il no del Sommo Pontefice Francesco I all’ammissione degli omosessuali nei seminari? il dramma della decadenza morale del clero nasce dalla mancanza di adeguata formazione, è così che finiamo poi col ritrovarci con un esercito di checche e checchine, dive e divine all’interno del corpo ecclesiastico

— Attualità ecclesiale —

IL NO DEL SOMMO PONTEFICE FRANCESCO I ALL’AMMISSIONE DEGLI OMOSESSUALI NEI SEMINARI? IL DRAMMA DELLA DECADENZA MORALE DEL CLERO NASCE DALLA MANCANZA DI ADEGUATA FORMAZIONE, È COSÌ CHE FINIAMO POI COL RITROVARCI CON UN ESERCITO DI CHECCHE  E CHECCHINE, DIVE  E DIVINE  ALL’INTERNO DEL CORPO ECCLESIASTICO

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il raccomandare di non ammettere un gay in seminario, come di recente ha fatto il Sommo Pontefice Francesco I, è solo la parte finale di un lavoro allo stato attuale impossibile da farsi, se prima non si va a colpire con ferro e fuoco certi vescovi e potenti cardinali. Contrariamente, dire ai Vescovi d’Italia riuniti in assemblea plenaria che non bisogna ammettere in seminario persone che siano anche e solo sospettate di tendenze omosessuali, sarebbe come andare a grattare con un cucchiaino da caffè la punta di un iceberg.

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Autori
Giovanni Cavalcoli, O.P – Ariel S. Levi di Gualdo

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… i toscani ed i romani, nel mistero della Redenzione sono soggetti ad un trattamento del tutto particolare, infatti, a prescindere dalle loro opere buone, semplicemente perché toscani e perché romani, vale a dire in quanto segnati da una macchia che si aggiunge al peccato originale, devono farsi rigorosamente duemila anni di Purgatorio [nella foto: locandina del celebre giornale satirico toscano Il Vernacoliere di Livorno]

Nel lontano anno 1935, il Sommo Pontefice Pio XI emanava una lungimirante enciclica sul Sacerdozio Cattolico [Ad Catholici Sacerdotii, vedere testo QUI], dove mette in guardia da quelle forme di devastante superficialità e di mancata assunzione di responsabilità da parte dei vescovi e dei formatori. A tal proposito indica quanto si debba rifuggire «quella falsa misericordia che diverrebbe vera crudeltà verso la Chiesa» e «verso il giovane stesso». A questo scopo, nella parte dedicata a «La scelta dei candidati», così scrive il Sommo Pontefice:

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«Ma tutto questo magnifico sforzo per l’educazione degli alunni del santuario poco gioverebbe se non fosse accurata la scelta dei candidati stessi, per i quali sono eretti e amministrati i Seminari. A tale scelta tutti devono concorrere, quanti sono preposti alla formazione del clero: i Superiori, i Direttori spirituali, i Confessori, ciascuno nel modo e nei limiti propri del suo ufficio, come devono con ogni impegno coltivare la vocazione divina e corroborarla, così con non minore zelo devono distogliere ed allontanare per tempo da una via, che non è la loro, quei giovani che si scorgono sprovvisti della necessaria idoneità e si prevedono quindi non atti a sostenere degnamente e decorosamente il ministero sacerdotale. E quantunque sia molto meglio che questa eliminazione si faccia fin dal principio, perché in queste cose l’attendere ed aspettare è insieme un grave errore e un grave danno, tuttavia qualunque sia stata la causa del ritardo, si deve correggere l’errore quando lo si avverte, senza umani riguardi, senza quella falsa misericordia che diventerebbe una vera crudeltà, non solo verso la Chiesa, a cui si darebbe un ministro o inetto o indegno, ma anche verso il giovane stesso che, sospinto così sopra una falsa via, si troverebbe esposto ad essere pietra d’inciampo a sé e agli altri, con pericolo di eterna rovina. Né sarà difficile all’occhio vigile ed esperto di chi presiede al Seminario, di chi segue e studia amorosamente ad uno ad uno i giovani a sé affidati e le loro inclinazioni, non sarà difficile, diciamo, accertarsi se uno abbia o no una vera vocazione sacerdotale» [supra, testo dell’Enciclica, QUI]. 

