Ecco che cosa scriveva il Padre Ariel due anni fa urlando alle sabbie del deserto: «Pedofilia, il caso Spotlight è una ottima raffigurazione filmica della piaga dell’omertà clericale»

— attualità ecclesiale —

ECCO CHE COSA SCRIVEVA PADRE ARIEL DUE ANNI FA URLANDO ALLE SABBIE DEL DESERTO:

«PEDOFILIA: IL CASO SPOTLIGHT È UNA OTTIMA RAFFIGURAZIONE FILMICA DELLA PIAGA DELL’OMERTÀ CLERICALE»

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Il caso di Spotlight” è un film che merita apprezzamento per il modo in cui il regista e gli attori hanno rappresentato il cuore di questo doloroso problema, costituito da quell’omertà clericale che da sempre caratterizza e avvolge sia i peggiori casi di pedofilia sia i vari disordini sessuali manifestati da non pochi membri del nostro clero secolare e regolare. E adesso ve lo spiego io sulla mia vita vissuta e sulla mia pelle, che cosa comporta per un prete violare l’omertà clericale, visto che i prezzi li ho pagati tutti, uno per uno …

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

L’articolo qui riproposto si trova nell’Archivio de L’Isola di Patmos: QUI

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PDF articolo formato stampa

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il caso spotlight

la locandina del film

Un lettore affezionato mi ha segnalato due articoli sulla Nuova Bussola Quotidiana, firmati uno da Massimo Introvigne [cf. QUI] e uno da Stefano Magni [cf. QUI]. L’oggetto di questi due articoli è la pellicola “Il caso di Spotlight”, premiato film-denuncia sui casi di pedofilia che scossero l’Arcidiocesi di Boston e la Chiesa Cattolica in più angoli del mondo [cf. trailer italiano, QUI]. 

I due autori che sulla Bussola Quotidiana hanno firmato i loro articoli, trattano il problema con quella correttezza giornalistica  che alle volte può indurre a cadere nel parziale e nel superficiale. Né Massimo Introvigne, che illustra un problema molto complesso attraverso la sua nota preparazione sociologica; né Stefano Magni, che nel suo ottimo articolo avrebbe potuto a mio parere evitare di definire l’opera come «film ideologico», no sono neppure sfiorati da quella parziale e imperante superficialità che oggi pare farla da padrona.

Io che certi problemi li ho toccati con mano e che mi ci sono ritrovato invischiato pagandone infine un caro prezzo, affermo che questo film, lungi dall’essere “ideologico”, è privo anzitutto di qualsiasi “scena forte” tesa a toccare il sentimento degli spettatori per suscitare in essi sprezzo verso la Chiesa Cattolica; dei sentimenti diversamente suscitati da ben altri film, per esempio “Schegge di paura” [USA, 1996, QUI], “Angeli ribelli” [Irlanda, 2003, QUI], “Magdalene” [2002, UK, QUI], etc ..

Il caso di Spotlight”, a parte alcune imprecisioni dovute alla vasta complessità e gravità di un tema non facile da trattare, merita apprezzamento per il modo in cui il regista e gli attori hanno rappresentato il cuore di questo doloroso problema, costituito da quell’omertà clericale che da sempre caratterizza e avvolge sia i peggiori casi di pedofilia sia i vari disordini sessuali manifestati da non pochi membri del nostro clero secolare e regolare. 

E adesso ve lo spiego io sulla mia vita vissuta e sulla mia pelle, che cosa comporta per un prete violare l’omertà clericale, visto che appunto i prezzi li ho pagati tutti, uno per uno …

Il limite che da anni riscontro nei molti che “presumono” di poter parlare di certi temi che toccano e scuotono a volte il nostro intero sistema ecclesiastico, è dato dalla scarsa propensione spesso mostrata da esponenti più o meno autorevoli del mondo cattolico a prendere il toro per le corna, anche perché tutti sappiamo che si può correre il rischio di essere infilzati, quindi meglio rimanere sugli spalti dell’arena a urlare per il torero o per il toro. O per meglio dire: se ha la meglio il torero, si grida “Viva il torero!”, se ha la meglio il toro, si grida “Viva il toro!”.

il torero

non sempre vince il torero

Negli anni ho approfondito il complesso problema del gaysmo dentro la Chiesa e nel farlo non ho mai guardato in faccia nessuno, pagandone sino a oggi le conseguenze. Cosa che non hanno invece mai pagato certi laici cattolici impegnati e militanti, presi a gridare assecondo il vento che tira nell’arena per “il torero” o per “il toro”. Questi cattolici impegnati e militanti, seppure avvisati in modo dettagliato, ben se ne guardarono dal sollevare all’epoca mezza voce in mia difesa, quando all’interno della mia Chiesa venivo passato dentro il tritacarne dai peggiori ecclesiastici omertosi per avere osato proferire il vero e per avere denunciato all’Autorità Ecclesiastica certe situazioni intollerabili. N’è prova il fatto che per due anni, nella Diocesi del Vescovo di Roma — che non è governata dal Vescovo di Roma ma dal suo Vicario Generale — celebrai la Santa Messa nelle Catacombe di Priscilla [2011-2013], assistito dal mio prezioso allievo e collaboratore, unica persona presente. Nel mentre, coloro che avrebbero potuto spendere due parole in mia difesa, non dico fossero latitanti, erano semplicemente impegnati nel politicamente corretto, tutti presi a ossequiare i loro padroni per i quali erano impegnati a guidare come dei devoti padroncini i furgoni-merce messi a loro disposizione.

Su certi argomenti penso di poter parlare con sufficiente autorevolezza perché sospiro dietro sospiro, tutto ciò che ho detto e tutte le denunce che all’epoca presentai al Vicariato di Roma, alla Congregazione per il Clero e alla Segreteria di Stato, le ho pagate bastonata dietro bastonata, cattiveria dietro cattiverie, ostracismo dietro ostracismo.

solitudine

la solitudine, spesso compagna del prete …

Non so quanti laici cattolici che ogni sera rientrano a casa loro senza che alcuno li scalfisca, possano parlare con la mia cognizione di causa, che a fine giornata rimanevo invece nella mia casa, che è la Ecclesia intesa anche come mondo ecclesiastico, avvolto dalla cupezza di quella omertà clericale imperante i cui nefasti risultati sono ormai dettagliati nelle motivazioni di sentenza date da numerosi tribunali sparsi in giro per il mondo. Sentenze tutt’altro che inique e lungi dall’esser mosse da sentimenti anti-cattolici, basti considerare che sulle parole di quelle sentenze è stata poi celebrata la penosa liturgia dei mea culpa da parte di quegli stessi ecclesiastici che sino a poco prima avevano redarguito, minacciato e ostracizzato i pochi preti che con coraggio avevano segnalato fatti, situazioni e, soprattutto, quei soggetti ad alto rischio protetti da intere cordate di potenti prelati. E certe persone, nella fattispecie gli omosessuali ecclesiastici per un verso, i pedofili per altro verso, hanno sempre avuto, dentro il mondo ecclesiastico, eserciti di protettori, ma soprattutto di solerti e spesso potenti “copertori”.

E chiunque paghi il prezzo da me pagato, per quanto bastonato a sangue, è però libero, ed essendo libero non ho debiti da pagare, perché il “segreto” di quella cristologica libertà che se realmente conosciuta ci farà liberi [cf. Gv 8, 32] si fonda sulla mancanza di qualsiasi aspirazione di carriera e beneficio ecclesiastico; checché ne dicano certi carrieristi, che non potendomi definire “uomo libero”, mi hanno semmai definito … “uomo pericoloso”, oppure “mina vagante” (!?). Anche per questo motivo io non ho creditori vestiti di rosso che bussano alla mia porta per presentarmi le cambiali in scadenza da pagare, o che mi ricordano i prestiti ottenuti, o semmai le donazioni o le regalie a me elargite sotto forma di sistemazioni, prebende e privilegi ecclesiastici, visto che a me hanno donato solo copiose sberle; e le sberle — come ben sappiamo — sono sempre gratuite, ottengono la grazia all’anima che le riceve e conducono spesso verso l’Inferno quella di chi le elargisce con gratuita o calcolata cattiveria, in sommo sprezzo a quella evangelica verità che ci farà liberi.

E Satana si fece trino (copertina)

Ariel S. Levi di Gualdo. E Satana si fece Trino. Relativismo, indivdualismo, disubbidienza. Analisi sulla Chiesa del terzo millennio. Edito nel 2011 ed a breve in ristampa

Nel 2011, in un mio libro attualmente in ristampa, analizzai in profondità il problema della omosessualizzazione della Chiesa ed il numero di sacerdoti gay sempre più alto, indicandone le ragioni, le origini scatenanti ed anche i possibili rimedi, anche se con questi risultati: non un solo vescovo e cardinale, di quelli che in seguito mi avvicinarono, mi dette torto per ciò che avevo scritto e per il modo chiaro in cui lo avevo scritto. Tutt’altro, collezionai complimenti a volte persino imbarazzanti, dentro le chiuse stanze private dei vari sacri palazzi. E fatta unicamente eccezione per un anziano arcivescovo titolare, che mi accolse sul finire del 2011 prendendosi paterna cura della mia formazione permanente al sacerdozio, nessuno, di questi alti prelati laudatori in privato, mosse mezzo dito per me, mentre un esercito di mediocri monsignorini incattiviti cercava di aggredirmi come un branco di iene inferocite.

I fatti sono fatti e restano tali, ma soprattutto documentati. E l’Autorità Ecclesiastica, a partire da quella romana, lo sa bene, in che modo io sono aduso documentare i fatti; e anche in che modo non parli mai senza prove.

Predicando alle sabbie del deserto e alle canne mosse dal vento ho parlato inutilmente di un golpe omosessualista all’interno della Chiesa [vedere QUI]. Inutilmente ho spiegato che la lobby dei gay non si limita a puntare in alto, perché da tempo è ormai giunta in alto. Sono infatti anni che i gay ecclesiastici ed i loro gay friendly incidono sulle nomine episcopali di candidati più o meno appartenenti alla gaia “pia confraternita”, ed una volta divenuti vescovi cominciano per prima cosa a piazzare i propri fedeli amici nei posti chiave delle diocesi, in molte delle quali imperano gay più o meno palesi in tutte quante le cosiddette stanze dei bottoni, con accesso immediato ai bottoni di attivazione del lancio di missili terra-aria sui buoni preti, o sui pochi che sopravvivono in certe diocesi nelle quali, chi ha la sventura di partecipare in esse ad una assemblea del clero, potrebbe avere a volte l’impressione d’essere finito per sbaglio in una succursale del gay village.

i moderni religiosi

uno spaccato del nuovo stile religioso, dinanzi al quale San Pio da Pietrelcina avrebbe fatto sicuramente salti di gioia …

Come mai è accaduto tutto questo? Il problema nasce a monte agli inizi degli anni Settanta, quando nella stagione del post-concilio si passò dal precedente rigore, forse eccessivo, al lassismo reattivo. E così, in una società in piena trasformazione e con la cosiddetta “liberazione sessuale” ormai imperante, i seminari si andarono svuotando, di più ancora i noviziati e gli studentati delle famiglie religiose e degli stessi ordini storici. Fu a quel punto che molti vescovi e superiori maggiori delle famiglie religiose spalancarono le porte e consentirono l’accesso alla formazione al sacerdozio e alla vita religiosa a soggetti che mai, in precedenza, sarebbero stati ammessi in un seminario o in un noviziato. E quando si creano dei covi di vipere, accade che le vipere si riproducano tra di loro e alla buona occorrenza tutte assieme mordano e tentino di avvelenare chiunque cerchi in qualche modo di colpirle.

Se quarant’anni fa era ragionevole dire che il problema nascesse a monte dalla formazione dei futuri nuovi presbiteri e religiosi, oggi, a degenerazione completamente avvenuta, è invece ragionevole dire — ma nessuno purtroppo lo dice — che il problema nasce tutto dall’episcopato. Come infatti spiegai in quel mio libro del 2011: «Coloro che negli anni Settanta capeggiavano all’interno dei seminari la gaia confraternita, oggi ce li ritroviamo vescovi, ed appena divenuti tali, per prima cosa hanno piazzato in tutti i ruoli di rilievo e portato avanti nella scala gerarchica o nella cosiddetta carriera ecclesiastica dei soggetti affini a loro». Questa è la drammatica radice di quel problema che indico ormai da anni, ma purtroppo inutilmente, perché nessuno dentro la Chiesa ha voluto prestare ancora ascolto alle mie parole, soprattutto quando l’evidenza dei fatti mi dava piena ragione.

Spiego anche, sempre in quella mia opera, che l’omosessualità fisica, quella concretamente praticata, è solo la punta estrema di una omosessualità ormai radicalizzata che in sé è molto peggiore e nociva: quella omosessualità psicologica andata ormai al potere ed in virtù della quale è stata infine omosessualizzata la Chiesa. E oggi ci ritroviamo non di rado dinanzi a preti, ma soprattutto dinanzi a vescovi e “uomini” in delicate posizioni di autorità che a volte ragionano con la stizza delle psicologie femminili affette da un loro tipico disturbo, che è l’isteria, parola il cui significato dice tutto, visto che l’etimo greco di questo lemma [ὕστερον, hysteron]  vuol dire utero.

vicariato di roma

il palazzo del Vicariato di Roma

Ma veniamo ai fatti rigorosamente documentati, visto che certi documenti e relazioni le consegnai a mio rischio e pericolo alle seguenti Autorità Ecclesiastiche: all’allora Vescovo ausiliare del settore centro della Diocesi di Roma S.E. Mons. Ernesto Mandara, uomo di cui conservo il vivo e amabile ricordo; all’allora Prefetto della Congregazione per il clero, Cardinale Mauro Piacenza, per mano dell’allora mio Vescovo. E ancora: al Cardinale Giuseppe Bertello, ex Nunzio apostolico in Italia, carica all’epoca vacante, nominato Governatore della Città del Vaticano, al quale andai a consegnare il mio testo nel suo nuovo ufficio presso la Santa Sede con preghiera di far avere quella mia relazione all’allora Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone, perché in gioco era l’immagine della Diocesi di Roma, ossia la Chiesa particolare di quel Sommo Pontefice che su certi temi e problemi si era già espresso in modo deciso e severo attraverso più locuzioni e documenti, pertanto era opportuno evitare che proprio nella sua Diocesi, a sua insaputa ed a causa del mal governo altrui, scoppiassero certi scandali.

