Una memorabile lettera del Sommo Pontefice ai Vescovi del Cile, meritevole per essa di essere chiamato «Francesco il grande», come grande fu Pietro sulla Via del «Quo vadis, Domine?»

UNA MEMORABILE LETTERA DEL SOMMO PONTEFICE AI VESCOVI DEL CILE, MERITEVOLE PER ESSA DI ESSERE CHIAMATO «FRANCESCO IL GRANDE», COME GRANDE FU PIETRO SULLA VIA DEL «QUO VADIS, DOMINE

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Riguardo la vicenda dei casi di pedofilia avvenuti in Cile, il Sommo Pontefice scrive ai Vescovi di quel Paese: «Per quanto mi riguarda, riconosco, e voglio che lo trasmettiate fedelmente, che sono incorso in gravi errori di valutazione e percezione della situazione, in particolare per mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate. Fin da ora chiedo scusa a tutti quelli che ho offeso e spero di poterlo fare personalmente, nelle prossime settimane, negli incontri che avrò con rappresentanti delle persone intervistate».

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Ariel S. Levi di Gualdo.

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TESTO DELLA LETTERA DEL SOMMO PONTEFICE FRANCESCO I

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Il Sommo Pontefice Francesco I sulla cattedra del Vescovo di Roma 

Spesso la santità, o la non santità, quando si studiano le eroicità delle virtù di un candidato alla beatificazione si nasconde nelle piccole cose; penso di poterlo dire con un po’ di modesta esperienza, visto che sulle cause dei santi ci lavoro. È infatti dietro le piccole cose, apparentemente insignificanti, che si nasconde il grande bene, ossia la santità, oppure il grande male, ossia il Demonio.

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Nel corso della Settimana Santa che ha preceduto da pochi giorni la Pasqua di Risurrezione, dalle cronache dei Santi Vangeli abbiamo udito il racconto del rinnegamento di Pietro [cf. Mc 14, 66-72], ed abbiamo udito risuonare la frase drammatica: «E tutti i discepoli, abbandonatolo fuggirono» [cf. Mt 26, 56].

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Il Beato Apostolo Pietro stava per fuggire anche una seconda volta, nella propria vecchiaia, questa volta a Roma, ce lo narra lo stupendo racconto noto come il Quo vadis? Questo episodio, contenuto negli Atti di Pietro, narra del Beato Apostolo sulla strada della fuga da Roma, nel tentativo di poter sfuggire alle persecuzioni di Nerone. Sulla via della fuga, avrebbe incontrato in visione Cristo Signore. Secondo questo racconto Pietro pose a Gesù la domanda: «Domine, quo vadis ?» [«Signore, dove vai?»].  Il Signore Gesù rispose: «Eo Romam iterum crucifigi » [«Vengo a Roma a farmi crocifiggere di nuovo»]. A quel punto Pietro comprese che non poteva fuggire nuovamente, ma doveva tornare indietro, per affrontare il martirio.

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Per diversi secoli i Sommi Pontefici avevano tra i loro vari capi di vestiario delle scarpette color rosso vermiglio, il significato delle quali era profondo e preciso, con buona pace di certi illetterati de La Repubblica che scrissero trionfalmente: «Il Successore di Benedetto XVI rinuncia anche alle scarpe di Prada» (!?). 

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Prada … ma stiamo scherzando? O come invece suol meglio dirsi: possibile che l’ignoranza di chi presume di sapere non abbia proprio limiti, men che mai senso della umana decenza!

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Quelle scarpette rosse, che poi erano in verità delle pantofole chiuse, rappresentavano il martirio di Pietro che, retrocedendo sulla strada del Quo vadis, andò incontro al martirio, trascinato in catene sul colle Vaticano dove giunse coi piedi sanguinanti, per essere infine crocifisso. E, giunto al patibolo, non sentendosi degno di assurgere al supplizio nella stessa posizione del Verbo di Dio morto e risorto, domandò di essere crocifisso a testa all’ingiù. Così, alla fine della sua vita, all’eroismo che lo portò ad accettare la grazia del martirio, si unisce anche la suprema virtù dell’umiltà.

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Dalle cose apparentemente piccole si riconosce quindi anche il Sommo Pontefice Francesco I, il quale ha ammesso pubblicamente d’aver sbagliato nel valutare i dolorosi casi di pedofilia che hanno scosso la Chiesa Cattolica del Cile, sino a giungere ad affermare :

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«Per quanto mi riguarda, riconosco, e voglio che lo trasmettiate fedelmente, che sono incorso in gravi errori di valutazione e percezione della situazione, in particolare per mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate. Fin da ora chiedo scusa a tutti quelli che ho offeso e spero di poterlo fare personalmente, nelle prossime settimane, negli incontri che avrò con rappresentanti delle persone intervistate» [vi invitiamo a leggere il testo integrale della lettera, QUI]

