Con León XIV Obispo de Roma, resurge el título de Primado de Italia
/en Actualidad, Teología y derecho canónico/por Padre TeodoroCON LEÓN XIV, OBISPO DE ROMA, RIEMERGE IL TITOLO DI PRIMATE D’ITALIA
Questa definizione, permaneció en silencio durante mucho tiempo en los textos oficiales, vuelve ahora a la vida en la voz del Pontífice como signo de orientación para la Iglesia y para Italia. Dopo anni di interpretazioni prevalentemente universali del papato, Leone XIV ha voluto rinnovare la dimensione originaria del suo ministero: il Sommo Pontefice è Vescovo di Roma e, para esto, guida e padre delle Chiese d’Italia.
- Topicalidad eclesial -

Autor
Teodoro Beccia
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Tra le parole pronunciate dal Sommo Pontefice Leone XIV nel suo recente discorso al Quirinale, el 14 El pasado octubre, una in particolare ha risuonato con forza teologica e con intensità storica: «Come Vescovo di Roma e Primate d’Italia».
Questa definizione, permaneció en silencio durante mucho tiempo en los textos oficiales, vuelve ahora a la vida en la voz del Pontífice como signo de orientación para la Iglesia y para Italia. Dopo anni di interpretazioni prevalentemente universali del papato, Leone XIV ha voluto rinnovare la dimensione originaria del suo ministero: il Sommo Pontefice è Vescovo di Roma e, para esto, guida e padre delle Chiese d’Italia.
Il titolo di Primate d’Italia esprime la verità ecclesiologica che unisce la Chiesa universale alla sua radice concreta, riconducendo il primato di Pietro alla sorgente sacramentale e alla comunione delle Chiese locali (cf.. lumen gentium, 22; Pastor aeternus, gorra. II). Nella visione del Concilio Vaticano II, la funzione petrina non è mai disgiunta dalla dimensione episcopale e collegiale: el Obispo de Roma, Como el sucesor de Pietro, esercita una presidenza di carità e di unità (lumen gentium, 23), la quale si radica nella sua stessa sede episcopale. En tal sentido, il titolo di Primate d’Italia non rappresenta un privilegio di tipo giuridico, ma un segno teologico ed ecclesiale che manifesta l’intima connessione tra il primato universale del Romano Pontefice e la sua paternità sulle Chiese d’Italia. Come ricorda San Giovanni Paolo II, il ministero del Vescovo di Roma «è al servizio dell’unità di fede e di comunione della Chiesa» (Para uno;, 94), e proprio da questa comunione scaturisce la dimensione nazionale e locale della sua sollecitudine pastorale.
Nella gerarchia cattolica della Chiesa latina, agli inizi del secondo millennio, sono previsti anche vescovi primati, prelati che con quel titolo — soltanto onorifico — sono preposti alle diocesi più antiche e più importanti di Stati o di territori, senza prerogativa alcuna (cf.. Annuario Pontificio, ed. 2024). Il Vescovo di Roma è il Primate d’Italia: titolo antico, attuato nei secoli e tuttora vigente, sebbene con prerogative diverse che si sono succedute nel tempo.
A través de los siglos altri vescovi nella Penisola hanno avuto il titolo onorifico di Primate: l’Arcivescovo metropolita di Pisa mantiene il titolo di Primate delle isole di Corsica e Sardegna, l’Arcivescovo metropolita di Cagliari porta il titolo di Primate di Sardegna, l’Arcivescovo metropolita di Palermo mantiene il titolo di Primate di Sicilia, e l’Arcivescovo metropolita di Salerno quello di Primate del Regno di Napoli (cf.. Annuario Pontificio, salpicadura. “Sedi Metropolitane e Primaziali”).
Vario è stato l’ambito territoriale riferito al termine Italia: dall’Italia suburbicaria dei primi secoli cristiani, all’Italia gotica e longobarda, hasta el Regnum Italicum incorporato nell’Impero romano-germanico, sostanzialmente costituito dall’Italia settentrionale e dallo Stato Pontificio. Questa primazia non riguardava i territori dell’ex patriarcato di Aquileia, né i territori facenti parte del Regnum Germanicum — l’attuale Trentino-Alto Adige, Trieste e l’Istria —, in seguito appartenuti all’Impero austriaco. Oggi la primazia d’Italia viene attuata su un territorio corrispondente a quello della Repubblica Italiana, della Repubblica di San Marino e dello Stato della Città del Vaticano (cf.. Annuario Pontificio, ed. 2024, salpicadura. “Sedi Primaziali e Territori”).
La nozione di “Italia” applicata alla giurisdizione ecclesiastica non ha mai avuto un valore politico, ma un significato eminentemente pastorale e simbolico, connesso alla funzione unificante del Vescovo di Roma come centro di comunione tra le Chiese particolari della Penisola. Fin dall’epoca tardo-antica, de hecho, la suburbicaria regio designava il territorio che, per antica consuetudine, riconosceva la diretta dipendenza dalla Sede romana (cf.. Liber Pontificalis, vol. E, ed. Duchesne). A través de los siglos, pur mutando le circoscrizioni civili e gli assetti statali, la dimensione spirituale della primazia è rimasta costante, come espressione dell’unità ecclesiale e della tradizione apostolica della Penisola.
Nei duemila anni di Cristianesimo, i popoli della Penisola e lo stesso episcopato hanno costantemente guardato alla Sede Romana, sia in ambito ecclesiastico sia in quello civile. En el 452 el Obispo de Roma, Leone I, su richiesta dell’imperatore Valentiniano III, fece parte dell’ambasceria che si recò nell’Italia settentrionale per incontrare il re degli Unni Attila, nel tentativo di dissuaderlo dal procedere nella sua avanzata verso Roma (cf.. Prosper d’Aquitania, Chronicon, ad annum 452).
Sono i Papi di Roma che, los siglos, sostengono i Comuni contro i poteri imperiali: il partito guelfo — e in particolare Carlo d’Angiò — diviene lo strumento del potere pontificio in tutta la Penisola. Il Romano Pontefice apparirà come l’amico dei Comuni, il protettore delle libertà italiche, contribuendo a dissolvere l’idea stessa di Impero inteso come detentore della piena sovranità, a favore di una sovranità diffusa e molteplice.
El concepto de iurisdictio sarà espresso con chiarezza da Bartolo da Sassoferrato (1313-1357): essa non è intesa soltanto come potestas iuris dicendi, ma soprattutto come il complesso di poteri necessari al governo di un ordinamento che non si accentra nelle mani di una sola persona o ente (cf.. Bartolus de Saxoferrato, Tractatus de iurisdictione, en Opera omnia, nueva York, 1588, vol. IX). In questa visione pluralistica del diritto, la Sede Apostolica rappresenta il principio di equilibrio e di giustizia tra le molteplici forme di sovranità che si sviluppano nella Penisola, ponendosi come garante dell’ordine e della libertà delle comunità cristiane.
Ancora nel XIX secolo, Vincenzo Gioberti propose l’ideale neo-guelfo e una confederazione degli Stati italiani sotto la presidenza del Romano Pontefice, delineando una visione nella quale l’autorità spirituale del Papa avrebbe dovuto fungere da principio d’unità morale e politica della Penisola (cf.. V. Gioberti, Del primato morale e civile degli ItalianRe, Bruxelles 1843, liberación. II, gorra. 5). In sintonia, anche Antonio Rosmini riconosceva nella Sede Apostolica il fondamento dell’ordine politico cristiano, pur distinguendo tra potere spirituale e potere temporale, in una prospettiva che intendeva sanare la frattura tra Chiesa e nazione (cf.. A. Rosmini, Las cinco llagas de la Santa Iglesia, Lugano 1848, parte II, gorra. 1).
Il titolo di Primate d’Italia, nell’età moderna, si riferiva dunque al Vescovo di Roma, sovrano di un vasto territorio e capo di uno Stato che si estendeva, como otros, nella Penisola. Il territorio della primazia, como consecuencia, non si identificava con quello di un solo Stato, ma si sovrapponeva alla pluralità delle giurisdizioni politiche dell’epoca. Si él Concordato di Worms (1122) aveva attribuito ai Papi di Roma la facoltà di confermare la nomina dei vescovi, in Italia — o meglio nel Regnum Italicum, comprendente l’Italia centro-settentrionale —, nel corso dei secoli la scelta dei vescovi venne concordata con i sovrani territoriali, secondo le consuetudini proprie degli Stati europei: o tramite presentazioni di terne, il primo dei quali era generalmente il prescelto, oppure con un’unica designazione da parte del principe titolare del diritto di patronato, come accadeva anche per il Regno di Sicilia (cf.. Bullarium Romanum, t. V, Roma 1739).
Il coinvolgimento dell’autorità statale determinava spesso un sostanziale equilibrio tra Stato e Chiesa, nel quale il riconoscimento delle rispettive sfere d’azione permetteva alla Sede Apostolica di mantenere la propria influenza sulle nomine episcopali, pur entro i confini dei concordati e dei privilegi sovrani.
In pienaepoca giurisdizionalista del secolo XVIII, nell’episcopato della Penisola non trovarono spazio né le rivendicazioni episcopaliste, né quelle gallicane o germaniche, nonostante alcuni principi italiani tentassero di assecondare, se non patrocinare, tali teorie (cf.. Por. Prodi, Il giurisdizionalismo nella storia del pensiero politico italiano, Bologna 1968). In Toscana, l’ingerenza statale in materia religiosa raggiunse la sua piena attuazione sotto il granduca Pietro Leopoldo (1765-1790). Animato da sincero fervore religioso, il Granduca credette di compiere opera di vera devozione e pietà quando si adoperò per combattere gli abusi della disciplina ecclesiastica, le superstizioni, la corruzione e l’ignoranza del clero.
In un primo tempo nessuna protesta venne elevata dall’episcopato toscano, o perché vedeva l’inutilità di opporsi, o perché approvava quelle misure; tal vez incluso por qué, nell’episcopato toscano come nel clero, covava un’antipatia verso gli Ordini religiosi e si accettava volentieri una forma di autonomia dalla Santa Sede. Sin embargo, nel sinodo generale di Firenze del 1787, tutti i vescovi dello Stato — tranne Scipione de’ Ricci e altri due — respinsero tali riforme, riaffermando la fedeltà alla comunione con il Romano Pontefice e difendendo l’integrità della tradizione ecclesiastica (cf.. Acta Synodi Florentinae, 1787, arch. curiae Florentiae).
La Chiesa Cattolicaha sempre combattuto il formarsi di chiese nazionali, poiché tali tentativi risultano in aperto contrasto con la struttura stessa della comunione ecclesiale e con l’antica disciplina canonica. Già il can. XXXIV dei Canones Apostolorum — una raccolta risalente al IV secolo, attorno all’anno 380 — prescriveva un principio fondamentale di unità episcopale:
Episcopus gentium singularum scire convenit, quia inter eos primus habeatur, quem velut caput existiment et nihil amplius praeter eius consientiam gerant, quam illa sola singuli, quae paroeciae [in greco τῇ παροικίᾳ] propriae et villis quae sub ea sunt competant. Sed nec ille praeter omnium conscientiam faciat aliquid; sic enim unanimitas erit et glorificatur Deus per Christum in Spiritu Sancto (“Bisogna che i vescovi di ciascuna nazione sappiano chi tra di loro sia il primo e lo considerino come il loro capo, e non facciano nulla di importante senza il suo assenso; ciascuno si occuperà solo di ciò che riguarda la propria diocesi e i territori che da essa dipendono; ma anche colui che è primo non faccia nulla senza l’assenso di tutti: così regnerà la concordia e Dio sarà glorificato per Cristo nello Spirito Santo.”)
Questa norma, di sapore apostolico e di matrice sinodale, afferma il principio di unità nella collegialità, dove il primato non è dominio, ma servizio di comunione. Tal concepción, assunta e approfondita nella tradizione cattolica, ha trovato la sua piena espressione nella dottrina del primato romano. Come insegna Papa Leone XIII:
«la Chiesa di Cristo è una per natura, e come uno è Cristo, così uno deve essere il suo corpo, una la sua fede, una la sua dottrina, e uno il suo capo visibile, stabilito dal Redentore nella persona di Pietro» (Satis cognitum, 9).
como consecuencia, ogni tentativo di fondare chiese particolari o nazionali indipendenti dalla Sede Apostolica è stato sempre respinto come contrario alla una, sancta, catholica et apostolica Ecclesia. La subordinazione del collegio episcopale al primato petrino costituisce infatti il vincolo di unità che garantisce la cattolicità della Chiesa e preserva le singole Chiese particolari dal rischio di isolamento o di deviazione dottrinale (cf.. Lumen gentium, 22; cristo el señor, 4).
Il titolo di Primate, attribuito ad alcune sedi, era in realtà un mero titolo onorifico, al pari di quello di Patriarca conferito ad alcune sedi episcopali di rito latino (cf.. Codex Iuris Canonici, lata. 438). Tale dignità, di natura esclusivamente cerimoniale, non comportava potestà giurisdizionale effettiva, né un’autorità diretta sulle altre diocesi di una determinata regione ecclesiastica. Il titolo aveva lo scopo di onorare la vetustà o la particolare rilevanza storica di una sede episcopale, secondo una prassi consolidata nel secondo millennio.
Diversa è invece la posizione e soprattutto le prerogative delle due sedi primaziali di Italia e Ungheria, che conservano una fisionomia giuridico-ecclesiale singolare all’interno della Chiesa latina. Secondo una tradizione secolare, il Principe-Primate d’Ungheria è rivestito sia di funzioni ecclesiastiche sia di compiti civili. entre éstos, il privilegio di incoronare il sovrano — privilegio esercitato l’ultima volta il 30 diciembre 1916 per l’incoronazione di re Carlo IV d’Asburgo da parte di S. Y. Mons. János Csernoch, allora Arcivescovo di Esztergom — e di sostituirlo in caso di impedimento temporaneo (cf.. Acta Sanctae Sedis, vol. XLIX, 1917).
