I vaccini anti-covid19. Quella morale e quella carità cristiana ignota a quei turbolenti “cattolici antivax” che urlano sui social media come pescivendoli al mercato rionale

—  Attualità ecclesiale —

I VACCINI ANTI-COVID19. QUELLA MORALE E QUELLA CARITÀ CRISTIANA IGNOTA A QUEI TURBOLENTI “CATTOLICI ANTIVAX” CHE URLANO SUI SOCIAL MEDIA COME PESCIVENDOLI AL MERCATO RIONALE

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Il Cattolico ha il dovere morale di vaccinarsi per un senso di profonda responsabilità nei confronti del genere umano, perché il genere umano è quel suo prossimo che non solo deve rispettare e tutelare, ma che deve proprio amare come se stesso. Cosa dura da far capire a soggetti ciechi e ottusi che hanno fondata la loro ideologia anti-scientifica anzitutto sul palese disprezzo per l’altro, che sia il singolo o che sia l’intera comunità scientifica mondiale. E simili atteggiamenti, per un cattolico, sono veramente e profondamente peccaminosi.

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terapia intensiva

A questo tema delicato i Padri de L’Isola di Patmos hanno dedicato il saggio: La Chiesa e il coronavirus. Emblematico il sottotitolo del libro: «Tra supercazzole e prove di fede. L’apostolato dei Padri de L’Isola di Patmos in tempo di pandemia», nato dalla riflessione di apertura in cui il teologo domenicano Gabriele Giordano M. Scardocci spiega il significato di supercazzola, termine assunto dal lessico filosofico per indicare giri di parole prive di senso. Seguono le riflessioni di tutti e tre, incluse quelle molto preziose del teologo cappuccino Ivano Liguori che ha trascorso anni della sua vita sacerdotale a prestare servizio nel grande polo ospedaliero di Cagliari, a contatto giornaliero con la vita umana, la malattia e la morte.

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Se prima era opportuno ricordare la nostra opera di saggistica, che sinceramente vi consigliamo in lettura, adesso è necessario articolare una premessa, prima di aprire la riflessione vera e propria.

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Il movimento dei cosiddetti antivax ha dei propri aderenti molto virulenti anche all’interno del nostro mondo cattolico, benché si tratti di cattolici a modo loro. Si va infatti dai catastrofisti millenaristi a quelli convinti della diabolica immoralità dei vaccini all’interno dei quali sono stati frullati i feti dei bambini abortiti (!?). Seguono quelli che identificano il vaccino col marchio della bestia che compare nella narrativa simbolica e a tratti ermetica dell’Apocalisse del Beato Apostolo Giovanni e altri che parlano dell’imminente lotta finale che vedrà il definitivo trionfo del Cuore Immacolato di Maria.

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Se a questi vari estremisti novax del cattolicesimo fai-da-te spieghi che la Santa Sede non ha tardato a chiarire la moralità dei vaccini rispondendo anzitutto alla bufala dei feti di bimbi abortiti frullati al loro interno [vedere documento della Congregazione per la Dottrina della Fede], la risposta del catto-idiota integralista antivax non si farà attendere: «La Santa Sede ha ormai smarrito gli autentici valori del Vangelo e si è sottomessa ai poteri forti mondiali». Appresso seguono poi le contumelie sul Pontefice regnante da parte di molti appartenenti a questi gruppuscoli pseudo-cattolici che risolvono il problema alla radice mettendo direttamente in dubbio la validità della sua elezione al sacro soglio. Rifacendosi, anche in questo caso, a tutte le bufale che circolano da anni sulla fantastica invalidità dell’atto di rinuncia del Sommo Pontefice Benedetto XVI.

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Gli antivax che ritengono di essere cattolici sono tra tutti i peggiori, perché supportano le loro teorie strampalate con il soprannaturale, mentre gli antivax laicisti si basano su loro evidenti disturbi psicotici, oppure sui fanta-complotti, senza scomodare Dio Padre, il Verbo di Dio Incarnato, la Beata Vergine Maria e l’Apocalisse del Beato Apostolo Giovanni.

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L’esperienza maturata in questi tempi di pandemia ha insegnato, a me e ai miei confratelli redattori, che parlare con l’antivax è inutile, perché è chiuso al ragionamento e al senso critico. Si possono portare tutte le più logiche ragioni scientifiche, che egli rifiuterà sempre e comunque, sostenendo teorie assurde variabili dai complotti planetari sino alla inesistenza del Covid-19 chiamato ironicamente “pandemenza”, senza alcun rispetto per i vivi che si sono salvati e per la memoria di tutti coloro che sono morti e le loro famiglie ancora sofferenti per la perdita dei loro cari.

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L’antivaccinista ha però una risposta assurda sempre pronta: non nega che vi siano stati svariati milioni di morti in tutto il mondo, nega che siano morti per Covid-19, perché a suo dire non ne abbiamo alcuna prova. Inutile ricordargli i 793 morti in un solo giorno il 21 marzo 2021 e la triste fila di camion militari che trasportavano le salme fuori Bergamo dove non c’erano più luoghi di sepoltura e cremazione, perché l’antivaccinista ha una risposta pronta anche per questo: «Non è stato dimostrato che siano morti di Covid-19 perché non sono state eseguite le autopsie». Dinanzi a una simile risposta basata su granitiche convinzioni illogiche e anti-scientifiche, si può forse spiegare che non è possibile effettuare autopsie sulle salme di un numero simile di deceduti in un momento di emergenza senza precedenti come quello che abbiamo vissuto nel 2020, con gli ospedali che scoppiavano e il personale sanitario allo stremo delle forze? O che forse, anziché salvare la vita ai vivi, si doveva fare le autopsie ai morti? O che forse si è smarrito il ricordo di medici ultra ottantenni rientrati in servizio perché, a partire dai medici, il personale sanitario era stato messo fuori combattimento dal virus che aveva colpito anzitutto medici e para-medici? Spiegare tutto questo non serve purtroppo a niente, proprio perché l’antivax ha una risposta di smentita irrazionale pronta per tutto, mentre l’antivax pseudo cattolico ancora di più e ancora di peggio. Gli uni per un verso, gli altri per altro verso, si collegano ai loro siti e blog complottisti di fiducia e bevono di tutto e di più come delle oche alle quali sono stati dati granelli di sale in cibo.

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A questi soggetti impossibili da scalfire nelle loro radicali opinioni, ho tentato di narrare certe tristi esperienze fatte come sacerdote? Sì, l’ho fatto, narrando per esempio di essere entrato in una terapia intensiva con tutte le più alte cautele perché un amico medico, 52 anni d’età, era ad alto rischio di mortalità. E come desiderio, sapendo di essere prossimo alla morte, chiese di me. I suoi colleghi fecero un’eccezione, per questo ometto sia il luogo sia soprattutto il nome dell’ospedale. Non entrai propriamente dentro, ma rivestito di tuta, con mascherina, guanti e visiera agli occhi, lo vidi a mezzo metro al di là del vetro. Dall’interno le infermiere spinsero il letto a rotelle fino al vetro e una delle due attivò dall’interno il vivavoce del suo cellulare, altrettanto feci io col mio. Sorrisi all’amico e gli dissi: «vuoi domandare in cuor tuo perdono a Dio onnipotente e misericordioso per i tuoi peccati?». Lui bisbigliò per due volte: «… si … si …». Levando la mano dinanzi al vetro recitai: «Ego, facultate mihi ab Apostolica Sede tributa, et remissionem omnium peccatorum tibi concedo. In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti» (Per le facoltà a me conferite dalla Sede Apostolica ti concedo la remissione di tutti i tuoi peccati …). Mentre poi presi a recitare: «Per sacrosancta humanae reparationis mysteria, remittat tibi omnipotens Deus omnes praesentis et futurae vitae poenas, paradisi portas aperiat et ad gaudia sempiterna perducat». Incominciò a stravolgere gli occhi e a divenire cianotico. Le infermiere spinsero di nuovo il letto nella sua posizione e non vidi più nulla se non le spalle delle due e di altri tre membri del personale sanitario sopraggiunti di corsa. Quando dopo alcuni minuti si distaccarono da lui, uno di essi si volse verso di me scuotendo la testa. A quel punto vidi l’amico riverso sul letto con gli occhi stravolti e la bocca spalancata. Era morto, al di là del vetro, soffocato. 

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Ho narrato questo episodio a qualche antivax che vive di complotti e che ironizza sulla “pandemenza” da Covid-19? Certo, l’ho fatto, ma con questi risultati: una mi rispose affermando con gran sicurezza e sicumera che quella era la prova provata che con le intubazioni erano state ammazzate le persone, perché se non le avessero sottoposte a ventilazione artificiale non sarebbero morte. Un altro mi rispose che quelle erano delle morti causate volutamente per creare una grande instabilità socio-politica e per metterci tutti sotto controllo con una vaccinazione a tappeto. Evito di andare oltre con le risposte assurde che mi furono date, prive soprattutto di umano rispetto per i vivi e per i morti. Quale preparazione scientifica avevano queste persone? Da dove traevano le loro granitiche sicurezze? Semplice, saltano di blog in blog, tra complotti e teorie anti-scientifiche, senza che nessuno li possa scalfire, ecco da dove traggono le loro sicurezze. Ho mai consigliato loro di visionare il Sito ufficiale del Ministero della Salute o quello della Agenzia del Farmaco? Certo che sì, ma per l’antivax le uniche verità risiedono nelle pericolose dichiarazioni di quel cialtrone di Stefano Montanari e di quella vergogna d’italiano di Antonio Pappalardo, che dall’alto della sua carica di generale in pensione dell’Arma dei Carabinieri finì rinviato a giudizio per vilipendio del Capo di Stato. Questa la triste morale della favola: è inutile parlare con certe persone, invitarle alla ragione o ad ascoltare i pareri degli esperti che, lungi dall’essere infallibili, ne sanno di certo più dell’antivax privo di qualsiasi formazione scientifica, perché in ogni caso seguiteranno a nutrirsi di bufale sui social media. Parlare con loro è quindi una perdita di tempo che implica due diverse fatiche: prima si compie lo sforzo necessario per arrabbiarsi, poi si compie lo sforzo necessario per tranquillizzarsi.

