La commemorazione dei defunti e la società attuale: esiste ancora un’idea di necropoli cristiana nel suo aspetto ecclesiale?

Gli Autori ospiti dell’Isola di Patmos

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LA COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI E LA SOCIETÀ ATTUALE: ESISTE ANCORA UN’IDEA DI NECROPOLI CRISTIANA NEL SUO ASPETTO ECCLESIALE?

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Nella società contemporanea la morte è sempre più demonizzata, esorcizzata mediante la costruzione di veri e propri quartieri “dormitorio” che attraverso la realizzazione di “colombari” tutti uguali tra loro, degli enormi palazzoni con ascensori, il cui meccanismo sembra turbare il sonno dei defunti, dove si colgono gli aspetti più devastanti e tristi di una solitudine disumana, reflusso di un meccanismo societario ormai più votato alla serialità che alla sostanza o alla voce del cuore.

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Autore Licia Oddo *

Autore
Licia Oddo *

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Καὶ πάλιν ἐρχόμενον μετὰ δόξης
κρῖναι ζῶντας καὶ νεκρούς,
οὗ τῆς βασιλείας οὐκ ἔσται τέλος [1]

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Risurrezione del Cristo (1966) nella pittura di Quirino De Ieso [tempera, cm.50X35)

Gesù ci dice: «Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna» [cf. Gv 5, 28-29]. Ed ancora Gesù disse in un brano precedente: «I morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che avranno prestato ascolto vivranno» [cf. Gv 5, 25]. Per seguire con l’Apocalisse nella quale è scritto: «Coloro che “prestano ascolto”, o ubbidiscono, alle istruzioni che ricevono dopo essere stati risuscitati avranno i loro nomi scritti nel “rotolo della vita”» [Ap 20, 12-13].

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Cratere di Eufronio, raffigurante ypnos e thanatos, il sonno e la morte [Museo etrusco-romano di Cerveteri]

Il sonno della morte rende l’uomo un’entità impotente, muta di fronte all’inesorabile accadimento scientifico e razionalistico, ma fortunatamente consolatorio per la memoria umana che esprimendosi attraverso sia i carmina, l’epigrafe, sia la rappresentazione artistica soccorre alla perpetuazione dell’identità individuale di ciascuno di noi. Così come ci avvisa l’Evangelista Giovanni, con le parole di Cristo, la persona defunta, deve essere riconosciuta tale, con il proprio bagaglio culturale, la propria esperienza, con una propria missione, mediante “la celebrazione funebre o in suffragio” ovvero il ricordo assicurato dall’epitaffio; per poi essere infine, la morte, sconfitta da Cristo Risorto attraverso il riconoscimento della vita eterna, tramite quella resurrezione del corpo che ci rende partecipi alla risurrezione del Cristo.

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Sergio Alessandro Ughi, 1981: Partita a scacchi con la morte [Collezione Cassa di Risparmio di Ferrara]

Il monito dell’Evangelista Giovanni è chiaro: il vissuto dell’uomo non può essere dimenticato per quella moltitudine di scritti, manufatti, lavori di più vasto e vario genere sia intellettuali che artigianali che siamo abituati ad apprezzare o meno attraverso libri, giornali, città vere e proprie, che rivelano oltre alla mente, la presenza di un’anima e che oggi gli stessi mezzi di comunicazione, invenzioni e strumentazioni tecnologiche ne rendono quasi perfetta la stessa esistenza terrena. Ma siamo così troppo concentrati a vivere questa vita che talvolta dimentichiamo persino di essere mortali. Quindi ci si chiede quanta ancora sia l’attenzione, l’interesse, la cura a che i propri defunti siano riconosciuti come uomini di straordinaria o meno attitudine, inclinazione, anche dopo aver vissuto questa vita mortale.  

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Eppure un tempo lontano l’uomo si premurava di conferir “giusta sepoltura” ai morti, soprattutto nella società greca testimoniata dai poemi omerici in cui l’angosciosa tensione di una mancata sepoltura inficiava il destino dell’anima, che poteva raggiungere la sua dimora definitiva nell’aldilà solo nel momento in cui il corpo avesse ricevuto gli onori e i riti di una degna sepoltura. Pertanto le cure nei confronti della custodia del cadavere erano pari a quelle dell’anima e funzionali al benessere di quest’ultima per garantirne il ricordo persino attraverso i secoli.

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Tomba etrusca Della Pietrera a Vetulonia, nella Maremma grossetana

Sin dalle origini della comparsa dell’uomo sulla terra, stili e modalità di sepoltura hanno contribuito alla continuità del “ricordo” funerario oltrepassando i confini del tempo, e il cimitero (dal greco κοιμητήριον luogo di riposo) quale luogo dell’eterno riposo, ha interessato ed interessa diversi aspetti della vicenda umana, dalla antropologia, alla storia dell’arte alla politica, alla società, finanche alla moda, per trovare conforto e motivazione al senso escatologico presente in ognuno di noi. La sepoltura, infatti, sin dall’antichità si è espressa nei modi più disparati attraverso forme e modi vari: dalla incinerazione alla inumazione, configurandosi strutturalmente mediante sarcofagi, tombe a grotticella artificiale, a tumulo, a cista, ad enchytrismos, simbolicamente legate alle varie credenze religiose pagane e pervenendo in epoca cristiana all’inumazione mediante cospargimento di oli sul corpo che veniva ricoperto dalla sindone (lenzuolo di lino).