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I fatti scandalosi in crescita in vari Paesi del mondo dei quali sempre più si ha notizia, riguardo peccati commessi da chierici dediti alla pratica dell’omosessualità, od alle molestie sessuali che variano dalla efebofilia sino all’orrendo crimine della pedofilia, ci spingono a interrogarci su quali possono essere le cause di un fenomeno tanto aberrante e contra naturam.

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L’esistenza del concubinato nel clero è un fenomeno che percorre tutta la storia della Chiesa, sino ai giorni nostri, ma in questo caso parliamo però di un agire praeter naturam. Un problema, quello della doppia vita e delle relazioni più o meno occasionali od a volte anche stabili con donne, che ha investito le gerarchie ecclesiastiche sino ai più alti livelli. Particolarmente noto a livello storico è il caso di un Sommo Pontefice concubinario, Alessandro VI, al secolo Rodrigo Borgia. Come però dicevamo poc’anzi, in questo caso è però in gioco quello che è il rapporto sessuale fisiologicamente naturale, indubbiamente peccaminoso, ma praeter naturam. Riguardo Alessandro VI è bene chiarire che oltre alle leggende nere create prima dai luterani nel XVI secolo, in seguito quelle studiate a tavolino e poi diffuse dagli anticlericali affiliati alla nascente massoneria nel XVIII secolo, rimangono anche molti documenti straordinari, perché al di là delle sue innegabili condotte morali personali, questo Sommo Pontefice fu all’occorrenza un autentico difensore del depositum fidei, non a caso, la bolla Cum in principio del 1499 e la bolla Pastoris Aeterni del 1500 con le quali indisse l’Anno Santo, dando in esse precise indicazioni ai penitenzieri per l’acquisto della indulgenza giubilare, andrebbero lette in ginocchio e con le lacrime agli occhi.

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Ciò che invece si stenta a capire è come possa verificarsi la commissione di un peccato così grave come quello di sodomia, contro quel celibato ecclesiastico o voto di castità che si suppone esser stato desiderato, voluto, deciso e infine promesso solennemente e pubblicamente assieme all’impegno di osservanza usque ad mortem, il tutto liberamente e consapevolmente da parte di persone psicologicamente sane che hanno ricevuta una sana e regolare formazione sacerdotale e religiosa, dopo essere stati prudentemente vagliati e provati dai superiori responsabili della formazione.

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A questo quadro sconfortante c’è da aggiungere la domanda che sorge spontanea e ancor più drammatica sulla qualità dei formatori, dei docenti e degli educatori di queste persone, in primis dei vescovi, supremi moderatori e vigilanti circa la buona formazione dei loro sacerdoti, nonché la competenza e virtù dei docenti e degli educatori preposti alla loro formazione.

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Si deve infatti constatare, come abbiamo già più volte rilevato sulla nostra Isola di Patmos, che le radici profonde di questi peccati sessuali non possono non derivare dall’aver ricevuto una pessima e cattiva formazione, non basata sulle direttive del Magistero della Chiesa e sui veri maestri, ma su idee eretiche, o comunque su idee condannate dalla Chiesa, le quali propongono tra l’altro un falso concetto di Dio, dell’uomo, della fede, della grazia, della legge, del peccato, della Redenzione, della Chiesa, dei Sacramenti, del sacerdozio e dell’episcopato, come avviene per esempio nella teologia di Karl Rahner.

