Le Leghe Gay non sono libertà e progresso ma emblema di una società vecchia e decadente

LE LEGHE GAY NON SONO LIBERTÀ E PROGRESSO MA EMBLEMA DI UNA SOCIETÀ VECCHIA E DECADENTE

[…] nella società ellenica non ancora scivolata nella decadenza che ne marcò la fine, l’omosessualità era una fase che segnava un passaggio tra l’età dello sviluppo, l’adolescenza e la giovinezza, non era affatto considerata uno stato permanente; ed in certi luoghi e condizioni si collocava nei piani formativi del rapporto maestro-allievo […] era praticata con discrezione e nient’affatto ostentata con l’orgoglio narrato oggi dalle Leghe Gay, che oltre ai manuali scientifici sembrano voler riscrivere anche quelli della letteratura classica. L’ostentazione nasce nella società ellenica e in quella romana al massimo apice della decadenza, quando nel normale ordine sociale si collocano la pedofilia, le orge, i rapporti sessuali propiziatori con gli animali, le figlie vergini iniziate dal padre e le madri pompeiane che svezzavano i figli adolescenti.

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

Molte riviste on-line cattoliche tendono a trattare il tema dell’omosessualismo e della cultura del gender in termini prettamente politici, buttando tutto in politica, cosa che a volte fanno persino alcuni vescovi. Ecco allora che la dottrina e la pastorale non è più il vero oggetto ed il centro dei loro discorsi,Levi tutt’altro diviene pretesto per suffragare idee politiche più o meno soggettive. Mentre per noi certe tematiche allarmanti non sono terreno per scontri politici né pretesti per fare politica o peggio per intrufolarsi nella politica e mescolare di manico nel suo pentolone. Il terreno della buona battaglia, per noi, dovrebbe giocarsi tutto sul piano metafisico e su quello dell’etica, della morale e della tutela della coscienza cristiana oggettiva, quindi del riconoscimento all’obiezione di coscienza verso certe leggi in aperto e netto contrasto con ciò che per noi cattolici è intangibile e inalterabile diritto divino. Questo il motivo per il quale affermo che certi drammi della società contemporanea non dovrebbero mutarsi per taluni cattolici, peggio per certi vescovi, in un pretesto per fare pura politica, pur di non adempiere al loro naturale compito: fare pastorale e dottrina sociale della Chiesa, passare più tempo, come vescovi, a formare il proprio clero, ad ascoltare i sacerdoti, a curare la porzione del Popolo di Dio a loro affidata, anziché trafficare con politici, politicanti e giornalisti dietro il pretesto di “buone battaglie” che celano non di rado solo forme di episcopale egocentrismo.

Non rileggo mai i miei libri pubblicati, giunti di prassi alla stampa anche dopo anni di letture e di revisioni. In questi giorni sono però ricaduto su alcune miei pagine scritte tra il 2008 ed il 2009, poi pubblicate in seguito in un mio libro edito nel 2011: E Satana si fece Trino. 

Vorrei proporre ai lettori uno stralcio tratto da quella mia opera nella quale analizzavo e discutevo, anni prima di certi eventi e leggi, sul pericoloso strapotere delle lobby gay. Delle Lobbyes che oggi hanno trovato un naturale “covo di vipere” velenose e agguerrite nel Parlamento di Strasburgo e che stanno tentando di instaurare una vera e propria dittatura del gender a colpi di leggi inique e moralmente inaccettabili sotto ogni profilo umano e cristiano.

Per leggere una parte tratta da questa opera, cliccare sotto

E SATANA SI FECE TRINO – pag. 268-276

card. Ratzinger

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

I precisi confini della infallibilità: il Sommo Pontefice come dottore privato

 — IN APPENDICE: INTERVISTA ALL’ARCIVESCOVO DI CHICAGO —

 

I PRECISI CONFINI DELLA

INFALLIBILITÀ:

IL SOMMO PONTEFICE COME

DOTTORE PRIVATO

 

Un problema delicato è dato dalle condizioni per le quali il Papa può entrare nel settore dottrinale senza essere infallibile. È allora il caso nel quale egli si esprime come dottore privato ovvero come semplice teologo. Qui egli non può valersi del carisma di Pietro, ma quello che dice dipende solo dalla sua sapienza umana, seppure fondata sulla fede. In questo campo egli può formulare opinioni o raggiungere certezze scientifiche, ma può anche errare, s’intende, teologicamente, ma non nella fede, perchè è protetto dal carisma di Pietro.

 

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

statua di pietro

Papale Arcibasilica di San Pietro: la statua dedicata al Principe degli Apostoli

Sull’importanza e il senso da dare agli interventi, agli insegnamenti, alle affermazioni e dichiarazioni del Sommo Pontefice Francesco, si danno oggi notevoli dissensi in campo cattolico o fra gli stessi non-cattolici i quali, come è noto, sono frequentissimi e molto diversificati nella forma e nel contenuto, indirizzati al pubblico ed ai privati più diversi, cattolici e non-cattolici, facenti uso dei mezzi di comunicazione più diversi, frutti delle moderne tecnologie, insoliti rispetto agli usi dei Papi precedenti.

Molti entusiasti di Papa Francesco, prendono tutto quello che dice con fanatismo o finta adesione, senza vaglio critico, salvo poi fare come pare a loro o strumentalizzando quanto egli dice ad usum delphini, soprattutto se accontenta le loro voglie e le loro ambizioni. Altri, attaccati allo stile dei Papi precedenti, seguono o, si potrebbe dire, lo pedinano ogni giorno passo dietro passo con sguardo occhiuto e fucile puntato, sospettandolo di essere un Papa invalido, per coglierlo in fallo alla prima sua parola insolita, scorgendo in essa con acuta dietrologia oscure trame massoniche o segrete eresie luterane, comunque idee che risentono di quel Concilio criptoereticale tale fu a dire di costoro il Concilio Vaticano II. Essi ignorano che, come accennerò più avanti, il Papa non insegna la verità di fede, ossia, come si dice, non è “infallibile” solo quando proclama o definisce solennemente o da sè o attraverso un Concilio un nuovo dogma, ma, seppure a gradi inferiori e meno autorevoli, tutte le volte che egli ci istruisce come maestro della fede.

La condizione essenziale per il valore di questi livelli inferiori è che il Papa insegni la Parola di Dio, la dottrina e il mistero di Cristo e della Chiesa, il dato rivelato (Scrittura e Tradizione), i sacramenti, le virtù cristiane, la via del Vangelo e della salvezza, le verità o i dogmi della fede, gli articoli del Credo, ci si esprima come ci si vuol esprimere, non interessa. E non interessano neppure le circostanze, le modalità e i mezzi di queste comunicazioni, dalla l’enciclica, alla lettera pastorale, al motu proprio, all’udienza generale, all’omelia della Messa, al discorso, alla intervista giornalistica o alla telefonata. L’importante è che si tratti di queste materie, direttamente o indirettamente, esplicitamente o implicitamente.

papa ride

Il Sommo Pontefice Francesco, immagini di repertorio

Un problema delicato, ed è il tema di questo articolo, è dato dalle condizioni per le quali il Papa può entrare nel settore dottrinale senza essere infallibile. È allora il caso nel quale egli si esprime come dottore privato ovvero come semplice teologo. Qui egli non può valersi del carisma di Pietro, ma quello che dice dipende solo dalla sua sapienza umana, seppure fondata sulla fede. In questo campo egli può formulare opinioni o raggiungere certezze scientifiche, ma può anche errare, s’intende, teologicamente, ma non nella fede, perchè è protetto dal carisma di Pietro.
Nel passato i Papi non ci hanno lasciato documenti che non fossero espressione del carisma di Pietro. Se prima di salire al soglio pontificio col nome di Pio II, Enea Silvio Piccolomini, come altri pontefici, avevano pubblicato loro scritti, una volta eletti Papi il loro insegnamento non fu generalmente che espressione del loro ufficio di Successori di Pietro e maestri della fede. Essi vollero cancellare l’aspetto umano del loro pensiero e non essere altro che tramiti dell’insegnamento del Vangelo.
Questo racchiudere tutta la propria attività di pensiero e di insegnamento nei limiti dell’ufficialità era probabilmente motivata nei Papi del passato dal timore che la manifestazione delle loro idee personali potesse essere scambiata per insegnamento pontificio, cosa che per la verità può effettivamente accadere nei credenti non sufficientemente preparati a distinguere pensiero teologico ed insegnamento di fede, ossia il Sommo Pontefice Francesco.

01-00262187000002

Il Sommo Pontefice Francesco in uno dei suoi saluti spontanei informali

Diversamente invece, col secolo scorso, e precisamente con San Giovanni Paolo II, prende avvio l’uso del Papa che non si limita al suo ufficio pontificio, ma produce anche opere letterarie o teologiche sotto un profilo meramente umano. Da questo punto di vista è notevole è la trilogia cristologica di Benedetto XVI, circa la quale egli stesso invitò gli studiosi a discutere con lui. Segno evidente che egli con questi scritti non intendeva presentarsi come dottore universale ed infallibile della fede, ma semplicemente ed anche modestamente, come teologo tra i teologi, sebbene egli sia grandissimo teologo.
Credo che questo mutamento nell’attività intellettuale dei Papi sia stato motivato dal fatto che oggi la formazione culturale cattolica è maggiormente in grado di un tempo di chiarire al comune fedele la differenza tra il Papa come Papa e il Papa come dottore privato, benchè tuttavia il Papa attuale, con la varietà e l’aspetto insolito dei suoi numerosi e frequenti interventi, metta seriamente alla prova chi desidera distinguere in lui Simone – ossia Jorge Mario Bergoglio – che manifesta le proprie idee a volte discutibili, da Pietro maestro infallibile della fede.

Papa Francesco è arrivato in Brasile

Il Sommo Pontefice Francesco durante un colloquio informale con un giornalista brasiliano

Oggi appare più che mai urgente il problema di come possiamo distinguere in modo certo, adeguato e chiaro l’insegnamento di un Papa come Papa da un suo discorso o scritto teologico o letterario occasionale, improvvisato o estemporaneo. La distinzione è molto importante, poichè è evidente che mentre la parola di Pietro è vincolante e sempre vera, quanto invece pensa o dice Simone, ossia l’uomo Bergoglio, benché sempre degno di rispetto, non è detto che sia sempre indiscutibile, univoco e necessario alla salvezza. Al riguardo, possiamo rispondere innanzitutto che lo stesso Papa Francesco si premura solitamente di farcelo capire manifestando le sue intenzioni e a seconda delle circostanze. Siccome il suo ufficio ordinario è quello petrino, ordinariamente dobbiamo pensare che quanto egli esprime sia manifestazione di tale ufficio, soprattutto se si tratta di quelle materie di fede alle quali ho accennato sopra. Ma il livello di autorità del suo insegnamento lo possiamo dedurre anche dai suoi stessi contenuti e dal modo di esprimerli. Esistono infatti dottrine notoriamente teologiche e non magisteriali, dottrine che, se troviamo sulla bocca o negli scritti del Papa, sarà evidente che esprimono il suo pensiero semplicemente come dottore privato.

papa telefonini

Il Sommo Pontefice Francesco in un momento informale con dei giovani

Mettiamo per esempio che il Papa desse a Maria il titolo di “corredentrice” o che sostenesse con Sant’ Agostino che i dannati sono più numerosi dei beati o che la Sindone è veramente l’impronta del corpo di Cristo o che la Madonna appare veramente a Medjugorje o che Giuda è all’inferno o che alla resurrezione esisteranno gli animali o che gli angeli siano stati sottoposti da Dio all’inizio del mondo ad una prova di fedeltà o che il passaggio degli Ebrei dal Mar Rosso sia stato semplicemente un fenomeno miracoloso di marea favorevole o che Adamo ed Eva cacciati dal paradiso terrestre avevano un aspetto scimmiesco o che anche gli embrioni sono battezzati da Cristo o che ci sono state delle cose che Cristo non sapeva o che l’Anticristo è una singola persona o che i due “testimoni” dei quali parla l’Apocalisse sono i Santi Pietro e Paolo e così via. Tutte queste ipotesi sono indubbiamente compatibili con i dati di fede. Si tratta certo di dottrine rispettabili e probabili, ma che tuttavia non corrispondono in se stesse a delle vere e proprie verità di fede, in quanto non è possibile trovarle direttamente nè nella Scrittura nè nella Tradizione. Le fonti della Rivelazione potrebbero avallarle ma anche non avallarle. Al momento non è possibile saperlo con certezza e per questo il Magistero pontificio come tale non si pronuncia.

passaporto papa

Nel mese di febbraio 2014 il Sommo Pontefice Francesco ha voluto formalmente rinnovare il passaporto della Repubblica Argentina con il nome di Jorge Mario Bergoglio

Queste dottrine, tuttavia, grazie ad un ulteriore approfondimento teologico, potrebbero acquistare un domani un tale grado di probabilità, da divenire certezza. Per questo, è del tutto lecito sostenerle con la dovuta modestia ed è altrettanto lecito dissentire da esse con la dovuta prudenza, in attesa di un eventuale chiarimento. In tal caso il dibattito e il confronto tra le opposte opinioni, condotto nel rispetto reciproco e con metodi scientifici, aiuta a scoprire la verità, che forse però non verrà mai scoperta sino alla parusia.
Può anzi accadere che una tesi teologica ben dimostrata sia così bene accolta dalla Chiesa, tanto da salire al grado di dogma di fede definito, come è avvenuto per la tesi tomistica dell’anima unica forma corporis nel Concilio di Viennes del 1312 o dell’immortalità dell’anima nel Concilio Lateranense V del 1513.
Nulla e nessuno pertanto impedisce al Papa, come dottore privato, di inserirsi in questa ricerca e di partecipare alla discussione con gli altri teologi su di un piede di parità ed a suo rischio e pericolo, avanzando un suo modo proprio di vedere le cose e lasciandosi contestare nel caso i suoi argomenti si rivelino sbagliati o discutibili.
Può accadere inoltre che la sua opinione diventi particolarmente autorevole e persuasiva tra i teologi, ma opinione resta; per cui, benchè espressa dal Papa, non può assolutamente assurgere al livello di insegnamento pontificio ufficiale ed infallibile, si tratti di dogma definito o non definito.

papa naso clown

Il Sommo Pontefice Francesco in un momento informale in Piazza San Pietro con una coppia di sposi

Da notare che nel corso della storia i fedeli sono sempre andati soggetti ad un duplice rischio nei confronti delle idee espresse dal Papa. O quello di sottovalutarle e di diminuirne o restringerne l’autorità, con vari pretesti, o al contrario il rischio di quel fanatismo e di quella sudditanza supina, indiscreta, poco illuminata e anche interessata, che prende come indiscutibili anche le posizioni del Papa come dottore privato.
Tra i primi da tempi recenti ci sono quelli che restringono le note dell’infallibilità del magistero pontificio alle specialissime e rarissime condizioni stabilite dal Concilio Vaticano I, onde sentirsi autorizzati a negare l’infallibilità e quindi quanto meno a sospettare di falso o di falsificabilità le dottrine del Concilio Vaticano II, che sarebbero secondo loro solo “pastorali”, nonchè tutti gli insegnamenti ed interventi dei Papi postconciliari a qualunque livello o in qualunque forma, chiaramente non segnati da quelle caratteristiche.
Costoro credono all’immutabilità del dogma; ma quanto all’infallibilità del Papa e del Concilio, respingono la già citata Istruzione della Congregazione della Dottrina della Fede, aggiunta alla Lettera apostolica Ad tuendam fidem di San Giovanni Paolo II del 1998, nella quale si insegna, precisando la dottrina del Vaticano I, che il Magistero della Chiesa (Papa o Concilio), al di sotto dell’infallibilità eccezionale e solennemente definita, si esprime secondo altri due gradi inferiori di autorità, circa i quali il cattolico è certo che la Chiesa dice il vero autenticamente, definitivamente, irreformabilmente ed immutabilmente. Ora, il livello di autorità delle dottrine conciliari e dell’insegnamento dei Papi successivi fino all’attuale, appartiene a uno di questi due livelli.

General audience in Saint Peter's Square

Il Sommo Pontefice Francesco durante un momento informale in Piazza San Pietro

Altri invece, è un caso del nostro tempo, infetti da gnoseologie relativiste, soggettiviste o evoluzioniste, non credono all’infallibilità del Papa, per cui, se a loro pare che il Papa si ponga in contrasto o in rottura con dottrine precedentemente definite o tradizionali, ed il nuovo, così come lo intendono, è di loro gradimento, non si fanno scrupolo ad esaltare un Papa Francesco, che finalmente si è aggiornato, un papa “rivoluzionario”, che finalmente ha abbracciato la “modernità”, un Papa che sa “dialogare” con tutti.
Da questi fatti comprendiamo come sia facile per il fedele ed è possibile anche per un teologo imprudente, si tratti di un tradizionalista o di un progressista, giudicare non in base a criteri obbiettivi, ma ai propri gusti, per cui si nega l’infallibilità o la verità alle dottrine pontificie che non piacciono, anche se assolutamente vere; e per converso si considerano indiscutibili o “avanzate” o addirittura “rivoluzionarie” idee del Papa, fraintese e mal digerite, che il Papa ha espresso magari en passant e senza l’intenzione di insegnare verità di fede o solo per esprimere un’opinione o un’impressione personale.

Costoro, il lettore avrà già capito che sono i modernisti, in realtà, imbevuti di storicismo, non credono all’infallibilità pontificia, perchè non credono all’immutabilità della verità. Ma ciò non impedisce loro di assolutizzare come fossero dogmi certe affermazioni del Papa puramente contingenti ed occasionali, interpretate peraltro come se il Papa desse spazio alle idee moderniste.
Infatti lo storicista, come per esempio l’hegeliano, crede a suo modo nell’assoluto, solo che per lui l’assoluto non trascende la storia in un’immutabilità metafisica, ma non è altro che l’assolutizzazione dell’evento storico presente che lo interessa. Così per esempio, per la Scuola di Bologna, le dottrine del Concilio non fanno riferimento a nulla di immutabile e di sovrastorico, ma rappresentano l’evento epocale, rivoluzionario, escatologico e profetico del tempo presente. In tal senso per lo storicista, l’Assoluto stesso diviene col divenire storico. Nulla resta, nulla permane, ma tutto evolve nella storia, come storia e come Assoluto nella storia. Niente storia senza Assoluto, ma anche niente Assoluto senza storia.

papa bacia la mano

Il Sommo Pontefice Francesco durante un gesto spontaneo verso un gruppo di anziani ebrei reduci dai campi di sterminio

I modernisti non hanno rispetto del Papa come maestro della fede, per cui tendono a risolvere tutti i suoi insegnamenti in semplici opinioni teologiche, che essi quindi si permettono ora di accogliere, ora di contestare, come loro garba, come se fossero quelle di qualunque altro teologo. E questo perchè, come già faceva notare acutamente San Pio X nella Pascendi dominici gregis, essi sono dei “fenomenisti”, che sostituiscono l’apparire all’essere, ciò che sembra a ciò che è. Per loro non si danno quindi certezze oggettive, universali ed immutabili, ma tutto è opinabile, mutevole dipendente dai tempi, dai luoghi e dai punti di vista.
I modernisti si fingono discepoli ed ammiratori del Papa per qualche sua frase o gesto che sembrerebbe andar loro incontro. E purtroppo il Papa non sembra attualmente far molto per sfatare questa interpretazione e prender le distanze da questi falsi amici. Ma l’equivoco non può durare all’infinito. Presto il Papa, stanco dei loro approcci sempre più indiscreti, parlerà con voce franca e chiara. C’è da temere che a questo punto la loro finta ammirazione si muterà in odio. Questo voltafaccia del resto sarà in linea con i loro stessi camaleontici princìpi morali. E sono dell’idea che il Papa potrebbe correre pericolo per la sua stessa vita. Così, a quanto sembra, riuscirono a far morire di dolore Papa Giovanni Paolo I.
Se si tratta invece di altri argomenti, di carattere pratico o morale, a cominciare dagli atti più importanti del governo papale, alle direttive liturgiche, alle disposizioni pastorali, giuridiche, amministrative o disciplinari, qui il Papa è fallibile e può anzi mancare di virtù, di coraggio, di carità e di prudenza. Ma è sempre doveroso, se lo si ritiene utile o necessario, svolgere una critica garbata, modesta e rispettosa, come di figli verso il padre.

papa maradona

Il Sommo Pontefice Francesco durante un saluto informale al pibe de oro Diego Armando Maradona

Osserviamo a questo punto che, come emerge anche dai dotti studi di Antonio Livi ai quali rimando, la teologia è una scienza che, come tale, si accompagna all’opinione. Per questo, il Papa come dottore privato, può giungere a conclusioni teologiche scientifiche, ossia accertate e dimostrate, così come può limitarsi al campo dell’opinabile, del probabile, dell’ipotetico, dell’incerto.
La scienza ci dà l’evidenza mediata, riconducile a princìpi primi di ragione, di senso comune o di fede; ci mostra inconfutabilmente ciò che è vero. L’opinione, invece, senza potersi rifare a quei princìpi, ma basata solo sull’apparenza (δόξα, doxa), avanza argomenti probabili o, come dice Aristotele, “dialettici”, ossia che occorre verificare con ulteriori ricerche. Essi infatti hanno solo l’apparenza del vero e quindi l’opinione giunge conclusioni non certe, ma solo probabili.
La scienza è l’apparizione o la manifestazione (ϕαινόμενον fainòmenon) mediata del vero. L’opinione (δόξα) invece ci dà ciò che sembra vero (videtur). Ad un’ulteriore indagine si può scoprire o che è vero o che è falso. L’opinione si ferma all’apparenza. Solo la scienza ci fa distinguere con certezza il vero dal falso.

papa ranja

Il Sommo Pontefice Francesco saluta la Regina Ranja di Giordania durante un incontro ufficiale

La scienza è una, perchè una cosa o è o non è; non possono convivere due scienze contrapposte circa la medesima cosa. Le opinioni invece sono molte e possono legittimamente coesistere ed opporsi tra di loro, perchè di due opinioni opposte si suppone che non si sappia qual è quella vera, ma entrambe hanno l’apparenza della verità.
Da princìpi di fede è possibile ricavare in teologia l’opinione o la scienza: l’opinione, se il teologo non riesce a fare una deduzione rigorosa; la conclusione scientifica, invece, se riesce far tale deduzione. Un Papa può essere teologo nell’uno come nell’altro senso. L’infallibilità del suo carisma di maestro della fede non lo soccorre per nulla in queste indagini e in queste conclusioni, che sono rimesse invece totalmente alla sua sapienza umana, alla sua preparazione scientifica e al rigore logico del suo metodo.

