Domenico Giani, angelo custode di “Papa Cecco” visto da una “divota vecchiaccia toscana”

DOMENICO GIANI, ANGELO CUSTODE DI PAPA CECCO VISTO DA UNA DIVOTA VECCHIACCIA TOSCANA

 

Domenico Giani è dal 2006 capo dei servizi di sicurezza della Città del Vaticano. Cinquantenne, toscano nato nella bella Arezzo e con una notevole carriera alle spalle nella Polizia di Stato e nei servizi di sicurezza della Repubblica Italiana [vedere QUI, QUI, QUI, QUI]. Dal marzo 2013 è forse uno degli uomini meno invidiati al mondo. Pochi, in questo momento vorrebbero trovarsi al posto suo a gestire la sicurezza del Santo Padre in situazioni a volte ingestibili. Una mamma di Arezzo che potrebbe essere madre del comandante Giani, con trasporto materno ha voluto indirizzargli questa lettera in vernacolo toscano — o meglio in vernacolo aretino/chianaiolo — affidandola alla nostra Ipazia gatta romana per la pubblicazione sull’Isola di Patmos. Anche se non si tratta di un testo di carattere filosofico e teologico secondo l’usuale taglio della nostra rivista telematica, lo pubblichiamo ugualmente con un sorriso, non essendo questa lettera affatto priva di cristiano e materno buon senso.

 

Ipazia gatta romana

Autore                 Ipazia gatta romana

 

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In che misura un Pontefice che non ascolta nessuno fuorché se stesso potrebbe cadere in errore?

IN CHE MISURA UN PONTEFICE CHE NON ASCOLTA NESSUNO FUORCHÈ SE STESSO POTREBBE CADERE IN ERRORE?

 

L’affermazione del Santo Padre: «ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario» dovrebbe rallegrare molto i vescovi, che lungi dall’essere interpellati, possono avere in tal modo un meritato saggio di quello che è il reale concetto di “collegialità” del Principe degli Apostoli e Capo del Collegio Apostolico, casomai qualcuno di loro intendesse manifestare contrarietà, perché ogni Collegio Apostolico finisce sempre con l’avere per ineffabile grazia dello Spirito Santo il Capo che si merita.

 

 

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

Il presbitero Ariel S. Levi di Gualdo in modo aggressivo, il domenicano Giovanni Cavalcoli in modo più mitigato, hanno scritto parole durissime contro i lefebvriani. Oggi Papa Francesco ha affermato: «[…] ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario, di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono […] Nel frattempo, mosso dall’esigenza di corrispondere al bene di questi fedeli, per mia propria disposizione stabilisco che quanti durante l’Anno Santo della Misericordia si accosteranno per celebrare il Sacramento della Riconciliazione presso i sacerdoti della Fraternità San Pio X, riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei loro peccati» [cf. documento QUI]. Non sarebbe il caso di chiedere scusa da parte vostra per tutto quello che avete scritto in passato contro la Fraternità Sacerdotale di San Pio X?

Alessio Maffei

Caro Lettore

padre pio

San Pio da Pietrelcina dentro il confessionale a San Giovanni Rotondo

Anzitutto le rispondo che io chiederò scusa agli eretici lefebvriani ― che tali di fatto sono e restano ― quando me lo imporrà il mio Ordinario Diocesano e dopo che il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede o chi per lui facente le veci mi avrà indicato a uno a uno gli errori dottrinari, canonici e pastorali nei quali sono incorso in quei miei scritti passati tutti quanti reperibili nell’archivio dell’Isola di Patmos; scritti che al presente confermo nella loro sostanza sul piano dogmatico e canonico dal primo all’ultimo.

L’affermazione del Santo Padre: «ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario» dovrebbe rallegrare molto i vescovi, che lungi dall’essere interpellati possono avere in tal modo un meritato saggio di quello che è il reale concetto di “collegialità” del Principe degli Apostoli, nel caso qualcuno di loro intendesse manifestare legittima perplessità, perché ogni Collegio Apostolico finisce sempre con l’avere per ineffabile grazia dello Spirito Santo il Capo che si merita, visto che tra le righe — e neppure tanto tra le righe — il Santo Padre ha detto a tutti loro: “Io faccio quel che voglio e come voglio, a prescindere da ciò che potete pensare voi”. E questo al contrario del suo troppo mite Sommo Precedessore messo in croce per anni anche dalle peggiori critiche dei vescovi, per non parlare di quelle dei teologi o di quelle a tratti furenti di quella autentica piaga ecclesiale tali sono le teologhe femministe. È per ciò doveroso ricordare che Benedetto XVI procedette alla remissione della scomunica in cui incorsero i vescovi consacranti ed i vescovi consacrati senza mandato pontificio nel giugno del 1988, solo «dopo una vasta consultazione», come riferisce nel 2009 il Cardinale Darío Castrillón Hoyos all’epoca addetto ai lavori [vedere QUI].

