Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

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Padre Giovanni

Padre Tomas Tyn e il Lefebvrismo

PADRE TOMAS TYN E IL LEFEBVRISMO

 

I pochi teologi competenti, dotti, sapienti, equilibrati, coraggiosi e fedeli al Magistero sono facilmente emarginati, diffamati, ignorati o addirittura perseguitati da un potere modernistico o rahneriano ormai affermatosi negli ambienti accademici e dell’autorità ecclesiastica, sicchè è ormai operante un’inquisizione modernista altrettanto ed anche più occhiuta e dura di quella romana all’epoca di San Pio X e di Monsignor Umberto Benigni contro i modernisti di allora …

 

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

 

lupus et agnus

Ad rivum eundem Lupus et Agnus … [dalle favole di Fedro]

Ci diciamo spesso che abbiamo bisogno di buoni teologi, in una situazione come quella attuale, nella quale i danni maggiori alle anime e alla Chiesa sono causati proprio dai cattivi teologi. È però talmente forte, seducente ed insidioso l’influsso ed il potere di questi teologi, che anche il buon cattolico, che ama la verità e non desidera altro che seguire il Vangelo, la sana dottrina e il Magistero della Chiesa, trova difficoltà o è facilmente ingannato nella conoscenza dei giusti criteri di giudizio, di discernimento e di valutazione per saper riconoscere i teologi validi dagli impostori, dagli imbonitori e dai teologastri o, come direbbe Cristo, dai falsi profeti e dai lupi travestiti da agnelli [cf. ].

Benedetto XVI catechesi

il Sommo Pontefice Benedetto XVI durante una delle sue catechesi

Eppure, conoscere questi criteri non dovrebbe essere troppo difficile. Siccome tutti dobbiamo e possiamo salvarci, Dio, nei modi più diversi, non nega a nessun uomo di buona volontà la conoscenza della verità salvifica. Benedetto XVI ebbe a dire che, per distinguere i buoni dai cattivi teologi bisogna metterli a confronto col Catechismo, dove troviamo le verità fondamentali della fede. Infatti oggi gli errori di certi teologi sono talmente grossolani e madornali, che non si limitano come un tempo a sottili sofismi nati da disquisizioni di scuola, dove poi, tutto sommato, erano cose che capivano solo gli addetti al mestiere ed erano semplici opinioni di scuola, che non mettevano in discussione il dogma da tutti tranquillamente accettato, ma oggi gli errori intaccano tutte le verità fondamentali della fede, dagli attributi divini alla Santissima Trinità, ai dogmi della creazione, dell’esistenza degli angeli, della costituzione dell’uomo, del paradiso terrestre e del peccato originale, della grazia, della verginità di Maria, dell’Incarnazione, della Redenzione, della Resurrezione di Cristo, fino alla liturgia, alla morale naturale e soprannaturale, alla natura, origine e fini della Chiesa, all’escatologia, al valore dei miracoli e delle profezie, della stessa fede, della Tradizione, della Scrittura e del Magistero della Chiesa. Niente è risparmiato e tutto è messo in discussione, messo in dubbio o negato o falsificato.

Réginald Garrigou-Lagrange

una vignetta raffigurante il Padre Réginald Garrigou-Lagrange, OP

I pochi teologi competenti, dotti, sapienti, equilibrati, coraggiosi e fedeli al Magistero sono facilmente emarginati, diffamati, ignorati o addirittura perseguitati da un potere modernistico o rahneriano ormai affermatosi negli ambienti accademici e dell’autorità ecclesiastica, sicchè è ormai operante un’inquisizione modernista altrettanto ed anche più occhiuta e dura di quella romana all’epoca di San Pio X e di Monsignor Umberto Benigni contro i modernisti di allora, meno pericolosi di quelli di oggi, con la differenza che se un povero Padre Lagrange o Padre Juan Arintero o il Cardinale Andrea Carlo Ferrari erano sospettati ingiustamente di modernismo da parte degli ortodossi conservatori, oggi gli ortodossi, anche moderatamente progressisti, come i maritainiani, sono vessati e perseguitati da parte dei modernisti.

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il teologo domenicano Tomas Tyn

Al domenicano Tomas Tyn è toccata la stessa sorte. Docente negli anni Ottanta nello Studio Teologico domenicano bolognese, teologo dotto, zelante, coraggioso, generoso, tomista, fervente e fedelissimo al Magistero della Chiesa, metteva in guardia con molta energia e dovizia di argomentazioni contro gli errori serpeggianti sia nel campo dottrinale che in quello della morale: soprattutto modernisti, secolaristi, relativisti, comunisti, esistenzialisti, protestanti, idealisti e panteisti.