Petrusgrab im Petersdom in Rom

Papale Arcibasilica di San Pietro: la Tomba del Principe degli Apostoli sotto l’Altare della Confessione

Papa Francesco non è un teologo accademico, come lo è stato Benedetto XVI, che ci ha lasciato come teologo privato preziosi libri di cristologia, ai quali ho già accennato. Papa Francesco invece è un teologo kerygmatico, un instancabile predicatore di quel Dio Incarnato, Gesù Cristo e del suo Spirito, che alimenta la sua vita intellettuale, il suo cuore, la sua passione di apostolo e di pastore, protesi alla salvezza di tutti gli uomini. Egli mi ricorda il Fondatore del mio Ordine, San Domenico di Guzmàn, del quale si diceva che “parlava o a Dio o di Dio”.
Anche per Papa Francesco, come per i Papi precedenti, occorre saper discernere il momento del suo approccio personale a Cristo, la sua sensibilità teologica, la sua devozione privata, il suo punto di vista umano particolare — che potremo anche accettare o non accettare, potremo discutere o approfondire liberamente di nostra scelta — dal maestro della fede, dal pastore e dottore universale della Chiesa, dal Vicario di Cristo, il Successore di Pietro, il Testimone della Parola di Dio, della Scrittura e della Tradizione, che infallibilmente assistito dallo Spirito Santo, predica ufficialmente e pubblicamente per mandato di Cristo richiamando tutti gli uomini alla salvezza.

Fontanellato, 23 novembre 2014

_____________________________

Autore REDAZIONE

Autore
REDAZIONE

 

L’ARCIVESCOVO EMERITO DI  CHICAGO:

«IL SANTO PADRE HA CREATO DELLE ASPETTATIVE CHE NON PUÒ SODDISFARE»

 

cardinale georgeA distanza di un paio di giorni dalla pubblicazione di questo articolo del Padre Giovanni Cavalcoli, è stata pubblicata una intervista rilasciata dal Cardinale Francis George, arcivescovo metropolita di Chicago, da poco dimesso dalla cattedra di quella arcidiocesi per gravi motivi di salute; il porporato, ammalato di cancro, si trova infatti a vivere la fase culminante della sua malattia.

L’articolo integrale in lingua originale è consultabile QUI

Riportiamo sotto, tratta dal celebre blog di Sandro Magister, la traduzione italiana dell’intervista del Cardinale che abbiamo ritenuto opportuno inserire in appendice a questo nostro articolo.


di  +Francis George, omi

Posso capire l’ansia di certe persone.  A un primo sguardo non ravvicinato, ti può sembrare che Francesco metta in discussione l’insegnamento dottrinale consolidato. Ma se guardi di nuovo, soprattutto quando ascolti le sue omelie, vedi che non è così. Molto spesso, quando lui dice certe cose, la sua intenzione è di entrare nel contesto pastorale di qualcuno che si trova preso, per così dire, in una trappola. Forse questa sua simpatia la esprime in un modo che induce la gente a chiedersi se egli sostenga ancora la dottrina. Non ho nessun motivo di credere che non lo faccia. […]

Si pone allora la domanda: perché Francesco non chiarisce queste cose lui stesso? Perché è necessario che gli apologeti sopportino il peso di dover fare ogni volta buon viso? Si rende conto delle conseguenze di alcune sue affermazioni, o anche di alcune sue azioni? Si rende conto delle ripercussioni? Forse no. Io non so se lui è consapevole di tutte le conseguenze di quelle parole e di quei gesti che sollevano tali dubbi nella mente delle persone.

Questa è una delle cose che mi piacerebbe avere la possibilità di domandargli, se mi capitasse di essere lì da lui: “Si rende conto di ciò che è successo solo con quella frase ‘Chi sono io per giudicare?’, di come è stata usata e abusata?”. Essa è stata davvero abusata, perché lui stava parlando della situazione di qualcuno che aveva già chiesto pietà e ricevuto l’assoluzione, di qualcuno da lui ben conosciuto. È una cosa completamente diversa dal parlare di qualcuno che pretende di essere approvato senza chiedere perdono. È costantemente abusata, quella frase.

Ha creato delle aspettative attorno a lui che egli non può assolutamente soddisfare. Questo è ciò che mi preoccupa. A un certo punto, coloro che lo hanno dipinto come una pedina nei loro scenari sui cambiamenti nella Chiesa scopriranno che lui non è quello che credono. Che non va in quella direzione. E allora forse diventerà il bersaglio non solo di una delusione, ma anche di un’opposizione che potrebbe essere dannosa per l’efficacia del suo magistero. […]

Personalmente, trovo interessante che questo papa citi quel romanzo: “Il padrone del mondo”. È una cosa che vorrei domandargli: “Come fa a mettere assieme quello che lei fa con quello che lei dice che sia l’interpretazione ermeneutica del suo ministero, cioè questa visione escatologica secondo cui l’Anticristo è in mezzo a noi? È questo che lei crede?”. Mi piacerebbe fare questa domanda al Santo Padre. In un certo senso, ciò potrebbe forse spiegare perché egli sembra avere tanta fretta. […] Che cosa crede il papa circa la fine dei tempi? […]

Io non lo conoscevo bene prima della sua elezione. Ho saputo di lui tramite i vescovi brasiliani, che lo conoscevano di più, e a loro ho fatto molte domande. […] Non sono andato a trovarlo da quando è stato eletto. […] Papa Francesco non lo conosco abbastanza. Certamente lo rispetto come papa, ma mi manca ancora una comprensione di che cosa intenda fare.

traduzione a cura di Sandro Magister [vedere qui]

Servizio vigili del fuoco. Il Santo Padre Francesco ed il nuovo incendio mediatico: le offerte ai preti

«SERVIZIO VIGILI DEL FUOCO». IL SANTO PADRE FRANCESCO ED IL NUOVO INCENDIO MEDIATICO: LE OFFERTE AI PRETI

 

[…] a tutti i non pochi sacerdoti con funzione di parroci che vivono certe situazioni di disagio economico, vorrei lanciare sia un’idea sia un appello: quando vi arriva una bolletta della luce o del gas che non riuscite a pagare, mandatela alla Domus Sanctae Martae, indirizzata direttamente a Sua Santità il Sommo Pontefice Francesco, Città del Vaticano, accompagnata da questo biglietto: «Siamo i preti della Chiesa povera per i poveri e non abbiamo i soldi per pagare la bolletta della luce e del gas della chiesa parrocchiale, quindi rimettiamo il pagamento direttamente alla Sede Apostolica».

 

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

 

vigili del fuoco vaticano logo

stemma dei Vigili del Fuoco della Città del Vaticano

Nella sua omelia mattutina il Santo Padre ha detto: «Quante volte vediamo che entrando in una chiesa ancora oggi c’è lì la lista dei prezzi: per il battesimo, la benedizione, le intenzioni per la messa. E il popolo si scandalizza».

.

Chi desidera leggere tutto il resoconto può collegarsi direttamente al sito de La Repubblica [vedere qui] divenuta ormai organo ufficioso della Santa Sede, non ultimo anche per avere un saggio di come certi discorsi finiscono poi riportati dalla grande stampa.

.

Pare che il Santo Padre tenda ad una certa parzialità che lo induce a vedere le cose da destra ma non da sinistra. A questo si aggiunga che appena l’audience tende a calare, il Santo Padre se ne esce fuori con qualche frase ad effetto che fa subito il giro del mondo; e per giorni e giorni sono garantite le prime pagine dei giornali, che delle sue parole espresse non di rado con scarsa chiarezza prendono di prassi ciò che vogliono e con tutto il possibile beneficio d’inventario, specie quando il Santo Padre dice cose sacrosante e giuste, ma espresse però in modo sbagliato, creando così non pochi problemi di comunicazione e di recezione dei suoi stessi messaggi, perché i media finiscono col fargli dire ciò che lui non ha neppure mai pensato.

.

Vigili del fuoco vaticano 3

I Vigili del Fuoco dello Stato della Città del Vaticano montano il comignolo sul tetto della Cappella Sistina prima del conclave dei cardinali

Siccome ciò non può essere casuale, c’è da chiedersi: chi è il regista di certe strategie pubblicitarie, visto che di tali si tratta?

E “spara” oggi che ti “sparo” domani, se le sparate non dovessero più sortire effetto nei media assuefatti a tutte le peggiori droghe, tanto da richiedere dosi sempre maggiori di stupefacenti sempre più potenti, a che cosa dobbiamo prepararci?

.

Il Santo Padre ha detto una cosa giusta espressa però nel modo sbagliato, puntando ancora una volta lo sguardo a destra senza però cogliere minimamente tutti i risvolti che si trovano a sinistra. Proprio come quel famoso «Chi sono io per giudicare?» lasciato tronco a metà, grazie al quale abbiamo potuto assistere per la prima volta nel corso della storia all’esaltazione di un pontefice sulle copertine delle riviste gay di tutto il mondo, mentre sacerdoti e teologi, presto costretti a calarsi nel ruolo di pompieri, spiegavano ciò che di giusto il Santo Padre intendesse dire con quella frase; e ciò spiegandolo non solo ai devoti fedeli, ma soprattutto ad un esercito di tracotanti ed aggressivi sodomiti impenitenti fieri ed orgogliosi d’essere tali, che su quella frase male compresa ci venivano a fare lezioni di ecclesiologia e di nuova morale cattolica [solo un esempio tra i tanti, qui] E lo abbiamo spiegato, il tutto, procacciandoci in risposta gli sberleffi dei laicisti e le aggressioni verbali di certi cattolici intransigenti o presunti tali che ci accusavano invece di «arrampicarci sugli specchi», di «difendere l’indifendibile» o di giocare ai «sofismi».

.

vigili del fuoco vaticano 5

Vigili del fuoco dello Stato della Città del Vaticano

Questo nuovo sport pontificio di prendersela periodicamente con i preti, stride parecchio col fatto che poi, al tempo stesso, egli parta senza esitare da Roma per andare a Caserta ad abbracciare gli eretici pentecostali, meritevoli peraltro del progressivo svuotamento delle chiese cattoliche nei paesi del Latino America, dove in alcune regioni, Argentina inclusa, si sono registrati cali di fedeli che sfiorano anche la percentuale del 30% …
… mi verrebbe voglia di affermare in tono grave che tutto questo grida quasi vendetta al cospetto di Dio, specie se consideriamo che per traghettare la barca di Pietro il Romano Pontefice Vescovo di Roma ha bisogno di noi preti brutti, sporchi e cattivi, non certo dei pastori pentecostali verso i quali è corso sorridente con l’abbraccio aperto ed il sorriso stampato in faccia, tra l’altro soprassedendo del tutto sul fatto che i membri di questa sètta sono degli straordinari procacciatori di quattrini e di ricchi creduloni da spennare come tacchini americani prima della grande Festa del Ringraziamento.

.

Non so con qual genere di angelici fedeli il Santo Padre abbia avuto pastoralmente a che fare prima come sacerdote poi come vescovo; potrei presumere che non abbia avuto a che fare con quelli della Gerusalemme Terrena ma piuttosto con quelli della Gerusalemme Celeste, dove non c’è bisogno di pane, visto che in essa si vive di solo spirito nella beatifica contemplazione della eterna gloria di Dio.

.

Io che invece ho sempre svolto il sacro ministero con gli uomini e le donne della Gerusalemme Terrena, mi sono ritrovano di fronte a tali forme di ingratitudine e di insensibilità verso la figura del sacerdote che benedico tutt’oggi Dio per avermi colmato dei necessari doni di grazia in virtù dei quali, se devo correre, mi prodigo a farlo soprattutto per ingrati, avari, egoisti … che dopo avere spremuto il prete come un limone ne gettano via la buccia, perché come ci insegna il Signore: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori» [Mc 2, 17]. E per un pastore in cura d’anime, tentare di curare certi malati comporta spesso dolori, amarezze e delusioni che lasciano talvolta dolorosi segni addosso come marchi a fuoco, perché non pochi sono i malati che rifiutano il medico e qualsiasi cura, o che sfruttano il medico solo quando hanno bisogno.

.

Vigili del Fuoco Vaticano 2

un mezzo dei Vigili del Fuoco dello Stato della Città del Vaticano

Ho trascorso ore ad ascoltare e raccattare da terra delle mogli in pezzi umiliate e abbandonate da mariti sulla via dei sessant’anni che fatti quattro soldi hanno preso il largo con la segretaria di venticinque; a raccogliere i pianti di genitori con figli ingestibili dediti ai peggiori vizi; a confortare famiglie colpite dalla grave malattia di un loro congiunto ed a visitare e confortare il malato periodicamente in ospedale. Ho fatto alcune centinaia di chilometri per andare a visitare qualche ergastolano in un carcere di massima sicurezza, dopo avere impiegato tempo ed energie a chiedere il permesso di visita al magistrato di sorveglianza, non essendo cappellano di quel carcere e non avendo quindi per legge diritto di accesso. Ho dedicato giorni e giorni alla preparazione di certe omelie e catechesi per il conforto e la edificazione del Popolo di Dio. Sono sceso dal letto in piena notte per portare i Sacramenti ad un morente, ho fatto cinquanta chilometri all’andata e cinquanta al ritorno per andare a celebrare una Messa — senza che alcun buon fedele si domandasse se forse non era il caso di pagare le spese della benzina al prete — trascorrendo poi gran parte della giornata ad amministrare le confessioni ed infine, quasi di prassi, tornando a casa mi sono messo a lavorare fino alle due della notte, per poi alzarmi il mattino alle 7 e non certo a mezzogiorno. Non ho mai detto di no a nessuno che mi abbia cercato per un suo problema impellente, ed a quanto mi è dato sapere non sono poche le persone che —  grazie a Dio e bontà loro — vanno dicendo in giro che sono un buon prete affermando in tal senso di averlo sperimentato per loro esperienza personale …

.

… c’è però un dato di fatto triste: quando nel bisogno mi ci trovo io, quando devo pagare delle bollette per dei costi di fornitura che non riesco a pagare, quando devo provvedere alle mie dignitose necessità e non certo ai miei vizi e lussi, due sole sono le porte alle quali posso andare a battere cassa: quella di mia madre e quella di mio fratello. Mi domando e vi domando: è giusto che una madre di 75 anni che riesce a vedere il figlio prete due o tre volte all’anno di sfuggita, debba arrotondare tutti i mesi le mie entrate consentendomi così di dedicarmi pastoralmente a persone che a fronte di qualsiasi bisogno umano e spirituale ritengono che per loro sia tutto quanto un diritto dovuto, ma che verso il cosiddetto “prete-limone” da spremitura ritengono però di non avere alcun genere di dovere? Penso che solo per questo mia madre — donna dura e dal carattere non facile — si guadagnerà il paradiso, avendomi dato tutto senza mai chiedermi niente; ma gli altri, quelli che dal prete pretendono tutto senza mai nulla dare in cambio, beneficeranno della stessa sorte felice, in quel loro sommo egoismo che genera una incorreggibile mancanza di generosità? O per dirla in altre parole: è giusto che io assista dei veri e propri eserciti di ingrati privi di riconoscenza verso il sacerdote, grazie ai soldi dell’onesto lavoro dei miei familiari che me lo permettono? Questo il motivo per il quale mi piacerebbe tanto chiedere al predicatore di Santa Marta — sempre ammesso che non sia troppo impegnato a parlare con l’ateo Eugenio Scalfari o con gli eretici della sètta pentecostale — se per caso sono diventato prete per risultare una tassa a vita per mia madre e per mio fratello, anziché per servire con i necessari mezzi la Chiesa universale e il Popolo che Dio le ha affidato; quel popolo che da sempre servo senza alcun risparmio di me stesso, ed il tutto fino a non facile prova contraria. O, più semplicemente, al Predicatore di Santa Marta vorrei chiedere: in che modo si può vivere nel 2014 con 800 euro al mese di stipendio percepiti dall’Ente Sostentamento Clero, con tutte le spese vive da pagare per il proprio mantenimento e con i cosiddetti fedeli sempre a mano tesa per i loro bisogni umani e spirituali, che però non hanno la minima bontà di remunarare il gravoso servizio pastorale del sacerdote, sempre sulla base del principio che a loro tutto è dovuto mentre invece al prete non è dovuto niente? Perchè, casomai non fosse chiaro, il fatto che io non abbia mai tempo per visitare o per dedicarmi ad una madre ormai anziana che pure mi mantiene, pur avendo sempre tempo per dedicarmi invece ad un fitto esercito formato anche e soprattutto di devoti fedeli ingrati, per me è stato ed è un problema oggettivo che più volte si è mutato in gravoso e doloroso quesito per la mia coscienza soggettiva, io che una coscienza ce l’ho e che la mia vita di prete la vivo sulla mia pelle e sul mio sangue e non certo sulle frasi popolari ad effetto pronunciate da un Sommo Pontefice che ha scelto di vivere dentro un albergo per essere più a contatto con la realtà, ma che dal rapporto con la realtà — stando fedelmente a certi suoi discorsi — sembra essere più distaccato di quanto invece non lo sono mai stati i suoi recenti predecessori che vivevano nel tradizionale appartamento a loro riservato nel Palazzo Apostolico.

.

incendio

Vigili del fuoco all’opera

E siccome esercito da sempre anche il delicato ministero di confessore e direttore spirituale di numerosi sacerdoti sparsi per l’Italia, lo so bene io, nel segreto inviolabile del foro interno e nella segretezza del foro esterno, i dolori a volte lancinanti che vivono molti miei confratelli che oggi si sentono sempre di più bastonati e trascurati da chi invece dovrebbe seguirli e sostenerli … lo so io, quel che mi hanno detto molti di loro, quanto appunto il Santo Padre correva ad abbracciare gli eretici pentecostali, dopo avere ripetutamente bacchettato il proprio clero e dato ai preti degli untuosi. Cosa vera ma come sempre vera solo parzialmente, perché ormai la parzialità sembra divenuta un presupposto della pastorale di questo pontificato [vedere qui]. Anche in questo caso una domanda al Santo Padre sarebbe di rigore: posto che i peggiori untuosi sono da sempre a bivaccare dentro la curia romana e sino al più alto livello dentro il Vicariato di Roma, in un anno e mezzo, lui che ha potere di legare e di scogliere, quanti ne ha sbattuti fuori da casa sua, di untuosi? Perchè prima di dire ai preti sparsi per il mondo che certi preti sono untuosi, buon gusto ed equilibrio pastorale vorrebbero che fossero eliminati anzitutto gli untuosi di lusso che lui stesso si ritrova in casa propria e che ad oggi non sono stati ancora toccati. Anzi, sotto il suo pontificato, non pochi dei più untuosi in assoluto hanno fatto anche strepitose carriere, altri si sono invece affacciati direttamente con lui alla loggia centrale di San Pietro divenendo per questo dei veri intoccabili per un semplice affaccio in mondovisione.

.

E non tocchiamo il tasto dolente dei “poveri” tanto cari alla omiletica del Santo Padre, perché sono convinto che egli ignori totalmente di quanto spesso, alla fine delle Sante Messe, appena giunti in sacrestia, siamo presi d’assalto e molestati con pianti da attori professionisti da parte di “poveri” che vengono a chiederci danaro con in tasca i telefoni cellulari che noi non abbiamo, che nelle proprie case hanno mega maxi schermi che noi non abbiamo, che fumano le sigarette di marca che noi non fumiamo, che ci vengono a chiedere di pagargli la bolletta della luce mentre nelle loro case trionfano tutti gli strumenti elettronici di ultima generazione che noi non possediamo, o che perlomeno, sia io sia molti miei confratelli, non abbiamo, perché non possiamo assolutamente permetterci. E vuole sapere, il Santo Padre, questo genere di arroganti accattoni che rivendicano il diritto ad avere tutto il superfluo, che si acquistano il voluttuario e che poi vanno alla Caritas ad esigere rifornimenti di generi di prima necessità, in che modo ci bacchettano quando giustamente gli diciamo di no? Sbattendoci in faccia che … «Papa Francesco non è una bestia come voi preti, lui ama i poveri!». E da me, più di uno, si è sentito rispondere: «Bene, allora vai in Vaticano ed i soldi per comprarti le sigarette e per rifarti la carica del tuo nuovo telefono cellulare da 500 euro, chiedili al Santo Padre, perché io uso da due anni un telefono cellulare che a suo tempo ho comprato in un discount al prezzo di 48 euro».

