Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

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Padre Gabriele

Da lupi finanziari ad accumulatori e ricchi di grazia: «Alla povertà mancano molte cose, all’avarizia tutti

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

DA LUPI FINANZIARI AD ACCUMULATORI E RICCHI DI GRAZIA: «ALLA POVERTÀ MANCANO MOLTE COSE, ALL’AVARIZIA TUTTE»

 

«Ma Dio disse all’agricoltore ricco: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Cari lettori de L’Isola di Patmos,

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Nel Vangelo di questa XVIII domenica del tempo ordinario, Gesù condanna la cupidigia o avarizia, dunque l’accumulazione smodata di beni. Un tema che può sembrare lontano da noi piccoli e medi lavoratori. L’accumulazione non riguarda solo beni e tesori legati al denaro o alle proprietà. Questa è stata l’esperienza di Jordan Belfort, broker e imprenditore finanziario, la cui storia è stata raccontata anche nel film del 2013, Il lupo di Wall StreetAll’inizio della sua carriera inizia con investimenti e guadagno truffaldini, con un legame sempre più disordinato e viziato verso il denaro. Questo lo porterà a distruggere completamente la propria vita riducendolo alla dipendenza dalla droga e alla distruzione dei i propri amici e affetti, fino al carcere.

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Oggi Gesù vuole offrirci questo insegnamento, lo dice chiaramente in questa pericope:

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«Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

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La vita di ognuno di noi non dipende dal bene-denaro. Ma dipende dal bene primario ed essenziale che è Dio. È Lui che, se ci affidiamo, ci dona tutti gli altri beni e i mezzi per giungere al fine ultimo: la Santità e l’incontro eterno con Lui in Paradiso. Per chiarire questo il Signore racconta la parabola dell’uomo ricco e della sua campagna. Qui richiama di nuovo alla dipendenza reale che abbiamo da Dio, che decide sulla nostra vita e sulla nostra morte. Ma ancora di più: in questa parabola Gesù dice una frase molto più forte, riprendendo il finale della sua narrazione:

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«Ma Dio disse all’agricoltore ricco: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

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La vera ricchezza a cui tutti quanti siamo chiamati è allora la ricchezza in Dio. Una ricchezza che non si accumula facendo acquisti su Amazon, giocando in borsa, o acquistando immobili. È la ricchezza di chi veramente ha ed è ripieno della presenza e della grazia di Dio.

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Gesù non ci chiede di vivere come miserabili, come dei poveri che cercano una forma pauperistica in cui la miseria sia il nostro scopo. Ci chiede di ricollocare tutti i beni per ottenere la ricchezza della Presenza di Dio, che a oggi è possibile ottenere come dono gratuito, specialmente nei Sacramenti e nell’Eucarestia. Una ricchezza spirituale che si ottiene per dono gratuito, quando cresciamo nella preghiera e nella meditazione: questo è il tesoro della dottrina insegnata da Gesù che conduce ogni nostra vita. Ottenuto allora tutto questo, il Signore non ci farà mancare anche gli altri beni materiali. 

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Scriveva l’autore romano Pubblio Sirio, nelle sue Sentenze: «Alla povertà mancano molte cose, all’avarizia tutte».

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Chiediamo al Signore di guarire dall’attaccamento morboso a tutte le realtà materiali ed effimere, per imparare ad attingere ai tesori trinitari della vita eterna.

Così sia.

Roma, 31 luglio 2022

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Il blog personale di

Padre Gabriele

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I Padri dell’Isola di Patmos

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Il Sinodo Tedesco, tra luteranesimo romanofobico e teologhe lesbiche che pretendono di stravolgere la dottrina cattolica

IL SINODO TEDESCO, TRA LUTERANESIMO ROMANOFOBICO E TEOLOGHE LESBICHE CHE PRETENDONO DI STRAVOLGERE LA DOTTRINA CATTOLICA

 

O la Santa Sede impara dalla storia e procede a elargire una solenne e salutare scarica di bastonate ai tedeschi, oppure questo farsesco sinodo proseguirà sino alla fine con tutte le conseguenze che ne deriveranno, fungendo da teatro di sfogo orrido e grottesco per un manipolo di teologhe lesbiche incattivite che lo stanno fin troppo pilotando.

— Attualità —

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Coppia di anziane lesbiche

Il problema non è dirle in malo modo, come talora mi si accusa di fare, ma dirle vere. E quando si dicono vere si dovrebbe soprassedere sul modo forte col quale a volte è necessario dirle. In caso contrario saranno gli accusatori a cadere nel farisaismo, attaccandosi alla forma o alla parolina colorita, per eludere la sostanza e tutti i dati di fatto coi quali non vogliono fare i conti, perché implicherebbe assumersi responsabilità e agire.

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Da prete ho vissuto e studiato in Germania e quando si dice Chiesa cattolica tedesca ritengo di sapere un po’ di che cosa si parla. Ne scrissi in toni allarmati nell’ormai lontano 2011 nel mio libro E Satana si fece trino, narrando di quanto avanzato fosse lo stato di protestantizzazione della Chiesa Cattolica in molte regioni del Nord dell’Europa, affermando che era in atto uno scisma di fatto che andava solo ufficializzato. Feci presente che un fiume in piena stava scendendo dal Nord dell’Europa e che a breve avrebbe travolto anche le nostre Chiese locali, in modo particolare quella italiana, suddita da oltre mezzo secolo delle peggiori derive teologiche tedesche, perché tutto ciò che non è tedesco non è degno sul nostro patrio suolo di essere chiamato teologico. Per questo grazie ai raggiri dei Gesuiti della Pontificia Università Gregoriana, nipotini amorosi di Karl Rahner, che ebbero giocoforza sul Sommo Pontefice Paolo VI – rivelatosi in questo ingenuo – fu distrutta la Scuola Romana, il cui centro era la Pontificia Università Lateranense, con grandi e straordinari teologi della caratura di Pietro Parente, Antonio Piolanti, Pier Carlo Landucci … tutti ridotti al silenzio nella “gloriosa” stagione del dialogante post-concilio degli anni Settanta. Ultimo esponente della Scuola Romana è stato Antonio Livi (cfr. QUI). Un decennio dopo, lo stesso Paolo VI, lamentava e temeva che «da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio» (testo integrale QUI). Chissà perché, soprattutto: chi gli spalancò le porte?   