In due mie diverse relazioni stilate a inizio 2011 venivano indicati vari casi, a partire da quello del rettore di una antica e prestigiosa basilica romana che da anni manteneva un giro di giovani marchettari, cosa peraltro che da anni tutti sapevano: lo sapeva il Cardinale Agostino Vallini, lo sapeva il suo predecessore al Vicariato di Roma Cardinale Camillo Ruini, lo sapeva il Prelato segretario dell’epoca presso il Vicariato, Mons. Mauro Parmeggiani, promosso in seguito Vescovo di Tivoli; lo sapeva l’allora Arcivescovo castrense Angelo Bagnasco, in seguito promosso Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che per ragioni d’ufficio frequentò per diversi anni quella basilica durante il suo ministero apostolico presso le Forze Armate, per seguire con tanti altri silenziosi prelati, tutti variamente maestri di quella somma “prudenza” che porta talvolta a vedere e al tempo stesso a non agire. Quale fu, infatti, la reazione del Cardinale Mauro Piacenza, quando all’epoca l’allora mio vescovo gli consegnò a mano quella mia relazione? Ne prese atto e rispose che la situazione incresciosa di quella basilica era a loro da tempo nota. E poco dopo, il vescovo latore della mia relazione — che con tutti i suoi pregi e difetti è sempre stato però un vero credente e soprattutto un uomo dotato di morale senso etico e che nei limiti delle sue possibilità cercò di proteggermi da quella grave ingiustizia —, uscì dal palazzo della Congregazione per il clero dicendomi: «Andiamo bene, li abbiamo informati di ciò che già sapevano!». E aggiunse: «Ma ciò che è peggio è che non facciano niente».

chiesa santa teresa

scorcio della chiesa metropolitana di Santa Teresa a Roma

In una di quelle due relazioni indicavo anche il delicato problema dei Carmelitani della Parrocchia di Santa Teresa, dai quali anni dopo scoppiò uno scandalo dai risvolti infernali [cf. QUI, QUI, QUI, QUI]. Appena però nominai i Carmelitani, il prelato mio interlocutore si rabbuiò e mi disse: «Molla sùbito la pezza! I Carmelitani sono nelle grazie del Cardinale Agostino Vallini che ha voluto promuoverne uno, suo notorio pupillo, anch’esso come lui canonista, prima alla carica di vescovo ausiliare di Napoli, poi a quella di Vescovo di Aquino-Sora-Pontecorvo. E ti dirò: sta cercando di portarselo al Vicariato come arcivescovo vicegerente». E così, in effetti, avvenne poco dopo nel 2012, quando il Carmelitano S.E. Mons. Filippo Iannone fu eletto a quell’incarico, affinché “l‘organico dirigente” del Vicariato fosse completo nel suo quadro di timorosi e ossequiosi “segretarietti” e “subalterni“, non certo di confratelli nell’episcopato chiamati a collaborare in perfetta comunione per il bene della Diocesi del Vescovo di Roma con il suo Vicario Generale. È infatti noto che certi caporioni vogliono attorno a sé dei subalterni, non dei confratelli vescovi, tanto meno delle menti che ragionano; e li vogliono tali nella proporzione in cui sono inconsciamente consapevoli di essere dei clamorosi mediocri che devono proprio per questo cercare di brillare in ogni modo e con ogni mezzo di luce propria.

Dopo un colloquio tanto riservato quanto drammatico avuto con due alti funzionari della Digos di Roma agli inizi del 2012, fui messo a conoscenza della “vita spericolata” condotta dall’allora Arciabate di Montecassino, Dom Pietro Vittorelli, la cui palese gayezza l’avrebbe vista e percepita persino un cieco, fuorché la buona Autorità Ecclesiastica, caduta letteralmente dalle nuvole quando fu infine reso pubblico che questo indegno successore luciferino di San Benedetto da Norcia era un tossicodipendente impenitente ed altrettanto gay impenitente che manteneva la propria bella vita ed i servizi dei suoi costosi prostituti gay coi soldi sottratti alla Caritas della Diocesi a lui affidata. Inutile ricordare oggi — benché per dovere lo ricordi comunque — a che cosa hanno portato tutti questi casi da me segnalati con anni di anticipo, grazie al non agire delle informatissime Autorità Ecclesiastiche, che se messe dinanzi a certe loro responsabilità di azione, prima che certi fattacci si mutassero in scandali pubblici, non è raro che si irritino nei confronti di chi gli segnala certe cose, facendola semmai pagare a caro prezzo al malcapitato, proprio come accadde al sottoscritto.

confessionale

questo grande ristoro dell’anima …

A parte certe informazioni a me riferite in via del tutto riservata da vari esponenti delle Forze dell’Ordine che frequentavano la basilica romana nella quale all’epoca prestavo servizio, prima di procedere oltre devo per inciso chiarire in che modo sono venuto a conoscenza di certi fatti …

… a partire da poche settimane dopo la mia sacra ordinazione sacerdotale cominciai a essere confessore e direttore spirituale di un numero sempre più crescente di sacerdoti, religiosi, seminaristi secolari e religiosi in formazione, i quali più volte, in foro interno e in foro esterno, prostrati in condizioni di profonda sofferenza interiore o di vero e proprio choc mi riferirono le situazioni gravissime che si ritrovavano a vivere ed a subìre. Siccome non tutti si nasce leoni o aquile, diversi di questi confratelli e diversi seminaristi e religiosi, non sapendo come agire o semplicemente come rivolgersi ai propri superiori e rimanere illesi, mi liberarono dall’inviolabile sigillo sacramentale della confessione e dopo avermi svincolato mi fornirono dettagli, prove e documenti, autorizzando me a segnalare i casi ed a parlare con la competente Autorità Ecclesiastica. Pensate, tra i vari documenti da me consegnati figura persino una ludica raccolta fotografica completa nella quale, i seminaristi di un prestigioso collegio romano, non avevano trovato di meglio da fare che festeggiare il Natale proponendosi come “mignotte” a un baccanale di Bacco e Cerere, ideando poi un servizio fotografico nel quale si erano foto-montati su immagini di nudi e seminudi femminili in coppia con i loro formatori, su figure di donne coi seni prosperosi e via dicendo a seguire. Questa istituzione ha ovviamente un nome, peraltro pure prestigioso, si chiama Almo Collegio Capranica, fucina di molti vescovi e cardinali italiani, specie di diversi dei nostri attuali peggiori, i quali tutti assieme, come una sorta di “loggia segreta”, proteggono all’occorrenza questo almo collegio, all’interno del quale è avvenuto di tutto e di più, con sgomento della stessa Segreteria di Stato alla quale appartiene la sua giurisdizione e dalla quale, oltre allo sgomento per fatti da tempo conosciuti, ci si attenderebbero quei provvedimenti ancora lontani da venire; a meno che dall’organico della Segreteria di Stato non si proceda prima a licenziare gli affiliati alla seletta “loggia segreta” del Capranica [cf. Corrispondenza Romana, QUI].

Ecco dunque illustrato il motivo per il quale, chi di dovere, mi ha sempre trattato con cautela, sapendo che quando parlo od affermo certe cose, non lo faccio mai a vanvera, né per sentito dire né per quel devastante «pare … sembra … si dice …» che affiora invece puntuale sulla bocca di quei clericali che desiderano con tutto il cuore impallinare in ogni modo qualcuno. Io parlo per abitudine sempre e solo sulla base di prove provate e documentate.

notti brave scorcio di filmato 1

un ben poco edificante scorcio di filmato tratto dal servizio “Le notti brave dei preti gay”

A quanto sinora narrato unisco anche un precedente risalente alla fine del 2009, all’epoca che vivevo in una casa sacerdotale internazionale su Colle Aventino. In quel periodo accadde che da quel colle venni a conoscenza di ciò che avveniva “a valle”, cioè al Testaccio, dove un numero preoccupante di preti frequentavano in abiti borghesi i vari locali gay. Cosa del tutto comprensibile che questi preti gay passassero inosservati, perché pare che i monsignorini del Vicariato fossero troppo impegnati a fare battute su di me quando osai presentarmi in più occasioni nei loro uffici con la vesta talare indosso, recepita come se quel mio vestimento ecclesiastico rappresentasse chissà quale oltraggio alla altrui lesa maestà clericale; o meglio alla maestà di coloro che, anziché ridere sulla mia talare ― che di prassi io indosso e porto sempre tutti i giorni ―, forse avrebbero dovuto curarsi dei non pochi preti che in jeans e t-shirt andavano a “palpare l’uccello” in mezzo alle gambe ai cubisti che danzavano seminudi nei locali gay del Testaccio.

Quando segnalai l’andirivieni di preti in questi locali gay, in toni rasenti la minaccia mafiosa mi fu fatto chiaramente capire che se volevo vivere bene a Roma, dovevo imparare a farmi gli affari miei; e in tal senso fui invitato a fare mia ed a vivere quella perniciosa omertà clericale così ben raffigurata dal regista e dagli attori de “Il caso di Spotlight”. Trascorso meno di un anno, mentre nell’estate del 2010 mi trovavo in Germania per studi di approfondimento, fui raggiunto telefonicamente da un mio familiare che mi disse: «Puoi procurarti il settimanale Panorama?». E mi spiegò: «A partire dalla copertina in poi ci troverai scritto tutto quello che tu hai segnalato per tempo ma inutilmente all’Autorità Ecclesiastica». E il titolo sulla copertina era il seguente: «Le notti brave dei preti gay» [vedere QUI]. Cuore del servizio erano i resoconti, corredati di filmati dei festini gay nei locali del Testaccio ai quali partecipavano vari preti, uno dei quali osò persino celebrare al mattino la Santa Messa nel salotto dell’appartamento nel quale s’era dato ai baccanali sodomitici col suo amico occasionale, presente anch’esso alla sacra celebrazione [vedere filmati QUI].

le notti breve dei preti gay copertina

la triste copertina del settimanale Panorama che nel luglio 2010 pubblicò il servizio di Carmelo Abbate corredato poi di video filmati tutt’oggi visibili in rete

Dinanzi a simili evidenze, pensate che l’Autorità Ecclesiastica mi abbia convocato e detto: “… prendiamo atto che avevi ragione e che con anticipo ci avevi indicato il vero, indicandoci persone e situazioni scabrose, ma purtroppo noi non abbiamo agito”? Giammai! Ed è stato proprio perché avevo ragione, in quanto ci avevo visto giusto, che sono stato sottoposto più volte ad angherie dai caporioni dell’esercito degli omertosi che mi hanno giudicato reo di negata omertà clericale. Perché come potete ben capire, l’importante è che la Chiesa domandi perdono agli ebrei, ai musulmani, ai luterani, ai pentecostali, agli indigeni … insomma: a tutti, meno che ai propri devoti sacerdoti, che a loro serio pericolo hanno rischiato all’occorrenza il tutto e per tutto, pur di cercare in qualche modo di difenderla.

Eppoi, parliamoci chiaramente, perché, specie in questo clima di soffocante mediocrità ecclesiastica, se io avessi accettato le regole omertose del gioco e tutto ciò ch’esso comporta, non solo sarei già diventato titolare di una cattedra in una università pontificia, non solo avrei avuto ben altro genere di sistemazione, non solo sarei stato immesso negli àmbiti della cosiddetta più prestigiosa carriera ecclesiastica … di più ancora: forse, dopo un breve periodo di anni, mi sarei persino ritrovano a “pavoneggiarmi” con la mitria in testa e il pastorale in mano in mezzo a un esercito di vescovi che vedono ma non vedono, che sanno ma che fingono di non sapere, che chinano il capo dinanzi ai prepotenti e che bastonano i deboli, che non di rado puniscono le vittime e difendono i carnefici. E la mia è stata — ritengo da sempre —, la scelta giusta, perché non ho mai puntato all’immediato presente, ma all’eterno, vale a dire alla salvezza della mia anima che aspira a raggiungere la visione beatifica nel mistero trinitario del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, al quale intendo guidare anche molti altri Christi fideles come pastore in cura d’anime. E per puntare all’Eterno bisogna scegliere di necessità la croce, senza la quale non c’è risurrezione.

Quando nel 2009 dissi a un membro della Congregazione per la dottrina della fede che il giovane Mons. Krzysztof Charamsa, persona amabile e bravo teologo dogmatico, era palesemente gay [cf. QUI]; quando spiegai che nei suoi studi sulla “teologia” della “sofferenza umana” [cf. QUI] avevo individuato celato dietro le righe il disagio proveniente a monte da un suo stato interiore umano-affettivo riconducibile sicuramente alla sua sessualità, ecco che per tutta risposta, questo autorevole membro, incontrando appresso l’allora mio Vescovo, lamentò che io vedevo omosessuali dovunque e che ero ossessionato dagli omosessuali nella Chiesa. Anche in quel caso, l’allora mio Vescovo, anziché rimproverarmi mi disse: «Il problema, non è che gli omosessuali li veda tu, il problema è che invece non li veda lui!».

Domanda a posteriori a dir poco lecita: dopo il pubblico coming-out di Mons. Charamsa, giunto in giovane età alla prestigiosa carica di segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale, che cosa dovrebbe dirmi, oggi, questo allora membro della Congregazione per la dottrina della fede, promosso in seguito anche vescovo per la sua “lungimiranza” estrospettiva? 

Trovo davvero impressionante che questi prelati e prelatoni, seppure consapevoli di avere sbagliato, di avere rimproverato in passato uno che aveva ragione solo perché diceva e indicava loro il vero; che sebbene consapevoli che di fatto io avevo visto giusto mentre loro di fatto no, per nessuna ragione al mondo ammetterebbero mai di essersi sbagliati, al costo di negare persino l’evidenza dei fatti. O forse perché sono troppo impegnati nella penosa “liturgia” delle scuse presentate e rivolte da Santa Madre Chiesa agli ebrei, ai musulmani, ai luterani, ai pentecostali, agli indigeni … insomma: a tutti ― come dicevo poc’anzi ― meno che ai propri devoti sacerdoti?

Tdazio morte a venezia

immagine del protagonista del giovane Tdazio nella trasposizione cinematografia di Morte a Venezia di Luchino Visconti, che accentua in modo magistrale la efebofilia contenuta nelle pagine di Thomas Mann

E chiudo questa lunga “litania” con l’ultima in ordine di serie: mesi fa, previa diretta conoscenza della persona, della situazione e dei fatti, informai un vescovo toscano che un giovane uomo andava tenuto prudentemente a distanza dal contatto con gli adolescenti negli ambiti parrocchiali, perché affetto da comprovati istinti efebofili. Indirizzai presso un rispettabile presbitero di quella diocesi, dotato di esperienza psicologica, un docente di mia conoscenza ad accompagnare presso di lui uno degli ex adolescenti palpeggiati in passato da questo personaggio, mosso da un rapporto tutto da definire con la fede e la Chiesa, entrambe vissute in una sorta di dimensione estetico-decadente dal sapore di “Morte a Venezia” di Thomas Mann. Ovviamente scrissi una dettagliata informativa a questo vescovo, il quale, quando nel maggio del 2015 lo incrociai presso la plenaria della Conferenza Episcopale Italiana ― dove mi ero recato per salutare alcuni prelati e incontrare altri che mi volevano parlare ―, in risposta alla mia lettera-relazione replicò che lui non era un magistrato e che se avevo qualche cosa da denunciare dovevo rivolgermi non a lui ma alla magistratura. E pochi mesi dopo, questo vescovo, non trovò di meglio da fare che dare prova della propria massima scelleratezza ammettendo questo efebofilo, cultore del bello e dell’estetica liturgico-musicale, nel proprio seminario. 