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Un altro fatto preoccupante, in questa vicenda, è l’atteggiamento inadeguato o imprudente dei vescovi che, o sono reticenti o minimizzano o coprono i misfatti o prendono provvedimenti inefficaci. Ma c’è di peggio: quando un corpo è invaso da metastasi e gli “oncologi” ― ovverosia i vescovi ed i formatori alla vita sacerdotale e religiosa ―, anziché bombardare le cellule cancerogene con la chemioterapia proteggono le cellule malate a danno di quelle sane, finisce con l’emergere negli spiriti retti quell’imperativo di coscienza in base al quale si è costretti a consigliare agli aspiranti al sacerdozio e alla vita religiosa di non entrare assolutamente in molti seminari e noviziati. E di questo noi siamo testimoni, a nostro modo anche protagonisti nella nostra veste di confessori e di direttori spirituali. Infatti, proprio nell’esercizio di questi delicati ministeri, ci siamo trovati più volte costretti a consigliare giovani profondamente sani e animati da autentiche vocazioni di non entrare in certe istituzioni, molte delle quali ridotte a degli autentici rifugi per omosessuali; oppure dagli omosessuali stessi direttamente gestite o indirettamente influenzate, quindi protette all’esterno dalla numerosa, devastante e potente lobby degli ecclesiastici condizionati da tendenze omosessuali o da una psicologia omosessuale — i cosiddetti gay friendly —, per causa dei quali stiamo assistendo ad una sempre più estesa omosessualizzazione del clero cattolico.

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Al riguardo, paiono plateali e dettate da grave leggerezza le dimissioni collettive dell’intero episcopato cileno a seguito dell’ennesimo scandalo in Cile. Lodevole è stata la lettera con la quale i vescovi hanno espresso pentimento, volontà di rimediare e ringraziamento al Sommo Pontefice Francesco I per la paterna attenzione che egli ha riservato alla vicenda. Tuttavia occorre però osservare che un vescovo può rinunciare alla cattedra episcopale perché conscio di colpe gravissime o perché avverte con certezza la propria sopraggiunta incapacità a continuare a svolgere convenientemente il suo ufficio. Lo stesso Sommo Pontefice Benedetto XVI, in quest’ottica, ha fatto atto di rinuncia alla Cattedra di Pietro. Pero, che un intero episcopato formato da 34 vescovi — per quanto abbia avvertito il proprio coinvolgimento nello scandalo diffuso e protrattosi per molti anni —, giunga all’inaudita gravissima decisione di dimettersi in blocco, con una compattezza che sa di cosa forzata, come potrebbe avvenire nelle proteste sindacali o in un comitato di fabbrica, più che testimoniare un atto di pentimento, dà prova di un gesto lesivo della dignità episcopale, per attirare su di sé l’attenzione del mondo. Per risolvere il problema occorre infatti ben altro da simili gesti spettacolari. I veri e più gravi responsabili avrebbero dovuto farsi avanti, non nascondersi nel mucchio dei dimissionari, ed assumersi le proprie responsabilità.

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La vera soluzione educativa è che il vescovo, prima di ammettere un candidato alla formazione al sacerdozio, verifichi veramente e seriamente che in esso sia presente una abbondante dose di testosterone maschile con la relativa psicologia maschile che ne consegue, perché l’uomo ― o se preferiamo il maschio sano ―, è il primo basilare e imprescindibile presupposto per iniziare a formare un candidato in vista del sacerdozio ministeriale. Vagliato il tutto, il vescovo deve impartire una seria formazione e svolgere una diligente vigilanza sul seminario e sul clero, affinché il candidato agli ordini sacri sia protetto e difeso dalle idee malsane e coltivi la sana dottrina, chiarisca bene il valore altissimo della vocazione sacerdotale ed episcopale e se ne innamori con tutto il cuore, con ardente desiderio di perfezione e di santità e di essere totalmente al servizio delle anime e della Chiesa. Il sacerdote veramente convinto e innamorato della propria vocazione e missione è tutto e soltanto preso dalle cose di lassù, non da quelle di questa terra. È mosso dallo Spirito, non ha tempo per soddisfare i desideri della carne.

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La vera soluzione pastorale comporta l’educazione della volontà e delle emozioni, nonché il rafforzamento dell’attaccamento al bene, la stimolazione dell’odio per il peccato, la volontà di emendarsi e di correggersi. Se il Beato Apostolo Paolo dice che la carità «tutto copre» [I Cor 13,7], egli intende riferirsi a quella delicatezza del padre che non vuol gettare il figlio in pasto al ludibrio, non lo vuole umiliare, ma al tempo stesso lo vuole correggere. Perché un padre che all’occorrenza sa richiamare, rimproverare, minacciare e castigare, esercita in questo modo la vera carità. In caso contrario, si cade in quella pericolosa falsa misericordia stigmatizzata dal Sommo Pontefice Pio XI nella sua enciclica dedicata al sacerdozio ed alla formazione al sacerdozio.