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La storia insegna che nella memoria antropologica del popolo tedesco sopravvive sempre lo spirito barbarico. Insegna altresì, la storia, che ai tedeschi non si può dare un buffetto sopra la manina con un sorriso sulle labbra dicendo «cattivello così non si fa, altrimenti mammina soffre». Vanno tramortiti a bastonate e lasciati a terra con le ossa rotte dopo essere stati umiliati. A quel punto si placano per i successivi decenni. Poi a poco a poco tornano a tirare su di nuovo la testa, con lo stesso spirito e l’identica arroganza. A quel punto saranno necessarie altre salutari legnate. Qualcuno potrebbe pensare che questo mio parlare sia gratuita e inopportuna violenza. Giammai, è semplicemente prudente e legittima difesa delle popolazioni europee. Le pacifiste anime candide digiune di sapere, anziché stracciarsi le vesti al grido arcobalenato di peace and love studino piuttosto la storia, perché così capiranno tutte le ragioni di questo mio dire, a partire dal prezzo pagato dall’Europa e dal mondo intero per la psicologia tedesca a partire dagli anni Trenta del Novecento.

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I tedeschi sono i grandi incazzati d’Europa perché di fatto sono da sempre i grandi perdenti della storia del nostro Vecchio Continente. O risulta a qualcuno che abbiano mai vinto una guerra? Alla fine della Prima Guerra Mondiale furono umiliati al tavolo delle trattative di Versailles. Rialzarono la testa anni dopo con infauste gesta che produssero conseguenze mai viste prima. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale si sono ritrovati con il loro Paese raso al suolo e ridotto alla fame. Per quanto riguarda l’oggi stendo un velo pietoso, perché ci sarebbe da parlare a lungo sul senso umano e morale della “civilissima” Germania nella quale nessuno getterebbe mai una cicca di sigaretta nel giardino di un parco pubblico, però esistono cliniche private nelle quali si trapiantano organi di cui non si conosce la provenienza, cosa che nella incivile Italia non potrebbe mai accadere, con le rigide leggi restrittive che abbiamo, ma soprattutto per quel senso di umanità che ancora non ci ha abbandonato del tutto. Sull’etica economica sorvolo, perché non è  questa la sede per discuterne, limitiamoci a dire che la Germania ha regalato anni addietro alla Cina le corde con le quali l’Europa sarà a breve impiccata. 

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Nella stagione delle ubriacature sinodali anche in Germania si è avviata questa fase, prima dell’apertura della quale dissi che il risultato sarebbero stati degli attacchi alla dottrina cattolica e al deposito della fede da fare impallidire Martin Lutero, che non dimentichiamo era cattolico. Eretico, ma cattolico. La gran parte dei vescovi, dei presbiteri e dei fedeli tedeschi, cattolici non lo sono più da tempo, non ci sono proprio nati e come tali non sono stati formati e cresciuti, mentre Lutero sì, lo fu. Quelli che vengono impropriamente definiti “cattolici tedeschi” al limite sono per la maggiore dei cristiani che risentono molto più di Lutero e soprattutto di Calvino, anziché del Magistero della Chiesa Cattolica.

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Mai aprire in Germania i vasi di Pandora, perché dar loro in mano un sinodo finirà per produrre il meglio del peggio del loro spirito romanofobico mai assopito.

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Adesso la Santa Sede lamenta e dichiara pubblicamente che l’iniziativa in corso in Germania «non ha facoltà di obbligare i vescovi e i fedeli a nuovi modi di governo e nuove impostazioni di dottrina e di morale» [cfr. QUI]. Per questo li invita a rientrare nei ranghi del corretto percorso sinodale della Chiesa universale. Insomma: gli hanno percosso la manina con il sorriso sulle labbra dicendogli «cattivelli, così non si fa, altrimenti mammina soffre».

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Che cosa si aspettava la Santa Sede da siffatta accozzaglia di soggetti ormai sedicenti cattolici? Ovvio che il sinodo – come subito è avvenuto – sarebbe stato il pretesto per vomitare contro Roma reclamando tutto ciò sul quale non è consentito neppure aprire discussioni e meno che mai portarle avanti: abolizione del celibato sacerdotale, sacerdozio alle donne, o perlomeno il diaconato, derubricazione del peccato di sodomia, benedizione delle coppie gay, valutazione di casi particolari nei quali l’aborto o l’eutanasia potrebbero essere leciti, apertura totale alla contraccezione e chi più ne ha più ne metta.

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Applicando certe logiche potremmo mettere in discussione, votare a maggioranza e abolire vari precetti del Santo Vangelo, perché a dire di molti non sono più conformi ai tempi presenti e alle esigenze del mondo contemporaneo. Esattamente ciò che di tragico sta avvenendo con questo locale Sinodo tedesco, dove con tutta la peggiore arroganza un’orda di femministe inacidite si stanno permettendo di discutere su ciò che la Chiesa non può proprio discutere, perché non ha la potestà di farlo. Non solo e non tanto pretendono la messa in discussione della legittimità del sacerdozio alle donne, delle benedizioni alle coppie di gay e lesbiche che decidono di “sposarsi” giustificando il tutto con un non meglio precisato “amore”, perché ciò che di fatto rivendicano è che la Chiesa dichiari che quanto sino a oggi ha considerato peccato mortale è in verità bene, quindi che dichiari di avere sbagliato per spirito retrogrado facendo ammenda e aprendo neppure le porte, ma spalancando letteralmente le gambe.