La primazia ungherese è attribuita alla sede arcivescovile di Esztergom (oggi Esztergom-Budapest), la cui antica dignità primaziale risale al secolo XI, quando re Stefano I ottenne dal Papa la fondazione della Chiesa nazionale ungherese sotto la protezione diretta della Sede Apostolica. L’Arcivescovo di Esztergom, come Primate d’Ungheria, gode di una posizione speciale su tutti i cattolici presenti nello Stato e di una potestà quasi-governativa sui vescovi e metropoliti, compresa la metropoli di Hajdúdorog per i fedeli ungheresi di rito bizantino. Presso di lui esiste un tribunale primaziale, da lui sempre presieduto, che giudica le cause in terza istanza: un privilegio fondato su una consuetudine immemorabile, più che su una norma giuridica espressa (cf.. Codex Iuris Canonici, lata. 435; Annuario Pontificio, salpicadura. “Sedi Primaziali”, ed. 2024). Egli è un cittadino ungherese, residente nello Stato, e spesso ricopre anche la carica di Presidente della Conferenza Episcopale Ungherese, esercitando una funzione di mediazione tra la Sede Apostolica e la Chiesa locale.
La primazia italiana, attribuita alla Sede Romana, possiede una configurazione del tutto particolare: il suo titolare, el Obispo de Roma, può essere — e in effetti negli ultimi pontificati è stato — un cittadino non italiano. Egli è sovrano di uno Stato estero, Estado de la Ciudad del Vaticano, non facente parte dell’Unione Europea, e non appartiene alla Conferenza Episcopale Italiana, pur mantenendo su di essa un’autorità diretta. In virtù del suo titolo di Primate d’Italia, il Romano Pontefice nomina infatti il Presidente e il Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, come previsto dall’art. 4 §2 dello Statuto della CEI, che richiama espressamente «il particolare legame che unisce la Chiesa in Italia al Papa, Vescovo di Roma e Primate d’Italia» (cf.. Statuto della Conferenza Episcopale Italiana, approvato da Paolo VI il 2 De julio 1965, aggiornato nel 2014).
Questa singolare configurazione giuridica mostra come la primazia italiana, pur priva di struttura amministrativa autonoma, conservi una funzione ecclesiologica reale, quale espressione visibile del legame organico tra la Chiesa universale e le Chiese d’Italia. In ciò si manifesta la continuità del primato petrino nella sua duplice dimensione: universal, come servizio alla comunione di tutta la Chiesa, e locale, come paternità pastorale esercitata sul territorio italiano (lumen gentium, 22–23).
Si delinea così un’apertura del finis Ecclesiae ai problemi d’ordine internazionale e mondiale, cosa che è anche riscontrabile in alcuni paragrafi del Catechismo della Chiesa Cattolica, dedicati ai diritti umani, alla solidarietà internazionale, al diritto alla libertà religiosa dei vari popoli, alla tutela degli emigranti e dei profughi, alla condanna dei regimi totalitari e alla promozione della pace. Ciò che poi è maggiormente rilevante è che l’invito, incitación, della Chiesa a perficere bonum non è solamente ancorato alla salus aeterna, al raggiungimento del fine ultramondano, ma anche al contingente, alle necessità immanenti dell’uomo bisognoso di aiuto materiale.
In base alla rivendicata primazia e ai sensi dell’art. 26 del Trattato Lateranense, l’azione pastorale dello stesso Pontefice si attua in più regioni d’Italia, tramite visite in molte città e santuari, effettuate senza che queste si presentino come viaggi in Stati esteri. L’uso invalso di considerare il Papa di Roma come il primo Vescovo d’Italia fa sì che i fatti d’Italia siano spesso presenti nelle sue allocuzioni o discorsi. Sovente egli visita zone della Penisola dove si sono verificati eventi dolorosi, e la presenza del Papa è vista dalle popolazioni come doverosa, richiesta come segno di conforto e di aiuto. Rientra inoltre, nel senso lato della primazia, il ricevere delegazioni degli organismi statali italiani. En esta perspectiva, la figura del Romano Pontefice come Primate d’Italia assume il valore di un segno di comunione tra la Chiesa e la Nazione, nella linea della missione universale che egli esercita quale successore di Pietro. La dimensione nazionale della sua sollecitudine pastorale non si oppone, ma anzi si integra, con la missione cattolica della Sede Apostolica, perché il Papa è insieme Vescovo di Roma, Padre delle Chiese d’Italia e Pastore della Chiesa universale (Predicar el evangelio, Arte. 2).
La triplice dimensione del suo ministero — diocesana, nazionale e universale — rende visibile quella unitas Ecclesiae che la fede professa e la storia testimonia. Così il titolo di Primate d’Italia, riemerso nella voce di Leone XIV, non appare come un residuo di onori passati, ma come un richiamo vivo alla responsabilità spirituale del Papato verso il popolo italiano, in continuità con la sua missione apostolica verso tutte le genti.
Velletri de Roma, 16 de Octubre del 2025
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Del profesor Alessandro Barbero un San Francisco "bajo la corteza". cuando la santidad se combina con la historia
/en Actualidad/por padre ivanoFuneral Funeral del Nuncio Apostólico Adriano Bernardini. Homilía pronunciada por el padre Ariel S. Levi di Gualdo - Misa funeraria para Nuncio apostólico Adriano Bernardini. Homilía entregada por el padre Ariel S. Levi Gualdo -
/1 Comentario/en Actualidad/por Padre Arielitaliano, inglés, español
Funeral Funeral del Nuncio Apostólico Adriano Bernardini. Homilía pronunciada por el padre Ariel S. LEVI gualdo
Diócesis de San Marino-Montefeltro, Iglesia del Monasterio de Piandimelo, 15 Septiembre 2025 horas 15:00. Exequine de S.E. Mons. adriano bernardini, Arzobispo propietario de Faleri y Nuncio apostólico.
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† Dal Vangelo secondo Giovanni (14, 1-6)
durante ese tiempo, Jesús dijo a sus discípulos: "Tu corazón no está preocupado. Tener fe en Dios y tener fe en mí también. En la casa de mi padre hay muchos lugares. Se no, Te lo habría dicho. Voy a preparar un lugar; Cuando me haya ido y te habré preparado un lugar, Volveré y te llevaré conmigo, ¿Por qué estás donde estoy?. Y el lugar donde voy, Sabes el camino ". Tommaso le dijo: "Hombre, no sabemos a dónde va y cómo podemos saber el camino?». Jesús le dijo: "Yo soy el camino, la verdad y la vida. Nadie viene al Padre, sino por mí. Tu corazón no está preocupado. Tener fe en Dios y tener fe en mí también. En la casa de mi padre hay muchas casas. Se no, Te hubiera dicho alguna vez: Voy a preparar un lugar? Cuando me haya ido y te habré preparado un lugar, Volveré de nuevo y te llevaré conmigo, Porque donde soy tú también. Y el lugar donde voy, Sabes el camino ". Tommaso le dijo: “Señor, No sabemos a dónde vas; ¿Cómo podemos saber el camino??». Jesús le dijo: “Yo soy el camino, la verdad y la vida. Nadie viene al Padre, sino por mí”».
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estimados Obispos domenico, Pastor de esto nuestro Iglesia particular y Andrea, Emérito, Confrontes amigos y todos ustedes queridos presentes aquí: «Gracia para ti y la paz de Dios, nuestro Padre, y por el Señor Jesucristo ".
Recibiendo el 30 Agosto la unción sagrada de los enfermos adriano bernardini Arzobispo el dueño de Extrañar y nuncio apostólico, Las palabras del evangelio de Juan me susurraron: «Padre, Ha llegado el momento " (Juan 17, 1-2). Es por eso que elegí saludarlo con una homilía tomada de este cuarto evangelio, donde el apóstol Pedro pregunta a Jesús: "Hombre, dónde vas?». Jesús responde a Pietro que aún no estaba listo: "A donde voy, No puedes seguirme por ahora; Me seguirás más tarde ". Lo mismo había dicho justo antes de todos los discípulos: «A dónde voy, No puedes venir " (Juan 13, 33-34).

En la foto: S.E.R. Mons. adriano bernardini (13.08.1942 – † 11.09.2025) y el padre Ariel s. Levi di Gualdo, Su secretario privado (2017-2025)
Son fragmentos que revelan la emoción del inminente desapego del Divino Maestro. Quizás es por eso que las palabras del recientemente proclamado evangelio se abren con una invitación de Jesús que se convierte en, Además de ser prometido también Balsamo: "Tu corazón no está preocupado. Tener fe en Dios y tener fe en mí también. En la casa de mi padre hay muchas casas ".
Con sus palabras Jesús está haciendo su partida y vacío que deja una oportunidad para el renacimiento de sus discípulos. Pidiendo fe, Los empuja a transformar el miedo a lo nuevo y al terror del abandono en el coraje de darse, apoyado en el Señor que promete ir a preparar un lugar para ellos. Vive su partida en relación con aquellos que se quedan y demuestran que no los está abandonando, Pero una fase diferente de relación con ellos es inaugurante. El destacamento está en vista de una nueva recepción basada en una promesa precisa: "Te llevaré conmigo" (Juan 14,2-3).

En una circunstancia difícil como esta Es bueno volver al principio, Cuando los discípulos, el futuro del apóstol, Tuvieron el primer contacto con Jesús y le preguntaron: "Rabino, Maestro, Donde vives?». El les dijo: «Ven y mira».
"Quedarse" o "vivienda", "Coming" y "Ver" Son los verbos que especialmente en el Evangelio de Juan describen el camino de la fe, La llegada del discípulo y la respuesta a la pregunta de Pietro: "Adónde vas, donde podemos encontrarnos y encontrarte de nuevo?». Jesús dirá algún día: "Quédate en mi amor, Cómo permanece la rama en la vid, Porque observé los mandamientos de mi padre y yo permanecemos en su amor. Ese es el lugar donde vivo, Permanezco y vivo " (Juan 15,9-10).
Aquí está el objetivo del discípulo para el cual no será necesario esperar el tránsito de la muerte, Porque esta aquí, ahora, Disponible para todos, Porque Jesús se escapó. No es una realidad futura que demostrará estar más allá de esta vida a través de la muerte., Pase difícil para aquellos que tienen que ir más allá y un legado doloroso para aquellos que tienen que vivir con memoria, Pero es un regalo presente para aquellos que "creen en él" (Juan 14,12).
Por lo tanto, ni siquiera se preocupa por nuestro corazón ante el desapego., Más bien, prepáramos para reconocer el lugar que cada uno de nosotros es responsable del hogar eterno que nos espera. Similar en lugar del amado discípulo que reclinó su cabeza sobre el cofre de Jesús en la última cena. Fue colocado en el pecho de Jesús (Juan 13,25), el cual, Como dice el prólogo Giovaneo, "regresó al pecho de su padre y abrió el camino" (Juan 1,18), Ahora "vino su hora para ir de este mundo a su padre (Juan 13,1) nos dice: "Nadie viene al Padre excepto por medio de mí".

Para tratar de proponer las razones no fáciles, Pero perseguido y factible del Santo Evangelio, la Iglesia siempre ha usado muchos medios, incluida la diplomacia. Este es el nuncio apostólico: un portador y locutor del Santo Evangelio llamado para crear el Paz de Cristo en el mundo. Pero tratemos de representar todo con un ejemplo concreto: en octubre 1962 El mundo tocó la Tercera Guerra Mundial con la "Crisis de Cuba". Por ahora los dos interlocutores, Nikita Kruscev y John Fitzgerald Kennedy ya no podían hablar ni tratar, Porque ninguno estaba dispuesto a dar un paso atrás. Fue en ese momento trágico que el Santo Papa Juan XXIII intervino que, bueno recordar, No era correctamente ese agricultor simple que se ve afectado en ciertas iconografías populares., vino del mundo de la diplomacia y había sido un diplomático también refinado, Especialmente en su mandato como un nuncio apostólico en Francia. Los dos interlocutores aceptaron la apelación tanto simultáneamente como los cabezales de misiles en el curso de Cuba regresaron. unos meses después, en abril 1963, El santo pontífice publicó su encíclica Paz en la tierra. El mensaje de paz del evangelio prevaleció gracias a la diplomacia pontificia. Hoy en día, Los libros de la historia contemporánea, Narran que esa intervención diplomática salvó a la humanidad del riesgo de una tercera guerra mundial.
En lugar de recitar las litanías de sus virtudes Mencionaré uno de sus defectos, Para demostrar cómo un sirviente de la iglesia y el papado pueden cambiar un defecto en virtud a través de las tres virtudes de la fe, esperanza y caridad (cf.. I Cor 13, 1-13), que no se paran en las emociones, peor en ideologías viscerales, Pero en la razón. Fe buscando entendimiento y por reverso comprensión búsqueda fe, es decir: la fe requiere razon y por reverso la razón requiere fe, Como el padre de la escuela Sant'anselmo d’Aosta enunció, a su vez renovado ante el pensamiento del Santo Padre y el Doctor de la Iglesia Agostino Obispo de Hippona: Creo que con el fin de entender y por reverso Yo entiendo que se puede confiar, osea, Pienso en entender, Entiendo creer. Hasta llegar al santo pontífice Juan Pablo II que resumió esta relación entre la razón y la fe en la encíclica Fides et Ratio, fe y razón.

