Gabriele Giordano M. Scardocci
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

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Padre Gabriele

«In tutte le lacrime indugia una speranza» perché «il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno mai»

—  omiletica —

Omiletica dei Padri de L’Isola di Patmos

«IN TUTTE LE LACRIME INDUGIA UNA SPERANZA» PERCHÉ «IL CIELO E LA TERRA PASSERANNO, MA LE MIE PAROLE NON PASSERANNO MAI»

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Se non siamo più che cauti può sorgere una vera e propria forma di neomillenarismo, con un’attenzione eccessiva anche alla modalità della cosiddetta fine del mondo. Inutile a dirsi che cosa può accadere quando certi cattolici fai-da-te, con specializzazioni e dottorati teologici presi su Facebook, mescolano assieme il ritorno di Cristo alla fine dei tempi e soprattutto le più mal comprese e mal vissute devozioni mariane.

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Autore:
Gabriele Giordano M. Scardocci, O.P.

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Meditazione sul Santo Vangelo della XXXIII Domenica del tempo ordinario

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Cari Lettori dell’Isola di Patmos,

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in questo ultimo periodo, le letture del Vangelo ci hanno richiamato all’attenzione, alla prudenza e alla vigilanza. Specie la vigilanza è tema vissuto a volte in modo eccessivo, a volte in modo minimale.

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Per quanto riguarda il modo eccessivo, esagerato ed esasperato vi ho già parlato del movimento statunitense dei preppers o survivalisti. Se non siamo più che cauti può sorgere una vera e propria forma di neomillenarismo, con un’attenzione eccessiva anche alla modalità della cosiddetta fine del mondo. Inutile a dirsi che cosa può accadere quando certi cattolici fai-da-te, con specializzazioni e dottorati teologici presi su Facebook, mescolano assieme il ritorno di Cristo alla fine dei tempi e soprattutto le più mal comprese e mal vissute devozioni mariane. Ma su questo abbiamo parlano in abbondanza, noi Padri de L’Isola di Patmos, nel nostro libro La Chiesa e il coronavirus, pubblicato dalle nostre edizioni nell’ottobre 2020.

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Per entrare in questo tema ci è d’aiuto la cinematografia. Basti infatti ricordare quando alla fine degli anni Novanta, nei cinema vennero proiettati film quali Armagedonn – Giudizio Finale e Deep Impact. In questi film si poteva quasi materialmente percepire una certa paura per la fine del millennio e del secolo ai tempi ormai imminente. Dopodiché, calato il sipario anche sulla notte del millennio, abbiamo dovuto attendere dodici anni, per vedere la fine del calendario Maya nel 2012, con film omonimo e altra colossale catastrofe e fine dei giochi per tutti noi. Insomma si desiderava a tutti costi voler capire come doveva finire il tempo presente. Un desiderio che seppur sano, si muoveva senza la fede, la speranza e la carità.

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Questo è il tema del Vangelo di questa XXXIII domenica del tempo ordinario. Con sfumature evidentemente diverse. L’inizio del vangelo è una proclamazione di giorni futuri che, ad un primo sguardo, sembrano funesti.

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«In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria» (Mc 13, 24-26)

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Insomma, uno scenario davvero terribile. Rimanere senza luce, con le stelle, la luna e il sole che sembrano devastare l’intero universo. Eppure questo è il senso della parusia. Un cambiamento radicale e definitivo dell’intera nostra persona e del rapporto con Dio. Nella parusia ci sarà infatti la nostra vocazione definitiva: smettere di guardare con la luce degli occhi, per guardare Gesù con la luce dell’amore e della carità. Con una luce a noi donata dallo Spirito Santo, la definita Lumen Gloriae. Saremo dunque radunati dagli angeli, per l’incontro più bello e ultimo. Ma niente paura! Infatti Gesù ci chiama a questo incontro. Per arrivare pronti a ricevere la luce della gloria è necessario fare un cammino di radicamento e di unione con Dio. Ciò è possibile se seguiamo il culmine dell’insegnamento di Gesù:

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«In verità vi dico: il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mc 13, 31)

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Quella di cielo e terra è una formula ebraica per indicare l’intero cosmo. Dunque l’intero cosmo passerà, avrà una fine, Ma i logoi, la Parola di Dio rimarrà in eterno. Gesù è infatti il Logos del Padre. Ogni singola cellula del nostro essere dipende dal sì eterno di Cristo verso di noi. Noi dipendiamo radicalmente da Dio. Questo è il senso primo e ultimo di rimanere nella parola di Dio.

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Se dunque ci impegniamo ad ascoltare continuamente la parola di Dio già da adesso attingeremo alla sua gloria, alla sua luce, alla grazia che saranno le nostre lampade per camminare e affrontare con serenità questi periodi bui. Ascoltare la parola di Dio, insieme ai Sacramenti, è alimento della carità e della speranza, è fare memoria che stiamo vivendo il tempo della fine ma con la gioia dell’inizio.

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Scriveva Simone De Beauvoir: «In tutte le lacrime indugia una speranza». Per questo chiediamo al Signore di vivere ogni giorno ancorati alla sua Parola, consapevoli che se vivremo anche dei momenti esistenziali di tristezza, riceveremo l’abbraccio trinitario di Colui che è unico e definitivo vincitore e Signore della Storia.

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«Gesù dolce, Gesù amore» (Santa Caterina da Siena)

Roma, 13 novembre 2021

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