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Vogliamo aggiungere poi dell’altro ancora, ammesso sia lecito dirla chiara e veritiera senza essere subissati di querele dai circoli radicali LGBT? Faccio notare che le teologhe femministe che da anni stanno facendo fuochi e fiamme nel poco di cattolico che resta in vari Paesi dell’Europa del Nord, per la maggiore sono lesbiche conclamate e molte convivono con le loro compagne. Solo un doppiogiochista come il Cardinale Reinhard Marx Arcivescovo metropolita di München — che sino alla prima decade di febbraio del 2013 era più ratzingeriano di Benedetto XVI, salvo divenire tre mesi dopo più bergogliano di Francesco I —  poteva consentire a simili maschiacce di creare disordine e disturbo all’interno della Chiesa tedesca dando loro spazio, voce e un palcoscenico di sfogo durante un sinodo. Ma d’altronde è risaputo: se secondo le teorie di Sigmund Freud la donna soffre dell’invidia inconscia del pene maschile, la teologa teutonica lesbica soffre per l’invidia del prete.

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Facciamo quindi qualche esempio pertinente e reale: è vero che nella narrazione biblica si precisa che Dio li creò maschio e femmina (cfr. Gen 1, 26-28), ma quelli erano altri tempi. Tutt’altre sono oggi le esigenze delle coppie di gay e di lesbiche che si vogliono sposare tra uomo e uomo, tra donna e donna, reclamando l’approvazione e la benedizione della Chiesa, o il battesimo trionfale di bambini acquistati da cosiddetti uteri in affitto, con tutto il gotha LGBT schierato in chiesa, non perché gli interessi qualche cosa del Santo Battesimo, ma per strumentalizzare un Sacramento al solo fine di dimostrare d’aver piegato il Cattolicesimo ai propri disordini morali, o peggio alle loro aberrazioni, come nel caso dei bambini commissionati ai cosiddetti uteri in affitto. Siccome però, all’epoca, l’Onnipotente Creatore non poteva essere aggiornato, sarà opportuno che i precetti, la divina parola e lo stesso Dio siano corretti. Perché Dio si è sbagliato a creare solo maschio e femmina senza prevedere le altre varianti, altrettanto Gesù Cristo si è sbagliato a conferire il sacerdozio solo agli uomini, anzi, forse era anche un po’ misogino. Ma che genere di Onnipotente e Onnisciente è, questo maldestro Dio Creatore così privo di prospettiva futura? Meno male che c’è un compatto gruppo di teologhe lesbiche tedesche pronte a correggerlo nell’ambito di questo Sinodo.

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O la Santa Sede impara dalla storia e procede a elargire una solenne e salutare scarica di bastonate ai tedeschi, oppure questo farsesco sinodo proseguirà sino alla fine con tutte le conseguenze che ne deriveranno, fungendo da teatro di sfogo orrido e grottesco per un manipolo di teologhe lesbiche incattivite che lo stanno fin troppo pilotando.

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Lo so perfettamente che certe cose le dico e le esprimo male, però le dico vere e senza facile pena di smentita. Spero solo di non beccarmi un’altra querela da qualche associazione radicale LGBT, perché ne ho già una in corso presso il competente Tribunale. E né la Santa Sede né la Conferenza Episcopale Italiana mi darebbero mai un contributo per le mie spese processuali, sono troppo impegnati a investire soldi nella accoglienza dei migranti musulmani che poi pisciano in segno di spregio nelle acquasantiere delle chiese storiche di Roma e che ogni tanto ne vandalizzano qualcuna in giro per l’Italia.

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O forse non sapete perché da tutte le chiese storiche di Roma e non solo, hanno tolto l’acquasanta dalle acquasantiere? Il Covid-19 non c’entra niente, furono svuotate già alcuni anni prima della pandemia. Semplice il perché: diversi fratelli migranti musulmani sono stati ripresi ripetutamente dalle videocamere di sorveglianza che documentano il tutto. Quando andava bene dentro le acquasantiere ci sciacquavano mutande e calzini, altri in segno di riconoscenza per la amorevole accoglienza della nostra lungimirante Conferenza Episcopale Italiana, ci pisciavano direttamente dentro.

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dall’Isola di Patmos, 29 luglio 2022

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Cari Lettori,

vi prego di leggere questo articolo [vedere QUI] e di essere sensibili e premurosi per quanto vi è possibile

Vi ringrazio

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I Padri dell’Isola di Patmos

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(IIIª parte) Oggi c’è una evidente problematica nella formazione del clero: il Presbitero Ambrosiano che celebra la Santa Messa in acqua su un materassino è degno di biasimo ma non di linciaggio mediatico

(IIIª parte) OGGI C’È UNA EVIDENTE PROBLEMATICA NELLA FORMAZIONE DEL CLERO: IL PRESBITERO AMBROSIANO CHE CELEBRA LA SANTA MESSA IN ACQUA SU UN MATERASSINO È DEGNO DI BIASIMO MA NON DI LINCIAGGIO MEDIATICO

La Procura della Repubblica di Crotone ha sentito il dovere di intervenire a seguito di un illecito commesso contro la sensibilità religiosa dei credenti cattolici. E se il vilipendio fosse stato perpetrato da un esponente LGBT o da una “categoria protetta” di differente estrazione geografica? Perché il reo resta tale davanti alla legge che non ammette distinzioni di estrazione geografica, etnica, religiosa o sessuale. Allora perché davanti ai vari Gay Pride di giugno non sono fioccati i provvedimenti a carico di individui che hanno arrecato palese vilipendio ai segni della religione cattolica? [precedenti articoli: qui, qui]

