(IIIª parte) Oggi c’è una evidente problematica nella formazione del clero: il Presbitero Ambrosiano che celebra la Santa Messa in acqua su un materassino è degno di biasimo ma non di linciaggio mediatico

(IIIª parte) OGGI C’È UNA EVIDENTE PROBLEMATICA NELLA FORMAZIONE DEL CLERO: IL PRESBITERO AMBROSIANO CHE CELEBRA LA SANTA MESSA IN ACQUA SU UN MATERASSINO È DEGNO DI BIASIMO MA NON DI LINCIAGGIO MEDIATICO

La Procura della Repubblica di Crotone ha sentito il dovere di intervenire a seguito di un illecito commesso contro la sensibilità religiosa dei credenti cattolici. E se il vilipendio fosse stato perpetrato da un esponente LGBT o da una “categoria protetta” di differente estrazione geografica? Perché il reo resta tale davanti alla legge che non ammette distinzioni di estrazione geografica, etnica, religiosa o sessuale. Allora perché davanti ai vari Gay Pride di giugno non sono fioccati i provvedimenti a carico di individui che hanno arrecato palese vilipendio ai segni della religione cattolica? [precedenti articoli: qui, qui]

— Attualità ecclesiale —

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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Non ho resistito alla curiosità di andare a cercare nei vari social media di questi ultimi due giorni la vicenda legata a Mattia Bernasconi presbitero ambrosiano. Ebbene credetemi, basandomi sui risultati ottenuti, ne ho viste veramente di tutti i colori: una Corte dei Miracoli fatta e finita, piena zeppa di nani e di ballerine, di eretici convinti, di credenti confusi, di censori accaniti, di difensori d’ufficio e vergini vilipese fino ad arrivare ai più puri giustizialisti e garantisti compulsivi della dottrina cattolica. La stessa cosa ho potuto constatare andando a googlare su alcuni motori di ricerca il caso della “Missa aquatica”, così come è stata simpaticamente ribattezzata dalla rivista La Nuova Bussola Quotidiana.

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Così mi sono deciso a scrivere alcune considerazioni in merito che desidero condividere con i Lettori de L’Isola di Patmos. Avendo avuto modo di metabolizzare l’intera vicenda, mettendola in preghiera, ho avuto anche il tempo di immedesimarmi nella persona del giovane presbitero ambrosiano Mattia Bernasconi che è degno di biasimo sì, ma non di linciaggio mediatico. Mi sono perciò convinto che oggi c’è una evidente, reale e oggettiva problematica nella formazione teologica del clero. Sì, cari Lettori, il vero vulnus non è quello del celibato e della sacerdotale mutanda, indice più o meno visibile di una castità promessa ma non mantenuta. Il solo, vero e unico problema consiste nel fatto che i sacerdoti non sanno più che cosa stanno celebrando e quindi non sanno più in che cosa credono: «Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore», esorta il vescovo quando consacra un presbitero. Niente di tutto questo è più evidente.

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La conseguenza più immediata di tale amnesia teologica è data dalla perdita della propria identità sacerdotale che porta a sperimentare diverse derive umane, anche a quelle legate a una sessualità umana che non più ordinata all’amore e al bene di Dio si degrada. E quando la sessualità non è più ordinata al bene, prende il sopravvento e il controllo della persona, nelle forme più deprimenti che ben conosciamo. È comunque utile ricordare che il cadere contro il sesto comandamento per un sacerdote è una cosa molto meno grave rispetto a quanto si può fare cadendo contro il primo comandamento, contro quel mistero di Dio che nell’Eucaristia si rivela e di cui il sacerdote è il custode e l’amministratore privilegiato.

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Per tutti quelli che … «O mio Dio! Ma quel sacerdote ha l’amante, ha un figlio, è caduto nella masturbazione, si è fatto un selfie nudo» farebbero bene a ricordare che questo non è il solo peccato per cui dispiacersi, cosa che per gli stessi vescovi appare disdicevole, pronti a dissociarsi con immediati comunicati diocesani, salvo poi giustificare con le unghie e con i denti i preti affiliati ad associazioni anticlericali, propagatori delle più porcine politiche anti-umane e che hanno fatto diventare il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo la Magna Charta della più danarosa ONG mondialista e globalista.