Resuelto por temperamento, Era capaz de volverse imposible. En los últimos meses de vida se ha debilitado por la enfermedad, Pero manteniendo su carácter peculiar. uno día, Durante su última hospitalización en el hogar de ancianos romano, Villa del Rosario, donde, por cierto, los médicos lo cuidaron con precisión., de paramédicos y monjas -, Comenzó a considerar algo incorrecto que podría haber sido perjudicial para él. Le dije y, en los primeros, Casi enojado, Pero lo recordé recordándole la página del evangelio en el que el discurso en el que Jesús le dice a Pietro.: "" En verdad, en verdad te digo: cuando era más joven, que utilizó para vestirse, e ibas a donde; pero cuando seas viejo, extenderás tus manos, y otro te ceñirá y te llevará a donde no quieras " (Juan 21, 18). Él sonrió y respondió irónico: eso está bien, Te seguiré, Pero trata de llevarme a donde quiero ir ".
Las personas con un personaje resuelto, el cristianismo debe mucho, Solo piense en el paso de los actos de los apóstoles donde se cuenta del bendito apóstol Pablo que "discutió con los griegos" (traducción: discutido con ellos); "Pero estos intentaron matarlo" (traducción: Porque no lo soportaron). «Los hermanos, sabiendo, Lo llevaron a Cesarea y desde allí lo enviaron a Tarso " (traducción: Intentamos salvar su vida en nombre de la caridad cristiana recién nacida). Y para cerrar la conclusión diplomática de esta crónica: «Entonces la iglesia, En toda Judea, en Galilea está en Samaria, Tenía paz " (que traducido significa: Afortunadamente se fue) (Hc 9, 29-31). Y sin embargo,, Lo que le debemos al personaje resuelto y no muy angular del bendito apóstol Paul?

Honré su voluntad Evitar beatificaciones por medio de cuentos épicos y biografías triunfales, Como a veces se usa para el funeral, Las cosas de él detestan, También porque ninguno de nosotros conoce el juicio de Dios, Pero todos sabemos lo grande que es su recompensa para sus fieles sirvientes, Porque solo los hombres de fe forjados por las virtudes auténticas logran cambiar sus aparentes defectos en un servicio precioso a la Iglesia; Y en este sentido, De San Paolo a Sant’agostino, La lista de estos hombres extraordinarios es muy larga. Dañar a la iglesia no son los hombres resueltos por su fuerza de carácter, Pero aquellos que no saben cómo decir que sí cuando es sí y no cuando no es (Ver. Mt 5, 37); Están los débiles orgullosos de su debilidad velada de espirituismos y misticismo., sin saber que nosotros, A continuación de Cristo, Estamos llamados a ser sal, ninguna tierra de azúcar (cf.. Mt 5, 13-16). De hecho, Cuando fuimos sacerdotes consagrados, no nos dieron un pensamiento dulce, El obispo consagrado nos dijo: "Considera lo que realizas, imita lo que conmemoras, conformar su vida con el misterio de la cruz de Cristo el Señor ". Todo basado en las palabras del maestro divino que nos advirtió: "Si alguien quiere venir detrás de mí, se negara a sí mismo, Toma su cruz y sígueme " (Mt 16, 24-25).
Todo esto trató de entenderlo, vívelo y transmítelo a través de una forma particular de anunciar y traer el evangelio: Diplomacia eclesiástica al servicio de la Iglesia de Cristo y la See apostólica.
La fuente de la verdadera diplomacia eclesiástica Todo está encerrado en las líneas, dentro de las líneas y más allá de las líneas del evangelio que, de siglo en siglo, Hasta el regreso de Cristo al final del tiempo, no dejará de resaltar nuestras miserias y nuestra riqueza humana, nuestros límites y nuestros tamaños, Nuestros pecados y nuestras virtudes cristianas. y estos dias, Quizás más que nunca viene a decir con el bendito apóstol Paolo: «Peleé la buena pelea, Terminé mi carrera, Mantuve la fe " (II Tm 4,6). Porque no es fácil mantener la fe, Ni siquiera dentro de esa sociedad humana que es la iglesia visible, definido como "santo y pecador" por el santo obispo Ambrogio, seguido siglos después por el cardenal Joseph Ratzinger que media en 2005 La novena estación de Via Crucis se quejó: "¿Cuánta tierra hay en la iglesia?, y precisamente también entre los que, en el sacerdocio, deberían pertenecerle completamente!».

¿Quién es este sacerdote subido en el púlpito? Predicar en memoria de Adriano Bishop? Soy un sirviente inútil. Como el Señor Jesús dice de hecho: "Cuando has hecho todo lo que te han ordenado, dicho: “Somos sirvientes inútiles. Hicimos lo que teníamos que hacer "" (Lc 17, 10). ¿Cuál fue mi relación íntima con él?? Respondo diciendo que en el Evangelio lucaní hablamos de la gran confidencialidad de la Bendita Virgen María que "por su parte, Tomó todas estas cosas meditando en su corazón " (Lc 2, 19).
El apóstol escribe a los habitantes de Corinto: "Dónde, muerte, Tu victoria?» (I Cor 15, 55). Reflexionando sobre este paso al final de su vida, El pontífice supremo Benedicto XVI comentó: «No me preparo al final sino a una reunión desde que la muerte se abre a la vida, al eterno, que no es una duplicación infinita de la actualidad, Pero algo completamente nuevo ".
Que tengas un buen viaje al "nuevo" buen viaje "en el Eternal", Adriano Bishop, hiciste cuanto tenías que hacer, Como todos nosotros, "sirvientes inútiles", Lo testigo cuando era niño, amigo y hermano. Cada 11 Septiembre, Hasta que pueda físicamente, Estaré en este lugar en la Iglesia particular de San Marino-Montefeltro, a lo que pertenezco como presbítero, aunque no se vivió en Montefeltro sino en Roma contigo -, Para celebrar en tu lugar de nacimiento, Hoy también tu lugar de entierro, Una santa misa para el alma inmortal del Padre, del amigo y hermano has estado para mi.
Alabado sea Jesucristo!
Santa Maria del Mutino, loc. Monastero di Piandimeleto, 15 Septiembre 2025
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ESEQUIAL MASS FOR APOSTOLIC NUNCIO ADRIANO BERNARDINI. HOMILY DELIVERED BY FATHER ARIEL S. LEVI gualdo
Diocese of San Marino-Montefeltro, Monastery Church of Piandimeleto, Septiembre 15, 2025, 3:00 PM. Esequial Mass for His Excellency Msgr. adriano bernardini, Titular Archbishop of Faleri and Apostolic Nuncio.
- Actualidad eclesial -
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† Gospel of John (14, 1-6)
«”Do not let your hearts be troubled. You have faith in God; have faith also in me. In my Father’s house there are many dwelling places. If there were not, would I have told you that I am going to prepare a place for you? And if I go and prepare a place for you, I will come back again and take you to myself, so that where I am you also may be. Where [E] am going you know the way”. Thomas said to him, "Maestro, we do not know where you are going; how can we know the way?” Jesus said to him, “I am the way and the truth and the life. No one comes to the Father except through me”».
Venerable Bishops Dominic, shepard of this particular Church, y Andrew, Bishops emeritus, Brother friends, and all of you dearly beloved present here: «Grace to you and peace from God our Father and the Lord Jesus Christ!».
Receiving the sacred anointing of the sick on August 30, adriano bernardini, Titular Archbishop of Faleri and Apostolic Nuncio, whispered to me the words of the Gospel of John: «Father, the hour has come» (Jn 17:1-2). Por esta razón, I chose to greet him with a homily taken from this Fourth Gospel, where the Apostle Peter asks Jesus: «Lord, where are you going? Jesus responds to Peter, who was not yet ready: “Where I am going, you cannot follow me now; you will follow me later”. He had said the same thing shortly before to all the disciples: “Where I am going, you cannot come”» (Jn 13:33-34).
These fragments reveal the emotion of the imminent separation from the Divine Master. Perhaps this is why the words of the Gospel just proclaimed open with an invitation from Jesus that becomes not only a promise but also a balm: «Do not let your hearts be troubled. Believe in God, believe also in me. In my Father’s house are many rooms».
With his words, Jesus is making his departure and the void it leaves an opportunity for rebirth for his disciples. By asking them for faith, he pushes them to transform their fear of the new and the terror of abandonment into the courage to give themselves, relying on the Lord who promises to go and prepare a place for them. He experiences his departure in relationship with those who remain and shows that he is not abandoning them, but is inaugurating a different phase of relationship with them. This separation is in preparation for a new welcome based on a specific promise: «I will take you to myself» (Jn 14:2-3).
In a difficult circumstance like this, it’s beautiful to return to the beginning, when the disciples, future apostles, first encountered Jesus and asked him: "Rabino, Maestro, where are you staying?». He said to them: «Come and see».
«To remain» or «to abide», «to come» and «to see» are the verbs that, especially in the Gospel of John, describe the journey of faith, the disciple’s arrival, and the answer to Peter’s question: «Where are you going? Where can we meet you and find you again?» Jesus will one day say: «Remain in my love, as the branch remains in the vine, for I have kept my Father’s commandments and remain in his love. There is my dwelling place, where I remain and dwell» (Jn 15:9-10).
This is the disciple’s goal, for which there is no need to wait for the passing of death, because it is here, now, available to all, because Jesus has become the way. It is not a future reality that will be revealed beyond this life through death, a difficult passage for those who must cross it and a painful legacy for those who will have to live with the memory, but it is a present gift for those who «believe in him» (Jn 14:12).
Let not our hearts, entonces, be troubled by separation; bastante, let us prepare ourselves from now to recognize the place that belongs to each of us in the eternal home that awaits us. Similar to the place of the beloved disciple who leaned his head on Jesus’ chest at the Last Supper. He was reclining in Jesus’ bosom (Jn 13:25), OMS, as the John prologue says, «has returned to the bosom of the Father and has opened the way» (Jn 1:18), now «when his hour has come to pass from this world to the Father» (Jn 13:1), he tells us: «No one comes to the Father except through me».
To try to propose the difficult, yet attainable and achievable, reasons for the Holy Gospel, the Church has always used many means, including diplomacy. This is the Apostolic Nuncio: a bearer and proclaimer of the Holy Gospel called to establish the paz de cristo in the world. But let’s try to illustrate this with a concrete example: in October 1962, the world came close to World War III with the “Cuban crisis”. By then, the two interlocutors, Nikita Khrushchev and John Fitzgerald Kennedy, could no longer speak or negotiate, because neither was willing to take a step back. It was at that tragic moment that the Holy Pontiff John XXIII intervened. It is worth remembering that he was not exactly the simpleton depicted in certain popular iconography; he came from the world of diplomacy and had been a refined diplomat, especially during his tenure as Apostolic Nuncio to France. Both sides simultaneously accepted the appeal, and the missile warheads headed toward Cuba were turned back. A few months later, in April 1963, the Holy Pontiff published his encyclical Pacem in Terris. The Gospel’s message of peace prevailed thanks to papal diplomacy. Hoy, contemporary history books tell us that this diplomatic intervention saved humanity from the risk of a Third World War.
Rather than reciting the litany of his virtues, I will mention one of his defects, to demonstrate how a servant of the Church and the Papacy can transform a defect into a virtue through the three virtues of faith, hope, and charity (cf. 1 Cor 13:1-13), which are not based on emotions, o peor, on visceral ideologies, but on reason. Fe buscando entendimiento and and vice versa comprensión búsqueda fe, or faith requires reason, and conversely, reason requires faith, as the father of classical scholasticism, Saint Anselm of Aosta, stated, in turn drawing on the thought of the Holy Father and Doctor of the Church, Agustín, Obispo de hipopótamo: Creo que con el fin de entender and vice versa Yo entiendo que se puede confiar, or I believe in order to understand, I understand in order to believe. This culminated in the Holy Pontiff John Paul II, who summarized this relationship between reason and faith in the encyclical Fides et Ratio, Faith and Reason.
Resolute by temperament, he was capable of becoming immovable. In the last months of his life, he was weakened by illness, but retained his peculiar character. One day, during his final stay at the Roman nursing home Villa del Rosario — where, de paso, he was excellently cared for by doctors, paramedics, and nuns — he began to consider a wrong thing that could have been harmful to him as right. I told him this, and at first he almost became angry, but I calmed him by reminding him of the Gospel passage recounting Jesus speech to Peter: «Truly, truly, I say to you, when you were younger, you girded yourself and walked where you wished; but when you grow old, you will stretch out your hands, and another will gird you and carry you where you do not wish to go» (Jn 21:18). He smiled and replied ironically: «All right, I will follow you, but try to take me where I want to go».
Christianity owes much to people of resolute character. Just think of the passage in the Acts of the Apostles where the Blessed Apostle Paul is described as «arguing with the Greeks» (translation: he argued with them); «but they sought to kill him» (translation: because they could not stand him). «When the brothers learned of this, they took him to Caesarea, and from there they sent him to Tarsus» (translation: we tried to save his life in the name of the nascent Christian charity). And finally, the diplomatic conclusion to this chronicle: «So the church throughout all Judea, Galilee, and Samaria had peace» (which translated means: thank goodness he left) (Hechos 9:29-31). Y sin embargo, how much do we owe to the resolute and not a little rough-edged character of the Blessed Apostle Paul?