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Della storia della Chiesa si dovrebbe prendere tutto, non solo ciò che interessa per esaltare l’uomo Jorge Mario Bergoglio, o per abbattere in modo impietoso l’uomo Jorge Mario Bergoglio. Pertanto mi domando e domando: certi storici particolarmente attenti, ma anche giustamente critici verso questo pontificato che merita la sua buona dose di critiche, intendono forse presentare urbi et orbi anche l’elenco dettagliato dei Sommi Pontefici che hanno pubblicamente ammesso di avere commesso un grave errore? Perché a voler essere onesti e realisti, andrebbe detto quanti sono i fedeli servitori che seppur totalmente innocenti sono stati sacrificati affinché su di loro ricadessero le colpe del Re, che in quanto Re non può sbagliare, mai! E la lista di questi innocenti sacrificati alla pubblica gogna, sarebbe una lista lunga quanto l’Autostrada del Sole, al contrario, invece, la lista dei Re in errore, esiste?

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Per esempio: il Santo Pontefice Giovanni Paolo II ha più volte ammesso che “la Chiesa ha sbagliato”, ne ha chiesto anche più volte scusa, persino quando certe scuse non erano necessarie e opportune. Detto questo mi domando e domando: risulta forse a qualcuno che costui, in ventisei lunghi anni di pontificato, abbia pubblicamente affermato una sola volta, per esempio riguardo il vergognoso caso del fondatore dei Legionari di Cristo: «… sono incorso in gravi errori di valutazione e percezione della situazione, in particolare per mancanza di informazioni veritiere ed equilibrate»? Non mi risulta. Però, agli atti, risulta che egli abbia affermato che la Chiesa ha sbagliato, chiedendo per i suoi errori anche perdono, sia quando era opportuno sia quando non era opportuno. Ora però si presti attenzione: la Chiesa ha sbagliato, ma non ha sbagliato lui, perché non solo il Re non sbaglia mai, ma se proprio sbaglia, allora si sacrifica la testa di qualche altro per far ricadere su dei poveri terzi la colpa, la vergogna e la rabbia del popolo. E si presti attenzione al fatto che stiamo a parlare di santi, che benedicendo Dio sono e restano modelli di eroiche virtù, pur non essendo mai stati, né mai potranno esserlo, dei modelli di perfezione.

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Vi invito a meditare su questa lettera del Sommo Pontefice Francesco, che ha compiuto con essa qualche cosa di grandioso, specie se consideriamo che indurre un gesuita e un argentino ad ammettere di avere sbagliato, non è di certo la cosa più semplice del mondo. A maggior ragione vi dico: in molte altre cose il Sommo Pontefice può essere stato indotto da terze persone, o da veri e proprio delinquenti che lo circondando e che tentano di circuirlo, a lanciarsi in espressioni infelici e sbagliate, ma nessuno, ad un gesuita e ad un argentino, può convincerlo ad ammettere pubblicamente d’aver sbagliato. Pertanto, questo lodevole atto di umiltà, è tutta quanta scelta del Sommo Pontefice Francesco I, da ascrivere come tale a suo totale onore e merito.

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Questo fa di lui, per il caso in questione, un autentico grande; molto più grande in questo di molti suoi Sommi Predecessori, inclusi anche Beati e Santi Pontefici, che hanno riconosciuto davanti al mondo tutti gli errori storici, veri o presunti, della Chiesa visibile, mai però hanno ammesso in alcun modo gli errori propri; e quando hanno commesso errori gravi, a volte anche grossolani, hanno sempre lasciato che la colpa ricadesse addosso agli innocenti, ed oggi sono venerati Beati e Santi. Si, hanno chiesto perdono per errori veri o presunti commessi dalla Chiesa visibile secoli prima, però, mentre sotto i loro occhi veniva fatto scempio immane di numerose vite umane di giovani, molti dei quali destinati a rimanere segnati per tutta la vita — sempre in riferimento al discorso senza storici precedenti dei Legionari di Cristo —, il loro silenzio e la loro indifferenza è stata totale, sino a rasentare il vero e proprio cinismo. Quando poi nei loro processi di beatificazione e canonizzazione sono state sollevate serie e pertinenti questioni su certi loro errori, i richiedenti risposta sono stati spesso tacitati ed il discorso chiuso con la frase perentoria: «Il Sommo Pontefice fu ingannato!». Il problema, purtroppo, non è stato però risolto, perché per esserlo, a questa affermazione avrebbero dovuto seguire spiegazioni molto dettagliate: da chi fu ingannato, quando, come e per quali scopi. E, detto questo, forse è bene non andare oltre, perché quando l’emotività ed i sentimentalismi effimeri del momento presente e del «Santo subito!» si saranno spenti, la storia rischierà di essere molto severa con certe figure, anzi … terribilmente severa, ed a quel punto, non sarà possibile metterci in alcun modo una pezza sopra, perché ci andava messa prima.

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Amen!