Padre Tomas sentiva un particolare interesse per i valori della tradizione cattolica, avvertiva la missione di ricordarli a coloro che li avessero dimenticati o trascurati, in quel clima di allora di scriteriato rifiuto del passato, che, come sappiamo bene, caratterizzò quegli anni agitati, rimasti nel nostro ricordo come periodo della “contestazione“, durante il quale, sotto pretesto del rinnovamento conciliare, molti stoltamente abbandonavano o mutavano valori sacri ed immutabili, che si sarebbero dovuti conservare. In quegli stessi anni, peraltro, a complicare le cose era sorto un movimento di cattolici per iniziativa di Monsignor Marcèl Lefèbvre, il quale riteneva a torto che le nuove dottrine del Concilio erano infette da modernismo, razionalismo, illuminismo, antropocentrismo, liberalismo ed indifferentismo. Il Concilio, quindi, secondo lui, aveva rotto con la Sacra Tradizione, proponendo novità dannose, che erano già state condannate dal Magistero preconciliare. La Chiesa aveva quindi, col Concilio, deviato dalla verità ed occorreva che vi facesse ritorno respingendo come false quelle dottrine. Tra le novità da lui condannate Lefèbvre poneva anche la Messa riformata promulgata da Paolo VI, sostenendo che l’unica Messa valida, la “Messa di sempre“, come la chiamano i lefebvriani, era quella precedente di San Pio V: per questo occorreva smettere subito con la nuova Messa e tornare all’antica.

Tomas Tyn 2

Tomas Tyn

Padre Tomas accolse con docilità la nuova Messa del Concilio, tanto che ogni giorno celebrava quella, sia in convento, sia alla domenica alla parrocchia bolognese di San Giacomo fuori le Mura, dove prestò servizio per 14 anni dal 1976 al 1989. Egli morì il 1°gennauo del 1990, ad appena 39 anni di età.

Egli non nascondeva la sua ammirazione per la Messa Tridentina, della quale esaltò la bellezza in una lunga lettera, che egli nel 1985 scrisse all’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Cardinale Joseph Ratzinger, che ci compiacque di inviargli una significativa risposta, nella quale egli dichiarava il suo accordo [1]. Questo costituì certamente la condizione che permise a un certo punto, nel medesimo anno, al Cardinale Giacomo Biffi, Arcivescovo di Bologna, di far sì che il priore del convento bolognese chiedesse a Padre Tomas Tyn di celebrare settimanalmente in convento in forma privata la Messa Tridentina per un gruppo di fedeli, che in precedenza si erano rivolti al Cardinale, cosa che il Padre fece fino a che non lasciò Bologna nel 1989 colpito dalla malattia, che lo condusse alla morte.

Tomas Tyn

Tomas Tyn

Padre Tomas fu un tradizionalista, ma nel senso lodevole della parola, come attenzione preferenziale ai valori della tradizione, più che a quelli del nuovo o del progresso. Già la sua simpatia per la Messa Tridentina può farci congetturare una cosa del genere. Nulla aveva però da spartire col tradizionalismo lefebvriano, benchè alcuni, soprattutto dell’ambiente modernistico o spregiatore della tradizione, disinformati, per interesse o in mala fede lo abbiano scambiato per un lefebvriano.

Infatti in che consiste il lefebvrismo? Nella convinzione che col Concilio Vaticano II la Chiesa, infettata dal modernismo, ha insegnato, sotto pretesto di “pastoralità“, dottrine false su se stessa e dannose circa il rapporto col mondo moderno, venendo meno al suo compito di custode della sacra Tradizione. I lefevriani riconoscono la validità e legittimità del Concilio, ma, benchè di fatto emani delle dottrine, che essi rifiutano come false, lo considerano soltanto pastorale e, poiché nella pastorale la Chiesa non è infallibile, credono che insegni dottrine errate o che possono essere errate. I lefebvriani non vedono nel Concilio un testimone, ma un traditore della Tradizione. Essi non comprendono che il Concilio ha portato un progresso nella Tradizione, conformemente a quanto il Concilio stesso insegna sulla Tradizione, laddove dice che essa “progredisce” e “cresce” la conoscenza delle verità rivelate, che essa ci trasmette [2], contenute anche nella Sacra Scrittura, per cui essa è esplicitazione e complemento di quanto è contenuto nella Sacra Scrittura, entrambe, quasi a formare una sola cosa (“in unum coalescunt“), una sola Parola di Dio, fonti entrambe della divina Rivelazione custodita ed interpretata infallibilmente dal Magistero della Chiesa.

libro su tyn cavalcoli

il libro dedicato da Giovanni Cavalcoli a Tomas Tyn

Nulla di queste idee lefebvriane in Padre Tomas, che se, come ho detto, mostra una particolare attenzione per la Tradizione, non ha alcuna difficoltà a vederla confermata, continuata e progredita negli insegnamenti del Concilio e del seguente Magistero della Chiesa. Padre Tomas, al contrario dei lefebvriani che pretendono di trovare errori nelle dottrine del Concilio, non osa mai rivolgere alcuna critica alle dottrine del Concilio, ma ne fa solo le lodi, pur precisando che vanno dovutamente interpretate e mettendo in guardia dalle cattive interpretazioni o strumentalizzazioni operate dai modernisti.