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La carità e la misericordia, sono sicuramente pronte a coprire là dov’è possibile, utile, lecito e doveroso; dove c’è da scusare o pazientare, ma non certo nel senso di coprire o di nascondere il peccato affinché non venga corretto e punito. La vera carità e la vera misericordia non devono coprire il male, ma svelare a chi di dovere ed al peccatore stesso. Dio non copre i peccati lasciandoli tali, come credeva Martin Lutero, ma li copre per misericordia in attesa di toglierli.

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La misericordia non suppone la riduzione della colpa a pena. Non c’è solo l’anima ferita, ma c’è anche quella feritrice; non c’è solo il peccatore da trattare con la dovuta misericordia, perché anche la persona gravemente offesa dal peccato merita perlomeno la stessa dose di misericordia riservata al peccatore offensore. Si deve aver pietà per chi non ce la fa, non però per chi non vuole impegnarsi perché non intende assolutamente farcela. Questo va incitato a correggersi e impegnarsi, altrimenti la misericordia, dopo essere stata svuotata del suo vero significato mistagogico, diventa connivenza e complicità, se non peggio: con la falsa misericordia si copre il peccatore e si punisce chi ha indicato la pericolosità offensiva e infettiva del suo peccato, giungendo sino a colpire la cellula sana per proteggere la cellula tumorale ed immetterla in circolo nell’organismo ecclesiale ed ecclesiastico.

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Nelle nostre considerazioni su questo tema scabroso, bisogna aggiungere che sulla base delle analisi e delle osservazioni che noi stiamo facendo e pubblicando periodicamente ormai da alcuni anni, sia riguardo la condotta sia riguardo certe idee sbagliate e pericolose del clero e dei vescovi, davanti a tutti questi fatti è sorto inevitabilmente in noi un atroce sospetto, non certo privo di fondamento teologico e giuridico, anche se non sempre corredato da precise prove, per cui siamo giunti alla conclusione che in molti casi le sacre ordinazioni di questi preti e di questi vescovi, fondate su una idea del sacerdozio falsa e falsante, siano non solo illecite ma anche invalide. A tal proposito pubblicammo in passato due studi per la nostra pagina di Theologica che potete trovare nell’archivio de L’Isola di Patmos [vedere QUI e QUI]. Due studi che per inciso mettemmo a disposizione della Congregazione per la dottrina della fede, della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti e della Congregazione per il Clero, affinché chi è preposto a vagliare certi quesiti, potesse vagliarli.

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Lo smarrimento morale, che è all’origine del fenomeno dei disordini sessuali diffusi tra i sacerdoti sino a giungere persino al crimine della pedofilia, è a sua volta causato dal concetto rahneriano dell’agire umano, che non si basa sull’accettazione dei fini essenziali della natura umana, perché egli non accetta neppure l’idea di una natura umana fissa e oggettiva, la cui felicità dipende dall’obbedienza a una legge naturale immutabile ed inviolabile stabilita dal Creatore; ma secondo lui, l’uomo e ciascuno di noi, è libero di determinare come gli pare e piace i contorni concreti e quindi l’agire della propria natura ed esistenza. Da questo ne consegue che in campo sessuale il soggetto singolo è libero di scegliere il proprio orientamento non in base a una finalità dell’attività sessuale insita nella natura, indipendentemente dal soggetto, ma in base alla ricerca del piacere sessuale, ottenuto con mezzi creati dal soggetto stesso, variabili come tali da soggetto a soggetto e tutti quanti leciti, purché piacciano al soggetto. In tal modo non esiste più una regola universale per distinguere la buona azione  dal peccato. Quindi non posso più dire che il tale commette un peccato di sodomia, di efebofilia o peggio di pedofilia, ma che il suo atto è semplicemente diverso dal mio, un atto che non devo condannare, ma comprendere e rispettare. Tutto questo ha portato ad un concetto aberrante e diabolico di cosiddetta Chiesa “accogliente” e “includente” che al proprio interno ospita tutte le cosiddette “diversità”, dopo avere sminuito il peccato e cambiato lo stesso nome al peccato, chiamandolo appunto “diversità” da accogliere e da valorizzare, che si tratti dell’eresia come dei disordini sessuali.