— Attualità ecclesiale —

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Non ho resistito alla curiosità di andare a cercare nei vari social media di questi ultimi due giorni la vicenda legata a Mattia Bernasconi presbitero ambrosiano. Ebbene credetemi, basandomi sui risultati ottenuti, ne ho viste veramente di tutti i colori: una Corte dei Miracoli fatta e finita, piena zeppa di nani e di ballerine, di eretici convinti, di credenti confusi, di censori accaniti, di difensori d’ufficio e vergini vilipese fino ad arrivare ai più puri giustizialisti e garantisti compulsivi della dottrina cattolica. La stessa cosa ho potuto constatare andando a googlare su alcuni motori di ricerca il caso della “Missa aquatica”, così come è stata simpaticamente ribattezzata dalla rivista La Nuova Bussola Quotidiana.

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Così mi sono deciso a scrivere alcune considerazioni in merito che desidero condividere con i Lettori de L’Isola di Patmos. Avendo avuto modo di metabolizzare l’intera vicenda, mettendola in preghiera, ho avuto anche il tempo di immedesimarmi nella persona del giovane presbitero ambrosiano Mattia Bernasconi che è degno di biasimo sì, ma non di linciaggio mediatico. Mi sono perciò convinto che oggi c’è una evidente, reale e oggettiva problematica nella formazione teologica del clero. Sì, cari Lettori, il vero vulnus non è quello del celibato e della sacerdotale mutanda, indice più o meno visibile di una castità promessa ma non mantenuta. Il solo, vero e unico problema consiste nel fatto che i sacerdoti non sanno più che cosa stanno celebrando e quindi non sanno più in che cosa credono: «Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore», esorta il vescovo quando consacra un presbitero. Niente di tutto questo è più evidente.

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La conseguenza più immediata di tale amnesia teologica è data dalla perdita della propria identità sacerdotale che porta a sperimentare diverse derive umane, anche a quelle legate a una sessualità umana che non più ordinata all’amore e al bene di Dio si degrada. E quando la sessualità non è più ordinata al bene, prende il sopravvento e il controllo della persona, nelle forme più deprimenti che ben conosciamo. È comunque utile ricordare che il cadere contro il sesto comandamento per un sacerdote è una cosa molto meno grave rispetto a quanto si può fare cadendo contro il primo comandamento, contro quel mistero di Dio che nell’Eucaristia si rivela e di cui il sacerdote è il custode e l’amministratore privilegiato.

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Per tutti quelli che … «O mio Dio! Ma quel sacerdote ha l’amante, ha un figlio, è caduto nella masturbazione, si è fatto un selfie nudo» farebbero bene a ricordare che questo non è il solo peccato per cui dispiacersi, cosa che per gli stessi vescovi appare disdicevole, pronti a dissociarsi con immediati comunicati diocesani, salvo poi giustificare con le unghie e con i denti i preti affiliati ad associazioni anticlericali, propagatori delle più porcine politiche anti-umane e che hanno fatto diventare il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo la Magna Charta della più danarosa ONG mondialista e globalista.

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Quando non avvertiamo l’esigenza di scandalizzarci, nel senso evangelico del termine, per le visibili realtà sacramentali ampiamente bistrattate con l’alibi della pastorale della prossimità; quando ci va bene una Santa Messa domenicale celebrata in 15 minuti; quando non proviamo disagio per una confessione irrisa e mortificata nella propria sacralità, non ci è lecito neanche puntare il dito sulla castità di un sacerdote il cui cuore e debolezze solo Dio conosce e comprende.

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Chiarito questo punto, non credo che Mattia Bernasconi abbia agito per cattiveria o per luciferina mala fede, egli però ha sicuramente agito per una evidente ignoranza teologica e per una mortificata sciatteria sacerdotale. E tutto questo lo diciamo non a seguito di un personale giudizio sui fatti ma da quanto lui stesso ha detto e affermato al giornalista del Corriere della Sera che lo ha intervistato, evidenziando il fatto che si doveva risolvere il problema della Messa. E non ci vuole molto per capire che quando la Santa Messa diventa un problema siamo arrivati a un punto di non ritorno abbastanza serio. Diventa un problema in estate quando sono in vacanza e vorrei dedicarmi a fare quello che mi piace. Diventa un problema quando c’è troppo caldo e non ho voglia di indossare il camice, l’amitto, il cingolo, la stola e la casula. Diventa un problema quando devo sottostare a orari scomodi per poterla celebrare o devo raggiungere una chiesa distante. Diventa un problema quando le realtà temporali e i valori umani appaiono più importanti rispetto alle realtà del cielo che la Santa Messa riassume in sé. Capite adesso perché il sacerdozio cattolico occidentale stia pian piano mutando la forma in una forma di assistenzialismo sociale? Capite adesso perché un sacerdote oggi ha più vantaggi nel diventare psicologo, politico, sindacalista, educatore sociale, rispetto a ciò che è realmente, cioè uomo del sacro che conduce al sacro? Egli è in cerca di quella soddisfazione immediata e appagante che è incapace di trovare nei divini misteri [Cfr. Robert Sarah, Per l’Eternità, meditazioni sulla figura del sacerdote, Cantagalli, 2022, p.195-214].  

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Cari confratelli sacerdoti e cari fedeli laici, ricordiamoci bene una cosa: il Sacramento dell’Eucaristia e la sua istituzione mai si discosta dal sacramento dell’Ordine sacro e dalla sua istituzione. Tanto che non è azzardato parafrasare quell’assioma medievale rilanciato da Henri de Lubac che dice che «la Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa» in «L’Eucaristia fa il sacerdote e il sacerdote fa l’Eucaristia». Senza il sacerdote nella Chiesa non c’è Eucaristia ma senza l’Eucaristia il sacerdozio non si regge in piedi.