Inutile a dirsi: se questo soggetto divenisse per nostra somma disgrazia prete, ed una volta prete palpeggiasse un adolescente, io prenderò immediatamente la mia relazione inviata a suo tempo, i testimoni mandati a rendere testimonianza privata a quel vescovo e, senza alcuna esitazione, mi rivolgerò alla magistratura, ma non per denunciare l’efebofilo colto sul fatto, ma il vescovo. E nel mio esposto preciserò che non solo costui non mi ha prestato ascolto quando lo avvisai per tempo con dovizia di prove, ma che dopo essere stato informato di tutto punto sul soggetto ad altissimo rischio, reputò cosa buona e giusta ammetterlo nel proprio seminario. E vedremo, specie con i tempi che corrono oggi, con che faccia questo vescovo dirà ai magistrati che non sapeva niente; o con quale spirito oserà sostenere dinanzi ai giudici che lui non è un magistrato e che quindi, non essendo tale, non aveva alcun dovere e obbligo di vigilare sulla diocesi a lui affidata, al punto tale da ammettere senza problema una volpe dentro il pollaio, sebbene di ciò fosse stato avvisato per anticipo e con tutti i dettagli del caso.

l’Arciprete della Papale Basilica di San Pietro, Cardinale Angelo Comastri, impone le ceneri sul capo del Sommo Pontefice Benedetto XVI

Che la Chiesa abbia emanato documenti in materia è fuori dubbio, come è fuori dubbio che il Venerabile Pontefice Benedetto XVI scrisse una memorabile Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda [cf. QUI], da me considerata uno tra i più importanti atti del suo apostolico ministero pastorale e per questo più volte riportata nel mio saggio già precedentemente citato. Documento nel quale, il Sommo Pontefice allora regnante, spiegò come e in quale pericolosa misura molti vescovi non abbiano tenuto conto, ed in che modo seguitino a non tenere conto di quelle esortazioni, proseguendo imperterriti ad ammettere nei loro seminari sempre più vuoti dei veri e propri eserciti di asessuati — nell’ipotesi migliore —, se non peggio delle persone che palesano una evidente carenza di testosterone maschile e che ricercano nell’apparato estetico, ed in specie estetico-liturgico o estetico-ecclesiastico, il loro punto di rifugio, di sfogo e purtroppo anche di sicura carriera, che di prassi e di rigore fanno, perché se da una parte mirano a riscattarsi, dall’altra mirano all’esercizio del potere sugli altri attraverso ruoli di gran rilievo.

Nel corso degli ultimi anni non è mancata su certi gravi temi né la lungimiranza dei Sommi Pontefici né i documenti che danno precise direttive, come quello nel quale si esorta alla non ammissione nei seminari delle persone con tendenze omosessuali [cf. QUI]. Il problema è che quando un “sistema di governo” si trova a essere infettato proprio da queste persone ormai finite inserite nei ruoli chiave di comando, la conseguenza può essere questa: io finisco per due anni a celebrare la Santa Messa sine populo nelle Catacombe assistito dal mio allievo e collaboratore, mentre non pochi “vescovi-madama” che agiscono con l’umoralità tipica delle donne in menopausa, non trovano di meglio da fare che prendere uno dei propri prediletti gay e nominarlo direttamente rettore del seminario, altro che … non ammissione nei seminari delle persone con tendenze omosessuali! Purtroppo, in non pochi seminari e noviziati religiosi, i primi gay sono risultati essere proprio i formatori. E se non si vuol credere a me, che allora si creda alle sentenze date dai tribunali penali in vari paesi dell’Europa, inclusa l’Italia, sulla base di fatti e prove di una vergogna e di uno squallore tale da deturpare la povera Chiesa di Cristo col lancio delle peggiori sostanze organiche sul suo volto.

Quali soluzioni indicai, nelle pagine di quel mio studio? Anzitutto la soluzione ovvia: con autorità, severità e coraggio, alle vipere andava tagliata la testa. Questo scrivevo nel 2011, salvo vedere diverse di queste vipere diventare uno dietro l’altro vescovi nei successivi anni. 

asessuati

asessuati di tutto il mondo: unitevi!

Come mai giudico non sbagliato ma devastante, che tutt’oggi vi siano ecclesiastici che seguitano a pensare che se uno ha tendenze omosessuali, ciò che conta è che non eserciti fisicamente la propria omosessualità? Giudico questo sbagliato perché, la morale cattolica, troppo a lungo si è incentrata solo sulla dimensione fisico-sessuale e poco su quella psicologica, dimenticando che il sesso e la sessualità è anzitutto una questione mentale, un abito mentale. E come ho affermato in passato, seguito tutt’oggi a ribadire che l’omosessuale represso, colui che non dà alcun genere di sfogo fisico ai propri impulsi sessuali, è da sempre più pericoloso di quello che perlomeno si sfoga in rapporti sessuali con altri uomini. Il represso, da me anche definito come “omosessuale psichico”, è più pericoloso perché vive in una dimensione di cattività e di sempre maggiore incattivimento che trova principalmente sfogo in tre cose: nel perverso piacere a lui derivante dal recare male agli altri, nella brama di potere e nello sfrenato carrierismo, nell’attaccamento ai soldi ed ai beni materiali. Queste persone sono inoltre ricattabili, facilmente manipolabili dai loro “benefattori”, pronti a tradire ed a violare la segretezza, se devono in tal modo rendere grazie o beneficiare i propri padrini, o più semplicemente proteggere uno dei membri della loro gaia confraternita. Per questo ribadisco: gli “omosessuali psichici” che si sono auto-repressi sono peggiori, perché in modo peggiore sfogano la propria repressione in danno della Chiesa e spesso dei preti buoni è sani, che da sempre sono le loro vittime preferite, sotto gli occhi sempre più impotenti dei vescovi e delle autorità ecclesiastiche.

adolescenti

quando dopo mezzanotte gli adolescenti danzano seminudi sui cubi delle discoteche gay, in questo caso non è lecito parlare né di adolescenti né tanto meno di pedofili, anzi bisogna proclamare il “sacro dogma” di “fede” che Gay è Bello. Se però un prete palpeggia un giovane marchettaro di 17 anni e undici mesi, è invece un pericoloso pedofilo.

Nella nostra società schizofrenica dove domina l’ideologia gender, la Chiesa sta mostrando una desolante debolezza e inadeguatezza. Per esempio: come mai, ogni volta che giornali, siti e blog della potente Lobby Gay ci sbattono in faccia gli immancabili “preti pedofili”, nessuno ha il coraggio di replicare che la maggior parte dei presunti preti pedofili, lungi dall’esser tali, in verità sono preti omosessuali, meritevoli come tali di tutte le migliori protezioni e tutele da parte di quella onnipotente madre socio-politico-economica nota come Lobby Gay?

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Quando si tratta di noi preti, accade infatti per incanto che i gay affetti da “puri” e “meravigliosi“ istinti omosessuali, meritevoli come tali di tutela e in caso contrario di accuse d’omofobia gridate verso chiunque osi dissentire, diventano putacaso dei pedofili. Un arcano, questo, che adesso vi spiegherò io, visto che la tremebonda autorità ecclesiastica non lo ha ancora spiegato, pur avendo a disposizione una caterva di riviste cattoliche, agenzie stampa e uffici per le comunicazioni sociali. Rasserenatevi comunque, cari cattolici, perché grazie a Dio c’è L’Isola di Patmos, giovanneo luogo dell’ultima rivelazione, con i suoi agguerriti Padri che non hanno padrini e padroni all’infuori di Nostro Signore Gesù Cristo.

montecassino

Montecassino, la storica abbazia dell’Occidente fondata da San Benedetto da Norcia nel VII secolo.

La verità è che i preti si screditano in due principali modi, o meglio con le due famigerate “esse”: sesso e soldi. Beninteso: come clero, negli ultimi anni abbiamo dato il peggio di noi stessi in scandali patrimoniali ed a sfondo sessuale. Basti tornare al paradigma dell’Arciabate di Montecassino, che a quanto sino ad oggi appurato è arrivato a spendere in capricci, ed in specie in capricci di carattere sessuale, 36.000 euro in un solo mese. Prima di proseguire apro però la dolente parentesi che l’Autorità Ecclesiastica s’è guardata dall’aprire: quale genere di rapporto “malato” intercorreva tra il precedente Arciabate di Montecassino, Dom Bernardo D’Onorio [1983-2007], promosso in seguito Arcivescovo di Gaeta [2007], ed il suo successore Dom Pietro Vittorelli [2007-2013]? Perché a volere il Vittorelli prima responsabile della formazione dei monaci come maestro dei novizi e animatore vocazionale ― sempre per tornare al discorso delle volpi poste a guardia dei pollai ― appresso come suo segretario particolare, fu proprio l’allora Arciabate Bernando D’Onorio. Pertanto domando: è legittimo chiedersi dove mai avesse gli occhi e con essi la sapienza e la cristiana prudenza, quell’asessuato psichico dell’Arciabate Bernardo D’Onorio, nel porre in simili ruoli delicati una persona dalla evidente sessualità disordinata come Pietro Vittorelli? E mentre un asessuato passava il proprio pastorale ad un sessuato disordinato, in quali faccende erano affaccendate le Autorità della Santa Sede, alle quali spetta la accettazione e poi la conferma della nomina dell’Arciabate di Montecassino? Perché, come potete ben vedere, certi drammi nascono da una diabolica catena che nessuno s’è preso ancora cura di interrompere, perché per farlo sarebbe necessario andare contro intere cordate di amici degli amici degli amici … E chi ha elementi ragionevoli per smentirmi, che mi smentisca, all’occorrenza anche a colpi di querele, non vedo l’ora di riceverne almeno una! E qualora qualche Autorità Ecclesiastica sollevasse un sospiro su quanto sin qui da me affermato, semmai accusandomi di “irriverenza” e di “inopportunità”, a mia difesa chiamerò una squadra di periti urologi, andrologi e psicologi. E dopo ch’essi avranno periziato che il D’onorio, padre partoriente del mostro Vittorelli, sprizza in realtà virile testosterone maschile da tutti i pori della pelle, io mi genufletterò a chiedere pubblicamente perdono, mi ritirerò a vita privata e non scriverò più neppure un articolo, anzi non scriverò più manco il mio nome. E se proprio sarò obbligato a firmare lo farò con una “X” al fermo scopo di non scrivere, a riprova che un vero uomo e un vero prete — se proprio non vuole e non può essere omertoso — allora è bene che non scriva neppure, perché deve essere sordo, cieco, muto e anche analfabeta.

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Nichi Vendola con il compagno Ed Testa testimonial della XX edizione del Gay Pride romano [cf. QUI]

Sui giornali ultra laicisti, sui siti e sui blog della potente Lobby Gay, chiunque può leggere le parole di fuoco scritte sull’Arciabate di Montecassino Pietro Vittorelli, riguardo il quale, agli ultra liberisti, agli omosessualisti e agli ideologi del gender che lo hanno additato alla pubblica gogna, manca però un passaggio fondamentale che in malafede ignorano: il Vittorelli non era né un pedofilo né un pericoloso bancarottiere, ma semplicemente un omosessuale impenitente, che posto in un ruolo di governo, o se preferiamo di potere, ha usato mezzi e danaro per spassarsela in giro per il mondo con giovanotti pagati un tanto a centimetro, in base alla lunghezza ed alla circonferenza del loro membro virile. Esattamente come fanno da sempre buona parte dei gay che, avendo soldi a disposizione, possono permettersi capricci pagandoli all’occorrenza con viaggi, con vestiti firmati, con soggiorni in hotels a cinque stelle … il tutto un tanto a centimetro, calcolato sia per la lunghezza sia per la circonferenza del membro virile del loro ganzo di turno. Se poi alla fine gli gira, certi gay si prendono anche un utero in affitto, pagano una donna semmai bisognosa e si fabbricano un bimbo giocattolo ad uso e consumo del loro incontenibile egoismo satanico. E sinceramente, per me, fare questo e promuovere il tutto come “diritto”, è cosa molto peggiore del sottrarre ― come ha fatto il Vittorelli ― soldi alla Caritas per pagarsi i marchettari, con buona pace del neo-papà-gay Nichi Vendola appena ritornato alle porte dei sessant’anni da una fabbrica americana di bambini con il suo compagno che a sua volta potrebbe essere suo figlio. Perché dinanzi a questa gente, non dico sarei pronto a riabilitare l’ex Arciabate di Montecassino, ma sicuramente a considerare, in debita proporzione, quanto la sua colpa sia minore. Ben maggiore è infatti la colpa di una Gianna Nannini, di un Elton John e di un Nichi Vendola che si fabbricano bambini a proprio uso e consumo. Mentre infatti il marchettaro adulto è libero e consenziente nei propri mercimoni con prelati e preti altrettanto adulti e consenzienti, un bimbo o una bimba posti in simili disumane condizioni, non sono né liberi né consenzienti di scegliere simili aberrazioni destinate a segnare tutta la loro esistenza in modo negativo e profondamente traumatico.

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Le Iene di Italia Uno, ormai specializzate nella caccia al prete

Domanda: se questo e altro ancora è lecito a tutti i danarosi omosessuali che sulla toccante musica di Sir Elton John strepitano “gay è bello”, perché mai non dovrebbe essere altrettanto per l’ex Arciabate di Montecassino? Mi stupisco quindi che proprio le Lobby Gay non lo abbiano protetto, né che abbiano scritto che tutto sommato è stato un grande a spassarsela come ha potuto, esattamente come sono abituati a fare i ricchi lobbisti gay.

Anziché averli protetti come omosessuali sulla base del genderista “dogmadifede” che “gay è bello”, proprio i lobbisti gay hanno invece letteralmente massacrato nel tempo svariati ecclesiastici, usando spesso anche il braccio armato delle Iene di Italia Uno, che sono andate a scovarli e filmarli di nascosto uno per uno. E sono quelle stesse Iene che al tempo stesso proteggono la cultura del gender, i matrimoni tra coppie dello stesso sesso ed il loro “diritto” ad adottare o fabbricarsi e comprarsi dei bambini.