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Interessante il rapporto nevrotico di queste persone quando fanno ricerche su internet, dove trovano solo ed esclusivamente ciò che vogliono trovare a suffragio delle loro opinioni, tutto il resto non esiste. Criticano in modo spietato i virologi — va da sé senza avere strumenti scientifici per farlo —, tacciandoli di essere servi dei poteri occulti o sul libro paga di quelli forti e manco a dirsi delle multinazionali farmaceutiche, ma nessuno di questi antivax ha mai letto i loro articolo scientifici, i dati statistici riportati o ascoltato le loro conferenze. L’antivax si è creato un mondo chiuso dal quale sostiene e diffonde senza pudore l’anti-scienza, criticando la scienza con metodi anti-scientifici grossolani, il tutto dopo essersi rifiutato di leggere, ascoltare e valutare le ragioni che la scienza porta, perché il suo mondo spazia appunto tra Stefano Montanari e Antonio Pappalardo, i due venefici soggetti di cui dicevo prima.

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Tentare di ragionare con un antivax è come voler parlare di rispetto per le diverse culture religiose con un fondamentalista islamista dell’Isis. In un primo momento si è pensato che gli antivax andassero trattati con empatia, vale a dire presi in giro bonariamente e altrettanto bonariamente messi in ridicolo per cercare di indurli a prendere atto di quanto strampalate e fuori da ogni criterio scientifico fossero le loro convinzioni. È stato però un errore, sarebbe bastato chiedere lumi a qualche esperto psichiatra per prendere atto che il fanatico invasato da fanatismo politico, o peggio ancora religioso o pseudo-religioso, oltre a non possedere una vena ironica e umoristica è del tutto privo di auto-ironia. Come unico punto di riferimento ha solo le convinzioni che si è formato e sulle quali non intende discutere, salvo diventare violento e aggressivo.

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Uso me stesso come esempio ricordando che di formazione sono teologo dogmatico e studioso della storia del dogma. È ovvio che per me i dogmi sono i pilastri fondanti della nostra fede. Ma non ho mai avuto problema a confrontarmi con persone e studiosi che considerano i dogmi delle pure e semplici invenzioni umane, costruiti e poi definiti da persone intelligenti, o da intere assise di persone intelligenti ― a partire dal primo grande Concilio di Nicea dell’anno 325 ― al fine di tenere in piedi l’impianto di quella fides catholica che certi studiosi non credenti, o atei, considerano elaborata a tavolino. Quindi che il Cristianesimo ebbe il successo che a partire dal IV secolo riscosse grazie all’Imperatore Costantino, che a suo modo ne fu per gran parte il creatore, non solo il sostenitore per interessi puramente politici. A fronte di questo e altro, perché io teologo e molti miei confratelli sacerdoti teologi, non abbiamo mai avuto problema ad avere questi scambi? Anzi, quasi sempre ne è nata stima reciproca e anche belle amicizie umane tra persone molto diverse tra di loro, pure se le une credono e le altre negano il tuo credo. Il tutto è avvenuto e seguita ad avvenire per il semplice fatto che dall’una e dall’altra parte non c’è mai stato un chiuso, ottuso e gretto atteggiamento integralista. L’antivax è invece il paradigma della persona chiusa, ottusa e gretta che struttura il suo sentire soggettivo su forme di pericoloso integralismo psicologico.

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Perché noi Padri de L’Isola di Patmos ci siamo subito vaccinati appena giunto il nostro turno? Due i principali motivi: il primo, perché la scienza ha indicato il vaccino come unico possibile rimedio per arginare o comunque limitare gli effetti del virus. E nessuno di noi ha conoscenze e competenze scientifiche per poter affermare che la scienza sbaglia, quindi abbiamo seguito, come tutti dovrebbero fare, il consiglio degli specialisti e degli uomini di scienza. Il secondo, perché come pastori in cura d’anime e come teologi abbiamo e viviamo interiormente ed esteriormente, in sostanza e forma, un profondo senso di responsabilità nei confronti del genere umano. Domanda: la scienza e gli uomini di scienza, possono sbagliare? Certamente, è accaduto più volte e accadrà anche in futuro, però, se proprio vogliamo concedere il beneficio dell’errore umano, meglio concederlo alla scienza e agli uomini di scienza che cercano di salvare le vite umane, anziché dare certi benefici a ignoranti arroganti privi dei fondamenti basilari di certe scienze mediche. E questa si chiama logica, si chiama comune buon senso, quello pressoché assente negli antivax ideologici e purtroppo anche in una fetta sempre più consistente di popolazione.

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Se con gli antivax non si può ragionare, allora in che modo si può interagire con loro, appurato scientificamente che l’unico sistema per ridurre i danni da Covid-19 è la vaccinazione di tutta la popolazione, checché ne possano dire costoro? Il problema è giuridico per quanto riguarda lo Stato laico, morale per quanto riguarda la nostra fede cattolica.

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Partiamo dallo Stato laico: abbiamo visto gruppi di antivax esaltati gridare «libertà, libertà!» sulle piazze per rivendicare il loro “diritto” del no al vaccino. La prima domanda che bisogna porsi è la seguente: per queste persone, che cos’è la libertà? Procediamo con gli esempi: vogliamo per caso incriminare per atti osceni in luogo pubblico una coppia che decide di avere un rapporto sessuale su una spiaggia affollata o sulla panchina di un luogo pubblico? Lo fanno perché si amano e per questo decidono liberamente di fare l’amore, è un loro diritto amarsi e fare l’amore, o no? Come può esistere nel 2021 un sistema così retrogrado e puritano che osa chiamare “atti osceni” la libertà che due persone hanno di amarsi? Dunque è presto detto: l’articolo 527 del Codice Penale non va semplicemente depenalizzato, ma proprio abolito come figura di reato. Come vedete la libertà è un concetto nel quale si può racchiudere di tutto, dal diritto di una coppia a copulare in un luogo pubblico al diritto assoluto e indiscutibile della donna di abortire un figlio, per seguire col diritto altrettanto assoluto e indiscutibile di praticare l’eutanasia. Tutti coloro che nel corso del tempo, in vari Paesi del mondo, hanno voluto trasformare la vita umana, la propria ma soprattutto quella degli altri, in un bene disponibile, lo hanno sempre fatto gridando due parole: «diritti» e «libertà». Ovviamente, nel nostro discorso, non sono in questione né l’aborto né l’eutanasia, ma la salute intesa come interesse collettivo. L’articolo 32 della Costituzione della Repubblica Italiana è molto chiaro:

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«La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti».

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In una situazione di pandemia, possono delle persone ledere la tutela della salute della collettività perché per loro motivazioni puramente irrazionali, anti-scientifiche e ideologiche rifiutano la vaccinazione? Lo stesso articolo 32 prosegue però a precisare:

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«Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».

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La nostra Costituzione è chiara senza fraintendimento nell’indicare che la salute è un bene collettivo, ma che al tempo stesso nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non ai sensi di legge. Sono entrambi due punti fissi e rigidi. E proprio questo è il problema: bisogna stabilire in modo chiaro e preciso che coloro che rifiutano la vaccinazione per loro motivazioni puramente irrazionali, anti-scientifiche e ideologiche, o anche per forme di ignoranza radicata e invincibile, possono realmente recare un grave danno all’intera collettività. Il tutto deve essere provato però in modo molto rigoroso nel rapporto di causa ed effetto, tanto da poter invocare la obbligatorietà in virtù del fatto che nessun Paese liberale, democratico e veramente civile ha mai concesso che la male intesa idea soggettiva di “libertà” possa recare grave danno all’intera collettività. Personalmente ― ma il mio pensare, beninteso, è un’opinione che lascia il tempo che trova ―, credo che nella situazione attuale potrebbero ricorrere tutti gli elementi giuridici per imporre l’obbligatorietà della vaccinazione. Come però ripeto il tutto deve essere chiarito in punta di diritto nel modo più rigoroso possibile, evitando così di dare vita, in caso contrario, a un pericoloso precedente in virtù del quale si possa dichiarare domani non salutare la permanenza in vita di un malato terminale o la nascita di un bimbo affetto da sindrome di Down.

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Usando come esempio quello del buon pater familias, potremmo dire che lo Stato è un po’ come un genitore che avendo il dovere di tutelare una famiglia molto numerosa non può permettere in alcun modo che alcuni rechino grave danno a tutti gli altri. Certamente lo Stato non può agire come quel padre debole e smidollato che con un sorriso addolorato stampato in faccia prova in tutti i modi a convincere un figlio irragionevole e ribelle a non danneggiare gli altri, specie quando questo non considera ciò un danno ma piuttosto l’esercizio di un suo libero diritto. Può dunque ammonirlo una, due volte, ma alla terza eserciterà la sua potestas in modo coercitivo e lo obbligherà a fare quel che è doveroso faccia per non recare danno a tutti gli altri.

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In uno Stato come il nostro, formato perlopiù da politici affamati di voti come dei bulimici voraci, pronti a dimenticarsi gli Antonio Gramsci, i Palmiro Togliatti e gli Enrico Berlinguer che hanno caratterizzato il loro glorioso passato di Sinistra italiana, per piegarsi a un povero analfabeta come quel certo Influencer lombardo che muove dodici milioni di followers. Con, dall’altra parte, una Destra cosiddetta populista che misura la temperatura mestruale all’utero della piazza per cercare di capire come compiacerla e aumentare così in futuro il consenso elettorale, qualcuno vede per caso all’orizzonte uno Stato che possa agire con la sapienza del buon pater familias?

