namen:
Editions Die Insel Patmos

n Agentur. 59 Aus Rom
IBAN:
IT74R05034032590000000301118
Für internationale Banküberweisungen:
Kodex SWIFT:
BAPPIT21D21

Bei Banküberweisung senden Sie bitte eine E-Mail an die Redaktion, Die Bank gibt Ihre E-Mail-Adresse nicht an und wir können Ihnen keine Dankesnachricht senden:
isoladipatmos@gmail.com

Wir danken Ihnen für die Unterstützung, die Sie unserem apostolischen Dienst anbieten möchten.

Die Väter der Insel Patmos

.

.

.

.

.