I have honored his will by avoiding beatifications through epic tales and triumphal biographies, as is sometimes customary at funerals, things he detested, also because none of us know God’s judgment, but we all know how great his reward is for his faithful servants, because only men of faith forged by authentic virtues are able to transform even their apparent defects into precious service to the Church; and in this sense, from Saint Paul to Saint Augustine, the list of these extraordinary men is very long. Those who harm the Church are not men made resolute by their strength of character, but those who cannot say yes when it is yes and no when it is no (cf. Mt 5:37); they are the weak, proud of their own weakness veiled in spiritualism and mysticism, unaware that we, in following Christ, are called to be the salt, not the sugar, of the earth (cf. Mt 5:13-16). De hecho, when we were consecrated priests, we weren’t given a sentimental thought; the consecrating Bishop told us: «Realize what you will do, imitate what you will celebrate, conform your life to the mystery of the cross of Christ the Lord». All of this was based on the words of the Divine Master who admonished us: «Si alguien viniera después de mí, let him deny himself, take up his cross, and follow me» (Mt 16:24-25).
He sought to understand, En Vivo, and transmit all of this through a particular way of announcing and bringing the Gospel: ecclesiastical diplomacy in the service of the Church of Christ and the Apostolic See.
The source of true ecclesiastical diplomacy lies entirely inside and beyond the written lines of the Gospel, cual, from century to century, until Christ’s return at the end of time, will never cease to highlight our human miseries and riches, our limitations and our greatness, our sins and our Christian virtues. And in these times, perhaps more than ever, we can say with the Blessed Apostle Paul: «have competed well; I have finished the race;f I have kept the faith» (2 Tim 4:7). Because it is not easy to maintain the faith, not even within that human society which is the visible Church, defined as “holy and sinful” by the Holy Bishop Ambrose, followed centuries later by Cardinal Joseph Ratzinger who, meditating on the ninth station of the Way of the Cross in 2005, lamented: «How much filth there is in the Church, and even among those who, in the priesthood, should belong completely to him!»
Who is this priest who ascended the pulpit to preach in memory of Bishop Hadrian? I am an unprofitable servant. As the Lord Jesus says: «When you have done all that you were commanded, say, “So should it be with you. When you have done all you have been commanded, say, “We are unprofitable servants; we have done what we were obliged to do”» (Lc 17:10). What was my intimate relationship with him? I answer by saying that the Gospel of Luke speaks of the great reserve of the Blessed Virgin Mary, who «And Mary kept all these things, reflecting on them in her heart» (Lc 2:19).
The Apostle writes to the people of Corinth: « Where, O death, is your victory?» (1 Cor 15:55). Reflecting on this passage at the end of his life, the Roman Pontiff Benedict XVI commented: «I am not preparing for the end but for an encounter, since death opens the way to life, to eternal life, which is not an infinite duplicate of the present time, but something completely new».
Have a good journey into the «new» world, and a good journey into the «eternal», Bishop Adriano. You have done what you had to do, like all of us «unprofitable servants». I bear witness to this as a son, friend, and brother. Every September 11th, as long as I am physically able, I will come to this place, to the particular Church of San Marino-Montefeltro, to which I belong as a priest — although I did not live in Montefeltro but in Rome with you — to celebrate in your birthplace, now also your burial place, a Holy Mass for the immortal soul of the father, friend, and brother you were to me.
Praised be Jesus Christ!
Santa Maria del Mutino, Monastero di Piandimeleto, 15 Septiembre 2025
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EXEQUIAS FÚNEBRES DEL NUNCIO APOSTÓLICO ADRIANO BERNARDINI. HOMILÍA PRONUNCIADA POR EL PADRE ARIEL S. LEVI gualdo
Diócesis de San Marino-Montefeltro, Iglesia del Monasterio de Piandimeleto, 15 de septiembre de 2025. Exequias fúnebres de S.E. Mons. adriano bernardini, Arzobispo titular de Faleri y Nuncio Apostólico.
— Actualidad eclesial —
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†Del Evangelio según Juan (14, 1-6)
«En aquel tiempo, Jesús dijo a sus discípulos: “No se inquieten. Crean en Dios y crean también en mí. En la Casa de mi Padre hay muchas habitaciones; si no fuera así, se lo habría dicho a ustedes. Yo voy a prepararles un lugar. Y cuando haya ido y les haya preparado un lugar, volveré otra vez para llevarlos conmigo, a fin de que donde yo esté, estén también ustedes. Ya conocen el camino del lugar adonde voy”. Tomás le dijo: “Señor, no sabemos adónde vas. ¿Cómo vamos a conocer el camino?”.Jesús le respondió: “Yo soy el Camino, la Verdad y la Vida. Nadie va al Padre, sino por mí”».
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Venerables Obispos domenico, pastor de esta nuestra Iglesia particular y Andrea pastor emérito, Cohermanos sacerdotes, amigos y todos estimados presentes: «Gracia y paz a vosotros de parte de Dios nuestro Padre y del Señor Jesucristo».
Recibiendo el 30 de agosto la unción de los enfermos adriano bernardini, Arzobispo titular de Faleri y Nuncio Apostólico, me susurró las palabras del Evangelio de Juan: «Padre, ha llegado la hora» (Jn 17, 1-2). Por eso he elegido despedirlo con una homilía extraída de este Cuarto Evangelio, donde el Apóstol Pedro pregunta a Jesús: «Señor, ¿adónde vas?». Jesús responde a Pedro que aún no estaba preparado: «Adonde yo voy, tú no puedes seguirme ahora; me seguirás más tarde». Lo mismo había dicho poco antes a todos los discípulos: «Adonde yo voy, vosotros no podéis venir» (Jn 13, 33-34)
Son fragmentos que revelan la emoción por la inminente separación del Divino Maestro. Quizás es por eso que las palabras del Evangelio recién proclamado se abren con una invitación de Jesús que se convierte, además de promesa, en bálsamo: «No se turbe vuestro corazón. Tened fe en Dios y tened fe también en mí. En la casa de mi Padre hay muchas moradas».
Con sus palabras Jesús está haciendo de su partida y del vacío que deja una ocasión de renacimiento para sus discípulos. Pidiéndoles fe, los impulsa a transformar el miedo hacia lo nuevo y el terror al abandono en valor para entregarse, apoyándose en el Señor que promete ir a preparar un lugar para ellos. Él vive su partida en relación con quien se queda y muestra que no lo está abandonando, sino que está inaugurando una fase diferente de relación con ellos. La separación es en vista de una nueva acogida basada en una promesa precisa: «Os tomaré conmigo» (Jn 14, 2-3).
En una circunstancia difícil como esta es bueno volver a los inicios, cuando los discípulos, futuros apóstoles, tuvieron el primer contacto con Jesús y le preguntaron: «Rabí, Maestro, ¿dónde moras?». Les dijo: «Venid y veréis».
“Permanecer” o “morar”, “venir” y “ver” son los verbos que sobretodo en el Evangelio de Juan describen el camino de fe, la llegada del discípulo y la respuesta a la pregunta de Pedro: «¿Adónde vas, dónde podemos encontrarte y hallarte de nuevo?». Jesús dirá un día: «Permaneced en mi amor, como el sarmiento permanece en la vid, porque yo he guardado los mandamientos de mi Padre y permanezco en su amor. Ese es el lugar donde habito, permanezco y moro» (Jn 15, 9-10).
He aquí la meta del discípulo para la cual no hay necesidad de esperar el tránsito de la muerte, porque está aquí, ahora, disponible para todos, porque Jesús se ha hecho camino. No es una realidad futura que se revelará más allá de esta vida a través de la muerte, un paso difícil para quien debe atraversarlo y un doloroso legado para quien deba convivir con el recuerdo, sino un regalo presente para quien «cree en él» (Jn 14, 12).
Que no sea pues turbado nuestro corazón ante la separación, sino preparémonos desde ahora a reconocer el lugar que a cada uno de nosotros corresponde en la morada eterna que nos aguarda. Que es similar al lugar del discípulo amado quien reclinó su cabeza en el pecho de Jesús en la última cena. Este estaba reclinado en el seno de Jesús (Jn 13, 25), el cual, como dice el prólogo joánico «ha vuelto al seno del Padre y ha abierto el camino» (Jn 1,18), ahora «habiendo llegado su hora de pasar de este mundo al Padre (Jn 13, 1) nos dice: «Nadie va al Padre sino por mí».
Para tratar de proponer las razones no fáciles, pero alcanzables y realizables del Santo Evangelio, la Iglesia se sirve desde siempre de muchos medios, incluida la diplomacia. Esto es el Nuncio Apostólico: un portador y anunciador del Santo Evangelio llamado a realizar la Paz de Cristo en el mundo. Pero intentemos representar todo esto con un ejemplo concreto: en octubre de 1962 el mundo rozó la Tercera Guerra Mundial con la “crisis de Cuba”. Ya los dos interlocutores, Nikita Jrushchov y John Fitzgerald Kennedy no podían hablar ni negociar, porque ninguno de los dos estaba dispuesto a dar un paso atrás. Fue en ese momento trágico cuando intervino el Santo Pontífice Juan XXIII que, es bueno recordarlo, no era propiamente aquel simple campesino representado en ciertas iconografías populares. Provenía del mundo de la diplomacia y había sido un diplomático refinado, especialmente en su función como nuncio apostólico en Francia. Los dos interlocutores acogieron el llamamiento simultáneamente y las cabezas misilísticas en ruta hacia Cuba volvieron para atrás. Pocos meses después, en abril de 1963, el Santo Pontífice publicó su encíclica Paz en la tierra. El mensaje de paz del Evangelio prevaleció gracias a la diplomacia pontificia. Hoy, los libros de historia contemporánea narran que aquella intervención diplomática salvó a la humanidad del riesgo de una Tercera Guerra Mundial.
En lugar de recitar las letanías de las virtudes aludiré a un defecto suyo, para demostrar cómo un servidor de la Iglesia y del Papado puede mutar un defecto en virtud a través de las tres virtudes de fe, esperanza y caridad (cf.. I Cor 13, 1-13), las cuales no se sostienen sobre emociones, o peor aún sobre ideologías viscerales, sino sobre la razón. Fe buscando entendimiento e inversamente comprensión búsqueda fe, es decir: la fe requiere la razón e inversamente la razón requiere la fe, como enunció el padre de la escolástica clásica San Anselmo de Aosta remitiéndose a su vez al pensamiento del Santo Padre y doctor de la Iglesia Agustín obispo de Hipona: Creo que con el fin de entender e inversamente Yo entiendo que se puede confiar, o sea, creo para entender, entiendo para creer. Y finalmente se llega al Santo Pontífice Juan Pablo II que resumió esta relación entre razón y fe en la encíclica Fides et Ratio, fe y razón.
Decidido por temperamento, era capaz de volverse inamovible. En los últimos meses de vida fue debilitado por la enfermedad, pero conservaba su carácter peculiar. Un día, durante su última estancia en la casa de cura romana Villa del Rosario — donde, por cierto, fue atendido de modo excelente por médicos, paramédicos y religiosas —, empezó a considerar correcta una cosa errónea que habría podido ser nociva para él. Se lo dije y, al principio, casi se enojó, pero lo calmé recordándole la página del Evangelio en la cual se narra el discurso en que Jesús dice a Pedro: «“En verdad, en verdad te digo: cuando eras más joven, te ceñías e ibas adonde querías; pero cuando seas viejo, extenderás tus manos, y otro te ceñirá y te llevará adonde no quieras”» (Jn 21, 18). Sonrió y respondió irónico: está bien, te seguiré, pero trata de llevarme adonde yo quiero ir».
A las personas de carácter decidido la Cristiandad debe mucho, basta pensar en el pasaje de los Hechos de los Apóstoles donde se narra que el Beato Apóstol Pablo «discutía con los griegos» (traducción: reñía con ellos); «pero estos buscaban matarlo» (traducción: porque no lo soportaban). «Los hermanos, al saberlo, lo condujeron a Cesarea y de allí lo enviaron a Tarso» (traducción: intentemos salvarle la vida en nombre de la naciente caridad cristiana). Y al cierre la diplomática conclusión de esta crónaca: «Así la Iglesia, por toda Judea, Galilea y Samaria, tenía paz» (que traducido significa: menos mal que se fue) (hch 9, 29-31). Y sin embargo, ¿cuánto le debemos al carácter decidido y no poco espinoso del Beato Apóstol Pablo?
He honrado su voluntad evitando beatificaciones por medio de relatos épicos y biografías triunfales, como a veces se suele hacer en los funerales, cosas detestadas por él, también porque ninguno de nosotros conoce el juicio de Dios, pero todos sabemos cuán grande es su recompensa para sus siervos fieles, porque solo los hombres de fe forjados por las auténticas virtudes logran mutar en servicio precioso para la Iglesia incluso sus aparentes defectos; y en tal sentido, desde San Pablo hasta San Agustín, la lista de estos hombres extraordinarios es muy larga. No son los hombres decididos por su fuerza de carácter los que dañan a la Iglesia, sino aquellos que no saben decir sí cuando es sí y no cuando es no (Ver. Mt 5, 37); son débiles orgullosos de su debilidad velada en espiritualismos y misticismos, inconscientes de que nosotros, en la secuela de Cristo, hemos sido llamados a ser la sal y no el azúcar de la tierra (cf.. Mt 5, 13-16). De hecho, cuando fuimos consagrados sacerdotes no se nos regaló un pensimiento empalagoso, el Obispo consagrante nos dijo: «Date cuenta de lo que harás, imita lo que celebrarás, conforma tu vida al misterio de la cruz de Cristo Señor». Todo ello, basado en las palabras del Divino Maestro que nos ha advertido: «Si alguno quiere venir en pos de mí, niéguese a sí mismo, tome su cruz y me siga» (Mt 16, 24-25).
Todo esto él ha buscado comprenderlo, vivirlo y transmitirlo a través de un modo particular de anunciar y llevar el Evangelio: la diplomacia eclesiástica al servicio de la Iglesia de Cristo y de la Sede Apostólica.