.

Tutt’altra cosa i veri poveri che vivono invece con tale disagio la propria situazione che dobbiamo essere noi a capire che hanno bisogno, perché non sono neppure capaci a chiedere aiuto; e dinanzi a quelle persone, ripetutamente, mi onoro in sacerdotale coscienza di essere rimasto io senza i soldi per poter poi provvedere al mio necessario, nella ferma convinzione di non avere compiuto nulla di eroico ma fatto solo il mio dovere di prete.

.

vigili del fuoco vaticano 6

Un mezzo dei Vigili del Fuoco dello Stato della Città del Vaticano in Piazza San Pietro

In fede e verità posso e debbo dire che purtroppo, non una sola delle numerose persone che ho aiutato nel corso degli anni, si è mai premurata di domandarmi se avevo bisogno di qualche cosa.

.

Il Santo Padre, così toccato dalla sensibilità di un popolo riguardo il quale andrebbe anzitutto stabilito se è veramente il Popolo di Dio oppure se è semplicemente popolo e basta, se non peggio popolo giacobino, è informato di quanto alto sia il numero di preti che hanno trascorso la propria vita a servire gli altri, spesso privando se stessi pure del necessario, ma che nella vecchiaia si sono ritrovati ammalati, soli e totalmente abbandonati? E quale popolo ha gridato allo scandalo, dinanzi a vecchi preti morti senza che fosse neppure tutelata la loro umana dignità?

.

Qualcuno ha spiegato al Santo Padre come mai la Conferenza Episcopale Italiana ha destinato una parte del cospicuo importo dell’Otto per Mille che percepisce dallo Stato attraverso il gettito fiscale dei contribuenti, per coprire tutti i preti con una polizza sanitaria stipulata con la Cattolica Assicurazione? La Conferenza Episcopale lo ha fatto per un motivo molto semplice: perché nel tempo sono stati non pochi i preti che navigando in situazioni economiche tutt’altro che floride, sono morti prima di riuscire ad avere una visita specialistica o prima di fare delle analisi cliniche. E coloro che non avevano fratelli o sorelle di buon cuore che li hanno assistiti, sono andati incontro ad una brutta morte dimenticati nella corsia di un reparto di geriatria dall’esercito di persone che per tutta la vita loro hanno assistito come dei veri padri premurosi.

.

vigili del fuoco città del vaticano 7

Vigili del Fuoco dello Stato della Città del Vaticano nel cortile di San Damaso

Ma veniamo ai “tariffari” per i quali si è levato solenne da Santa Marta l’ennesimo grido di disappunto che ha sortito l’effetto di far passare il Santo Padre per giusto castigatore dei cattivi costumi del clero, ed i suoi preti per degli irredimibili sporcaccioni. È vero: molte diocesi hanno stabilito non dei prezzari, ma delle offerte minime da lasciare alle parrocchie in occasione di certe celebrazioni, ad esempio per i matrimoni. E sulla parola “matrimoni” apriamo adesso il capitolo dolente …

.

… il Santo Padre lo sa che cosa è, specie da Roma in giù, un matrimonio? Il Santo Padre, così preoccupato di un non meglio precisato popolo che si scandalizza, è informato che nessuno si scandalizza invece dinanzi a spose che spendono di media non meno di 1.000 euro solo per l’acconciatura del parrucchiere, che il servizio del fotografo costa di media sui 1.500 euro, stampa delle foto ed album del matrimonio escluse le quali a parte a parte costano migliaia e migliaia di euro; che la ripresa filmica del matrimonio ammonta a circa 3.000 euro? È informato, il Santo Padre, che certe spose entrano in chiesa con un vestito che costa 10.000 euro che sarà indossato solo quella volta e poi mai più? È informato il Santo Padre che certi sposi spendono tra i 5.000 ed i 10.000 euro per le sole bomboniere da regalare a invitati ed amici e che organizzano pranzi di nozze per una media di 150/250 invitati al costo di 80/100 euro a persona, ammontanti all’incirca a 15.000/25.000 euro per il solo pranzo di nozze? È informato il Santo Padre che certi sposi spendono 5.000 euro solo per tre minuti di fuochi artificiali?

.

vigili del fuoco città del vaticano 8

Un mezzo dei Vigili del Fuoco dello Stato della Città del Vaticano davanti al Palazzo del Governatorato

Il Santo Padre, è mai stato informato da qualche esponente di questo popolo scandalizzato dai preti, che le persone che fanno queste spese folli, che dentro le chiese facevano attaccare ai cineoperatori fari a giorno che succhiavano corrente a vortice, al povero parroco sottoposto tra l’altro a spese e consumi, non dicevano neppure «grazie!»? E lo sa, il Santo Padre, perché molti degli esponenti di questo popolo scandalizzato dai preti, che pure per un matrimonio hanno speso l’equivalente del costo d’acquisto di un appartamento, non dicevano neppure «grazie!»? Semplice il motivo: ma perché … «la Chiese deve!» e «i preti non devono chiedere niente», anzi «dovrebbero essere poveri».

.

Ecco perché, giustamente, molte diocesi hanno stabilito delle quote minime di offerta da lasciare alla parrocchia in occasione della celebrazione di certi Sacramenti, soprattutto per i battesimi ed i matrimoni. E non l’hanno fatto perché i preti sono assatanati di soldi ma per evitare che certi parroci, dinanzi a persone che per un matrimonio hanno bruciato 100.000 euro di spese, non riconoscessero al prete neppure la dignità riconosciuta anche all’ultimo parrucchiere di provincia che gioca a fare il grande stilista acconciatore, lasciando al primo anche la mancia per il ragazzo di bottega, ed al secondo, ossia al brutto e sporco prete, cattivo e affamato di soldi, la bolletta della luce della chiesa da pagare, ed ancora ripeto: senza neppure un «grazie», perché «la Chiesa deve» e perché «i preti dovrebbero essere poveri».

.

Domandi il Santo Padre a molti parroci, quante volte è accaduto che gli sposi abbiano dato 1.000 euro in compenso a organista, violinista e soprano, mentre al parroco o al rettore della chiesa che ha osato dirgli: «Ma una piccola offerta per le spese di mantenimento della chiesa, la volete lasciare?», hanno risposto andando a dire in giro per mezzo mondo che «il prete ha osato chiedere persino i soldi». E chiudiamo qua il discorso, senza toccare neppure la voce spese dei fioristi per l’addobbo della chiesa.

.

vigili del fuoco città del vaticano 10

Il Santo Padre Benedetto riceve in omaggio e indossa un casco dei Pompieri dello Stato della Città del Vaticano

Queste le persone, questo il popolo che si scandalizza e che ancora una volta ha trovato autorevole voce di protesta e di condanna verso i preti da parte del Santo Padre che pare davvero intenzionato a piacere a tutti, soprattutto ai non cattolici, meno che ai suoi devoti e fedeli servitori, ai quali dispensa periodiche frustate che non hanno né la profondità, né l’amore, né lo spessore pastorale di una enciclica scritta in toni decisi e duri, ma veramente e profondamente amorevoli, come la Ad catholici sacerdotii del Sommo Pontefice Pio XI [vedere qui].

.

Certe pastorali del Santo Padre Francesco sembrano fatte più per piacere a tutti gli irriducibili anticlericali di questo mondo, anziché risultare preziose ed efficaci per la correzione del clero, che specie di questi tempi non è affatto esente da inadeguatezze, errori e vizi d’ogni mala sorta, avarizia e attaccamento al danaro inclusi.

.

poste vaticane

Cari Parroci, indirizzate le bollette della luce e del gas delle vostre chiese al Sommo Pontefice Francesco, Domus Sanctae Martae, Città del Vaticano

Alla fine dello scorso inverno un mio confratello, parroco di una chiesa del nord dell’Italia, dove il clima invernale è particolarmente duro, mi disse con grande preoccupazione: «… ad aprile ho chiesto un prestito alla banca per pagare il gas del riscaldamento». Questo santo uomo di Dio, con una temperatura spesso al di sotto dello zero, nella propria canonica teneva il riscaldamento spento ed aveva messo una brandina nella grande cucina dove c’era una vecchia stufa a legna; e lì in pratica viveva d’inverno, bruciando la legna da lui stesso raccolta in giro con le sue mani. Però teneva acceso il riscaldamento della chiesa per riscaldare i fedeli e quello delle due sale parrocchiali dove facevano il catechismo i bambini. Anche i genitori di quei bambini che andavano al catechismo facevano parte del popolo scandalizzato di cui parla il Santo Padre nella sua omelia ad effetto; ed anche loro, per festeggiare la Prima Comunione dei loro bimbi, hanno speso tanto e quanto hanno voluto, ma nessuno si è però domandato se il parroco aveva o no i soldi per pagare la bolletta del gas, sempre sulla base del solito principio: «La Chiesa non deve chiedere ma solo dare» … «i preti devono essere poveri» … e poi, è lo stesso Santo Padre che animato da grande anelito ha detto subito: «Ah, come vorrei una Chiesa povera per i poveri» [vedere qui] …

.

… e lo stesso Santo Padre concedeva poco tempo dopo “in affitto” la Cappella Sistina in uso alla Porsche per un evento di beneficienza a favore dei poveri [vedere qui]. Anche in questo caso sorge però una domanda: i parroci delle parrocchie povere che non hanno a loro disposizione una Cappella Sistina da dare in affitto a ricchi privati per scopi benefici al fine di ricavarne danaro per le mense dei poveri, potrebbero ricavare qualche cosa affittando le loro chiese, per esempio a …

.

A questo mio confratello che domandò un prestito alla banca per pagare il gas usato in inverno per riscaldare i fedeli ed i loro figli ed a tutti i non pochi sacerdoti che vivono certe situazioni di disagio economico, vorrei lanciare sia un’idea pertinente sia un appello: quando vi arriva una bolletta della luce o del gas che non riuscite a pagare, mandatela alla Domus Sanctae Martae indirizzata a Sua Santità il Sommo Pontefice Francesco accompagnata da questo biglietto: «Siamo i preti della Chiesa povera per i poveri e non abbiamo i soldi per pagare la bolletta della luce e del gas della chiesa, quindi rimettiamo il pagamento direttamente alla Sede Apostolica».

.

Copertina - Ariel S. Levi di Gualdo - prete disoccupato

Prete disoccupato, omelie sul Vangelo [chi lo desidera può anche richiederlo scrivendo a isoladipatmos@gmail.com]

Chi legge certi miei scritti e certi miei libri, vi troverà indicato e spiegato, ed in modo anche molto severo, quanto sia per sua natura devastante un prete attaccato al danaro, un prete avido e avaro, un prete non generoso, un prete nato in una famiglia povera entrato in seminario con le pezze attaccate addosso e mantenuto agli studi dal buon cuore della diocesi e dei benefattori, che alla sua morte lascia eredità milionarie agli amati nipoti; e chi vuole approfondire questo discorso può procurarsi il mio libro «Prete disoccupato, omelie sul Vangelo» [vedere qui], ed andare a leggere l’omelia nella quale parlo dell’obolo della vedova e nella quale le mie critiche a certi malcostumi economici e finanziari del clero sono precise e severe, ma con una differenza: sono fatte con spirito pastorale e mirate a indurre certi miei confratelli alla riflessione ed alla salvezza delle proprie anime, non sono mirate a far sì che la anticlericale Repubblica o che la massonica Stampa esaltino certe sparate a zero fini purtroppo a se stesse.

.

Detto questo devo però vedere, analizzare e parlare di tutti i risvolti della situazione, senza sorvolare sulla mancanza di generosità da parte di certi fedeli o presunti tali, che per organizzare le feste che seguono alla celebrazione di certi Sacramenti spendono somme di danaro davvero scandalose e che al tempo stesso, se non sono richiamati od obbligati a farlo, non lasciano neppure un centesimo alla chiese parrocchiale per le molte spese che questa deve sostenere, anzi, come già ho detto: con rara strafottenza non ti dicono neppure grazie …
… ebbene mi domando e domando, a questi fedeli o pseudo tali, il Santo Padre non intende proprio tirare le orecchie, impegnato com’è a tagliarle invece direttamente i suoi preti?

.

Esercitando la libertà riconosciuta ai figli di Dio e concessa anche ai sacerdoti, in questo mio articolo ho sollevato tutte le perplessità del caso sul Sommo Pontefice che si esprime per mezze frasi ad effetto mediatico od attraverso espressioni non sempre felici pronunciate come dottore privato; e che come tale è criticabile con tutto il più profondo e devoto rispetto, senza che mai la sua apostolica autorità sia messa minimamente in discussione, ed in specie quando parla come supremo custode del deposito della fede, che è naturalmente tutt’altra cosa, rispetto ai predicozzi mattutini confezionati alla Domus Sactae Martae per la gioia ed il gaudio della stampa laicista, anticlericale e massonica, forse per la presumibile opera ed il devastante suggerimento di qualche “stratega” gesuita populista che lo consiglia a dir poco male come esperto di immagine e di comunicazione?

.

.

_____________________________________________________

cliccare sotto per ascoltare il corale Tu es Petrus – di  Marco Frisina

.

.

.

.

.

 

 

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

La verità assoluta. Il Santo Padre Francesco ed Eugenio Scalfari

LA VERITÀ ASSOLUTA.

IL SANTO PADRE FRANCESCO ED

EUGENIO SCALFARI

 

[…] Scalfari sembra chiedere al Papa se si può ammettere un certo relativismo delle verità. Il Pontefice avrebbe potuto polemizzare col relativismo, come ha fatto Papa Benedetto, e invece riconosce che in Dio stesso c’è un relazionarsi. Naturalmente queste parole del Papa non vanno intese in contrasto con Papa Benedetto e come approvazione del relativismo, che è un grave difetto del pensiero e della condotta morale, per il quale si “relativizza” l’assoluto non nel senso legittimo detto dal Papa, ma nel senso di fare di Dio un idolo a servizio delle proprie voglie o comunque di relativizzarlo all’uomo, quasi che l’uomo stia al di sopra di Dio […].

 

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

 

bocca aperta

quando dalle bocche fuoriesce di tutto e di più ancora …

Quando il Papa parla, occorre tenere il tono alto, al di sopra del gracchiare degli uccelli. L’Editrice Vaticana, come sappiamo, ha pubblicato il contenuto di alcuni colloqui avuti dal Papa con Eugenio Scalfari. Alcune espressioni del Pontefice in questa circostanza provocarono sul momento in una parte del mondo cattolico perplessità, apprensioni e meraviglia, mentre il mondo laicista gongolante ne approfittò per presentare slealmente un Pontefice vicino alle sue posizioni. Vorrei quindi limitarmi solo ad esprimere come, a mio modo di vedere, si debbono interpretare in realtà alcune parole del Papa, in modo da scorgerne la continuità col perenne insegnamento della sana ragione, della Chiesa e della fede.

Può sorprendere, innanzitutto, nelle lettera che il Papa ha scritto a Scalfari, la sua dichiarazione: «Io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità “assoluta”», quando sappiamo bene come questa espressione è tradizionale non solo nella filosofia ma anche nel linguaggio del Magistero, per indicare Dio o la verità divina; ma per capire che cosa intende dire il Papa, dobbiamo leggere le parole seguenti: no alla verità «assoluta», “nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione!”.
Da notare che qui il Papa non sta parlando della verità in generale o della verità come tale, ma della verità divina, la quale in Dio è identica all’amore (1). Dobbiamo quindi fugare un sospetto di volontarismo che potrebbe emergere da una lettura superficiale delle parole del Pontefice.

Udienza generale di Papa Francesco

Il Santo Padre durante l’udienza generale

Ciò che in questo contesto sta cuore a Papa Francesco è ricordarci che Dio è in relazione col mondo, con quel mondo che Egli ha creato liberamente per amore e ciò soprattutto mediante il mistero dell’Incarnazione. Così pure il nostro relazionarci con Lui, diverso in ciascuno di noi, fa sì che la stessa verità divina si relazioni con noi in modi diversi per ciascuno di noi.
Per questo e in tal senso la verità divina è una relazione di Dio col mondo: Dio conosce il mondo; la verità è relazione intenzionale di un soggetto con un oggetto: adaequatio intellectus et rei, come dice San Tommaso, anche se nel caso di Dio non è Lui che deve adeguarsi alle cose, ma sono le cose che sono adeguate al pensiero progettatore e creatore che Dio ha di esse.

Ma la relazione di Dio col mondo è anche amore, perché Dio ama il mondo e in Dio verità ed amore, come si è detto, s’identificano nella semplicità assoluta dell’essenza divina. Il Papa vuol concentrare l’attenzione su questo punto ed in tal senso respinge qui l’espressione “verità assoluta”.
Non possiamo immaginare infatti che il Papa non continui a considerare col linguaggio tradizionale Dio in se stesso come l’Assoluto e la Verità assoluta, perché il termine “assoluto”, entrato da alcuni secoli nel linguaggio filosofico e teologico, può essere sinonimo di “divino”, anche se è vero che non tutto ciò che è assoluto è divino, perché un ente finito può essere assoluto per un aspetto e relativo per un altro. Invece Dio è assoluto sotto ogni punto di vista: è assolutamente assoluto (2).

È ragionevole e necessario distinguere verità relative da verità assolute e dalla verità assoluta. Errato sarebbe, come sembra supporre Eugenio Scalfari, che esistano solo verità relative. È questo l’errore del relativismo, riscontrabile per esempio nella filosofia di Auguste Comte (sec. XIX), che dice: «Tutto è relativo, e questo è il solo principio assoluto» (3). Verità relativa può dirsi o in rapporto all’oggetto o in rapporto al soggetto. Se dico “oggi è mercoledì” ed è effettivamente mercoledì, questa verità è relativa all’attuale giornata di mercoledì, passata la quale quell’affermazione, in rapporto all’oggetto (che giorno è?), cessa di esistere. Infatti se dico “oggi è mercoledì”, mentre è giovedì, sono nel falso. Se invece si considera il soggetto che fa l’affermazione, questa può essere o apparire vera solo in rapporto al soggetto, ma essere falsa da un punto di vista oggettivo, o perché il soggetto è in buona fede, sbaglia senza saperlo (la cosiddetta “verità soggettiva”, “ignoranza invincibile”) o perché è in mala fede, cioè si oppone volontariamente alla verità (“ignoranza affettata o colpevole”). Da notare che, dal punto di vista morale, nel primo caso il soggetto che pecca resta innocente davanti a Dio, mentre è colpevole nel secondo caso.

Gay-pride

“signorine” in rosa confetto al gay pride … a Sodoma e Gomorra avevano più buon gusto

Così, per esempio, non è difficile dimostrare che dal punto di vista della legge morale la sodomia è oggettivamente peccato; tuttavia, data l’attuale indegna campagna di esaltazione di questo peccato, non è facile sapere se quel dato omosessuale sappia o non sappia di peccare. In tal senso il Papa pronunciò quella famosa frase: «Chi sono io per giudicare?». Siccome però la verità si regola sull’oggetto, tutti siamo obbligati a cercare la verità oggettiva, ossia il reale come è in se stesso, ma può accadere che sembri vero ciò che non lo è, per cui restiamo ingannati o ci inganniamo. E ciò o perché erriamo involontariamente o perché ci chiudiamo colpevolmente alla verità. Nel primo caso siamo scusati, nel secondo meritiamo di essere redarguiti.

Qui ha molta importanza il principio della coscienza. Quando il Papa dice che anche l’ateo deve seguire la propria coscienza, il Papa non per questo approva l’ateismo (ve lo immaginate un Papa ateo?). Papa Francesco non insegna che la coscienza individuale o soggettiva è fonte assoluta della verità, ma evidentemente si riferisce al principio della libertà di coscienza (o di religione) proclamato dal Concilio, il quale ci ricorda che anche chi erra in buona fede, tuttavia deve seguire la propria coscienza ed è innocente davanti a Dio [si veda su questo tema il precedente articolo di Ariel S. Levi di Gualdo, qui].

Per questo lo Stato e la Chiesa devono consentire all’errante uno spazio di libertà, salve naturalmente le esigenze fondamentali del bene comune. Esistono infatti valori fondamentali per la convivenza umana, la cui contravvenzione è inescusabile e che pertanto comunque deve essere impedita o riparata, sia o non sia in buona fede l’errante o il criminale. Si tratta di un principio già insegnato da San Tommaso d’Aquino, quando dice che la coscienza erronea obbliga (4), ma nel contempo è chiaro che anche il buon Aquinate ammette alla tolleranza dei limiti invalicabili.
La coscienza soggettiva della propria innocenza o del proprio buon diritto, anche se oggettivamente ed involontariamente infondata, è di grande consolazione e conforto, quando si resta isolati ed incompresi in un ambiente ostile, perseguitati da leggi ingiuste, traditi dagli amici, oppressi dai superiori, disprezzati dai sudditi, calunniati dai bugiardi, diffamati dai malevoli o maltrattati dai prepotenti a causa della verità e della giustizia.