A cavallo tra il XVII e il XVIII secolo regnò in Francia Luigi XIV [1643-1715], noto anche come Re Sole. Salì al trono alla tenera età di cinque anni sotto la reggenza della madre Anna d’Austria. All’età di 13 anni, nel 1651, fu dichiarato maggiorenne e quindi in grado di governare, anche se il governo proseguì a essere esercitato dal Cardinale Giulio Mazzarino [1602-1661], alla morte naturale del quale egli assunse i pieni poteri regi. Il suo governo fu improntato sul cosiddetto assolutismo, imitato presto dalla gran parte dei sovrani europei. A Luigi XIV è attribuita la dubbia frase l’etat c’est moi [lo stato sono io] variamente riportata e diffusa da vari autori anche come la lois c’est moi [la legge sono io].

Sinceramente credo che il Santo Padre Francesco è così umile che mai si comporterebbe come se “La Chiesa sono io” o come se “la Legge sono io”. Il Santo Padre Francesco è infatti talmente aperto a tutto, incluso ciò che non è cattolico, ed è talmente «liberale» o «rivoluzionario» ― per usare due impropri termini rasenti l’ingiuria alla Persona del Romano Pontefice usati da quella passionaria argentina di Elisabetta Piqué [1] e da una stampa internazionale che non ha proprio chiaro il ruolo del Successore di Pietro ― che mai si comporterebbe in modo arbitrario e impulsivo; mai si comporterebbe come se la Chiesa fosse sua o come se lui potesse andare tranquillamente al di là delle leggi ecclesiastiche, sino a modellarsi una Chiesa ad personam.

Non a caso, fino a pochi decenni fa il Romano Pontefice parlava usando il “Noi “, o cosiddetto plurale maiestatis, il quale non aveva proprio nulla di ridondante o di imperiale ma molto invece di teologico e di pastorale, lo dimostra il fatto che una volta tolto il “Noi ” è subentrato inevitabilmente l’ “Io“, sino alle forme più esasperate ed esasperanti di personalizzazione del pontificato. Non più quindi il “Noi ” che rende impersonale il sacro ministero petrino ricordando anzitutto a Pietro che egli è appunto Pietro e non più Simone, ma l’ “Io ” che invece personalizza il papato e che può correre il rischio di rendere Pietro ostaggio dei capricci di Simone.

Senza pena di equivoco chiarisco: essendo il Romano Pontefice rivestito di un potere che a lui perviene da Cristo Dio e non certo dal Popolo Sovrano o dal Parlamento Democratico dei Cardinali che lo ha eletto, egli ha legittima e piena facoltà di dire di “no” anche a proposte, direttive o riforme approvate all’unanimità da un concilio ecumenico, perché nulla potrebbe mai divenire dottrina o legge vincolante della Chiesa senza la sua approvazione. Quando infatti nei concili ecumenici o nei sinodi dei vescovi si vota, ciò avviene affinché Pietro abbia chiaro quello che è il pensiero del Collegio degli Apostoli, ma poi, chi in ultima istanza decide è lui; e le sue decisioni non sono prese a maggioranza dei voti parlamentari ma dalla grazia di stato del Successore del Principe degli Apostoli [2] che agisce e che dovrebbe sempre agire in quanto “Noi ” e non certo in quanto “Io “.