La fuente de la verdadera diplomacia eclesiástica está toda contenida en las líneas, dentro de las líneas y más allá de las líneas del Evangelio que, de siglo en siglo, hasta el retorno de Cristo al final de los tiempos, no cesará de poner en evidencia nuestras miserias y nuestras riquezas humanas, nuestros límites y nuestras grandezas, nuestros pecados y nuestras virtudes cristianas. Y en estos tiempos, quizás más que nunca, podemos decir con el Beato Apóstol Pablo: «He combatido el buen combate, he terminado mi carrera, he guardado la fe» (II Timoteo 4, 6). Porque no es fácil conservar la fe, ni siquiera dentro de aquella sociedad humana que es la Iglesia visible, definida «Santa y pecadora» por el Santo obispo Ambrosio, o siglos después, por el Cardenal Joseph Ratzinger quien meditando en 2005 la novena estación del Vía Crucis lamentó: «¡Cuánta suciedad hay en la Iglesia, y precisamente entre aquellos que, en el sacerdocio, deberían pertenecerle completamente!».
¿Quién es este sacerdote subido al púlpito a predicar en memoria de Adriano obispo? Soy un siervo inútil. Como de hecho dice el Señor Jesús: «“Cuando hayáis hecho todo lo que se os ha mandado, decid: “Somos siervos inútiles. Hemos hecho lo que debíamos hacer””» (Lc 17, 10). ¿Cuál era mi relación íntima con él? Respondo diciendo que en el Evangelio lucano se habla de la gran reserva de la Bienaventurada Virgen María que «por su parte, guardaba todas estas cosas meditándolas en su corazón» (Lc 2, 19).
Escribe el Apóstol a los habitantes de Corinto: «¿Dónde está, oh muerte, tu victoria?» (I Cor 15, 55). Reflexionando sobre este paso al final de su vida, el Sumo Pontífice Benedicto XVI comentó: «No me preparo para el final sino para un encuentro porque la muerte abre a la vida, a la vida eterna, que no es un infinito duplicado del tiempo presente, sino algo completamente nuevo».
Buen viaje hacia lo «nuevo» buen viaje «hacia lo eterno», Adriano obispo, has hecho cuanto debías hacer, como todos nosotros «siervos inútiles», de ello soy testigo como hijo, amigo y hermano. Cada 11 de septiembre, mientras físicamente me sea posible, vendré a este lugar bajo la jurisdicción de la Iglesia particular de San Marino-Montefeltro, a la cual pertenezco como presbítero — aunque no haya vivido en Montefeltro sino en Roma contigo —, para celebrar en tu lugar natal, ya hoy tu lugar de sepultura, una Santa Misa por el alma inmortal del padre, del amigo y del hermano que has sido para mí.
¡Alabado sea Jesucristo!
Santa Maria del Mutino, Monastero di Piandimeleto, 15 Septiembre 2025
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El amargo caso del presbítero Paolo Zambaldi de la diócesis de Bolzano-Bressanone: cronica de una muerte anunciada
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Nella sua opera Naturaleza Tito Lucrezio Caro rivolge una critica alla religione indicandola come fonte che genera paura, superstición y sufrimiento, impedendo all’uomo di giungere alla vera felicità, od a quella conoscenza della verità — come afferma il Beato Apostolo Giovanni — che ci renderà liberi. Concetto al quale si rifarà Karl Marx con il celebre aforisma «la religione è l’oppio dei popoli». Avevano ragione tutti e due, Tito Lucrezio Caro e Karl Marx …
- Actualidad -
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Duole lasciarsi andare alle geremiadi, specie quando si è consapevoli che non servono a niente, solo a manifestare comprensibile disagio fine a se stesso.

en octubre de 2024 questa nostra rivista ha compiuto 10 anni di attività, nel corso dei quali ha offerto servizi che possono essere più o meno condivisibili per contenuti e impostazioni, ma di indubbia qualità, cosa riconosciuta persino dai nostri avversari e da coloro che non la pensano come noi.
In un mondo cattolico sempre più devastato dal fideismo, da forme di millenarismo dal sapore esoterico, inquinato al presente da tutte le vecchie eresie di ritorno, i Padri de L’Isola di Patmos hanno sempre offerto un servizio improntato sul più aderente ossequio al deposito della fede, alla dottrina e al magistero della Chiesa, combattendo all’occorrenza pericolose derive e recuperando nel corso degli anni non poche persone che si erano smarrite al seguito di vari ciarlatani che oggi abbondano a dismisura, specie grazie ai social media.
Pochi mesi fa si è concluso un complesso pontificato reso complicato da un contesto geopolitico mondiale delicatissimo, il giudizio sul quale spetterà alla storia, che potrà darlo solo in futuro, quizás incluso en muchos años. Un pontificato nel corso del quale diverse persone, già di per sé immature e fragili nella fede, sono andate totalmente fuori strada mettendosi in marcia dietro preti usciti fuori equilibrio, finiti sospesi a divinis, scomunicati o persino dimessi dallo stato clericale, seguido, Sucesivamente, da laici senza arte né parte che si sono improvvisati ecclesiologi, canonisti e teologi in stuzzicante salsa complottistica alla Dan Brown de noartri. La nostra ultradecennale missione pastorale su L’Isola di Patmos si è incentrate principalmente sul richiamo all’unità con Pietro e sotto Pietro, a prescindere dagli evidenti difetti dell’uomo Jorge Mario Bergoglio, senza dimenticare che sotto vari aspetti, quel rozzo pescatore galileo scelto da Cristo in persona, non eletto da un conclave di cardinali, a suo tempo si rivelò molto peggiore di tanti pontefici problematici della storia, sia sul piano pastorale che su quello dottrinale, basti pensare a quando giurando e imprecando rinnegò Cristo (cf.. Mt 26, 69-75) o quando ad Antiochia fu redarguito da Paolo su questioni legate alla dottrina della fede (cf.. Gal 2, 11-21)
Premesso che nella vita nulla è dovuto, che tutto va meritato e che tutto è una grazia, va detto però che la mancanza di generosità da parte delle persone — a partire dalle non poche alle quali abbiamo fatto del bene —, induce a prendere atto che l’opera pastorale portata avanti dal 2014 da un gruppo di sacerdoti e teologi forse non merita di essere sostenuta. Per questo suscitano in noi particolare amarezza — ed è difficile negare il nostro sacerdotale disagio in tal senso — le numerose persone che i Padri de L’Isola di Patmos hanno aiutato e sostenuto nel corso degli anni, sanando le loro ferite doloranti dopo che erano state ingannate da “santoni”, “santuzze” e “veggenti”, dinanzi ai quali non esitarono ad aprire i loro portafogli come fossero fisarmoniche, gli stessi che sono rimasti invece chiusi ermeticamente dinanzi alla nostra opera alla quale non hanno mai versato un euro.
C’è poco da stupirsi, sappiamo com’è solito agire quello che una volta si chiamava popolino, già lo sapeva giovanni bocaccio quando nel lontano XIV secolo immortalò nel Decamerón la paradigmatica Novela 10 dedicata a Fray Cipolla. Basta inebriarlo, il popolino, con la garanzia del vero “segreto” di Fatima finalmente svelato dopo essere stato tenuto nascosto dalla Chiesa bugiarda e mentitrice; oppure ubriacarlo con i “dieci segreti” che una Gospa logorroica e ripetitiva, ormai affetta da evidente demenza senile, avrebbe dato a un gruppo di scaltri zingari bosniaci che grazie a questa grande truffa del Novecento si sono fatti le budella d’oro; oppure drogarlo con qualche madonna che batte i piedi come una narcisista isterica mandando a dire da qualche altro visionario fulminato che vuole essere proclamata a tutti i costi corredentrice e che smercia anch’essa “segreti” in giro per la orbe terracquea, in attesa del magico e definitivo trionfo del suo cuore immacolato. Bueno, sí, diamo questi generi di oppiacei al popolino ed ecco aprirsi come per magico incanto i portafogli. Così avveniva nella Certaldo boccaccesca del XIV secolo così avviene oggi nel Terzo Millennio.
Nella sua opera Naturaleza Tito Lucrezio Caro rivolge una critica alla religione indicandola come fonte che genera paura, superstición y sufrimiento, impedendo all’uomo di giungere alla vera felicità, od a quella conoscenza della verità — come afferma il Beato Apostolo Giovanni — che ci renderà liberi (cf.. Juan 8, 32). Concetto al quale si rifarà Carlos Marx con il celebre aforisma «la religione è l’oppio dei popoli». Avevano ragione tutti e due, Tito Lucrezio Caro e Karl Marx, sbagliavano però sia il concetto che il termine confondendo la fede con il fideismo dei beoti al seguito di Frate Cipolla, che nulla hanno da spartire con la purezza della fede, da loro vilipesa e trasformata in parodia grottesca tra madonne parlanti, madonne piangenti, segreti rivelati, profezie catastrofiche e via dicendo a seguire.
Siamo arrivati alla conclusione, triste ma realistica, che in fondo questa gente si merita i vari Frate Cipolla capaci a suscitare in loro pruriti morbosi, facendogli uscire fuori soldi come gli incantatori fanno uscire il serpente dalla cesta al suono dell’ipnotico pungi.
Il paradosso è che L’Isola di Patmos non è un fallimento, por el contrario: è un successo straordinario e a tratti incredibile. La mole di visite è pari a una media di oltre tre milioni al mese, l’anno 2024 si è chiuso con quasi quaranta milioni di visite totalizzate. Pronto dicho: se solo lo 0,1% di questi visitatori ci avesse donato un euro, le spese di gestione sarebbero totalmente coperte e ne avremo persino d’avanzo per qualche opera di carità.
Chiunque s’intenda solo un po’ di certi aspetti tecnici, con pochi colpi d’occhio coglie immediatamente la qualità del sito che ospita la nostra rivista, a partire dalla grafica. Offrire la versione stampabile degli articoli, la audio-lettura, spesso anche la traduzione degli stessi in tre lingue, comporta un lavoro redazionale notevole, tutto svolto dai Padri a titolo puramente gratuito. Cierto, fa specie che nel corso di un anno solare non si riesca a raccogliere neppure la metà del necessario per il pagamento delle spese vive di gestione e che puntualmente si debba provvedere di tasca nostra al sopraggiungere delle scadenze di pagamento. Perché impiegare le proprie personali risorse per avere il raro privilegio di lavorare gratis per le persone che prendono e non danno, o che dopo avere dato agli scaltri incantatori di serpenti, una volta finito il suono del piffero e con esso l’effetto ipnotico vengono a piangere da noi per essere aiutate e sostenute, è davvero una gran soddisfazione, de lo contrario: è proprio un privilegio, lavorare liberar el Amor Dei para esta gente! Ma siamo preti e per quanto tanta sarebbe la voglia, mettere queste persone alla porta, come meriterebbero, è contro la nostra natura ontologica sacerdotale.
L’Isola di Patmos sta concludendo il proprio undicesimo anno di attività senza mai avere conosciuto flessioni ma solo un continuo incremento, lo prova l’alto numero di visite che a partire dal 2016 ci ha obbligati a spostare il sito su un servidor dedicado, che costituisce la maggior voce di spesa annuale seguita dalle altre spese per i vari abbonamenti quali l’acquisto dei programmi grafici, audio, vídeo, sistemi di sicurezza… En conclusión, stiamo parlando di qualche cosa che funziona e che funziona anche molto bene, ma che non dispone dei mezzi di sussistenza. Per questo abbiamo deciso di darci un altro anno di tempo: se a settembre del 2026 non avremo raccolto tutto il necessario per sostenere le spese del successivo anno 2027, o se non troveremo un ente pubblico o privato disposto a finanziarci, concluderemo la nostra felice e proficua esperienza di apostolato chiudendo la rivista L’Isola di Patmos, conservando sempre il ricordo indelebile di questa esperienza bellissima vissuta nell’unione cattolica d’intenti in piena comunione tra un gruppo di sacerdoti che hanno cercato di testimoniare il Cristo vivo e vero. Come però insegna il Beato Apostolo Paolo nella sua epistola al discepolo Timoteo:
"Porqué vendrá el día, de hecho, cuando no soportarán la sana doctrina,, sino, que teniendo el comezón de oídos, acumularan, para sí maestros conforme a sus propios deseos, negarse a escuchar la verdad para recurrir a los cuentos de hadas. Usted siempre será constante, sufre penalidades, completar tu trabajo como predicador del Evangelio, cumple tu ministerio " (II Tm 4, 1-4).
E quel giorno oggi è venuto, desafortunadamente, riteniamo di averne fatto triste spesa anche noi. Con todo y esto, también en este caso, il Santo Vangelo ci insegna:
«Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, salir de aquella casa o ciudad, sacudirse el polvo de tus pies».
Desde la isla de Patmos 31 Agosto 2025
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Los Padres de la Isla de Patmos
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Redescubrir la filosofía de la atención: de la acumulación a la persona a cuidar las posibilidades
/en Actualidad/por padre ivanocarlo acutis, la Eucaristía. A veces, tener grillos para la cabeza es estéril y peligroso
/en Actualidad/por Padre GabrieleCarlo agudo, La eucaristía. A VECES TENER GRILLOS EN LA CABEZA ES ESTÉRIL Y PELIGROSO
Hemos escuchado palabras proféticas, que no solo se dirigen a profesionales de la información, Pero a cada uno de nosotros. Porque todos, hoy en día, nos comunicamos. Lo hacemos en la familia, en el trabajo, sui sociales, en comunidades. Y cada palabra, cada imagen, cada silencio... es un fragmento de cultura, es una elección entre paz o conflicto. El Papa nos dijo que «la paz comienza con nuestra apariencia», escuchemos, hablemos de los demás".

Autor:
Gabriele Giordano M.. Scardocci, o.p.