Padre Tomas, forte della sua fede solidissima e teologicamente ferrata, si accorge benissimo con acuta lucidità e fine discernimento di tomista, reagendo con estrema tempestività ed energia ed una critica inesorabile, dell’indisciplina, delle imposture e delle deviazioni teologiche, che pullulano ai suoi tempi, le quali coprono slealmente i loro inganni con l’autorità del Concilio e si guarda bene dal lasciarsi gabbare dalla calunnia dei lefevriani, che vorrebbero trovare la causa di quelle deviazioni nello stesso Concilio.

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Tomas Tyn, in alto a destra, con un gruppo di confratelli nel convento di Bologna

Padre Tomas, con questa sua franchezza e parresia, col suo distribuire a piene mani l’acqua della sapienza e con la sua battaglia contro i falsari e i nemici della fede, «sasso d’inciampo» [Rm 9,33] e «pietra di scandalo» [I Pt 2,8], non poteva non creare attorno a sè due opposti schieramenti l’uno contro l’altro armato: da una parte, una folla di ammiratori e devoti, non solo credenti, ma anche semplici persone di buona volontà, che egli peraltro guidava ed aiutava con la sua carità sacerdotale ed alta prudenza pastorale, soprattutto tra i poveri e gli umili, ma anche in ogni ambiente sociale ― arrivava dappertutto con la intensissima attività apostolica ― ; e l’addensarsi progressivo delle nuvole temporalesche di coloro, soprattutto negli ambienti culturali di sinistra ma anche di destra, modernisti, farisei, massoni, comunisti, protestanti, carrieristi, opportunisti e via discorrendo, sempre più irritati per le sue parole di fuoco che pungevano nella loro coscienza. Ma la tempesta doveva scoppiare dopo la morte.

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Tomas Tyn

Un tema fondamentale della speculazione tyniana è quello della libertà [3], che dev’essere fondata sulla verità, regolata dalla legge morale, soprattutto della carità, libertà come padronanza della persona sui propri atti, libertà come principio di giustizia, libertà come primato della persona sul bene comune e quindi rifiuto di ogni totalitarismo di destra o di sinistra, ma anche e soprattutto, come direbbe Sant’Agostino, «libertà sotto la grazia».

In ciò potremmo fare un collegamento di Tyn col Padre Giorgio Callegari, domenicano di origine veneziana, che alla fine degli anni Sessanta in Brasile, insieme con altri, lottò e sofferse per la liberazione delle classi popolari da un regime tirannico, che ipocritamente si diceva cattolico e vedeva il comunismo nel solo fatto di lottare per la giustizia sociale.

giorgio callegari

il domenicano Giorgio Callegari

Padre Tomas conobbe invece il volto crudele e disumano del comunismo, sicchè anche lui lottò e sofferse per la libertà, e mentre Padre Callegari, calunniosamente accusato di essere comunista, lottava per il mutamento delle condizioni sociali, la lotta di Padre Tomas Tyn, scambiato per un fascista e un lefebvriano, fu quella di smascherare le radici hegeliane dei totalitarismi di destra e di sinistra, ultima propaggine di quell’immanentismo luterano che, dopo aver strappato il Vangelo alla Chiesa, ed averlo consegnato nelle mani dello Stato, poneva le basi per quella divinizzazione dello Stato, che nel secolo XX si sarebbe rivelata nel nazismo e nel comunismo.

Due domenicani uniti nel medesimo ideale della verità, della giustizia e della libertà, benchè così diversi per il reciproco contrasto dei climi sociali e storici nei quali vissero. Padre Tyn dev’essere liberato dall’etichetta di lefevriano impostagli dai modernisti, mentre Padre Callegari da quella di comunista appioppatagli dai ricchi. La fama di santità deve sempre aprirsi faticosamente la strada tra i malintesi, le calunnie e le menzogne che vorrebbero arrestare l’avanzata inarrestabile dei testimoni del Vangelo.

Tomas Tyn Marinella Montanari

Tomas Tyn in un disegno di Marinella Montanari

Successivamente nei primi anni del 2000, Dio ha concesso alla Chiesa un grande dono della sua grazia al fine di far risplendere ancora di più a beneficio di tutta la Chiesa, quella luce che Padre Tomas aveva già sparso durante la sua vita terrena tra coloro che egli aveva incontrato, familiari, fedeli della Chiesa di Bologna e di altri luoghi, confratelli, penitenti, amici e nemici, persone di ogni ceto e condizione, credenti e non credenti, specialmente sofferenti ed assetati di verità, di giustizia, di libertà e di santità.