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Quando un sacerdote, che dovrebbe aver fatto almeno sei anni di studio teologico e filosofico, non arriva a comprendere che la Santa Messa non può e non deve essere celebrata con le condizioni e le disposizioni che abbiamo visto nel mare di Crotone il problema esiste ma non riguarda solo il presbitero. Il problema è anche del seminario che ha frequentato e della facoltà teologica che lo ha formato. Il problema è del suo vescovo, del suo padre spirituale, del suo confessore. Nel caso di specie non ci sembra di ricordare reazioni da parte di S. E. Mons. Mario Delpini arcivescovo di Milano, il quale dovrebbe avere a cuore la formazione permanente del suo clero prevenendo incidenti del genere, magari prendere atto che qualche cosa non è andata per il verso giusto. Invece, dalla Chiesa di Milano, non ci è giunta alcuna parola sull’incidente di Crotone se non il riproponimento di quella imbarazzante nota che è apparsa per prima sul sito della diocesi di Crotone-Santa Severina. Penso che qualche problema dovrebbe porselo anche S. E. Mons. Angelo Raffaele Panzetta, arcivescovo di Crotone, che con amorevole carità paterna e pastorale zelo avrebbe dovuto dire a Mattia Bernasconi: «Figliolo, fino a quando noi non abbiamo la garanzia che tu abbia compreso il gesto sacrilego compiuto nei riguardi della Santissima Eucaristia, tu nel territorio diocesano non sei più gradito, ritorna dal tuo vescovo che saprà indicarti la giusta penitenza al fine di recuperare il tuo sbandamento di fede e la tua identità». Ma questo sarebbe pretendere troppo, un’abbondanza di grazia che non ci è concessa vedere. Purtroppo, non abbiamo più il coraggio di eccedere per Dio, per la sua gloria come si usava dire al tempo di Sant’Ignazio di Loyola, oggi la Santa Messa è smart, così come è smart il sacerdozio cattolico, se questo è vero siamo certamente perduti.

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Mentre terminavo di scrivere questo terzo capitolo della vicenda della messa di Crotone, giungono le scuse pubbliche di Mattia Bernasconi pubblicate sul sito della Parrocchia San Luigi Gonzaga e riportate su varie testate giornalistiche (qui, qui, qui). Questa è senza dubbio una cosa meritoria e da apprezzare, nella speranza più sincera e fraterna che tale ammissione di responsabilità sia motivata solo da un sincero rammarico per il vilipendio al sacrificio della Santa Messa e non invece dal polverone mediatico che ha interessato l’intera vicenda. Sono molto grato al Signore e a Mattia Bernasconi per questa conversione che deve essere accolta nella maniera più piena e integrale. Così come piena e integrale è la misericordia che la Chiesa dimostra verso i suoi figli quando sbagliano e si pentono, siano essi laici o sacerdoti. Ma nello stesso tempo mi chiedo: come mai la Procura della Repubblica di Crotone ha sentito l’esigenza di aprire un fascicolo a carico del sacerdote milanese per oltraggio alla religione cattolica? Non sono poi così frequenti questi provvedimenti nella cattolicissima Italia. Sebbene il Codice Penale italiano disponga all’art. 403 la pena pecuniaria per chi pubblicamente offende la religione dello Stato o una confessione religiosa o un suo ministro di culto, come mai Mattia Bernasconi, presbitero ambrosiano, è l’unico ad averne fatto le spese?

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La Procura della Repubblica di Crotone ha sentito il dovere di intervenire a seguito di un illecito commesso contro la sensibilità religiosa dei credenti cattolici – cosa che le due Arcidiocesi di Milano e di Crotone si sono ben guardate dal fare – però un dubbio rimane: e se il vilipendio fosse stato perpetrato da un esponente LGBT o da una “categoria protetta” di differente estrazione geografica? Perché capiamoci, il reo resta tale davanti alla legge che non ammette distinzioni di estrazione geografica, etnica, religiosa o sessuale. Ma perché davanti ai vari Gay Pride di giugno non sono fioccati i provvedimenti a carico di individui che hanno arrecato palese vilipendio ai segni della religione cattolica? Non sarà forse che il sacerdote oggi costituisce il soggetto più semplice da punire e da ridicolizzare?  E se, mettiamo ancora l’ipotesi, un esponente del clero avesse offeso un ragazzo gay chiamandolo “frocio” o un cittadino del Ghana chiamandolo “negro”, forse che dalla sua diocesi non si sarebbe levato immediato l’anatema più profondo con tanto di sdegno e ostracismo?

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Caro Mattia, il problema forse non è tanto il gesto scriteriato che ignorantemente hai compiuto nei riguardi della Santa Messa, ma il tuo essere sacerdote che al presente dà estremamente fastidio e che si trova dalla parte sbagliata della storia. Ricordati questo quando la bufera sarà passata: Cristo continua a rinnovare in te la sua fiducia, questo ti sia sufficientemente chiaro per andare avanti e diventare un santo sacerdote. Riguardo a tutto il resto, compresi coloro che ti hanno difeso o attaccato, ricorda che lo hanno fatto perché non hanno visto in te l’uomo di Dio ma solo una categoria debole da usare come un kleenex senza il pericolo di rischiare nulla. E forse questo, di tutta questa vicenda, è l’aspetto su cui dovremmo meditare più seriamente, tu come tutti noi tuoi confratelli, a te uniti in eterna e indissolubile parentela dal sangue redentore di Cristo.