Ebbene io sfido chiunque a trovarmi un membro della comunità scientifica, nell’ambito specialistico della neurologia, della neuropsicologia, della psichiatria e della psicologia clinica, disposto a sostenere che un adulto che abbia oggi un rapporto sessuale con un ragazzo consenziente di 16/17 anni, che semmai si prostituisce già da tre o quattro anni e che a 10/11 anni aveva interi archivi di film porno collezionati nel suo computer e nel suo telefono cellulare, sia un pericoloso pedofilo. Credo infatti che nessun membro della comunità scientifica asserirà mai una cosa del genere, specie sapendo a quali livelli di conoscenza e di degenerazione sessuale sono già giunti molti nostri giovani all’età di 13/14 anni.

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Lecco, lussureggiante città sulle Alpi

A Roma c’è un ospedale che cura malattie infettive anche legate all’apparato sessuale. Ora io invito chiunque a fare quattro chiacchiere con gli specialisti di questo ospedale, che è il San Gallicano, perché sarà loro premura spiegare quanti adolescenti di ambo i sessi in fascia d’età compresa tra i 14 ed i 16 anni giungono con gravi infezioni per avere praticato cosucce amene che, come noto e risaputo, sono proprio … “tipiche” della “prima adolescenza”, per esempio i rapporti cosiddetti anali, i rapporti cosiddetti orali, i rapporti cosiddetti di gruppo dove basta una sola persona infetta per trasmettere l’infezione a tutti, od il contatto della bocca e della lingua con la vagina e con l’orifizio anale … e via dicendo …

Per salvarmi dalla disapprovazione di quei pochi soggetti pronti a manifestare scandalo dinanzi a certi dettagli legati alla sfera sessuale forniti da un prete, chiarisco e preciso che volendo essere capito da tutti in certi miei scritti, indirizzati al grande pubblico e non solo ai teologi o agli specialisti, mettermi a sfoggiare latinismi clinici, che pure conosco, per indicare l’esistenza di precise realtà, sarebbe cosa non opportuna, se non rasente il ridicolo e soprattutto quello spirito pudibondo che non va mai confuso col valore umano, sociale e cristiano del pudore. Se infatti dei ragazzini e delle ragazzine di 14 anni finiscono con gravi infezioni al San Gallicano perché una ragazzina già navigata ha trasmesso una infezione alla bocca di un coetaneo che gli ha cacciato la lingua nella vagina e nell’orifizio anale, capite bene che è inutile usare eufemismi. E se questo accade, credo sia urgente porsi qualche serio quesito, specie poi se uno di questi adolescenti si lascia palpeggiare ben volentieri da un prete in cambio dell’Ipad nuovo, che volendo possiamo e dobbiamo anche chiamare perverso e pervertito, che dobbiamo isolare, condannare e sospendere dall’esercizio del sacro ministero, sempre però indicandolo col suo vero nome, che è quello di “omosessuale”, non quello di “pedofilo”, al massimo possiamo indicarlo come efebofilo. E come omosessuale, o come efebofilo, questo prete, secondo le tendenze contemporanee, andrebbe anche tutelato e se attaccato protetto con una levata di scudi da parte della Lobby Gay al grido di “omofobo, omofobo!” diretto verso chiunque osi mettere in discussione i suoi legittimi gusti sessuali.

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il Cardinale Agostino Vallini, tratto da un frammento del filmato intervista di SIR

Dal ludico discorso sugli orifizi e dalle malattie infettive dei minori più navigati di quanto non lo fossero i cinquantenni di mezzo secolo fa, vorrei concludere passando ad una risposta data dal Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, Cardinale Agostino Vallini, riguardo il quale rimando alle immagini video in cui egli risponde, nella propria veste di Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, riguardo le prodezze dell’ex Arciabate di Montecassino, che come tale fu per diversi anni membro della Conferenza Episcopale Italiana e quindi della locale Conferenza Episcopale del Lazio. Il Cardinale Vallini, noto anche come il più grande canonista del mondo, dinanzi alle gesta del Vittorelli, facendo uso di un linguaggio tipico dei politicanti e non dei pastori in cura d’anime, riferendosi unicamente a degli illeciti patrimoniali ha dichiarato che se la magistratura riscontrerà gli elementi per procedere con una condanna, in tal caso la Chiesa di Cassino si costituirà parte civile attraverso una azione risarcitoria (!?) [cf. filmato con intervista QUI]. Insomma: erano anni che il Vittorelli conduceva una vita non consona, che frequentava i più discussi salotti romani, che si assentava come e quando voleva dall’abbazia, che faceva vacanze lussuose; ma soprattutto era palese a chiunque che le sue pose ed il suo modo di porgersi erano più simili alle movenze di una principessa capricciosa anziché ad un uomo formatosi nel rigore del chiostro monastico, ma soprattutto ad un uomo. E nonostante tutto questo, qualcuno vuol farci credere che nessuno sapeva … che nessuno si era mai accorto di niente?

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i messaggi whatsapp scambiati dell’Arciabate di Montecassino con i suoi marchettari: «io faccio tutto quello che mi pare» … «io vado a cerca’ cazzi». Ma di questa vita dissoluta nessuno sapeva niente …

Avrei pure un’altra domanda da rivolgere a quanti oggi si stracciano le vesti perché a loro dire non sapevano niente. Questa la domanda: gli agenti della squadra anti-narcotici, quanto tempo prima dello scoppio dello scandalo, fecero trapelare in modo discreto alle Autorità Ecclesiastiche che questa principessa-prelato usava droghe? Perché in via del tutto informale e riservatissima, con me alcuni addetti della anti-narcotici, si consultarono agli inizi del 2012, trovandosi a trattare il delicatissimo caso di questo prelato alquanto in vista che tra l’altro acquistava illecitamente e deteneva altrettanto illecitamente sostanze stupefacenti quali ecstasy, cocaina e crack. E oltre a fare niente, cosa fece l’Autorità Ecclesiastica, seppure informata? Forse cominciò a preparare il rito dello straccio delle vesti e dell’addolorato “non sapevamo”, da usare nel giorno in cui sarebbe scoppiato l’inevitabile scandalo pubblico, come prova il video qui riprodotto dal quale sprizza tutta l’immane sofferenza del Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, primo in testa a tutti nel … non sapere niente? [cf. filmato con intervista QUI]

Sinceramente, sul piano della morale cattolica e del Diritto Canonico, l’appropriazione e lo sperpero dei soldi, nel caso di specie testé richiamato è solo la conseguenza di disordini molto più gravi e tutti quanti riassunti nella vita dissoluta del Vittorelli, che con atteggiamenti ed espressioni tali da nauseare persino il dissacrante Marchese de Sade, nelle telefonate e nei numerosi messaggi intercettati attraverso i quali comunicava con i marchettari gay suoi fornitori di servizi sessuali più o meno forti, soleva definire la droga, il sesso e il vizio come “Paradiso”. Naturalmente mai nessun tribunale italiano condannerà l’ex Arciabate di Montecassino per avere praticato in lungo e in largo l’omosessualità, né per l’uso personale di droghe, né per avere avuto attorno a sé una corte di giovanotti, né per avere ricercato nei siti gay giovanotti adulti e consenzienti che fossero particolarmente dotati in mezzo alle gambe, perché nulla di tutto questo è perseguito ed è perseguibile dal Codice di Diritto Penale.

nebbia su san pietro

immagine della Papale Basilica di San Pietro avvolta da una insolita nebbia

Ecco quindi la mia domanda precisa e per nulla nebulosa rivolta al più grande canonista del mondo: non è che per caso, in attesa della sentenza del tribunale penale italiano, il tribunale ecclesiastico, nel foro delle sue competenze, avrebbe già dovuto agire e procedere da tempo attraverso severissime pene canoniche erogate a carico di questo indegno ecclesiastico finito per somma disgrazia dell’intera cattolicità a capo e guida della storica abbazia madre dell’Occidente? E una volta erogate queste pene canoniche, non sarebbe stato opportuno darne pubblica notizia, per chiarire in che modo e all’occorrenza con quale severità la Chiesa cala la misericordiosa scure su certi suoi figli indegni e forieri di immani scandali pubblici? Nulla di tutto questo è però avvenuto, perché il Cardinale Vallini, che a quanto pare sembra essere emblema dell’iper-garantismo giuridico e che forse s’è scoperto d’improvviso più liberale di Cavour, più garibaldino di Garibaldi e più repubblicano di Mazzini, del tutto dimentico di essere stato per anni anche Presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, dichiara e precisa di essere in attesa del … giudizio del tribunale penale dello Stato affinché sia poi valutato come agire (!?).

Ecco, io spero che nessuno, nelle alte sfere politiche e amministrative della Repubblica Italiana, scopra che in casa nostra abbiamo un canonista di tal fatta, perché potrebbero “rubarcelo” per nominarlo prima Presidente della Suprema Corte di Cassazione e poi appresso senatore a vita.

Detto questo adesso capite, cari lettori e lettrici de L’Isola di Patmos, a chi siamo in mano da anni e anni? Siamo in mano a delle biciclette che si mettono sulla pista dell’autodromo di Monza nella sicura convinzione di poter correre come delle Ferrari. Siamo in mano a persone avviluppate dalla più desolante mediocrità ma al tempo stesso convinte che il Popolo di Dio sia composto da villici beoti del contado incapaci di capire e cogliere la immane gravità dei loro giri di parole, come appunto il più grande canonista del mondo che asserisce di attendere la sentenza di condanna dello Stato — riguardo reati a sfondo patrimoniale — per poi vedere eventualmente come procedere a carico di un prelato che ha gestito la propria vita come s’essa fosse stata un lupanare dell’antica Pompei; un vivere comprovato che però, se non sarà dichiarato tale dal tribunale dello Stato, nulla potest il tribunale ecclesiastico?

dieci ragazze

Dieci ragazze, copertina di vecchio un 45 giri di Lucio Battisti

Poste queste premesse, io potrei tranquillamente prendere e mettere in atto la canzone di Lucio Battisti che motteggia «Dieci ragazze per me, posson bastare» [cf. QUI]. E nessuno potrebbe dirmi niente e meno che mai sanzionarmi canonicamente, perché se dinanzi al Vittorelli che s’è ripassato giovanotti in lungo e in largo, il Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, Presidente della Conferenza Episcopale del Lazio, oltre che più grande canonista del mondo e già Presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, dichiara di attendere di sapere dalla sentenza del tribunale penale italiano se vi sono figure di reato di rilievo squisitamente patrimoniale per poi eventualmente agire, sorvolando su una vita improntata su una immoralità che ha veramente del satanico; ciò premesso capite bene che io posso spassarmela senza alcun problema morale con dieci ragazze, che come diceva il Battisti «posson bastare». Il tutto senza che alcuna legge ecclesiastica mi persegua canonicamente, a meno che il tribunale penale italiano non stabilisca che per un prete, spassarsela con dieci ragazze, è reato; ma non credo che lo stabilisca mai, semmai potrebbero darmi un diploma di benemerenza e forse la cittadinanza onoraria del luogo in cui il fattaccio s’è svolto, qualora dimostrassi di averle rette e rallegrate tutte quante.

Memore che a certi caporioni nessun Caso Spotlight insegna niente e che tutt’oggi pretendono di seguitare a stracciarsi le vesti al falso grido addolorato del “non sapevamo”, auguro nell’anno giubilare al più grande canonista del mondo di poter terminare quanto prima il proprio mandato come Vicario Generale di Sua Santità, dedicando il tempo di vita che la grazia di Dio deciderà di concedergli, a chiedere perdono a Cristo per i danni da lui recati alla Chiesa, in particolare alla Chiesa del Vescovo di Roma, al quale forse qualcuno, dalla sua efficiente Segreteria di Stato, farebbe bene a stampare e portare questo mio scritto, perché sin quando ai Vallini ed ai loro adulanti scagnozzi in carriera si permetterà di bastonare i preti come me, i danni che di conseguenza ne deriveranno alla Chiesa saranno sempre più incalcolabili e irreversibili.

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dall’Isola di Patmos, 3 marzo 2016

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Autore Redazione dell'Isola di Patmos

Autore
Redazione
dell’Isola di Patmos

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Appendice postuma [7 marzo 2016]

sir

SEGNALIAMO CON PIACERE UN ARTICOLO COMPARSO SU SIR (SERVIZIO INFORMAZIONE RELIGIOSA) ALCUNI GIORNI DOPO LA PUBBLICAZIONE DI QUESTO NOSTRO ARTICOLO DI ARIEL S. LEVI di GUALDO

per aprire cliccare QUI

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Appendice postuma [4 marzo 2016]

federico lombardi

Nella foto: Federico Lombardi, S.J. portavoce ufficiale della Sala Stampa della Santa Sede

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SEGNALIAMO UNA NOTA MOLTO INTERESSANTE DEL 4 MARZO A CURA DI

FEDERICO LOMBARDI, S.J.  

PORTAVOCE UFFICIALE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

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Per aprire cliccare QUI

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

Cosa sta accadendo al Santo Padre Francesco? Le ragioni di una preoccupazione in un clima di insolita confusione

—  attualità ecclesiale

CHE COSA STA ACCADENDO AL SANTO PADRE FRANCESCO? LE RAGIONI DI UNA PREOCCUPAZIONE IN UN CLIMA DI INSOLITA CONFUSIONE

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Il Santo Padre non dovrebbe offendersi per qualunque critica gli venga rivolta. Specie se vuole rifarsi come sembra all’esempio di Cristo, che venne criticato dai farisei; egli con troppa facilità si sente in ciò simile a Cristo considerando senz’altro farisei quelli che lo criticano e giunge quasi a vantarsi di esser criticato.

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Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

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PDF  articolo formato stampa

 

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alcuni cartelli di ironica critica comparsi sui muri del centro metropolitano di Roma un anno fa

Le ragioni della preoccupazione sono semplici e comprensibili: se una persona che stimiamo ed amiamo comincia a dar segni di infedeltà nei confronti di quei valori per i quali la stimiamo e la amiamo, ovviamente non possiamo non preoccuparci, domandarci da cosa può dipendere questa decadenza e cosa possiamo fare per rimediarvi. Sentimenti simili proviamo noi cattolici nei confronti del Santo Padre, che con un certo crescendo, dà segni preoccupanti di non compiere il proprio dovere di sommo pastore della Chiesa.

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Comportamenti e idee di Papa Francesco oggi piacciono a grandi folle, pastori e teologi attaccati a questo mondo e ad un cattolicesimo sedicente progressista, ma in realtà modernista, nonché ad ambienti non cattolici.  

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Non che il Papa insegni l’eresia, ma tuttavia egli cammina sul ciglio del burrone. Ma che cosa gli è successo? La risposta è semplice: forse si è lasciato prendere dal gusto del potere. Tutto il mondo, quindi, sembra dover dipendere dalla sua parola e dalla sua volontà. I suoi fans vorrebbero convincerlo che non c’è dogma, non c’è sacramento, non c’è tradizione, non c’è legge morale, non c’è istituzione della Chiesa e dello Stato che egli non possa cambiare a sua volontà, ritenendosi sempre sotto l’influsso dello Spirito Santo. Si tratta indubbiamente di un caso mai successo prima nella storia della Chiesa.