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Mi stupisco veramente del nostro Presidente della Repubblica e di tutti i politici che invitano le frange dei novax al senso di responsabilità, perché sarebbe come chiedere a un cieco di leggere la segnaletica stradale o a un sordo di apprezzare la voce della soprano Maria Callas. Per questo non capisco come mai la massima carica dello Stato e i politici dotati di buon senso perdano tempo inutilmente attraverso queste esortazioni che, come suol dirsi, possono sortire come unico effetto quello di intestardire ancora di più nell’irrazionale queste frange di persone. Occorre — a mio modesto parere — un deciso intervento legislativo. Non basta dire che senza green pass non si potrà entrare nei locali pubblici, quindi essere per ciò sottoposti a tutta una serie di limitazioni. Occorre di più: è necessario stabilire con preciso e deciso decreto legge che le persone contrarie alla vaccinazione per motivi ideologici-irrazionali, se contraggono il virus in forma grave dovranno pagare dalla prima all’ultima tutte le spese sanitarie, anche perché, un ammalato ricoverato in terapia intensiva, alla collettività nazionale dei pubblici contribuenti costa 2.000 euro al giorno di degenza. Una simile decisione sarebbe utile anche per evitare altre possibili e per nulla improbabili ingiustizie sociali, per esempio che una persona alla quale non è possibile somministrare il vaccino per sue gravi e complesse patologie, sia infettata dall’antivax che finisce poi ricoverato in terapia intensiva a spese della collettività, mentre per il malato al quale non poteva essere somministrato il vaccino non ci sarà posto per il ricovero. L’antivax uscirà dalla terapia intensiva e continuerà a parlare di complotti dei poteri forti, semmai denuncerà pure i medici che con la scusa della “pandemenza” hanno causato il danneggiamento dei suoi organi interni, mentre il malato al quale non era possibile somministrare il vaccino morirà, perché l’antivax gli ha rubato il posto nella terapia intensiva.

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A questi ideologi-irrazionali va chiesta e pretesa coerenza, se contraggono il virus della “pandemenza”, le soluzioni dovrebbero essere due: o si curano con la loro tanto esaltata medicina alternativa, con la naturopatia, l’omeopatia e i cocktail di aminoacidi e vitamine, oppure pagano le conseguenze del loro grido «libertà, libertà!» saldando tutte le spese ospedaliere. Domanda: si può, moralmente, negare le cure e il ricovero in terapia intensiva a una persona che non può pagarle? Penso di sì, anzi ritengo che sarebbe non solo possibile ma anche opportuno e risolutivo, basterebbe a tal proposito ricordare in che modo fu posta fine alla stagione dei sequestri di persona in Calabria e in Sardegna. Bloccando alle famiglie dei sequestrati i beni e rendendo impossibile il pagamento dei riscatti. Purtroppo alcuni sequestrati non fecero mai ritorno a casa né mai furono ritrovati neppure i loro cadaveri, però la stagione dei sequestri di persona si chiuse definitivamente. Da sempre, purtroppo, non solo è lecito, ma persino auspicabile e opportuno sacrificare in certe particolari situazioni una vita umana per salvarne altre mille dal rischio di morte. Questo principio all’apparenza disumano e crudele lo compresi verso la metà degli anni Novanta attraverso il racconto di un’anziana donna ebrea, madre di quattro figli, che dalla soffitta dove era nascosta con gli altri tre figlioletti vide in strada il figlio maggiore adolescente, uscito per degli approvvigionamenti — perché essendo adolescente destava minore sospetto — catturato dalle S.S. nell’inverno del 1943. Cosa avrebbe dovuto fare? Correre in strada urlando “ridatemi mio figlio!”, facendo in tal modo catturare anche gli altri tre, oppure finendo catturata anche lei e lasciando soli gli altri tre piccoli già orfani di padre? Le menti che vivono di passioni e che esprimono giudizi dettati da pure emozioni, quale soluzione logica, razionale e realistica darebbero dinanzi a un caso del genere?

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Concludiamo adesso con i peggiori: i novax che pensano di essere cattolici e che rivendicano il diritto di esserlo a modo loro, come del resto è tipico in tutte le forme espressive degli integralisti. Anzitutto che cosa vuol dire:

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«Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli»? [Sal 115, 15].

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Può voler dire molte cose, a partire dal fatto che nessuno, per egoismo e ideologiche convinzioni errate può mettere a rischio la vita dei fedeli, così preziosa agli occhi del Signore. E ancora:

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«Dammi intelligenza e osserverò la tua Legge; la praticherò con tutto il cuore. Guidami per il sentiero dei tuoi comandamenti, poiché in esso trovo la mia gioia» [Sal 119, 34-35].

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Come si conciliano queste parole con chi, come l’antivax pseudo cattolico fondmentalista, rifiuta invece l’intelligenza per elevare a legge la stoltezza illogica che ha deciso di far albergare in sé stesso? Anche l’ultimo degli integralisti pseudo-cattolici convertito alla moderna religione pagana dell’antivaccinismo ― salvo sentirsi cattolico integrale duro e puro ― è capace a recitare come una tiritera la frase impressa nel Libro del Levitico e poi riportata anche per bocca di Cristo Dio nei Santi Vangeli:

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«Non odierai tuo fratello nel tuo cuore; rimprovera pure il tuo prossimo, ma non ti caricare di un peccato a causa sua. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso. Io sono il Signore» [Lv 19, 17-18].

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Il cattolico fanatico convertito alla religione pagana dell’antivaccinismo, le parole delle Sacre Scritture e dei Salmi non è proprio in grado di recepirle. Se poi le legge, non riesce purtroppo a comprenderle. Il fratello è indubbiamente il nostro simile in carne e ossa, ma è anche un grande contenitore all’interno del quale sono racchiuse tutte le specie di fratellanza: fratello è il personale medico e paramedico che ha svolto il proprio lavoro in un grande momento di crisi sanitaria. Fratello sono i virologi che anziché andare in televisione ― checché se ne dica, perché li ho incontrati negli studi di Mediaset e più volte ci ho parlato ―, avrebbero preferito rimanere nei loro ospedali e nei loro laboratori di ricerca. Difficilmente però, a fare informazione in un momento di emergenza da pandemia poteva provvedere l’Associazione Nazionale dei Parrucchieri o quella delle Estetiste, l’Ordine Nazionale degli Avvocati, quello degli Ingegneri o quello degli Architetti. E semmai, per andare a fare informazione, loro che erano gli unici in quel momento qualificati a farla, hanno sacrificato il poco tempo disponibile che gli restava per stare una o due ore con le loro mogli e i loro figli.

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Negli scritti, nei messaggi, nelle dichiarazioni degli antivax cattolici serpeggia un disprezzo sarcastico intollerabile che denota una mancanza pressoché totale di carità cristiana, basta leggere certi blog o riviste telematiche per comprendere e toccare con mano il loro infimo livello umano. Parole intrise di rancore, dense di minacce e di giudizi morali che non stanno cristianamente né in cielo né in terra.

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«Ama il prossimo tuo come te stesso» vuol dire anzitutto proteggerlo e tutelarlo, perché non esiste ragione soggettiva, basata sulle emozioni fondate sulla anti-scienza, in nome della quale si possa recare gravi danni ai propri simili, a partire dal rifiuto della vaccinazione.

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Come cittadino della Repubblica Italiana, sacerdote e teologo affermo che rifiutare in questo momento la vaccinazione, dopo che le migliori conoscenze della scienza moderna mondiale l’hanno indicata come unico rimedio per evitare, o almeno per ridurre di molto i danni del Covid-19, è cosa moralmente inaccettabile, vale a dire peccaminosa, in quanto peccato contro la carità. E lo è perché l’intera narrazione vetero e novo testamentaria mi dice esattamente il contrario di quello che scrivono certi poveri sciagurati qualificandosi come “veri cattolici” e come “vero pensiero cattolico”.

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Grazie a Dio non sono membro della Conferenza Episcopale Italiana, se lo fossi non esiterei a proporre a tutti gli altri fratelli vescovi l’adozione di una decisione drastica: senza green-pass non si entra in chiesa. Ce lo impone l’amore per il prossimo e il nostro rifiuto deciso e totale verso ogni forma di idolatria, inclusa la moderna religione pagana degli antivax basata sul culto di una non meglio precisata medicina alternativa, della naturopatia e della omeopatia. Soggetti ai quali puoi mettere sotto gli occhi le persone che muoiono soffocate per mancanza di respirazione, ma che senza rispetto alcuno per i morti e per i vivi ti diranno che non è vero, che è tutta quanta una “pandemenza”. È vero, è una “pandemenza”, per l’esattezza la “pandemenza” ideologico-irrazionale e antiscientifica degli antivax, ignari che i dementi affetti da “pandemenza” esistono eccome, sono loro!

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Il Cattolico ha il dovere morale di vaccinarsi per un senso di profonda responsabilità nei confronti del genere umano, perché il genere umano è quel suo prossimo che non solo deve rispettare e tutelare, ma che deve proprio amare come se stesso. Cosa dura da far capire a soggetti ciechi e ottusi che hanno fondata la loro ideologia anti-scientifica anzitutto sul palese disprezzo per l’altro, che sia il singolo o che sia l’intera comunità scientifica mondiale. E simili atteggiamenti, per un cattolico, sono veramente e profondamente peccaminosi.

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dall’Isola di Patmos,  29 luglio 2021

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In postilla finale chiarisco: nell’era dell’analfabetismo digitale un numero elevato di persone, oltre a non avere la capacità di comprendere quel che leggono, hanno difficoltà a capire il significato delle parole di cui ignorano radice ed etimo. E dopo avere letto titolo e sottotitolo di uno scritto articolato come questo testé proposto all’attenzione dei nostri Lettori, l’analfabeta digitale, letto solo il titolo e forse il sottotitolo, comincia a impazzare sui social media offendendo e attribuendo all’Autore ciò che mai ha pensato, detto e scritto. Credo di avere spiegato a sufficienza che certi soggetti sono irrecuperabili poiché chiusi a meccanismi anche elementari di ragionamento. Per scrupolo di chiarezza preciso che non ho mai sostenuto l’obbligo alla vaccinazione, ma solo sostenuto e chiarito, da un punto di vista giuridico e da un punto di vista morale, il dovere alla vaccinazione. E per chiunque conosca la lingua italiana — eccezion fatta per gli analfabeti digitali —, le parole “dovere” e “obbligo” hanno due diversi significati nell’ambito del diritto e nell’ambito della dottrina cattolica, quindi due diversi modi di applicazione.

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Cari Lettori,

vi prego di prendere visione dell’articolo scritto dal presidente delle nostre Edizioni [vedere QUI], nel quale avevamo chiesto un sostegno per il fondo delle mie spese processuali dopo che fui reso oggetto di una querela che, per quanto infondata, mi impone però di procedere alla mia difesa in sede di giudizio e quindi mi obbliga a spendere soldi per le spese legali. La logica è palese: colpirne uno per spaventarne e metterne a cuccia mille. Sino a oggi abbiamo raccolto quasi il necessario. 