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la tomba di Tomas Tyn

Così i Domenicani Cechi, agli inizi del 2000, si fecero promotori della Causa di Beatificazione di Padre Tyn, non solo per la sua fama di santità colà giunta, ma anche, e fu la cosa decisiva, per la sopraggiunta notizia o scoperta del voto che egli aveva fatto al momento della sua ordinazione sacerdotale nel 1975 e da lui tenuto segreto, di offrire la sua vita sotto la protezione della Madonna per la liberazione della sua patria dall’oppressione comunista. Ora, Dio volle che Padre Tomas morisse proprio il 1°gennaio del 1990, al termine di una breve e dolorosissima malattia, allorchè il presidente della Repubblica, Vaclav Havel, inaugurò nell’esultanza dell’intera nazione, il nuovo governo. In quell’occasione, venendosi ormai pubblicamente a sapere del voto di Padre Tomas, egli fu subito innalzato al rango di eroe nazionale, tanto che quella stessa Televisione di Stato che fino a pochi mesi prima era organo del partito comunista, esaltò l’eroica testimonianza di Padre Tyn.

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il Servo di Dio Tomas Tyn e la sua immagine scelta dall’ufficio della postulazione per la causa di beatificazione

Il pensiero del Servo di Dio si può qualificare innanzitutto come genuinamente, schiettamente e totalmente cattolico e più precisamente tomista, data la sua assoluta adesione alla dottrina della fede, interpretata, insegnata e custodita dal Magistero della Chiesa. In tal modo, come spesso ribadisce il suo studioso Gianni Battisti [4], è possibile trovare nel pensiero di Tyn che cosa significa esattamente quell’essere cattolico, così come è definito dalla Chiesa Cattolica [5], nome che oggi è equivocato, strumentalizzato, falsificato e bistrattato in mille modi col creare un’enorme confusione, danno alle anime e discredito al nome cattolico, col quale si fa passare ogni tipo di impostura e di eresia. Ma nulla impedisce che, volendo ulteriormente precisare questo cattolicesimo di Tyn, esso possa essere qualificato come “tradizionalista“. E’ però su questo punto che sono sorti e si sono accaniti i più odiosi, ostinati e nefasti equivoci e malignità sul conto del teologo, dato che alcuni cattolici, legati al lefevrismo, hanno tentato, benchè invano, di fare di Padre Tomas uno dei loro; mentre altri, di orientamento modernista e sono la maggioranza, oltre a disporre nella Chiesa di un forte potere, tentano di screditare Padre Tomas presentandolo o facendolo passare appunto come lefevriano o filolefevriano. Ma l’operazione disonesta di questi ultimi consiste nel fatto che essi condannano in blocco come “tradizionalista” chiunque non è modernista o “progressista“, come essi, per darsi una patente di legittimità, si autoproclamano, confondendo in un unico appellativo disonorevole il tradizionalismo legittimo, come è appunto quello di Tyn, col tradizionalismo scismatico dei lefevriani.

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a sinistra il Cardinale Carlo Caffarra, al centro Giovanni Cavalcoli presso il Convento San Domenico di Bologna in occasione della apertura della causa di beatificazione di Tomas Tyn

Nonostante i reiterati tentativi dei testimoni e degli attori del processo di beatificazione aperto nel 2006 a Bologna dal Cardinale Carlo Caffarra, di strappare queste erbe velenose, esse hanno allignato tra la gente e i fedeli, fino al punto da porre ostacolo al proseguire del processo, la cui fase diocesana era quasi terminata, per cui il materiale testimoniale era quasi pronto per essere inviato a Roma presso la Congregazione per le Cause dei Santi al fine di condurlo a termine. Così, appare urgente un intervento delle autorità competenti e di tutti i devoti del Servo di Dio per dare alla Causa un nuovo impulso, considerando che la sublime dottrina e il fulgido esempio di Padre Tyn, per il loro equilibrio, il coraggio e la sapienza, potrebbero svolgere un ruolo preziosissimo nella diffusione della verità, nella confutazione degli errori, nella promozione dei buoni costumi nei singoli e nella società, nel favorire la giustizia e la comunione ecclesiali e nel far opera di pace, col conciliare i partiti avversi, di destra e di sinistra, che oggi, con la loro fanatica presunzione ed intransigenza, stanno straziando la Chiesa e la paralizzano nel suo compito di evangelizzazione del mondo.

il Cardinale Carlo Caffarra durante l’apertura del processo di beatificazione di Tomas Tyn