Per quanto riguarda la legge: il Romano Pontefice ha potestà piena e immediata su tutta la Chiesa. Egli è il supremo legislatore e come tale ha legittima facoltà di abolire, cambiare, riformulare diversamente o derogati i canoni del Codice di Diritto Canonico in qualsiasi momento lo voglia [3]. Cosa questa che avviene solitamente attraverso decreti, bolle pontificie, o comunque precisi atti del suo sommo magistero, non attraverso interviste, discorsi a braccio o messaggi privati, perché il Romano Pontefice, custode supremo del deposito della fede è anche supremo maestro, ed un maestro è tale nella misura in cui spiega e rende comprensibili le sue spiegazioni attraverso il pio insegnamento improntato sulla prudenza e la sapienza. E qui merita ricordare che la prudenza è la prima delle quattro virtù cardinali [4], la sapienza è il primo dei sette doni dello Spirito Santo [5].

Mi duole dover dire quello che altri sembra non abbiano il coraggio di dire: ciò che il Santo Padre ha disposto è purtroppo pastoralmente sbagliato. Si tratta peraltro di un errore palese, uno tra i tanti che giorno dietro giorno passano sotto il silenzio dei vescovi e che sono destinati ad aumentare la confusione che serpeggia nella Chiesa e tra le membra già troppo confuse del Popolo di Dio.

A cuore tutt’altro che leggero affermo che ciò è pastoralmente sbagliato per questo semplice motivo: i presbiteri consacrati sacerdoti nella Fraternità Sacerdotale di San Pio X, ai sensi del Codice di Diritto Canonico sono validi ma illeciti [6], quindi non amministrano e non possono amministrare lecitamente i Sacramenti, come ha spiegato il Venerabile Pontefice Benedetto XVI chiarendo che la revoca della scomunica non cancella il dato di fatto che i cosiddetti Lefebvriani non possono appunto amministrare lecitamente i Sacramenti:

«Per precisarlo ancora una volta: finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri – anche se sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica – non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa» [7].

Detta in altri termini: la loro ordinazione sacerdotale è valida, perché amministrata da un Vescovo che a sua volta è stato validamente ma illecitamente consacrato. Questa validità nulla toglie però all’illecito, perché è appunto illecito oltre che gravissimo consacrare sacerdoti dei presbiteri non in comunione con Roma. E come risaputo i cosiddetti lefebvriani negano la validità dell’ultimo concilio della Chiesa e la quasi totalità delle nuove discipline che ne sono conseguite sul piano dottrinale, non solo su quello “meramente” pastorale.

Non so che cosa abbia indotto il Santo Padre a conferire tale facoltà a dei sacerdoti illecitamente ordinati che come tali sono sospesi ipso facto dall’esercizio del sacro ministero all’atto stesso della loro sacra ordinazione. Infatti, i cosiddetti sacerdoti lefebvriani, tutt’oggi non in comunione con Roma e sprezzanti l’odierno Magistero della Chiesa, da essi accusata di essere scivolata ormai da mezzo secolo nell’apostasia [8], potrebbero amministrare lecitamente confessioni in un solo caso: ad una persona in grave pericolo di vita. Cosa questa che può fare ― e che anzi è tenuto a fare ― persino un sacerdote scomunicato e dimesso dallo stato clericale [9].

Dunque il Romano Pontefice, che pure può abolire le leggi, riformare le leggi o creare nuove leggi come e quando vuole, non è al tempo stesso al di sopra della dottrina della Chiesa, anche se tutti i vescovi, vuoi per pavidità, vuoi per interesse, su certe esternazioni confuse e ambigue tacciono in modo colpevole; e ciò sino a gravarsi per spirito omissivo dettato forse dal quieto vivere o da certe loro insopprimibili aspirazioni di carriera, di una tale responsabilità che potrebbe spalancare domani le porte dell’Inferno a diversi di loro. Non si può, infatti, tacere sull’ovvio. Non dovrebbero tacere quelli della Congregazione per la dottrina della fede e non dovrebbero tacere i canonisti che popolano il palazzo del Supremo tribunale della segnatura apostolica, perché siamo dinanzi a un errore che pare non tenere conto di una palese ovvietà: i Sacramenti non sono un bene disponibile, neppure per la Chiesa stessa che li ha ricevuti in custodia da Dio e che li dispensa come azioni della grazia soprannaturale; li dispensa, ma non li possiede. A nessuno è data facoltà, neppure al Romano Pontefice, di disporre in modo arbitrario di essi, concedendone la “lecita” amministrazione a chi di fatto ha eretto il proprio essere, esistere e operare proprio sulla negazione dell’unità e il rifiuto ostinato del Magistero della Chiesa degli ultimi cinquant’anni. Il Romano Pontefice è chiamato a «confermare i fratelli nella fede» [10], non a legittimarli nell’errore, non a confonderli, non a dividerli a colpi di ambiguità.