Per questo ringrazio coloro che sino a oggi hanno inviato un contributo per il fondo spese processuali e ai quali ho inviato in privato un messaggio di ringraziamento. Purtroppo ad alcuni non ho potuto rispondere, perché assieme alla loro donazione non hanno inviato un messaggio con la loro email, quindi è stato impossibile anche e solo ringraziarli. Li ringrazio tanto in queste righe, dispiaciuto per non avergli potuto inviare un messaggio.

 

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ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
rischi ma anche dei costi. Aiutateci sostenendo questa Isola
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Alla fine è stato scoperto. Il ghost-writer del Sommo Pontefice Francesco è il Padre Ariel S. Levi di Gualdo che un anno fa tenne una “lectio” per la quale fece inferocire gli impropriamente detti “tradizionalisti”, invocando l’abolizione del Motu Proprio di Benedetto XVI sul “Vetus Ordo Missae”

—  Attualità ecclesiale —

ALLA FINE È STATO SCOPERTO. IL GHOST WRITER DEL SOMMO PONTEFICE FRANCESCO È IL PADRE ARIEL S. LEVI di GUALDO CHE UN ANNO FA TENNE UNA LECTIO PER LA QUALE FECE INFEROCIRE GLI IMPROPRIAMENTE DETTI TRADIZIONALISTI, INVOCANDO L’ABOLIZIONE DEL MOTU PROPRIO DI BENEDETTO XVI SUL VETUS ORDO MISSAE

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In modo imparziale e senza pregiudizi, Padre Ariel analizza e spiega quanto al presente non sia proponibile ipotizzare un ritorno a un passato che secondo taluni non deve passare. Al tempo stesso, però, chiarisce quanto sia urgente mettere mano a dei correttivi, procedendo con una riforma della riforma di una sacra liturgia divenuta da decenni teatro dei personalismi soggettivi e stravaganti dei celebranti, sino a renderla instabile e assoggettata al capriccio particolare, anziché essere espressione orante della dimensione universale della Chiesa di Cristo.  

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Autore:
Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

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«… e non è neppure la prima volta!». Espressione di rigore, perché in più occasioni il nostro Padre Ariel S. Levi di Gualdo ha anticipato situazioni, tempi e persino documenti e atti pontifici. Lo dimostrano senza possibile smentita suoi libri e articoli pubblicati anni prima il verificarsi di certi eventi. O non descrive forse, nell’ormai lontano 2010, la situazione ecclesiale che viviamo oggi nel suo libro E Satana si fece trino?

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Più di un anno fa, il 7 maggio 2020, scatenando le ire degli impropriamente detti “tradizionalisti”, pubblicò il video di una sua lectio nella quale auspicava, non tanto l’abolizione del motu proprio dato dal Sommo Pontefice Benedetto XVI nel 2007 che concedeva il libero uso del Messale Romano di San Pio V, ma supportando il tutto con ragioni ecclesiologiche, pastorali e pedagogiche. In questa lectio spiega perché è auspicabile che si proceda ad abolire l’uso del Messale di San Pio V concesso nel 2007 col Motu Proprio Summorum Pontificum sulla Liturgia Romana dal Sommo Pontefice Benedetto XVI. Muovendosi su rigorosi criteri storico-teologici, il relatore spiega anzitutto quali siano stati i limiti della riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Una riforma di cui la Chiesa aveva bisogno, ma sui risultati della quale, oggi, c’è molto da discutere. In modo imparziale e senza pregiudizi, Padre Ariel analizza e spiega quanto al presente non sia proponibile ipotizzare un ritorno a un passato che secondo taluni non deve passare. Al tempo stesso, però, chiarisce quanto sia urgente mettere mano a dei correttivi, procedendo con una riforma della riforma di una sacra liturgia divenuta da decenni teatro dei personalismi soggettivi e stravaganti dei celebranti, sino a renderla instabile e assoggettata al capriccio particolare, anziché essere espressione orante della dimensione universale della Chiesa di Cristo.  

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A distanza di un anno e passa, ecco pubblicata il 16 luglio 2021 la Lettera del Santo Padre Francesco ai Vescovi di tutto il mondo per presentare il Motu Proprio Traditionis Custodes sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma del 1970. Questa Lettera Apostolica data in forma di motu proprio racchiude tutte le ragioni enunciate ed espresse un anno prima dal Padre Ariel, soprattutto nel messaggio esplicativo indirizzato dal Santo Padre ai Vescovi. Insomma, sembra scritta da lui.

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Vi invitiamo ad ascoltare la sua lectio del 7 maggio 2021 poi a leggere la Lettera Apostolica del Sommo Pontefice Francesco del 16 luglio 2021. E ciascuno faccia le proprie valutazioni, perché esaminati i due documenti, non occorrono ulteriori spiegazioni. In ogni caso abbiamo scoperto che il vero ghost-writer del Sommo Pontefice Francesco è Padre Ariel S. Levi di Gualdo.

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dall’Isola di Patmos, 16 luglio 2021

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Il Disegno di legge Zan: quel che non faranno i “nemici”, lo faranno gli “amici”. Dobbiamo sperare e puntare sugli amici omosessuali che ragionano in modo lucido, perché sono molti

— attualità ecclesiale —

IL DISEGNO DI LEGGE ZAN: QUELLO CHE NON FARANNO I “NEMICI”, LO FARANNO GLI “AMICI”. DOBBIAMO SPERARE E PUNTARE SUGLI AMICI OMOSESSUALI CHE RAGIONANO IN MODO LUCIDO, PERCHÉ SONO MOLTI

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Amici gay, siamo onesti: quelli che vi chiamano frocio, sono gli stessi che danno della sgualdrina a una donna poco vestita e sono ancora gli stessi che si mettono a bestemmiare quando un religioso attraversa la strada per poi toccarsi i genitali in segno scaramantico. Sarebbero queste povere persone, non voi, a dover essere aiutate, perché chi commette tali eccessi vive degli evidenti problemi con la propria vita che non vengono certo sanati da un provvedimento di legge che prevede la repressione, l’ammenda o la reclusione.

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Autore
Ivano Liguori, Ofm. Capp.

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il Gay Pride 2021 di Roma ha portato in processione questo “povero cristo” partendo dalla piazza della Basilica Lateranense, sede della cattedra del Vescovo di Roma, passando davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore e chiudendo queste goliardie blasfeme dinanzi alla Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, dove nel III secolo furono martirizzati i cristiani durante le persecuzioni di Diocleziano. Però deve essere approvata una legge apposita che persegua penalmente con estrema severità chiunque recasse offesa al mondo LGBT.

Il Gay Pride non rappresenta gli omosessuali e il mondo gay, è bene chiarirlo. Da sempre è la grottesca manifestazione degli eccessi, del chic e della puntuale blasfemia verso tutto ciò che è più sacro e caro al mondo cattolico e cristiano, il tutto inscenato da personaggi che rivendicano tutela e rispetto a colpi di leggi penali repressive, ma che da sempre rivendicano il diritto di insultare il sentimento religioso e la sensibilità umana altrui. Manifestazione grottesca organizzata e portata avanti da una minoranza che da sempre imbarazza profondamente la maggioranza degli omosessuali e del mondo gay, che noi Padri de L’Isola di Patmos conosciamo quanto basta per sapere che in quel teatrino del ridicolo-grottesco non hanno messo mai piede, proprio come i diretti interessati dichiarano da sempre, anche se le loro voci, che ripeto sono quelle dei più, sono da sempre soffocate da quelle dei meno.

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Volendo parafrasare Georges Benjamin Clemenceau possiamo dire che la proposta di legge Zan è cosa troppo seria e impegnativa per lasciarla nelle mani dei politici. E saranno proprio loro ― i politici pro-Ddl Zan ― ad affossarla inconsapevolmente. Ma andiamo con ordine.

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È certamente giusto e doveroso accantonare in tutta fretta le inconcludenti dichiarazioni del bastonatore “pittato e disinformato marito della Ferragni che, nella sua ultima live su Instagram, ha fatto una figura miseranda e miserevole argomentando su cose che non conosce e che non comprende per evidente impreparazione personale e imbarazzando a morte il sor Zan e il sor Cappato che tentavano di correggerlo ma senza risultato.

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Suor Anna Monia Alfieri, in modo molto più garbato ma deciso ha tentato di far ragionare il nostro tatuatissimo bauscia indirizzandogli una lettera di fuoco per confrontarsi con lui sul tema della Chiesa e soprattutto sul Ddl Zan (molto di più di quanto non abbia potuto fare Alberto Ravagnani il noto don-catto-youtuber osannato da Avvenire e dalla CEI). Ma cosa volete, le donne hanno sempre una marcia in più, Suor Anna Monia in modo particolare.

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Anche in questo caso non c’è stato nulla da fare, purtroppo. Il signor F. forte dei suoi 12 milioni di followers continua nella sua missione di illuminato che, dall’alto del palco del Concertone del 1° Maggio, dispensa copiosamente a tutti i suoi devoti la sua personalissima Vibhuti verbale che indirizza al bel pensare, al bel votare e al bell’agire.  Di una cosa però dobbiamo prendere atto, i sostenitori della Legge Zan ― signor F. compreso ― hanno davvero uno scarso margine di manovra. Per come si stanno mettendo le cose ora, sembrano spinti alle corde e, da quel che sembra dall’esterno (e forse anche all’interno!), questa situazione l’hanno contribuita a crearla loro, anzitutto cercando di vincere facile e poi cercando di portare avanti una guerra lampo nei confronti del secolare nemico: la Chiesa.  

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Al Senato i politici pro-Ddl Zan hanno stoicamente rifiutato qualsiasi forma di mediazione e di modifica. Ai tavoli dei capigruppo della maggioranza hanno considerato come irricevibili le alternative proposte. Senza colpo ferire hanno aperto di fatto la possibilità al voto segreto, cosa che viene fatta regolarmente ― secondo l’iter del Senato ― quando si giungono a situazioni come queste o quando si vengono a trattare questioni di etica. Diciamolo francamente la possibilità di andare al voto segreto fa terribilmente paura ai sostenitori del Ddl Zan perché sanno che è lì ― nel segreto ― che la coscienza di molti di loro sarà più libera di esprimersi senza condizionamenti politici e pressioni di sorta da parte di schieramenti sociali e di lobby. Ed è lì nel voto segreto ― non importa se fatto al Senato o alla Camera ― che quello che appare chiaro all’esterno spesso muta d’accento e di pensier. Come mai? Beh, domandatelo ai cattoliconi adulti integralisti e tradizionalisti che con la legge sul divorzio e sull’aborto, nel segreto della cabina elettorale, hanno fatto scuola dando il meglio di sé.