Urna di Santa Lucia

urna contenente le spoglie di Santa Lucia vergine e martire siracusana

Questa coscienza che in tali prove sa rinunciare ai consensi ed all’appoggio umani, è quella che caratterizza la fortezza e la libertà degli eroi, dei santi e dei martiri, sia nella storia civile che in quella della Chiesa. In tal senso Cristo proclama beati i perseguitati a causa della giustizia ed annuncia ai suoi discepoli: “sarete odiati da tutti a causa del mio nome” [Mt 10.22]. Invece, chi evita accuratamente o furbescamente di non esser odiato dal mondo per amore del mondo, per non far brutta figura davanti a lui o per non avere noie, ha una coscienza sporca e farisaica o quanto meno è un vile e non è degno discepolo di Cristo, come dice il divino Maestro: “Chi si vergognerà di me e della mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, si vergognerà di lui il Figlio dell’uomo, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi” [Mc 8,38].

È utile in questa questione dell’oggettività (assolutezza) – soggettività (relatività) della verità ricordare anche la corrispondente distinzione fra verità gnoseologica o relazione di verità come atto dell’intelletto e verità ontologia come cosa vera oggetto del conoscere. La relazione di verità, che fa riferimento al soggetto – la verità come relazione, per dirla col Papa – è di per sé assoluta e immutabile, anche se l’oggetto è mutevole: se è vero che oggi è mercoledì, e dico che oggi è mercoledì, questa proposizione, in relazione al mercoledì che è passato, resterà vera in eterno (giudizio vero), ossia in assoluto, anche se il mercoledì (oggetto del giudizio) è passato. Invece, se l’oggetto è mutevole, anche l’affermazione, proprio per essere vera, deve mutare in conformità al mutare dell’oggetto, per cui in rapporto all’oggetto la verità muta ed è relativa al mutare dell’oggetto. Se giunge il giovedì e continuo a dire che oggi è mercoledì, evidentemente sono nel falso.

Cop_SanTommaso

l’opera di Gilbert Keith Chesterton dedicata al Doctor Angelicus

Le verità relative quindi sono mutevoli, invece la verità assoluta – umana o divina – è immutabile, perché per definizione è quella verità che non prevede mutamento né nell’oggetto, né per conseguenza nel soggetto o giudizio: sono le verità oggettive, fondamentali ed universali proprie della ragione e della fede. In tal senso si dice che la verità è “una sola”, pena la negazione del principio di non-contraddizione.
Parlando di verità relativa, il Papa precisa però che non intende sostenere alcun soggettivismo. Infatti dire verità “soggettiva” (come l’abbiamo definita sopra) non significa necessariamente soggettivismo. Il soggettivismo infatti è la pretesa arbitraria ed individualistica del singolo soggetto di essere la regola della verità, quando invece, come ho detto, la regola della verità è l’oggetto (che può esser qualcosa del proprio io, questo non vuol dir nulla). Nel soggettivismo la verità non è più una sola, ma ciascuno si costruisce la propria “verità” come crede e come gli fa comodo. Le verità possono essere molte nel senso di molte cose vere, ma non come si è detto, dal punto di vista della relazione di verità.
Per capire questo, bisogna ricordare le distinzioni che ho fatto sopra. Infatti, dalla definizione che ho appena dato, risulta che soggettivismo si dà, quando il soggetto singolo pretende di essere la regola assoluta della verità, cosa evidentemente alienissima dalle intenzioni e dalle parole del Papa. Soggettivismo si ha, per esempio, nel solipsismo idealista dell’io assolutizzato e totalizzante, considerato come fonte unica della verità assoluta e di ogni altra verità (5).
È vero che nella Bibbia non si parla di “assolutezza” come attributo divino. Non esiste nemmeno la parola (6). Nemmeno S.Tommaso considera Dio come l’Absolutum, nè parla di veritas absoluta. Invano tra gli attributi divini elencati nella Summa Theologiae cercheremmo l’attributo dell’assolutezza. Tra l’altro ai tempi di Tommaso si dà solo il concreto “assoluto”, ma non l’astratto “assolutezza”.

Viceversa l’absolutum per l’Aquinate è un attributo normale per le realtà finite sostanziali, formali o materiali. Per esempio, nel campo della logica, per lui l’universale astratto è un absolutum, in quanto è atemporale, libero e indipendente (ab-solutum) dagli individui che gli sottostanno. Per capire infatti che cosa è l’assoluto, è utile considerare l’etimologia della parola, alla quale l’Aquinate strettamente si attiene. Solo col secolo XIX che in teologia, soprattutto nell’idealismo tedesco, sorge l’exploit dello “Assoluto”. Per indicare Dio, si comincia a parlarne come dell’“Absolute”. La tendenza monistica propria di Hegel risolve tutto il reale nell’Assoluto, per cui esiste solo l’Assoluto, tutto è Assoluto, tutto è nell’Assoluto, l’Assoluto è in tutto (immanentismo), in quanto tutto è Uno. E l’Assoluto appunto è Uno.

hegel 3Per Hegel un “altro” dall’Assoluto, a lui esterno, relativizzerebbe lo stesso Assoluto, perché, per distinguersi dall’Assoluto, dovrebbe avere qualcosa che l’Assoluto non ha. Ma un Assoluto che non è Tutto, non è più assoluto. Inoltre spezzerebbe l’unità dell’Uno-Tutto. Ad Hegel sfugge però che invece ,questo “altro” dall’Assoluto, può benissimo esistere come ente relativo all’Assoluto (“essere per partecipazione”, come dice San Tommaso), il che è appunto la condizione dell’essere creaturale, come è appunto nella dottrina biblica di Dio creatore del mondo, necessariamente esterno a Dio (opus ad extra), giacchè tutto ciò che c’è in Dio è Dio. Inoltre Hegel non comprende che il creato non spezza l’unità divina, perché non si pone sullo stesso piano di Dio in competizione con lui, ma infinitamente al di sotto (trascendenza divina), come immagine, effetto o segno della divinità.

Per Hegel invece, nulla esiste al di fuori dell’Assoluto, e siccome però egli non rinuncia ad ammettere anche il relativo, ecco che per lui, visto che il relativo non può esser fuori dell’Assoluto, l’Assoluto stesso è concepito come includente in sé il relativo, ossia il mondo. Dio diventa mondo e il mondo diventa Dio. Per questo in fin dei conti l’Assoluto hegeliano non è un vero Assoluto, indipendente dal relativo, ma paradossalmente, proprio per esser assoluto, per essere Dio, ospita nella sua propria essenza divina il mondo, secondo la celebre asserzione: “Dio non è Dio senza il mondo”.

hegel 2

immagine di Georg Wilhelm Friedrich Hegel ritoccata da dei ragazzi in vena di scherzi. Il termine Swag, tradotto in italiano come “bottino” o “refurtiva“, nello slang dei giovani è il degno sostituto della parola “cool” identificando quindi una persona, un capo di abbigliamento o, in generale, un oggetto che ha stile.

Per Hegel non si può dare un puro Assoluto, un Assoluto assolutamente semplice, ma l’Assoluto stesso è relativo al mondo, è “storicizzato”, benchè poi Dio venga, dal punto di vista di Hegel, ad essere relativo solo a Se stesso, dato che il mondo stesso è in Dio coincidente con l’essenza divina. Ma ciò toglie evidentemente la distinzione fra Dio e il mondo e si cade nel panteismo.

Saremmo naturalmente fuori strada se interpretassimo in questo senso le parole del Papa, il quale sa benissimo dalla fede e dalla ragione che Dio, nella sua infinita perfezione, potrebbe esistere anche senza il mondo, essendo Egli appunto l’Assoluto, l’Infinito, l’Eterno, l’Essere perfettissimo e quindi del tutto autosufficiente. Un “Assoluto” in se stesso relativo al mondo non potrebbe essere un vero Assoluto, perché relazione dice dipendenza da ciò con cui si è in relazione. Il mondo dipende da Dio ma Dio non dipende dal mondo. Dio ha relazione col mondo nel senso che lo ha creato, lo conosce e lo ama, ma non nel senso che dipenda dal mondo. Ora, come si è visto, l’indipendenza è il carattere dell’assolutezza. Se di fatto, con la creazione e ancor più con l’Incarnazione, Dio si è posto in relazione col mondo, è semplicemente perché lo ha liberamente voluto per amore del mondo, né ciò discende necessariamente o “logicamente” dall’essenza divina, come credeva Hegel.

La questione dell’ “Assoluto”, ignorata dall’illuminista Kant, balza in primo piano nella filosofia romantica di Fichte, Schelling ed Hegel. Ma per loro l’Assoluto non è più ciò che intendeva San Tommaso. Per questi, ab-solutm vuol dire bensì sciolto, libero, indipendente, autosussistente, autosufficiente, che se ne sta per conto proprio, cose che potrebbero convenire a Dio. Ma di fatto in Tommaso, come ho detto, non è un attributo divino, ma una categoria logico-ontologico-morale di tipo analogico. Se vogliamo, “assoluto” significa anche “slegato”, ma non con la sfumatura negativa che sembra possedere nelle parole del Papa, perché l’absolutum può avere legami di fatto: l’universale, per quanto in sè indipendente dall’individuale, di fatto è presente nell’individuale (unum in multis). Dio, benchè indipendente dall’uomo, ha voluto legarsi con l’uomo con un patto d’amore.

Pensiamo anche all’ “assoluzione sacramentale”. “Assolto” viene da absolutum, participio passato di absolvo, che vuol dire qui sciogliere da legami che rendono schiavo o prigioniero, ossia i legami del peccato. Chi è assolto dai peccati è libero, integro e felice. Viceversa, come si è detto, è il relativo che non si addice all’essenza divina, perché relativo dice dipendente e Dio chiaramente non dipende da nessuno. Solo nel mistero trinitario esistono relazioni divine, le Persone divine, che però non dicono dipendenza, ma si parla di “relazione” solo di origine nell’uguaglianza dell’unica natura divina. Il Figlio, per esempio, ha origine dal Padre, ma non è dipendente dal Padre come l’inferiore dipende dal superiore, o l’effetto dalla causa, ma solo perché è generato dal Padre, che gli è uguale nella comune natura divina.

gesù-bambino-3

… il Verbo si fece carne

La relazione qui non è un accidente, ma è sussistente, perché è Persona divina, per la quale la Persona relazionata è identica nella natura divina con la Persona relazionante. Per questo Dio resta l’Assoluto: Dio e la Trinità sono un unico Essere assoluto, Dio stesso. E se nella Bibbia non troviamo l’attributo dell’assolutezza, troviamo però attributi equivalenti. L’assolutezza in certo senso li riassume tutti: la libertà, l’indipendenza, la bontà, l’eternità, la totalità, l’infinità, la maestà, la perfezione, l’immutabilità. L’attributo dell’assolutezza conserva il suo valore anche se di fatto Dio ha creato un mondo, si è incarnato e quindi ha una relazione di conoscenza e d’amore nei suoi confronti. Dio infatti, creando il mondo, non muta la sua natura, per cui resta in se stesso l’Assoluto. Ma è chiaro, come si è detto – e questo certo il Papa lo sa benissimo – che Dio ha creato liberamente il mondo, liberrimo consilio, dice il Concilio Vaticano I. Poteva, se voleva, anche non crearlo. Dio che non aveva bisogno di noi, ha voluto per amor nostro in Cristo mendicare il nostro amore e chiedere un bicchier d’acqua alla samaritana. “Dio, come dice Sant’Agostino, che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te”.

Da qui la dignità, certo, ma anche la contingenza del mondo e l’esistenza assolutamente necessaria di Dio. Se Dio non ci fosse, il mondo non esiterebbe. Mentre il mondo potrebbe non esistere, Dio non può non esistere, perchè è l’Essere stesso assoluto, è ciò che rende ragione dell’esistenza del mondo: è quindi l’assolutamente Necessario. E’ il Necesse-esse, come lo chiamava il grande metafisico musulmano Avicenna, più volte citato da San Tommaso.
Il mondo non dipende da Dio per deduzione logico-necessaria, come le proprietà del triangolo dipendono dall’essenza del triangolo, come pensava Spinoza. Ciò comporta l’esistenza in Dio dell’amore, un amore gratuito, generoso, misericordioso, di libera scelta. Il creato non discende dall’essenza divina, ma è effetto della divina volontà. Non diciamo che le proprietà del triangolo dipendono dal triangolo perché le ama, ma semplicemente per una deduzione logica dall’essenza del triangolo. Non è così che il mondo deriva da Dio, perché non proviene dalla sua essenza ma dal nulla, in forza della sua sapienza, della sua libertà, della sua bontà e della sua onnipotenza.

BIENNALE DEMOCRAZIA:INCONTRO CON EUGENIO SCALFARI

Foto di Eugenio Scalfari con goliardica scritta ad opera dei Papaboys

Eugenio Scalfari sembra chiedere al Papa se si può ammettere un certo relativismo delle verità. Il Pontefice avrebbe potuto polemizzare col relativismo, come ha fatto Papa Benedetto, e invece riconosce che in Dio stesso c’è un relazionarsi. Naturalmente queste parole del Papa non vanno intese in contrasto con Papa Benedetto e come approvazione del relativismo, che è un grave difetto del pensiero e della condotta morale, per il quale si “relativizza” l’assoluto non nel senso legittimo detto dal Papa, ma nel senso di fare di Dio un idolo a servizio delle proprie voglie o comunque di relativizzarlo all’uomo, quasi che l’uomo stia al di sopra di Dio.

È chiaro, come dice il Papa, che Dio, per porsi in relazione con noi e perchè noi possiamo porci in relazione con Lui, si presenta a noi di volta in volta nel modo adatto a ciascuno di noi. Ma un conto è affermare che Dio si pone in relazione con ciascuno di noi in modi relativi a ciascuno di noi e un conto è negare a Dio l’assolutezza intrinseca alla sua divina essenza, per farne o un prodotto dell’uomo o un fatto contingente della storia della cultura. E’ chiaro che su questo punto Papa Francesco è d’accordissimo con Papa Benedetto. E questi non avrà difficoltà a sottoscrivere le parole di Papa Francesco a Scalfari, intese come il Papa le intende ed ho cercato di spiegare.

Può esistere del resto un sano relativismo, quando si riconosce come relativo ciò che è effettivamente relativo e non se ne fa un assoluto. Ma come però esiste un relativismo deleterio, così esiste anche un altrettanto deleterio assolutismo, che esclude l’altro, esaspera i contrasti, e crea dualismi irresolubili, contrapponendo le posizioni contrarie in modo così assoluto, che appare impossibile ogni via di dialogo e di conciliazione. E’ la sciagura dell’ideologia. È questo certamente che il Papa vuol dire concludendo questa parte della sua lettera: “bisogna intendersi bene sui termini e, forse, per uscire dalle strettoie di una contrapposizione… assoluta, reimpostare in profondità la questione. Penso che questo sia oggi assolutamente necessario per intavolare quel dialogo sereno e costruttivo che auspicavo all’inizio di questo mio dire”.

È interessante come in questa dichiarazione salta fuori due volte l’ “assoluto”, una volta come aggettivo e un’altra come avverbio. Il concetto di “assoluto” infatti è presente nel nostro stesso linguaggio quotidiano. La sua applicazione teologica dipende dal significato analogico del termine, che si presta sia per indicare il mondo, sia per designare Dio. Pertanto non c’è da dubitare che il Papa sa benissimo tutto ciò. Egli però crede in quell’Assoluto, che non estremizza e confonde stoltamente e gnosticamente, in una falsa “sintesi”, le posizioni in contrasto (l’essere col non-essere, il vero col falso, il bene col male), come per esempio nella dialettica hegeliana o nel panteismo di Emanuele Severino, ma che nella sua infinita, benefica ed assoluta potenza di pace e di conciliazione unisce le anime nella verità assoluta dell’eterna beatitudine.

Fontanellato, 8 novembre 2014

_________________________________________________________________________

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

QUANDO IN FILOFOSIA E IN TEOLOGIA

IL RELATIVISMO DIVENTA SANO E CRISTIANO

dialogando in pubblico con uno dei miei maestri …

 

Carissimo Padre Giovanni,

           visto che noi tre “ragazzi” dell’Isola di Patmos siamo da tempo nel mirino di certi “tradizionalisti” e “sedevacantisti catatonici”, volendo potrei anticiparti le loro geremiadi sul sito Pizzi&Merletti, Manipoli&ChirotecheLatino che non Conosco I Love You … e via dicendo. E ciò pure se questo tuo articolo è costruito su quella magistrale “filosofia del senso comune” tanto cara al nostro confratello Antonio Livi, quindi sul tuo profondo senso ecclesiale, pastorale, teologico e metafisico. Pur malgrado, contaci: ripeteranno ciò che hanno già detto e scritto, ecco perché questa volta desidero anticiparli, tanto trite e ripetitive sono le loro argomentazioni …
… anch’io, come ricorderai, fui accusato da costoro in modo pesante. Quando infatti sulle riviste delle associazioni gay prese a spiccare la frase «Chi sono io per giudicare?», mentre i pederasti ideologici sentenziavano: «il Papa ha aperto al mondo gay», replicai con un mio articolo invitando alla corretta recezione di quella frase del Santo Padre.

         Certo, forse il Santo Padre espresse un concetto privo di spiegazioni approfondite, come del resto facciamo spesso tutti noi quando diamo per scontate certe ovvietà, che in questo mondo non sono però così ovvie e meno che mai scontate. Ecco perché in quel mio scritto precisai: «Il Santo Padre ha espresso una verità sacrosanta: nessuno di noi può infatti giudicare la coscienza più intima e profonda dell’uomo che Dio solo può leggere e di conseguenza giudicare». Da questo nasce l’ovvietà di quella espressione del Santo Padre: «Chi sono io per giudicare?». Frase che però, da giornalisti, intellettuali e politici sul libro paga della cultura del gender, privi dei rudimenti catechetici e del basilare lessico cristiano, fu mutata in tutt’altro significato espressivo, infine capovolta in modo del tutto anti-cristiano.
In quell’occasione fui aggredito dal corifeo dei soliti noti con amenità del tipo: «progressista … cripto modernista»…

          … adesso toccherà di nuovo a te, quindi preparati a leggere: «Il Padre Giovanni Cavalcoli si arrampica sugli specchi per interpretare e mitigare le parole “ereticali” di questo “antipapa”». Mentre la verità è che tu recepisci e trasmetti in coscienza, scienza e verità le parole del Santo Padre per ciò che significano e dicono e non per ciò che non significano e non intendono dire. Certo, andrebbero sempre evitate frasi monche e frasi che potrebbero suonare ambigue ad orecchie non più disposte ad udire e recepire un linguaggio cristiano. Ed è proprio in quest’ultimo caso che noi siamo chiamati a svolgere il nostro ministero di pastori in cura d’anime e di teologi, che non è certo quello di «arrampicarsi sugli specchi», ma di ricordare cosa significano nel nostro lessico certe espressioni. Cosa che dobbiamo ricordare agli ultra laicisti come a certi “tradizionalisti” che simile modo hanno perduto anch’essi il corretto vocabolario cristiano, tanto da ergersi a giudici della coscienza “collettiva” del Collegio Episcopale in comunione con Pietro, cogliendo presunte eresie persino nei più solenni atti del supremo magistero, per esempio in quelli del Concilio Ecumenico Vaticano II, da essi vergognosamente definito “ereticale” ed “apostatico” in nome di una non meglio precisata purezza cattolica, dietro la quale si cela in verità la temibile regina di tutti e sette i peccati capitali, quella che regge come solida colonna tutti gli altri sei: la superbia.
Ecco perché reputo di estrema preziosità questo tuo articolo e ritengo che sia nostro dovere tornare, di tanto in tanto, su certe precisazioni, come tu mi hai insegnato a fare assieme ad Antonio Livi. Non a caso abbiamo dato apposta vita all’Isola di Patmos per fare teologia ecclesiale e pastorale secondo la dottrina perenne ed il magistero della Chiesa, non certo secondo le nostre soggettive umoralità. E che la grazia di Dio, alla quale vogliamo essere sempre aperti — la quale passa non ultimo anche attraverso il magistero della Chiesa e l’obbedienza alla sua apostolica autorità — ci salvi sempre dalla temibile regina: quella superbia che purtroppo sta devastando i circoli sempre più chiusi e auto-referenziali di Pizzi&Merletti, Manipoli&ChirotecheLatino che non Conosco I Love You … e che in modo non solo aberrante, ma peggio diabolico, si propongono come salvatori della Chiesa fomentando giornaliero sprezzo verso il Santo Padre, che non è affatto perfetto, che può piacere o non piacere — ed è del tutto legittimo che piaccia o non piaccia — ma come più volte abbiamo ripetuto e come non ci stancheremo mai di ripetere: egli è Pietro, che piaccia o che non piaccia. E lo è per una verità di fede dogmatica che sta alla base fondante della Chiesa edificata su Pietro per il mandato a lui conferito da Cristo in persona. Ecco perché in certi casi il piacere o il non piacere è davvero relativo nel senso più squisitamente filosofico e teologico del termine. Perchè esiste, sia in filosofia sia in teologia, anche un sano e cristiano relativismo.

            Un fraterno abbraccio sacerdotale ed un ricordo nella preghiera per me alla Beata Vergine Maria di Fontanellato.

