IL SINODO E IL PROBLEMA KARL RAHNER: IL GRANDE “APPRENDISTA STREGONE”
Nella sua prolusione finale al Sinodo dei Vescovi il Santo Padre propone come retta via da seguire una via media, che sintetizza e unisce armoniosamente i valori contenuti nelle due fazioni, innaturalmente da esse separati e contrapposti …
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Autore Giovanni Cavalcoli OP
Intervento del Santo Padre al Sinodo
È notevole che nel commentare il clima delle discussioni al sinodo in un recente discorso il Santo Padre abbia avuto parole rassicuranti contro eccessivi allarmismi, accennando all’inizio della sua prolusione, come a cosa normale in queste circostanze ed anzi con tono di lode, al confronto in atto delle idee e a certi legittimi contrasti di vedute, di proposte e di opinioni.
Il Santo Padre Francesco
Nel prosieguo del discorso il tono del Sommo Pontefice è passato dall’iniziale bonomia ad una ammonitrice serietà, mostrando che se certi contrasti possono essere normali e costruttivi, altri, più profondi, che toccano la dottrina e la morale, la pace e l’unità della Chiesa e l’obbedienza al Papa, non possono essere approvati e devono essere tolti per imboccare una via veramente cattolica e comune, pur nella diversità e nella pluralità delle opinioni e delle legittime scelte pastorali, ma nella luce di Cristo e nel rispetto del magistero della Chiesa. Il Santo Padre Francesco ha prima elencato le vie da non seguire e poi, alla fine, ha indicato la strada giusta.
Il Santo Padre durante una sua prolusione
Le vie sbagliate sembrano ridursi a due, ciascuna con una molteplicità di aspetti, che, a ben vedere, costituiscono nell’insieme una scelta unilaterale, potremmo dire parziale, ideologica ed estremista, di un lato della verità contro l’altro, anziché accordarlo e temperarlo con l’altro in una saggia e doverosa sintesi, che colga la totalità del vero e del bene, sicchè l’un lato, isolato, assolutizzato e contrapposto all’altro, diventa esso stesso falso e distruttivo, e quella che dovrebbe essere equilibrata complementarità reciproca, diventa ostilità ed esclusione reciproca.
Immagine del Cristo con la mano sul volto
Non è difficile riconoscere nella descrizione del Santo Padre due partiti che soprattutto dal periodo dell’immediato postconcilio si contendono in modo accanito, presuntuoso ed ostinato un privilegio che in realtà a loro non spetta, ma spetta solo al Successore di Pietro, ossia quello di rappresentare supremamente e in esclusiva la vera fede, il vero cattolicesimo e la vera Chiesa. L’opposizione tra questi due partiti si può rappresentare molto semplicemente come contrasto tra i troppo indulgenti e i troppo esigenti. Il Papa usa un’immagine evangelica estremamente efficace: la tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente [cf. Lc 4,1-4] e anche di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati [cf. Gv 8,7] cioè di trasformarlo in “fardelli insopportabili” [Lc 10, 27].
un cuore colmo … di caramelle
Da una parte ecco quindi “La tentazione del buonismo distruttivo”, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei “buonisti”, dei timorosi e anche dei cosiddetti “progressisti e liberalisti”. La tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio. … La tentazione di trascurare il depositum fidei, considerandosi non custodi ma proprietari e padroni”. E’ chiara l’allusione ai modernisti e ai rahneriani.
La verità non può essere un vecchio portone arrugginito sbarrato …
Dall’altra, “la tentazione dell’irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto, la lettera, non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese, lo spirito; dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti — oggi — tradizionalisti e anche degli intellettualisti. La tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Li chiamavano bizantinismi, credo, queste cose…”. È invece qui evidente il riferimento a Monsignor Lefèbvre ed ai suoi seguaci.
Quella sana “via di mezzo”, che non è compromesso ma equilibrio …
Il Santo Padre propone come retta via da seguire una via media, che sintetizza e unisce armoniosamente i valori contenuti nelle due fazioni, innaturalmente da esse separati e contrapposti, escludendo gli estremismi: Tradizione e Scrittura, continuità e progresso, conservazione del necessario: ciò che permane, e mutamento nel contingente: ciò che passa; misericordia e giustizia, fermezza e flessibilità, unità e pluralismo, apertura al nuovo, e fedeltà alla propria identità, dottrina e pastorale, libertà e obbedienza, storicità dell’uomo e immutabilità del dogma.
Locandina del film L’apprendista stregone
La linea che sta maturando tra i padri sinodali, si può dire dunque che è, come ci si poteva attendere, la conferma della dottrina tradizionale ed immutabile del Vangelo e della Chiesa, che certamente troverà conferma a suo tempo nelle parole del Santo Padre, anche se possiamo immaginare o sperare che la Chiesa troverà applicazioni nuove della legge in conformità alle esigenze, alle prospettive ed ai bisogni delle famiglie del nostro tempo. Dalle osservazioni critiche del Papa non si può tuttavia non prender atto o non accorgersi dell’esistenza al sinodo di un’oscura ombra di ostilità alle luminose prospettive evangeliche emergenti, che sono oggetto delle annotazioni e dell’incoraggiamento del Papa. Si tratta, a mio giudizio, della suggestione tenebrosa, fascinatrice e sinistra del rahnerismo, che ormai da cinquant’anni si aggira nella Chiesa, ammorbandone ormai sottilmente e insidiosamente l’atmosfera, uno specie di smog che rende l’aria malsana.
Il teologo gesuita Karl Rahner s.j.
Il rahnerismo è un problema tuttora irrisolto, nonostante le reiterate segnalazioni di illustri e saggi pastori e studiosi, tra i quali diversi cardinali, nel corso di questi cinquant’anni. Le prove delle eresie di Rahner, il grande apprendista stregone, emerse in questo lungo periodo di indagini, sono da tempo pubblicamente accessibili ad una verifica o sguardo obbiettivi e spassionati. Per questo non si capisce per quale motivo debba perdurare una fama immeritata, che fa solo del danno alla Chiesa, ed ha riflessi disastrosi nel campo della morale, della pastorale e del costume cattolici. Questa fama ha tutto l’aspetto di una fama non autentica, ossia basata su di una vera scienza, ma costruita artificiosamente da oscuri poteri forti, i quali lavorano obbiettivamente per la distruzione della Chiesa. Un segno conturbante di ciò è dato dalle idee che si stanno affacciando tra i padri sinodali, idee giustamente riprovate dal Papa, e che erano già state criticate dall’ormai famoso gruppo di cardinali, che di recente hanno pubblicato un libro: Permanere nella verità di Cristo [vedere qui] nel quale, professando la loro fedeltà al Magistero della Chiesa, hanno ricordato i valori fondamentali ed irrinunciabili della famiglia, manifestando la convinzione che la Chiesa, applicando giustizia e misericordia, debba mantenere l’attuale disciplina concernente il trattamento delle posizioni irregolari.
il padre Karl Rahner s.j.
L’ostacolo tuttora persistente alla soluzione del problema Rahner sono il pregiudizio e la grave illusione, duri a morire, che Rahner sia stato un genio teologico ben superiore a San Tommaso d’Aquino, un audace esploratore delle profondità del mistero cristiano e quindi lo scopritore di una teologia molto più avanzata, conforme allo spirito del Concilio Vaticano II, teologia che avrebbe elaborato una nuova visione della fede, del cattolicesimo e dellaChiesa, adatta alla cultura moderna, utilizzando le risorse della filosofia moderna da Cartesio ad Heidegger.Tuttavia, ad onor del vero, non è troppo difficile, per chi conosce la storia della teologia, riconoscere negli immani progetti ed impresa rahneriani, atti ad impressionare gli ingenui con una produzione pubblicistica prodigiosa, che tocca tutti gli aspetti della vita cristiana, una gigantesca quanto astuta ed impudente riproposizione del modernismo già a suo tempo condannato da San Pio X.
il padre Karl Rahner s.j.
Occorre altresì avvertire che per riconoscere le eresie di Rahner, bisogna evidentemente innanzitutto partire da un quadro di valutazione a sua volta libero dal rahnerismo, cosa oggi purtroppo rara, dato che ormai Rahner quasi dappertutto si è acquistato la fama del grande se non unico ed indiscusso maestro del nostro tempo. Criticare Rahner a molti sembra espressione di una mente gretta, invidiosa, chiusa e superata, quasi da non prendere neanche in considerazione. Ad altri sembra cosa scandalosa, intollerabile e quasi sacrilega, meritevole o di disprezzo o di severi provvedimenti.
Si accusano i critici di Rahner di ignoranza, mentre i veri ignoranti sono i rahneriani, che non si son presi la briga di affrontare personalmente i suoi difficili testi, e magari parlano di Rahner per sentito dire o hanno leggiucchiato qualche sua pia elevazione mistica in un’antologia di spiritualità o una di quelle presentazioni divulgative della teologia moderna, tanto superficiali quanto ingenuamente buoniste. Chi invece come il sottoscritto ha letto tutte le opere di Rahner nel corso di 30 anni di studi e consultazioni con esperti, conosce bene l’astuzia di quest’uomo che sempre abilmente mescola il vero col falso e propina il dolce veleno non tutto in una volta in una sola opera — lo si scoprirebbe subito! —, ma a piccole dosi sparse in vari libri, per cui è solo collegandoli tra di loro che si ha il quadro vero e completo dell’impostura, un po’ come nelle indagini giudiziarie il solerte inquirente entra in possesso delle prove solo mettendo ordinatamente insieme gli sparsi dettagli, che, presi singolarmente, sembrerebbero insignificanti.
L’opera di Giovanni Cavalcoli sul Karl Rahner, frutto di un trentennio di lavoro scientifico: Karl Rahner il Concilio tradito
Per capire dunque Rahner, è chiaro allora che non basta il fatto materiale d’averlo letto per trent’anni, se poi si procede con parzialità, fanatica soggezione o con gli occhi foderati di prosciutto.Anche molti suoi seguaci hanno speso una vita attorno al loro nume tutelare. Per capire chi è Rahner occorrono le seguenti condizioni morali e teoretiche: amore esclusivo e disinteressato per la verità, rettitudine di intenzione, modestia nel formulare ipotesi interpretative, accoglienza degli aspetti positivi, onestà, prudenza ed umiltà intellettuali, interesse per la salvezza delle anime, possesso di una buona filosofia e teologia (S.Tommaso d’Aquino e la sua scuola) ed assoluto rispetto per il magistero della Chiesa. A costo di passare per un papalino, oso asserire che l’ultima condizione è quella decisiva e che riassume tutte le altre. E’ qui infatti che casca l’asino rahneriano, per quanto i rahneriani vogliano dare ad intendere, arrampicandosi sugli specchi, che il loro beniamino riflette gli insegnamenti della Chiesa e del Concilio Vaticano II.
Il Vescovo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità Sacerdotale di San Pio X fondata dal Vescovo Marcel Lefebvre
Non c’è peraltro da fidarsi della critica a Rahner fatta dai lefevriani,sia perchè non sanno riconoscere i lati buoni del teologo e sia perchè, se essi individuano qualche sua eresia, accusano poi di eresia il Concilio, dando così prova di avere gravemente frainteso, in quanto secondo loro il Concilio risentirebbe delle eresie di Rahner. Il fatto è che i rahneriani più franchi e spavaldi, che sanno che è insostenibile la tesi della fedeltà di Rahner al magistero, quindi non hanno scrupolo di seguire lo stile del loro maestro che con sfacciata impudenza e tono minaccioso, simili a quelli di Lutero, accusa la Chiesa, anche quella conciliare, di essere arretrata e le intìma di aggiornarsi e di accogliere alla buon’ora la sua teologia, se non vuole restare ai margini dell’evoluzione storica del progresso umano.