Laconi 27 luglio 2022

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Un video che pone interrogativi molto seri sulla formazione permanente dei sacerdoti, ma soprattutto sulla formazione all’episcopato dei loro vescovi

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(IIª parte) Peggio dello strappo la toppa: Messa celebrata a mollo in mare? Puntuale come la morte ecclesiale ed ecclesiastica giunge la risposta dell’Arcidiocesi di Crotone

(IIª parte) PEGGIO DELLO STRAPPO LA TOPPA: MESSA CELEBRATA A MOLLO IN MARE? PUNTUALE COME LA MORTE ECCLESIALE ED ECCLESIASTICA GIUNGE LA RISPOSTA DELL’ARCIDIOCESI DI CROTONE

«Davanti all’Eucaristia prima del senso pastorale ci vuole il senso del sacro, cioè della Presenza divina». E quale presenza divina si percepisce nella messa bagnata di Mattia Bernasconi? Sarei curioso di chiederlo al suo vescovo, così come al suo insegnante di dogmatica, di liturgia e di diritto canonico che sicuramente gli avranno spiegato cosa è la Messa cattolica e come la si celebra [precedente articolo: qui]

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Nel lessico clerical-correct moderno accusare di farisaismo qualcuno o chiamarlo fariseo equivale ai sinistri radical chic che accusano di fascismo e chiamano fascista chi che osa affermare che il male è male

Puntuale come il film Una poltrona per due la sera del 24 dicembre, è giunto il comunicato dell’Arcidiocesi di Crotone-Santa Severina (cfr. qui) all’indomani della notizia della Santa Messa celebrata in mare, su un materassino gonfiabile e in costume da bagno dal presbitero Mattia Bernasconi della parrocchia San Luigi Gonzaga di Milano.

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Già dal titolo del comunicato Riscoprire la bellezza dei Simboli Liturgici – è facile intuire che la pezza, come al solito, si riveli peggiore dello strappo. E in effetti se leggiamo il testo con attenzione non fatichiamo a classificare questa difesa d’ufficio come la più classica delle supercazzole alla Ugo Tognazzi.

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Anzitutto discutibile è la sottolineatura in apertura del comunicato diocesano. Non si considera minimamente la gravità del fatto che cioè, una Santa Messa sia stata ridicolizzata e assimilata al pari di un intrattenimento da villaggio vacanze anni Ottanta, preoccupandosi solo di ribadire la «bellezza e la serietà dell’esperienza vissuta da questi giovani, che hanno scelto il nostro territorio per impegnarsi in un campo di volontariato e interrogarsi sul tema della legalità».

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Avete capito, rigidi dogmatici e liturgisti frenici, sepolcri imbiancati, tutti pizzi e merletti della nonna? L’importante è avere fatto fare a questi ragazzi una esperienza civile forte, averli saputi educare alla legalità e all’impegno civico e non già alla partecipazione consapevole del mistero eucaristico, cosa che ci si auspicherebbe per dei giovani provenienti da una parrocchia di Milano e non già da una sezione provinciale dello UAAR. Ma lasciamo perdere queste pretese da cristiani rigidi e dal collo storto.  

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Voi bigotti messaioli avete l’obbligo di aggiornarvi e di capire che il nuovo kerigma che oggi va per la maggiore nella Chiesa è la valorizzazione dei diritti civili sul territorio. La riscoperta, magari, delle risorse locali ed enogastronomiche. Poco importa se poi, in nome degli altissimi valori civili, si cade dentro a una violazione palese del deposito della fede, della normativa liturgica e canonica della Chiesa, forse con scandalo dei semplici, di coloro cioè che ancora credono e partecipano a una Santa Messa con devozione così come domineddio l’ha pensata.

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Quello che conta è essere stato lo strumento che ha permesso l’esperienza forte a questi rampolli della chiesa di Milano cosa questa «da apprezzare e di cui esserne grati». E allora anche noi ci uniamo a questo civilissimo coro di gratitudine e diciamo: «Grazie Signore grazie, Signore graaazieeee (cfr. qui)».

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Ancora con il giubilo nel cuore e il tremore tra le labbra, a mani basse come chi sa di essere stato vinto e superato, mi permetto timidamente di suggerire all’Arcidiocesi di Crotone-Santa Severina delle idee pastorali per la prossima aggregazione estiva giovanile. Anzitutto l’organizzazione di alcuni rave party didattici per ragazzi dai 15 ai 25 anni. Rave – chi siamo noi per dubitare che nei rave party non si possa trovare anche qualcosa di buono? –in cui giovani si sentano spinti a potenziare le loro skills di socializzazione e al contempo essere introdotti alla conoscenza e allo studio pratico delle sostanze psicotrope più comuni sul territorio – magari in collaborazione con il dipartimento di tossicologia e azzardando il patrocinio di qualche nucleo antidroga – cosa senz’altro utile in previsione di una ipotetica futura carriera universitaria in Chimica e tecnologie farmaceutiche o di un arruolamento tra le forze di polizia.  

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Nello specifico proporrei anche l’allestimento di alcuni gazebi attorno a dei falò atti alla degustazione di qualche buon prodotto enogastronomico della regione che aiuti le imprese agricole in difficoltà a ritrovare i propri spazi e la fiducia in sé stesse partendo dall’utilizzo di materiali green a zero impatto ambientale per rispettare sorella madre terra, a partire da quelle straordinarie bombe che sono le salse calabresi ai peperoncini piccantissimi da lasciare senza fiato.

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Con un programma estivo del genere, ne siamo sicuri, non ci sarà più bisogno neanche di celebrare la Santa Messa o di pregare per avere un’esperienza forte di Dio, perché tutti, vuoi per le sostanze psicotrope vuoi grazie a un buon Cirò Rosso DOC, saranno certamente in grado di essere profeti e di avere visioni meglio di come fecero, al tempo di Mosè, Eldad e Medad [cfr. Nm 11,25-29].