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Quando si dà spazio ad una simile morale, a poco valgono le geremiadi per l’omosessualità diffusa nel clero, per seguire con i casi di efebofilia e di pedofilia registrati tra i preti. Si tratta infatti, per la quasi totalità, di scandali che potevano essere evitati. E alla loro inevitabile esplosione sono state poi profuse lacrime di coccodrillo proprio da coloro che sino a prima hanno coperto e protetto i fautori di certe condotte, ma che adesso si stracciano le vesti in pubblico singhiozzando «non sapevamo» o «non avremmo mai potuto immaginare». Inutile precisare che agire in tal modo è solo grave ipocrisia, resa ulteriormente grave dal fatto che non di rado, questo esercito di prefiche episcopali e presbiterali, spesso non si è neppure limitato a coprire in modo determinato e ostinato certi immorali, perché spesso hanno fatto di peggio: più volte hanno colpito, ostracizzato ed emarginato i pochi sacerdoti che con determinazione e coraggio hanno denunciato certe situazioni prima che scoppiasse il pubblico scandalo. A tal proposito il Padre Ariel S. Levi di Gualdo avrebbe molto da dire alle autorità ecclesiastiche, alle quali più volte, sempre a proprio rischio e pericolo, ha segnalato situazioni che avrebbero dovuto essere prese per tempo e stroncate in modo deciso, anziché lasciarle fermentare e poi esplodere, con il conseguente pianto pubblico delle stesse autorità ecclesiastiche che pur essendo state informate bene e per tempo, lungi dal far qualcosa hanno poi risposto ai vari intervistatori: «non sapevamo», «non avremmo mai potuto immaginare», «l’autorità ecclesiastica, od un vescovo diocesano, non può avere tutto e tutti sotto controllo» …

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Quanto dunque dovremo ancora andare avanti nel raccogliere i frutti amari del rahnerismo? Che cosa deve accadere ancora perché il Romano Pontefice si decida ad una riforma della formazione sacerdotale secondo le direttive del Concilio Vaticano II? Il Concilio e le sue riforme non prevedono infatti il rahnerismo, ma un saggio ritorno a San Tommaso d’Aquino, come dice lo stesso Decreto conciliare sulla formazione sacerdotale Optatam totius:

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«Per illustrare integralmente quanto più possibile i misteri della salvezza, gli alunni imparino ad approfondirli per mezzo della speculazione, avendo San Tommaso per maestro» [n. 16, testo QUI].

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Mentre la Dichiarazione sull’educazione cristiana Gravissimum educationis, afferma:

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«Indagando molto accuratamente le nuove questioni e ricerche poste dall’età che si evolve, si colga più chiaramente come fede e ragione s’incontrino nell’unica verità seguendo le orme dei dottori della Chiesa, specialmente San Tommaso d’Aquino» [n. 10, testo QUI].

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Occorre allora che l’educatore metta a disposizione dell’educando i mezzi della grazia, proponga l’esempio dei Santi, dia egli stesso esempio di virtù, lo educhi allo studio della Scrittura, alla preghiera, all’intima unione con Cristo Sommo Sacerdote, alla comunione con la Chiesa e col Romano Pontefice, alle opere della carità fraterna e della misericordia.

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Dobbiamo riconoscere onestamente che in questi cinquant’anni nei quali si sarebbero dovute mettere in atto queste sagge direttive, il Concilio è stato beffato proprio dai rahneriani che se ne considerano i continuatori, ma che in realtà hanno prima data vita al para-concilio, poi, nella stagione del post-concilio, al loro personale concilio; ma si tratta, come ripetutamente abbiamo spiegato, di un concilio mai celebrato dai Padri della Chiesa. Così è successo che invece della riforma conciliare, è risorto un modernismo che è peggiore di quello dei tempi del Santo Pontefice Pio X.