… Rahner può all’occorrenza emergere come ombra sinistra
Dalle relazioni ufficiali e dai commenti autorevoli, che ci giungono su quanto si sta dicendo al sinodo e dalle stesse parole succitate del Papa, è evidente che tra i padri sinodali sta facendo capolino l’ombra sinistra di Rahner,con la sua caratteristica visione dell’uomo e della morale: ogni uomo è in grazia di Dio, tende a Dio, è in comunione con Dio, quindi è buono e si salva. Dio fa misericordia a tutti e non punisce nessuno. Il peccato, come singolo atto categoriale e particolare non ha importanza, perchè comunque è annullato dalla immancabile presenza della grazia — simul iustus et peccator — ed in tutti esiste l’opzione fondamentale per Dio almeno atematica e trascendentale. Gli atti umani particolari o i concetti dogmatici sono cose incerte, mutevoli e relative, che non hanno importanza. L’importante è l’esperienza preconcettuale di fede — l’ “incontro con Cristo” —, che tutti hanno, anche i non-cattolici e gli atei.
Quindi non si tratta di condannare errori o peccati, ma semplicemente di promuovere il positivo che c’è in tutti (“principio di gradualità”). La distinzione tra unioni di coppia lecite o illecite, regolari o irregolari non ha importanza. Il fatto è che tutti siamo ugualmente in cammino verso Dio, lo sappiamo o non lo sappiamo (“cristianesimo anonimo”). Non esiste un contrario o un proibito, ma solo il diverso, che dunque va rispettato; non si deve quindi condannare come male o falso ciò che è semplicemente diverso.
Non dobbiamo dubitare che il Papa segua questo movimento di idee e al momento giusto le correggerà, come già ha iniziato a fare. Ma resta sempre il problema di fondo che, finchè non sarà risolto, il male e il disagio risorgeranno sempre per tutta la Chiesa, come un cibo non digerito che rimane nello stomaco. Finchè non viene espulso, il tormento rimane.
Fontanellato, 22 ottobre 2014
Clicca sotto per ascoltare un canto mariano della tradizione popolare
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2014/10/cavalcoli56.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Padre Giovannihttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngPadre Giovanni2014-10-24 23:27:122021-04-21 00:39:42Il Sinodo dei Vescovi ed il problema Rahner: il grande “apprendista stregone”
SUOR CRISTINA CANTA “MADONNA”? E IO FARÒ “MICKEY ROURKE” IN NOVE SETTIMANE E MEZZO
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Se nulla fosse fatto dagli organismi della Santa Sede competenti per le religiose, in tal caso io potrei sentirmi anche legittimato ad offrirmi ad un regista di video clips per girare nuovamente la colonna sonora del film Nove settimane e mezzo …
il dialogo avanti a tutto: Suor Cristina Scuccia, della Congregazione delle Suore Orsoline della Sacra Famiglia risponde alla banana telefonica
Peggio di noi preti riescono ad esserlo solo le suore.Che Suor Cristina Scuccia abbia una bella voce è fuori discussione. Certo, avrebbe potuto impiegare meglio questo dono di Dio, per esempio entrando come voce solista nel grande coro della Diocesi del Santo Padre diretto magistralmente dal presbitero romano Marco Frisina.
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Il buon Popolo di Dio, col quale chi scrive vive a stretto contatto, è alquanto infastidito dalle performancedella religiosa. Nessun fedele cattolico gradisce che una vergine consacrata si prenda gioco della verginità — peraltro liberamente scelta come offerta e dono di consacrazione a Dio — cantando la canzone di una autrice come Barbara Eleonora Ciccone, in arte “Madonna”, che nel corso della sua lunga carriera ha oltraggiato e dissacrato in ogni modo la fede cattolica e i suoi simboli più cari: dal Cristo in croce alla Madre di Dio. E per meglio capire di chi stiamo parlando vi invito a vedere un paio di video, giusto per entrare nell’ordine di idee di chi realmente sia il personaggio Barbara Eleonora Ciccone, in arte Madonna, della quale l’improvvida orsolina ha interpretato una canzone molto particolare, non altro per il suo doppio senso [vedere qui, qui]. Si rimane per ciò sconcertati all’udire l’improvvida suorina che si arrampica sugli specchi nel tentativo di rispondere all’intervistatore di Avvenire, come ad altri intervistatori, circa il suo desiderio di “cristianizzare” qualche cosa di oggettivamente blasfemo, quindi in sé e di per sé diabolico [vedere qui].
Madonna ed il crocifisso usato come reggicalze
La canzone di questa satanassa italo-americana che la suorina ha scelto di interpretare è una canzone molto particolare: Like a Virgin, come una vergine, dolosamente ignara che le vergini verso le quali il buon Popolo di Dio riversa affetto e venerazione, compresi i cattolici tiepidi e quelli distaccati dalla vita ecclesiale, sono figure straordinarie come Lucia di Siracusa o Agata di Catania, tanto per rimanere nel siculo ambito d’origine di Suor Cristina. E né Lucia né Agata sarebbero state liete d’essere accompagnate nel loro martirio di sangue con le parole della canzone Come una vergine, lanciata da una geniale imprenditrice di se stessa come la Signora Ciccone, che negli anni Ottanta comincia la propria carriera provocando il pubblico col suo stesso nome d’arte, visto che universalmente, da credenti e da non credenti, la Madonna è identificata con Maria di Nazareth. E per noi credenti la Madonna è la Madre di Dio, forse è bene ricordarlo non tanto alla suorina farfallina, ma alla sua superiora generale, forse più farfallina della sua giovane professa, visto che dietro ai cattivi allievi ci sono sempre e di rigore dei cattivi maestri.
Madonna in uno dei suoi spettacoli dal vivo che canta seminuda su una specie di altare
Per capire Suor Cristina, formatasi in Sicilia e divenuta suora nelle Orsoline della Sacra Famiglia bisogna entrare nel mondo ecclesiale molto complesso di quest’isola, dove esistono antiche chiese di fondazione apostolica o personalmente visitate dall’Apostolo Paolo, come ad esempio la gloriosa Chiesa di Siracusa, edificata per volontà del Principe degli Apostoli dopo quella di Antiochia: Ecclesia Syracusana Prima Divi Petri Filia Et Prima Post Antiochenam, Christo Dicata [La Chiesa di Siracusa è la prima figlia di San Pietro e la seconda dopo la Chiesa di Antiochia, dedicata a Cristo].
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Con una sua breve epigrafe, Giuseppe Tomasi di Lampedusa riassume nel suo Gattopardo lo stato e la psicologia di una intera società: «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi!». O per dirla in altre parola a chi pretenderebbe di imporre anche agli altri la propria mancanza di memoria storica: ieri, se i fedeli non davano il voto alla Democrazia Cristiana insulare più corrotta e più collusa coi poteri mafiosi, venivano minacciati dai preti che sarebbero finiti sicuramente a bruciare tra le fiamme dell’inferno. Oggi, cambiata la musica ma non i suonatori, un considerevole numero di preti cresciuti ormai da quattro decenni nel supremo culto dei peggiori esponenti del modernismo e infarciti di esegesi protestanti — grazie non ultimo alla prolifica opera di cattivi maestri — ti passano davanti vestiti in abiti civili ostentando La Repubblica e L’Espresso sottobraccio; e nei loro pubblici discorsi ti citano l’ultimo articolo di Paolo Flores d’Arcais su Micromega, dialogando con laica “maturità” coi cultori dell’aborto, dell’eutanasia, dell’omosessualismo …
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Dal crocifisso reggicalze al crocifisso usato come chiusura della borsetta da sera
E dopo quattro decenni di devastazione ecco infine giungere al golpe supremo l’esercito di coloro che Leonardo Sciascia soleva definire come gli uomini, i mezz’uomini, gli … ma facciamola enunciare direttamente a Sciascia la sua mitica classificazione, senza indurre un prete a sporcarsi più di tanto la bocca:
«Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà … Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini … E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito … E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre … Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo … »
[don Mariano Arena al capitano Bellodi – dall’opera Il giorno della civetta]
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Madonna durante una delle sue varieperformance con il crocifisso impugnato come una pistola erotica
Questo è l’ambito sociale, ecclesiale ed ecclesiastico nel quale nasce, cresce, studia e si forma Cristina Scuccia, nata a Comiso, nel ragusano, nelle splendide zone della Sicilia Sud Orientale, trasferitasi poi da suora a Milano. Chi dunque crede che il problema sia Suor Cristina, sbaglia. Il problema è una Chiesa particolare non più in grado di esprimere un corretto sentire, pensare e vivere cattolico; che non contenta di questo elimina alla radice come problema o come autentico attentato di lesa maestà tutto ciò che invece è vivere cattolico, sentire cattolico e pensare teologico cattolico, con tutta la logica e coerente pastoralità che da ciò ne consegue.
Suor Cristina è dunque il naturale risultato della cultura dei gattopardi, il naturale risultato di generazioni di preti che hanno confuso la modernità con le eresie moderniste; che da quattro decenni ignorano ormai la teologia dei grandi Padri della Chiesa e che grazie alla venefica scuola di certi maestri ti rispondono che non hanno mai studiato la metafisica di San Tommaso d’Aquino perché nel corso delle prime lezioni presso lo studio teologico gli hanno spiegato che ormai è superato, giungendo infine al sacerdozio dopo essere stati formati su testi di teologi non cattolici d’area tedesca e dopo essere stati infarciti di hegelismo nel corso di studi filosofici e teologici ridotti talora a una penosa farsa, dove sono offerti come unici e soprattutto indiscutibili punti di riferimento — oltre ai diviHegel e Rahner —, autori come Schillebeeckx, Teilhard de Chardin, Cox, Heidegger, Schleiermacher, Kierkegaard, Barth, Bohnöffer, Bultmann, Moltmann, Cullmann, Lutero, Loisy, Freud, Cartesio, Kant, Gentile …
Madonna col crocifisso reggi-stivale
Il problema di Suor Cristina è molto più complesso, se analizzato in un’ottica socio-ecclesiale siciliana e usando come pertinente metro di lettura due geni letterari: il Tomasi di Lampedusa e lo Sciascia. Pertanto bisogna far notare — cosa che faccio notare alla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica — che Suor Cristina appartiene a una congregazione religiosa per la quale la Santa Sede dovrebbe forse procedere quanto prima con una adeguata visita apostolica, se i suoi organismi competenti non fossero troppo impegnati con altre congregazioni, che malgrado certi loro problemi interni, in ogni caso hanno sempre cantato le lodi a Dio e alla Madonna Madre di Dio, non alla Madonna-Ciccone.
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Madonna durante uno dei suoi spettacoli blasfemi dal vivo
Questa stessa congregazione di suore, nel cuore della Città greca di Siracusa non ha trovato di meglio da fare che mutare due proprie ex case di formazione in alberghi, una addirittura in Beauty Farm [vedere qui], gestita direttamente da suore ormai trasformate da vergini consacrate in imprenditrici, prive di vita comune e di senso di vita religiosa. Una lussuosa beauty farm a quattro stelle e passa camuffata a livello amministrativo da “casa per ferie” alla quale è stato dato il nome di “Casa di Maria”, con spirito non meno blasfemo rispetto a quello della loro giovane consorella che canta un irriverente inno a doppio senso sulla verginità lanciato da una cantante che s’è rinominata Madonna in palese vilipendio della Mater Dei.
Suor Cristina è solo la punta visibile di uno stato di degrado e di decadenza della vita religiosa di questa congregazione per la quale urgono adeguati provvedimenti. Da una parte abbiamo infatti le orsoline della Sacra Famiglia che ospitano nella propria lussuosa e costosa beauty farm dei ricchi settantenni che vanno a farsi un po’ di relax con la loro diletta nipotina di 25 anni, senza che alcuna pia suora si sogni certamente di chiedergli il certificato di matrimonio o di negare a tale deliziosa coppia una camera matrimoniale; dall’altra l’emblema della nuova generazione di loro suore che canta le canzoni di quella notoria satanassa della pop star Madonna, anziché sgranare santi rosari di riparazione alla Beata Vergine Maria. L’esperienza e la sensibilità sacerdotale mi insegnano che questa suora non è destinata a rimanere nella vita religiosa e che sarà infine fagocitata dal mondo dello spettacolo, per avere contatto col quale un presbitero, un religioso e una religiosa devono avere una maturità e una solidità di fede che li ponga al riparo da certi pericoli. Mi auguro e le auguro che Suor Cristina non faccia la fine di Suor Sorriso [crf. qui] e che torni serenamente alla vita secolare, come in un futuro più o meno vicino sarà.