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Ma dov’è il Romano Pontefice custode, interprete e difensore del deposito della fede, supremo annunciatore del Vangelo, Sommo Sacerdote dispensatore dei sacramenti, zelante padre, giudice e medico delle anime, guida nelle vie della santità verso il regno dei cieli, garante dell’ordine, del diritto, della giustizia, della libertà, del progresso e della pace nella Chiesa, luce delle genti e salvezza del mondo?

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A tale riguardo non si può escludere che Papa Francesco attualmente sia tentato dal demonio, maestro di quella superbia che porta all’eresia. Ciò potrebbe spiegare i frequenti richiami del Papa alla lotta contro il demonio, cosa del tutto inusuale nei Papi, almeno degli ultimi secoli, soprattutto per le istruzioni concrete che il Pontefice impartisce, cosa che fa pensare che egli parli per esperienza diretta. 

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In realtà è mia convinzione che mai nella storia del papato Satana abbia sferrato contro il papato un attacco così violento e insidioso, e proprio riguardo l’ufficio più importante del Papa, che è la custodia della dottrina della fede. Tale attacco contro Papa Francesco è il culmine di un’azione che Satana ha istigato nella Chiesa a partire dall’immediato post-concilio, col suscitare un rinnovato modernismo, soprattutto nel rahnerismo, sotto pretesto del rinnovamento conciliare. Nel contempo, da quel momento, il potere delle tenebre ha ingannato l’episcopato instillando in esso la illusoria convinzione che non fosse più necessario vigilare contro le eresie, e che il tempo delle eresie e della loro relativa condanna fosse cessato grazie al clima di dialogo avviato dal Concilio ed alla messa in opera della raccomandazione di San Giovanni XXIII di cercare ciò che unisce e non ciò che divide [vedere testo, QUI]. Senonché tale utile avviso, che serve a creare la pace e la concordia, fu inteso come invito a disinteressarsi delle eresie, dalle quali appunto nascono le divisioni. L’esortazione del Santo Pontefice a non dividere fu intesa come incitamento a non tener conto e quindi a non eliminare ciò che divide.

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Ecco allora che in tal modo, il rinato modernismo, non represso per tempo dai vescovi, in questi cinquantanni si è accresciuto continuamente, fino a penetrare negli anni Ottanta del Novecento nelle Facoltà Pontificie e con Papa Benedetto XVI nella stessa Santa Sede. In questo periodo di tempo il papato si è visto progressivamente eroso ed indebolito nella lotta al modernismo per il mancato appoggio dei vescovi, tra i quali cominciò a penetrare l’astuto rahnerismo, finto sostenitore dell’episcopato, mentre in realtà lo mette contro il Papa e lo asserve alle voglie del laicato. In tal modo, nonostante il valente Cardinale Joseph Ratzinger alla Congregazione per la Dottrina della Fede, critico personalmente di Rahner, il dicastero da lui diretto non ebbe mai la forza di condannarlo. Solo San Giovanni Paolo II nel 1993 nell’enciclica Veritatis Splendor [nn. 65-67, testo QUI] riuscì a condannare la sua dottrina morale.

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Un Pontefice può essere  peccatore ma non eretico. Bisogna quindi chiarire che con non può verificarsi il fatto di un Papa eretico. Qualunque cattolico, dal Segretario di Stato in giù può essere eretico, all’infuori del Papa. L’esistenza e quindi l’essenza della Chiesa, sacramento universale di salvezza, nella sua propria immutabile ed indistruttibile identità e santità voluta e garantita da Cristo, dipende originariamente in ultima istanza dall’insegnamento dogmatico del Papa. Per questo il Concilio di Firenze del 1442 insegna che chi disobbedisce o si ribella al Papa va all’inferno. Non aveva torto il Pontefice Bonifacio VIII nel dire che l’autorità del Papa è la suprema fra tutte quelle che esistono nella terra, comprese quelle temporali, in forza del detto di Cristo «ogni potere mi è stato dato in cielo e in terra» [Mt 28,18].

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Però un Pontefice può peccare di temporalismo o attaccamento al potere in due modi: o con la pretesa di dirigere politicamente dall’alto del suo potere spirituale gli affari temporali, intromettendosi in essi e togliendo ai governanti politici la loro autonomia, oppure impostando l’intero ministero pontificio su di una linea meramente temporale o politica, o al massimo antropologica, lasciando in ombra il ministero apostolico e spirituale. E questo, purtroppo, sembra essere il difetto di Papa Francesco. Mai infatti nella storia della Chiesa era capitato di ritrovarsi in presenza in essa di eretici che restano impuniti e sia la persecuzione dei fedeli da parte di queste correnti ereticali occupanti posti di potere. Certo, nella Chiesa gli eretici ci sono sempre stati, ma essi venivano regolarmente espulsi, o essi stessi dichiaravano francamente di non considerarsi più cattolici.

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Il Santo Padre non dovrebbe offendersi per qualunque critica gli venga rivolta. Specie se vuole rifarsi come sembra all’esempio di Cristo, che venne criticato dai farisei; egli con troppa facilità si sente in ciò simile a Cristo considerando senz’altro farisei quelli che lo criticano e giunge quasi a vantarsi di esser criticato. Sì, certo, c’è un certo farisaismo nelle critiche che gli fanno alcuni, per non parlare dell’astio e della malafede che anima non pochi suoi detrattori, che sono appunta tali anziché lucidi critici. Tuttavia, egli dovrebbe saper distinguere le critiche malevole e preconcette, da quelle giuste e ragionevoli, delle quali dovrebbe tener conto, per non mostrarsi orgoglioso e permaloso.

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Nonostante ciò la grazia, in questa emergenza drammatica, raggiunge comunque tutti nella Chiesa, vescovi e Papa compresi, per mezzo dei laici, semplici fedeli, giornalisti, intellettuali, uomini politici, scrittori, filosofi, teologi, profeti e mistici. Non mancano preti e religiosi. Tuttavia la Chiesa è indistruttibile, nonostante le potenze dell’inferno si accaniscano continuamente contro di essa. Se le cose continuano così, dobbiamo sperare nella conversione del Papa e dei vescovi grazie all’azione ed alla preghiera del popolo di Dio. Posto che tutti i membri della Chiesa terrena, compreso il Papa, finché vivono quaggiù, per quanto santificati nella Chiesa, corrono sempre il rischio di perdersi. Essi, per santificarsi, devono essere in comunione con la Chiesa, compreso il Papa, perché essa è santa e sorgente della santità, animata dallo Spirito Santo. Il Papa fruisce di quella santità della Chiesa che egli stesso amministra nei sacramenti per mandato di Cristo. E il piccolo esercito dei laici profetici che salverà la Chiesa, dovrà alimentarsi anch’esso, ovviamente, ai sacramenti, nella amministrazione dei quali il sommo sacerdote è il Papa.

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Comunione con la Chiesa dunque vuol dire comunione col Papa, anche se questi può essere in peccato mortale e come tale interiormente fuori della Chiesa. Eppure il Papa, anche in queste deprecabili condizioni, resta sempre come Capo della Chiesa, principio della comunione ecclesiale, almeno giuridica.

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Sbagliano pertanto quelli che parlano di un Papa ”scismatico”. Si vede che non sanno che cos’è uno scisma. Esso è sì il separarsi dalla Chiesa, ma con ciò stesso dal Papa. Ora, il Papa evidentemente non si può separare da se stesso, né può scomunicare se stesso. Il Papa è l’unico cattolico che non può essere scomunicato. Qui però si tratta di un fatto giuridico di foro esterno. Perché ciò non impedisce invece che un Papa sia fuori della Chiesa in foro interno, in quanto in stato di peccato mortale. Se la Chiesa è santa, chi non è santo non può appartenere alla Chiesa nell’anima, ma semmai solo col corpo. O semmai per un mero fatto giuridico-funzionale. Può continuare a fare il Papa, ma certo non lo farà bene e non lo farà come deve.

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«Dal maligno nemico difendimi»

[Dalla preghiera Anima Christi]

Varazze, 29 agosto 2018

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Il caso Viganò ed il “Chi sono io per rispondere?”. Pedofilia, efebofilia ma soprattutto troppa omosessualità diffusa nel clero. La Chiesa piaciona è infine caduta sotto i colpi mortali della piacioneria

— attualità ecclesiale —

IL CASO VIGANÒ  ED IL «CHI SONO IO PER RISPONDERE?». PEDOFILIA, EFEBOFILIA, MA SOPRATTUTTO TROPPA OMOSESSUALITÀ DIFFUSA NEL CLERO. LA CHIESA PIACIONA È CADUTA INFINE SOTTO I COLPI MORTALI DELLA PIACIONERIA.

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Nel viaggio di ritorno dall’Irlanda, una giornalista ha rivolto al Sommo Pontefice una domanda sul cosiddetto Caso Viganò, senza che però nessuno, a quanto sino ad oggi ho letto, abbia analizzata la risposta data dall’Augusto intervistato. Infatti, il Santo Padre, dinanzi alle questioni sollevate da un vescovo anziano ha esordito nei concreti fatti con un “Chi sono io per rispondere”? Eppure il quesito a cui rispondere è molto semplice: S.E. Mons. Carlo Maria Viganò, dice il vero o dice il falso?

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PDF  articolo formato stampa

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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disinteresse e gratuità …

Nei precedenti articoli ai quali rimando [cf. QUI, QUI], credo d’aver distinto con sufficiente rigore scientifico la differenza tra pedofilia, efebofilia e casi di omosessualità diffusi nel clero. O per usare le parole di un uomo di Dio, il Cardinale Carlo Caffarra, col quale più volte ebbi a parlare del problema ormai fuori controllo dei preti e degli ecclesiastici gay ai più alti vertici delle nostre gerarchie ecclesiastiche: «Siamo dinanzi a un problema di proporzioni ormai epidemiche!», rispose con addolorato sconforto il porporato.

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In uno di questi miei ultimi articoli rivolgo a taluni giornalisti esperti di faccende vaticane un preciso quesito che so bene rimarrà senza risposta, ossia se costoro credono che il Pontefice Regnante sia per fede, dottrina, scienza e doti pastorali al di sopra di Gregorio I Magno. Quindi domando, in tono sicuramente ironico ma pertinente, se costoro sono veramente convinti del fatto che il Padre e il Figlio possono anche sbagliare a far procedere lo Spirito Santo, ma che il Pontefice Regnante non può invece sbagliare mai, qualsiasi cosa dica o faccia. Trovo infatti inquietante che costoro non si pongano neppure il problema che l’uomo Jorge Mario Bergoglio, come tutti noi nati con la macchia del peccato originale, è un essere imperfetto perché corrotto anch’esso come tutti gli umani da questa macchia, che da noi non è stata certo commessa, ma che ci è stata trasmessa dai nostri progenitori responsabili della natura corrupta [Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 385-412].

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A questi strenui difensori, per i quali forse l’uomo Jorge Mario Bergoglio, dopo il Verbo di Dio e la Beata Vergine Maria è considerato il terzo nato senza macchia di peccato originale nella storia dell’intera umanità, fanno da controcanto soggetti similmente ma diversamente pericolosi: gli odiatori del Pontefice Regnante, pronti ad aggredirlo e irriderlo in modo insolente per qualunque cosa egli dica o faccia, incluse le non poche cose giuste da lui dette e fatte nel corso del proprio pontificato, ma soprattutto dimenticando che egli, per quanto imperfetto, limitato e defettibile è il legittimo Successore di Pietro. Possiamo pertanto non apprezzarlo come persona, o come cosiddetto dottore privato, ma dobbiamo però rispettarlo e soprattutto ubbidirlo quando egli si esprime in materie di dottrina e di fede [cf. Mt 16, 13-20].

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Noi consacrati col Sacro Ordine Sacerdotale — ed è bene che io lo ricordi a certi generi di giornalisti laici —, al Vescovo che ci ha ordinati recitando su di noi la preghiera consacratoria, imponendoci le mani ed ungendoci col sacro crisma, abbiamo promesso rispetto e devota obbedienza, sottinteso: a lui e al Vescovo di Roma, perché è in comunione col Vescovo della Diocesi e col Vescovo di Roma Padre della Chiesa universale che noi celebriamo e possiamo lecitamente e validamente celebrare il Sacrificio Eucaristico. Non abbiamo invece mai promesso che il Vescovo consacrante, quindi il Vescovo di Roma, ci sarebbe rimasto simpatico e che lo avremmo stimato. Abbiamo promesso che lo avremmo rispettato e ubbidito. Infatti noi siamo presbiteri consacrati col Sacramento dell’Ordine, non siamo certi vaticanisti che pare abbiano invece solennemente promessa simpatia e stima incondizionata a Jorge Mario Bergoglio, ovviamente il tutto gratis et amor Dei, come spiegheremo in seguito …

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Una cosa che accomuna questi due estremi, che come dei binari ferroviari sono distanti tra di loro, che non si toccano ma che consentono però il transito dello stesso identico treno, è che il loro agire, sia esso favorevole ad oltranza o contrario ad oltranza a questo pontificato, non è gratuito, perché dietro gli uni e gli altri ci sono soldi e finanziatori; non ci sono le libere offerte dei Lettori unite alle offerte per le Sante Messe in suffragio dei defunti che il sottoscritto mette da sempre a totale disposizione delle spese de L’Isola di Patmos, con tanto di pubblico registro nel quale è documentata al centesimo sino all’ultima offerta ricevuta [per meglio intendersi, vedere QUI]. Sono quindi arrivato a una conclusione: sia amare in modo cieco e acritico, sia odiare in modo altrettanto cieco ed acritico, a certe gente rende; e sia chiaro che rende sia in soldi sia in benefici di vario genere.

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S.E. Mons. Carlo Maria Viganò, ha deciso di rendere pubblici fatti e situazioni note da sempre all’interno della Chiesa; e questi fatti che hanno in sé del luciferino sono noti anche a tutti i vaticanisti da sempre più introdotti nei cosiddetti sacri palazzi, nei quali è da stabilire cosa al momento di veramente sacro sopravviva [cf. memoriale di S.E. Mons. Carlo Maria Viganò, QUI].

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Nel viaggio di ritorno dall’Irlanda, una giornalista ha rivolto al Sommo Pontefice una domanda sul cosiddetto Caso Viganò, senza che però nessuno, a quanto sino ad oggi ho letto, abbia analizzata la risposta data dall’Augusto intervistato. Infatti, il Santo Padre pronto a correre a Lampedusa, pronto a dedicare risposte dettagliate e logorroiche sulla nave di migranti fermata di recente nel porto di Catania, pronto come più volte ho ricordato a lavare e baciare i piedi a musulmani e prostitute alla Missa in Coena Domini, nel giorno che si festeggia la istituzione della Santissima Eucaristia e del Sacerdozio ministeriale, non certo la giornata del profugo e della prostituta, dinanzi alle questioni sollevate da un vescovo anziano ha esordito nei concreti fatti con un … “Chi sono io per rispondere”? [cf. minuto 20,47 del video che segue]. Mentre il giornale dei Vescovi d’Italia liquidava questo memoriale come «un dossier avvelenato» [cf. QUI].