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La canonización de nuevos santos siempre es un momento de regalo para la Iglesia. Por nuevas figuras que sean modelos e intercesiones para los que quedamos.. También centrarnos en algunos temas que esos mismos santos exploraron y experimentaron en sus vidas..

Papa León, confirmando el camino recorrido hasta ahora por el Papa Francisco, confirmó la canonización de dos santos: Carlo Acutis y Piergiorgio Frassati para el próximo 7 Septiembre. Si pues ante las nuevas canonizaciones, un mínimo de debate y reflexión siempre son comprensibles, y de hecho deseable incluso en una línea especulativa más teológica, Algunas exasperaciones sobre los supuestos teológicos y doctrinales de los propios santos pueden ser peligrosas y estériles, si no francamente empalagosas..
La impresión de que, me parece, hay algunos escritos recientes detrás de esto no es para realzar la obra de un santo, que si como se sabe, por fe, en sí mismo obviamente no se nos pide acogerlo como la cuarta persona de la Trinidad, sin embargo, ni siquiera se nos pide que lo utilicemos como llave para desmantelar una visión clásica de la teología eucarística.. Este es el caso de un artículo reciente del Prof.. Andrea Grillo sobre la teología eucarística de Carlo Acutis. Un artículo que no parece captar del todo el potencial del santo. Ahora entendámoslo paso a paso.. Ante todo, centrémonos en Carlo Acutis.
Carlo agudo: UN SANTO DEL INTERNET DE LAS COSAS[1]
carlo acutis, nacido en Londres en 1991 y se mudó a Milán poco después, es una figura venerada por la iglesia católica, conocido por su temprana y profunda fe. Su biografía revela una vida corta pero intensa., caracterizado por una extraordinaria devoción y un talento excepcional para las tecnologías de la información, que puso al servicio de su espiritualidad. Desde que era un niño, Acutis mostró una notable inclinación hacia la fe. Esta devoción innata le llevó a desear ardientemente recibir su Primera Comunión., que le fue concedido por adelantado, a la edad de siete años. Desde ese momento, misa diaria, La adoración eucarística y el rosario se convirtieron en pilares de su época. Asistió a la escuela de las Hermanas Marcelinas y posteriormente al Instituto León XIII., distinguiéndose como un estudiante brillante y sociable. Paralelamente a sus estudios, Acutis desarrolló una notable pasión por la tecnología de la información., siendo autodidacta y ganándose el sobrenombre de “genio de la informática”. Esta habilidad no fue una simple hazaña para él. Hobby, sino un instrumento de evangelización. Con tan solo catorce años, creó un sitio web dedicado a catalogar los milagros eucarísticos reconocidos por la Iglesia, una obra que se convirtió en instrumento de evangelización a nivel mundial, atrayendo la atención de numerosos fieles. Su objetivo era dar a conocer la presencia real de Jesús en la Eucaristía, Difundir la fe a través de las nuevas tecnologías..
A pesar de su profunda espiritualidad, Estuvo gravemente enfermo cuando era joven., a quien le encantaba jugar al fútbol, jugar videojuegos y pasar tiempo con amigos. Su caridad fue un rasgo distintivo: usó sus ahorros para ayudar a las personas sin hogar y dedicó su tiempo como voluntario en comedores sociales. También fue un punto de referencia para sus compañeros., ayudarles con sus estudios y ofrecer apoyo a quienes enfrentan acoso o dificultades familiares.
en octubre de 2006, La vida de Acutis terminó abruptamente. a partir de un diagnóstico de leucemia fulminante. Afrontó su enfermedad con sorprendente serenidad, ofreciendo sus sufrimientos por el Papa y por la Iglesia. Murió el 12 de Octubre del 2006, a la edad de 15 años. Su reputación de santidad se extendió rápidamente, lo que llevó a la apertura de su proceso de beatificación en 2013. El Papa Francisco lo declaró Venerable en 2018 y en el 2020 reconoció un milagro que se le atribuye, allanando el camino para su beatificación, ocurrió en 10 de Octubre del 2020 para asistir. Su cuerpo es conservado y expuesto para veneración en Asís..
Carlo Acutis es considerado hoy un modelo de santidad para los jóvenes en la era digital, a menudo llamado "el influenciador de Dios" o "el ciberapóstol de la Eucaristía", por su capacidad de combinar fe y tecnología.
Estar personalmente vinculado al apostolado de la predicación digital, Creo que esta propensión a difundir la fe en Internet es uno de los puntos de luz, donde todos los jóvenes pueden tomar modelo e inspiración, convertirse en "predicadores cibernéticos digitales", sin volvernos fanáticos o extremistas.
UNA ESCARAMUZA EXCESIVA
profesora andrea grillo, en su artículo El joven Carlo Acutis y el desplante eucarístico [2], ofrece un examen crítico de la interpretación teológica de la Eucaristía transmitida por la figura del Beato Carlo Acutis, con especial atención a la insistencia en los llamados "milagros eucarísticos". Pregúntale a Grillo si le pides que venga a verte., un "supercomunicador", puede haber estado orientado hacia una comprensión tan "distorsionada" y "unilateral" de la Eucaristía, centrado en los "milagros" más que en el valor eclesial genuino del sacramento.
El profesor examina atentamente el sitio web oficial de la Asociación Carlo Acutis, en particular la sección dedicada a los milagros eucarísticos, y analiza críticamente los textos introductorios escritos por el cardenal Angelo Comastri, por Monseñor Raffaello Martinelli y el padre dominico Roberto Coggi, quien también fue mi profesor de filosofía natural durante los años de mi educación en Bolonia. Grillo define estos textos como «antiguos … pesado … obsesionante", sugiriendo que encarnan una "mala teología" impuesta a Acutis por "malos maestros". Destaca inconsistencias y puntos de vista teológicos obsoletos en sus escritos., como el prefacio defensivo del cardenal Angelo Comastri, la justificación de los milagros como “ocasiones” para abordar otros temas por monseñor Paolo Martinelli, y la comprensión anticuada del padre Roberto Coggi de las palabras de consagración. El profesor sostiene que este énfasis en los milagros físicos distrae la atención de lo "verdadero" y”"único" milagro eucarístico, que reside en la comunión eclesial y en la unidad entre el cuerpo sacramental y el cuerpo eclesial. La "descortesía eucarística", concluye Grillo, no es atribuible al joven Carlo Acutis, sino más bien a los adultos que promovieron estas interpretaciones desequilibradas, finalmente propone uno “Fijación distorsionada en los milagros eucarísticos.” como modelo a seguir para los jóvenes.
TENER GRILLOS EN LA CABEZA
Si por un lado admito que una atención excesiva a los milagros eucarísticos "realizados por adultos" de manera devocional y casi "eucaristólica" corre el riesgo de no comprender el verdadero significado de la Adoración en Jesucristo presente en el cuerpo, sangre, alma y divinidad y también en la Eucaristía como comunión del nuevo pueblo de Dios [3], Nos parece que el objetivo del profesor no es desmantelar una falsa devoción eucarística, sino, en cuanto a lo contrario, Minimizar hasta casi calificar de obsoleta la concepción de la presencia sustancial de Cristo en las especies eucarísticas.. Aunque esto no se dice explícitamente, el como son las cosas parece excesivo. Si realmente quisieras atacar sólo una tendencia "eucaristólica", Personalmente creo que es más correcto exaltar también los pasajes de bondad del propio Acutis y su deseo de comulgar en Cristo también a través de internet.. Saltándose la referencia al próximo santo, cada referencia parece estar diseñada para atacar la doctrina de la presencia real, sin razones doctrinalmente válidas.
tan en broma, en comparación con las posiciones del profesor, Escribí hace algún tiempo que esta propensión a utilizar a Carlo Acutis como ganzúa para desquiciar "a los cerrados que quedaron en el Concilio Tridentino" o como trampolín para saltarse toda la belleza de la reflexión sobre la contemplación eucarística, Esta propensión es como tener grillos en la cabeza.. Tres saltos – largos, exagerado y desenfocado - de un grillo que creo que va un poco’ reasentado. Ahora intentaremos responder lo antes posible., documentos en mano, a los cargos del Profesor.
Eucaristía "vieja" y "pasada de moda"? La verdad sobre la Eucaristía como presencia real no tiene edad y no puede estar "pasada de moda" como lo estará probablemente Coca-Cola Zero dentro de quince años.. La doctrina de la Presencia Real de Jesús Sacramentado es el corazón de nuestra fe y un pilar inmutable., no es una "moda pasajera".. El Concilio de Trento afirmó solemnemente que Cristo es «verdaderamente, verdadera y sustancialmente" presente en la Eucaristía [4]. Il Concilio Vaticano II, lejos de negar esta verdad, lo exploró más a fondo, instándonos a participar más plena y conscientemente en el Sacrificio Eucarístico [5] .carlo acutis, con su vida, simplemente nos tentó a recordarnos la belleza y el poder de esta verdad eterna., demostrando que puede inflamar los corazones de cada generación. Intentó hacer comunión digital y virtual a partir de la comunión real con el Cristo Eucarístico. Si la Eucaristía es verdaderamente "fuente y cumbre de toda vida cristiana" [6] entonces no es en absoluto innecesario, pero el centro de todo.
Milagros Eucarísticos vs.. el «Verdadero Milagro»? Milagros eucarísticos reconocidos por la Iglesia, aunque no son "objetos de fe" como los dogmas, pueden ser de gran ayuda para nuestra fe. Monseñor Rafael Martinelli, en uno de los textos que presenta la exposición de Carlo, explica que pueden "constituir una ayuda útil y fructífera a nuestra fe". Son señales extraordinarias de que Dios, en su infinita sabiduría, nos ofrece fortalecer nuestra adhesión al Misterio. El propio Santo Tomás de Aquino explicó cómo las propiedades de la carne y de la sangre se expresan sustancialmente en las especies eucarísticas, incluso si esta propiedad es inherente a Dios por un milagro [7]. Este recordatorio es verdaderamente necesario para nosotros que no pudimos adorar esas propiedades en el cuerpo glorioso de Cristo., porque nacieron siglos y milenios después de la presencia del Verbo Encarnado en la tierra. Estos fenómenos no eliminan el verdadero milagro de la Transustanciación, pero pueden ayudar a resaltarlo visiblemente, llevando a muchos a una fe más profunda en la Presencia Real. Carlo Acutis no "descuidó" el verdadero milagro, pero utilizó estos signos para llevar a otros al corazón de aquel Misterio que para él era "mi camino al Cielo"..
“grosería eucarística” y "malos profesores"? Estas proposiciones del Profesor nos parecen imprudentes. Ningún artículo teológico nos autoriza a procesar las intenciones de otros teólogos. Padre Roberto Coggi, Monseñor Paolo Martinelli y el cardenal Angelo Comastri parecen casi descritos como malos maestros, portadores de una teología obsoleta y rancia., que, como se describe, parece casi distante de la doctrina católica. No creemos que este sea el caso.. Leamos juntos lo que nos dice la Iglesia. Las palabras de consagración, como nos enseña el Catecismo (n. 1353), tienen su punto de apoyo en las palabras de Cristo: «Este es mi cuerpo… Esta es mi sangre…». El Misal reformado en 1970 retomó esta fórmula traduciéndola del latín: y de hecho demostró así que las palabras esenciales que operan el Sacramento siguen siendo las instituidas por el Señor.. Cómo todo esto puede caer en la categoría de "grosería" o "fantasía", o mala mano de obra, Se me escapa por completo. Ninguno de los autores mencionados anteriormente, es más, Nunca ha negado la importancia de la Eucaristía como Comunión del Nuevo Pueblo de Dios., y en particular el Padre Coggi, en su hermoso libro La Iglesia, fruto de sus meditaciones en Radio María, escribe;
«La Iglesia no es presentada por el Concilio sólo como el Cuerpo místico de Cristo, pero también como nuevo Pueblo de Dios. De lo Contrario, se puede decir que el Concilio destacó particularmente este aspecto de la Iglesia, es decir, la Iglesia es el Pueblo de Dios. Así lo demuestra el hecho de que el Consejo dedica un capítulo entero a este tema entre los ocho que lo componen. Lumen Gentium. De hecho, el segundo capítulo de la constitución dogmática Lumen Gentium sobre la Iglesia se titula: El Pueblo de Dios. Ver a la Iglesia como Pueblo de Dios abre muchas perspectivas. En primer lugar, subraya la continuidad del Nuevo Testamento con el Antiguo Testamento.: como Israel era el Pueblo de Dios del Antiguo Pacto, así la Iglesia es el Pueblo de Dios de la Nueva Alianza. También subraya el aspecto histórico de la Iglesia.. Las denominaciones que hemos examinado en transmisiones pasadas., cuando dijimos que la Iglesia es el Reino de Dios, el templo de dios, el Cuerpo místico de Cristo, Centrar nuestra atención en la conexión de la Iglesia con Dios., con la Santísima Trinidad, con Jesús resucitado y glorioso, es decir, subrayan la dimensión eterna de la Iglesia. Pero la Iglesia no sólo tiene este aspecto, lo que en cierto sentido la aleja del mundo y de la historia. La Iglesia también está inserta en la historia humana, la Iglesia camina a través del tiempo. Decir que la Iglesia es Pueblo de Dios, el Pueblo de Dios peregrina a través de la historia hacia la meta de la eternidad – como el antiguo Pueblo de Israel vagaba por el desierto hacia la tierra prometida -, decir esto es captar un aspecto esencial de la Iglesia" [8].