Mickey Rourke e Kim Basinger. nel film Nove settimane e mezzo
Se nulla fosse fatto dagli organismi della Santa Sede competenti per le religiose,in tal caso io potrei sentirmi anche legittimato a offrirmi a un regista di video clipsper girare nuovamente la colonna sonora del film Nove settimane e mezzo [vedere qui], dove Kim Basinger abbozzava un innocente spogliarello che oggi potrebbe essere proiettato senza problema nei cinema parrocchiali, tanto risulterà castigato se messo a confronto con le immagini veramente indecenti che ci vengono propinate ai giorni nostri. E nel video farò il ruolo che in quella pellicola faceva il giovane Mickey Rourke in quei lontani anni Ottanta.
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Può essere che dinanzi a quel video il mio santo vescovo cada svenuto a terra con la segretaria che corre a rianimarlo coi sali e col robusto vicario generale diocesano che lo solleva dal pavimento? Non è detto, perché potrebbe essere che il mio santo vescovo e il robusto vicario generale diocesano, essendo entrambi uomini forgiati da grande esperienza pastorale, sul mio video clipse la ridano di gusto dicendosi in privato l’uno con l’altro: «In fondo, vista e considerata Suor Cristina, anche noi preti abbiamo pur diritto alla nostra parte!», compreso dire ciò che pensiamo riguardo a questa cultura di decadenza, di relativismo e di metodica distruzione della teologia cattolica e della pastorale.
dall’Isola di Patmos, 24 ottobre 2014
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https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2014/10/Patmos1.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Padre Arielhttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngPadre Ariel2014-10-24 12:15:492022-11-22 15:47:20Suor Cristina canta “Madonna”? E io farò “Mickey Rourke” in Nove settimane e mezzo
[…] Il sinodo mondiale, dal canto suo, ha assunto un tono dottrinale che in realtà non gli compete, dato che non si tratta neppure di un’assemblea conciliare, e i Papi hanno cominciato poco dignitosamente a fare i fanalini di coda dei sinodi, col limitarsi a convalidare e sancire le loro conclusioni, anche se poi esse non dicono niente di nuovo dal punto vista dottrinale nè lo potrebbero. Ciò non è dignitoso per il Papa, il quale deve riprendere in mano il proprio potere di guida nei confronti dei vescovi.
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Autore Giovanni Cavalcoli, OP
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Secondo Rahner il compito del Vescovo è quello di prendere atto della fede “reale” o “effettiva” espressa dal popolo di Dio, come espressione tematica o categoriale e “aposteriorica” della fede atematica trascendentale ed “apriorica”, che è comune ad ogni uomo (“esistenziale soprannaturale”) e quindi anche ai non cattolici espliciti e agli stessi atei, da cui il famoso concetto rahneriano del “cristiano anonimo” dovunque e sempre in grazia, per cui tutti si salvano e non esistono dannati nell’inferno (buonismo trascendentale).
il Padre Karl Rahner
Il vescovo, secondo Rahner, deve sforzarsi come può di capire queste fede e interpretarla rettamente, deve approvarla e sostenerla, deve quindi seguirla nel suo evolversi e nelle sue espressioni storiche, dettate dallo Spirito Santo, deve tradurla in fede dottrinale, ufficiale e istituzionale. Ma è chiaro che il primato spetta sempre alla fede esistenziale dei comuni fedeli dotati del sacerdozio comune battesimale, infallibili nell’ascolto diretto dello Spirito Santo e nell’interpretazione della Parola di Dio, benchè i concetti dogmatici con i quali viene interpretata la detta Parola siano in continua evoluzione e relativi alle varie culture nelle quali si esprimono.
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assisa del Concilio Vaticano I, stampa d’epoca
Il Concilio Vaticano II, come si sa, ha valorizzato, promosso e stimolato l’attività dei laici, dei religiosi, dei sacerdoti e dei teologi e di fatto da cinquant’anni a questa parte, numerosissime sono state e sono le iniziative di vario genere, alcune delle quali ottime, altre invece, purtroppo, — e forse le più numerose — influenzate da concezioni antigerarchiche e populiste o demagogiche della Chiesa, una certa “Chiesa dal basso”, un certa Iglesia popular, o certi “gruppi spontanei o “di base” degli anni ’70, o “movimenti carismatici” degli anni ’80. Per cui queste iniziative hanno preso la mano ai vescovi, i quali, o ingenuamente sedotti o intimiditi davanti a tanta invadente, poderosa e a volte minacciosa effervescenza, non priva del resto di lati buoni, hanno finito per assumere certo non tutti volentieri il ruolo delineato sopra da Rahner, cedendo ad un’eccessiva indulgenza o tolleranza nei confronti degli errori e dei cattivi comportamenti che si stavano diffondendo.
I vescovi, quando non sono “forti con i deboli”, sono diventati come dei notai che si limitano a registrare e ad ufficializzare o al massimo tollerare la “fede” o sarebbe meglio dire le favole che maggiormente circolano tra i fedeli soprattutto quella maggiormente divulgate dai mass-media e dagli istituti educativi e culturali, salvo poi a trattare duramente quei pochi che, fedeli alla concezione evangelica del pastore, osano ricordar loro la loro responsabilità. Nel contempo il Concilio ha accentuato l’autonomia della Chiesa locale nei confronti di Roma e istituito, come sappiamo, le conferenze episcopali e i sinodi mondiali dei vescovi a regolare scadenza.
Il Santo Padre Francesco durante una udienza
Sembra infatti che il Santo Padre Francesco vuol rendere i vescovi partecipi della sua autorità dottrinale. Ciò vorrà dire allora che il sinodo diventerà una specie di Concilio periodico a scadenza fissa e c’è da chiedersi se la cosa non sia troppo artificiosa e poco pratica. Lo sviluppo dottrinale non si può programmare, ma dipende da fattori imponderabili legati alla divina Provvidenza.
Tale istituzione certamente in sé molto importante era destinata a rafforzare l’iniziativa e la responsabilità pastorale dei vescovi presi singolarmente o collettivamente, ma purtroppo in molti casi ha finito per creare una figura di vescovo conformista ed opportunista, priva di una visione universale della Chiesa, chiuso nella sua diocesi o nella sua nazione, pronto a rendersi indipendente dal Papa, pur di non scontentare i propri confratelli più influenti o più stimati o la propria conferenza episcopale di orientamento nazionalista.
Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, 2014
Il sinodo mondiale, dal canto suo, ha assunto un tono dottrinale che in realtà non gli compete, dato che non si tratta neppure di un’assemblea conciliare, e i Papi hanno cominciato poco dignitosamente a fare i fanalini di coda dei sinodi,col limitarsi a convalidare e sancire le loro conclusioni, anche se poi esse non dicono niente di nuovo dal punto vista dottrinale nè lo potrebbero. Ciò non è dignitoso per il Papa, il quale deve riprendere in mano il proprio potere di guida nei confronti dei vescovi. L’inconveniente più grave che è seguìto a tutto ciò, salvi restando gli aspetti positivi, è che è venuta meno la collaborazione tra Papa e vescovi nell’insegnamento e nella difesa della dottrina della fede. Naturalmente questa funzione non si è affatto estinta e dobbiamo riconoscere il grande zelo col quale per esempio un uomo come l’allora Cardinale Joseph Ratzinger ha assolto al suo ufficio alla Congregazione per la dottrina della fede nell’arco di un ventennio, e tanto meno possiamo ignorare i numerosi interventi di Papi e di buoni vescovi, non escluse le conferenze episcopali e i sinodi mondiali.
Il Santo Padre prende al volo una palla da gioco che gli è stata lanciata durante il suo passaggio in Piazza San Pietro. Alla sua destra il comandante dellagendarmeria vaticana Domenico Giani
Come ormai notano però da molti anni gli osservatori attenti, l’autorità ecclesiastica a tutti i livelli, dal Papa ai singoli vescovi, non è affatto in grado di controllare una complessa situazione dottrinale e di conseguenza morale, disciplinare e liturgica, che è ad essa sfuggita di mano e divenuta ormai ingovernabile, con gravissimo danno dei fedeli. Spesso e volentieri il dato teologo o il dato vescovo o il dato profeta o veggente prendono il posto del Magistero, il quale viene o ignorato o disprezzato.Che fanno i vescovi? Sì certo, stanno a guardare, ma con quale animo? Possono essere contenti? No certamente. Non si tratta di guardare uno spettacolo piacevole, ma, sia pur in mezzo a fatti positivi, un processo di dissoluzione e di disintegrazione della Chiesa, processo che certo si fermerà, perchè la Chiesa è incrollabile. Tuttavia Dio non le risparmia le prove e le dà i mezzi per superarle.
il bastone pastorale che impugnano i vescovi durante le sacre celebrazioni
I mezzi ci sono: bisogna che i vescovi con un umile e coraggioso slancio di fede nel loro stesso carisma, riprendano in mano la situazione. In fondo il gregge di Cristo, frastornato dai mestatori e dai ribelli, non aspetta altro. Il pastore è stato percosso e le pecorelle si sono smarrite. Ma Dio farà mai mancare i buoni pastori? Per nulla! Il mondo cattolico dispone tuttora, grazie a Dio, almeno nei paesi democratici, di numerosi mezzi di comunicazione, di insegnamento, di azione pastorale, di predicazione: dai pulpiti ai convegni di ogni tipo, dalle parrocchie alla scuola, dalla stampa all’internet, dalle case editrici ai siti web, dai contatti con movimenti e associazioni a quelli con i privati, dalle sale per conferenze alle piazze. E i temi di possibili ed auspicabili interventi di specifica ed esclusiva competenza del vescovo sono numerosissimi ed urgenti. Non sto neppur ad elencarli.
Che un vescovo intervenga alla festa del kiwi o allo spettacolo pirotecnico o all’incontro con i buddisti o al concerto di beneficenza può essere certo simpatico e avvicinare il vescovo alla gente. Resta però da avvicinare la gente a Cristo. Come mai i vescovi si sentono o compaiono così poco laddove solo loro sarebbero i più qualificati a parlare? Non basta “essere tra la gente”; bisogna vedere che cosa si fa tra la gente. Perché poi lasciare ai laici, per quanto competenti e di buona volontà la discussione o ancor più le decisione o la sentenza su argomenti di fede e di morale dove invece così importante e insostituibile, per mandato dello stesso Cristo, è la parola del pastore?
Fontanellato, 1 aprile 2014
Cliccare sotto per ascoltare un canto mariano della tradizione popolare
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2014/10/cavalcoli56.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Padre Giovannihttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngPadre Giovanni2014-10-21 12:31:042021-04-21 00:40:53I Vescovi stanno a guardare?
IL CARDINALE KASPER E IL PARADIGMA DELL’UTILE IDIOTA
Porgo la mia più sincera stima al Cardinale Kasper di cui non condivido affatto teologia ed ecumenismo, ma di cui apprezzo la fedeltà verso quella sua idea di Pietro spinta sino al punto di offrirsi alla pubblica mattanza come tiro al bersaglio, in questa nostra povera Chiesa che somiglia sempre di più ad un luna park dove nessuno controlla chi entra e chi esce e nella quale le montagne russe sono ormai prive di manutenzione tecnica, senza che tutto questo scalfisca però la nostra certezza di fede: le porte degli inferi non prevarranno mai sulla Chiesa fondata sopra la roccia di Pietro al quale Cristo ha consegnato le chiavi del regno [Cf. Mt 16, 18].