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Basilica Sant’Isidoro, Leon (Castiglia), le tombe

L’unico spartiacque che ha da sempre distinto il modus sepolturae anche tra gli stessi cristiani riguarda la realizzazione di tombe, che siano state più o meno decorate a seconda delle possibilità economiche delle famiglie, o meglio talvolta istoriate delle vicende gloriose o distintive che in vita caratterizzarono il defunto, nella cornice dei differenti periodi storici. Non è certo trascurabile ancora, accennare al periodo bizantino tra IV e VI secolo, quando si procedette ad inumare personalità di spicco, alti prelati, o signorotti della città all’interno delle chiese, chiedendone l’intercessione ai martiri ivi sepolti, attraverso le cosiddette sepolture ad sanctos, un elemento talmente distintivo della società di allora che divenne persino una moda. Solo in epoca napoleonica, con il famoso Editto di Saint Cloud del 1804, esteso poi anche all’Italia, si vietarono costruzioni cimiteriali all’interno dei centri abitati, imponendone la collocazione extra moenia con lapidi tutte uguali collocate lungo la stessa cinta muraria.

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scorcio della necropoli di Pantalica (Siracusa)

Vere e proprie necropoli, calco delle città dei vivi si estenderanno fuori i centri abitati, caratterizzati da giardini, quasi immensi parchi lussureggianti di vegetazione e lapidi ivi piantate a mo di “steli” si, ma non floreali, bensì funerarie. Il cimitero viene considerato così un museo all’aperto, testimonianza della storia dell’identità di un popolo, simbolo della rappresentazione religiosa e sociale. Retaggio di quest’ultimo è il cimitero contemporaneo non più inteso come un tempo, semplicemente luogo dell’eterno riposo ma piuttosto oggi più che mai la tomba adempie alla funzionalità di una dimora per il defunto, abbellendone la morte, e procedendo ad una pianificazione del paesaggio necrofilo caratterizzato da cappelle di famiglia che assumono l’aspetto di vere e proprie case, in cui non esiste più solamente lo spazio dedicatorio alla memoria del compianto, ma si procede ad una celebrazione enfatizzata del ruolo economico sociale di colui che è scomparso.

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i colombari dei moderni cimiteri

Nella società contemporanea la morte è sempre più demonizzata, esorcizzata mediante la costruzione di veri e propri quartieri “dormitorio” che attraverso la realizzazione di “colombari” tutti uguali tra loro, degli enormi palazzoni con ascensori, il cui meccanismo sembra turbare il sonno dei defunti, dove si colgono gli aspetti più devastanti e tristi di una solitudine disumana, reflusso di un meccanismo societario ormai più votato alla serialità che alla sostanza o alla voce del cuore.

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«All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?», recitava Ugo Foscolo nel carme i “Sepolcri”, ed ancora Kafka, nei suoi Diari, reclamava: la morte è considerata «lato crudele del male è quello di una fine apparente che produce un dolore reale». Ma oggi cosa resta di questi due preziosi “moti dell’anima”? Se si è persino giunti a congelare le spoglie mortali attraverso un procedimento complesso di crio-fusione per dare vita mediante il meccanismo del ciclo generativo ad un vegetale, o ancora un’insolita agenzia di pompe funebri è in grado di produrre “diamanti della memoria” [Cf. QUI] in cui le ceneri umane vengono trasformate in pietre preziose da incastonare e portare a spasso per la velleità dell’essere umano.

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Cupola affrescata da Correggio nella Cattedrale di Parma, raffigurante la risurrezione dei morti

Qui di arte c’è ben poco, ma ancor meno di spirito, perché non si tratta più di contattare l’artista che realizzi il sepolcro marmoreo o ligneo concentrando tutte le sue energie nel disegno adorno di punzonature o bassi rilievi dal profondo significato iconologico, simbolico e spirituale, quindi riporlo nel mausoleo o nella cappella funeraria più elegante della necropoli. La morte è certamente sempre uguale, ma l’uomo tenta di esorcizzarla in ben altro modo, non conferendogli più il significato della memoria di colui che fu, così come da secoli si è abituati a ricordare, ma di colui che sarà, ossia un pezzo di minerale o un vegetale, privando ormai anche il prossimo del senso escatologico della morte stessa, legata ad una speranza che è una certezza di fede: «Credo nella risurrezione dei morti e nella vita del mondo che verrà», come recitiamo nella nostra Professione di Fede.

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* storica dell’arte

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NOTA.

[1] Et iterum venturus est cum gloria,
iudicare vivos et mortuos,
cuius regni non erit finis.

E di nuovo verrà, nella gloria,
per giudicare i vivi e i morti,
e il suo regno non avrà fine.

[ Simbolo di Fede Niceno-Costantinopolitano (381) ]

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1 commento
  1. ettore dice:

    Memento mori.
    L’Ecclesiaste recita: , “Vanitas vanitatum, et omnia vanitas”

    Le ultime opere di misericordia che la Chiesa raccomanda ai credenti sono:
    tra quelle corporali di ” seppellire i morti”
    tra quelle spirituali di “pregare per i vivi e per i morti”

    Al riguardo giova ricordare la recentissima istruzione “Ad resurgendum cum Christo”
    http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20160815_ad-resurgendum-cum-christo_it.html

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