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Quando non avvertiamo l’esigenza di scandalizzarci, nel senso evangelico del termine, per le visibili realtà sacramentali ampiamente bistrattate con l’alibi della pastorale della prossimità; quando ci va bene una Santa Messa domenicale celebrata in 15 minuti; quando non proviamo disagio per una confessione irrisa e mortificata nella propria sacralità, non ci è lecito neanche puntare il dito sulla castità di un sacerdote il cui cuore e debolezze solo Dio conosce e comprende.

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Chiarito questo punto, non credo che Mattia Bernasconi abbia agito per cattiveria o per luciferina mala fede, egli però ha sicuramente agito per una evidente ignoranza teologica e per una mortificata sciatteria sacerdotale. E tutto questo lo diciamo non a seguito di un personale giudizio sui fatti ma da quanto lui stesso ha detto e affermato al giornalista del Corriere della Sera che lo ha intervistato, evidenziando il fatto che si doveva risolvere il problema della Messa. E non ci vuole molto per capire che quando la Santa Messa diventa un problema siamo arrivati a un punto di non ritorno abbastanza serio. Diventa un problema in estate quando sono in vacanza e vorrei dedicarmi a fare quello che mi piace. Diventa un problema quando c’è troppo caldo e non ho voglia di indossare il camice, l’amitto, il cingolo, la stola e la casula. Diventa un problema quando devo sottostare a orari scomodi per poterla celebrare o devo raggiungere una chiesa distante. Diventa un problema quando le realtà temporali e i valori umani appaiono più importanti rispetto alle realtà del cielo che la Santa Messa riassume in sé. Capite adesso perché il sacerdozio cattolico occidentale stia pian piano mutando la forma in una forma di assistenzialismo sociale? Capite adesso perché un sacerdote oggi ha più vantaggi nel diventare psicologo, politico, sindacalista, educatore sociale, rispetto a ciò che è realmente, cioè uomo del sacro che conduce al sacro? Egli è in cerca di quella soddisfazione immediata e appagante che è incapace di trovare nei divini misteri [Cfr. Robert Sarah, Per l’Eternità, meditazioni sulla figura del sacerdote, Cantagalli, 2022, p.195-214].  

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Cari confratelli sacerdoti e cari fedeli laici, ricordiamoci bene una cosa: il Sacramento dell’Eucaristia e la sua istituzione mai si discosta dal sacramento dell’Ordine sacro e dalla sua istituzione. Tanto che non è azzardato parafrasare quell’assioma medievale rilanciato da Henri de Lubac che dice che «la Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa» in «L’Eucaristia fa il sacerdote e il sacerdote fa l’Eucaristia». Senza il sacerdote nella Chiesa non c’è Eucaristia ma senza l’Eucaristia il sacerdozio non si regge in piedi.

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Quando un sacerdote, che dovrebbe aver fatto almeno sei anni di studio teologico e filosofico, non arriva a comprendere che la Santa Messa non può e non deve essere celebrata con le condizioni e le disposizioni che abbiamo visto nel mare di Crotone il problema esiste ma non riguarda solo il presbitero. Il problema è anche del seminario che ha frequentato e della facoltà teologica che lo ha formato. Il problema è del suo vescovo, del suo padre spirituale, del suo confessore. Nel caso di specie non ci sembra di ricordare reazioni da parte di S. E. Mons. Mario Delpini arcivescovo di Milano, il quale dovrebbe avere a cuore la formazione permanente del suo clero prevenendo incidenti del genere, magari prendere atto che qualche cosa non è andata per il verso giusto. Invece, dalla Chiesa di Milano, non ci è giunta alcuna parola sull’incidente di Crotone se non il riproponimento di quella imbarazzante nota che è apparsa per prima sul sito della diocesi di Crotone-Santa Severina. Penso che qualche problema dovrebbe porselo anche S. E. Mons. Angelo Raffaele Panzetta, arcivescovo di Crotone, che con amorevole carità paterna e pastorale zelo avrebbe dovuto dire a Mattia Bernasconi: «Figliolo, fino a quando noi non abbiamo la garanzia che tu abbia compreso il gesto sacrilego compiuto nei riguardi della Santissima Eucaristia, tu nel territorio diocesano non sei più gradito, ritorna dal tuo vescovo che saprà indicarti la giusta penitenza al fine di recuperare il tuo sbandamento di fede e la tua identità». Ma questo sarebbe pretendere troppo, un’abbondanza di grazia che non ci è concessa vedere. Purtroppo, non abbiamo più il coraggio di eccedere per Dio, per la sua gloria come si usava dire al tempo di Sant’Ignazio di Loyola, oggi la Santa Messa è smart, così come è smart il sacerdozio cattolico, se questo è vero siamo certamente perduti.