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Autore Ariel S. Levi di Gualdo
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come volevasi dimostrare …
Dopo l’uscita del libretto del Cardinale Walter Kasper, nel quale il porporato celebra le lodi dell’eresiarca Lutero e del Protestantesimo, ripropongo sulle colonne dell’Isola di Patmos uno dei primi articoli scritti poco dopo l’apertura di questa nostra rivista telematica. Merita forse ricordare che quando due anni fa pubblicavo e scrivevo su certe utili idiozie, correva il 19 ottobre 2014, come chiunque può verificare dal nostro archivio, dove si trovano raccolti per ordine di data tutti i nostri scritti. Mi ero proprio sbagliato? [ 7 giugno 2016 ]
Quello di «utile idiota» non è un termine ingiuriosoperché se lo fosse non oserei farne uso, tanto più verso un vescovo come il Cardinale Walter Kasper, celebre teologo sulla cui cristologia ed ecclesiologia possiamo discutere, specie in questa Chiesa così libera, collegiale e democratica nella quale solo agli Alberto Melloni pare sia concesso il diritto di pensiero, di parola e di espressione, sino ad andare a darsi delle arie senza cattolico ritegno direttamente presso le Logge Massoniche [cf. mio precedente articolo,qui, qui, qui], liete di ospitare non tanto i «costruttori di pace» [Cf. Mt 1, 5-10] che per questa opera cristologica saranno beati, ma i de-costruttori della Chiesa, molto graditi per questo ai massoni che oggi non ci attaccano più da fuori ma direttamente da dentro.
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Col termine squisitamente politico di «utile idiota»che nulla, ripeto, ha da spartire col concetto di umana idiozia, venivano indicati quei fedelissimi che nei Paesi dell’Occidente difendevano in tutti i modi ed a tutti i costi il regime sovietico, anche contro l’evidenza dei fatti. E di questo, i veri campioni, non erano i placidi comunisti italiani da sacrestia, ma gli agguerriti comunisti francesi e spagnoli.
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ET, Michelangelo, il Giudizio Universale e … i vaticanisti
Nei giorni precedenti l’apertura del Sinodo sulla Famigliaho letto molti resoconti di vaticanologi veri o presunti, ho isolato le loro parole da certi drammi ecclesiali in corso e mi sono concesso un sorriso, perché questi personaggi paralizzati nel presente immediato ed incapaci di capire quali pesanti ed ironici giudizi darà su di loro domani la storia, sono sempre più simili agli ufologi che parlano di extraterrestri e di visite di alieni al nostro pianeta, esercitando il loro sacrosanto diritto ad alienare la tragica realtà ecclesiale in corso. Per il momento gli unici ad uscire da questo coro di adulatori da kominform [vederequi] sembrano essere Marco Tosatti [vedere qui] e Sandro Magister [vederequi].
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In certe vicende ciò che sfugge è di prassi l’ovvio:il Cardinale Kasper merita a pieno titolo il premio fedeltà, perché prestandosi come utile idiota — e di nuovo ribadisco: sempre secondo il significato politico del termine usato in accezione totalmente lusinghiera — sta rendendo un grande servizio, offrendosi agli attacchi di varie frange del mondo cattolico, di vari teologi e non ultimo anche alle contestazioni espresse con garbo tutto quanto teologico da un gruppo di cardinali e di studiosi che hanno appena dato alle stampe un libro che analizza certe scottanti questioni che hanno costituito materia di discussione al Sinodo sulla famiglia [qui].
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Il Cardinale Walter Kasper
Dalla vicenda in corso, che ne sta ricavando il Cardinale Kasper?È un vescovo della Chiesa Cattolica, è un cardinale ottantenne non più elettore, presidente emerito di un pontificio segretariato, teologo apprezzato e rigorosamente imposto come unico verbo in certi studi teologici infarciti di tutte le peggiori eresie moderniste e filo-protestanti, ovvero la quasi totalità di quelli esistenti … ben poco ha quindi da perdere, poco o nulla da guadagnare, al contrario di altri vescovi sempre in pista che invece non sanno più come tentare di compiacere il Sommo Pontefice nel disperato tentativo di ottenere da lui benefici e promozioni …
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una manifestazione di fede popolare in Perù
Cerchiamo di essere chiari: i latinoamericani rispettano l’autorità a condizione che sia unita e mossa da profonda autorevolezza. Se uno si pone di fronte al latinoamericano-tipo in modo deciso e determinato, volendo anche con un rispettoso ma chiaro tocco di autorità, le soluzioni sono due: o quello reagisce ammazzandoti, oppure reagisce amandoti. Se però sceglierà di amarti, a quel punto sarà lui ad essere pronto a farsi ammazzare se qualcuno dovesse osare di toccare colui nel quale egli ha riconosciuto tutti i crismi della virilità e della potenza dell’uomo che merita come tale tutto il più indefesso rispetto. E come ben sappiamo, oggi, una di queste tipiche psicologie siede sulla Cattedra di Pietro.
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Chi con il Cardinale Kasper è d’accordo, tende a tacere, in quanto d’accordo e basta; chi invece non lo è, lo attacca. E fin quando si tratta dei garbati attacchi prelatizi, che per consolidata prassi di certi membri del collegio cardinalizio prima di addentarti col morso del cobra ti cospargono di anestetico la parte da mordere, tutto va bene; quando però si tratta di certi cattolici duri e puri o di certi blog e siti di area cosiddetta ultra tradizionalista che manco sanno più dove abiti quel rispetto sempre dovuto a un vescovo e ad un collaboratore del Romano Pontefice, le cose cambiano alquanto, perché in questo caso il porporato tedesco è stato sommerso da insulti nei quali l’offesa più lieve è stata quella di “apostasia dalla fede”.
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Ho una certa esperienza di vita vissuta in mezzo ai latinoamericani,a partire dal mio più stretto e prezioso collaboratore, ed una cosa con la quale ho imparato a familiarizzare è questa: per un discorso di cultura e di costume tendono a non agire in modo diretto ma in modo indiretto. Altre volte accade che le cose che vorrebbero dire le fanno dire ad altri. Il tutto per tutelare la propria figura di autorità, la persona o le persone oggetto di certi pensieri ed espressioni, quindi per preservare la serenità del rapporto tra di loro, la persona o le persone.
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Barbara Eleonora Ciccone, in arte Madonna, interpreta Evita Peron
Non di rado certi caudilloshanno prima seminato attriti e creato tutte le premesse per litigi furenti,poi sono infine intervenuti per sedarli con bontà paternale, mentre Barbara Eleonora Ciccone, in arte Madonna, interpretava Evita Peron cantando dal balcone del palazzo della presidenza: Don’t cry for meArgentina[qui].
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Il pifferaio magico
Proviamo ad analizzare l’ovvio:può essere che il Santo Padre abbia favorito per interposta persona un vero e proprio vespaio allo scopo astuto di far uscire i topi allo scoperto come il pifferaio magico, per vedere chi era a favore e chi contro l’ipotesi di certe discussioni su delicate tematiche dibattute in questi giorni al sinodo sulla famiglia? Si tratta di una mia ipotesi, forse peregrina, ma sulla quale merita riflettere, non altro per darmi torto. Nel caso però fosse così, apparirà ovvio in che misura il Santo Padre non avrebbe potuto porre avanti se stesso in prima persona, perché in tal caso nessuno, in questo clima di clericale codardia, sarebbe mai venuto allo scoperto [cf. mio precedente articolo,qui], a partire dai grandi difensori storici dei “valori non negoziabili”, che quando però hanno dovuto scegliere tra certe non negoziabilità e la possibilità di riuscire a giungere finalmente ad una prestigiosa sede vescovile, hanno prontamente mitigato sia il linguaggio sia lo spirito battagliero, nascondendosi dietro al dito della pretestuosa prudenza; e dinanzi al proprio interesse o alla possibilità che gli faceva vedere o sperare color rosso porpora, all’occorrenza sono diventati maestri della negoziazione persino sui “valori non negoziabili”, anzi: soprattutto, sui “valori non negoziabili”.
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Il Cardinale Walter Kasper durante una preghiera interreligiosa
Ho molto da dissentire sulla teologia del Cardinale Kaspere sul suo ecumenismo dal quale ritengo possa nascere nel tempo solo del deleterio catto-protestantismo, posto che sotto le righe i suoi punti di riferimento tendono ad essere Kant ed Hegel, oltre all’onnipotente Rahner, con un occhio di simpatia per l’eretico Küng. Mi sento però di affermare che apprezzo molto di più lui di certe frange che rappresentano ormai solo la presunta traditio catholica di se stessi e che dai propri amati e intoccabili ghetti hanno preso a ringhiare contro il cane, mentre altri fingono invece di non sapere chi è il padrone che al cane ha tolto la museruola dicendogli: «Dai Fido, abbaia! Voglio vedere chi risponderà, ma soprattutto come. Poi, a tempo e luogo, ci penserò io, forse nel modo in cui nessuno manco s’immagina …».
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Pietro e Paolo ad Antiochia, mosaico bizantino
A quanti vescovi e cardinali, a partire dai difensori indefessi della sana dottrina e dei valori non negoziabili,nella propria veste di membri del Collegio Apostolico, è passato per la mente di fare quell’ovvio che si trova peraltro indicato con estrema chiarezza nel Vangelo? E l’ovvio cristiano ed apostolico da farsi sarebbe stato questo: andare ad Antiochia, ossia in Vaticano, alla Casa di Santa Marta, rivestirsi di virilità paolina, prendere il Principe degli Apostoli e domandargli: «Senti un po’ Pietro, vuoi spiegare ai tuoi devoti e obbedienti fratelli apostoli che con te condividono l’onore e l’onere dell’episcopato, a quali giochi certe frange sempre più irrequiete stanno tentando di giocare sotto ai tuoi occhi? Ammesso giochino sotto gli occhi tuoi e che non sia proprio tu a farli muovere come delle pedine?» [Cf. Gal 1-2,7.14].
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… qua la mano!
Porgo la mia più sincera stima al Cardinale Kasper di cui non condivido affatto teologia ed ecumenismo, ma di cui apprezzo la fedeltà verso quella sua idea di Pietro spinta sino al punto di offrirsi alla pubblica mattanza come bersaglio di tiro,in questa nostra povera Chiesa che somiglia sempre di più ad un luna park dove nessuno controlla chi entra e chi esce e nella quale le montagne russe sono ormai prive di manutenzione tecnica, senza che tutto questo scalfisca però la nostra certezza di fede: le porte degli inferi non prevarranno mai sulla Chiesa fondata sopra la roccia di Pietro al quale Cristo ha consegnato le chiavi del regno [Cf. Mt 16, 18].
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… a te darò le chiavi del regno
Piaccia o non piaccia a certuni oggi Pietrosi chiama Francesco, ed a lui dobbiamo devota e filiale obbedienza. Se invece si vuole usare ed abusare della Chiesa Cattolica per essere altro, il discorso cambia, trattandosi appunto di altro rispetto alla Chiesa fondata da Cristo sopra una precisa pietra, che è quella di Pietro. E oggi la pietra è Francesco, Vescovo di Roma e Pontefice Massimo, senza possibilità di cattolica discussione alcuna, se fedeli alla traditio catholica vogliamo essere, a prescindere dal fatto che il Santo Padre possa o meno circondarsi di cattive compagnie, di pessimi consiglieri e persino di “utili idioti”.
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https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2014/10/Patmos1.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Padre Arielhttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngPadre Ariel2014-10-19 22:33:062016-06-22 14:40:57Il Cardinale Kasper e il paradigma dell’utile idiota
[…] Küng rappresenta l’inventore degli schemi concettuali che reggono le tante proposte rivoluzionarie avanzate in questi mesi da teologi ed esponenti dell’episcopato mondiale in occasione del Sinodo straordinario sulla famiglia indetto da Papa Francesco.
Autore Antonio Livi
Il teologo svizzero Hans Küng, nella sua lunga vicenda umana e intellettuale, non ha mai dismesso il suo “abito di scena”, che è quello del “cattivo maestro” in polemica con il magistero autentico della Chiesa cattolica. I suoi temi prediletti sono quelli che ieri venivano riproposti dall’arcivescovo di Milano, cardinale Carlo Maria Martini, e oggi vengono volgarizzati dalla letteratura pseudo-profetica di Enzo Bianchi. Sono la riforma della Chiesa, l’abolizione del primato pontificio, una “nuova” morale indirizzata ad attuare la “rivoluzione sessuale” sessantottina — di stampo freudiano-marxista —, la concessione del sacerdozio alle donne, l’eutanasia. Ultimamente Küng, ammalato di Parkinson, è giunto ad annunciare l’intenzione di ricorrere egli stesso al suicidio assistito, a imitazione del cardinal Martini.
