Padre Ariel sotto processo: «Spesso ho precorso i tempi con libri e articoli, oggi rischio di essere anticipatore del “Disegno Zan” prima che diventi legge della Repubblica. I cattolici che dicono di stimarmi, saranno disposti a mettersi le mani in tasca e a sostenermi per le spese processuali?»

—  Attualità ecclesiale —

PADRE ARIEL SOTTO PROCESSO: «SPESSO HO PRECORSO I TEMPI CON LIBRI E ARTICOLI, OGGI RISCHIO DI ESSERE ANTICIPATORE DEL DISEGNO ZAN PRIMA CHE DIVENTI LEGGE DELLA REPUBBLICA. I CATTOLICI CHE DICONO DI STIMARMI, SARANNO DISPOSTI A METTERSI LE MANI IN TASCA E A SOSTENERMI PER LE SPESE PROCESSUALI?»

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Dinanzi a un gay che rappresenta Gesù Cristo come un fuoriuscito dalla Cage aux Folles (alla lettera: la gabbia delle matte) portandolo in sfottente processione all’ultimo Gay Pride di Milano, nessun cattolico ha il diritto di sentirsi offeso, perché si tratta solo di giocose espressioni della gaiezza arcobaleno che tutto può permettersi, salvo querelare chiunque osi replicare a questi pubblici vilipendi, sollevando severi interrogativi proporzionati alla gravità estrema dell’offesa. 

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Autore:
Jorge Facio Lince
Presidente delle Edizioni L’Isola di Patmos

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare

Il paradigma della società del Terzo Millennio trova sintesi in questa riflessione di Gilbert Keith Chesterton:

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«La gran marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato e diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto» (dall’opera Eretici).

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In circostanze come quella che adesso narreremo si rischiano due cose diverse: o amarezze, o piacevoli sorprese. Ma veniamo alla storia, da introdurre con una premessa doverosa: essendo in corso un procedimento penale è bene evitare di scendere nei dettagli e limitarsi alla narrazione del fatto. Altrimenti si corre il rischio di fare come quegli imputati assistiti da avvocati superstar che vanno a discutere dei loro processi nei vari talk show mentre in tribunale è appena iniziata la prima fase dibattimentale. 

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Ecco la storia: anni fa Padre Ariel prese le pubbliche difese di un sacerdote anziano, teologo e accademico, sbeffeggiato sui social media, poi sulla stampa nazionale, per mezza frase tagliata da una sua risposta data in un contesto biblico-esegetico. Con quella frase estrapolata gli fu fatto dire ciò che mai aveva detto, che «i terremoti sono un castigo di Dio».

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare …

A lanciare la notizia fu un giovane giornalista appartenente al filone più radicale del mondo LGBT. Padre Ariel, agendo a difesa dell’anziano teologo in un articolato contesto polemico, usò alcune espressioni ironiche in forma interrogativa, che l’interessato ritenne però diffamanti, per questo lo querelò. 

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Mai Padre Ariel ha saputo che nel 2017 era stato querelato ai sensi dell’art. 595 del Codice Penale e che fossero in corso indagini su di lui. Solo tre mesi e mezzo fa, convocato nella locale Questura del luogo dove si trova il Tribunale adito, presso la quale si presentò 45 minuti dopo essere stato contattato per telefono, venne a conoscenza di essere stato querelato.

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Venuto a conoscenza del tuttoiter ormai avviato, per prima cosa ha provveduto a nominare un avvocato penalista di fiducia come difensore.

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare …

Questa la storia a grosse linee, senza scendere in particolari. Non perché non si possa fare, ma perché non si deve fare, sarebbe inopportuno e scorretto. Non sono queste colonne la sede idonea per esporre le ragioni difensive, da presentare in appropriata sede dinanzi all’organo giudicante. I processi non si fanno né sui giornali né sui social media, perché gli uni e gli altri non possono né condannare né assolvere, né mai dovrebbero farlo, anche se spesso pretendono di farlo mettendo persone o intere istituzioni alla pubblica berlina.

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È singolare esser trascinati in giudizio da un soggetto che promuove il mondo gay più radicale e che da sempre sostiene, per esempio con articoli e pubblici interventi vari, certe parate del Gay Pride, nelle quali brulicano tutte le peggiori dissacrazioni rivolte alle figure e ai simboli più cari alla Cristianità, dagli sberleffi verso Gesù Cristo a quelli verso la Beata Vergine Maria, reputati da taluni pienamente legittimi. Però non si tollera che possano essere sollevati quesiti d’alcun genere sui promotori della ideologia LGBT. Pare infatti che promuovere sberleffi verso Gesù Cristo nella parodia di un gay sui tacchi a spillo che porta una croce sulla quale anziché la scritta latina I.N.R.I (Jesus Nazarenus Rex Judaeorum) c’è un cazzo stilizzato, non possa costituire insulto alla sensibilità dei cattolici, perché questo è concesso. Non solo, si reclama persino che sia varata una apposita legge col pretesto della condanna di quella omofobia — che tutti condanniamo senza bisogno di leggi che mutino il mondo LGBT in “categoria protetta” [vedere l’ultimo intervento televisivo di Padre Ariel su questo tema, dal minuto 1:38 a seguire —, col serio rischio di mutare in reato le opinioni avverse, laddove da una parte si rivendica il diritto all’insulto blasfemo, dall’altra non si esita a bordare querele per ogni legittimo sospiro mirato a difendere i propri valori morali e i simboli religiosi.