Ariel S. Levi di Gualdo

________________________________________

NOTE

(1) È tesi nota della teologia classica, per esempio in S.Tommaso, che in Dio il sapere è identico all’amare. Famoso è il dogma del Concilio di Firenze del 1442 per il quale nell’essenza divina “tutto è uno, a meno che non si tratti dell’opposizione relativa delle divine persone” (In Deo omnia sunt unum , ubi non obviat relations oppositio, Denz. 1330).
(2) Per esempio la persona umana ha un valore assoluto in quanto immagine di Dio, ma ha un valore relativo in quanto creatura finita, e soprattutto fragile e peccatrice.
(3) Ci sarebbe da domandarsi come sia possibile, se tutto è relativo, che ci sia poi un principio assoluto. Ciò testimonia come anche i relativisti più spinti non possano fare a meno di un qualche assoluto, che poi non sarà più quello vero (Dio) ma l’assolutizzazione di un valore relativo.
(4) Cf Summa Theologiae, I-II, q.19. a.6
(5) Come per esempio nella filosofia di Fichte.
(6) Ma questo non vuol dir nulla: anche la parola “persona” non esiste, eppure il mistero trinitario è uno degli insegnamenti fondamentali della Bibbia.

Antonio Livi ( 1938-2020 )
Presbitero e Teologo


( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Antonio

Obbedienza al Papa, solo in relazione a Cristo

OBBEDIENZA AL PAPA

SOLO IN RELAZIONE A CRISTO

Autore Antonio Livi

Autore
Antonio Livi

 

[…] il Papa interessa relativamente, cioè interessa solo in relazione a Cristo, dal quale riceve l’autorità di «pascere le sue pecorelle» nel suo Nome; solo in relazione a Cristo, la cui Parola egli deve custodire, interpretare e annunciare al mondo, «senza aggiungere e senza togliere alcunché»; solo in relazione a Cristo, del quale il primo Papa, san Pietro, disse che «non ci è stato dato alcun altro Nome sotto il Cielo nel quale possiamo essere salvati»; solo in relazione a Cristo che nel Giubileo dell’anno 2000 la Chiesa, con Papa Giovanni Paolo II, ha di nuovo messo al centro della propria vita e della propria missione come Colui che «ieri, oggi e sempre» è l’unico Salvatore.

A distanza di alcuni mesi vi proponiamo due articoli che Antonio Livi e Ariel S. Levi di Gualdo scrissero molto prima del Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia, potrebbe essere interessante leggerli nuovamente oggi …

Cliccare sotto per aprire l’articolo

Antonio Livi – Obbedienza al Papa solo in relazione a Cristo

Dopo il Sinodo, il Papa tornerà ad indossare le scarpette rosse?

«Teologia della Speranza»

DOPO IL SINODO IL PAPA TORNERÀ AD INDOSSARE LE

SCARPETTE ROSSE?

.

 […] il Santo Padre Francesco può dunque piacere o non piacere, cosa del tutto legittima, ma per divina volontà e per divina istituzione rimane il clavigero, oggetto e soggetto come tale della nostra fede e della nostra speranza: «Tu sei Pietro», quindi della nostra autentica e inesauribile devozione per il mistero che egli incarna.

.

.

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

.

.

Per leggere questo articolo pubblicato il 20.06.2014 cliccare sotto

Ariel S. Levi di Gualdo – Dopo il Sinodo il Papa tornerà a indossare le scarpette rosse

.

.

.

.

 

 

 

 

Le tenebre del mondo e la “Stella del Mattino”

LE TENEBRE DEL MONDO E LA

“STELLA DEL MATTINO”*

 

[…] il Deposito della Fede è da sempre insidiato dal diavolo, ma è pure attaccato dalla superbia degli uomini. Sembra incredibile in effetti constatare quanta e quale superbia vi sia, ad esempio, in tante teorie “ teologiche” alla moda che purtroppo spesso hanno successo anche in alcuni “ uomini di Chiesa”.

 

 GIanni Battisti 1

Autore

Gianni T. Battisti

chiesa in fiamme

Una delle numerose chiese date alle fiamme dai fondamentalisti islamici

Viviamo tempi difficili, anche in ambito ecclesiale. Molti fedeli non conoscono più i fondamenti della loro Fede Cattolica, non si appassionano più alle cose di Dio. Si pratica, da parte di molti credenti, una forma di individualismo religioso — e questo anche in persone colte e preparate — che porta a trascurare le fondamentali opere di misericordia spirituale, opere che han sempre fatto parte del DNA cristiano e cattolico, opere che contribuiscono, come nessuna, alla rettitudine morale, all’edificazione spirituale ed alla salvezza delle anime.

Distratti dalle sirene mondane, lusingati dal successo e dai piaceri che il mondo sa offrire, spesso gli uomini di questo nostro tempo scelgono una religiosità “fai da te”, facile, comoda, che sa andare a braccetto con le istanze della società contemporanea materialista ed edonista e spesso, purtroppo, divengono preda di una forma deviata di sentimentalismo che allontana dalla Rivelazione e quindi dal Dio vivo e vero.

via del concilioDurante lo svolgimento degli antichi concili sappiamo che nei mercati, si dibatteva, con competenza e santo entusiasmo, circa la natura di Cristo, si ragionava cioè per altissimas causas e si vedevano le cose sub specie aeternitatis. Oggi, nella società del “benessere”, nella società “ evoluta”, il Depositum Fidei custodito nei secoli dalla Chiesa di Dio, Una, Santa, Cattolica e Apostolica è un bene trascurato dai più, bene che sarebbe invece da conservare, da coltivare, da comprender sempre meglio, da vivere. San Paolo Apostolo esorta così il discepolo da lui consacrato vescovo: «O Timoteo, custodisci il deposito» [1Tm 6,20]. In effetti il Deposito della Fede, bene davvero sublime, è sì, da sempre, insidiato dal diavolo, ma è pure attaccato dalla superbia degli uomini. Sembra incredibile in effetti constatare quanta e quale superbia vi sia, ad esempio, in tante teorie “ teologiche” alla moda che purtroppo spesso hanno successo anche in alcuni “ uomini di Chiesa”.

atanasio schiaccia ario

Pittura del XVIII secolo raffigurante il Vescovo Atanasio che schiaccia l’eresiarca Ario

È incredibile constatare altresì che tali “nuove teorie” sono in realtà, nella maggior parte dei casi — come da anni fanno notare i teologi più attenti come il domenicano Giovanni Cavalcoli — la riproposizione, in salsa contemporanea, di eresie vecchie come il cucco, eresie condannate più e più volte, peraltro, da vari concili, dal Magistero succedutosi nei secoli. Evidentemente tale spiacevole situazione fa nascere un malessere ecclesiale che serpeggia e che inquieta i buoni — il cardinale Raymond Leonard Burke ha parlato a tal proposito di “ mal di mare” — poiché il male interno sa essere più subdolo ed insidioso degli attacchi esterni, attacchi che pur ci sono in gran quantità, attacchi che pur son dolorosi e contribuiscono a rendere, a loro volta, sofferente il Corpo Mistico di Cristo e la società civile. Molti soffrono e pregano in silenzio. La confusione è grande e sembra talvolta avere la meglio.

statua san michele arcangelo

Prima della sua abdicazione dal sacro soglio il Santo Padre Benedetto XVI fece collocare una statua raffigurante San Michele Arcangelo che trafigge il Demonio, con la scritta in evidenza … non praevalebunt e la scritta sottostante: “Protettore della Città del Vaticano”. E con questo disse più o meno tutto

Il Signore tuttavia, in virtù della Sua infinita misericordia, ha sempre posto sul cammino accidentato della nostra vita dei Baluardi, delle Stelle Luminose, delle Vigili Sentinelle , dei Campioni della Fede che operano, con la loro dottrina, con le loro opere, col loro esempio, con la loro sagacia, la loro ispirazione, con il loro geniale discernimento, con l’ossequio al Magistero perenne, con la santità di vita, a servizio di Dio e della Sua Sposa Immacolata, che lavorano incessantemente in favore della vera Fede, della società e delle anime.
Anche per questo siamo grati al buon Dio che ci dona, pur tra le tante difficoltà in cui ci dibattiamo, pur tra le tempeste che spesso, come per i Santi Apostoli, sembrano sommergere la Barca di Pietro, dei veri pastori che sanno condurci a Cristo che è la Verità, Cristo Gesù che placa i marosi e sostiene la Sua Chiesa. E il Signore ci dona pure, se sappiamo chiederlo con fiduciosa preghiera, il discernimento che ci fa distinguere i buoni maestri e i pastori autentici dai tanti falsi profeti e cattivi maestri che imperversano, al giorno d’oggi, forse come non mai.

Il Signore ci custodisce. Il buon Dio custodisce la Sua Chiesa. Sappiamo che la promessa del Signore è vera. Siamo profondamente consapevoli che il male non potrà mai vincere, che Portae inferi non praevalebunt. Il Padre Celeste non ci abbandona mai. Maria che il Beato Pontefice Paolo VI, al termine del Concilio Vaticano II, ha proclamato “ Madre della Chiesa”, illumina le tenebre di questo nostro mondo come “Stella del mattino”. Lei che e’ “la nostra speranza”, ci restituisce la fiducia per ripetere ancora: “Proteggimi o Dio, in Te mi rifugio” [Sal 16,1].

_______________________________

* Questo breve: scritto, con una piccola aggiunta, è apparso già in Verità della Fede, che cosa credere e a chi, a cura di Gianni T. Battisti edizioni Leonardo da Vinci Roma 2014 [vedere qui].

cliccare sotto per ascoltare un canto della tradizione popolare mariana

Fuori dalla Chiesa visibile non c’è salvezza? I mezzi ordinari ed i mezzi straordinari di salvezza: Dio non ha bisogno del nostro permesso

FUORI DALLA CHIESA VISIBILE NON C’E’ SALVEZZA?
I MEZZI ORDINARI ED I MEZZI STRAORDINARI DI SALVEZZA: DIO NON HA BISOGNO DEL NOSTRO PERMESSO

.

Extra Ecclesiam nulla salus, o salus extra Ecclesiam non est, è un monito rivolto a noi, un invito a non abbandonare mai la via, la verità e la vita. Un monito coerentemente, dogmaticamente e dottrinalmente legato ai mezzi ordinari di salvezza. A meno che, all’apice della follia farisaica, qualcuno non voglia contestare a Dio Padre l’uso legittimo di mezzi straordinari di salvezza, a Dio Figlio di avere celebrato l’Eucaristia nel corso dell’Ultima Cena senza il messale della «Messa di sempre», ed infine, a Dio Spirito Santo, di non essersi attenuto per le sue azioni di grazia a qualche enciclica del magistero, di carattere puramente politico, scritta un paio di secoli fa, essendo con essa stato legato un nodo che, lungi dall’essere un dogma di fede, a parere di alcuni avrebbe vincolato in eterno e per sempre la Terra e il Cielo.

.

.

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

.

.

PDF  articolo formato stampa

.

.

Assieme all’articolo dedicato da Giovanni Cavalcoli, OP alle teorie palesemente ereticati di Raniero La Valle [cf. QUI], riproponiamo questo vecchio articolo scritto nel novembre 2014 da Ariel S. Levi di Gualdo, nel quale si chiarisce il vero senso di extra Ecclesiam nulla salus.

La Redazione de L’Isola di Patmos

.

.

vipere

“Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio della Geenna? Perciò, ecco, io vi mando dei profeti e dei savi e degli scribi; di questi, alcuni ne ucciderete e metterete in croce; altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città, affinché venga su voi tutto il sangue giusto sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che voi uccideste fra il tempio e l’altare” [Mt 23 , 33-35]

Molti cosiddetti tradizionalisti che dicono di rifarsi al tomismo ed alla più genuina scolastica, in verità si rifanno a quattro formule trite della neoscolastica decadente; che rispetto alla scolastica, al tomismo ed alla buona scienza metafisica sono altra cosa. Formule che usano allo stesso modo in cui gli antichi farisei usavano la Legge con formalismo fine a se stesso, tanto da procacciarsi i severi rimproveri del Verbo di Dio fatto uomo che trattandoli più volte a dure parole li accusa di filtrare il moscerino e di ingoiare il cammello [Cf. Mt 23, 24]. Da sempre, infatti, l’ateismo peggiore è quello religioso, portato avanti dai clericali di tutti i tempi che, in maniera si spera inconsapevole, si pongono al di sopra dello stesso mistero della grazia di Dio. Il Signore Gesù, che non era politicamente corretto, soleva chiamarli: «Razza di vipere [Mt 23, 33]». E qui sarebbe interessante introdurre un complesso discorso di carattere antropologico ed esegetico, solo per spiegare che genere d’insulto immane costituissero certe espressioni di Gesù nella società dell’epoca e nel lessico aramaico.

.

San Tommaso d’Aquino mise in guardia da certe insidie affermando: «Tu non possiedi la Verità, ma è la Verità che possiede te» [1]. Questo perché la Verità presuppone il nostro devoto servizio, non il nostro possesso, perché la Verità è Dio, che si adora, non si possiede; la Verità è Dio che si serve, non Dio che si usa.

.

farisei

… guai a voi che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello [Cf. Mt 23, 24].

Nel mondo di quella che viene impropriamente definita Tradizione, dove primeggiano i fans dei lefebvriani con tutte le loro confusioni connesse talora all’incapacità di distinguere le sostanze dagli accidenti secondo la migliore metafisica, aleggia anche una mancata percezione teologica legata a quelli che sono i mezzi ordinari ed i mezzi straordinari dell’azione di grazia di Dio in rapporto al mistero della salvezza e della redenzione, per non parlare del concetto di Chiesa visibile e di Chiesa invisibile. Anche in questo i modernisti per un verso ed i fans dei lefebvriani per l’altro, procedono su due binari opposti, ma paralleli, ed entrambi fanno marciare lo stesso treno con tutti i suoi ignari passeggeri verso il ponte pericolante di Cassandra Crossing, com’ebbi a scrivere nel mio primo articolo sull’Isola di Patmos [cf. qui].

.

I modernisti hanno sviluppato in seno alla Chiesa varie metastasi che concorrono tutte al dramma della stessa neoplasia. Mezzo secolo fa, si è partiti dalla teoria ardita di Karl Rahner sui “cristiani anonimi”; e dico ardita perché il linguaggio espressivo di questo teologo gesuita tedesco, che per suo impianto strutturale è nebuloso e ambiguo, se colto e male interpretato — come di prassi accade — può portare ad una vanificazione dell’intero mistero della redenzione. La pericolosa teoria dei “cristiani anonimi” finisce così col divenire una delle basi portanti del relativismo teologico che sfocia per naturale conseguenza nel relativismo religioso: una religione vale l’altra, cristiana o non cristiana che sia. Affermare ciò in questo modo è sbagliato e pericoloso, mentre è corretto sotto tutti i profili della migliore dottrina parlare — come faremo di seguito — dei mezzi ordinari e dei mezzi straordinari di salvezza.

.

cacqueray

Il superiore del distretto di Francia della Fraternità Sacerdotale di San Pio X, padre Régis de Cacqueray, attaccando duramente papa Benedetto XVI, aveva detto ai primi di aprile del 2012 che «occorre diffidare come della peste delle novità introdotte dal Concilio Vaticano II e dai Papi che sono venuti dopo di esso» [qui]

A queste evidenti eresie istituzionalizzate che da decenni sono insegnate all’interno dei centri di formazione teologica per la massiccia opera dei modernisti, i fans dei lefevbriani reagiscono affermando «Extra ecclesiam nulla salus», abusando un’espressione di San Cipriano di Cartagine che, per l’esattezza, nel suo scritto affermò: «Salus extra ecclesiam non est» [2]. Girando per i siti e per i blog della cosiddetta “Tradizione”, si rimane interdetti nel leggere delle assurde esegesi su questa frase vergate da personaggi che dal bar dello sport, dove si sostiene la squadra del cuore, sono passati con spirito disinvolto ma del tutto simile a discutere di teologia, o peggio di metafisica e di dogmatica. Già in passato ho tentato di chiarire questa espressione alquanto insidiosa se presa ed estrapolata dal suo àmbito; perché si tratta di una frase che emerge da un preciso contesto storico legato ad accese diatribe dottrinali che si susseguivano nel III secolo, in epoche antecedenti al Concilio di Nicea che definirà alcuni dei dogmi fondamentali della fede. Basterebbe ricordare per inciso che Cipriano affermò e sostenne in una sua dettagliata richiesta inviata con tutti i crismi della ufficialità al Vescovo di Roma la necessità di amministrare nuovamente il Sacramento del Battesimo agli eretici pentiti usciti in precedenza dalla Chiesa che domandavano di essere riammessi al suo interno. Oggi, una simile richiesta del Vescovo di Cartagine, santo martire e padre della Chiesa, farebbe in parte sorridere in parte rabbrividire tutti i Padri radunati nella assisa del Concilio di Trento; e cito di proposito il concilio tridentino, non l’ultimo concilio della Chiesa, proprio per non dare a certuni motivi di pretesto per chiudersi a priori a questo mio discorso, tendendo essi a valutare tabù, se non peggio “eresia”, tutto ciò che di dottrinale e di pastorale ha fatto seguito al Concilio Ecumenico Vaticano II.

.

niceo icona bizantina

icona bizantina raffigurante l’assisa del Concilio di Nicea del 325

Certe parole ed espressioni di alcuni Santi Padri e Dottori della Chiesa vanno sempre prese con cautela, specie quelle di molti Padri dei primi secoli, quando ancora il Cristianesimo era nella sua prima fase evolutiva e non erano stati ancora sanciti i dogmi che prenderanno forma nei primi otto secoli di vita della Chiesa; perché occorsero secoli, dopo l’incarnazione, la vita, la morte e la risurrezione del Cristo, per giungere a percepire cosa davvero era accaduto attraverso l’uomo Gesù, vero Dio e vero uomo, quindi definirne il mistero della natura umana e divina e cogliendo il senso della sua missione e rivelazione. Altrettanti secoli occorreranno per avere una professione di fede, redatta al Concilio di Nicea (anno 325) e poi perfezionata in quello di Costantinopoli (anno 381). Volendo potremmo anche fornire l’elenco dettagliato di tutte le eresie nelle quali diversi Padri, oggi santi e dottori della Chiesa, caddero ripetutamente durante le accese diatribe dottrinarie che erano all’epoca all’ordine del giorno, quando si cercava di penetrare un mistero per il quale non esistevano neppure parole sul vocabolario per poterlo in qualche modo definire, tanto da costringere i Padri a prendere in prestito lemmi dal vocabolario greco e adattarli alle verità di fede che mano a mano stavano cominciando a penetrare. Soprattutto, certe espressioni dei Padri, vanno sempre e di rigore lette all’interno di precisi contesti storici, sociali ed ecclesiali; salvo rischiare in caso contrario di attribuire ad essi pensieri ed affermazioni che in verità non hanno mai attraversato le loro apostoliche ed illuminate menti.

.

Evito di entrare in dettaglio nel discorso paradigmatico del Limbo, che prende vita principalmentelimbo-title da un “equivoco” dovuto alla mal comprensione di alcuni scambi polemici tra Agostino vescovo d’Ippona ed il geniale ed acuto eresiarca Pelagio, per poi svilupparsi appresso nel medioevo, anche attraverso la poetica di Dante.

Le speculazioni teologiche sul Limbo non sono mai entrate nelle definizioni dogmatiche del Magistero, checché ne scrivano certi “teologi” da bar dello sport. Anche se il Magistero ne ha fatta menzione nel proprio insegnamento fino al Concilio Vaticano II, il Limbo è stato prospettato sempre come ipotesi, mai come verità dogmatica di fede, come invece lo sono l’esistenza del Paradiso, del Purgatorio e dell’Inferno.

.

limbo 2Nell’ultima edizione del Catechismo della Chiesa Cattolica edita nel 1992, il Limbo non viene in alcun modo menzionato. Sul problema teologico del Limbo sorvolò il Concilio Vaticano II, lasciando che ad esprimersi fosse decenni dopo la Commissione Teologica Internazionale [3], che da mezzo secolo a questa parte pare specializzata anche a redigere documenti che lasciano aperte tutte le possibili porte, pur di non dare quelle precise risposte reclamate di prassi dalla dottrina e dalla teologia. Lungo e complesso sarebbe dunque il discorso, ma quanto sin qui accennato è sufficiente per tentare di far capire ai teologi del “bar dello sport” che i dogmi non s’inventano; mentre per quanto riguarda quelli esistenti, è bene non fare estrapolazioni, evitando taglia e cuci ed evitando di far affermare al Magistero ciò che il Magistero non ha mai affermato e sancito, per non dire di peggio …

.