Il Reverendo Hans Küng in una foto giovanile
La carriera di Küng inizia negli anni Sessanta con interventi significativi nella fase preparatoria del Concilio. Con l’andar del tempo, le sue posizioni di aperta contestazione hanno trovato sempre più spazio sui giornali, con articoli o con interviste mirate su questo o su quel tema, conquistando cosi una significativa notorietà non solo dentro i circoli teologici, ma anche presso il grande pubblico. Uno degli snodi della sua battaglia polemica e stata ed è la virulenta contestazione dell’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI: l’ideale sacramentale — e perciò certamente divino, ma proprio per questo misterioso — della famiglia e della procreazione cristiane viene ridotto da Küng a restaurazione medievale, fino ad accusare il documento paolino e le successive affermazioni dei pontefici sul tema, «la causa principale della diffusione dell’Aids nel mondo».
La polemica di Küng, negli anni, ha investito innanzitutto il pontificato di san Giovanni Paolo II [vederequi, qui, qui] e poi di Benedetto XVI[vedere qui, qui] il primo considerato reazionario, il secondo addirittura scismatico. Ma è sul beato Paolo VI, il papa che portò a compimento il Vaticano II, che infierì la polemica del teologo svizzero, che non poteva tollerare la sua genuina intuizione riformatrice del Concilio, alla quale opponeva una chiave di lettura fuorviante — perché storicistica e umanistica — che faceva leva sul «concilio dei mass media», come acutamente ebbe poi a dire Benedetto XVI.
Il Rev. Prof. Hans Küng in una foto della maturità
Küng rappresenta l’inventore degli schemi concettuali che reggono le tante proposte rivoluzionarie avanzate in questi mesi da teologi ed esponenti dell’episcopato mondiale in occasione del Sinodo straordinario sulla famiglia indetto da Papa Francesco. Sarà dunque istruttivo tracciare un profilo dottrinale dell’ecclesiologia del teologo svizzero. L’ecclesiologia di Hans Küng merita infatti di essere ben conosciuta perché oggi essa non ha un peso teologico marginale, anzi costituisce proprio l’ideologia filosofico-religiosa dominante in ambito cattolico. Le categorie concettuali e le fonti letterarie principali sono quelle della Riforma luterana e della filosofia religiosa di matrice luterana, rappresentata nell’Ottocento dal sistema idealistico di Georg Friedrich Hegel e nel Novecento dalla «dogmatica ecclesiale» — die Kirchliche Dogmatik — di Karl Barth. I capisaldi di questa ideologia filosofico-religiosa sono rappresentati dallo storicismo e dalla dialettica immanentistica. La Chiesa cattolica viene così interpretata come un momento storico della dialettica dello Spirito — inteso, questo, non tanto come lo Agion Pneuma del dogma cattolico quanto piuttosto come «der Geist» di Hegel —, la quale mira a uno svolgimento nel prossimo futuro che vedrà, come prima tappa, l’abbattimento delle barriere dottrinali tra cattolici e protestanti — con la piena accettazione della concezione luterana della «giustificazione per sola grazia» — e la costituzione di una sola “Chiesa di Cristo” (ecumenismo). Infine, come seconda e definitiva tappa, la costituzione di una “Chiesa universale” su base esclusivamente etico-politica (la «Weltethik»). Tale ideologia pervade oggi, come sottofondo ben identificabile a un’attenta analisi concettuale, la maggior parte delle proposte, dottrinali o pastorali, dei teologi cattolici più in vista, a cominciare da Karl Rahner, che lo stesso Hans Küng considera un maestro e un modello nell’adottare in teologia la dialettica di Hegel (1).
Questi teologi cattolici, molti dei quali divennero vescovi, esercitarono una ben documentata influenza sui lavori del Vaticano II, per poi assumere il ruolo (arbitrario) degli unici interpreti autorevoli del Concilio nel successivo cinquantennio, fino ad arrivare, oggi, alla preparazione e allo svolgimento dei lavori del duplice Sinodo sulle possibili modifiche della prassi pastorale in relazione ai problemi delle famiglie.
Figura di spicco di questa corrente teologica è il cardinale Walter Kasper, sostenuto da gran parte dell’episcopato tedesco e in Italia da altri teologi divenuti cardinali come Dionigi Tettamanzi e Gianfranco Ravasi. La sua tesi più caratteristica, in linea con le proposte teologico-morali di Hans Küng, è la necessità di accelerare il processo di riforma della Chiesa con un più deciso adattamento alla coscienza morale degli «uomini del nostro tempo» e l’allineamento con la prassi delle comunità ecclesiali protestanti e ortodosse. Nel suoi discorsi il Leitmotiv è la necessità di de-dogmatizzare la Chiesa cattolica, cominciando da una nuova pastorale della famiglia separata e indipendente dalla dottrina sui sacramenti, provvisoriamente non abolita ma tenuta in disparte (2). In Italia, l’ideologia ecclesiologica di Hans Küng, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto “ecumenico”, è divulgata e incessantemente riproposta da Enzo Bianchi, “priore” della comunità di Bose, molto ascoltato dalla maggioranza dei vescovi e anche presso la Santa Sede (3).
Foto del Dott. Enzo Bianchi vestito da monaco (immagine pubblica reperibile su qualsiasi motore di ricerca internet)
I PRESUPPOSTI DOTTRINALI DEL PROGETTO
KUNGHIANO DI RIFORMA DELLA
CHIESA CATTOLICA
Per comprendere bene, nei suoi contenuti teorici e nella sua portata pratica, l’ecclesiologia di Hans Küng, è indispensabile accennare ad alcuni dati biografici, sulla scorta delle opere nelle quali il teologo svizzero ha narrato il processo della sua formazione intellettuale (4). Da questi dati risulterà assai chiaramente l’indole luterano-idealistica delle sue intenzioni riformatrici e del suo ideale di vita ecclesiale cattolica, sulla base della sua particolare concezione del sacerdozio e della pastorale, presenti in ogni sua opera, dalla giovanile Rechtfertigung alle opere della maturità come Existiert Gott? e al “manifesto” conclusivo della “Chiesa futura”, ossia il Projekt Weltethos.
Reinhard Marx, Arcivescovo Metropolita di München, durante un incontro interreligioso di preghiera
Hans Küng, nato nel 1928, si forma in un ambiente dove si pratica di fatto un certo “dialogo inter-religioso”, per via del contatto quotidiano, nella stessa classe, con cattolici, protestanti ed ebrei (5). Anche se aveva pensato di diventare medicoo architetto, «tendeva a qualcosa che fosse insieme più spirituale e più concreto, più utile ai giovani, perciò decise di diventare sacerdote e teologo cattolico» (6). In seguito, tali tendenze diverranno molto più accentuate, avranno cioè più evidenza e risonanza nella sua produzione. Lo dimostrano opere come Wahrhaftigkeit e Christ sein, e poi la sua attività romana come assistente spirituale di impiegati e a Sursee come predicatore in ospedale (7).
Roma, lo storico ingresso del Pontificio Collegio Germanico-Ungarico
Giunto a Roma, nel 1948, Küng entra come seminarista al Pontificio Collegio Germanico e studia filosofia e teologia all’Università Gregoriana. Al Germanico, in quegli anni, vi si trovavano studiosi quali Emerich Coreth, Wilhelm Klein, W. Kern, tutti impegnati nello studio della filosofia hegeliana. Proprio in quel periodo, nel 1952, Coreth aveva dato alle stampe un suo saggio, intitolato Das dialektische Sein in Hegels Logik. Come afferma lo stesso Küng, da lui egli imparò a interpretare la spiritualità sacerdotale e lo zelo pastorale in termini storicistici e dialettici, in opposizione frontale con le direttive dottrinali del Magistero di Pio XII, che includevano anche la raccomandazione di non abbandonare la metafisica e la logica insite nella tradizione teologica cattolica:
Padre Wilhelm Klein
«Probabilmente non avrei resistito in quei sette anni senza il mio padre spirituale al Collegio Germanico, Padre Wilhelm Klein, il quale – preparato da una molteplice attività come professore di filosofia, come provinciale della provincia gesuita della Germania del Nord e come visitatore per la Compagnia di Gesù dalla Scandinavia fino al Giappone – portava con sé un orizzonte di vedute raro e molto ampio […]. Egli era anche l’uomo che per primo mi rese attento riguardo a molti problemi filosofici e teologici scottanti. Con lui parlavo soprattutto di Hegel e poi di Karl Barth. E a lui per primo mostravo i miei brevi manoscritti teologici, che redigevo da solo e che egli per lo più prima stroncava nel modo più tagliente per poi costringermi ad un pensare veramente dialettico, che includesse già nella sintesi anche il contrario» (8).
E fu proprio Klein che indusse«in maniera decisiva» il giovane Küng a scegliere come argomento di tesi dottorale la teologia barthiana. In un altro suo libro, Küng, nel ringraziare per l’aiuto ricevuto nella stesura del testo, ricorda con gratitudine Coreth, Klein, Kern come suoi «venerabili maestri al Collegio Germanico-Ungarico in Roma», che, insieme ad altri, «mi hanno dato suggerimenti decisivi per la mia teologia in generale e per la comprensione di Hegel in particolare» (9).
Negli anni che vanno dal 1951 in poi Küng si dedica principalmente allo studio della teologia dialettica di Barth, e sul teologo di Basilea redige nel 1955 la tesi di Licenza sotto la guida di uno dei suoi professori di dogmatica alla Gregoriana, cioè Maurizio Flick, che poi sarebbe divenuto famoso per la sua teoria sulla riduzione del dogma del peccato originale a mero mito delle origini. E a Barth Küng riconosce poi di essere riconoscente per avergli consentito di comprendere la valenza propriamente teologica della filosofia di Hegel, cancellando quindi non solo la distinzione tra teologia cattolica e teologia luterana ma anche tra teologia e filosofia. Rechtfertigung. Die Lehre Karl Barths und eine katholische Besinnung è la prima opera di Küng e dimostra la passione con cui il teologo di Tübingen si dedicò ad assimilare il pensiero barthiano nei sette anni di permanenza al Collegio Germanico; lo stesso Karl Barth volle poi sottolinearlo pubblicamente:
«La mia gioia proviene anzitutto dall’apertura e dalla fermezza con la quale lei, al Collegio Germanico di Roma […] quale coraggioso compatriota ha studiato pure i miei libri ed ha chiarito dialetticamente a se stesso il fenomeno teologico che vi riscontrava» (10).
Altro autore studiato con passione era de Lubac, allora al centro di inevitabili polemiche per il suo libro Surnaturel. Études historiques(Paris 1946) che metteva in discussione la dottrina tradizionale circa la gratuità dell’ordine soprannaturale. Tali dispute, insieme a quelle su altri problemi relativi al poligenismo, all’evoluzionismo, al comunismo, condussero alla decisa presa di posizione di Pio XII con l’enciclica Humani generis (1950). Lo studioso cattolico Antonio Russo, dell’Università di Trieste, ammiratore di Henri de Lubac e di conseguenza molto comprensivo nei riguardi di Küng, dipinge a tinte fosche la situazione dottrinale, pastorale e disciplinare della Chiesa pre-conciliare, immedesimandosi nella visione della Chiesa che era tipica dei progressisti, e con loro del giovane seminarista svizzero Hans Küng:
«In quegli stessi anni, poi, il clima spirituale dominante a Roma è tutt’altro che aperto alle novità. Riviste come La Civiltà Cattolica ospitano non di rado articoli come Perenne vitalità del Papato; Azione pacificatrice del Papato nelle età antiche; Azione pacificatrice e caritatevole del Papato nell’età contemporanea; Il Vaticano faro di progresso culturale. Si scomunicano i comunisti e chi offre loro appoggio; si indicono solenni pellegrinaggi, atti di devozione mariana e di “entusiasmi addirittura plebiscitari”; si proclama il dogma dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, l’Anno Santo del 1950, l’Anno Mariano del 1954. Il giovane teologo, comunque, vive continuamente a contatto sia con la “teologia romana” sia con l’ambiente spirituale e culturale del Germanico, trovandosi a disagio e in pericolo di far naufragare la sua conversio romana. Tanto che le sue letture si orientano verso l’approfondimento di posizioni e autori come Hegel, de Lubac, ma soprattutto di Karl Barth, il cui studio lo plasmerà in maniera duratura, perché gli aprirà “den Zugang zur evangelischen Theologie”, spingendolo ad appassionarsi per la teologia» (11).