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La stampa laicista, la stessa che per decenni ha pubblicamente linciato il Beato Pontefice Paolo VI, il Santo Pontefice Giovanni Paolo II e il Venerabile Pontefice Benedetto XVI, si è lanciata immediatamente alla difesa del Pontefice Regnante scaricando stille di veleno sull’Arcivescovo Carlo Maria Viganò, senza però entrare nel merito di quanto egli afferma nel suo memoriale. Perché il quesito è molto semplice: Sua Eccellenza Reverendissima, dice il vero o dice il falso? E ciò detto ricordo che questo genere di stampa è composta dagli stessi giornalisti che quando all’epoca attaccavano il Sommo Pontefice Paolo VI e poi il Sommo Pontefice Giovanni Paolo, erano dei giovanotti aitanti dalle folte chiome, oggi sono invece calvi e soffrono di artrite reumatoide, ma sono rimasti nell’anima le stesse mignotte di sempre. Ma soprattutto sono soggetti ai quali, oggi come quarant’anni fa, se qualcuno chiedesse loro di recitare le prime cinque parole di apertura del Credo, farebbero scena muta, però magnificano sulla stampa ultra laicista questo «pontificato rivoluzionario» che ha dato vita a «svolte epocali» dalle quali «mai si tornerà indietro» perché «assolutamente irreversibili». Ecco, la assolutezza della fede sulla quale costoro scrissero fiumi di veleno per denigrare il Cardinale Joseph Ratzinger quando la Congregazione per la Dottrina della Fede promulgò la dichiarazione Dominus Jesus [cf. QUI], l’hanno infine applicata al cosiddetto bergoglismo. E questa, piaccia o non piaccia, si chiama idolatria, o se preferiamo idolaicolatria.

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Abbiamo pertanto appreso da questi giornalisti che l’Arcivescovo Carlo Maria Viganò avrebbe avuto una causa di successione col fratello e la sorella, che sarebbe stato allontanato dal ruolo che ricopriva come Segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano, che sarebbe quindi un carrierista deluso, il quale aspirava a diventare Governatore e quindi cardinale … insomma: il “povero” e “astioso” Arcivescovo Carlo Maria Viganò, si sarebbe infine vendicato alla tenera età di settantasette anni per quelli che secondo lui erano dei torti subìti [cf. QUI, QUI, QUI, QUI, ecc …].

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Faccio notare ai membri di questa congrega giornalistica e blogghettara, inclusi diversi vaticanologi che difendono a spada tratta, ovviamente gratis et amor Dei il Pontefice Regnante, qualsiasi cosa egli dica o faccia, che i peggiori scandali di pedofilia, quelli che hanno portato sino alla bancarotta diverse diocesi americane nel corso degli anni Novanta del Novecento, si sono verificati proprio per questi meccanismi di ragionamento con i quali oggi, talune mignotte vaticanologhe tentano di difendere sia il difendibile sia soprattutto l’indifendibile. Sia pertanto chiaro a tutti loro e pure senza facile pena di smentita, che le diocesi americane hanno subìto quel che hanno subìto e pagato quel che hanno pagato, perché dinanzi alle denunce reagivano esattamente a questo modo:

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«Si tratta solo di ex seminaristi dimessi dal seminario che vogliono vendicarsi … si tratta solo di un sacerdote che ha chiesto la dimissione dallo stato clericale e che adesso cerca di vendicarsi … si tratta solo di alcuni preti che hanno avuto problemi con quel vescovo e con quel cardinale e che adesso vogliono vendicarsi … si tratta solo di laici cattolici che con quel parroco hanno avuto problemi per il modo in cui egli aveva deciso di gestire la parrocchia e adesso vogliono vendicarsi … si tratta solo di gruppi di persone istigati dagli studi legali americani nel tentativo di estorcere somme di danaro in risarcimento danni a decenni di distanza da eventi tutti da dimostrare …».

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Gli scandali peggiori sono scoppiati in modo virulento con immane danno alla Chiesa, perché chi avrebbe dovuto intervenire ed agire in modo deciso e immediato ha dichiarato non attendibili sia i testimoni sia coloro che denunciavano certi gravi misfatti. Esattamente come di recente ha fatto il Cardinale Oscar Maradiaga, che vivendo all’ombra del sole vivo, essendo da esso irradiato è quindi sole vivo egli stesso, per ciò anch’egli esente da qualsiasi genere di critica e anch’esso nato senza macchia di peccato originale, sino al punto di poter affermare dinanzi a decine di seminaristi che hanno denunciato giri di omosessualità all’interno del suo seminario arcivescovile, con il coinvolgimento in essi dei formatori, che si tratta solo di «mormorazioni» di «seminaristi chiacchieroni» [cf. QUI]. Il tutto a poca distanza dalla dimissione del suo vescovo ausiliare, un gay conclamato di cui mai quella vergine illibata dell’Arcivescovo Oscar Maradiaga si era accorto, sempre per il fatto che anch’egli, nato senza macchia di peccato originale, non può avere neppure la più vaga capacità di percepire e cogliere situazioni peccaminose.

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Oggi, diverse mignotte vaticanologhe, eludendo il discorso e informandoci delle cause di successione dell’Arcivescovo Carlo Maria Viganò con i familiari, o tentando di presentarlo come un carrierista al quale non è stato dato il contentino, ripropongono gli stessi identici schemi attraverso i quali abbiamo poi avuto gli scandali peggiori; non ultimo per il fatto che i potenti non potevano e non dovevano essere toccati, se poi venivano toccati, il tutto rischiava di risolversi con uno stizzoso … «Chi sono io per rispondere?».

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Beninteso, questo genere di reazioni alla “chi sono io per rispondere?”, sono tutte quante teologiche e da leggere nell’ottica della più alta mistagogia dogmatica, perché in esse è contenuto e racchiuso un grande mistero: il mistero dell’umiltà. Esattamente quella che forse rende il Pontefice Regnante ed altri soggetti a lui molto vicini più umili ancòra di Cristo stesso che «pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini» [cf. II Fil 1, 6-7].

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La verità è che la Chiesa, nel corso degli ultimi cinque anni, ha cercato di piacere e di compiacere il mondo in tutti i modi. E per farlo ha anzitutto messo un esercito di persone sbagliate nei posti più delicati e quindi sbagliati. Mai, come nel corso di questo Augusto Pontificato, era accaduto che degli ecclesiastici fossero destituiti, dimessi o cacciati senza alcun processo canonico, senza conoscere le accuse dei delatori e senza la possibilità di difendersi; il tutto mentre al tempo stesso, i promotori della nuova Chiesa tutta misericordia, tenerezza e amore per tutto ciò che non è cattolico, irridevano il diritto, la legge e coloro che «idolatrano le norme canoniche». E qui ricordo che le norme canoniche sono state scritte a garanzia della giustizia e del mantenimento dell’ordine all’interno della Chiesa, per evitare qualsiasi forma di libero arbitrio e di abuso delle autorità ecclesiastiche. E si tratta di principi fondamentali, questi, che servono soprattutto per difendere i poveri, i deboli ed i fedeli operai della Vigna del Signore dai soprusi dei prepotenti, inclusi quei prepotenti ecclesiastici che irridono le norme canoniche e poi impongono le dittature del loro libero arbitrio; tutti soggetti dei quali, il Pontefice Regnante, non ha parlato mai, ma proprio mai! [cf. QUI]. E il tutto sempre con buona pace delle mignotte vaticanologhe che non se ne accorgono e che se vengono poste dinanzi a queste inconfutabili evidenze dei fatti, allora tacciono e fuggono via, perché per loro l’uomo Jorge Mario Bergoglio è più perfetto nella propria umanità del Verbo di Dio fatto uomo. E detto questo la domanda sorge proprio d’obbligo: ma a tutti costoro, in benefici di vario genere, che cosa gliene viene, se sono disposti a negare sino a questi livelli la palese realtà dei fatti?

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Una Chiesa che vuole piacere a tutti i costi e costi quel che costi, che pone in risalto figure sgradevoli come il gesuita James Martin, impunito e impudente sostenitore della teoria del genere e dell’omosessualismo, in un proliferare di preti e soprattutto di vescovi che amoreggiano con le potenti lobby gay o cosiddette LGBT, come può osare parlare del grave, pericoloso e ormai devastante problema della omosessualità nel clero, giunto da tempo ai vertici delle massime cariche ecclesiastiche? Il Pontefice Regnante sollevò il problema «siamo pieni di omosessuali», parlando a porte chiuse ai Vescovi d’Italia riuniti in assemblea plenaria [cf. QUI], ma il problema è lungi, non solo dall’essere risolto, perché non si è neppure cominciato a trattarlo. Ciò con la conseguenza che le lobby gay hanno ormai imposto e piazzato propri uomini nel Collegio Episcopale ed a quanto provano i fatti anche nel Collegio Cardinalizio, con tutta la gaia proliferazione che n’è conseguita in questa nostra povera Chiesa visibile sempre più omosessualizzata e colpita dalle scariche di un autentico nubifrocio universale.

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S.E. Mons. Carlo Maria Viganò, ha sollevato questa questione, lo ha fatto come vescovo anziano e come ex Nunzio Apostolico negli Stati Uniti d’America. A nessuno di noi interessano le sue questioni ereditarie familiari o le sue cause di successione, non ci interessa il processo alle sue intenzioni circa il fatto che egli si sarebbe sentito tradito nelle sue aspettative di carriera. Questo dare in pasto pillole di veleno all’opinione pubblica, da parte di certe mignotte vaticanologhe è il danno peggiore che possa essere fatto alla Chiesa, perché a questo modo sono stati per anni coperti i preti pedofili e con essi i vescovi che li coprivano, mentre tutti gli accusatori erano incolpati di essere solo dei prevenuti rancorosi che cercavano unicamente vendetta.

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Il problema morale nella Chiesa non è rappresentato dalla pedofilia, che come ripeto ha toccato, seppure con effetti devastanti, un numero veramente molto esiguo di preti in giro per tutto il mondo; il problema della Chiesa è l’omosessualità diffusa nel clero. Ci sono ormai diocesi nelle quali, trovare un prete eterosessuale, è un’impresa che rasenta l’impossibile; e quei pochi preti eterosessuali che vi sopravvivono, sono ostracizzati e massacrati sia dai loro confratelli gay che degli ormai numerosi vescovi gay friendly.

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La moderna Chiesa accogliente e includente, tutta misericordia e tenerezza, che non giudica e che esalta il supremo tribunale della coscienza soggettiva, non osa più dire cosa è morale o immorale, cos’è lecito e cos’è peccato. L’unica sola immoralità pare infatti essere costituita dal respingimento degli immigrati clandestini che hanno pagato 5.000 Dollari un viaggio su un barcone, quando un biglietto aereo low cost per giungere in Italia gli sarebbe costato 300 o 400 Euro. E questo genere di Chiesa mondana e mondanizzante non può certo esprimere giudizi negativi sulla cultura omosessualista e la pratica dell’omosessualità. Sicché, l’unico peccato abominevole rimane la pedofilia, sino al punto di urlare “al pedofilo!” quanto un prete, semplicemente e giosamente omosessuale, ha avuto un rapporto sessuale con un minore consenziente di diciassette anni e undici mesi.

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Ma anche la Chiesa italiana, come certe mignotte vaticanologhe, è forse davvero propensa a difendere gratis et amor Dei certe cause, incluse quelle dei profughi veri o presunti? Perché mi sovviene un dubbio che lancio sul finire tra le righe, non essendo parte dell’argomento trattato: pare infatti che i soldi erogati dallo Stato alle varie istituzioni benefiche e caritative per l’assistenza dei profughi veri o presunti, sia ammontata nel corso dell’ultimo anno ad un importo superiore allo stesso gettito dell’Otto per Mille alla Chiesa Cattolica, vale a dire oltre un miliardo di Euro. E tutto questo fa sorgere in me un dubbio: in varie parti d’Italia, ed in modo del tutto particolare da Napoli in giù, è stato un proliferare di Onlus fondate da preti che hanno percepito e che percepiscono a tal fine erogazioni di fondi per l’assistenza dei profughi. Caratteristica di queste Onlus diffuse soprattutto nel Meridione d’Italia, nel quale come sappiamo esistono tre diverse Mafie, alle quali si aggiunge anche la mafia ecclesiastica di certi preti, è quella di non presentare mai i bilanci. Se poi andiamo alle Camere di Commercio per vedere gli statuti e verificare da chi sono costituite, scopriremo che queste Onlus sono composte dal fratello del prete assieme alla sorella del prete ed ai nipoti del prete … i quali ovviamente si spartiscono la torta gratis et amor Dei!

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Quando anche questo grande amore per i profughi, che ripeto è del tutto gratis et amor Dei, salterà fuori: altro che scandalo dei preti pedofili! In fondo è questa la vera piaga di quel clericalismo male indicato e male spiegato dal Sommo Pontefice nella sua Lettera al Popolo Santo di Dio [cf. QUI], vale a dire la clericale presunzione che noi siamo furbi, mentre tutti gli altri sono dei poveri ignoranti incapaci di capire che purtroppo, proprio come diceva una volta la sapienza popolare del Santo Popolo di Dio: «Senza soldi non si canta Messa!».

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E che la Madre di Dio Maria Santissima Madre della Chiesa possa intercedere per noi, ammesso che riesca ancòra a lungo a trattenere il braccio del suo Divino Figlio affinché non scateni la sua ira su di noi, avendoci peraltro chiaramente spiegato e informati che: «Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra» [Mt 11, 22]. E ancora: «In verità vi dico che il paese di Sodoma e di Gomorra, nel giorno del giudizio, sarà trattato con meno rigore di quella città» [Mt 10, 15].

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Spetterà poi a chi è più misericordioso e tenero di Gesù Cristo, contestare il suo giudizio e le sue punizioni accusandolo di non essere misericordioso.

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dall’Isola di Patmos, 27 agosto 2018

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«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» [Gv 8,32],
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Carlo Magno: in risposta alla Lettera al Popolo Santo di Dio del 20 agosto 2018

La penna d’oca di Carlo Magno

CARLO MAGNO: IN RISPOSTA ALLA LETTERA AL POPOLO SANTO DI DIO DEL 20 AGOSTO 2018

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[…] per timore e fellonia, ma ancor più per diretta e abominevole complicità, non si è voluto dire che ― per la stragrande maggioranza dei casi del passato remoto, di quello prossimo e, ahinoi, del tragico presente, gli «untori» hanno un nome e un cognome: sono ― in grandissima parte dei casi ― persone di radicate tendenze omosessuali che esercitano senza ritegno la loro omosessualità, con l’aggravante di usare il prestigio della loro condizione sociale ed ecclesiastica.