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Il Ddl Zan dovrà sostenere la prova del voto segreto al Senato dove ognuno è messo di fronte alla propria coscienza e non al partito o alle lobby. È curioso ma sembra il déjà-vu della guareschiana confessione di Peppone, fatta nottetempo a chiesa vuota davanti a un Don Camillo in stola e sottana dentro al confessionale, in cui l’animaccia rossa del sindaco di Brescello lasciava spazio a quella del buon cristiano, timorato anzitutto della propria coscienza in cui quel Dio che si sforzava di osteggiare in pubblico e con i compagni di partito aveva nel segreto del cuore ancora stabile e perpetua dimora (Mt 6, 3-17).

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Dio guida la storia e la guida anche attraverso le coscienze di coloro che sembrano, ai nostri occhi, i più lontani e ostili alla fede ma che poi si dimostrano incredibilmente i più ossequiosi, proprio così, cari Lettori. Sicuramente molto di più di coloro che si definiscono cattolici impegnati e apostolici romani e che passano il tempo a dileggiare sui social media i preti tacciandoli di ignoranza, pusillanimità e tradimento. Leggendo infatti commenti agli ultimi articoli del Padre Ariel sul Ddl Zan pubblicati su L’Isola di Patmos e condivisi anche su Facebook, resto impressionato da questa improbabile Lega Cattolica che vorrebbe fronteggiare la ben temibile e agguerrita armata LGBT+.

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In questi cattolici non c’è nulla, ma proprio nulla di concreto e di maturo, e ciò sia detto senza polemica. Sicuramente è colpa di noi preti che abbiamo allevato non fedeli ma kamikaze. Se togliamo le invettive millenaristiche e le minacce di punizione divina ai preti che a loro errato giudizio accolgono il peccatore pur stigmatizzando il peccato, non resta nulla. O che dire delle citazioni rimescolate della dottrina cattolica e condite in una snaturata salsa mariana priva di ogni senso teologico? Tutto ciò nutre il bisogno a fomentare l’odio e il vilipendio del popolo arcobaleno contro una Chiesa “medioevale” e oscurantista, colpevole di aver generato una pletora di figli misericordiosissimi.

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Per carità, se il popolo arcobaleno ha come sponsor il marito della Ferragni, noi non siamo messi meglio perché abbiamo Mons. Nunzio Galantino. Ognuno, del resto, ha le sue rogne in casa, però credo che sia doveroso dare voce a un confronto serrato con il vero popolo omosessuale molto più numeroso di quello del Pride che non ama comparire sulle scene ma che è dotato di quella delicatezza e signorilità che abbiamo potuto apprezzare nell’amato e compianto Paolo Poli e in altri dopo di lui.

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Sono convinto che è lì che bisogna insistere per cercare una vera resistenza, soprattutto a prescindere dalla Chiesa Cattolica che oggi è incapace di proferire qualsiasi analisi di buon senso sull’argomento o di esprimere anche il ben che minimo dissenso. Si veda, ad esempio, il caso del percorso che a Roma si sceglie per far sfilare il Pride. Itinerario che tocca i luoghi più cari della cristianità nella Città Eterna. La parata del Pride parte dalla piazza della basilica lateranense, la cattedrale metropolitana dove si trova la cattedra del Vescovo di Roma. Percorre Via Merulana e passa dinanzi alla Basilica di Santa Maria Maggiore, per giungere e infine concludersi in Piazza della Repubblica, già Piazza Esedra, dinanzi alla Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, ultima opera realizzata da Michelangelo sull’antico complesso delle Terme di Diocleziano, luogo in cui furono martirizzati i cristiani nel III secolo. Avete mai sentito di rimostranze pubbliche da parte del Vicariato di Roma o dalla C.E.I. o dalla Santa Sede, ognuno per quanto attiene alla sua competenza?

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O avete forse sentito dai vari giornalisti e blogghettari cattolici, attivissimi sul web, prendere le difese pubbliche del Padre Ariel a seguito della recente querela che gli è stata notificata per la denuncia di un esponente e attivista della Lobby arcobaleno, con tanto di agguerrita associazione LGBT che si è costituita parte civile? Avete forse letto sui profili Facebook di quei giornalisti smaccatamente cattolici e pro-family un pallido sostegno verso Padre Ariel e alla sua dignità di sacerdote perseguitato ante tempus da un procedimento che potrebbe realizzarsi con molta più ferocia se la proposta di legge Zan venisse approvata? Perché a me risulta l’esatto contrario: quando Padre Ariel ha chiesto aiuto per le spese processuali a qualche fondazione cattolica o a cattolici apostolici impegnati e militanti, nonché danarosi, tutti questi grandi difensori della fede e della morale non gli hanno neppure risposto. Sono stati invece i nostri Lettori che, recepito l’appello, ci stanno inviando delle libere offerte per il fondo delle spese processuali, ed a tutti loro ― ai quali singolarmente è stato risposto con messaggi di ringraziamento ― non cesseremo mai di essere grati. Detto questo vedete bene quanto tristi siano gli esempi e quanto potrebbero moltiplicarsi. Come si potrebbe quindi non comprendere il diretto interessato che, con la sua ben nota ironia tosco-romana, giorni fa, in uno dei nostri colloqui privati, commentò: «Dio ci salvi dai cattolici apostolici romani impegnati e militanti sul fronte della suprema difesa della fede, della famiglia, della morale e della patria cristiana!».

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A fronte di tanti credenti, ecclesiastici o laici, che si chiudono dentro una indifferente superiorità che resta confinata al proprio orticello, ci sono tanti omosessuali maturi, che non solo non sono di sinistra, ma che neanche militano nelle lobby, nei circoli e nelle sezioni locali di partito. Ma che sentono il bisogno profondo di dire basta a questo andazzo surreale che primariamente lede la loro affettività e la usa come ariete per abbattere dei nemici che non esistono. Persone comuni, orgogliose del proprio anonimato e della propria condizione che, come nelle pagine della scrittrice Liala, non permettono alla loro affettività di essere spettacolarizzata e di oltrepassare l’intimità della camera da letto. Persone autentiche che non sentono la necessità di chiudersi nel ghetto di una categoria protetta e che nel pieno libero arbitrio vivono la loro condizione di omosessuali con serenità. E se per alcuni di questi la posizione della Chiesa non fa problema alla loro vita ― pur ribadendo che l’omosessualità per la Chiesa costituisce un disordine intrinseco e un peccato ― altri desiderano conservare ugualmente quel bisogno di Dio e di dialogo con la Chiesa che si rivela essere più forte e necessario della paura di venire insultati per strada.

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Amici gay, siamo onesti: quelli che vi chiamano frocio, sono gli stessi che danno della sgualdrina a una donna poco vestita e sono ancora gli stessi che si mettono a bestemmiare quando un religioso attraversa la strada per poi toccarsi i genitali in segno scaramantico. Sarebbero queste povere persone, non voi, a dover essere aiutate, perché chi commette tali eccessi vive degli evidenti problemi con la propria vita che non vengono certo sanati da un provvedimento di legge che prevede la repressione, l’ammenda o la reclusione.

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Mi piacerebbe infine vedere nei dibattiti televisivi e pubblici non sempre gli stessi anfitrioni del Ddl Zan che sono costantemente presenti in ogni talk-show e che magari discutono con il prete o con la convertita di turno in un dialogo ben misurato ma terribilmente noioso. Mi piacerebbe sentire omosessuali comuni che non la pensano come Alessandro Zan ma che non verranno mai presi in considerazione perché sono la prova vivente che anche nel mondo LGBT+ c’è molta divisione e discrepanza di idee.

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Bisogna cambiare la narrazione ufficiale e dire con semplicità che l’arcobaleno non è rappresentativo di tutti e di ciascuno. Non quella bandiera romantica che raggruppa e tutela ogni diversità. Il vero vessillo di tutela e l’educazione che forma l’uomo alla conoscenza piena dell’altro, come da tempo ripete nei suoi scritti, conferenze e interventi televisivi Suor Anna Monia che, all’educazione e alla scuola, ha dedicato i suoi studi e la sua vita. Tale educazione sta alla base della famiglia come cellula di ogni consorzio umano. La nostra Costituzione già prevede questo, di modo che rispettando l’individuo a partire dal sesso, dalla condizione sociale, dalla razza o dal credo professato, ognuno sia libero di essere quello che è senza doversi procurare bollini di garanzia. E questa libertà costituzionale, purtroppo, in diversi ambienti LGBT+ e nei Pride viene abbondantemente disattesa e tutto questo nel silenzio più completo e colpevole di coloro che assurgono a difensori e promotori del Ddl Zan.

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Mi piacerebbe sentire ragazzi omosessuali come Umberto La Morgia, Ferdinando Tripodi, il giovane giurista e poi escort napoletano Francesco Mangiacapra ― di cui le nostre Edizioni pubblicheranno a settembre un libro molto interessante ― e tanti altri gay che vivono la loro affettività in modo visibile, ragazzi risolti che si oppongono al Ddl Zan non perché omofobi o perché cattoliconi, ma semplicemente perché capaci di ridimensionare e discernere una emergenza che non esiste se non nella mente dei promotori di questo disegno di legge che spesso vivono profonde ferite che non saranno certo rimarginate o guarite con l’eliminazione dei presunti omofobi. Così come esistono omosessuali di buon senso che si oppongono al Ddl Zan, così esistono anche dei parlamentari e dei senatori di buon senso che pur appartenendo al PD o al Movimento 5 stelle hanno maturato un ben determinato giudizio critico riguardo a questo disegno di legge, lo stesso giudizio che il ragionier Fantozzi maturò a riguardo alla Corazzata Potëmkin.

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Il voto segreto darà voce non certo agli omofobi, non ai franchi tiratori, non ai volta gabbana, non ai vari Pillon di turno ma a tutti coloro che pur sentendosi in apparente sintonia con l’onorevole Zan, non lo sosterranno e forse già non lo sostengono in quanto hanno ben capito da molto tempo che questa proposta di legge ha in sé talmente tante falle, malumori e divisioni che l’unico modo per potersi decidere seriamente contro la discriminazione è affossare il Ddl Zan, mettendo fine a questa lunga agonia.