Come si vede, l’influsso ricevuto da Küng nei primi anni della sua formazione è di stampo decisamente luterano, e luterana è la concezione di Chiesa e di teologia ecclesiale che fin dagli inizi orienta i suoi studi. Il risultato è un metodo teologico che procede a partire dalla sostanziale eliminazione del magistero ecclesiastico – soprattutto quello pontificio – come criterio di base per l’interpretazione scientifica della fede. Anche la vita concreta della Chiesa – la liturgia, la pietà popolare – è vista come “da fuori”, come qualcosa da superare o eliminare del tutto perché appartenente alla “Chiesa del passato”, che deve lasciare spazio alla “Chiesa del futuro”.
Küng avverte un aspro fastidio verso il culto mariano che la Chiesa professa e pratica, e conseguentemente è portato a svalutare, non solo della devozione popolare ma anche un solenne pronunciamento dogmatico come quello del 1954 relativo all’Assunzione in Cielo, in corpo e anima, della Beata Vergine Maria. Avendo disconosciuto la potestas docendi della Chiesa gerarchica, Küng al posto del Magistero adotta come criterio-guida per la teologia, ossia per l’interpretazione di quella che Küng chiama sempre «derchristlischer Glaube» (mai «der katholischer Glaube»), il pensiero del luterano Karl Barth, il quale a sua volta introduce Küng a una pratica della teologia ispirata esclusivamente alla dialettica hegeliana.
LE CONSEGUENZE TEOLOGICHE
DELL’ADOZIONE DELLA DIALETTICA
HEGELIANA
Occorre rilevare a questo punto che queste premesse metodologiche fanno sì che il discorso sulla Chiesa svolto da Küng non sia propriamente teologico: nessuna delle sue tesi può essere considerata – da un punto di vista rigorosamente critico-epistemologico – come ipotesi scientificamente ammissibili, come una quaestio teologica disputata, perché il metodo da lui seguito non è affatto quello proprio della teologia ecclesiale ma è piuttosto quello di una “filosofia religiosa”, nel senso preciso che io do a questo termine nel mio trattato su Vera e falsa teologia (12). e che il pensiero di Küng sia da considerare mera “filosofia religiosa” dipende non solo dal fatto che si ispira alla dialettica di Hegel – il quale esplicitamente riduce la teologia cristiana alla filosofia, e questa a una «Phanomenologie des Geistes» (13) – , ma anche dal fatto che nemmeno il pensiero di Barth trascende gli angusti limiti metodologici della “filosofia religiosa”; infatti, come ebbi a ribadire anche in un dialogo epistemologico con Brunero Gherardini (14), il presupposto luterano della «sola Scriptura», con l’esclusione a priori del magistero ecclesiastico dalla determinazione scientifica dell’oggetto della teologia (che altro non può essere se non la fede della Chiesa), fa sì che ciò che lo studioso denomina «derchristlischer Glaube» o «das Wort Gottes» resti indeterminato, o comunque determinato soltanto da scelte soggettive, e quindi ridotto a dati ricavabili solo dall’incerta fenomenologia della coscienza individuale o storico-comunitaria, quella che è deputata a interpretare la Scrittura senza bisogno di un magistero ecclesiastico. Ora, non si può elaborare una scienza senza la chiara determinazione del suo specifico oggetto, al quale dipende poi l’adozione del metodo più adeguato a interpretarlo. Una teologia che non abbia per oggetto la fede della Chiesa (e non il «sentimento di fede» soggettivo di qualcuno, all’interno o al di fuori della Chiesa) non può essere considerata “teologia” nel senso cattolico del termine, ossia come teologia ecclesiale. E, all’interno di tale teologia, l’ecclesiologia di chi non collega direttamente ed essenzialmente la fede della Chiesa al magistero della Chiesa si riduce a un ambiguo discorso religioso che poi finisce per adottare i temi e i modi retorici di una a ideologia socio-politica, come è avvenuto con le ultime opere di Hans Küng, come Projeckt Weltethos, che ben poco si differenziano, nella sostanza, da analoghe opere di propaganda dell’ideologia universalistica di ispirazione teosofica o massonica. Infatti, per esplicita ammissione di Küng, solo a seguito dell’incontro con le opere di Barth:
«wurde mir klar, was Theologie als Wissenschaft sein kann. Barths kritischkonstruktive Auseinandersetzung mit der gesamten christlichen Tradition […] setzte für mich bleibende Masstäbe theologischen Denkens und Handelns» (15).
Dall’opera Ballo in maschera: donna arcivescovo. Segue sotto a destra una foto tratta dall’opera Mistero buffo: donne-prete
Per dirla in termini ancora più espliciti, e anche più rigorosi dal punto di vista epistemologico,l’ecclesiologia di Hans Küng non va considerata come “una teologia con qualche errore”: essa è piuttosto la negazione stessa della “teologia come scienza”(die Theologie als Wissenschaft), in quanto il modo di riferirsi alla Chiesa di Cristo – quel mistero della fede cristiana che la scienza teologica dovrebbe assumere come proprio oggetto specifico e prendere in esame – mostra chiaramente che Küng si riferisce ad altro. Quando parla di “ecumenismo”, sembra che si riferisca semplicemente a qualcosa di sociologicamente rilevabile – che egli individua nel “minimo comun denominatore” delle varie “confessioni di fede” elaborate dalle comunità cristiane. Questo qualcosa di sociologicamente rilevabile gli serve poi – proprio come fa Hegel nel disegnare le sue sintesi storiche della coscienza religiosa – per elaborare il progetto della “religione universale”, che segnerebbe il superamento della Chiesa cattolica e di tutte le altre confessioni cristiane, nell’unità dialettica con l’Islam, con il buddismo, con l’induismo e anche con l’ateismo. Le richieste che oggi Küng avanza per accelerare la “riforma della Chiesa” (l’annullamento di fatto del magistero ecclesiastico e soprattutto del primato del Papa, la sinodalità nel governo della Chiesa, abolizione del celibato ecclesiastico, l’ammissione delle donne al sacerdozio ordinato, il riconoscimento del matrimonio omosessuale, l’accettazione dell’eutanasia eccetera) non sono altro che la preparazione di ciò che ineluttabilmente avverrà domani, quando si realizzerà pienamente il destino insito nell’essenza stessa della Chiesa come fenomeno (= manifestazione momentanea) dello Spirito. Nulla di diverso, sia nei termini che nei concetti, da quello che Hegel diceva nell’opera giovanile Lo spirito del cristianesimo e il suo destino; ma nulla di simile a quello che è un discorso propriamente teologico, che inizia con l’accettazione senza riserve della verità rivelata (il dogma) e continua con l’elaborazione di ipotesi di interpretazione razionale che hanno come strumento privilegiato la metafisica. Come giustamente aveva osservato all’inizio del Novecento Réginald Garrigou-Lagrange, in polemica con i modernisti e con i teologi cattolici convinti di poter conciliare il dogma con l’evoluzionismo di Bergson, la verità della fede, contenuta nelle “formule dogmatiche”, non può essere compresa dai credenti se non sulla base delle evidenze del “senso comune”, che sono sostanzialmente di natura metafisica e che a loro volta costituiscono la premessa razionale per l’interpretazione scientifica del dogma, ossia per la teologia (16). In effetti, senza la metafisica e senza la logica che ad essa è intrinsecamente collegata, soprattutto senza il principio di non-contraddizione, il dogma non è più la verità divina custodita dalla Chiesa ma può e deve essere contraddetto dialetticamente, in conformità con i mutamenti culturali e sociali (17). Questo è quanto arriva a sostenere Küng in die Kirche (1967) e in Unfehlbar? Eine Anfrage (1970):
«Ogni formula di fede, non solo nell’individuo ma anche nella chiesa intera, resta imperfetta, incompleta, enigmatica […] questa frammentarietà non si fonda soltanto sul carattere spesso polemico e angusto delle formule dottrinali della chiesa, ma sul carattere necessariamente dialettico di ogni umana affermazione della verità […]. Ogni proposizione può essere vera e falsa» (18).
Sicché non sorprende che la Congregazione per la dottrina della fede emanasse il seguente monitum:
Il Cardinale Franjo Šeper (Osijek, 2 ottobre 1905 – Roma, 30 dicembre 1981) all’epoca prefetto della Congregazione per la dottrina della fede
«La Congregazione per la dottrina della fede adempiendo il proprio compito di promuovere e tutelare la dottrina della fede e dei costumi in tutta la chiesa ha sottoposto all’esame le due opere del professore Hans Küng, La chiesa e Infallibile? Una domanda, che sono state pubblicate in diverse lingue. Con due diverse lettere, datate rispettivamente 16 maggio 1971 e 12 luglio 1971, la congregazione notificò all’autore le difficoltà che trovò nelle sue opinioni e lo pregò che spiegasse per iscritto come tali opinioni non contraddicano la dottrina cattolica. Con una lettera del 4 luglio 1973 la congregazione offerse al professore Küng una ulteriore possibilità di spiegare le proprie idee mediante un colloquio. Con una sua lettera del 4 settembre 1974 il prof. Küng tralasciò anche questa possibilità. D’altra parte con le sue risposte non provò che alcune opinioni circa la chiesa non contraddicano la dottrina cattolica ma continuò a sostenerle anche dopo la pubblicazione della dichiarazione Mysterium ecclesiae. Perciò affinché non rimangano dubbi circa la dottrina che la Chiesa Cattolica professa e perché la fede dei cristiani non sia in alcun modo offuscata, questa sacra congregazione, richiamando la dottrina del magistero esposta nella dichiarazione Mysterium ecclesiae dichiara: Nelle opere sopradette del prof. Hans Küng sono contenute alcune opinioni che, in diverso grado, si oppongono alla dottrina della Chiesa Cattolica che deve essere professata da tutti i fedeli. Notiamo soltanto le seguenti di maggior rilievo prescindendo ora da un giudizio circa alcune altre che il prof Küng difende. L’opinione che pone almeno in dubbio lo stesso dogma di fede della infallibilità della Chiesa e lo riduce ad una certa fondamentale indefettibilità della Chiesa nella verità, con la possibilità di errare nelle sentenze che il magistero della Chiesa in modo definitivo insegna di credere, contraddice la dottrina definita dal concilio vaticano I e confermata dal concilio vaticano II. Un altro errore che pregiudica gravemente la dottrina del prof. Küng riguarda la sua opinione sul magistero della Chiesa. In realtà egli non si attiene al genuino concetto del magistero autentico secondo il quale i vescovi sono nella chiesa “dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità di Cristo e che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella vita pratica”; infatti “l’ufficio di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa è affidato al solo magistero vivo della Chiesa”. Anche l’opinione già insinuata dal prof. Küng nel libro La Chiesa e secondo la quale l’eucarestia, almeno in casi di necessità, può essere consacrata validamente da battezzati privi dell’ordine sacerdotale, non può accordarsi con la dottrina dei concili Lateranense IV e Vaticano II» (19).
Nel 1979 a Hans Küng venne revocata la missio canonica relativa l’insegnamento della teologia cattolica.
UN GIUDIZIO DEL MAGISTERO SULL’ECCLESIOLOGIA
STORICISTICA
Padre Anthony De Mello S.J. ed il suo libro: Brevetto di volo per aquile e polli.