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Autore
Carlo Magno *

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Io accuso

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Io Karl der Große, noto come Carolus Magnus, meglio conosciuto universalmente  come Carlo Magno, battezzato nella fede in Cristo Gesù nella Santa Madre Chiesa Cattolica nella Città di Aquisgrana, in un giorno di non pochi anni fa, correndo all’epoca l’Anno del Signore 742; io che dunque a buon e legittimo titolo scrivo quest’atto di accusa; che sono parte di quel Corpo Mistico e Storico che solo è di Cristo, e del quale mi reputo con convinzione «la meno onorevole delle sue membra» ma che proprio per questo umilmente credo che, come scrive l’Apostolo «Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre» [I Corinzi 12, 24-25].

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Io accuso

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perché è giunto il tempo che anche il più infimo dei credenti in Cristo ma figlio di tal nobile Madre che è la Santa Chiesa di Dio, alzi la sua voce rispettosa ma decisa, senza false remore di riverenza o di compiacenza: perché se noi e anch’io tacessi «grideranno le pietre» [Luca 19, 40].

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Io accuso

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perché nella lettera al Santo Popolo di Dio del 20 agosto scorso [vedere testo, QUI], ancora una volta si getta la pietra nascondendo la mano; e si è gridato ― come tutti i demagoghi fanno davanti alle tragedie ― «Tutti colpevoli, nessun colpevole!».

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Io accuso

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perché ancora una volta non si è voluto, non si è osato, ma si sono deliberatamente e sconciamente nascosti la colpa e i colpevoli. Di più, si è additato al Santo Popolo di Dio un misterioso untore: il «clericalismo». Peccato, che quando un qualsivoglia essere razionale ricerchi un qualche significativo nome di cotanto untore si debba arrendere a questo ben diverso identikit: clericalismo indica un agire in senso politico che mira alla salvaguardia e al raggiungimento degli interessi del Clero e, conseguentemente, si concretizza nel tentativo di indebolire la laicità di uno Stato attraverso il diretto intervento nella sfera politica e amministrativa [cfr. inter alia: The Cambridge Dictionary of Philosophy].

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Io accuso

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per timore e fellonia, ma ancor più per diretta e abominevole complicità, non si è voluto dire che ― per la stragrande maggioranza dei casi del passato remoto, di quello prossimo e, ahinoi, del tragico presente, gli untori hanno un nome e un cognome: sono ― in grandissima parte dei casi ― persone di radicate tendenze omosessuali che esercitano senza ritegno la loro omosessualità, con l’aggravante di usare il prestigio della loro condizione sociale ed ecclesiale. Con l’aggravante, ancor più abominevole, di agire verso vittime indifese e, soprattutto, nella loro disponibilità pastorale.

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 Io accuso

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ancora una volta miseramente si è voluto nascondere la realtà al mondo, ma soprattutto al Santo Popolo di Dio. Forse a se stessi e alla propria corte di adulanti untori. No! Non siamo, ancora una volta per la grandissima parte dei casi di fronte a fatti di pedofilia, perché «pedofilia indica un disturbo psichiatrico di una persona adulta o di un adolescente che prova una primaria e/o esclusiva attrazione per bambini e bambine pre-pubescenti» [Helen Gavin, Criminological and Forensic Psychology, 2013, p. 155].

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 Io accuso

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si sa e, testardamente, non si vuol dire, che la grandissima maggioranza delle vittime erano degli adolescenti maschi post-pubescenti, vale a dire già in grado di vivere quella sessualità che «esercita un’influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell’unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne particolarmente l’affettività, la capacità di amare e di procreare, e, in un modo più generale, l’attitudine ad intrecciare rapporti di comunione con altri» [Catechismo della Chiesa Cattolica, 2332].

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Io accuso

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gli orchi non sono sconosciuti: hanno un nome, un cognome e una ben definita attività sessuale! Le vittime, pure, non sono ignote! Non sono bambini ― per Dio! ―  in grandissima se non quasi assoluta parte sono adolescenti! E questa non è un’attenuante, bensì una nefasta aggravante! I bambini vanno difesi per la loro gracilità fisica ad opporsi all’altrui forza e perché non in grado ancora pienamente di distinguere il bene e il male. Gli adolescenti, ancor più vanno difesi e protetti, perché in loro già c’è la facoltà, seppur non pienamente sperimentata, di distinguere il nero e il bianco, il vero e il falso, il giusto e l’ingiusto, il bene e il male, in ultima analisi quella distintiva e unica facoltà dell’essere vivente razionale di essere logico, sulla base di quel principio di non-contraddizione che ben prima di appartenere alla grande Logica Aristotelica è inscritto nella natura stessa di quell’ «uomo vivente che è la gloria di Dio» [S. Ireneo, Adversus Haereses 4, 20, 7].

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Io accuso

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Sì, gli adolescenti non sono pupazzi dispettosi ma meravigliose creature aperte e disponibili al progetto magnifico e originale di Dio Creatore, che se con la sua sola voce ha creato ogni cosa visibile e invisibile, per l’uomo si è dato a opera assai più complessa e articolata persino per la Sua Onnipotenza: «E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”.Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”» [Genesi 1, 26-28].

Ebbene, sì! I bambini non potranno mai pienamente capire il senso ultimo di questa rivelazione fatta all’Umanità intera. Gli adolescenti, invece, ne possono pienamente comprendere la portata esistenziale, intellettuale e spirituale. Solo un adolescente di fronte a questo magnifico e meraviglioso scenario di vita, di senso e verità potrà esclamare con Davide: «Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare che percorrono le vie del mare. O Signore nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra» [Salmo 8].

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Io accuso

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non basta, infatti, cominciare a chiamare le cose col loro nome esatto per poter agire, bisogna avere il coraggio di cominciare a cacciare dalla Santa Vigna del Signore i tanti cinghiali che la devastano e i tanti altri che sono stati fatti entrare con compiacenze e favoritismo superiori. Questo chiede il Popolo Santo di Dio!

Il Buon Pastore conosce le sue pecore e le sue pecore conoscono Lui [cfr. Giovanni 10, 14]; ma, «il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore» [Giovanni 10, 12-13].

La Misericordia e la Carità, sono solo banali sentimenti e non virtù pienamente cristiane se dissociate dalla verità: «fare la verità nella carità e vivere la carità nella verità» [cfr. Efesini 4,15]. «La verità va cercata, trovata ed espressa nella economia della carità, ma la carità a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità» [Benedetto XVI, Caritas in Veritate, 2]. Con i lupi, per il bene del Popolo Santo di Dio, insieme ai lupi bisogna ora cacciare i tanti mercenari e il Mercenario che li ha fatti entrare, nutriti di prebende ecclesiastiche, autori di malfatti nefandi e abominevoli e di alto tradimento di Cristo e del Suo Popolo Santo!

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 Io accuso

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perché nessuno che ne ha autorità ha scacciato i cinghiali dalla Santa Vigna del Signore, anzi di nuovi e ancor più pericolosi ne ha fatti introdurre non per negligenza ma per furbesca volontà di crearsi una corte di impudichi e timorosi obbedienti. No, non basta dire: «Chi sono io per giudicare?»! Anche in questo caso non basterà furbescamente ignorare chi è chi nel polipo infetto e letale che si è annidato nella Santa Chiesa di Dio. No, non basterà furbescamente ignorare che proprio la loro debolezza morale li spinge a una cerchia di amicizie, consorterie, cordate, lobby per auto-proteggersi, auto-preservarsi e, soprattutto, auto-promuoversi.

Nomi e cognomi, cariche e dignità sono arcinote! E, ora, si vuole forse far finta di niente o furbescamente inventarsi nuove definizioni per non chiamare le cose col loro nome?

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Io accuso

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per certi demoni non bastano digiuno e preghiera, come fece Gesù bisogna chiedere come si chiamano: «Gli diceva, infatti, Gesù: «Esci, spirito immondo, da quest’uomo!”. E gli domandò: “Come ti chiami?”. “Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti”» [Marco 5, 8-9]. E indicarli a tutti, per nome e cognome, perché mai più insidino la Santa Chiesa di Dio.

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Io accuso

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per certi demoni e venditori del Tempio non bastano digiuno e preghiera, bisogna scacciarli fuori, rovesciare i loro tavoli di menzogne, buttare a terra le comode sedie del potere ecclesiastico che indegnamente occupano, e rivendicare con forza senza paure e reticenze la santità della Casa di Dio. «Entrato nel tempio, Gesù si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio. Ed insegnava loro dicendo: “Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!”» [Marco 11, 15-19].

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Io accuso

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per certi demoni e peccati serve la lucida forza della Verità che è Cristo stesso! Questo chiede il Santo Popolo di Dio: un Popolo che non appartiene ad alcun Popolo, che nasce dall’alto «dall’acqua e dallo Spirito», che ha per solo Capo Gesù il Cristo, per missione di essere il sale della terra e la luce del mondo, per fine il Regno che Dio stesso ha già inaugurato fra noi [cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 782].

Questo Popolo Santo è ben diverso e distinto dalle categorie mitiche del populismo dispotico sudamericano, per questo alcuni né lo possono veramente conoscere né tanto meno lo amano!

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Io accuso

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per certi demoniaci operatori del male non bastano digiuno e preghiera, serve Giustizia, non solo per gli atti nefandi e abominevoli che hanno compiuto e compiono; ma anche per sanare le piaghe sanguinanti che hanno aperto nella Santa Chiesa di Dio. Non bastano vergogna e pentimento! La Santa Chiesa di Dio non è nè povera né dei poveri. Di Dio solo è! E infinitamente ricca e sovrabbondante della sua Grazia è!

Chi predica il contrario non esita poi a sborsare somme miliardarie per pagare accordi extra-giudiziali ed evitare la giustizia umana a prelati e religiosi potenti o ben protetti.

Anche quel denaro così usato non era e non è dei chierici, ma del Popolo Santo di Dio che generosamente lo offre per garantire che si compia il mandato stesso di Cristo: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo,  insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» [Matteo 28, 18-20].

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Io accuso

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l’attuale oscura e tragica pagina di cronica, si inscrive a giusto e pieno titolo negli ultimi cinque anni di una scellerata predicazione tesa solamente alla ricerca di un mondano consenso, come se la Verità dipendesse dai sondaggi di gradimento. Cinque anni del clericalismo più bieco che la Storia della Chiesa abbia mai conosciuto. Dove, vescovi e preti si sono arrogati di decidere quale politico è buono o cattivo, quale governo va bene o male, quale despota è saggio e quale solo un despota è, quale scelta politica è legittima e quale no; e, persino, quale risorsa energetica è utilizzabile oppure no …

E tutto ciò, ben inteso, non alla luce di Scrittura e Tradizione, ma sulla base di convenienze mondane!

Cinque anni dove le indicazioni operative già pensate e saggiamente elaborate negli anni precedenti e alla luce degli scandali della stessa natura già patiti dalla Chiesa sono state scandalosamente accantonate e insabbiate.

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Io accuso

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l’attuale miseranda condizione della Santa Chiesa di Dio è diretta conseguenza anche di questi ultimi cinque anni di odioso clericalismo, dove scelte e posizioni di responsabilità sono state affidate solo a chi meglio scimmiotta il Principe e fa a gara per confondere, sviare, snaturare anch’egli alla ricerca di una riga in pagina di cronaca locale.

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Io accuso

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la perniciosa erezione nel cuore stesso della Santa Chiesa di Dio di un nuovo e idolatrico Moloc del religiosamente corretto, secondo l’ancora dominante cultura radical-chic di fabbrica onusiana, e del pastoralmente alla moda.

A questo Moloc i nuovi sacerdoti della pretesa nuova chiesa non esitano sacrificare millenni di riflessione filosofica e teologica, secoli di tradizioni e quell’abbondante tesoro di Grazia che abita il Popolo Santo di Dio.

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Io accuso

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a questo nuovo Moloc si è già impunemente e sacrilegamente immolato lo stesso Dio Cristiano che è Unico e Solo, il Dio di Gesù Cristo: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto Chi ha visto me ha visto il Padre» [Giovanni 14, 6-10].

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Io, ancora e infine, accuso

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e questa è l’accusa più pesante e criminale, che chi ha oggi le più alte responsabilità nella Santa Chiesa di Dio di pensare come Pietro prima della sua piena e completa conversione: «Lungi da me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» [Marco 8, 33].

Cinque anni, questi ultimi, disperatamente impiegati a costruire un’altra chiesa a immagine e somiglianza dei potenti di turno. Fatica sprecata, i frutti di tanto diabolica opera si raccolgono e raccoglieranno ancora tanto copiosi.

Resta e solo ancora il buon Popolo Santo di Dio, tuttavia, «dove il padrone di casa estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche» [Matteo 13, 52]. E resta con l’assoluta certezza di avere un solo Capo «Cristo risuscitato dai morti che non muore più; la morte non ha più potere su di lui» [Romani 6, 9], né sulla Sua Santa Chiesa Sposa che Cristo «ha amato e per la quale ha dato se stesso, al fine di renderla santa» [Efesini 5, 25-26], che si è associata con patto indissolubile e che incessantemente «nutre e cura» [Efesini 5, 29].

 

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 da Aquisgrana all’Isola di Patmos, 21 Agosto 2018

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* Sotto lo pseudonimo di Carlo Magno si cela un battezzato cattolico, giurista, politologo, filosofo, esperto di relazioni internazionali e diplomatiche che per lunghi anni ha ricoperto numerosi alti uffici in importanti organizzazioni internazionali inter-governative.  

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Questo testo è stato consegnato a L’Isola di Patmos giorni prima della pubblicazione della testimonianza di S.E.R. Mons. Carlo Maria Viganò, pubblicata oggi domenica 26 agosto 2018 [cf. QUI].

 

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Se l’omosessualismo ha invaso anche il Collegio Episcopale, anziché scrivere lettere al Popolo Santo di Dio, andrebbe attaccato sulla Chiesa madre di Roma il Cartello: “svendita totale per fallimento!”

— attualità ecclesiale —

SE L’OMOSESSUALISMO HA INVASO ANCHE IL COLLEGIO EPISCOPALE, ANZICHÉ SCRIVERE LETTERE AL POPOLO SANTO DI DIO ANDREBBE ATTACCATO SULLA CHIESA MADRE DI ROMA: «SVENDITA TOTALE PER FALLIMENTO!».