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Bisogna pertanto rifare tutto da capo e tornare a queste direttive del Concilio Vaticano II, altrimenti le cose andranno progressivamente di male in peggio in questa stagione di decadenza irreversibile. Come scrisse infatti tempo fa il Padre Ariel S. Levi di Gualdo sulle nostre pagine di Theologica: «La crisi morale del clero nasce a monte da una profonda crisi dottrinale, che di questa crisi morale è stata la grande madre partoriente» [vedere articoli, QUI, QUI].

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Il Sommo Pontefice Francesco I, parlando a porte chiuse ai Vescovi d’Italia riuniti in assemblea plenaria dal 21 al 23 maggio, ha raccomandato loro di non accogliere candidati al sacerdozio che manifestano chiare tendenze omosessuali. Ebbene, con tutto il dovuto rispetto e la più profonda venerazione per il Successore di Pietro, non possiamo che sorridere con amorevole dolore su queste parole, che denotano ancora una volta una incapacità a cogliere la portata del problema e di andare quindi alla radice del grave problema stesso. Infatti, la soluzione, non è quella di evitare l’ammissione dell’esercito di omosessuali che seguitano a essere ammessi nei seminari e nei noviziati malgrado i ripetuti richiami ed i vari documenti pubblicati dai dicasteri della Santa Sede nel corso degli ultimi dieci anni [si rimanda a questa Istruzione del 2005, QUI, ed a questo articolo QUI]; il problema si risolve destituendo i vescovi appartenenti alla lobby gay ecclesiastica che sono di fatto indefessi protettori dei preti gay, nonché incubatrici di nuovi preti altrettanto gay.

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Il Sommo Pontefice, così parlando, non si rende forse conto che negare ammissione al seminario ad un omosessuale, è solo l’atto finale, o per così dire la punta dell’iceberg? Per risolvere il problema vanno prima neutralizzati tutti quei vescovi e quei membri della curia romana che appartengono alla lobby gay e che la proteggono in tutti i modi, soprattutto a danno dei buoni sacerdoti e delle buone vocazioni.

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Per chiudere questo discorso, in sé e di per sé lungo e complesso, lasciamo alla Santità di Nostro Signore l’Augusto Pontefice Francesco I un quesito sul quale meditare, vale a dire il seguente: Beatissimo Padre, ma non vi siete proprio mai accorto che nella Città del Vaticano e nei suoi Dicasteri, tolti quegli uomini sani, straordinari e fidati che sono i membri della Gendarmeria Pontificia, ed anche quelli della Pontificia Guardia svizzera, tra i numerosi dipendenti laici, gran parte dei quali degni padri e madri di famiglia, c’è anche un numero considerevole di giovanotti assunti direttamente in casa Vostra presso vari posti d’impiego solo perché sono i boys di svariati Vostri prelati? Com’è possibile non accorgersi di ciò? Perché la cosa è così evidente, nello spazio di questo piccolo Stato sovrano che occupa appena un chilometro quadrato di territorio.

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Pertanto, il raccomandare di non ammettere un gay in seminario, è solo la parte finale di un lavoro allo stato attuale impossibile da farsi, se prima Voi non andate a colpire con ferro e fuoco certi vescovi e potenti cardinali. Contrariamente, dire ai Vescovi d’Italia riuniti in assemblea che non bisogna ammettere in seminario persone che siano anche e solo sospettate di tendenze omosessuali, sarebbe come andare a grattare con un cucchiaino da caffè la punta di un iceberg.

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Dall’Isola di Patmos, 27 maggio 2018 – Santissima Trinità

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tempo fa, un nostro Confratello Sacerdote ci inviò il video messo pubblicamente in rete dal simpatico burlone ripreso nel video stesso. Queste immagini video erano accompagnate dal seguente messaggio: «Spero tanto che sia un laico, perché purtroppo somiglia parecchio a non pochi nostri preti, quindi non vorrei che fosse uno dei nostri, come dire … uno in più tra i tanti!».