L’ecclesiologia storicistica di Hans Küng, divulgata da tanti autori di saggistica teologica, ha trovato una puntuale condanna in una nota della Congregazione per la dottrina della fede. Essa riguarda direttamente non il teologo svizzero ma un suo epigono indiano, il gesuita Anthony De Mello. Nel documento della Congregazione, reso noto nel 1998 — lo stesso anno in cui Papa Giovanni Paolo II pubblicava l’enciclica Fides et ratio — si legge che nelle opere di De Mello si osserva:
«un progressivo allontanamento dai contenuti essenziali della fede cristiana. Alla rivelazione avvenuta in Cristo egli sostituisce una intuizione di Dio senza forma né immagini, fino a parlare di Dio come di un puro vuoto. […] Le religioni, inclusa quella cristiana, sono uno dei principali ostacoli alla scoperta della verità. Questa verità, d’altronde, non viene mai definita nei suoi contenuti precisi. Pensare che il Dio della propria religione sia l’unico è, semplicemente, fanatismo. “Dio” viene considerato come una realtà cosmica, vaga e onnipresente. Il suo carattere personale viene ignorato e in pratica negato».
Enzo Bianchi, teatro Donizetti di Bergamo, 20 settembre 2012 (immagine pubblica reperibile su tutti i motori di ricerca internet)
Si tratta della concezione hegeliana dell’Assoluto che non è trascendente, non è personale, ma si identifica con il divenire dialettico dello Spirito e quindi con la Storia. La Chiesa cattolica, una volta negato il valore assoluto della verità rivelata, è relativizzata e ridotta a momento transitorio dello sviluppo della coscienza di un’umanità destinata all’unità globalizzata su base etica. Cristo – dice ancora il documento firmato da Josef Ratzinger – viene a essere considerato«come un maestro accanto ad altri. […] Non viene riconosciuto come il Figlio di Dio ma semplicemente come colui che ci insegna che tutti gli uomini sono figli di Dio».
In questa denuncia del Magistero ritrovo la condanna a priori di quell’ umanesimo ateo che ho rilevato tante volte negli scritti di un altro epigono del teologo svizzero, ossia Enzo Bianchi, che arriva a qualificare Cristo come semplice “creatura” [Ndr. Vedere precedente articolo di Antonio Livi, qui].
NOTE
Cfr Hans Küng, Menschwerdung Gottes. Eine Einfürung in Hegels theologisches Denken als Prolegomena zu einer künftigen Christologie, Verlag Herder, Freiburg – Basel – Wien 1970, p. 643: «Nella teologia cattolica più recente è stato Karl Rahner ad aprire nuovi orizzoni […]. Lo spirito insigne che aleggia sullo sfondo di questo approfondimento […] altri non è se non Hegel, anche se non mancano nemmeno influssi heideggeriani. I suoi sporadici tentativi di distanziarsi da Hegel in argomenti secondari non fanno che confermare questo fatto» (traduzione mia).
Vedi Antonio Livi, in La Nuova Bussola Quotidiana, 10 ottobre 2014.
Vedi Antonio Livi, in La Nuova Bussola Quotidiana, 10 febbraio 2012.
Cfr Hans Küng, Erkämpfte Freiheit. Erinnerungen, München 2002; Idem, Umstrittene Wahrheit. Erinnerungen, München 2007.
Cfr Hans Küng, La giustificazione, trad. it. di T. Federici, Editrice Queriniana, Brescia 1969, p. 21.
Hans Küng.Weg und Werk, a cura di Häring und K. J. Kuschel, Piper Verlag, München 1978, p. 123.
Cfr Hans Küng, intervista ad A. W. Scheiwiller, “Unbequeme Eidgenossen: Hans Küng der kirchentreue Reformator”, in Woche, 14 giugno 1972, p. 23.
Hans Küng. Weg und Werk, cit., p. 128.
Hans Küng, Incarnazione di Dio in Hegel. Prolegomeni per una futura cristologia, trad. it., Queriniana, Brescia 1970, p. 10.
Karl Barth, Geleitbrief, in Hans Küng, Rechtfertigung. Die Lehre Karl Barths und eine katholische Besinnung, Johannes Verlag, Einsiedeln 1957 cit.; trad. it: Lettera all’autore, in Hans Küng, La giustificazione, cit., p. 8.
Antonio Russo, «Hans Kung e la teologia come scienza», in Studium, 106 (2010), pp.185-206, qui p. 188.
Cfr Antonio Livi, Vera e falsa teologia. Come distinguere l’autentica “scienza della fede” da un’equivoca “filosofia religiosa”, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2012.
Vedi Antonio Livi, Vera e falsa teologia, cit., pp. 141-148.
(14) Cfr Antonio Livi, Qualche chiarimento, in dialogo con estimatori e critici, in Verità della teologia. Discussioni di logica aletica a partire da“Vera e falsa teologia”, di Antonio Livi, a cura di Marco Bracchi e di Giovanni Covino, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2014, pp. 167-185.
(15) Hans Küng. Weg und Werk, cit., p. 137.
(16) Cfr Réginald Garrigou-Lagrange, Le Sens commun, la philosophie de l’être et les formules dogmatiques, Beauchesne, Parigi 1912; trad. it.: Il senso commune, la filosofia dell’essere e le formule dogmatiche, a cura di Antonio Livi e di Mario Padovano, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2013.
(17) Vedi in proposito Antonio Livi, Razionalità della fede nella Rivelazione. Un’analisi filosofica alla luce della logica aletica, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2005.
(18) Hans Küng, Die Kirche, Herder, Freiburg im Breisgau 1967, p. 397.
(19) Congregazione per la dottrina della fede, Monitum, 15 febbraio 1975.
BIBLIOGRAFIA
Louis Bouyer, «Ecumenismo senza scavalcamenti», in Studi cattolici, 13 (1969), pp. 30-35.
Pier Carlo Landucci, «Ecco Hans Küng», in Studi cattolici, 22 (1979), pp. 549-54.
Luigi Iammarrone, Hans Küng eretico. Eresie cristologiche nell’opera “Christ sein”, Edizioni Civiltà, Brescia 1977.
Luigi Iammarrone, Teologia e cristologia. “Dio esiste”, di Hans Küng, Edizioni Quadrivium Genova 1982.
Antonio Livi, «Dogma e Magistero dopo il “caso Küng”», in Studi cattolici, 24 (1980), pp. 171-177.
Antonio Livi, Vera e falsa teologia. Come distinguere l’autentica “scienza della fede” da un’equivoca “filosofia religiosa”, seconda edizione aumentata, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2012, pp. 241-246.
Emanuele Samek Lodovici, «Il dogma infallibile di Han Küng», in Studi cattolici, 16 (1971), pp. 171-177.
Emanuele Samek Lodovici, «La via a Hegel di Hans Küng», in Studi cattolici, 16 (1971), pp. 243-251.
Cliccare qui sotto per ascoltare un canto della tradizione popolare
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2014/10/Antonio-Livi-Patmos2.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Padre Antoniohttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngPadre Antonio2014-10-19 21:51:232021-04-21 00:59:39L’ecclesiologia storicista di Hans Küng
L’uomo diabolico può essere moderato, casto, temperante, misurato, controllato, gentile, dalle buone maniere, cortese, affabile, beneducato, simpatico, allegro, psichicamente normale, colto, dal tratto raffinato, apparentemente pio e sereno; anzi il demonio di preferenza sceglie queste persone aliene dagli eccessi emotivi, dagli scoppi di ira, dagli impulsi incontrollati, persone che non destano sospetti, magari altolocate, prelati, teologi o religiosi, e che quindi sono oggetto di stima e di rispetto, per renderli strumenti della sua azione quando vuol compiere danni veramente gravi alle anime e di lunga durata …
Autore Giovanni Cavalcoli OP
In questi ultimi anni, sia grazie ad interventi della Chiesa o dei Pastori, sia grazie alla pubblicazione di valide opere sull’argomento od alla fama acquistata da valenti esorcisti, come il Padre Gabriele Amorth ed altri, in molti ambienti cattolici è stata recuperata la consapevolezza dell’azione di Satana in questo mondo [Cf. Pietro Cantoni, L’oscuro Signore,qui], anche se molto resta da fare per eliminare due persistenti errori opposti fra loro, il primo, più diffuso negli ambienti colti, consistente nella negazione tout court dell’esistenza deldiavolo; il secondo, presente invece negli ambienti popolari, che consiste nella spettacolarizzazione dell’azione satanica e nella troppa facilità con la quale si vorrebbero spiegare certi fenomeni odiosi o certe sventure a ripetizione. Capita poi di incontrare idee sbagliate sul demonio sia nel primo che nel secondo caso.
Riguardo all’azione di Satanageneralmente si dà spazio e pubblicità, a volte per una certa inutile curiosità o ricerca di successo da parte della pubblicazioni sull’argomento, ai fenomeni più eclatanti, sconcertanti ed impressionanti, come le possessioni, le apparizioni e il satanismo. Questa fenomenologia, però, grazie a Dio, è piuttosto rara.
Viceversa, esiste un altro aspetto dell’azione di Satana, più frequente e più importante, ma meno appariscente e più trascurato, ed è quello che ci tocca tutti da vicino, per cui è d’interesse primario per il nostro cammino di salvezza, anche se non ha la spettacolarità propria del primo, ma al contrario, ponendosi schiettamente sul piano dello spirito – del resto, Satana non è uno spirito? – colpisce meno i sensi, le emozioni e la fantasia ed interpella maggiormente il delicato lavoro dell’intelligenza, della coscienza e della volontà, soprattutto in relazione all’esercizio delle virtù teologali della fede, della speranza e della carità, nonchè all’esercizio dei doni dello Spirito Santo.
Il fenomeno delle possessioni o della vessazionitutto sommato costituisce una dura prova per l’ossesso ed impegna certamente l’abile esorcista, ma in fin dei conti non compromette o non mette in pericolo la condotta morale del paziente, dato che, come è noto, durante la presenza del demonio, il paziente si trova in uno stato inconscio, per cui non può esercitare la volontà.
Invece l’ingresso di Satana nella coscienza del soggetto lucido e coscienteè il vero problema circa l’azione di Satana, in quanto egli, con le sue suggestioni, seduzioni e tentazioni, mette in serio pericolo la salute spirituale del soggetto, spingendolo al peccato. Infatti tutta l’azione di Satana in questo mondo si può riassumere in quest’unico fine: ingannare l’uomo appunto con “dottrine diaboliche” per persuaderlo a peccare sapendo di peccare, facendogli apparire bene il male o male il bene.
L’immaginarsi Satana come un essere spaventoso o repellentevuol dire fermarsi sul piano della metafora e dell’immaginazione, senza cogliere il significato vero dell’azione satanica, ossia senza vedere in Satana la sua vera pericolosità che, ripeto, sta nella sua arte raffinata di condurci a peccare, di mostraci il peccato come attraente.
era il Principe della Luce, il più bello fra gli Angeli
In questo senso Satana non appare ripugnante ma al contrario appare affascinate,seducente ed ammaliatore. Satana cerca di ottundere la nostra coscienza, sì da non pentirci del peccato commesso. Qui sta la vera caratteristica, del resto quotidiana per chi sa avvertirla, dell’azione satanica. Oppure istilla dei falsi sensi di colpa per bloccarci nel compimento del bene e per indurci alla disperazione.
Sotto questo profilo che è quello che deve starci più a cuorese ci teniamo alla nostra salvezza, l’azione di Satana non ha un carattere esterno e materiale, attinente ai sensi, alle emozioni o agli stati del nostro fisico, come nel primo caso, ma un aspetto sottile, interiore, insinuante, potremmo dire “serpentino”, che tocca appunto la vita del nostro spirito, il nostro intimo, le nostre idee, le nostre convinzioni, sentimenti, tendenze o aspirazioni spirituali, i nostri atti morali, il nostro rapporto interpersonale con gli altri, il nostro rapporto con Dio. Si pone sul piano delle idee, della comunicazione del pensiero, dei messaggi verbali, degli impulsi o degli stimoli dati alla volontà.
La mira principale di Satana non è neppure tanto la corruzione delle passioni ma la corruzione dello spirito.Non spinge tanto ai peccati carnali, ma a quelli spirituali: la superbia, l’empietà, la presunzione, l’invidia, l’odio, l’ipocrisia, la menzogna, la doppiezza. Egli pone l’ostacolo più grave al conseguimento del bene, della virtù, di Dio, ostacolo che non viene dalla carne ma dallo spirito o, come dice Cristo, non viene dall’esterno, ma dall’interno, dal cuore, dalla volontà.