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Mentre terminavo di scrivere questo terzo capitolo della vicenda della messa di Crotone, giungono le scuse pubbliche di Mattia Bernasconi pubblicate sul sito della Parrocchia San Luigi Gonzaga e riportate su varie testate giornalistiche (qui, qui, qui). Questa è senza dubbio una cosa meritoria e da apprezzare, nella speranza più sincera e fraterna che tale ammissione di responsabilità sia motivata solo da un sincero rammarico per il vilipendio al sacrificio della Santa Messa e non invece dal polverone mediatico che ha interessato l’intera vicenda. Sono molto grato al Signore e a Mattia Bernasconi per questa conversione che deve essere accolta nella maniera più piena e integrale. Così come piena e integrale è la misericordia che la Chiesa dimostra verso i suoi figli quando sbagliano e si pentono, siano essi laici o sacerdoti. Ma nello stesso tempo mi chiedo: come mai la Procura della Repubblica di Crotone ha sentito l’esigenza di aprire un fascicolo a carico del sacerdote milanese per oltraggio alla religione cattolica? Non sono poi così frequenti questi provvedimenti nella cattolicissima Italia. Sebbene il Codice Penale italiano disponga all’art. 403 la pena pecuniaria per chi pubblicamente offende la religione dello Stato o una confessione religiosa o un suo ministro di culto, come mai Mattia Bernasconi, presbitero ambrosiano, è l’unico ad averne fatto le spese?

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La Procura della Repubblica di Crotone ha sentito il dovere di intervenire a seguito di un illecito commesso contro la sensibilità religiosa dei credenti cattolici – cosa che le due Arcidiocesi di Milano e di Crotone si sono ben guardate dal fare – però un dubbio rimane: e se il vilipendio fosse stato perpetrato da un esponente LGBT o da una “categoria protetta” di differente estrazione geografica? Perché capiamoci, il reo resta tale davanti alla legge che non ammette distinzioni di estrazione geografica, etnica, religiosa o sessuale. Ma perché davanti ai vari Gay Pride di giugno non sono fioccati i provvedimenti a carico di individui che hanno arrecato palese vilipendio ai segni della religione cattolica? Non sarà forse che il sacerdote oggi costituisce il soggetto più semplice da punire e da ridicolizzare?  E se, mettiamo ancora l’ipotesi, un esponente del clero avesse offeso un ragazzo gay chiamandolo “frocio” o un cittadino del Ghana chiamandolo “negro”, forse che dalla sua diocesi non si sarebbe levato immediato l’anatema più profondo con tanto di sdegno e ostracismo?

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Caro Mattia, il problema forse non è tanto il gesto scriteriato che ignorantemente hai compiuto nei riguardi della Santa Messa, ma il tuo essere sacerdote che al presente dà estremamente fastidio e che si trova dalla parte sbagliata della storia. Ricordati questo quando la bufera sarà passata: Cristo continua a rinnovare in te la sua fiducia, questo ti sia sufficientemente chiaro per andare avanti e diventare un santo sacerdote. Riguardo a tutto il resto, compresi coloro che ti hanno difeso o attaccato, ricorda che lo hanno fatto perché non hanno visto in te l’uomo di Dio ma solo una categoria debole da usare come un kleenex senza il pericolo di rischiare nulla. E forse questo, di tutta questa vicenda, è l’aspetto su cui dovremmo meditare più seriamente, tu come tutti noi tuoi confratelli, a te uniti in eterna e indissolubile parentela dal sangue redentore di Cristo.

Laconi 27 luglio 2022

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Un video che pone interrogativi molto seri sulla formazione permanente dei sacerdoti, ma soprattutto sulla formazione all’episcopato dei loro vescovi

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