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Ma andiamo avanti. Proseguendo la lettura del comunicato, non si può che condividere che la liturgia, così come ogni celebrazione dei divini misteri della Chiesa, consta di gesti e di simboli che è giusto rispettare e valorizzare. Ma il comunicato – o l’estensore del comunicato – sembra omettere la conseguenza che un tale rispetto e valorizzazione implica – cosa che nel magistero della Chiesa appare limpido e cristallino sia per la Sacrosantum Concilium che per la Redemptionis Sacramentum – e cioè che la celebrazione della Messa, in quanto azione di Cristo e della Chiesa, non è un patrimonio ad usum privato del prete, il quale non può, di sua iniziativa, aggiungere, togliere o mutare alcunché in materia liturgica e sacramentale. E questo vale sia per quanto riguarda la parte materiale che formale del Santo Sacrificio. Proprio il ricorso all’espressione conciliare per ritus et preces [cfr. SC 48] dovrebbe suscitare nell’estensore della nota diocesana una giusta venerazione per l’intero complesso del diritto liturgico della Chiesa che nel caso di specie costituisce un evidente illecito che deve essere corretto quanto prima utilizzando la virtù teologale della carità che è sempre compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità che non può essere negata [cfr. Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, nn. 1-2, 29].

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E qual è la verità? La verità è che un prete non può celebrare in quelle condizioni che non sono neanche lontanamente ammissibili dentro un bar di uno stabilimento balneare, dove il buongusto civico e l’etichetta del gestore impone agli avventori di mettersi almeno la maglietta per andare a consumare al bancone.

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La verità implica che anche nei casi particolari previsti dal Codice di Diritto Canonico, dove si sottolinea la prerogativa della sporadicità e non già dell’ordinarietà [Cfr. can. 932 §1 e 2 CIC in Commento al Codice di Diritto Canonico a cura di Mons. Pio Vito Pinto, LEV, 2001 e Commento giuridico pastorale al Codice di Diritto Canonico di Luigi Chiappetta, EDB 2011], le celebrazioni eucaristiche (anche quelle vacanziere e dei campi scuola) siano celebrate in modo consono, in luoghi curati, decorosi e rispettosi della sacralità del sacrificio pasquale del Cristo che in esso vi si celebra. Domando pertanto ai canonisti più colti e preparati del sottoscritto se la particolarità e l’eccezionalità prevista del canone can.932 §1 e 2 si applica ai picchi termici italiani, cosa questa che sembra aver orientato la scelta della messa in mare celebrata dal presbitero Mattia Bernasconi (cfr. qui). Perché se così fosse, tutti i confratelli sacerdoti della Sardegna e della Sicilia si sentirebbero autorizzati a celebrare da giugno a settembre dentro a delle chiese gonfiabili come a Las Vegas a pochi metri della battigia avendo come scusante le temperature che oscillano in estate dai 35 ai 42 gradi.

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Ricordo ancora ai fedeli, quelli più distratti e ingenui, che Crotone si trova in Italia, dove c’è ancora la Chiesa Cattolica romana. Questo chiarimento geografico è utile per evitare confusioni di sorta, se mai qualcuno pensasse di vivere in Gallia al tempo di Giulio Cesare tra i Druidi, cosa che autorizzerebbe allora a cercare come luogo celebrativo non una chiesa, ma un bosco di querce, una pianta di vischio o le rive di un lago.

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Se lo stupore è parte essenziale dell’atto liturgico, di certi stupori noi sacerdoti antiquati e fedeli rigidi ne avremmo fatto volentieri a meno. Suggerisco ai venerabili vescovi e ai rettori dei seminari di curare particolarmente bene la formazione liturgico-sacramentale dei futuri sacerdoti delle loro zone, forse più attenti a depilarsi le sopracciglia in modo scolpito come le signorine, anziché studiare l’Ordinamento Generale del Messale Romano. Cosa che permetterà un sano senso pastorale affinché ci sia risparmiato per l’avvenire l’imbarazzo e lo stupore di dover lasciare a malincuore simili celebrazioni e sacerdoti per far rotta verso altri lidi.  

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Affidiamo ai Monaci Certosini della storica e antica Certosa calabrese di Serre San Bruno una adeguata preghiera di riparazione, alla quale si uniranno quelle di noi Padri de L’Isola di Patmos.

Laconi, 27 luglio 2022

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Un video che pone interrogativi molto seri sulla formazione permanente dei sacerdoti, ma soprattutto sulla formazione all’episcopato dei loro vescovi

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Poteva mancare il teatrino del clericalmente corretto del vignettista Don Giovanni Berti?

La risposta colorita di Padre Ariel non si è fatta attendere …

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L’ultimo libro di Padre Ivano è in vendita nel negozio on-line de L’Isola di Patmos

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I Padri dell’Isola di Patmos

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(Iª parte) Colpi di sole: Mattia Bernasconi presbitero ambrosiano celebra la Santa Messa in costume da bagno a mollo in acqua con un materassino gonfiabile come altare

(Iª parte) COLPI DI SOLE: MATTIA BERNASCONI PRESBITERO AMBROSIANO CELEBRA LA SANTA MESSA IN COSTUME DA BAGNO A MOLLO IN ACQUA CON UN MATERASSINO GONFIABILE COME ALTARE

«Davanti all’Eucaristia prima del senso pastorale ci vuole il senso del sacro, cioè della Presenza divina». E quale presenza divina si percepisce nella messa bagnata di Mattia Bernasconi? Sarei curioso di chiederlo al suo vescovo, così come al suo insegnante di dogmatica, di liturgia e di diritto canonico che sicuramente gli avranno spiegato cosa è la Messa cattolica e come la si celebra.