Domanda di rigore: quanti sacerdoti e devoti fedeli, ma soprattutto, quante Autorità Ecclesiastiche possono in coscienza affermare di non avere mai incontrato nel nostro clero secolare e regolare dei soggetti  simili a questo simpatico burlone, i quali però, preti, lo sono purtroppo per davvero? D’altronde, se si continua imperterriti a grattare con un cucchiaino da caffè la punta di un iceberg

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6 commenti
  1. liciozuliani dice:

    Cari Padri Ariel e Cavalcoli, concordo pienamente con il commento di “fabius”. La situazione della Chiesa, e quindi del mondo, è drammatica, ed a tale situazione non è sicuramente estraneo colui che vi ostinate a denominare “Sommo Pontefice”. Non vi può certo sfuggire che sta scritto che si vedrà “l’abominio della desolazione stare nel luogo santo”. Si tratti poi di Gerusalemme o di Roma è quasi secondario, ciò che conta è stare all’erta e preparati, la Verità non ammette deroghe, è nel Vangelo di Gesù, il Cristo, non certo nelle farneticazioni dei falsi e apostatici profeti. Comprendo assai bene il Vostro disagio, il prolungato silenzio ne è chiaro sintomo. Che fare? e se è vero che i consigli servono a chi li dà, mi asterrò: ognuno per sè e Dio per tutti.
    Cordialmente,
    Licio Zuliani

  2. non metuens verbum dice:

    Per la “formazione” esistono tecnici, e teorici, e scienziati, che conoscono mille metodiche e mille teoriche formative, una più moderna e più brillante e più efficace dell’altra. Ma se manca la Fede, che cosa vuoi formare ? Da chi va contro Dio per essere libero di andare contro natura, non può ottenersi altro che deformazione.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      In questo articolo si parla di tutt’altro e lei posta un commento che nulla c’entra con il tema trattato.
      A maggior ragione le rispondo: dovendo scegliere – se la scelta fosse proprio obbligatoria – meglio un cardinale con un figlio che un cardinale con un “fidanzato”, ma davvero molto meglio il primo del secondo.

  3. christocanamus dice:

    Se qualcuno ama schifarsi con dei video veri vada su YouTube e cerchi “don Euro” soprannome di tale don Morini che ha trascinato nell’ennesimo scandalo la Diocesi di Massa Carrara compreso il suo Vescovo anche se con accuse marginali. Va’ detto che il Vescovo è stato alquanto imprudente anzi, diciamolo pure, un gran “fesso” perché il soggetto era ben noto al suo predecessore che prese vari provvedimenti anche se non ebbe il coraggio di cacciarlo.
    Per quanto riguarda l’immigrazione, forse il Papa non conosce (???) o non crede ai piani che stanno dietro al fenomeno. Si legga l’articolo di oggi su Interris che riassume peraltro fatti già ben noti: https://www.interris.it/sociale/cosa-c–dietro-l-immigrazione-di-massa
    Pax et Bonum

  4. fabius dice:

    Salve.

    Leggendo l’articolo non trovo la spiegazione di chi nei vertici della Chiesa abbia favorito il rahnerismo,da parte dell autorità ecclesiastica non c’è stata la condanna del pensiero di Rahner,poi giustamente ricordate che i sacerdoti debbano ricevere la sana dottrina,ma non mi spiego come, quando il papa alla dottrina è allergico, basta vedere come ha creato una tale confusione nella Chiesa da creare sconcerto.

    Sui gay il Papa sa benissimo la situazione,sa che c’è la lobby gay,ma poi è stato lui con quella triste frase famosa che ha sdoganato l omosessualità “chi sono io per giudicare” infatti a due gay che vanno a vivere insieme non possiamo dir niente perché ci risponderebbero ma chi siete voi per giudicarci?

    La legge sulle unioni civili è passata grazie al suo non interventismo in politica sui valori non negoziabili, mentre interviene sui migranti in maniera esagerata e incomprensibile auspicando l’invasione di orde di immigrati a maggioranza islamica,il Papa è inutile che lo difendiate, è indifendibile ed ha gravi colpe.

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