La cosa sommamente auspicabile è pertanto che la Causa di Tyn possa progredire per un coraggioso e deciso intervento dei suoi sostenitori, dei devoti, dei discepoli e degli studiosi di Padre Tyn, sparsi in Italia, in Repubblica Ceca e nel mondo, dalla Germania, alla Francia, alla Spagna, agli Stati Uniti, all’Austria, alla Svizzera, alle Filippine, all’Ungheria, alla Slovenia, al Messico, al Brasile, all’Argentina, all’Albania, a Malta. Questa contrapposizione di forze è uno dei segni più macroscopici del guaio più grave della Chiesa di oggi, ossia l’assolutizzazione e l’ideologizzazione dei due partiti opposti dei lefevriani e dei modernisti, che, arrogatisi al posto del Papa la funzione di censori della Chiesa, si condannano e si escludono a vicenda, come se si trattasse di separare gli empi dai giusti. Non c’è dubbio che queste categorie hanno valore, essendo usate dalla Bibbia stessa, la quale però non li usa assolutamente in quel senso meschinamente fazioso, ma solo in relazione all’obbedienza o alla disobbedienza a Dio, dove nei singoli casi è prudente astenersi dal giudicare. Ma il guaio che ci affligge è la stoltezza con la quale queste categorie vengono usate da questi due partiti, che le riducono alla loro visione parziale, unilaterale e faziosa. Tali categorie hanno senso solo in relazione a chi serve Dio e a chi Lo odia; cosa non facile da giudicare nei singoli casi. Da qui la stoltezza e la temerarietà di usarle solo in riferimento al proprio partito, oltre a ciò inficiato da idee sbagliate ed eterodosse.

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Tomas Tyn

Il cattolico come tale, come pose bene in luce Antonio Livi nell’Isola di Patmos [vedere QUI], non è nè progressista nè tradizionalista, ma semplicemente cattolico senza aggettivi; è al di sopra dei partiti. “Cattolico” vuol dire “universale”: che cattolico sarebbe uno che è parziale? Salvo che non si tratti di specificazioni che non c’entrano con le verità di fede, ma aggiungono al cattolico qualcosa di accidentale, come sarebbe per esempio distinguere il cattolico francese da quello italiano o il cattolico giovane da quello adulto. Ridurre invece, come fanno lefevriani e modernisti, l’essere cattolico alle ristrette dimensioni della loro corrente, è offendere la sacralità e l’universalità del nome cattolico. Nessun problema qualificarsi come tradizionalista o progressista: è cosa del tutto lecita e normale, a patto però che ciò avvenga entro l’alveo dell’ortodossia e della comunione con la Chiesa e il Sommo Pontefice, come espressioni accidentali, modali e contingenti di legittimi diversi modi di vivere il proprio cattolicesimo, nel rispetto e nella collaborazione con la tendenza opposta, dato che di per sè l’una e l’altra sono fatte per integrarsi reciprocamente ed assieme servire la Chiesa.

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Tomas Tyn

Un’altra cosa da notare. I contenuti della teologia vanno soggetti nella storia ad un continuo approfondimento e chiarimento, grazie alle ricerche del teologo. Per questo esiste una teologia tradizionale, che esprime e commenta i dati già acquisiti, per esempio dei grandi maestri come Tommaso d’Aquino; ed una teologia nuova o innovatrice, che presenta i risultati delle indagini più recenti, spesso solo opinabili o ipotetici, quindi discutibili, e che possono anche essere errati. Il teologo, in linea di principio, ha questo duplice compito: commentare i dati tradizionali, già acquisiti, magari esponendoli con un linguaggio moderno; e dedicarsi alla ricerca o alla formulazione di nuove teorie o interpretazioni, naturalmente sulla solida base di quelle già acquisite. Il teologo più interessato al progresso, potrebbe esser chiamato “progressista“, ma che niente però ha a che vedere con “modernista“, che è un falso modo far progredire ed ammodernare la teologia.

Tomas Tyn bambino

immagine di Tomas Tyn bambino

Padre Tomas preferì dedicarsi all’esposizione delle dottrine tradizionali, senza che per questo egli disprezzasse affatto le nuove, che si presentavano come sviluppo o esplicitazioni delle dottrine del Concilio. Ad esse infatti prestava attenzione e non ha mancato egli stesso di dare nuovi contributi per esempio al progresso della metafisica o alla dottrina della grazia e della libertà in rapporto alla psicologia. Ad ogni modo e in nel senso suddetto può essere qualificato come teologo tradizionalista qualifica, della quale egli era consapevole e della quale si vantava.

Rivisitare con Padre Tyn i contenuti della Tradizione, così come ci sono lasciati ed emergono dal Magistero della Chiesa, a cominciare dalla tradizione apostolica sino al Magistero di Papa Francesco, è un esercizio salutare di ortodossia cattolica, che corregge il concetto lefevriano di tradizione, bloccato all’epoca del Concilio, mostrando come il progresso postconciliare nella conoscenza della Parola di Dio, sotto la guida della Chiesa, è l’esperienza più autentica oggi della Sacra Tradizione.