— Attualità ecclesiale —

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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il video è visionabile in fondo all’articolo

«La Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa» è un concetto teologico medievale semplice che sicuramente S.E. Mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano e successore di Sant’Ambrogio, conoscerà più che bene. Forse però questa massima medievale è sfuggita al suo presbitero Mattia Bernasconi che della messa ha fatto pubblico dileggio e oltraggio in quel di Crotone in località Alfieri-Scifo (vedi qui, qui, qui), facendo delle membra di Cristo, membra di una prostituta [Cfr. 1Cor 6,15].

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Sarò onesto, se fossi un giovane ventenne di oggi, me ne starei bene alla larga da questa Chiesa 2.0 che giorno dopo giorno trova nuovi motivi di orgoglio [Pride come si usa dire] per mortificarsi e mortificare. Una Chiesa attentissima ai fini temporali quale l’accoglienza ai poveri e ai migranti, l’educazione alla legalità, l’impegno ecologista-dietetico-alimentare, la lotta politica a favore della pace, fino alla corsa spregiudicata verso la giustizia e la fratellanza universale di sanculottiana memoria ma diafana e sciatta quando si tratta di difendere e custodire il suo bene più prezioso che è l’Eucaristia e i divini misteri.

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E non è solo dell’Eucaristia che è doveroso parlare in questo frangente, ma del vero e proprio senso del sacro che è ormai sparito dalla Chiesa e dai “pretifici” arcivescovili, come li indicava il nostro Ariel S. Levi di Gualdo nel suo libro di oltre 10 anni fa: E Satana si fece trino. Come infatti sostiene giustamente il teologo e liturgista Nicola Bux: «Davanti all’Eucaristia prima del senso pastorale ci vuole il senso del sacro, cioè della Presenza divina» (qui). E quale presenza divina si percepisce nella messa bagnata di Mattia Bernasconi? Sarei curioso di chiederlo al suo vescovo, così come al suo insegnante di dogmatica, di liturgia e di diritto canonico che sicuramente gli avranno spiegato cosa è la Messa cattolica e come la si celebra.

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Chissà a quale alto senso pastorale ― quello per intenderci del «pastore con l’odore delle pecore» ― è addivenuto Mattia Bernasconi nei suo anni sacerdotali per sentire l’irrefrenabile esigenza di celebrare con petto nudo e villoso, immerso fino alla cintola nel limpido mare di Calabria con un materassino gonfiabile per altare e un ministrante in costumino che regge il corporale per evitare che la brezza marina e le onde rovescino il calice (fatto forse di cialda di gelato?) e l’ostia magna (magari sponsorizzata dalla Algida?).

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Perché sia chiaro, oggi la mission del prete sta nello sconvolgere, non nel santificare. Deve sconvolgere in ogni campo ― nel bene così come nel male ― fino a toccare gli eccessi di una porno-pastorale fatta di una supremazia assoluta della coscienza su ogni cosa, soprattutto sulle cose di Dio. «Una esperienza sconvolgente […] sconvolgente perché ha sconvolto di fatto molti nostri pensieri e, ovviamente, sconvolgente in senso positivo» [cfr. qui]. E tra uno sconvolgimento e un altro, arriviamo di fatto a quel capolavoro della morte di Dio che Nietzsche aveva preannunziato ma che noi preti 2.0 abbiamo realizzato nella pratica. Se coloro che servono Dio e l’Altare si mescolano alle bassezze di questo mondo, Dio è clinicamente morto nella loro vita e nel loro ministero e risorge così non l’uomo nuovo ma quello prometeico che nell’eccesso, nello sconvolgimento e nel fai da te di una fede autocentrata che cerca la salvezza nell’immanenza e non nella trascendenza.

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Caro Mattia Bernasconi presbitero ambrosiano, il tuo campo sulla legalità con i ragazzi della parrocchia di San Luigi Gonzaga di Milano sarà stato pure un successo strepitoso ma adesso, per favore, sii così gentile da spiegargli che oltre alla legalità civile esiste pure una legalità dogmatica, liturgica e canonica che è indissolubilmente legata a quella salute dell’anima che la Chiesa desidera per i suoi figli e che tu come prete devi difendere con tutte le tue forze. Spiegagli, per favore che qualunque esperienza sconvolgente non autorizza a uccidere barbaramente il santo e perfetto sacrificio della Messa come tu hai fatto, irridendo l’insegnamento apostolico su cui si fonda la lex orandi e credendi della Chiesa. Il cuore dei tuoi ragazzi sarà forse un domani pronto e preparato a resistere alle lusinghe dell’illegalità ma sarà di fatto disarmato e insofferente di fronte al senso del sacro, ignaro di Dio, incapace di trattenersi con Lui, affaticato davanti al Santo che si rivela, così come è stato per Abramo, nell’ora più calda del giorno [Gn 18,1].

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Anche il più nobile dei valori civili e umani costituisce un pallido riflesso se paragonato al tesoro dell’Eucaristia che è capace sì di edificare la Chiesa ma a condizione che questa ne riconosca il valore e la centralità feconda facendola diventare fons et culmen di ogni esperienza cristiana e di ogni cristiano in ogni tempo e stagione. Solo se riconosciamo nell’Eucaristia ben celebrata e ben preparata: «la cotidiana manna, sanza la qual per questo aspro diserto a retro va chi più di gir s’affanna» [Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, XI, 13-15] potremmo essere salvati come credenti e affidabili come presbiteri. E tu, caro Mattia presbitero ambrosiano, è proprio il caso che te lo dica, complice il sole calabro ti sei affaticato invano retrocedendo nella tua conoscenza di Cristo per seguire un moderno profilo pastorale di pastore con un male inteso «odore delle pecore». Con la speranza che con tutta quell’acqua e con il movimento delle onde quel senso pastorale si sia finalmente lavato via dal tuo sacerdozio, ahimè definitivamente.

Laconi, 25 luglio 2022

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Un video che pone interrogativi molto seri sulla formazione permanente dei sacerdoti, ma soprattutto sulla formazione all’episcopato dei loro vescovi

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