… udire infatti membri della Fraternità Sacerdotale di San Pio X che brandiscono come una sciabola l’Enciclica Mirari Vos del Sommo Pontefice Gregorio XVI, più che patetico è contro ogni sana ecclesiologia pastorale. Quella enciclica fu redatta nel 1832 per motivi pastorali dettati da precise condizioni sociali e politiche, in una situazione storica europea nella quale la Chiesa doveva fare i conti con tutti i postumi della Rivoluzione francese, col liberalismo, la massoneria anti-cattolica, i troni europei sui quali non erano affatto seduti dei San Luigi Gonzaga e che tra colpi di mano e intrighi internazionali tremavano sempre di più. Quella enciclica è un documento di pura condanna che non sancisce nuove dottrine e tanto meno nuovi dogmi della fede e che ruota tutta su contenuti legati a problemi socio-politici non applicabili alla società civile ed ecclesiale contemporanea, a meno che non si voglia cadere nella aberrazione ideologica intesa stricto sensu secondo l’etimo latino di aberratio. Tutto questo nasce ovviamente dal pericoloso rifiuto del dato di fatto teologico e pastorale che la Chiesa è un corpo in evoluzione (si legga: accidenti esterni mutevoli), edificato su verità immutabili nel tempo (si legga sostanze immutabili), ammesso che si voglia fare realmente metafisica, teologia dogmatica e storia del dogma in modo serio e corretto per la migliore edificazione del Popolo che Dio ci ha affidato in cura pastorale.

.

cipriano

San Cipriano vescovo di Cartagine, icona bizantina

È quindi tanto pacifico quanto evidente che Cipriano, rivolgendosi ai figli della Chiesa, non agli appartenenti ad altre religioni, ammonisce i fedeli cristiani variamente caduti in eresia o in errori dottrinari affermando — ed affermando a loro — che fuori dalla Chiesa non c’era salvezza. Perché a quanto ci è dato sapere dalle fonti storiche e patrologiche in nostro possesso, il Vescovo Cipriano non rivolge affatto questo monito agli ebrei, od agli appartenenti ai vari culti pagani all’epoca ancora molto presenti e forti, perché si tratta di un monito tutto quanto da lui rivolto ai cristiani.

.

Il concilio che tra il 1431 ed il 1445 si celebrò tra Basilea, Ferrara, Firenze e Roma, afferma senza pena di equivoco:

.

«Come una buona madre è sempre in ansia per la salute dei figli, e non si dà pace fino a che, se vi è qualche disaccordo tra loro, la discordia non sia sopita, cosi e molto più la Santa Madre Chiesa, che genera i figli alla vita eterna, ha sempre usato mettere in opera ogni tentativo perché tutti i cristiani, tolto di mezzo ogni dissenso, con fraterna carità conservino l’unità della stessa fede, senza la quale non può esservi salvezza» [4].

.

Anche in questo caso i Padri della Chiesa riuniti in concilio rivolgono il loro monito ai cristiani, che invitano a conservare quella fede cattolica senza la quale non può esserci salvezza. Non rivolgono questo monito agli appartenenti ad altre religioni cristiane e non cristiane.

.

salvezza

… ci ha liberati dai lacci

Alla domanda se fuori dalla appartenenza alla Chiesa visibile può esservi salvezza, la nostra risposta non può essere che sì. In questo caso bisogna però distinguere quella che è l’appartenenza visibile, implicita e consapevole alla Chiesa, che è sia visibile, in quanto terrena, sia invisibile, in quanto celeste; da quella che invece è un’appartenenza invisibile di tipo implicito-inconscio, per esempio il naturale rispetto delle leggi fondamentali di Dio, onorate e messe in pratica senza essere minimamente consapevoli — per ignoranza invincibile — di onorare e di seguire in tal modo i fondamentali precetti della fede. Questo secondo genere di appartenenza implicita-inconscia alla Chiesa invisibile, non va intesa però nella accezione rahneriana della “esperienza trascendentale atematica” da cui prende poi vita la teoria dei “cristiani anonimi”.

.

Chiunque, teologo o ecclesiastico, lefebvriano o cosiddetto tradizionalista che sostenesse il contrario, se non la caduta nell’eresia che richiede a monte sempre una spiccata intelligenza, rischia comunque di cadere in una grande contraddizione in termini nella dottrina della redenzione, perché Cristo, l’agnello di Dio senza macchia, si è immolato per tutti. Il problema è che non tutti accettano di essere salvati dal sangue del Verbo di Dio fatto uomo, come gli stessi Vangeli narrano attraverso una scena drammatica della crocifissione, quella in cui i due ladroni posti alla sua destra e alla sua sinistra manifestano dinanzi alla presenza viva e sanguinante di Cristo stesso come funziona il mistero della salvezza sempre connesso strettamente alla libertà dell’uomo. Uno dei ladroni, lo insulta e impreca, mentre l’altro domanda di essere accolto e salvato. L’altro, quello chiuso ad ogni azione di grazia, per tutta risposta riceve il silenzio di Dio, nel quale è racchiuso il suo divino rispetto per la libertà dell’uomo che lo rifiuta [Cf Lc 23, 39-43]. Anche in questo caso, però, pur di fronte a quel silenzio nessuno è in grado di affermare se il malfattore indomito è finito dannato in eterno. Proprio come non ci è dato sapere se Giuda stesso, l’artefice del tradimento di Cristo, è finito dannato in eterno. E non possiamo saperlo perché nessuno di noi può leggere il cuore di Dio. Ciò che invece dobbiamo tenere presenti sono le cause di certi nostri effetti, perché è lo stesso Signore Gesù che ci parla del fuoco della Geenna e dell’esistenza del castigo eterno dove sarà pianto e stridore di denti. Nel mistero della rivelazione ci è dato un cammino da seguire e una legge da rispettare, negando ostinatamente il quale può esserci il serio rischio del pianto eterno; ma nessuno di noi può sapere quali peccatori sono stati o saranno abbandonati a questo pianto eterno dal rispetto di Dio per la libera e cosciente scelta dell’uomo.

.

La Chiesa stessa è tornata a fare propria questa consapevolezza con lungimirante spirito pastorale. Prova n’è il fatto chesuicida oggi non vengono più negate le esequie funebri e la sepoltura cristiana a coloro che sono morti per suicidio. Inutile dire quali orrende accuse di “eresia” e di “apostasia dalla fede” si levano anche in tal caso in certi àmbiti della cosiddetta Tradizione.
La Chiesa può, anzi in alcuni casi deve negare le esequie funebri dinanzi ai casi di peccatori manifesti che sono morti negando sino all’ultimo qualsiasi segno, anche leggero, di pentimento [Cf. C.I.C. can. 1184,1]. Ciò che invece la Chiesa non può fare è di dare per condannata un’anima. La Chiesa può e deve insegnare che ponendo in essere e perseverando con deliberata ostinazione in certi comportamenti si rischia seriamente di compromettere la salute eterna dell’anima; ma la Chiesa non ha il potere di affermare che l’anima di quel suicida o di quel peccatore incallito è stata dannata. Primo: perché nessuno può stabilire se il sucida ha compiuto quel gesto mosso da profondo sprezzo per la vita umana e per il suo Creatore. Nessuno di noi infatti, se non Dio, può leggere la profonda coscienza dell’uomo; e nessuno, se non Dio che solo può leggerla, può di conseguenza giudicarla. Secondo: a nessuno è dato sapere cosa è accaduto in quelle frazioni di secondo nelle quali la persona è passata dalla vita alla morte, ed in che modo in quel breve lasso di tempo sia intervenuta e sia stata eventualmente accolta pienamente la grazia di Dio. Presumere di poter leggere e giudicare la coscienza profonda dell’uomo, stabilendo se è salvo o dannato, è una autentica bestemmia.

.

Il Beato Pontefice Pio IX affermava:

.

«A voi è assai noto che quelli i quali per ignoranza invincibile non conoscono la nostra religione, ma conoscono la legge naturale ed i suoi precetti da Dio scolpiti nei cuori di tutti e sono disposti ad ubbidire a Dio e conducono una vita onesta, questi con l’aiuto della luce e della grazia divina possono conseguire la vita eterna; perché Dio, il quale vede, scruta e conosce le menti, gli animi, i pensieri, le disposizioni di tutti, per ragione della sua somma bontà e clemenza non può assolutamente permettere che sia punito con eterni supplizi chi non sia reo di colpa volontaria» [5].

.

Quella Naturale è la legge che ognuno può conoscere attraverso la ragione e che abita nel cuore di ogni uomo, a prescindere dall’atto di Fede. Questo il motivo per il quale la Chiesa Cattolica insegna da sempre che quanti sono al di fuori di essa senza loro colpa non possono essere condannati.

.

E l’elenco di coloro che per cosiddetta dotta ignoranza [6] o per cosiddetta ignoranza invincibile [7] sono fuori dalla Chiesa, senza che però sia ad essi preclusa la salvezza, sono da sempre molti. Ci avvisa in tal senso lo stesso Signore Gesù, ed in toni anche molto severi: «I pubblicani e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli» [Cf. Mt 21, 28-32].

.

DominusIESUS

Per leggere il testo della Dichiarazione Dominus Jesus cliccare QUI

Dopo avere chiarito, con documenti del Magistero rigorosamente antecedenti al Concilio Vaticano II, il reale sentire ecclesiale e teologico riguardo il mistero della salvezza, senza così indurre alla chiusura a priori coloro che in giro per il grande far west della rete telematica si cimentano in commenti esilaranti sulla frase distorta e abusata del Santo Vescovo Cipriano, passiamo adesso ad un documento del Magistero scritto a quattro decenni di distanza dalla chiusura del Concilio Vaticano II. Il documento in questione è la dichiarazione Dominus Jesus, che se non fosse drammatica sarebbe comica, come ho scritto con tutte le dovute spiegazioni in altre sedi, ben precisando il mio riferimento alla comicità che, se non spiegato a dovere, potrebbe suonare a dir poco irriverente. Infatti, un documento simile redatto e diffuso a quasi mezzo secolo dalla celebrazione di un concilio ecumenico, palesa il drammatico tentativo di correre a chiudere la stalla quando i buoi sono ormai dispersi da mezzo secolo per le praterie del post concilio; in questo risiede l’elemento … tragicomico di questo documento.

.

Riguardo la teologia della salvezza la Dominus Jesus afferma:

.

«[…] l’azione salvifica di Gesù Cristo, con e per il suo Spirito, si estende, oltre i confini visibili della Chiesa, a tutta l’umanità. Parlando del mistero pasquale, nel quale Cristo già ora associa a sé vitalmente nello Spirito il credente e gli dona la speranza della risurrezione, il Concilio afferma: «E ciò non vale solamente per i cristiani ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo infatti è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale» [Cf Gaudium et spes, n. 22.] [8]

.

tommaso 2

San Tommaso d’Aquino, affresco del XV secolo

Affermando «Tu non possiedi la Verità, ma è la Verità che possiede te», tra le righe e sotto le righe l’Aquinate l’ha detta molto più profonda e articolata di quanto si possa immaginare, a partire dal mistero stesso della Chiesa, che della salvezza è mezzo e strumento, non padrona. Possiamo, ed anzi dobbiamo dire e insegnare che la salvezza dimora nella Chiesa santa sposa di Cristo e suo Corpo Mistico e non a caso definita come «sacramento di salvezza» [9], ma non possiamo dire che la salvezza appartiene alla Chiesa ed ai suoi uomini, a partire dal Successore di Pietro sino all’ultimo dei sacerdoti. A tal proposito non andrebbe mai dimenticato a certi rigorosi personaggi con annesso esercito di “teologi” che impazzano nel grande far west della rete telematica, il monito del Signore Gesù impresso nel Vangelo di San Matteo, da leggere e da cogliere, al di là dei tempi, per ciò che veramente racchiude:

.

«Così avete annullato la parola di Dio in nome della vostra tradizione. Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo: “Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”». [Mt 17, 7-9].

.

Quante volte l’uomo, o per così dire il cieco e ottuso clericale di tutti i tempi, ha annullato la parola di Dio in nome del culto idolatra della sua personale e soggettiva tradizione?

.

rahner 2

il teologo gesuita Karl Rahner

Karl Rahner tende a concepire il mistero della fede come una «esperienza originaria preconcettuale di Dio», data a tutti in modo implicito, da qui la sua teoria dei cosiddetti «cristiani anonimi» che sarebbe espressa nella Chiesa in forme concettuali, vale a dire la scrittura, la tradizione ed i dogmi, relativamente connesse ai diversi modi di interpretare la originaria esperienza soprannaturale secondo le diverse culture e climi storici, dando in tal modo vita ad un vero e proprio relativismo dogmatico. Errori questi dovuti, perlopiù, al fatto che per Rahner il concetto non rappresenta una realtà esterna, perché essendo influenzato e infarcito di idealismo romantico di matrice tedesca, l’essere è per lui l’essere pensato, il tutto secondo le linee tracciate dal pensiero di Heiddeger riguardo l’essere della “precomprensione”, che si tratti dell’essere divino o del proprio essere oppure dell’essere del mondo. Per Rahner il concetto della conoscenza non parte dall’esperienza sensibile delle cose esterne, secondo le linee tracciate da Aristotele e da San Tommaso d’Aquino, bensì dal criterio cartesiano dall’autocoscienza che a suo modo delinea già in modo implicito e inconscio una esperienza dell’Assoluto, il tutto secondo il pensiero di Hegel, dal quale egli attinge a piene mani con risultati a dir poco disastrosi, quando poi finisce con l’applicarne il pensiero alla speculazione teologica. Dunque, il mistero della fede, per Rahner non si esprime affatto in un insieme di nozioni fisse e precise determinate in modo certo e invariabile secondo i criteri dettati dalla Professione di Fede; secondo il suo pensiero la fede giunge a sperimentare in modo originario e diretto Dio senza la mediazione del concetto. In questa architettura complessa, friabile e soprattutto pericolosa, si inserisce la cosiddetta teoria dei «cristiani anonimi», che è tutt’altra cosa rispetto alla cattolica affermazione che adesso segue: … la redenzione conseguita attraverso i mezzi ordinari ed i mezzi straordinari di salvezza.

.

Se da una parte abbiamo il binario di quel modernismo di cui Karl Rahner è un prodotto ultimo finito e rifinito e tramite il quale si può giungere a relativizzare il mistero stesso della redenzione e della salvezza, ed al quale pare cucito addosso il monito del Beato Apostolo Paolo … «Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole» [Cf. II Tm 4, 3-4]; dall’altra parte, sul binario parallelo, abbiamo invece l’immobilismo dei lefebvriani, ai quali pare cucita addosso la frase del Signore Gesù … «Così avete annullato la parola di Dio in nome della vostra tradizione» [Cf. Mt 17, 7].

.

vescovo indigeni

Il vescovo delle Isole Solomons con i giovani indigeni. Si precisa, visti i contenuti di questo passo dell’articolo, che i giovani qui ritratti in foto non sono affatto cannibali ma devoti cattolici apostolici romani, come dimostra il vescovo vivo e sorridente in mezzo a loro.

Nel susseguirsi di questi discorsi abbiamo portato vari esempi ed usato come paradigma la tragica immagine del suicida, l’immagine del Limbo … molti altri sarebbero però gli esempi che potremo aggiungere, a partire dal cannibale che vola redento in Paradiso dopo avere scannato e mangiato un gruppo di missionari. Se poi i missionari di cui s’è cibato erano teologi o biblisti gesuiti, in tal caso sarà volato redento in Paradiso ed ammesso direttamente nella Candida Rosa dei Beati. Il problema è che i cannibali del vecchio Latino America i gesuiti non se li sono mangiati tutti, tant’è che, alcuni secoli dopo, costoro sono tornati all’attacco importando in quelle terre la Teologia della Liberazione, fungendo questa volta loro da cannibali della dottrina e della teologia cattolica, animati in tal senso da dotta ignoranza e non certo da ignoranza inevitabile. Se invece i missionari erano domenicani, in quel caso, oltre ad andare in Paradiso, il pio cannibale s’è procurato pure le scorte di cibo per tutto l’inverno, perché trovare un domenicano magro non è impresa facile, la gran parte sono tutti di stazza modello San Tommaso d’Aquino, soprannominato dai compagni di studi «il bue muto», forse anche per la sua imponenza fisica. Santa ragione ebbe però Alberto Magno, che dell’Aquinate fu maestro, quando replicò a questi allievi ironici: «Quando questo bue muggirà, i suoi muggiti si udranno da un’estremità all’altra della terra». È che purtroppo, oggi, ai muggiti del bue d’Aquino, si sono sostituiti i ragli dell’asino Rahner.

.

vie-del-signore

Le vie del Signore …

Riferendosi ai disegni imperscrutabili di Dio, gli autori dei salmi cantano e gridano più volte, anche sotto forma di tenero lamento, che le sue vie non sono le nostre vie. Se da una parte non possiamo certo conoscere i piani di Dio e le sue azioni che procedono quasi sempre per vie imperscrutabili, dall’altra ci è stata però pienamente rivelata in carne e ossa la sua via da perseguire, che è quella dello stesso Verbo di Dio fatto uomo che proclama: «Io sono la via, la verità e la vita» [Gv 14, 6]. Dandoci quindi la via, la verità e la vita, il Padre, per mezzo del Figlio, ed assieme entrambi per il tramite dell’opera dello Spirito Santo, ci hanno aperto le porte alla redenzione che procede attraverso la Chiesa «Sacramento di salvezza»; attraverso i Sacramenti di grazia, donati e istituiti tutti dal Signore Gesù, che rappresentano i mezzi e gli strumenti ordinari di salvezza del Cristo Dio che è via, verità e vita. Cristo Dio non è però legato e vincolato ai Sacramenti di grazia, di cui abbiamo bisogno noi, non certo Lui; meno che mai è vincolato alle rubriche liturgiche, od alla «Messa di sempre», elevata da certuni a dogma superiore al mistero stesso della Santissima Trinità, tanto incapaci sono, certi moderni e cupi farisei, di distinguere le sostanze eterne e immutabili dagli accidenti che sono — e che per loro preziosa natura devono essere — mutevoli.

.

chiave del regno

la vera chiave del Regno dei Cieli …

Oltre ai mezzi ordinari di salvezza offerti in uso alla Chiesa per servire Cristo e per portare a compimento i suoi piani di salvezza, esistono da sempre mezzi straordinari che sono per loro natura stessa imperscrutabili, perché dimorano nel cuore di Dio e da Dio procedono; pur non avendo niente a che fare coi voli pindarici rahneriani sul “cristianesimo anonimo”. Nulla pertanto da dire, se il divo Dante ha collocato Giuda nell’Inferno attraverso le immagini della sua poetica; possiamo persino presumere che forse vi si trovi, ma a nessuno di noi è dato affermare con certezza che Giuda Iscariota è dannato alla pena eterna. Per altro verso, sempre procedendo per esempi, ricordo il giorno in cui, discutendo con l’allora promotore della fede della Congregazione per le cause dei santi, che forse eccedendo in passione affermò che un certo candidato alla canonizzazione, dal Paradiso, ci stava sicuramente assistendo tutti quanti, per tutta risposta replicai … «Una cosa è certa, ed è tale perché sancita con un atto solenne della Chiesa: costui è stato beatificato e tra poco sarà canonizzato, senza possibilità alcuna né di smentita né di discussione. Però, per quanto riguarda la certezza del Paradiso, noi, possiamo sapere se questo santo si trova al momento a godere della visione beatifica di Dio, oppure a fare un po’ di anticamera nel Purgatorio?». Preso più che mai da passione, il teologo mi disse … «Non hai mai letto là dove sta scritto di Gesù che dice a Pietro: “Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”?» [cf. Mt 16, 13-20]. Assunsi un’aria da svampito e risposi: «Si, forse da qualche parte devo averlo letto, non ricordo dove, però devo proprio averlo letto». E aggiunsi: «Tu lo sai, vero, che chi lega e chi scioglie, nei cieli e sulla terra, è la volontà di Cristo Dio accolta dall’uomo che si fa suo fedele strumento per la realizzazione dei suoi piani? A Pietro, il Signore, le chiavi del Regno le ha date in comodato d’uso, non in possesso. Dunque, il protagonista, nonché il vero padrone delle chiavi del Regno, non è Pietro, è il Risorto per il quale Pietro lega e scioglie secondo la Sua volontà tramite l’opera dello Spirito Santo». E detto questo precisai subito che la mia era una provocazione speculativa, perché è cosa del tutto ovvia che un santo goda della eterna beatitudine nel Paradiso. Prima di giungere alla sua canonizzazione è stato svolto un lavoro certosino, con dei teologi oggi come oggi sempre più profondi, preparati e riluttanti a qualsiasi superficialità. Se il candidato alla beatificazione era poi un Romano Pontefice, il suo processo è stato aperto prudentemente trent’anni dopo la sua morte, ed è durato a lungo, perché sono stati impiegati anni e anni solo per lo studio dei suoi atti di magistero, dei suoi scritti pubblici e privati, delle sue omelie e dei suoi discorsi, per non parlare dei suoi atti di governo, ed in specie se si è trattato di un lungo pontificato. Poi c’è la prova del miracolo accertato, salvo che non sia intervenuta la dispensa pontificia dal miracolo, visto che certi santi sono talmente santi che la prova del miracolo potrebbe essere ritenuta del tutto superflua. E nel corso di questo lungo iter durato molti anni, sono state spese anche fiumane di danaro, sempre a prova del lavoro meticolosissimo che è stato svolto e che di per sé, inevitabilmente, è molto costoso. Ciò che comunque taglia la cosiddetta testa al toro è l’atto di canonizzazione, che implica appunto un atto mediante il quale il Sommo Pontefice, con giudizio inappellabile e sentenza definitiva, inscrive in modo solenne un Servo di Dio, precedentemente beatificato, nell’albo dei Santi» [10]. Questa definizione implica l’infallibilità secondo i gradi stabiliti nella Ad tuendam fidem di San Giovanni Paolo II [cf. Giovanni Cavalcoli, OP QUI, testo documento QUI], con buona pace di quel delizioso e lezioso canonista siciliano che giocò a fare il teologo dogmatico adottando maldestri schemi giuridici [cf. QUI]. L’atto solenne si conclude con la precisazione che il Sommo Pontefice intende dichiarare con essa la presenza del canonizzato nella gloria eterna, nonché la sua esemplarità per tutta la Chiesa ed il dovere d’onorarlo ovunque con il culto dovuto ai Santi. E detto questo il discorso è chiuso, senza possibilità alcuna di discussione, meno che mai d’ironia, memori del saggio detto popolare: «Scherza coi fanti, ma lascia stare i santi».