Varazze, 7 settembre 2015

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NOTE

[1] La corrispondenza tra Padre Tyn e il Cardinale è pubblicata nel mio libro Padre Tomas Tyn. Un tradizionalista postconciliare, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2007.
[2] Cost.Dogm. Dei Verbum, n.8.
[3] Cf. L’antologia di suoi scritti sulla libertà in La liberazione della libertà, a cura di G.Cavalcoli, Edizioni Fede&Cultura, Verona 2008.
[4] Cf Prestazione a T.Tyn, La Forza della verità. Lezioni di teologia, Diffusione Editoriale Umbilicus Italiae, Rieti 2012.
[5] Vedi il Catechismo della Chiesa Cattolica.

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Conferenza di Padre Tomas Tyn “La virtù della religione

 

 

Da “imago Dei” ad “imago net”. La prossima volta il Santo Padre acquisterà zucchine in Campo dei Fiori?

DA IMAGO DEI  AD IMAGO NET.  LA PROSSIMA VOLTA IL SANTO PADRE ACQUISTERÀ ZUCCHINE IN CAMPO DEI FIORI?

 

L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio ha voluto ribellarsi a Lui facendosi egli stesso dio, ed oggi, invece di inginocchiarsi davanti al proprio Creatore, si inginocchia non più neppure davanti agli idoli, ma si prostra direttamente a terra davanti alle fotocamere digitali, rinunciando totalmente a vivere il presente ed a proiettarsi in una prospettiva futura, come se dal linguaggio filosofico e teologico del nostro agonizzante mondo fosse sparita la parola escatologia, per lasciare spazio a tutt’altri quesiti e scopi: … e domani, che cosa m’invento, per stupire ancora? Oppure: oggi ho dato la dose quotidiana ai mass-media andando dall’ottico, ma domani sarò costretto ad umentare la dose. Se quindi facessi un salto al mercato della frutta in Campo dei Fiori a comprare due zucchine sotto la statua di quel “sant’uomo” di Giordano Bruno?

 

Autore Jorge A. Facio Lince

Autore
Jorge A. Facio Lince

imago dei

… mai come oggi l’uomo è stato impegnato a deturpare il proprio essere creatura creata a immagine somiglianza di Dio

L’espressione di Sant’Agostino imago Dei o imaginem Dei [II sent. d.16 a.1, q.1], oggi dovrebbe essere oggetto di riflessioni approfondite, visto il sovvertimento sociale in corso che sembra averla mutata ormai in imago net. Per questo mi risuona nelle orecchie una celebre espressione di San Tommaso d’Aquino: agere sequitur esse [l’agire segue l’essere], principio che sta a fondamento dell’etica tomista. Per San Tommaso, dall’essere discende di necessità il dover-essere. Ciò che infatti esiste ha una propria natura ontologica che condizionerà l’agire dello stesso ente, nel caso dell’uomo l’agire morale. L’uomo, in quanto creatura creata da Dio e quindi creatura di Dio non si limiterà a possedere la caratteristica ontologica di semplice creatura, perché sarà tenuto ad avere anche un comportamento morale consono e a suo modo conseguente al dover-essere che lo porterà ad aspirare alla perfezione ultra terrena. Per San Tommaso l’essere vuol dire atto di essere [esse ab actu essendi] ossia azione, attualità. Nell’ottica tomista ogni cosa esiste per mettere in atto azioni, ed in questo modo l’essere coincide con l’azione nel suo compimento finale.

Valeria Lukyanova barbie

Il futuro che ci attende? la modella Valeria Lukyanova fotografata con la bambola Barbie, alla quale è giunta a somigliare …

In questi giorni si compiono circa dieci anni da quando la modella ucraina Valeria Lukyanova è divenuta famosa in tutto il mondo per la sua somiglianza naturale o creata artificialmente con la celebre bambola Barbie. Per molti di coloro che come me sono cresciuti guardando la pubblicità di questo giocattolo e vedendo le bambine giocare con questa famosa bambola, è sempre stato vivo il quesito di come sarebbe questa bambola se fosse una persona reale.

La prima impressione che abbiamo vedendo le immagini di questa donna è: «Ma è vera?». E ancòra: «Come ha fatto … è tutto frutto della magia del computer?». Poi, dopo la prima impressione, comincia a prendere campo un giudizio negativo dato dal fatto che si tratta di una persona totalmente falsificata, o come si è oggi soliti dire: tutta rifatta. In altri potrebbe invece sorgere un senso di compiacimento nel vedere realizzato in carne e ossa un giocattolo col quale si è cresciuti. Nell’uno e nell’altro caso la curiosità spinge quasi morbosamente a cercare più immagini e dati della modella che suscita tutta una serie di emozioni e reazioni a catena nel mondo del cyberspazio che l’ha resa famosa.