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare …

Dinanzi a un gay che rappresenta Gesù Cristo come un fuoriuscito dalla Cage aux Folles  (alla lettera: la gabbia delle matte) portandolo in sfottente processione all’ultimo Gay Pride di Milano, nessun cattolico ha il diritto di sentirsi offeso, perché si tratta solo di giocose espressioni della gaiezza arcobaleno che tutto può permettersi, salvo querelare chiunque osi replicare a questi pubblici vilipendi, sollevando severi interrogativi proporzionati alla gravità dell’offesa arrecata a ciò che di più sacro e caro esista per la Cristianità. 

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E dire che quello dell’Onorevole Alessandro Zan è per adesso solo un disegno di legge. Se passasse come lo hanno scritto, con tutta l’ambiguità contenuta nel testo agli articoli 1, 4, 7, che cosa accadrebbe? Saremo forse subissati di querele a partire dal giorno dopo, semmai per avere spiegato il Libro della Genesi nella parte in cui si narra che Dio maschio e femmina li creò, o per avere spiegato che una famiglia si compone di un padre e di una madre e che solo loro possono generare un figlio, quindi che due ricchi gay che si fabbricano un bimbo pagando l’utero in affitto di una donna povera di un Paese in via di sviluppo, compiono qualche cosa di disumano? Non parliamo poi di certe Lettere del Beato Apostolo Paolo nelle quali si esprimono parole di condanna verso la pratica della sodomia [Cfr. I Cor 6, 9-11]. Domani, a pena querela, ci impediranno forse di leggere e spiegare certi testi sacri, posto che in ogni caso, da sempre, la morale cattolica condanna il peccato ma non il peccatore, rigettando il primo e accogliendo sempre il secondo con misericordia e senza discriminare nessuno? Porteranno i sacerdoti in tribunale dopo che avranno letto nelle chiese certi passi durante la Santa Messa, chiedendo l’immediato ritiro dal commercio delle copie dei Vangeli, se quelle frasi non saranno tagliate, semmai con tanto di scuse rivolte ai membri dei più suscettibili e agguerriti gruppi LGBT

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare …

È presto detto: certi preti affetti dal diffuso complesso di Don Abbondio non dovranno esser censurati, si auto-censureranno da soli. Diranno che la Genesi è un testo antico, che l’Apostolo Paolo era esaltato, forse persino un po’ omofobo quando condannava i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Se il Disegno di Legge Zan non sarà riformulato salvando la libertà di opinione e l’insegnamento dei genitori e delle scuole cattoliche, i gruppi LGBT finiranno per imporre il gender coatto col pretesto di condannare la omotransfobia.

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Affrontare un processo penale vuol dire spendere soldi che noi non abbiamo, né possiamo indebitarci per farlo. Per questo lanciamo una richiesta che potrebbe portarci ad avere inaspettate soddisfazioni o dispiaceri maggiori della querela di cui vi abbiamo narrato. Si tratta di una richiesta semplice: aiutateci a sostenere le spese processuali del Padre Ariel. Lo chiediamo a coloro che ci inviano messaggi di apprezzamento per i nostri articoli, libri e per gli interventi televisivi del Padre Ariel. Lo chiediamo, soprattutto, a quei cattolici che sui social media si stracciano le vesti sul “pericolo” del Disegno di Legge Zan così com’è formulato in bozza. Sia infatti chiaro che con lo straccio emotivo di vesti o con gli sfoghi di certi cattolici leoni da tastiera non si tutela nessuno. Mettersi invece le mani in tasca e inviare un contributo a L’Isola di Patmos per il fondo spese necessario alla difesa processuale del Padre Ariel servirà invece a molto. Infatti, per quanto l’avvocato intenda contenere al massimo le spese, occorreranno molte migliaia di euro, perché i processi costano. Si tenga poi conto ― sempre a proposito delle spese processuali ― che dall’altra parte non c’è un semplice singolo, ma il segmento più radicale del mondo LGBT, che tramite un’Associazione si è già costituito parte civile. E loro non hanno alcun problema ad affrontare spese legali e a trascinare i processi per tutti e tre i gradi di giudizio, hanno soldi, finanziatori e studi legali che lavorano apposta per loro, per questo non badano a spese.

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Si può rivendicare rispetto e al tempo stesso insultare gli altri, salvo querelarli se reagiscono alle gravi offese? A quanto pare alcuni pensano di poterlo fare …

A voi la scelta: potete sbalordite i Padri de L’Isola di Patmos o amareggiarli. Nell’uno e nell’altro caso i Padri non cesseranno di lavorare per la verità e il Popolo di Dio, anche quando il Popolo chiacchiera e non caccia fuori un soldo dinanzi all’emergenza della vera necessità. Però ci dice bravi, magnifica il coraggio altrui e il modo in cui gli autentici leoni di Dio difendono la verità. Tutti complimenti gratuiti con i quali non si pagano però le spese di un processo, specie se dall’altra parte c’è un gruppo agguerrito e ideologizzato che non vuole portare sotto processo Padre Ariel, ma la Chiesa Cattolica. E con questo abbiamo chiarito che i complimenti dei cattolici apostolici romani impegnati e militanti abituati ad agire alla armiamoci e … partite, non ci sono di alcuna utilità concreta. Pertanto, non mandateci commenti lusinghieri o espressioni di incoraggiante solidarietà, mandateci soldi!

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Chi vorrà sostenerci per il pagamento delle spese processuali del Padre Ariel può inviare la propria libera donazione sul conto corrente delle Edizioni L’Isola di Patmos oppure tramite il comodo e sicuro sistema PayPal, tutti gli estremi li trovate in fondo a questa pagina. Vi preghiamo di scrivere nella causale “spese processuali del Padre Ariel” e di mandarci anche una e-mail col vostro nome e indirizzo di posta elettronica, affinché possiamo inviarvi un messaggio di ringraziamento per il vostro concreto e prezioso contributo.

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dall’Isola di Patmos, 3 luglio 2021

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