.

SONY DSC

soliti noti, stesso copione … quando si muta la fede in ridicolo nella sicura certezza di essere seri.

Extra Ecclesiam nulla salus, o salus extra Ecclesiam non est, è un monito rivolto a noi, un invito a non abbandonare mai la via, la verità e la vita. È un monito coerentemente, dogmaticamente e dottrinalmente legato ai mezzi ordinari di salvezza. A meno che, all’apice della follia farisaica, qualcuno non voglia contestare a Dio Padre l’uso legittimo di mezzi straordinari di salvezza, a Dio Figlio di avere celebrato l’Eucaristia nel corso dell’Ultima Cena senza il messale della «Messa di sempre», ed infine, a Dio Spirito Santo, di non essersi attenuto per le sue azioni di grazia a qualche enciclica del magistero di carattere puramente politico, nonché redatta per precisi problemi politico-sociali un paio di secoli fa, essendo con essa stato legato un nodo che, lungi dall’essere un dogma di fede, a parere di alcuni avrebbe comunque vincolato, in eterno e per sempre la Terra e il Cielo.

.

La battuta del Santo Padre Francesco circa il fatto che «Dio non è cattolico», non fu un’espressione felice, come non lo sono state altre non particolarmente chiare, forse talvolta neppure opportune, tutte fatte però, sempre e di rigore, come dottore privato, o come si direbbe in altro gergo: come privato cittadino. Quando però il Sommo Pontefice, nella sua veste di Sommo Maestro, ha fatto la prolusione finale al Sinodo sulla Famiglia, il Padre Giovanni Cavalcoli ed io abbiamo “danzato” dalla contentezza per giorni, dinanzi alla lucidità di quelle parole che uscivano fuori da Pietro [cf. qui]. Certo, forse sarebbe stato meglio se quella volta, invece di dire che «Dio non è cattolico» avesse spiegato: «Nelle nostre azioni e per le nostre azioni noi siamo vincolati al magistero della Chiesa ed alla dottrina cattolica nei modi e nelle forme in cui la Chiesa, che ha ricevuto il proprio mandato dal Verbo di Dio in persona attraverso Pietro, stabilirà nel nome di Cristo Signore per tutti i Christi fideles, ma Dio, che è verità una, eterna e immutabile, al magistero della Chiesa ed alla dottrina cattolica non è ad alcun titolo vincolato, per quanto riguarda le sue azioni di grazia».
Ma in questi tempi di mucche magre, o forse peggio di mucche pazze, non si può avere certo tutto. Oggi avere poco, od avere il cosiddetto “minimo sindacale”, deve farci danzare e cantare gioiosi: «Osanna nell’alto dei cieli!», ripieni di fede, di speranza e di carità.

.

.

_______________________________________________

NOTE

[1] De veritate

[2] Epistola 72 indirizzata al Pontefice Stefano I

[3] La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza battesimo [Testo della Commissione teologica internazionale leggibile qui]

[4] Concilio di Basilea-Ferrara-Firenze-Roma SESSIONE XIX del 7 settembre 1434.

[5] Enciclica Quanto conficiamur moerore, 10 agosto 1863.

[6] L’espressione De docta ignorantia risale a Sant’Agostino Agostino, anche se resa celebre da celebre Nicolò Cusano che indica la posizione dell’intelletto umano di fronte a Dio: l’intelletto umano, in quanto finito, non può dir nulla di Dio, che è l’assoluto e l’infinito, se non per via negativa, negando cioè di lui ogni attributo e riconoscendo di potersi avvicinare all’Assoluto solo sapendo di non sapere. Ignoranza, quindi, ma dotta perché si pone al di là e al di sopra di ogni più completo conoscere umano.

[7] «Se l’ignoranza è invincibile, o il giudizio erroneo è senza responsabilità da parte del soggetto morale, il male commesso dalla persona non può esserle imputato. Nondimeno resta un male, una privazione, un disordine. È quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori» [Catechismo della Chiesa Cattolica, 1793].

[8] Dichiarazione Dominus Jesus, II, 12.

[9] Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1: AAS 57 (1965) 5.

[10] Daniel Ols, OP in Fondamenti teologici del culto dei Santi, in AA. VV. Dello Studium Congreg. De Causis Sanct. , pars theologica, Roma 2002, p. 1-54.

.

.

.

.

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

Conservatorismo e progressismo, due categorie giornalistiche, non del magistero della Chiesa

CONSERVATORISMO E PROGRESSISMO:

DUE CATEGORIE GIORNALISTICHE, NON DEL

MAGISTERO DELLA CHIESA

 

Il timoniere della barca sta dormendo. Non occorre svegliarlo, per non sentirci rimproverare di aver poca fede. Sa Lui quando e come intervenire. Sta a Lui semmai svegliarci. Quanto a noi, continuiamo a remare, per quanto la nostra azione ci sembri inefficace. Se la barca correrà veramente il pericolo di affondare, penserà Lui a calmare le acque.

 

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

 

progressisti conservatori

Progressisti e conservatori, due categorie mai fatte proprie dal linguaggio ecclesiale

Cosa valgono queste due categorie giornalistiche, che tengono banco da cinquant’anni nei grossi mass-media, mai fatte proprie dal linguaggio del Magistero della Chiesa? Esse riflettono una visione superficiale ed estremamente approssimativa delle questioni morali e dottrinali, confondendo il dibattito e la problematica ecclesiali con le controversie e le contrastanti quanto effimere correnti ed opinioni del mondo politico. Come cercherò di dimostrare in questo articolo, esse sono assolutamente inadeguate e fuorvianti rispetto al problema dottrinale che oggi nella Chiesa si è fatto gravissimo. Sono una specie di ipocrita cortina fumogena o, come si suol dire, di “specchietto per le allodole”, che da cinquant’anni i modernisti e i nemici della Chiesa, aperti o nascosti, sono riusciti ad imporre all’opinione pubblica con una potentissima propaganda, connivente la debolezza o l’improntitudine dell’autorità ecclesiastica, per diffondere impunemente i loro errori e vizi morali nella Chiesa.

togliere maschera

è giunta l’ora di togliere la maschera …

Per questo è giunta l’ora di dire basta e di smascherare una volta per tutte gli impostori recuperando la saggezza, l’onestà, la serietà, la precisione e la chiarezza del linguaggio della Chiesa, attestato nella storia di duemila anni di cristianesimo e basato sullo stesso senso comune, che avverte la necessità fondamentale di distinguere, nelle questioni vitali, non tanto il conservare dal progredire, cose certamente rispettabili ma non decisive, quanto piuttosto il vero dal falso, il bene dal male, la giustizia dal peccato. È ammissibile nel linguaggio, quando l’argomento o l’opportunità lo impone, un certo stile indeterminato, diplomatico o sfumato; non si può sempre procedere a colpi di accetta, col rischio anche di essere offensivi (1), questo è vero, ma anche il costume oggi diffusissimo dell’ambiguità sistematica, della slealtà abituale, di quel dire e non dire che ironicamente vien chiamato il polically correct, è cosa ripugnante e sorgente di infiniti mali.

Cardinale martini

ll defunto cardinale Carlo Maria Martini, si prestò come punto di riferimento critico verso Benedetto XVI e leader di una teologia liberal-progressista.

E’ vero che queste categorie fuorvianti, benchè in se stesse non illecite, sono favorite da quell’ala oggi assai potente del mondo e della teologia cattolica, che si pavoneggia narcisisticamente del titolo di “progressista” emarginando con degnazione, altezzoso compatimento e malcelata insofferenza tutti coloro che nella Chiesa non condividono il suo modernismo, dai lefevriani e dai sedevacantisti sino ai cattolici più puri, integerrimi e fedeli e perfino ai progressisti alla Maritain o alla Congar. Ma questo progressismo per loro non è ancora sufficiente, dato che costoro sono talmente avanzati verso la Chiesa del futuro, che considerano lo stesso Concilio Vaticano II e il successivo pontificato come superato ed ancora legato agli avanzi del passato. Il Cardinale Carlo Maria Martini, pochi mesi prima della morte, ebbe a dichiarare sul Corriere della Sera che la Chiesa di Ratzinger è rimasta indietro di due secoli [vedere qui].

papa-francesco-serio

Il Santo Padre Francesco

Papa Francesco nel suo recente discorso al sinodo ha condannato i “progressisti”, [vedere qui] ma è evidente che si riferiva ai modernisti, i quali da cinquant’anni sono riusciti finora a sopravvivere da parassiti della Chiesa, figurando come i primi della classe, ed a mietere successo nascondendosi sotto l’onorevole titolo di “progressisti”. Infatti è indubbio che il Concilio ha avuto un carattere progressista, in quanto ha promosso il progresso della pietà cristiana, dell’ecclesiologia, della teologia, della morale, del dialogo col mondo e della vita spirituale. D’altra parte, possiamo capire perchè i Papi finora non hanno parlato se non in rarissime occasioni di “modernismo”; perchè tutti abbiamo ancora il ricordo drammatico del modernismo dei tempi di San Pio X, il quale definì il fenomeno come la “somma di tutte le eresie”. Eppure, da cinquant’anni, studiosi di primo piano ed autorevolissimi pastori della Chiesa, come furono Jacques Maritain (2), Dietrich von Hildebrand (3), Cornelio Fabro (4), il Cardinale Giuseppe Siri (5), il Cardinale Pietro Parente (6) ed il Cardinale Alfredo Ottaviani, segnalarono profeticamente il ritorno di un modernismo che si verificò sin dall’immediato postconcilio. È vero che ci fu anche Monsignor Marcel Lefèbvre, il quale però, disgraziatamente, cadendo in un gravissimo equivoco accusò di modernismo lo stesso Concilio. Per questo senza dubbio la parola “modernismo” spaventa. Eppure, ad un’analisi attenta della situazione della Chiesa e della teologia di oggi, le cose stanno proprio così. Naturalmente non si deve dire che questa malattia dello spirito colpisce tutti i pazienti al grado massimo; tuttavia sappiamo bene che per parlare di neoplasia maligna non è necessario che l’organismo si trovi in metastasi, ma è sufficiente una presenza iniziale che, grazie ad un pronto intervento, può essere anche eliminata. Così è lecito usare l’appellativo di “modernista” anche per soggetti nei quali si trovano solo tracce di questa grave malattia dello spirito.

ruben

Opera pittorica di Ruben

L’importante è non confondere il progressismo col modernismo. Il progressismo, come ho detto, è un aspetto del tutto normale e direi obbligatorio della sana vita cristiana. “La carità, dice Sant’Agostino, se non progredisce, non è carità”. E San Paolo esorta tutti a tendere con tutte le forze e ad avanzare continuamente verso la perfezione. La Chiesa, dal canto suo, assistita dallo Spirito Santo, avanza continuamente nella storia verso la pienezza della verità. Il modernismo invece è un falso progressismo; è un tentativo ingannevole e sbagliato che, pretendendo dolosamente di rifarsi al Concilio, vuole ammodernare la vita cristiana mediante un’assunzione acritica della modernità, la quale, invece di essere giudicata dal Vangelo, pretende essa stessa di giudicarlo. Il progressismo legittimo, pertanto, può essere espressione di una sana propensione per il nuovo, effetto di una libera scelta o preferenza del tutto normale di certi fedeli all’interno della Chiesa, maggiormente interessati di altri all’elemento dinamico, evolutivo e propulsivo. Niente di male, anzi è un gran bene. Un prezioso servizio, certo non privo di rischi, che vale la pena di correre al fine di suggerire vie nuove, progetti di ricerca e di realizzazione, onde favorire l’avanzamento della Chiesa nella storia verso la pienezza escatologica.

tradizionalisti

Lo splendore dell’antica liturgia è un patrimonio di fede che non può essere disperso né andare perduto

Indispensabile e vitale, nella Chiesa come nella teologia, è inoltre un certo elemento o ufficio di conservazione o di tradizione, in quanto si tratta di approfondire, chiarire, esplicitare, sviluppare, migliorare, far crescere e progredire un patrimonio, potremmo dire un tesoro divino, incorruttibile, immarcescibile ed immutabile di valori teoretici e morali, “non negoziabili”, universali ed assoluti, rivelati, comandati e fondati da Cristo e da Lui affidati agli apostoli. In questa luce San Paolo comanda a Timoteo: «Custodisci il deposito» [I Tm 6,20]. Evidentemente non si tratta di restare attaccati a usi, istituzioni, cose, dottrine del passato che, avendo esaurita la loro funzione, o mostratesi dannose, non servono più, non hanno più nulla da dare ed anzi diventano pericolose: ecco il “tradizionalismo” condannato dal Papa nel citato discorso. Questo “tradizionalismo” non sarebbe fedeltà, ma arretratezza e impedimento al progresso, come si suol dire, “una palla al piede” o addirittura un veleno, come sarebbe per esempio il consumare un cibo scaduto o il “mettere la museruola al bue che trebbia” [I Cor 9,9].

Nokter Wolf

Dom Notker Wolf, abate primate della confederazione benedettina, durante un concerto rock

Progressismo e sano conservatorismo si richiamano a vicenda, così come un organismo ha bisogno ad un tempo di crescere mantenendo la propria identità. Un fissismo rigido e chiuso, senza movimento e adattamento, o per converso il movimento disordinato proprio della dissoluzione di un corpo privato della propria identità non sono i fenomeni della vita, ma della morte. Il conservatore, come il lefevriano, che si oppone al progressista o il progressista modernista, che rifiuti il conservatore sono entrambi degli estremisti che rovinano la Chiesa e la conducono fuori della verità. È urgente pertanto apportare alcune modifiche a un certo modo di esprimersi su queste questioni. Per esempio, nel grande dibattito recentemente avvenuto attorno alla vicenda e alle conclusioni del sinodo dei vescovi sulla famiglia, bisogna fare alcune puntualizzazioni. La grande stampa modernista e massonica si è compiaciuta di presentare la corrente del Cardinale Walter Kasper come “progressista” e vicina al Papa, mentre la corrente degli ormai famosi cinque cardinali includente il Cardinale Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede è stata calunniosamente o quanto meno impropriamente spacciata come “conservatrice” e contraria al Papa “progressista”. Questo significa, come si usa dire, cambiare le carte in tavola in modo perfido e sleale. Mettiamo quindi le cose a posto. I cinque cardinali, che non hanno fatto altro che ricordare i valori essenziali e dogmatici del matrimonio e della famiglia non sono affatto “conservatori”, ma perfetti cattolici. il Cardinale Kasper ed amici, per converso, con i loro presupposti malcelatamente relativistici e storicistici, non vanno chiamati “progressisti”, ma semmai modernisti.

Paolo VI

Il Beato Pontefice Paolo VI

Al Papa poi, ovviamente super partes grazie al carisma di Pietro e come maestro della fede, se vogliamo proprio dare una qualifica, potremmo assegnargli al massimo quella di progressista, ma non alla Rahner o alla Kasper o alla Küng, bensì alla Paolo VI, alla Maritain o alla Congar, non certo, quindi, un modernista, con buona pace dei modernisti che se lo vorrebbero accaparrare. Anche un Pontefice è libero di preferire una data corrente teologica o di esprimere una sua linea culturale personale, che nulla ha a che vedere con il suo ufficio di infallibile dottore universale della Chiesa, al di là di tutte le opinioni o possibili tendenze teologiche. Se quindi c’è uno contro il Papa, maestro della fede, al di là delle sue sbandierate e inattendibili dichiarazioni di rappresentare il Papa, questi è proprio Kasper; e se c’è uno col Papa maestro della fede, questi sarà proprio il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Non si venga quindi a raccontarci delle fandonie. I giornalisti improvvisati teologi, prima di scrivere delle corbellerie, si facciano istruire da chi di teologia se ne intende un po’ più di loro.

Un’ultima considerazione su questo argomento, ed è questa. Il problema del modernismo è in se stesso molto più serio di quello del conservatorismo o del lefevrismo. Senonchè il primo è molto più difficile da risolvere che non il secondo, perchè mentre i lefevriani e affini costituiscono una piccolissima minoranza, quindi di assai scarso potere, i modernisti, dopo un indefesso lavoro di scalata ai vertici, che dura da cinquant’anni, sono ormai riusciti a conquistare nella Chiesa e nella stessa gerarchia un enorme potere. Si capisce allora come, mentre è facile intervenire nei confronti dei lefevriani, dei conservatori e dei tradizionalisti, è assai più difficile eliminare il modernismo, dato che ne sono impelagate proprio quelle autorità che dovrebbero intervenire. È, come ha detto umoristicamente un bravo giornalista, come mettere i topi a custodire il formaggio. In tal modo è evidente l’ingiustizia che oggi si sta attuando. Sono i cosiddetti “due pesi e due misure”. Esempi eclatanti e paradigmatici sono da una parte la persecuzione in atto nei confronti dei Francescani dell’Immacolata e dall’altra l’impunità e il permanere del successo enorme del quale tuttora gode il rahnerismo, tuttora perdurante dopo cinquant’anni, nonostante le opposizioni e denunce di illustri teologi. C’è infatti da considerare che, se da una parte i lefevriani hanno almeno rispetto per l’immutabilità del dogma mentre respingono il progresso dogmatico, i modernisti sono molto peggio, a causa del loro relativismo ed evoluzionismo dogmatico, che li porta a distruggere tutti i dogmi e scalzano le basi della fede (7) conducendo le anime all’apostasia ed all’immoralità, al di là di tutto il loro finto cattolicesimo.

Burke de Mattei

Il cardinale Raymond Leonard Burke alla Marcia per la Vita, alla sua sinistra il prof. Roberto de Mattei che da anni ne è il principale organizzatore

Il rimedio o per lo meno un importante rimedio a questo clima di falsità e di ingiustizia, per il quale, secondo un’efficace espressione del Cardinale Raymond Leonard Burke, sentiamo il “mal di mare” nella barca della Chiesa che pare senza timoniere in mezzo alla tempesta, sembra essere da parte del Magistero una decisa, saggia e coraggiosa ripresa dell’autentico e genuino linguaggio dottrinale e pastorale, che sempre ha distinto le grandi guide della Chiesa, i grandi riformatori e i santi pastori e maestri, quella sapienza pedagogica, catechetica, terapeutica, risanatrice ed evangelizzatrice della Chiesa, ispirata alla Parola di Dio, guidata dallo Spirito, sapienza educatrice che eccelle su ogni altra scuola di teologia, di spiritualità, e di perfezione morale e di virtù dell’umanità. In particolare bisogna che la Chiesa torni a parlare della distinzione dell’eresia dal dogma, dell’ortodossia dall’eterodossia, ossia in sostanza del vero dal falso nel campo della fede, così come è normale per il medico parlare di malattia e di salute. Qual è quel medico che non si azzarda di dire al malato che è malato? C’è troppo scrupolo nelle autorità e fra i pastori di parlare francamente di errore, quasi che ciò possa offendere l’errante. Certo occorre saperne parlare, ma il saperne parlare è in realtà a tutto vantaggio dell’errante e di coloro che da lui sono ingannati. Oggi ci sono centinaia di migliaia, per non dire milioni di cattolici o comunque di persone ingannati dagli eretici.

correzione

Il Santo Padre Benedetto XVI

Non serve a nulla far finta di non vedere o limitarsi a condanne o denunce vaghe e generiche, che non disturbano nessuno, se non peggiorano la situazione degli erranti e finiscono col dare mano libera agli impostori. Sembra che il Magistero da tempo sia preso da un eccessivo riguardo per gli erranti, che poi si capovolge a loro stesso danno. Non dovrebbe temere di toccare teologi o pastori famosi o di grido, anche se vicini alla stessa Santa Sede o appartenenti alla stessa Curia Romana od a Facoltà pontificie. La franchezza con la quale i cardinali fedeli hanno criticato, a difesa del Magistero della Chiesa, i confratelli che sbagliano, è esemplare e confortante. Era ora che i buoni cardinali uscissero allo scoperto. Naturalmente i modernisti si lamentano che Roma è troppo severa. Ma questo si capisce benissimo e non dobbiamo tenerne alcun conto. La denuncia dell’errore serve proprio a correggere l’errante, mentre un eccessivo riguardo, un linguaggio impreciso e generico, troppo morbido e indulgente non è misericordia, ma alla fine è connivenza con l’errore, col danno evidente dell’errante.

timone

timone

Un linguaggio timido, balbettante e tergiversante mostra mancanza di convinzioni, desideri di plauso e non genera alcun rispetto, non serve a moderare gli arroganti ed anzi suscita solo riso o la compassione. Le cose devono essere chiamate col loro nome. Occorre essere cauti prima di qualificare una proposizione come eretica; ma se ci accorgiamo con certezza che è eretica, si deve dire che è eretica. Occorre certo a volte, anzi di solito, essere miti e delicati negli interventi, aver pazienza e saper attendere. Ma per scuotere una coscienza addormentata o spavalda, occorre energia e severità. Le espressioni allusive ed eufemistiche, le circonlocuzioni, le parafrasi o le perifrasi, se elevate a sistema, sono assolutamente inefficaci a mostrare i mali e a correggere i costumi e le idee sbagliate, come dimostra ad abundantiam l’esperienza di chi si dedica all’educazione, alla formazione del prossimo o alla guida delle anime.