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Laconi, 12 luglio 2021

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Cari Lettori,

a proposito di “omosessualisti radicali”, vi prego di prendere visione dell’articolo scritto dal presidente delle nostre Edizioni [vedere QUI], nel quale chiediamo un sostegno per il fondo delle mie spese processuali. Sono stato reso oggetto di una querela che, per quanto infondata, mi impone però di procedere alla mia difesa in sede di giudizio e quindi mi obbliga a spendere soldi per le spese legali. La logica è palese: colpirne uno per spaventarne e metterne a cuccia mille. Per questo confido tanto sul vostro prezioso aiuto.

Ringrazio coloro che sino a oggi hanno inviato un contributo per il fondo spese processuali, ed ai quali ho inviato in privato un messaggio di ringraziamento. Purtroppo, ad alcuni, non ho potuto invece rispondere, perché assieme alla loro donazione non hanno inviato un messaggio con la loro email. Li ringrazio tanto in queste righe, dispiaciuto per non avergli potuto inviare un messaggio di ringraziamento.

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Il Disegno di legge Zan e l’importanza di mediare senza compromessi, quello che certi cattolici “integrali”, peggiori degli omosessualisti radicali, non intendono capire, perché non conoscono la sapienza del Vangelo

—  Attualità ecclesiale —

IL DISEGNO DI LEGGE ZAN E L’IMPORTANZA DI MEDIARE SENZA COMPROMESSI, QUELLO CHE CERTI CATTOLICI “INTEGRALI”, PEGGIORI DEGLI OMOSESSUALISTI RADICALI, NON INTENDONO CAPIRE, PERCHÉ NON CONOSCONO LA SAPIENZA DEL VANGELO

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Ridotti come siamo a un’armata Brancaleone, Christi fideles per un verso e chierici per altro verso, contro quale agguerrito nemico si pensa di poter combattere? Volete sapere chi sono in realtà quei veri cattolici “integrali” che imperversano per i social media brandendo corone del rosario e Madonne parlanti con grave danno per l’immagine della Chiesa intera, che paventano fantascientifiche battaglie mistiche annunciando l’imminente trionfo del Cuore Immacolato di Maria? Presto detto: sono delle povere crocerossine ignave che se dalla stanza dei leoni da tastiera fossero portati per davvero in una trincea di guerra, morirebbero soffocati tra la loro urina e i loro escrementi, perché la paura, dinanzi alle armi del nemico e al sangue dei morti ammazzati sul campo di battaglia, sarebbe tanta e tale che non riuscirebbero a trattenere neppure per cinque minuti i loro orifizi.

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Ricordi di vita e di rapporti umani – Padre Ariel con l’amica trans Vlady Guadagno nella sala trucco degli studi Mediaset di Cologno Monzese (maggio 2021)

Con quella divertita leggerezza estiva che non guasta, confido che dopo gli ultimi miei interventi televisivi al programma Zona Bianca condotto da Giuseppe Brindisi, il 19 maggio, ed a Dritto e Rovescio condotto da Paolo Del Debbio, il 24 giugno, mi sono dovuto sorbire critiche in sé sempre legittime, seguite però da insulti che in sé non sono invece legittimi. Ne prendo uno tra i tanti e neppure il peggiore. Un tale, convinto di essere un autentico cattolico “integrale”, così commenta il mio colloquio con l’amico Alessandro Cecchi Paone e l’amica trans Vlady Guadagno al programma del 19 maggio:

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«Eri così remissivo che potevi dare il culo a Cecchi Paone direttamente negli studi di Mediaset» (!?).

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Sorvoliamo sullo stile per concentrarci su altro: l’imbecille metafisico, presunto cattolico “integrale” o meno che sia, ha la capacità di farsi riconoscere all’istante con una epigrafe sintetica, senza bisogno di cimentarsi in un’articolata e complessa lectio magistralis. Sicché, in tono ilare, risposi in privata sede al “cattolico integrale”:

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«Credo che l’amico Alessandro Cecchi Paone abbia possibilità di scelta molto migliori, rispetto al culo di un prete».

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Anche perché, se devo dirla apertis verbis, solo l’amabile e delicato Dottor Rocco Lapenta, mio colonoscopista di fiducia, ha il privilegio unico e irripetibile di entrarmici dentro col sondino una tantum, presso la Clinica Villa del Rosario di Roma, dove mi sottopongo a questa pratica affatto erotico-giocosa. Mio padre morì cinquantenne per un tumore al colon-retto, che in alcuni casi può essere ereditario, per ciò meglio controllarsi periodicamente e nel caso prevenire. E qui — sempre nell’ambito della leggerezza estiva — va detto che la mia colonoscopia è sempre un avvenimento in quella clinica, più delle partite in cui gioca la Roma, di cui le suore anziane sono tifose. Forse persino più atteso della stessa festa in cui si fa memoria liturgica di San Vincenzo Maria Pallotti, fondatore di quella Congregazione di suore, dette appunto Suore Pallottine, per gli amici Suore Pallottoline. Presto detto il motivo: vi sembro forse un soggetto da euforizzare, essendolo già fin troppo per natura? Immaginate per ciò cosa accade se sono sedato con anestetici che mi gasano. Questi i risultati: la suora assistente di sala operatoria, scuotendo la testa dinanzi agli sproloqui che uscivano dalla mia bocca mentre ero in stato di euforica incoscienza, sbotta:

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«ma che bocca de fogna c’ha questo! Ma c’avete portato ‘n sala operatoria pe ‘a colonoscopia ‘n prete, o er carbonaro ‘mbriaco der Marchese der Grillo?».

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A chi non fosse chiaro ribadisco per l’ennesima volta: leggerezze estive. Comprensibili e forse anche opportune, considerando che tutti siamo reduci da mesi di lavoro e da vari lockdown che in tante persone hanno lasciato il segno. Dio volesse che avessero lasciato anche una indelebile lezione di vita, come noi Padri de L’Isola di Patmos spiegammo tra le righe del nostro libro La Chiesa e il coronavirus, in cui narriamo la nostra esperienza pastorale tutt’altro che facile in quei momenti di emergenza. Per questo ritengo che sorridere faccia tutt’altro che male. Nella vita bisogna essere seri e non seriosi, morali e non moralisti.

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E mentre l’Italia si dibatteva in preda a una emergenza inaspettata senza precedenti, con rischi di collasso della nostra sanità ― che alla prova dei fatti ha retto però molto meglio rispetto ad altri Paesi europei specializzati a guardare l’Italia e gli italiani con la puzza sotto il naso ― con l’aggiunta di una crisi economica che a detta degli esperti non si vedeva dal dopoguerra, tra le priorità in agenda del nostro legislatore c’era il Disegno di legge Zan contro la omotransfobia.

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Per poco possa valere il mio parere di persona con una pregressa formazione giuridica, debbo dire che ho faticato a trovare un vuoto normativo da colmare con una apposita legge, soprattutto con una legge che crea di fatto delle nuove categorie protette. Volutamente non mi lancio nel diritto penale e nel diritto costituzionale, che pure credo di conoscere e ricordare a sufficienza, né intendo disputare sui difetti di questo disegno per come al momento è formulato in bozza, cosa peraltro pressoché normale per tutti i Disegni di legge. Oppure spiegare ai sensi di diritto in che modo possa confliggere con alcune libertà fondamentali garantite dalla Costituzione, dalla libertà di pensiero e di opinione alla libertà d’insegnamento. Senza dimenticare il Concordato tra Stato e Chiesa, ricordato di recente dalla Santa Sede tra i gridi all’ingerenza clericale di giuristi e costituzionalisti che si sono improvvisati tali sulle piazze, attraverso le idiozie sparate da qualche influencer tutto tatuaggi e poco cervello, per seguire con alcune parate del Gay Pride dove l’eccesso grottesco è di casa. Il Concordato, revisionato nel 1984 da un Governo presieduto da un laicissimo Primo ministro socialista, garantisce alla Chiesa una libertà di pensiero, espressione e insegnamento che questo Disegno, se convertito in legge tal quale è stato scritto, finirebbe per limitare. Lo dissi direttamente a suo tempo anche all’Onorevole Alessandro Zan nel corso di una puntata di Dritto e Rovescio, quella del 9 ottobre 2020, citando un passo tratto dall’epistolario del Beato Apostolo Paolo, per poi domandare:

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«Posto che alla fine della lettura di questa epistola nella quale si stigmatizza la sodomia, noi non diciamo parola dei Vescovi o parola del Padre Ariel, ma Parola di Dio, domani, leggendo e commentando questo testo, rischio per caso di trovarmi con i Carabinieri che mi attendono in sacrestia alla fine della Santa Messa?».

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E qui va chiarito che si stigmatizza la sodomia, non il sodomita. Passaggio non chiaro a coloro che agiscono mossi da passioni emotive irrazionali, contestando a priori e per partito preso una Chiesa di cui non conoscono la dottrina, il magistero e una condotta di vita morale che noi offriamo e proponiamo, ma che non imponiamo né mai imporremmo a nessuno. Per questo colsi l’occasione per spiegare in seguito in un altro programma, quello del 24 giugno 2021:

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«Non è facile far capire alle persone la differenza che corre tra peccato e peccatore. La Chiesa condanna il peccato ma accoglie sempre il peccatore, se non lo facesse, tradirebbe la missione che Cristo le ha affidato».

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Per non parlare della non discriminazione, che la Chiesa ha fissato tre decenni prima del Disegno di legge Zan nel Catechismo che recita:

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«Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione» [n. 2358].

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Dinanzi alla parola «disordine», non pochi esponenti dell’omosessualismo ideologico radicale, maestri insuperabili della estrapolazione selvaggia e della parolina presa e isolata dal suo contesto, se potessero impugnare una legge mal fatta e ambigua non esiterebbero a chiedere la condanna della Chiesa e la cancellazione ― va da sé con tanto di procedimenti penali o di scuse ― di questa espressione da loro reputata altamente offensiva, o per meglio dire omofoba. Talmente incapaci sono a leggere che sulle righe si condanna con chiarezza non passibile di equivoci la pratica dell’omosessualità, non l’omosessuale, che troverà invece sempre accoglienza, comprensione e ascolto. In caso contrario, se lo rigettassimo o peggio discriminassimo, come dicevo poc’anzi tradiremmo il messaggio stesso di Cristo Dio e la missione che Egli ci ha affidato. I ciechi omosessualisti radicali ignorano con spirito di chiusura e cecità ideologica che la Chiesa, nella edizione del Catechismo del 1992, scrive:

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«[…] A loro riguardo [Ndr degli omosessuali] si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione».