Valeria Lukyanova in costume

Il futuro che ci attende? La modella Valeria Lukyanova posa in costume da bagno al mare con il suo corpo  trasformato nella bambola Barbie

Se la fama di questa modella fosse frutto di una campagna pubblicitaria della stessa Compagnia Mattel avrebbe un senso, soprattutto considerando che oggi più che mai nel mondo della pubblicità come in quello della moda gli slogan si reggono anche sulle componenti della aggressività, della trasgressività, dello sconvolgimento o del totale capovolgimento del dato reale. Perché questo è il pianeta nel quale è nata e si è accresciuta la fama di questa modella attraverso scatti fotografici e video filmati che hanno fatto il giro del mondo attraverso le reti sociali [vedere QUI, QUI, QUI]. E oggi i social network sono diventati molto più di una parte fondamentale della comunicazione dell’uomo, in particolare delle nuove generazioni; per molti sono infatti l’unica forma di espressione.

Mai come prima, chi è in possesso di un computer, di un Table o smartphone ha la possibilità di trovare tutto quanto gli serve in materia di informazione; ed ha pure la possibilità di esprimere i propri giudizi verso qualsiasi cosa. Il progresso tecnologico è talmente elevato che ormai non abbiamo bisogno di argomentare le nostre scelte, perché con un semplice “mi piace” su Facebook ed un tweet su Twitter tutto è fatto. Possiamo quindi trascorrere il tempo a commentare tutto e il suo esatto contrario con un pollice in giù o in su, con un cuoricino o una emoticon.

I mezzi telematici — che potrebbero essere un mezzo straordinario di comunicazione e di diffusione della conoscenza e della cultura, ma anche della pastorale — sono divenuti invece degli strumenti di autentico annichilimento, a volte delle ghigliottine, dei mondi paralleli che si antepongono in modo distruttivo al reale; un “reale” ormai ridotto all’immediato, come se non ci fosse mai stato un “prima” e non ci fosse un “dopo”. Mondi retti interamente su delle istantanee che richiedono un aggiornamento continuo sia da parte di chi vuole essere al centro dell’attenzione sia da parte di chi vuole essere al corrente in ogni istante della sua giornata. Dopodiché comincia una nuova giornata, nella quale non si ha neppure ricordo della giornata precedente e non si tiene in alcuna considerazione la giornata futura che a breve seguirà e nella quale sarà necessario “alzare il tiro” della sorpresa e quindi dello stupore. In uno dei nostri quotidiani colloqui privati il Padre Ariel S. Levi di Gualdo mi disse tempo fa che «la storia procede così velocemente attraverso i suoi criteri sempre più anti-storici che a volte si ha quasi l’impressione di non averla mia vissuta, non avendo ormai più il tempo materiale per elaborarla, ma quel che è peggio: di viverla».

jorge affogamento

il nuovo popolo …

Questo aggiornamento immediato è diventato un archetipo di condotta in tutti i sensi, non solo nel mondo virtuale, perché esso si sta sempre più imponendo nelle sfere più disparate: nel politico come nel religioso e nel pastorale. Lo scopo pare essere quello di diventare “famoso” o di avere un ruolo e un gruppo di persone che ti seguono, trovando in tal modo la ragione stessa del proprio essere, lo scopo del proprio vivere ed esistere.

Le reti sociali non sono solo le platee di auto-esposizione, ma anche le corti di assise che formulano giudizi seguendo la “legge” dettata dalle statistiche del successo o dell’insuccesso personale; una trappola nella quale cadono anche i nostri Pastori che paiono a volte più preoccupati di piacere al mondo che a Gesù Cristo, il tutto con un aggravante: il mondo al quale desiderano piacere non ha corpo e non ha anima, è un mondo reso tale e quale è proprio perché privo di Gesù Cristo.

Il mondo virtuale produce inevitabilmente una realtà virtuale

Ogni soggetto che entra in questo circolo virtuale è costretto prima o poi ad assumere precise e variabili forme di comportamento e di espressione che tendono di per sé a mutare, perché la permanenza nel successo si regge sul principio dell’aggiornamento continuo; è quindi necessario offrire elementi di “stupore” sempre più alti ed a dosi sempre più massicce. Proprio come la modella ucraina che si è sottoposta ad un processo di continua mutazione e che a questo punto potrebbe essere chiamata la “nuova Eva”, o il prototipo del nuovo mondo futuro che non sta affatto arrivando, ma che si è già impossessato del reale tramite la forma virtuale.