Il timoniere della barca sta dormendo. Non occorre svegliarlo, per non sentirci rimproverare di aver poca fede. Sa Lui quando e come intervenire. Sta a Lui semmai svegliarci. Quanto a noi, continuiamo a remare, per quanto la nostra azione ci sembri inefficace. Se la barca correrà veramente il pericolo di affondare, penserà Lui a calmare le acque.

Fontanellato, 3 novembre 2014

 

_____________________

NOTE

(1) Cf Le paysan de la Garonne. Un vieux laïc s’interroge à propos du temps prèsent, Desclée de Brouwer, Paris 1966.
(2) Cf Le paysan de la Garonne. Un vieux laïc s’interroge à propos du temps prèsent, Desclée de Brouwer, Paris 1966.
(3) Cf Il cavallo di Troia nella città di Dio, Edizioni Giovanni Volpe, Roma 1969.
(4) Cf L’avventura della teologia progressista, Rusconi Editore, Milano 1974.
(5) Cf Getsemani. Riflessioni sul movimento teologico contemporaneo, Edizioni della Fraternità della SS.Vergine Maria, Roma 1980.
(6) Cf La crisi della verità e il Concilio Vaticano II, Istituto Padano di Arti Grafiche, Rovigo 1983.
(7) Una “fede”, per esempio, come quella predicata dal card.Martini, nella quale è intrinseco l’ateismo o come quella preconizzata dal card.Ravasi, che porterebbe in se stessa il dubbio, o la fede “atematica” di Rahner o la fede non come dottrina ma come “incontro” o “esperienza” che fede è?

La correttezza storica come missione pedagogico-pastorale: la Chiesa ed il governo di Francisco Franco

LA CORRETTEZZA STORICA COME

MISSIONE PEDAGOGICO-PASTORALE:

LA CHIESA ED IL GOVERNO DI

FRANCISCO FRANCO

 

[…] alla fine della guerra civile spagnola negli anni Trenta del Novecento, si conteranno 6.832 assassinati fra il clero, suddivisi in 13 vescovi, 4.184 sacerdoti secolari, compresi i seminaristi, 2.365 religiosi e 283 religiose; ad essi vanno aggiunti almeno 60.000 laici, uccisi perché facenti parte dell’Azione cattolica o di qualche associazione religiosa, o semplicemente perché cristiani, oltre a diverse centinaia di migliaia di persone ammazzate in quanto anti-marxisti, monarchici o simpatizzanti di destra.

Autore Ludovico Galaleta, I.C.

Autore
Ludovico Gadaleta, I.C. *

 

Nel 1978, tre anni dopo la scomparsa di Francisco Franco, un sacerdote spagnolo – che fu protagonista e testimone oculare degli eventi dellacomunismo rivoluzione di Spagna del 1936, scampando miracolosamente alla feroce persecuzione anti-cattolica scatenata da anarchici e comunisti – ad un gruppo di giovani intellettuali di sinistra che alla sua presenza ne dissero d’ogni peggiore sorta sul generale Francisco Franco, con serena e disarmante pacatezza rispose:

«Io che quegli anni terribili li ho vissuti e che ho visto i miei confratelli sacerdoti torturati e uccisi, le religiose stuprate da orde di mercenari al soldo dei comunisti sovietici e poi uccise in modo crudele, le chiese profanate, i simboli della Cristianità distrutti, con danni immani al patrimonio artistico … ebbene, se oggi incontrassi Nostro Signore Gesù Cristo che passeggia sottobraccio a Francisco Franco, prima io saluterei Franco, poi il Signore Gesù!».

Questa espressione iperbolica tutta giocata sul puro paradosso serviva a quel sacerdote, all’epoca ottantenne, per dire a quei cosiddetti intellettuali poco più che ventenni, reduci dalle “glorie” del Sessantotto: «Perché parlate per cieca ideologia di ciò che non conoscete assolutamente?»

memoria storica

la mancanza di memoria storica è uno tra i principali drammi della nostra modernità

In una situazione sociale come la nostra odierna, nella quale le valutazioni procedono spesso sulla base di umori privi delle più basilari cognizioni storiche, nostro compito pastorale è anche quello di lavorare ad un corretto recupero di una adeguata memoria storica, depurando la storia da falsi miti e leggende che si sono sostituite nel tempo allo storico vero: difatti, «chi non conosce la storia del passato, è spesso condannato a ripeterla», come ebbe ad affermare il filosofo e scrittore spagnolo George Santayana.

La «clericale complicità» col regime di Franco è un’accusa tutt’oggi rivolta alla Chiesa universale ed alla Chiesa particolare di Spagna da parte di intellettuali a basso mercato, oltre alle accuse rivolte ai Sommi Pontefici Pio XI e Pio XII, “rei” di avere appoggiato questo caudillo anziché i cosiddetti “combattenti per la libertà e la democrazia”: ovviamente, molti di coloro che oggi fanno simili valutazioni si ritrovano nei circoli della sinistre europee radical chic, sopravvissute in modo ostinato alla caduta del Comunismo sotto le macerie del Muro di Berlino e vittime del proprio pertinace rifiuto della realtà; e se la realtà confligge con l’ideale, tanto peggio per la realtà – diceva Voltaire! Per capire invece certi fatti e dare quindi una serena valutazione sull’appoggio offerto a Franco dalla Chiesa e da due suoi pontefici, bisogna tornare indietro nel tempo al periodo della rivoluzione spagnola, offrire al lettore la documentata verità dei fatti e lasciare poi a lui le conseguenti conclusioni, senza mutare gli umori in verità e le ideologie in storia.

massoneria

la Massoneria, che tanto peso e incidenza ha avuto in tutti gli attacchi rivolti alla Chiesa nel corso della storia moderna …

Le origini della guerra civile si possono collocare fin dal 1931, quando s’instaura in Ispagna la repubblica, egemonizzata dalle sinistre e dal liberalismo massonico: il capo del governo è Manuel Azaña, anticlericale e acceso massone, che compone un ministero formato da radicali, socialisti e comunisti. Aizzate dai loro capi, le masse anarchiche cominciano subito in diverse città: Madrid, Siviglia, Malaga, Cadice, Alicante, a dare l’assalto a chiese e conventi, profanandoli, saccheggiandoli e dandoli alle fiamme. Sollecitato ad intervenire per difendere l’incolumità personale e locale, il governo si rifiuta però di inviare la Guardia Civil: «Tutti i conventi di Madrid non valgono la vita di un solo repubblicano» (1) dichiara Azaña.
Nei mesi seguenti un’assemblea costituente, in cui i massoni sono ben 183, approvano una nuova costituzione, che ufficialmente è democratica, ma che nella pratica discrimina ogni opposizione e si accanisce in particolare contro la Chiesa: il cattolicesimo non è più la religione dello Stato, che ora è divenuto laico e si ispira, specie in materia di educazione, alle teorie settarie della massoneria; alle congregazioni religiose viene impedito di ricevere alcun sostegno economico pubblico, i loro beni mobili e immobili vengono depredati dallo Stato e molte di esse saranno arbitrariamente soppresse con la scusa di essere nemiche della nazione; i gesuiti vengono addirittura soppressi per espresso articolo della costituzione. Inoltre viene approvato il divorzio e negata ogni validità al matrimonio sacramentale.

Ai religiosi è proibito totalmente di insegnare e di avere attività d’industria e di commercio, e questo – unito all’esproprio dei beni – ne getta la gran parte in miseria. La libertà religiosa è possibile solo nelle case e il culto pubblico della religione non è ammesso, ed il governo si premura di vietare le processioni, abolire l’insegnamento religioso nelle scuole e togliere da esse e da ogni luogo pubblico il Crocifisso e tutti i simboli religiosi.

rivoluzione spagnola 4

foto d’archivio: due delle monache della visitazione condotte alla fucilazione dai miliziani rossi. Le sette monache visitandine sono state proclamate beate martiri il 7 luglio 1997 assieme ad altri 491 martiri spagnoli.

La persecuzione religiosa è tanto violenta quanto ingiustificata, poiché «la Chiesa non ha dimostrato alcuna sistematica ostilità alla Repubblica» (2), ammetterà il massone Alejandro Lerroux biasimando, seppure come voce isolata, le illegalità; ma gli anarchici spingono per misure ben più radicali: «La Chiesa deve sparire per sempre. I templi non serviranno più per favorire le complicità più immonde. […] Sono finite le acquasantiere di acqua benedetta. È orribile constatare che i repubblicani madrileni non si sono accorti della vera importanza delle raffiche incendiarie che hanno tinto durante le prime giornate di luglio il nostro firmamento sociale. Non esistono più stamberghe cattoliche. Le torce del popolo le hanno incenerite. Al loro posto rinascerà uno spirito libero che non avrà nulla in comune con il masochismo che si incuba nelle navate delle cattedrali. […] Per questo è chiaro che ci impadroniremo di tutti i suoi [della Chiesa, N.d.R.] beni che per giustizia appartengono al popolo. Gli ordini religiosi devono essere disciolti. I vescovi e i cardinali devono essere fucilati. E i beni ecclesiastici devono essere espropriati» (3), scrive il quotidiano del POUM Solidaridad Obrera.

croce di suor cecilia

croce pettorale della visitandina Suor Cecilia trapassata da un proiettile e oggi conservata nel Monastero della Visitazione

I comunisti non sono da meno: il leader trotzkista Andrés Nin afferma che «la classe operaia ha risolto il problema della Chiesa semplicemente, non lasciandone in piedi neanche una», e che «abbiamo molti problemi in Spagna, e i repubblicani borghesi non si sono preoccupati di risolverli: il problema della Chiesa … ; noi lo abbiamo risolto andando alla radice. Abbiamo soppresso i suoi sacerdoti, le chiese e il culto» (4). Si arriva a dire, come il comunista Juan Peyrò, che «ammazzare Dio, se esistesse, al calore della rivoluzione, quando il popolo, infiammato dal giusto odio, trasborda, è una misura molto naturale e umana» (5); «la Spagna ha cessato di essere cattolica» (6), dichiara entusiasta Azaña alle Cortes commentando la costituzione nel 1931.

rivoluzione spagnola 2

foto d’archivio: oltre che con i vivi la furia dei rossi si accanisce persino sui cadaveri dei sacerdoti e delle religiose, che vengono tirati fuori dalle tombe ed esposti a macabro ludibrio

Da Roma il Pontefice Pio XI condanna le violenze dei senzaDio con l’enciclica Dilectissima nobis del 1933: «Noi protestiamo solennemente con tutta la Nostra forza contro questa legge, dichiarando che non può essere invocata contro i diritti inviolabili della Chiesa», scrive, auspicando che il popolo iberico inducesse i governanti «a riformare queste disposizioni […] sostituendole con altre leggi conciliabili colla coscienza cattolica».

rivoluzione spagnola 1

cadavere di una monaca estratto dalla tomba ed esposto sulla  strada

I cattolici perseguitati approfittano delle elezioni del 1934 per mandare al governo il fronte delle destre, che attenuano per quanto possibile le misure persecutorie e cercano di riportare l’ordine nel paese, sconvolto da espropri e violenze: l’esercito, comandato da Francisco Franco, reprime le rivolte dei minatori asturiani, che – aizzati dalla stampa anarchica – avevano trucidato 33 sacerdoti e religiosi, distruggendo chiese e simboli religiosi, bombardando la cattedrale di Oviedo ed incendiando persino il palazzo episcopale ed il seminario. Ma nel 1936, scaduta la legislatura, le nuove elezioni segnano l’ascesa del Fronte popolare, composto da radicali, socialcomunisti e anarchici, i quali votando ne permettono per pochi voti la vittoria: le violenze compiute dalle sinistre durante la campagna elettorale vengono denunciate alle Cortes dal deputato delle destre José Calvo Sotelo, il “Matteotti spagnolo”, ma il 13 luglio 1936 i comunisti lo rapiscono e lo uccidono. È la goccia che fa traboccare il vaso.

rivoluzione spagnola 3

un plotone di esecuzione di rossi inscena la fucilazione della statua del Cristo Redentore

Di fronte al pericolo di una repubblica sovietica spagnola, ormai considerata inevitabile da entrambi i fronti, il 17 luglio nasce una sollevazione militare sostenuta immediatamente dalle destre, dai monarchici e dai cattolici: l’alzamiento è accolto calorosamente a Burgos, Salamanca, Segovia, Avila e Zamora, nonché a Pamplona dove la popolazione «trasformò il golpe in una festa popolare, rovesciandosi nelle strade al grido di “Viva Cristo Rey!”» (7). La risposta dei repubblicani è immediata: si scatena la spietata caccia al cattolico, essere sacerdote o religioso è di per sé meritevole di morte, così come avere simpatia per la religione; sistematicamente le chiese vengono saccheggiate e bruciate, oppure adibite ad autorimesse o cinema, mentre si assiste a vergognosi episodi di sacrilegio per cui le Specie Eucaristiche vengono estratte dai tabernacoli e calpestate, le statue ed i crocifissi mutilati, decapitati e fucilati. Opere d’arte di inestimabile valore finiscono distrutte o rubate dalla furia rossa: i repubblicani arrivano sino al punto di aprire le antiche tombe nelle chiese per rubare gli ori eventualmente presenti, e persino a disseppellire i cadaveri di monache e religiosi esponendoli agli scherni macabri della folla.

fatebenefratelli martiri spagnoli 2

i frati dell’Ordine di San Giovanni di Dio, Fatebenefratelli, dediti all’assistenza ed alla cura degli ammalati, portati fuori dai loro ospedali e trucidati dai rossi

Il 30 settembre 1936 il vescovo di Salamanca Pla y Daniel emana la sua lettera pastorale Las dos ciudades, in cui rivela agli occhi di tutto il mondo gli orrori e i patimenti subìti dalla Chiesa iberica, spiegando i motivi per cui la Chiesa e Pio XI benedicono Franco e i nazionalisti: «la lotta attuale […] riveste sì la forma esterna di una guerra civile; ma in realtà è una crociata […] una sollevazione non per perturbare, ma per ristabilire l’ordine»; una crociata «a favore dell’ordine contro il dissolvente comunismo, a favore della difesa della civilizzazione cristiana e dei suoi fondamenti, religione, Patria e famiglia, contro i sin Dios y contra Dios. […] L’alzamiento spagnolo non è una mera guerra civile, bensì in sostanza una crociata per la religione, per la Patria e per la civiltà contro il comunismo». Ad ogni atto ufficiale della Chiesa, i repubblicani reagiscono incrudelendo le persecuzioni: vengono sterminati senza riguardo tutti i sacerdoti e i religiosi, accanendosi anche contro le suore e le monache di clausura che spesso vengono ripetutamente stuprate prima di essere uccise; ad alcuni preti viene promessa salva la vita se acconsentiranno a perdere la propria castità nei bordelli, ma nessuno acconsentirà a questa ignominia.

Alla fine della guerra, si conteranno 6.832 assassinati fra il clero, suddivisi in 13 vescovi, 4.184 sacerdoti secolari, compresi i seminaristi, 2.365 religiosi e 283 religiose; ad essi vanno aggiunti almeno 60.000 laici, uccisi perché facenti parte dell’Azione cattolica o di qualche associazione religiosa, o semplicemente perché cristiani, oltre ad diverse centinaia di migliaia di persone ammazzate in quanto anti-marxisti, monarchici o simpatizzanti di destra.

francisco franco

Francisco Franco, copertina del Times

Nel 1937 tutti i vescovi spagnoli firmano una lettera collettiva per sostenere la cruzada di Franco e chiedere aiuto alle nazioni europee, che nel frattempo si sono schierate: inviano volontari per Franco le nazioni cattoliche di Portogallo e Irlanda e per i repubblicani le nazioni socialiste di Francia e URSS. Germania e Italia, per motivi di ordine politico la prima e politico-religioso la seconda, inviano contingenti armati a sostegno dei nazionalisti, che pian piano procedono alla liberazione dei territori, dove i pochi sacerdoti riusciti a fuggire o ancora in vita tornano e ripristinano il culto cattolico, fra di essi Josemarìa Escriva de Balaguer, futuro fondatore dell’Opus Dei. Intanto, i cappellani militari italiani, suppliscono ai bisogni spirituali degli spagnoli amministrando i Sacramenti.

Fra i contingenti italiani ci sono i volontari delle Camicie Nere, che oltre che con i miliziani repubblicani si trovano a dover combattere contro i propri connazionali: in Ispagna sono presenti, infatti, numerosi italiani socialcomunisti e azionisti nelle fila delle Brigate internazionali, che vedono nella guerra spagnola una crociata contro il fascismo, secondo la propaganda di Mosca, che intanto estende il suo controllo sullo schieramento repubblicano facendo sì che i comunisti eliminino fisicamente gli anarchici per assumere la leadership della guerra.

agostiniani martiri di spagna

pittura contemporanea raffigurante il martirio dei frati agostiniani. Nel 1936 i frati dell’Ordine di Sant’Agostino trucidati dai miliziani rossi furono 97

Nella battaglia attorno a Guadalajara, a nord di Madrid, i due schieramenti vengono a confronto, italiani contro italiani: la battaglia è serrata e lunga, dall’8 al 25 marzo 1937; i repubblicani debbono assolutamente respingere l’assalto dei nazionalisti, euforici per aver appena liberato Malaga, per poter evitare la caduta della capitale in cui sono asserragliati, e per questo ricorrono all’aiuto dei carri armati sovietici. Dopo iniziali successi nazionalisti, i repubblicani hanno la meglio e le truppe italiane sono costrette a ritirarsi: tuttavia si tratta di una vittoria di Pirro. Nemmeno due anni dopo le truppe vittoriose del generale Francisco Franco entreranno nella Capitale chiudendo la guerra, con la benedizione di Pio XII (8), il quale vede con gioia la fine di un regime anticristiano e l’instaurarsi di uno stato cattolico che durerà fino al 1975 e che esprime agli spagnoli la sua «paterna congratulazione per il dono della pace e della vittoria con cui Dio si è degnato coronare l’eroismo cristiano della vostra fede e carità», combattendo per la Spagna, «nazione scelta da Dio […] come baluardo inespugnabile della fede [che] doveva dare ai proseliti dell’ateismo materialista del nostro secolo la prova più eccelsa che in cima a tutto vi sono i valori eterni della Religione

martiri francescani

i 22 martiri dell’Ordine Francescano

e dello spirito». Dopo aver lodato che — nonostante «la propaganda intensa e gli sforzi costanti dei nemici di Gesù Cristo pare che abbiano voluto fare in Ispagna un esperimento supremo delle forze distruttrici che tengono a loro disposizione in tutto il mondo», il popolo spagnolo s’era levato «deciso nella difesa degli ideali della fede e della civiltà cristiana» e «aiutato da Dio seppe resistere all’istigazione di quanti, ingannati da quel che credevano un ideale umanitario di esaltazione dell’umiltà, in realtà, non lottavano se non in favore dell’ateismo» — Pio XII elevava infine un ringraziamento alla memoria di «tutti quelli che hanno saputo sacrificarsi con eroismo in difesa dei diritti inalienabili di Dio e della Religione, sia nei campi di battaglia, sia consacrati nei sublimi offici della carità cristiana nelle carceri e negli ospedali».

Da questo breve sunto storico è possibile capire quella iperbole costruita sul puro paradosso,  alla quale quell’anziano sacerdote, che aveva visto i propri confratelli trucidati dall’odio di anarchici e comunisti, fece ricorso illustrando Gesù Cristo a passeggio sottobraccio con Francisco Franco, il tutto semplicemente per dire a dei giovani ideologi: studiate la storia, perché se non la conoscete, sarete condannati a ripeterla.

___________________________________________________________________________________

* L’AUTORE Religioso dell’Istituto della Carità (Rosminiani), ha conseguito la laurea magistrale in Storia contemporanea presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed il baccalaureato teologico alla Pontificia Università Lateranense.

 

 _________________________________________________________

NOTE

(1) Cit. in P. PRESTON, La guerra civile spagnola, Oscar Storia Mondadori, 2000, p. 35.
(2) Cit. in G. ROUX, La guerra civile di Spagna, trad. it. Sansoni, Firenze, 1966, p. 29.
(3) Abajo la Iglesia! Editoriale anonimo in Solidaridad Obrera, 15 agosto 1936, cit. in A. MONTERO MORENO, Sintesis històrica de la persecuciòn religiosa en España 1936-1939, Madrid, 1961, p. 55-56.
(4) Cit. entrambe in A. MONTERO MORENO, Sintesis històrica, p. 55.
(5) Cit. entrambe in A. MONTERO MORENO, Sintesis històrica, p. 55.
(6) Cit. in Ibid., p. 56, nota.
(7) Ibid., p 81.
(8) S. S. PIO XII, Radiomessaggio “Con inmenso gozo”, 16 aprile 1939.