Più complesso ancora il discorso legato alla dogmatica sacramentaria, dinanzi al quale sembra tacere il tremolante esercito di monsignorini in forza presso la Congregazione per la dottrina della fede, gran parte dei quali anche docenti presso le varie università ed atenei pontifici: l’essenza dei Sacramenti e la loro sostanza metafisica si regge sull’unità [11]. Io celebro il Sacrificio Eucaristico e amministro i Sacramenti perché sono un presbitero in piena comunione col Vescovo dal quale promana e dipende il sacerdozio che ho ricevuto per mistero di grazia, previa solenne promessa di prestare a lui «devota e filiale obbedienza», perché è dalla Eucaristia del Vescovo investito del potere apostolico che procede la validità delle Eucaristie celebrate dai suoi sacerdoti. E il Vescovo non è tale semplicemente in quanto tale, ma perché a sua volta è in piena comunione col Vescovo di Roma, ed essere in comunione vuol dire anzitutto accettare, rispettare, applicare e diffondere tra le membra del Popolo di Dio la dottrina e il Magistero della Chiesa, non certo affermare e insegnare — come fanno invece i lefebvriani — che le dottrine di un intero concilio ecumenico sono fuorvianti ed il magistero che ne consegue è addirittura «apostatico».

Riguardo quest’ultimo discorso avrei molto altro da aggiungere soprattutto per quanto riguarda la natura e la sostanza dei Sacramenti. Lascio però alla Congregazione per la dottrina della fede presso la quale lavora appunto un esercito di monsignorini variamente dottori e professori, la risposta al seguente quesito: secondo la disciplina dei Sacramenti edificata sulla dogmatica sacramentaria, può essere conferita facoltà di amministrare lecitamente i Sacramenti a sacerdoti e Vescovi che negano la comunione con Pietro e col Collegio degli Apostoli e che da decenni accusano gli uni e gli altri di apostasia dalla fede cattolica, a partire dai Sommi Pontefici che si sono succeduti sulla Cattedra di Pietro dal 1958 a oggi? Perchè i bizantinismi pseudo canonici ed i farisaismi pseudo teologici dei lefebvriani ci sono noti da quattro decenni: da una parte, affermano di celebrare in comunione con la Chiesa (!?), dall’altra diffondono testi e documenti nei quali indicano come eretici i Romani Pontefici ed i Vescovi. 

È bene infatti ricordare a tutti coloro che difettano nel dono della memoria che il Superiore Generale della ereticale Fraternità Sacerdotale di San Pio X non si è limitato ad apostrofare come “eretico” il Santo Padre Francesco … molto di più! Del Romano Pontefice ha dato questa pubblica definizione: «Abbiamo davanti a noi un vero modernista!» [vedere QUI]. E detto questo ricordo, sempre ai carenti di memoria e forse anche di cultura teologica, che il modernismo, secondo la sapiente e sempre attuale definizione del Santo Pontefice Pio X, non è una semplice eresia, ma la madre e il ricettacolo di tutte le eresie. Da ciò dobbiamo forse dedurne che per meritare il rispetto, le attenzioni pastorali, la tenerezza e la misericordia del Santo Padre Francesco — va da sé, è un quesito paradossale — bisogna per caso accusarlo pubblicamente di essere “ricettacolo di tutte le peggiori eresie“, come ha fatto il Capo dei Lefebvriani?