Egli mira rendere torbida e falsa l’intelligenza, sleale, doppia e cattiva la volontà. Il peccato di Satana è stato ovviamente un peccato spirituale, essendo egli puro spirito, e per questo i peccati spirituali possono essere detti “diabolici”. Questi peccati contaminano innanzitutto l’intelletto e la volontà, il pensiero e l’azione, che sono le potenze proprie dello spirito.
una locandina pubblicitaria sul “pensiero creativo”
Il primo peccato spirituale, il punto di partenza della perdizione concerne quindi il pensiero: quella che San Paolo chiama “dottrina diabolica”. Essa consiste nell’istigazione alla menzogna e nell’apologia della menzogna circa i valori più importanti, che sono quelli che riguardano la salvezza, quindi la falsificazione della Parola di Dio, della verità di fede, della dottrina della Chiesa.
Nel peccato di pensiero gioca ovviamente la volontà, giacchè ogni peccato comporta la cattiva volontà. Ma poi il peccato diabolico concerne anche quegli atti che riguardano l’impegno specifico della volontà, ossia i peccati propriamente attinenti all’azione o all’operazione, l’esecuzione pratica del pensiero diabolico, e qui abbiamo tutti i più gravi gesti della violenza, della crudeltà, del sacrilegio, dell’incredulità, della disperazione, dell’ingiustizia, del furto, dell’assassinio, dell’aborto, del sadomasochismo, della contesa, della diffamazione, della denigrazione, della disobbedienza, della sedizione, della strage, del terrorismo.
lupus et agnus …
L’uomo diabolico può essere moderato, casto, temperante, misurato, controllato, gentile, dalle buone maniere, cortese, affabile, beneducato, simpatico, allegro, psichicamente normale, colto, dal tratto raffinato, apparentemente pio e sereno;anzi il demonio di preferenza sceglie queste persone aliene dagli eccessi emotivi, dagli scoppi di ira, dagli impulsi incontrollati, persone che non destano sospetti, magari altolocate, prelati, teologi o religiosi, e che quindi sono oggetto di stima e di rispetto, per renderli strumenti della sua azione quando vuol compiere danni veramente gravi alle anime e di lunga durata: si tratta soprattutto degli eresiarchi, il cui influsso maligno è capace di durare secoli.
Sono questi gli autori di quelle che San Paolo chiama “dottrine diaboliche”[Cf. I Tm 4,2]. La persona diabolica può rivestirsi di un’apparenza nobile, può sembrare una persona molto spirituale, un profondo teoreta, un profeta ispirato, un veggente, un mistico, giacchè, come dice S.Paolo, “Satana si maschera da angelo di luce” [Cf. II Cor 11,14].
Satana sa in qualche misura simulare persino la santità, anche se l’occhio esperto riconosce facilmente le contraffazioni e le imposture, giacchè è per Satana un’impresa tutto sommato troppo difficile. Da qui il proverbio popolare: “il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi”. La finzione diabolica non può durare a lungo.
Raffigurazione artistica dello Spirito Santo
Ci casca solo chi ci vuol cascare.Ordinariamente il demonio non mira così in alto, anche perché pochi amano la santità ed egli vuol conquistare il numero più alto possibile di allocchi e di citrulli. Per questo ordinariamente si nasconde sotto i lineamenti e lo stile di personaggi di successo che attirano le folle, falsi filosofi, teologastri, abili sofisti ed impostori, riformatori della Chiesa e della società, geni del pensiero e della scienza, seduttori, leaders politici, spiritisti, ipnotizzatori, attori, artisti, poeti e maghi.
Ma citiamo l’espressione paolina nel suo contesto,che è molto interessante: “Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche, sedotti dall’ipocrisia di impostori, già bollati a fuoco nella loro coscienza”.
Innanzitutto il riferimento allo Spirito Santo, che è lo Spirito della verità,serve a dar certezza di questa dichiarazione. Gli “ultimi tempi” o “pienezza dei tempi” nel linguaggio biblico rappresentano i tempi apocalittici, ossia quelli conclusivi e decisivi, i più altamente drammatici, della storia della salvezza, i tempi dello scontro finale. Ricordiamo l’apostasia della quale parla l’Apostolo [II Ts 2,3]. Riguardano innanzitutto il futuro, ma possono interessare anche il presente, in quanto già nel presente si decide della nostra salvezza, si edifica la nostra salvezza.
La stessa venuta di Cristo,secondo il Vangelo, inaugura gli “ultimi tempi” preannunciati dai profeti, ultimi sì in senso cronologico, ma soprattutto intensivo: i tempi più carichi di significato, i tempi risolutivi, detti anche “tempi della fine”, fine di questo mondo di peccato ed inizio del nuovo mondo della giustizia, tempi dello scontro finale delle forze del bene contro quelle del male.
il Dott. Enzo Bianchi ed il Prof. Alberto Melloni (foto pubbliche reperibili su qualsiasi motore di ricerca in internet)
In questa lotta finale emergono le dottrine più pericolose, che sono appunto le “dottrine diaboliche”. Esse vanno smascherate e confutate con la stessa potenza di quello Spirito, che ne rivela la comparsa e la pericolosità. È lo Spirito Santo, Spirito della verità, accompagnato dalla preghiera, che scopre e scaccia lo spirito impuro, lo spirito della menzogna.
Queste dottrine si prefiggono soprattutto la distruzione o la falsificazione della fede– l’eresia –, di quella fede che è l’inizio della salvezza. Il demonio tenta di sopprimere la vita cristiana alla radice, spegnendo la luce della fede con dottrine che ce la fanno apparire falsa, odiosa, irrazionale, degradante, disumana, intollerante, illiberale, superata, schiavizzante e molti altri inganni del genere.
Iconografia dell’Apostolo Paolo con libro e spada
San Paolo è molto severo nel giudicare questi “spiriti menzogneri” che diffondono l’eresia.Dichiara infatti che sono “bollati a fuoco nella loro coscienza”; dunque non sono in buona fede, cosa che invece può capitare quando uno difende un’eresia senza sapere che è un’eresia. In tal caso già dai tempi di S.Agostino la Chiesa parla di eresia “materiale”, che non è colpevole, in quanto il soggetto scambia involontariamente l’errore per la verità e la verità per l’errore.
Invece nell’eresia vera e propria, detta “formale”, vi è vera colpevolezza, data dal fatto che l’eretico sa che la sua idea è eretica e con tutto ciò la difende presentandola come verità cattolica oppure semplicemente escludendola come fosse contraria alla verità cattolica. Si tratta di una colpa gravissima, ben descritta dall’Apostolo con l’espressione “bollati a fuoco nella loro coscienza”, quasi a significare il fuoco dell’inferno che già in questa vita comincia a tormentare gli eretici.
Certo non è sempre facile all’atto pratico distinguere l’eretico formale da quello materiale,ma è molto importante, benchè ben diverso è il comportamento che occorre tenere nei due casi. Tuttavia ci sono dei segni che indirettamente ma con certezza ci permettono di distinguere e quindi di adottare l’opportuno comportamento che occorre nei due casi.
La differenza essenziale tra i due tipi di eretico è data dalla presenza di alcune caratteristiche morali:l’eretico formale è superbo, presuntuoso, sleale, arrogante, ostinato, ambizioso, vendicativo, crudele, sprezzante e beffardo verso gli avversari, un implacabile odiatore di coloro che osano criticarlo o rimproverarlo, astuto custode della sua immagine o del suo look, sì da procurarsi la maggior fama possibile nel mondo, impegnato a cercare mezzi e a formare discepoli e collaboratori che lo sostengano nella sua empia attività.
L’eretico è oggetto di fanatica ammirazione da parte dei seguaci,che lo pongono al di sopra di qualunque altra autorità, quasi sia un dio. Esempio classico è Lutero, benchè ovviamente si debbano riconoscere in lui alcune qualità, come la sua “profonda religiosità”, come ebbe a dire il Beato Giovanni Paolo II.
Viceversa l’eretico semplicemente materiale è in realtà ortodosso e può essere anche un santo. Non si può neppur dire propriamente eretico, ma è solo una persona che sbaglia. Semplicemente non si rende conto del suo errore e se ne prendesse coscienza, lo respingerebbe decisamente, ma Dio può permettere che per lungo tempo e forse anche per tutta la vita non se ne accorga. Si tratta quindi di ignoranza non colpevole, cosiddetta “invincibile”, causata o da una insufficiente formazione ricevuta o a limiti intrinseci della sua intelligenza o da fraintendimenti o equivoci insormontabili magari legati all’ambiente, al linguaggio o a difetti del carattere o della sua psiche.
il Beato Antonio Rosmini, una vita di santità. Essere caduto nell’errore dottrinario involontario, non gli precluse affatto il riconoscimento della eroicità delle virtù.
L’eretico materiale, che potremmo anche dire pseudo-eretico,erra solo in alcuni punti nell’ambito di un sistema di pensiero sostanzialmente ortodosso e che anzi sotto questo punto di vista può essere di grande valore e fare molto bene alla cultura e alla Chiesa. Può essere addirittura un mistico e una maestro di santità. È fedele alla Chiesa, coscienzioso, preoccupato dell’ortodossia, nemico degli eretici, umile, pio, prudente, modesto, disinteressato, magnanimo, caritatevole, generoso, pronto a correggersi ove si rende conto dell’errore, mite e paziente con gli avversari, che magari lo maltrattano, non attaccato alle sue idee, non preoccupato di una fama mondana ma solodi piacere a Dio, non chiuso nelle sue idee, ma sempre pronto ad imparare. Esempio famoso è il Beato Antonio Rosmini.
Come risulta dal passo di San Paolo, la importante collaboratrice di Satana è l’Ipocrisia.Quanto spesso Gesù lancia accuse di ipocrisia! E contro chi? Contro i pubblicani, le prostitute e i peccatori? No; contro sacerdoti, scribi e farisei! Quale lezione per noi preti, per noi religiosi, votati alla perfezione ed alla guida delle anime! E dunque tra di noi che il demonio trova il terreno più adatto per seminare le sue dottrine!
ruota del pavone, emblema della vanità
La prima cosa da fare nella vita– e ciò vale anche e soprattutto per chi è chiamato ad insegnare la teologia o le verità di fede, ed a guidare le anime alla salvezza – è agire in buona coscienza davanti a Dio, distaccati dalla gloria umana, cercare Dio innanzitutto e ad ogni costo: se gli uomini approvano, bene, e se non approvano, pazienza. Occorre quindi evitare la gloria umana e non essere schiavi del parere altrui. Invece l’eretico cerca innanzitutto se stesso e il favore degli uomini; Dio e la religione per lui sono solo un mezzo per affermarsi nel mondo e per ottenere una gloria effimera che apre a lui ed ai suoi discepoli la via della perdizione.
Bologna, 16 maggio 2013
Cliccare qui sotto per ascoltare un canto mariano della tradizione popolare
https://i0.wp.com/isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2014/10/cavalcoli56.jpg?fit=150%2C150&ssl=1150150Padre Giovannihttps://isoladipatmos.com/wp-content/uploads/2022/01/logo724c.pngPadre Giovanni2014-10-19 21:22:092021-04-21 00:59:56La questione delle “Dottrine diaboliche”
Babamın ikinci evliliğini yapmasıyla birlikte üvey kız kardeşe sahip oldum porno indir Yeni kız kardeşim tembelin teki porno izle ne okula gidiyor ne ders çalışıyor seks hikaye Bulduğu her fırsatta okulu ekiyor bedava porno aile bireyleri bu yüzden ona çok kızıyor brazzers porno Bugün evde kimsecikler yokken bahçede biraz spor yapayım dedim sex hikayeleri Şans eseri kız kardeşimi gördüm okula gitmemiş odasında saklanıyor rokettube Ona bağırdım ve zorla okula gitmesini sağladım türk porno Evden çıktığı vakit bahçede sporuma başladım porno Kısa bir süre sonra telefonuma evdeki alarmın devre dışı kaldığına dair bildirim geldi ensest hikayeler Karşımda çıplak durması ve tahrik edici konuşmalarıyla beni sekse ikna etti.
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