Es realmente un pasaje espléndido. entender también a la Iglesia como pueblo de Dios. En definitiva, la atención a la Presencia Real no es desatención hacia los fieles: sino de atención al núcleo del Misterio que alcanza a los fieles. Acusando de "mala teología" a quienes intentan comunicar la centralidad de la Presencia Real., también a través de la devoción popular y los milagros, significa no comprender la pluralidad y la riqueza de los modos a través de los cuales se transmite y vive la fe.
CONCLUSIONES
El futuro santo Carlo Acutis es un modelo de santidad precisamente por su ardiente fe eucarística, un brillante ejemplo para todos nosotros y para los jóvenes. Una fe no devocional anclada en una herencia semipagana o protestante. La fe de Acutis es una fe eucarística que nos ayuda a repetir la acción del pequeño apóstol Juan en la Última Cena.. Es decir, frente a Jesús apoyó su cabeza sobre el pecho de Jesús sobre su Sagrado Corazón.. Y en ese "grupo" se abandonó por completo a Dios.. Nosotros también durante la adoración del Santísimo Sacramento., podemos descansar nuestras cabezas en Su Sagrado Corazón. Abandona todas nuestras ansiedades, todos nuestros miedos, y también ofreciéndole todo lo que tenemos. Un hermoso momento de oración que, desde el corazon, También le deseo al profesor Andrea Grillo.
Santa María Novella en Florencia, 23 De julio 2025
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Para más información
– Concilio de Trento, Sesión XIII, Decreto sobre la Eucaristía, canone 1. Ver. Denzinger-Hünermann, enchiridion, definiciones y declaraciones sobre cuestiones de fe y moral, n. 1651.
– Concilio Vaticano II, Constitución sobre la Sagrada Liturgia Sacrosanctum Concilium, n. 14.
– Concilio Vaticano II, Constitución Dogmática sobre la Iglesia Lumen Gentium, n. 11.
– San Tommaso de Aquino, Summa Theologiae, III, q. 77, a. 1.
– Catecismo de la Iglesia Católica, n. 1353.
– R.Coggi, La Iglesia, EDS, Bologna, 2002, 81.
NOTAS
[1] Resumiré desde aquí https://biografieonline.it/biografia-carlo-acutis
[2] Si tú ves
https://www.cittadellaeditrice.com/munera/il-giovane-carlo-acutis-e-la-maleducazione-eucaristica/
[3] La comunión de los fieles en Cristo no existe sin la presencia real de Cristo en la Eucaristía, aunque esto también, pasando, parece ser contratado por el profesor.
[4] Denzinger-Hünermann, n. 1651
[5] Sacrosanctum Concilium, n. 14.
[6] Lumen Gentium, n. 11
[7] Summa Theologiae, III, q. 77, a. 1, Suma Teológica III, q.76,a.8.
[8] R.Coggi, La Iglesia, EDS, Bologna, 2002, 81.
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carlo acutis. La fábrica de los santos transmitió el examen de las críticas por el teólogo Andrea Grillo
/en Actualidad/por monje ermitañoCarlo agudo. LA FÁBRICA DE LOS SANTOS PASÓ BAJO LAS CRÍTICAS DEL TEOLOGO ANDREA GRILLO
Recientemente se ha suscitado un debate un tanto interesante., Incluso con cierta controversia, resultante de las intervenciones del profesor Andrea Grillo. Sus críticas y dudas específicas se dirigieron a la forma en que se presenta oficialmente al Beato Carlo Acutis y a la publicidad eclesiástica que se ha desarrollado en torno a él., la cual, como se dice, sufriría de una sensibilidad religiosa atrasada, que no tendría en cuenta todos los progresos realizados por la Iglesia en los años posteriores al Concilio en materia de la Eucaristía.

Autor
Monje ermitaño
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el dicho popular, «bromea con los infantes, dejar en paz a los santos", en los últimos tiempos parece haber perdido su valor hacia el hombre que es considerado el beato moderno por excelencia.: carlo acutis; pronto será elevado a los honores de los altares junto con el otro joven beato Piergiorgio Frassati.

Hace poco comenzaron a circular comentarios sobre la conveniencia de la canonización de Carlo Acutis; vinieron en su mayoría - y lo digo ejemplificando mucho -, de los llamados círculos conservadores. Las notas se acumulan en torno a la velocidad del proceso de canonización, que les parecía más una promoción de la política eclesiástica que una invitación a la santidad. Posteriormente surgieron interrogantes sobre la figura del próximo Santo que poco tendría que ofrecer a los jóvenes de hoy., que viajan por Internet mucho más rápido que el Beato, considerado un "genio de la informática", solo por haber creado una web sencilla sobre los milagros eucarísticos. Y sin embargo,, Se han criticado la presencia constante de la familia Acutis.; Esto también es una novedad tolerada por la Iglesia que, en cambio,, en el pasado, Prohibió cualquier intervención pública por parte de familiares., como en el caso de la madre y los hermanos de la joven Santa María Goretti. Sin embargo, la situación hoy es diferente donde las madres promueven a su santo hijo., o los hijos y nietos que andan sermoneando sobre su padre, la madre, el abuelo o abuela elevado a los honores de los altares.
Recientemente, desde un frente diferente, Se ha suscitado un debate un tanto interesante, Incluso con cierta controversia, resultante de las intervenciones del profesor Andrea Grillo, profesor de Liturgia en la Universidad Romana de Sant'Anselmo, informó en su página Facebook y en su Blog. Sus críticas y dudas específicas se dirigieron más bien a la forma en que se presenta oficialmente al Beato Acutis y a la publicidad eclesiástica que se ha desarrollado en torno a él., la cual, como se dice, sufriría de una sensibilidad religiosa atrasada, que no tendría en cuenta todos los progresos realizados por la Iglesia en los años posteriores al Concilio en materia de la Eucaristía. En particular, utilizó la expresión “mala educación” refiriéndose a la atracción desbordante hacia lo milagroso, subrayado en la presentación del Beato Carlo. Estados grillo:
«¿Cómo es posible que todos los avances que ha hecho la Iglesia en los últimos 70 años, en el nivel de comprensión del valor eclesial de la Eucaristía y de su celebración, fue comunicado de una manera tan distorsionada al joven ardiente comunicador, hasta el punto de sugerir una comprensión tan incompleta, tan defectuoso, tan unilateral?».
Por ello hace una crítica, más que al Santísimo, nunca cuestionado, más bien a la presentación que se hace de él y, rigotto all'Acutis, si lo suyo fuera la pasión por los milagros eucarísticos, según el profesor esto no fue bien abordado. De estas declaraciones que he resumido mucho, Nació un debate que, como siempre pasa, predice a favor y en contra. Quizás algunas de las declaraciones del profesor hayan parecido mordaces en algunos momentos., Me refiero a las dirigidas a los famosos lemas del Beato., quien hizo su fortuna: «Yo no, sino Dios» y «Todos nacen originales pero muchos mueren fotocopias». sin embargo, algunas preguntas planteadas son difíciles de eludir, dirigido sobre todo a los promotores de la causa de canonización y no al Santo, que se han "detenido" demasiado unilateralmente en el aspecto milagroso de la presentación de la Eucaristía.
Es probable que tarde o temprano hubieran surgido algunos problemas., independientemente de la canonización del joven beato Acutis, siguiendo las nuevas normas dictadas por Juan Pablo II, también un santo precoz, lo que permitió acelerar el tiempo para que figuras contemporáneas pudieran ser presentadas, a costa, sin embargo, de la pérdida de una perspectiva histórica y de la imposibilidad de evaluar la permanencia de una memoria y una inspiración. La discusión en esta circunstancia se vuelve aún más delicada porque hablamos, fray el altro, de un niño que murió siendo muy joven y que, según los testimonios unánimes, Humanamente mostró un gran entusiasmo., generosidad y valentía y que la Iglesia Católica ha decidido, con procedimientos simplificados en comparación con el pasado, pero no por eso superficial, proponer como modelo posible para todos, especialmente para los jóvenes.
El proceso que conduce a la canonización de un Santo es complejo y delicado al mismo tiempo. En el final, es como una entrega o un regalo que la Iglesia da a todos los fieles, cuando reconoce las virtudes de uno de sus hijos. Pero los fieles -y esto muchas veces no sucede-, deben tener la madurez necesaria que proviene de la formación teológica y más allá, osea sesus fidei que conduzca a un sano discernimiento y espíritu crítico. pensemos, por ejemplo, a la tendencia actual a considerar a todos los canonizados como doctores de la Iglesia, dando a sus escritos un valor exorbitante. Si bien debemos saber que la canonización de un santo no significa, ese hecho, que todo lo que escribió o dijo debe ser considerado oro puro. Más aún cuando nos encontramos ante la canonización de una adolescente, que seguramente habrán tenido una formación incompleta o exhaustiva. En un momento, decir, sólo los niños o adolescentes mártires eran considerados santos, como en el famoso caso extremo del inconsciente, pero muy venerado, Santos Inocentes.
Incluso si no queremos exasperar los problemas doctrinales destacado por el profesor. Andrea Grillo, de entender la Eucaristía sobre todo, pero también respecto del destino eterno -me refiero a las declaraciones de nuestro Beato sobre el deseo de saltarse el purgatorio gracias al sufrimiento hospitalario-, no hay duda de que la capacidad de saber discernir todo con pericia es adecuada para los pastores y para el seguimiento de los fieles., sabiendo sacarlo a relucir, según el dicho evangélico: «cosas nuevas y cosas viejas» (Mt 13,52).
En mi opinión, el regalo que el Beato Carlo Acutis hace a la Iglesia es sólo eso. Desafortunadamente el, como sabemos, no tuvo tiempo de desarrollar un conocimiento estructurado de la teología eucarística u otros aspectos del misterio cristiano y se detuvo en una intuición que se convirtió en él en pasión y devoción.. Cierto, nos resulta fácil citar a Santo Tomás de Aquino, eminente teólogo, donde analiza los milagros eucarísticos y limita su significado (cf.. Summa Theologiae, III, 76, 8) y comparemos esto con lo que puede parecer una fijación adolescente de nuestro Beato. Pero el hecho es precisamente este: que de esta manera estaríamos comparando un discurso teológico con algo que no es discurso teológico y no quiere serlo.. Es precisamente pasión y devoción.. No todo puede ser tan perfecto como nos gustaría o esperamos. Lo vimos en el caso emblemático de Medjugorje, donde la Santa Sede finalmente prefirió promover la experiencia religiosa que se vive en ese lugar, mientras desvalorizaba la fuerza de los mensajes marianos que de allí surgían, considerándolos sólo presuntos, de hecho no reconocerlos como auténticos.
Si algo podemos preguntarnos - y el Beato Carlo Acutis nos ayuda en esto - por qué nacieron tantas devociones después del Concilio de Trento que han enriquecido la experiencia cristiana, que ponen la simplicidad de la vida en el centro, interioridad, vida común? Fue un movimiento mucho más laico que clerical., que no tenía en sí mismo su propia teología elaborada y estructurada, sin embargo, tradujo la fe cristiana en sensibilidad, en practicas, en formas de vivir. Y, sin embargo, esto no ocurrió después del último Consejo. No hemos podido renovar esas devociones., ni dar a luz a otros, a pesar de todo el esfuerzo teológico y eclesiológico del movimiento litúrgico que, si por un lado hubiera reducido muchas devociones, por el otro ofrecía contenidos, Ideas y nuevas oportunidades para caminos renovados.. ¿Cómo es posible que una comprensión tan rica y vital no se haya convertido también en devoción?, sensibilidad y forma de lenguaje? Así, hoy nos encontramos ante un Beato adolescente moderno que se lanzó con pasión juvenil a aspectos de la Eucaristía considerados devocionales., como los milagros eucarísticos, quien no ha recibido todas las adquisiciones más recientes sobre ese importante Misterio. Y, según la presentación hecha de aquel Santísimo, parece que toda esa riqueza ni siquiera pasó a los promotores de la causa de Carlo Acutis, incluso a quienes promueven formas que dejan atrás, solo digo, perplejo, como el de una transmision YouTube 24Las 24 horas del día de la tumba del Beato Carlo.
La pregunta de por qué no tenemos devociones hoy que tienen en cuenta la riqueza de las últimas adquisiciones, que sepan vincular vida litúrgica y testimonio de fe basado en el Evangelio, con la Eucaristía en el centro, que es a la vez lugar de llegada y fuente de vida del creyente y de las comunidades, no es tan extraño. A la luz de otros dos hechos, el segundo de los cuales es bastante doloroso. La primera es que todo el proceso que llevó a la beatificación y ahora a la canonización del Beato Acutis, así como la difusión de su culto, tuvieron lugar durante el pontificado del Papa Francisco. En Carlo encontramos el ejemplo., de hecho, de esa "santidad de al lado" a la que se refiere la exhortación papal Gaudete et exultate del 2018. En realidad, la exhortación postsinodal de 2019, cristo vive, nombra explícitamente al Beato, a pesar de ser aún venerable en su momento e incluso dedicarle más de una referencia (no. 104-107). Alguien preguntó: ¿Cómo es esto posible?, también desde este punto de vista, que no se ha transmitido nada "conciliar"; dado que el Papa Francisco fue aclamado como el primer hijo Pontífice del Concilio?
El segundo hecho es que hoy, según encuestas sobre religiosidad en Italia y en particular el de los jóvenes, hay que admitir que si por un lado tenemos un niño cercano a un Santo con pasión y devoción hacia la Eucaristía, tal vez mal entrenado; por otro lado hay una gran mayoría de niños y jóvenes que no tienen devoción hacia la Eucaristía, mucho menos al "valor eclesial de la Eucaristía y su celebración". Y esto, para casi todos ellos, después de años y años de catequesis y formación en grupos específicos. Aquí también alguien dijo, probablemente exagerando, pero sin alejarnos demasiado de la verdad, que sólo les queda "algo de valor humanitario y ecológico".