Questo aggiornamento istantaneo non solo coinvolge il mondo dello spettacolo – che ormai non è solo il cinema, il mondo del costume o dalla televisione –, perché, come dicevo prima, esso condiziona tutti gli ambiti sociali, politici, scientifici e religiosi. Inutile dire quali pericoli questo può comportare: non solo la perdita dei valori e delle leggi che per l’intero corso della storia hanno retto le civiltà; non solo per la perdita di una concezione della vita, del tempo e delle stesse relazioni con gli altri, perché questa via porta ad un conseguente e totale svuotamento dell’uomo nel suo agire, nel suo essere e nel suo stesso ruolo umano di creatura creata a immagine e somiglianza del Dio vivente [cf. Gen. 1, 26-27].

jorge mi piace

la nuova schiavitù del «like», mi piace …

L’aggiornamento istantaneo ― che è la negazione della teologia del corpo di San Paolo Apostolo [Cf. Col. 1,18] e del cristiano che diventa immagine viva di Cristo [Cf. Rm 8,28; I Cor. 15,49; ] ― impone di accontentare sempre un mondo lontano che di rigore è senza corpo e senza capo, reso anonimo e nascosto dietro a una schermata sulla quale vengono proclamati simboli di piacimento o di non gradimento destinati a fare numero. Infine sarà indicato con un clik che cosa fare per meglio piacere, generando in tal modo il pericolo che siano presto imposte idee sbagliate a tutto campo, ma soprattutto che finisca con l’essere imposto uno stile che porterà gli uomini del vicino futuro ― in qualsiasi ruolo sociale, politico o religioso essi si trovino ― ad una drammatica scelta obbligata: essere simili ai loro predecessori, oppure superare quel limite imposto grazie al quale oggi non si è più neppure in grado di distinguere il ridicolo dall’inverosimile?

Questo il vero e ultimo capovolgimento di Dio, della sostanza reale e dell’uomo; un capovolgimento che blocca tutto in una istantanea temporale che non dura più tempo di quello dello scatto del flash delle fotocamere. Oggi, un Pilato fantasma senza corpo e anima, parlando da un luogo imprecisato della rete telematica a una massa senza capo e senza coda avrebbe finito col porre lo stesso quesito: «Chi volete che vi liberi, Barabba o Gesù detto Cristo?» [cf. Mt. 27,16-26]. Lascio ai lettori valutare la risposta che in tale caso finirebbe con l’essere urlata “democraticamente” dal cyberspazio ...

3 settembre 2015, il Santo Padre Francesco fa un’improvvisata in un negozio di ottica per cambiare le lenti agli occhiali

L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio ha voluto ribellarsi a Lui facendosi egli stesso dio, ed oggi, invece di inginocchiarsi davanti al proprio Creatore, si inginocchia non più neppure davanti agli idoli, ma si prostra direttamente a terra davanti alle fotocamere digitali, rinunciando totalmente a vivere il presente ed a proiettarsi in una prospettiva futura, come se dal linguaggio filosofico e teologico del nostro agonizzante mondo fosse sparita la parola escatologia, per lasciare spazio a tutt’altri quesiti e scopi: … e domani che cosa m’invento per stupire ancora? Oppure: oggi ho dato la quotidiana dose di stupore ai mass-media andando dall’ottico a cambiare le lenti, ma domani sarò costretto ad aumentare la dose; se quindi facessi un salto al mercato della frutta in Campo dei Fiori a comprare due zucchine sotto la statua di quel “sant’uomo” di Giordano Bruno?

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TV2000 sta forse già tastando il terreno al mercato della frutta in Campo dei Fiori?

Domenico Giani, angelo custode di “Papa Cecco” visto da una “divota vecchiaccia toscana”

DOMENICO GIANI, ANGELO CUSTODE DI PAPA CECCO VISTO DA UNA DIVOTA VECCHIACCIA TOSCANA

 

Domenico Giani è dal 2006 capo dei servizi di sicurezza della Città del Vaticano. Cinquantenne, toscano nato nella bella Arezzo e con una notevole carriera alle spalle nella Polizia di Stato e nei servizi di sicurezza della Repubblica Italiana [vedere QUI, QUI, QUI, QUI]. Dal marzo 2013 è forse uno degli uomini meno invidiati al mondo. Pochi, in questo momento vorrebbero trovarsi al posto suo a gestire la sicurezza del Santo Padre in situazioni a volte ingestibili. Una mamma di Arezzo che potrebbe essere madre del comandante Giani, con trasporto materno ha voluto indirizzargli questa lettera in vernacolo toscano — o meglio in vernacolo aretino/chianaiolo — affidandola alla nostra Ipazia gatta romana per la pubblicazione sull’Isola di Patmos. Anche se non si tratta di un testo di carattere filosofico e teologico secondo l’usuale taglio della nostra rivista telematica, lo pubblichiamo ugualmente con un sorriso, non essendo questa lettera affatto priva di cristiano e materno buon senso.

 

Ipazia gatta romana

Autore                 Ipazia gatta romana

 

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