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Il tutto fu scritto quando l’Onorevole Alessandro Zan aveva appena 18 anni e sedeva sui banchi delle scuole medie superiori, non certo su quelli del Parlamento della Repubblica.

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Sempre nella puntata del 19 maggio di Zona Bianca, entro i brevi tempi concessi a tutti gli opinionisti ospiti nei salotti televisivi ― dove certo non si possono fare conferenze né scendere troppo su complesse tematiche specialistiche ―, andando all’essenziale spiegai la differenza sostanziale che corre tra “compromesso” e “mediazione”. E lo feci portando come esempio uno dei miei formatori, diplomatico di lungo corso a servizio della Santa Sede, uomo di fede e santo vescovo, che mi trasmise l’importanza della mediazione scevra da compromessi.

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In questi ultimi tempi ho subito vari attacchi più o meno … colonoscopici da parte di cattolici che dinanzi a certe mie parole hanno urlato al tradimento e alla resa, dopo che in più occasioni pubbliche ho affermato: né la Conferenza Episcopale Italiana né la Santa Sede hanno espressa e mostrata contrarietà alcuna verso questo Disegno di legge. Io sono membro del Corpo Mistico che è la Chiesa, di cui Cristo è capo e noi membra vive [cfr. Col 1, 18], se pertanto mi presento come presbitero e teologo in qualsiasi contesto pubblico, esprimo e diffondo il pensiero oggettivo della Chiesa, della Santa Sede e dei nostri Vescovi italiani, non certo il pensiero soggettivo mio, che non avrebbe né mai potrebbe avere alcuna rilevanza. Pertanto, se da pochi o molti è ritenuto necessario, che questo Disegno sia pure convertito in legge, nulla da dire e nulla da obiettare in tal senso da parte cattolica, come hanno espresso la Conferenza Episcopale Italiana prima e poi la Santa Sede a seguire. Però dopo averlo rivisto, garantendo una doppia tutela: l’azione penale e la condanna contro eventuali omofobi violenti ma al tempo stesso la libertà di pensiero, parola ed espressione, quindi il libero esercizio del ministero della Chiesa che ha il diritto di trasmettere la propria morale, previa tutela della libertà d’insegnamento nelle scuole, senza che in esse sia imposto ― in quelle statali come in quelle paritarie cattoliche ― l’indottrinamento al gender. Ma soprattutto senza che nessuno, dal giorno dopo il varo di quella legge a seguire, ci subissi di querele, chiedendo ai tribunali di obbligarci a cancellare intere pagine della dottrina e della morale cattolica, che ripeto è offerta e proposta agli uomini di buona volontà, mai imposta a chiunque abbia la liberà volontà di rigettarla. Su questo bisogna mediare e trovare un accordo, non un compromesso. Proprio come fecero i nostri Padri Costituenti, dando all’Italia appena uscita dalla guerra una Carta Costituzionale che sintetizza quelle che furono le istanze di tutte le correnti: comunisti, socialisti, liberali, repubblicani, cattolici popolari …

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In serena coscienza penso di poter dire che non c’è differenza tra certi omosessualisti appartenenti alle correnti più radicali e certi cattolici cosiddetti “integrali”, tenendo conto che i primi recano grandi disagi e imbarazzi alla comunità omosessuale, i secondi grandi disagi e imbarazzi alla Chiesa e alla comunità cattolica, perché gli uni come gli altri ragionano e lottano su basi puramente emotivo-ideologiche. Esattamente ciò che nel dibattito televisivo del 20 ottobre 2020 rimproverai all’Onorevole Alessandro Zan affermando:

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«[…] il legislatore dovrebbe ripartire dalla antica sapienza di Aristotele: la legge è ragione priva di passione. Mentre invece questo Disegno di legge pare giocato sulle passioni emotive».

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Detto questo aggiungo per onestà intellettuale che i secondi soggetti ― i cattolici “integrali” ― hanno un’altra caratteristica che li rende particolarmente venefici e forse persino peggiori degli omosessualisti radicali: confondere la fede con il cieco e bieco fideismo, che della fede non è neppure cugino di terzo grado.

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Per tutta una complessa serie di ragioni che analizzai ed esposi undici anni fa nel mio libro E Satana si fece trino, oggi la Chiesa Cattolica sta vivendo un momento di grande debolezza e profonda decadenza che ha generato una crisi morale nel nostro clero senza precedenti storici. Il principio di autorità non è semplicemente entrato in crisi, è stato proprio distrutto. Quei certi preti che ogni tanto, come verginelle vilipese, si stracciano le vesti per una mia parola colorita ― detta rigorosamente in modo del tutto voluto proprio per irritarli, come ho fatto nella parte introduttiva di questo articolo tra culi e colonoscopie ―, sono gli stessi che poi disattendono i comandi dei loro vescovi diocesani o dei loro superiori maggiori religiosi, o che di loro sparlano male in giro per tutta la diocesi, solo perché il Sommo Sacerdote si è permesso di dargli un paterno e pacato suggerimento, offendendo e oltraggiando in tal modo il loro narcisismo clericale ipertrofico. Di tutt’altra pasta sono fatto io, rispetto a queste suscettibili vergini clericali, perché il mio Vescovo l’ho sempre venerato come immagine apostolica del Cristo che regge e tiene unite tutte le membra del corpo e quindi l’ho di rigore sempre ubbidito, o miei cari e implacabili critici clericali! Critici tra i quali spiccano, tra le vergini più vergini ― oltre che tra le più litigiose e velenose ―, i presbiteri appartenenti agli Ordini religiosi storici, che sempre di meno sanno dove alberga quella obbedienza da loro suggellata con un particolare voto solenne.

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Ridotti come siamo a un’armata Brancaleone, Christi fideles per un verso e chierici per altro verso, contro quale agguerrito nemico si pensa di poter combattere? Volete sapere chi sono in realtà quei veri cattolici “integrali” che imperversano per i social media brandendo corone del rosario e Madonne parlanti con grave danno per l’immagine della Chiesa intera, che paventano fantascientifiche battaglie mistiche annunciando l’imminente trionfo del Cuore Immacolato di Maria? Presto detto: sono delle povere crocerossine ignave che se dalla stanza dei leoni da tastiera fossero portati per davvero in una trincea di guerra, morirebbero soffocati tra la loro urina e i loro escrementi, perché la paura, dinanzi alle armi del nemico e al sangue dei morti ammazzati sul campo di battaglia, sarebbe tanta e tale che non riuscirebbero a trattenere neppure per cinque minuti i loro orifizi.

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A tutti quei sedicenti cattolici “integrali” che non sanno cosa sia veramente il Vangelo e quanto eterna e senza tempo sia la parola santissima e sempre attuale in esso contenuta, per capire cosa sia la mediazione da perseguire, quando non si possono fare battaglie e tanto meno vincerle ― con buona pace dell’imminente e magico trionfo del Cuore Immacolato di Maria ridotta da certi tristi figuri a una via di mezzo tra la dea Athena e la fata Turchina ― basterebbe leggere questo passo:

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«[…] quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace» [Lc 14, 31-32].

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Questa è la sapienza della mediazione, con buona pace di certi cattolici “integrali” che impazzano sui social media tra immagini di cristi androgini photoshoppati e madonnine languide da cartone animato, più o meno leoni da tastiera che, alla resa dei conti, la sanno più lunga di Gesù Cristo, ma soprattutto sono parecchio più sapienti di Lui. Avere creato infatti una cattolicità emotivo-narcisistica che non tiene conto della parola e del messaggio del Verbo di Dio incarnato, è moralmente cosa molto peggiore della pratica dell’omosessualità, lo dice con chiarezza Cristo tra le righe affermando:

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«”In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli”» [Mt 21, 31-32].

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Proprio così: «Non vi siete nemmeno pentiti per credergli», come invece hanno fatto, nel corso del tempo, numerosi omosessuali racchiusi da Cristo, assieme a tanti altri peccatori di vario genere, nelle figure dei «pubblicani» e delle «prostitute», che sono una metafora e un paradigma che racchiude al proprio interno le miserie e le debolezze dell’intera umanità composta sia da eterosessuali sia da omosessuali.

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dall’Isola di Patmos, 8 luglio 2021

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Cari Lettori,

a proposito di “omosessualisti radicali”, vi prego di prendere visione dell’articolo scritto dal presidente delle nostre Edizioni [vedere QUI], nel quale chiediamo un sostegno per il fondo delle mie spese processuali. Sono stato reso oggetto di una querela che, per quanto infondata, mi impone però di procedere alla mia difesa in sede di giudizio e quindi mi obbliga a spendere soldi per le spese legali. La logica è palese: colpirne uno per spaventarne e metterne a cuccia mille. Per questo confido tanto sul vostro prezioso aiuto.

Ringrazio coloro che sino a oggi hanno inviato un contributo per il fondo spese processuali, ed ai quali ho inviato in privato un messaggio di ringraziamento. Purtroppo, ad alcuni, non ho potuto invece rispondere, perché assieme alla loro donazione non hanno inviato un messaggio con la loro email. Li ringrazio tanto in queste righe, dispiaciuto per non avergli potuto inviare un messaggio di ringraziamento.

 

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ma portare, diffondere e difendere la verità non solo ha dei
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Padre Ariel sotto processo: «Spesso ho precorso i tempi con libri e articoli, oggi rischio di essere anticipatore del “Disegno Zan” prima che diventi legge della Repubblica. I cattolici che dicono di stimarmi, saranno disposti a mettersi le mani in tasca e a sostenermi per le spese processuali?»

—  Attualità ecclesiale —

PADRE ARIEL SOTTO PROCESSO: «SPESSO HO PRECORSO I TEMPI CON LIBRI E ARTICOLI, OGGI RISCHIO DI ESSERE ANTICIPATORE DEL DISEGNO ZAN PRIMA CHE DIVENTI LEGGE DELLA REPUBBLICA. I CATTOLICI CHE DICONO DI STIMARMI, SARANNO DISPOSTI A METTERSI LE MANI IN TASCA E A SOSTENERMI PER LE SPESE PROCESSUALI?»