¿Por qué todas estas preguntas? y los debates surgidos sobre la canonización del beato Carlo Acutis no quedan en un ejercicio estéril, como suele suceder últimamente también dentro de la comunidad eclesial, marcar el campo, todavía se distancian de otros que piensan diferente, Sería útil aprender de ello.. Y por tanto sería importante la reflexión a todos los niveles., comenzando por los más altos de la Iglesia, sobre cómo retomar un camino serio de formación en la vida cristiana de los jóvenes, que tiene en cuenta múltiples experiencias, pero también empezar a ofrecer de nuevo alimentos sólidos a los niños, sin aburrirlos claro, pero ni siquiera con simplemente agarrarlos por la piel, porque sino se escapan o se aburren. Seguro que algo se está haciendo, pero creo que ha llegado el momento de no perder más tiempo. Los tesoros de la Palabra de Dios, de la vida litúrgica, La comprensión de la Iglesia sobre estos y su Tradición., Es necesario volver a poner en el centro las mil y más experiencias y testimonios de la vida cristiana para convertirlos en cultura y por qué no., también devoción, Pasión por la vida cristiana vivida en los tiempos modernos.. Para la exigente tarea imagino que la Iglesia espera la constante intercesión de los dos próximos santos..
Desde la ermita, 23 De julio 2023
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Redes sociales e ignorancia. Si la historia está escrita por los ganadores, de los viles terroristas asesinos se convierten en mártires de libertad
/2 Comentarios/en Actualidad/por Padre ArielSOCIAL MEDIA Y LA IGNORANCIA. Si la historia está escrita por los ganadores, VILES TERRORISTAS ASESINOS SE CONVIERTEN EN MÁRTIRES DE LA LIBERTAD
Los terroristas pueden ser terroristas si la ideología que siguen pierde y acaba derrotada, como en el caso de las brigadas rojas, pero pueden convertirse en héroes y mártires de la libertad si la ideología que siguen gana y se impone como poder gobernante.. Si de hecho el islamismo radical hubiera vencido y subyugado a los Estados Unidos de América, hoy en Nueva York se celebraría el derribo de las Torres Gemelas de la misma manera que en Francia se celebra la toma de la Bastilla y el derrocamiento del gobierno de Luis XVII.
— Historia y actualidad —
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Cuanto menor sea el coeficiente intelectual promedio en la sociedad, Cuanto más es necesario explicar incluso las cosas obvias.. El error que a menudo cometemos los estudiosos en el campo teológico como en el ámbito de las ciencias más dispares, de la medicina a la astrofísica, es dar por sentado cosas que consideramos obvias y que en realidad también lo son, siendo los elementos más rudimentarios de las diversas ciencias o simples y básicos sentido común humano. Desafortunadamente,, es necesario tener en cuenta que hoy en día estamos más inclinados a seguir el influencia analfabetos y yo tiktoker, incluidos ciertos sacerdotes que se dedicaban a estos juegos tontos (cf.. AQUI).

Como siempre, expliquemos con un ejemplo.: numeroso influencia convencidos de que "un enano tiene el corazón demasiado cerca del culo" porque no entendieron la hipérbole irónica de la canción Un juez por Fabricio de André (texto AQUI), Usan la palabra Edad Media en un sentido despectivo., ignorando que el bagaje artístico, La ciencia y la tecnología que tenemos hoy se la debemos a la Edad Media.. No solo, porque si hoy conocemos a los autores clásicos; se la cultura, La literatura y la filosofía griega y romana nos han llegado hasta nosotros gracias a la Edad Media., incluidos los poemas más lujuriosos de Valerio Cayo Catulo, que no sólo la Iglesia tuvo cuidado de no censurar o destruir, porque si los conocemos hoy es gracias a él y a los monjes escribas que los transcribieron y transmitieron a lo largo de los siglos..
Si en esas zonas de Etruria que fue territorio del Estado Pontificio hasta septiembre 1870, La Iglesia no había salvado ni conservado los frescos de las paredes ni la cerámica que representaba escenas fálicas., Orgias y relaciones homosexuales entre hombres., esas herencias etruscas y romanas se habrían perdido. Como sucedió en otros lugares, donde no era la Iglesia la que gobernaba, pero los gobiernos liberales "ilustrados" que juzgaron ciertas representaciones como escandalosas e inmorales y por lo tanto las destruyeron.
El sistema del derecho moderno. se lo debemos a los grandes glosadores boloñeses que vivieron entre los siglos XI y XII y le debemos el elemento fundamental de la civilización jurídica de la protección y legítima defensa del acusado precisamente a ese proceso inquisitorial sobre el que participaron personas inconscientes e ignorantes de que ser condenado por los Tribunales de la Santa Inquisición fue muy difícil. Y fueron precisamente los tribunales de la inquisición los que sancionaron otro elemento que hoy forma parte de la jurisprudencia penal de todos los países llamados civilizados del mundo.: el castigo destinado a la recuperación, no al castigo dictado por instintos de venganza, porque mediante el castigo el condenado no debe ser castigado sino recuperado. La respuesta de los ignorantes está lista.: «Se dictaron sentencias de muerte!». Y aquí hay que reiterar que las sentencias de muerte no eran raras sino muy raras., especificando que deben ubicarse y leerse en contextos históricos a los que los criterios de juicio actuales no son aplicables, bastaría explicar que incluso la pena de muerte fue un acto extremo destinado a recuperar al condenado. Por eso los condenados iban vestidos de blanco, signo de pureza, porque con la muerte pagaron su deuda y extinguieron sus culpas adquiriendo lo que en lenguaje cristiano se llama "pureza bautismal". y sus cuerpos, después de la muerte, debían ser tratados con respeto y enterrados con consideración.
Los ignorantes responden rápidamente a las explicaciones históricas.: Giordano Bruno fue quemado en la hoguera, además de asesinado y enterrado con respeto!». Cierto. Y según lo que era la lógica social, política, Las autoridades legales y religiosas de la época hicieron bien en quemarlo en la hoguera.. Fue él quien se equivocó con rara obstinación.. Fue sometido a dos juicios., uno en Venecia y otro en Roma. Con el segundo juicio romano se reanudó ex nuevo a todo el proceso procesal que duró en total ocho años, durante el cual se produjeron dos cancelaciones por ridículos defectos de forma, con el objetivo de darle a Bruno el mayor tiempo posible para enmendarse.. Durante años estuvo tentado a persuadirlo para que se arrepintiera., que él rechazó obstinadamente. De nada sirve decir y explicar a ciertas personas que se alimentan y beben de leyendas negras que el caso Bruno no puede ser evaluado y juzgado con los criterios de juicio de nuestro presente social., político, legales y también religiosas. Sería como condenar con gritos de escándalo., a través de la aplicación del pensamiento contemporáneo, ciertas prácticas de los hombres prehistóricos consideradas en nuestra opinión inhumanas y criminales.
Son muchos los hechos históricos manipulados desde el siglo XVI. por autores protestantes y desde finales del siglo XVIII hasta principios del XIX por liberales-anticlericales en el período posterior a la Revolución Francesa. Incluso hoy sigue siendo difícil, si no casi imposible, refutar ciertas leyendas negras que ahora se han convertido en verdades incluso impresas en los libros de texto de historia escolares.. Como en el caso de la historia que tuvo protagonistas en la Roma pontificia de 1867 Gaetano Tognetti, 23 años, Giuseppe Monti, 33 años, hoy celebrados como héroes indiscutibles y patriotas del Risorgimento. Los dos héroes autodenominados, en la tarde de 22 de Octubre del 1867 colocaron y detonaron una potente carga explosiva que destruyó casi por completo el cuartel de Serristori, ubicado en una calle lateral de la actual Via della Conciliazione, a unas decenas de metros de la Archibasílica Papal de San Pedro. En este cuartel se alojó una compañía de zuavos papales.. La explosión provocó la muerte de veinticinco militares y dos civiles. Si poco antes una gran empresa no hubiera abandonado el edificio, el número de muertes habría sido mucho mayor. El inspirador de este ataque fue principalmente Francesco Cucchi, miembro del Parlamento de Florencia, quien junto a otros asociados aprovecharon el trabajo de los dos atacantes, Más tarde terminó descubierto., detenido, juzgado y condenado a muerte.
Dos años después de su ejecución, Habiendo tenido lugar la unificación de Italia y Roma convirtiéndose en su capital., Los dos atacantes fueron celebrados como héroes e hicieron historia como "mártires de la libertad".. En el 1977 el director italiano Luigi Magni escribió y dirigió una película de vulgar origen anticlerical, exaltando estas dos figuras y distorsionando totalmente el cuadro histórico del último vistazo de la vida del Estado Pontificio, ahora reducido al territorio exclusivo de Roma y parte de la actual Región del Lacio.
Gaetano Tognetti y Giuseppe Monti no fueron patriotas heroicos sino de los viles terroristas que mataron a jóvenes de entre 1 y 2 años en un atentado 18 yo 25 años, todos en su mayoría miembros de la banda musical. Muchas más de veintisiete en total podrían haber sido las víctimas, si toda una empresa no hubiera abandonado repentinamente ese edificio.
Ninguno de los gobernantes europeos, a partir del Saboya, Ofreció ayuda diplomática a Pío IX., pidiendo el perdón de los condenados y la conmutación de la pena de muerte por prisión, a pesar de saber que en ese momento el Romano Pontífice tuvo que lidiar con los padres de las jóvenes víctimas y con la población romana herida y enojada por su muerte, incluido el de una niña de cinco años, rosas, murió instantáneamente junto con su padre Francesco Ferri, mientras la madre, Giuseppe Cecchi, se salvó cayendo al suelo aturdida. Una vez que recuperó sus sentidos se volvió completamente loco., tanto es así que fue necesario internarla en el hospital psiquiátrico de Santa Maria della Pietà, donde luego murió.
Esta rnarrativa real de los hechos nunca ha pasado a las historias legendarias del glorioso Risorgimento italiano, como lo demuestran los libros pseudohistóricos, novelas e incluso producciones cinematográficas de directores anticlericales.
En virtud de cuál fue el verdadero hecho histórico, Deberíamos haber tenido cuidado de no transformar posteriormente a estos dos terroristas en héroes legendarios mediante el trabajo de propaganda liberal-anticlerical., completo con caminos, barrios y monumentos dedicados a ellos. Esto equivaldría a construir hoy en Roma., en vía Fani, donde fue secuestrado 1978 Asesinados el primer ministro Aldo Moro y sus agentes de escolta, un monumento de celebración en honor de las heroicas y patrióticas Brigadas Rojas. Dejando huella en los libros de historia de que las Brigadas Rojas no constituyeron un movimiento terrorista peligroso, culpable de asesinatos y ataques durante los años 1970., sino un heroico grupo de libertadores, nombrar calles y plazas con el nombre de cada terrorista.
Terroristas y atacantes pueden convertirse en héroes y ser celebrado como tal dependiendo de quién gane la guerra y escriba las noticias después, cambiar ideologías y leyendas en falsedades históricas presentadas a la posteridad como historia de la patria, completo con películas populares, cuyo objetivo es inculcar en las masas cada vez más incultas el desprecio y el odio hacia la Iglesia católica y el papado., con total desprecio de las verdades históricas. Los terroristas pueden ser terroristas si la ideología que siguen pierde y acaba derrotada, como en el caso de las brigadas rojas, pero pueden convertirse en héroes y mártires de la libertad si la ideología que siguen gana y se impone como poder gobernante.. De hecho, si el islamismo radical hubiera ganado e, Siempre, por ejemplo,, subyugó a los Estados Unidos de América, hoy en Nueva York se celebraría el derribo de las Torres Gemelas de la misma manera que en Francia se celebra la toma de la Bastilla y el derrocamiento del gobierno de Luis XVII, sin mencionar las ejecuciones sumarias o los juicios ridículos enteramente basados en denuncias falsas que luego dieron lugar a un enorme baño de sangre en las guillotinas.
El historiador holandés Pieter Geyl (1887-1966) Afirmó que «la historia siempre la escriben los ganadores». Muchos siglos antes, escribió el filósofo griego Aristóteles en su obra política: «Las mentiras de los vencedores pasan a la historia mientras las de los vencidos quedan al descubierto».
Una frase que no es nada fácil de interpretar, el de aristóteles, que el filósofo y político italiano Rocco Buttiglione aclaró de manera lapidaria hablando precisamente en las páginas de social media:
«La ciencia histórica existe y tiene sus reglas: control de fuentes, la verificación de la coherencia lógica de las declaraciones, la obligación de información completa. La ciencia histórica quiere comprobar “lo que realmente pasó" (lo que realmente pasó). Esto no elimina el partidismo, sino que lo limita.. Existe la propaganda bélica de los vencedores que intenta erigirse como verdad oficial.. También está la propaganda de guerra de los vencidos., que periódicamente se redescubre y se opone a las versiones oficiales de los hechos. Sin embargo, también existen investigaciones históricas serias que evalúan todos los datos disponibles.. A menudo los vencidos utilizan la frase “la historia la escriben los vencedores” para rehabilitar su propaganda de guerra.. Es bueno tener esto en cuenta para distinguir entre el revisionismo histórico serio y el que no lo es." (cf.. AQUI).
Hoy en día, de Rusia a Ucrania y al Medio Oriente, la historia se repite, con los peores matones ya trabajando para crear los próximos falsos héroes de la patria que serán celebrados.
Desde la isla de Patmos 12 De julio 2025
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«Dios reveló los secretos de los demás ALTIUS»
(en más alto que los demás, Juan ha trasmitido a la Iglesia, los misterios arcanos de Dios)

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