Se a questi soggetti viene fatta tale concessione, pure in occasione dell’anno giubilare, senza che essi si siano ravveduti e senza che prima abbiano chiesto pubblicamente perdono al Romano Pontefice da loro insultato a male parole e additato come un vero e proprio eresiarca; se prima non rientreranno in piena comunione di unità con Roma, in che misura si può correre il rischio di trasformare il Sacramento in un bene disponibile del quale si può usare e forse abusare in modo arbitrario? Perché la Chiesa è «Sacramento di unità» [12] e se la disciplina dei sacramenti è stata riformata sotto il pontificato misericordioso del Santo Padre Francesco, che ha deciso di renderne lecita la amministrazione anche a coloro che sprezzanti la dottrina e il magistero negano la loro comunione con la Chiesa «apostatica» del «conciliabolo» Vaticano II e che non riconoscono gli atti del magistero successivi al 1958 [vedere QUI], allora esigo che i soloni della Congregazione per la dottrina della fede e quelli della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti ce lo facciano sapere in modo chiaro e prima possibile, così che noi presbiteri si possa prendere atto del fatto che l’etat c’est moi [lo stato sono io] e che la lois c’est moi [la legge sono io], quindi agire di conseguenza aumentando le nostre preghiere, le nostre penitenze e semmai mettendoci anche a gridare: si salvi chi può ! Perché se al Santo Padre non fosse chiara la natura del supremo ministero apostolico di cui egli è rivestito per mistero di grazia — ministero che peraltro non gli appartiene ma che gli è stato dato in comodato d’uso per servire la Chiesa e guidarla come supremo servitore — a noi il tutto è invece chiaro: non andrebbero fatte concessioni di alcun genere a persone che da quattro decenni accusano la Chiesa di apostasia dalla fede e che ricoprono di insulti Pietro e l’intero Collegio degli Apostoli, perché questa non è misericordia; e se queste sono le premesse dell’Anno Giubilare della Misericordia, come dicevo sopra … si salvi chi può !

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NOTE

[1] Cf. Elisabetta Piqué, Francesco, vita e rivoluzione [vedere QUI].

[2] Cf. Costituzione  dogmatica Lumen gentium, n. 8 [vedere QUI].

[3] Cf. Codice di Diritto Canonico, cann. 331-335 [vedere QUI].

[4] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1806.

[5] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1830.

[6] Cf. Codice di Diritto Canonico, cann. 1382-1384 [vedere QUI].

[7] Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai Vescovi della Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della scomunica ai 4 Vescovi consacrati dall’Arcivescovo Lefebvre, 10 marzo 2009 [vedere QUI]; Nota della Segreteria di Stato circa i quattro Vescovi della Fraternità di San Pio X, 4 febbraio 2009 [vedere QUI].

[8] Dichiarazione del Vescovo Marcel Lefebvre sulla apostasia di Roma, vedere QUI

[9] Codice di Diritto Canonico, sul Sacramento della Penitenza [cann. 965-986], vedere nello specifico can. 976.

[10] Cf. Lc. 22,32.

[11] Cf. Beato Paolo VI, Unitatis redintegratio [vedere QUI]

[12] Cf. Costituzione dogmatica Lumen gentium, nn. 1-8 [vedere QUI]; Codice di Diritto Canonico, can. 837 [vedere QUI]

Il Sinodo sulla Famiglia, una lettura critica della trilogia di articoli di Antonio Livi

Theologica

IL SINODO SULLA FAMIGLIA
UNA LETTURA CRITICA SULLA TRILOGIA DI ARTICOLI DI ANTONIO LIVI

[…] Il ritenere che i divorziati risposati siano in uno «stato permanente di peccato grave» è un giudizio temerario, che non ha a che vedere con la dottrina della Chiesa. Al contrario, secondo la morale cattolica, qualunque peccato, per quanto grave, se il peccatore si pente, può essere perdonato, anche senza il Sacramento della penitenza, considerando che esistono mezzi ordinari e straordinari di salvezza; i primi sono i Sacramenti di istituzione divina dei quali la Chiesa è dispensatrice, i secondi sono le vie imperscrutabili di Dio, e per usare questi secondi mezzi, sia la grazia sia la misericordia di Dio non necessitano del permesso né degli epistemologi né dei filosofi, né ai teologi […]

 

 

Autore Jorge A. Facio Lince

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Jorge A. Facio Lince

 

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Jorge A. Facio Lince – IL SINODO SULLA FAMIGLIA

 

 

Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

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Padre Giovanni

Lo gnosticismo di Giuseppe Barzaghi

— Theologica —

LO GNOSTICISMO DI GIUSEPPE BARZAGHI

 

Il sistema di Giuseppe Barzaghi può essere classificato come una forma di gnosticismo panteista monista non di tipo storicista, come quello hegeliano, ma di tipo eternalista come quello di Severino.

Autore Giovanni Cavalcoli OP

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Giovanni Cavalcoli OP

 

 

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Giovanni Cavalcoli, OP – LO GNOSTICISMO DI GIUSEPPE BARZAGHI