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Dinanzi a un gay che rappresenta Gesù Cristo come un fuoriuscito dalla Cage aux Folles (alla lettera: la gabbia delle matte) portandolo in sfottente processione all’ultimo Gay Pride di Milano, nessun cattolico ha il diritto di sentirsi offeso, perché si tratta solo di giocose espressioni della gaiezza arcobaleno che tutto può permettersi, salvo querelare chiunque osi replicare a questi pubblici vilipendi, sollevando severi interrogativi proporzionati alla gravità estrema dell’offesa. 

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Autore:
Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

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PDF  articolo formato stampa

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare

Il paradigma della società del Terzo Millennio trova sintesi in questa riflessione di Gilbert Keith Chesterton:

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«La gran marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato e diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto» (dall’opera Eretici).

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In circostanze come quella che adesso narreremo si rischiano due cose diverse: o amarezze, o piacevoli sorprese. Ma veniamo alla storia, da introdurre con una premessa doverosa: essendo in corso un procedimento penale è bene evitare di scendere nei dettagli e limitarsi alla narrazione del fatto. Altrimenti si corre il rischio di fare come quegli imputati assistiti da avvocati superstar che vanno a discutere dei loro processi nei vari talk show mentre in tribunale è appena iniziata la prima fase dibattimentale. 

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Ecco la storia: anni fa Padre Ariel prese le pubbliche difese di un sacerdote anziano, teologo e accademico, sbeffeggiato sui social media, poi sulla stampa nazionale, per mezza frase tagliata da una sua risposta data in un contesto biblico-esegetico. Con quella frase estrapolata gli fu fatto dire ciò che mai aveva detto, che «i terremoti sono un castigo di Dio».

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare …

A lanciare la notizia fu un giovane giornalista appartenente al filone più radicale del mondo LGBT. Padre Ariel, agendo a difesa dell’anziano teologo in un articolato contesto polemico, usò alcune espressioni ironiche in forma interrogativa, che l’interessato ritenne però diffamanti, per questo lo querelò. 

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Mai Padre Ariel ha saputo che nel 2017 era stato querelato ai sensi dell’art. 595 del Codice Penale e che fossero in corso indagini su di lui. Solo tre mesi e mezzo fa, convocato nella locale Questura del luogo dove si trova il Tribunale adito, presso la quale si presentò 45 minuti dopo essere stato contattato per telefono, venne a conoscenza di essere stato querelato.

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Venuto a conoscenza del tuttoiter ormai avviato, per prima cosa ha provveduto a nominare un avvocato penalista di fiducia come difensore.

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare …

Questa la storia a grosse linee, senza scendere in particolari. Non perché non si possa fare, ma perché non si deve fare, sarebbe inopportuno e scorretto. Non sono queste colonne la sede idonea per esporre le ragioni difensive, da presentare in appropriata sede dinanzi all’organo giudicante. I processi non si fanno né sui giornali né sui social media, perché gli uni e gli altri non possono né condannare né assolvere, né mai dovrebbero farlo, anche se spesso pretendono di farlo mettendo persone o intere istituzioni alla pubblica berlina.

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È singolare esser trascinati in giudizio da un soggetto che promuove il mondo gay più radicale e che da sempre sostiene, per esempio con articoli e pubblici interventi vari, certe parate del Gay Pride, nelle quali brulicano tutte le peggiori dissacrazioni rivolte alle figure e ai simboli più cari alla Cristianità, dagli sberleffi verso Gesù Cristo a quelli verso la Beata Vergine Maria, reputati da taluni pienamente legittimi. Però non si tollera che possano essere sollevati quesiti d’alcun genere sui promotori della ideologia LGBT. Pare infatti che promuovere sberleffi verso Gesù Cristo nella parodia di un gay sui tacchi a spillo che porta una croce sulla quale anziché la scritta latina I.N.R.I (Jesus Nazarenus Rex Judaeorum) c’è un cazzo stilizzato, non possa costituire insulto alla sensibilità dei cattolici, perché questo è concesso. Non solo, si reclama persino che sia varata una apposita legge col pretesto della condanna di quella omofobia — che tutti condanniamo senza bisogno di leggi che mutino il mondo LGBT in “categoria protetta” [vedere l’ultimo intervento televisivo di Padre Ariel su questo tema, dal minuto 1:38 a seguire —, col serio rischio di mutare in reato le opinioni avverse, laddove da una parte si rivendica il diritto all’insulto blasfemo, dall’altra non si esita a bordare querele per ogni legittimo sospiro mirato a difendere i propri valori morali e i simboli religiosi.

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare …

Dinanzi a un gay che rappresenta Gesù Cristo come un fuoriuscito dalla Cage aux Folles  (alla lettera: la gabbia delle matte) portandolo in sfottente processione all’ultimo Gay Pride di Milano, nessun cattolico ha il diritto di sentirsi offeso, perché si tratta solo di giocose espressioni della gaiezza arcobaleno che tutto può permettersi, salvo querelare chiunque osi replicare a questi pubblici vilipendi, sollevando severi interrogativi proporzionati alla gravità dell’offesa arrecata a ciò che di più sacro e caro esista per la Cristianità. 

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E dire che quello dell’Onorevole Alessandro Zan è per adesso solo un disegno di legge. Se passasse come lo hanno scritto, con tutta l’ambiguità contenuta nel testo agli articoli 1, 4, 7, che cosa accadrebbe? Saremo forse subissati di querele a partire dal giorno dopo, semmai per avere spiegato il Libro della Genesi nella parte in cui si narra che Dio maschio e femmina li creò, o per avere spiegato che una famiglia si compone di un padre e di una madre e che solo loro possono generare un figlio, quindi che due ricchi gay che si fabbricano un bimbo pagando l’utero in affitto di una donna povera di un Paese in via di sviluppo, compiono qualche cosa di disumano? Non parliamo poi di certe Lettere del Beato Apostolo Paolo nelle quali si esprimono parole di condanna verso la pratica della sodomia [Cfr. I Cor 6, 9-11]. Domani, a pena querela, ci impediranno forse di leggere e spiegare certi testi sacri, posto che in ogni caso, da sempre, la morale cattolica condanna il peccato ma non il peccatore, rigettando il primo e accogliendo sempre il secondo con misericordia e senza discriminare nessuno? Porteranno i sacerdoti in tribunale dopo che avranno letto nelle chiese certi passi durante la Santa Messa, chiedendo l’immediato ritiro dal commercio delle copie dei Vangeli, se quelle frasi non saranno tagliate, semmai con tanto di scuse rivolte ai membri dei più suscettibili e agguerriti gruppi LGBT

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare …

È presto detto: certi preti affetti dal diffuso complesso di Don Abbondio non dovranno esser censurati, si auto-censureranno da soli. Diranno che la Genesi è un testo antico, che l’Apostolo Paolo era esaltato, forse persino un po’ omofobo quando condannava i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Se il Disegno di Legge Zan non sarà riformulato salvando la libertà di opinione e l’insegnamento dei genitori e delle scuole cattoliche, i gruppi LGBT finiranno per imporre il gender coatto col pretesto di condannare la omotransfobia.

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Affrontare un processo penale vuol dire spendere soldi che noi non abbiamo, né possiamo indebitarci per farlo. Per questo lanciamo una richiesta che potrebbe portarci ad avere inaspettate soddisfazioni o dispiaceri maggiori della querela di cui vi abbiamo narrato. Si tratta di una richiesta semplice: aiutateci a sostenere le spese processuali del Padre Ariel. Lo chiediamo a coloro che ci inviano messaggi di apprezzamento per i nostri articoli, libri e per gli interventi televisivi del Padre Ariel. Lo chiediamo, soprattutto, a quei cattolici che sui social media si stracciano le vesti sul “pericolo” del Disegno di Legge Zan così com’è formulato in bozza. Sia infatti chiaro che con lo straccio emotivo di vesti o con gli sfoghi di certi cattolici leoni da tastiera non si tutela nessuno. Mettersi invece le mani in tasca e inviare un contributo a L’Isola di Patmos per il fondo spese necessario alla difesa processuale del Padre Ariel servirà invece a molto. Infatti, per quanto l’avvocato intenda contenere al massimo le spese, occorreranno molte migliaia di euro, perché i processi costano. Si tenga poi conto ― sempre a proposito delle spese processuali ― che dall’altra parte non c’è un semplice singolo, ma il segmento più radicale del mondo LGBT, che tramite un’Associazione si è già costituito parte civile. E loro non hanno alcun problema ad affrontare spese legali e a trascinare i processi per tutti e tre i gradi di giudizio, hanno soldi, finanziatori e studi legali che lavorano apposta per loro, per questo non badano a spese.

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare …

A voi la scelta: potete sbalordite i Padri de L’Isola di Patmos o amareggiarli. Nell’uno e nell’altro caso i Padri non cesseranno di lavorare per la verità e il Popolo di Dio, anche quando il Popolo chiacchiera e non caccia fuori un soldo dinanzi all’emergenza della vera necessità. Però ci dice bravi, magnifica il coraggio altrui e il modo in cui gli autentici leoni di Dio difendono la verità. Tutti complimenti gratuiti con i quali non si pagano però le spese di un processo, specie se dall’altra parte c’è un gruppo agguerrito e ideologizzato che non vuole portare sotto processo Padre Ariel, ma la Chiesa Cattolica. E con questo abbiamo chiarito che i complimenti dei cattolici apostolici romani impegnati e militanti abituati ad agire alla armiamoci e … partite, non ci sono di alcuna utilità concreta. Pertanto, non mandateci commenti lusinghieri o espressioni di incoraggiante solidarietà, mandateci soldi!

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Chi vorrà sostenerci per il pagamento delle spese processuali del Padre Ariel può inviare la propria libera donazione sul conto corrente delle Edizioni L’Isola di Patmos oppure tramite il comodo e sicuro sistema PayPal, tutti gli estremi li trovate in fondo a questa pagina. Vi preghiamo di scrivere nella causale “spese processuali del Padre Ariel” e di mandarci anche una e-mail col vostro nome e indirizzo di posta elettronica, affinché possiamo inviarvi un messaggio di ringraziamento per il vostro concreto e prezioso contributo.

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dall’Isola di Patmos, 3 luglio 2021

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