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Dall’Isola di Patmos, 12 aprile 2018

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5 commenti
  1. non metuens verbum dice:

    Certamente è più virtuoso pensare bene, anche se non ci si indovina. Ho posto solo una domanda, E’ davvero un’esimente ? Ne aggiungo un’altra: fa differenza se la fonte dell’informazione cattiva è solo uno straccio, o al contrario una somma autorità ? In Inf. XXVII , Guido da Montefeltro viene male informato da Bonifacio VIII: che può fare, se non fidarsi del Papa ? Eppure, meschino, come si riscosse ! Se (per pura ipotesi di scuola) io che sono nessuno venissi oggi informato dal Papa che l’ inferno non esiste, che cosa potrei dire quando invece mi ci trovassi dentro ? Insomma, se parliamo di salvarci ciascuno l’anima sua, è bene che ciascuno di noi verifichi le sue fonti. Se parliamo di politica generale, sia ecclesiastica sia mondana (per esempio, se parliamo di gas e di bombe) allora mettiamo pure in preventivo che una percentuale molto molto alta di informazioni sono Fake.

  2. orenzo
    orenzo dice:

    Il fatto che papa Francesco abbia chiesto ufficialmente scusa nella sua veste di “Sommo Pontefice” dopo che aveva vivacemente difeso le sue scelte davanti ai giornalisti sull’aereo di ritorno dal suo viaggio pastorale esprimendosi in quella circostanza, se non sbaglio, come un dottore privato, suscita in me non poche perplessità.
    Egli infatti scrive, in “Gaudete et exultate” al n. 170: “È vero che il discernimento spirituale non esclude gli apporti delle sapienze umane, esistenziali, psicologiche, sociologiche o morali. Però le trascende. E NEPPURE GLI BASTANO LE SAGGE NORME DELLA CHIESA. Ricordiamo sempre che il discernimento è una grazia. Anche se include la ragione e la prudenza, le supera, perché si tratta di intravedere il mistero del progetto unico e irripetibile che Dio ha per ciascuno e che si realizza in mezzo ai più svariati contesti e limiti.”.
    Questo mi porta ad insinuarsi nella mente il sospetto che il Papa attuale si ritenga infallibile per grazia a prescindere dalle “sagge norme della Chiesa”.
    Sarò ben lieto se questo mio tarlo verrà soppresso…

  3. non metuens verbum dice:

    Sono stato male informato, è davvero un’esimente ? La prima che fu male informata, sentì dirsi Non morirete, ma sarete come Dei. E trasmise la cattiva informazione.
    Il Papa sceglie con autorità le persone da cui vuole essere informato, prendersela con loro è di nuovo prendersela con gli stracci, ancorché maleodoranti.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Posto che è stato indotto a cadere in errore, o anche ammettendo che sia stato lui, facendo tutto da se stesso, a cadere in errore, che cos’altro avrebbe dovuto fare?

      Se non avesse detto niente, sarebbe stato tacciato sicuramente di superbia e arroganza; dicendo qualche cosa, rischia di fare invece la figura di Eva che fu male informata dal Grande Tentatore.

      ci dica allora in concreto: che cosa avrebbe dovuto fare?

      Tenga poi presente che la storia della Chiesa non comincia col pontificato di Francesco I. O lei pensa che Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, erano circondati da stinchi di santo?
      Ma andiamo anche ai pontefici del pre-concilio, per evitare sospetti da parte di certuni: Pio XII, nella seconda fase del suo pontificato, era circondato di gente talmente affidabile, che non nominò neppure un Segretario di Stato. E Pio XI, che in una esplosione d’ira urlò di essere “circondato di serpenti”? E alcuni vescovi di area francese e tedesca, che durante il Concilio Vaticano I, vociferavano che Pio IX fosse un pericoloso malato di mente, sino al punto che qualcuno di essi dette poi vita allo scisma dei vetero-cattolici?

      Immagino che anche lei, come tutti noi, avrà udito il Vangelo della Passione durante questa Pasqua, nel quale risuona una frase che si commenta da sé: «Allora, tutti i discepoli abbandonatolo fuggirono» [Mt 26, 56]. A questo aggiunga il tradimento di Giuda, per capire che anche il Verbo di Dio, s’era messo intorno stracci maleodoranti.

  4. PetrusLXXVII dice:

    Salve Padre.
    Mi piace pensare che la sua visione sia quella giusta, per amore della Chiesa e per devozione al Romano Pontefice. Lei dice che, proprio perché gesuita e perché argentino, Francesco è stato spontaneo nel pronunciare quella pubblica ammissione di errore, con le relative scuse. Indubbiamente il fatto è in se lodevole, oltre ad essere meritorio per la Chiesa tutta. Sulla spontaneità sono assolutamente convinto anch’io, però – e spero che il buon Dio possa perdonarmi per questo pensiero – non riesco ad escludere che il Papa possa non aver pronunciato quelle parole in modo disinteressato, ma per calcolo… chissà, forse ambendo ad un recupero d’immagine (!?). In fondo ha dato modo di pensare che questo modo di agire non gli è del tutto estraneo, anche tenuto conto che si tratta di un gesuita argentino!
    Spero di sbagliarmi, lei che ne pensa?

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