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Nella sua Lettera al Popolo Santo di Dio il Sommo Pontefice Francesco I se ne guarda bene dal chiarire che i casi di pedofilia diffusi tra il clero, ciascuno dei quali è destinato a creare effetti mediatici devastanti, oltre che danni atroci alle vittime, sono casi reali e riscontrati, ma rarissimi, perché la maggior parte di quelli indicati come casi di pedofilia, in verità sono solo casi di efebofilia, ossia di ordinaria pratica dell’omosessualità da parte di preti che esercitano quel puro, semplice, bello nonché tutelato esercizio alla sessualità omosessuale riconosciuto come un vero e proprio diritto dalla Legge stessa.

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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PDF  articolo formato stampa
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rivendicare rispetto e diritti insultando in modo dissacrante la cristianità ed i suoi simboli più sacri è ormai costume della lobby LGBT. Nella foto: Gay Pride di Roma, partito dalla piazza antistante la Cattedrale di San Giovanni in Laterano sede episcopale del Vescovo di Roma, ed infine giunto in Piazza della Repubblica, già Piazza Esedra, dove si trova l’antica basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, eretta sulle antiche terme di Diocleziano in ricordo dei Martiri uccisi in odio alla fede durante le persecuzioni del III secolo [vedere filmati QUI e QUI]

Qualcuno si è forse accorto che nel clero abbiamo un problema di omosessualità sfuggito ormai a ogni controllo? Chiedo perdono se mi ripeto tornando ad affermare, a distanza di pochi giorni, che questa situazione l’avevo pronosticata nei dettagli dieci anni fa in numerosi testi pubblicati e sempre pagati ad elevato prezzo [cf. QUI]. Soprattutto preciso di non provare alcuna soddisfazione nel ribadire questo, posto che quando indicavo certi problemi e facevo certe analisi, desideravo che il tempo mi desse torto, non certo ragione.

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Un decennio fa, dinanzi al problema oggi molto grave, seppur non ancora esploso con l’odierna portata, due soli presbiteri trattarono in Europa il problema: uno in Polonia e uno in Italia. Il presbitero polacco è Darius Oko, quello italiano Ariel S. Levi di Gualdo. Parecchio importante è stato poi il lavoro scientifico del presbitero polacco Andrzej Kobyliński che ha dato un contributo molto prezioso all’analisi del problema [cf. vedere uno dei suoi lavori scientifici QUI].

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Il Padre Darius Oko ed io abbiamo scambiato in passato molte opinioni sul tema, concordi tra di noi su un preciso punto: il problema di questa «lobby gay che condiziona la Chiesa» [cf. sua intervista del 2013 QUI] e che al suo interno ha compiuto un «golpe omosessualista» [cf. mia intervista del 2013 QUI], sarebbe divenuto un problema irreversibile quando questo nubifrocio universale avesse toccato il proprio apice investendo il Collegio Episcopale.

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Inutilmente anni fa ribadivo: i vescovi che in modo scellerato favoriscono e proteggono i preti gay, sono una pericolosa piaga, ma quando i preti gay diventeranno vescovi, saremo di fronte ad un disastro irreversibile dinanzi al quale due sole forze potranno aiutarci a risollevarci da siffatta desolazione, seppure con impiego di molto tempo e di molta fatica: lo Spirito Santo ed il Santo Popolo di Dio [cf. QUI].

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I miei numerosi scritti pubbicati su L’Isola di Patmos testimoniano che più volte, parlando del ministero petrino e del Pontefice Regnante ho ripetutamente spiegato e affermato:

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«quel povero uomo imprudente di Jorge Mario Bergoglio, che di tutti i decenni di pregressi danni compiuti è soltanto la prima vittima, o come ebbi a scrivere in un recente passato usando un’immagine allegorica [cf. QUI]: egli è solo l’ultimo dei clienti giunto nel ristorante e che appena varcata la soglia è stato aggredito dai camerieri che hanno preteso da lui il pagamento dei conti di tutti coloro che prima di lui avevano pranzato e cenato senza però pagare, ma lasciando fior di conti sospesi [cf. QUI]».

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Questo mio concetto, pare che sia stato ripreso dal mio caro amico Andrea Tornielli nei suoi ultimi articoli sull’agenzia di stampa Vatican Insider, il quale giustamente richiama tra le proprie righe il fatto che certi problemi non nascono sotto questo pontificato [cf. QUI, QUI, QUI]. E fin qui, tutti noi dotati di menti razionali tendenti più al logico che all’umorale, siamo perfettamente d’accordo. Ciò che però noto negli articoli del mio caro amico, che più volte ho felicemente difeso quando è finito sotto il tiro dei cecchini per avere semplicemente esercitato il diritto proprio di cronaca [cf. QUI], oppure quando qualcuno gli ha prima rilasciato delle dichiarazioni e poi se le è rimangiate [cf. QUI], è che egli pare non porsi il quesito se l’uomo Jorge Mario Bergoglio, nel proprio governo, ha compiuto degli errori, oppure se sia gravato di difetti e limitatezze che caratterizzano tutte le nostre umanità imperfette segnate dalla corruzione del peccato originale. Di umane imperfezioni, di difetti e di limitatezze era gravato persino il Sommo Pontefice Gregorio I, universalmente noto come San Gregorio Magno, che forse di qualità dottrinali, pastorali e di governo ne aveva una o due in più del Sommo Pontefice Francesco I, ma sia chiaro: solo una o due, nulla di che!

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È quindi vero ― ed io per primo come  l’ho affermato e più volte ripetuto — che il Sommo Pontefice Francesco I non può pagare il conto elevatissimo di una crisi dottrinale che ha infine generato una grande crisi morale nel clero [cf. mio articolo su TheologicaQUI], anche perché questa crisi comincia a prendere forma negli anni Sessanta e si diffonde vistosamente a partire dagli inizi degli anni Settanta del Novecento. In quegli anni l’Augusto Pontefice Regnante non era stato ancora consacrato sacerdote, perché la sua sacra ordinazione è avvenuta in Argentina alla fine del 1969, per l’esattezza il 13 dicembre.

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L’uomo Jorge Mario Bergoglio ha le sue gravi responsabilità, se poi queste oggettive responsabilità non le vogliamo vedere, allora si corre il serio rischio di cadere in uno dei peggiori vezzi dei nostri politici, che dopo avere svolto delle campagne elettorali fatte di promesse rasenti le sceneggiature dei film di fantascienza, una volta eletti e catapultati in problemi reali e soprattutto di difficile soluzione del Paese, cominciano a difendersi dicendo che è tutta colpa dei governi precedenti. Se dunque da una parte credo che all’uomo Jorge Mario Bergoglio non siano imputabili le responsabilità di diverse scelte infelici compiute dai suoi Sommi Predecessori, Beati e Santi Pontefici inclusi, egli, dal canto suo, che peraltro non è stato ancora né beatificato né canonizzato, trovandosi dinanzi a certi gravi problemi non facilmente risolvibili ci ha messo dentro parecchio del suo, ad esempio in spirito imprudente, lanciandosi con discorsi a braccio su temi scivolosi, facendo scelte infelici e ricorrendo ad espressioni ambigue nelle quali è difficile cogliere lo spirito della involontaria buona fede, specie quando queste ambiguità hanno poi generato nella Chiesa visibile liti e divisioni come mai prima s’erano viste. E seppure ripetutamente supplicato da cardinali, vescovi, sacerdoti e fedeli laici di offrire delle parole di chiarimento [cf. QUI], si è sempre rifiutato di rispondere con uno spirito che denota permalosità ed altezzosità. Però, poco dopo, sfoggiava umiltà mediatica lavando e baciando i piedi alla Missa in Coena Domini a musulmani e prostitute, per la gioia dei giornalisti ultra laicisti e con lo smarrimento di noi sacerdoti esterrefatti che in quel giorno santo celebriamo la istituzione della Santissima Eucaristia e del Sacerdozio ministeriale, non celebriamo la giornata mondiale del profugo o della redenzione delle prostitute [cf. QUI].

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È vero che il capitano di una nave deve fare affidamento sui marinai che ha a propria disposizione, ma è anche vero che l’uomo Jorge Mario Bergoglio pare che degli uomini più sbagliati, spesso sia andato quasi a caccia. E la cosa che addolora è che il Pontefice Regnante, senza prestare ascolto a numerosi prelati di grande esperienza in servizio presso la Santa Sede anche da decenni, si è ostinato ripetutamente ad approvare le nomine episcopali di soggetti che erano stati ripetutamente esclusi dalle cosiddette terne perché gravati di grossi problemi di carattere dottrinale e morale, indotto in ciò da persone che godono della sua fiducia e che in modo a dir poco pericoloso egli seguita a tenersi attorno. In altre parole, o per meglio intendersi, si tratta di quel problema che io ho chiamato corte dei miracoli [cf. QUI, QUI] e che il Cardinale Gerhard Ludwig Müller ha invece chiamato cerchio magico:

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«Ho l’impressione che nel cerchio magico del Papa ci sia chi si preoccupa di fare la spia su presunti avversari, così impedendo una discussione aperta ed equilibrata. Classificare tutti i cattolici secondo le categorie di “amico” o “nemico” del Papa, è il danno più grave che causano alla Chiesa» [cf. QUI].

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Ecco perché nel 2015 io esordî con due articoli tristemente ironici nei quali affermavo sin dal titolo qual fosse il cuore del drammatico problema: «Vescovi, mode e consigli per i nuovi carrieristi: siate poveri, periferico esistenziali e sciatti» [cf. QUI], «Stanno buggerando il Santo Padre: proteggiamo Pietro! I peggiori gattopardi stanno giungendo in pauperistica gloria all’episcopato» [cf. QUI].

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Piaccia o non piaccia, ma se i dati di fatto purtroppo incontrovertibili non sono solo delle fatue opinioni vaghe ed opinabili, in quei miei articoli di tre anni fa c’è il quadro di quello che potremmo definire come l’episcopato bergogliano. Fornirò allora qualche esempio per chiarire senza scendere nei particolari, ma premettendo che se l’Autorità Ecclesiastica mi convocasse fornirò a loro nomi e cognomi dei soggetti in questione, sebbene inutilmente, visto che conoscono molto bene sia i soggetti sia soprattutto le loro gesta. E gli esempi sono questi: in Italia sono divenuti vescovi due sacerdoti cinquantenni che costituivano una felice coppietta di fatto, tale nota e riconosciuta sin dai tempi del seminario, ed oggi, sulle loro bocche, usate purtroppo per tutto fuorché per pregare, è tutto e solo un incessante fiorire di poveri, povertà,  profughi, periferie esistenziali e via dicendo. È divenuto vescovo un soggetto al quale i giovanotti che all’epoca se la facevano con lui quando era giovane sacerdote, oggi si dilettano a narrare in giro dei suoi gusti da gay passivo sottomesso al maschio dominante. È divenuto vescovo, poi appresso insignito della dignità cardinalizia, un soggetto che ha coperto e protetto per anni le più immonde schifezze di preti che frequentavano marchettari a pagamento e che si imboscavano nelle saune gay. È diventato vescovo un prete di cui un intero presbiterio ricorda esattamente con quali e quanti altri seminaristi, poi con quali e quanti giovani sacerdoti appresso se la faceva, tanto che il suo ordinario diocesano, per evitare che questa volpe seguitasse a seminare danni nel pollaio, sbagliando gravemente lo tolse dalla diocesi e dal contatto con i giovani preti mandandolo a Roma a studiare. Non parliamo poi dei giovani sacerdoti, allontanati allo stesso modo dalle diocesi con la scusa degli studi specialistici, che una volta finiti i loro corsi nelle università ecclesiastiche romane, grazie ai buoni uffici di alti prelati gay o gay friendly sono poi entrati come officiali nei vari dicasteri della Santa Sede. E tanto per chiarire: durante il mese di settembre io salirò per la seconda volta le scale della Segreteria di Stato per andare a conferire con chi di dovere ma soprattutto per consegnare un dossier di prove e di documenti da me redatto e firmato dinanzi al quale i racconti sulle città di Sodoma e Gomorra sono un fanciullesco racconto da educande, il tutto affinché sia scongiurata la folgorante carriera di un altro soggetto ad altissimo rischio.

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Tutto questo nubifrocio che è molto peggio di quegli tsunami che hanno devastato intere nazioni, è forse colpa dei membri dei precedenti governi? Il Sommo Pontefice Francesco I, in certe nomine pericolose non è stato ingannato, tutt’altro: quand’è stato messo sull’avviso circa la natura e le gesta di certi soggetti già in precedenza bocciati come candidati all’episcopato, se n’è bellamente fregato e li ha promossi vescovi, qualcuno anche cardinale.

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Il Sommo Pontefice Francesco I non è uomo che ami essere contraddetto, né ama sentirsi dire da seri e onesti collaboratori che certe scelte pastorali e di governo potrebbero essere molto sbagliate, o che certe nomine dovrebbero essere evitate, pertanto, agendo secondo gli schemi tipici dei mediocri, si è circondato di pericolosi nani, che poi sono il meglio del peggio dei trasformisti in carriera, quelli che oggi sono tutti poveri, povertà e profughi. Se però domani cambiasse il vento e giungesse un nuovo Papa Re, dalla sera alla mattina vedremmo costoro entrare nelle loro chiese cattedrali con sette metri di cappa magna, le chiroteche alle mani e le mitrie damascate decorate con gemme preziose sulla testa.

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E qui mi si potrebbe richiamare all’ordine, perché nelle precedenti righe ho osato dare del mediocre all’Augusto Pontefice Regnante. Detto questo chiarisco a chiunque considera l’Augusto Pontefice Regnante la terza persona della storia dell’umanità esente da qualsiasi macchia di peccato dopo il Verbo di Dio fatto uomo e dopo la Gran Madre di Dio Maria Santissima, che definire l’uomo Jorge Mario Bergoglio equilibrato, dotato di solida dottrina e di capacità di governo, sarebbe come magnificare gli abiti stupendi di quel certo re narrato dalla celebra fiaba, che però in verità è nudo. Si rasserenino pertanto tutti i papolatri, perché agli inizi del Novecento abbiamo avuto un Sommo Pontefice che era un uomo mediocre e sotto certi aspetti anche limitato, costui si chiamava Pio X, oggi amato e venerato Santo Pontefice della Chiesa. E non è stato l’unico, il Santo Pontefice Pio X, ad essere un uomo mediocre e limitato, lo sono stati molti altri Santi e Sante oggi molto venerati dal Popolo di Dio, a partire dal Santo Patrono dei Sacerdoti, San Giovanni Maria Vianney. In che cosa consisteva dunque la eroicità di quelle virtù che rese un uomo mediocre e anche limitato come il Sommo Pontefice Pio X un grande Successore di Pietro e poi un Santo? San Pio X aveva una virtù che alla personalità dell’uomo Jorge Mario Bergoglio pare al momento sconosciuta: il Sommo Pontefice Pio X aveva lo straordinario dono di grazia di quella umiltà che lo rese grande, ma soprattutto capace a circondarsi degli uomini di più alto talento ed intelletto, a partire dal Servo di Dio Cardinale Rafael Merry del Val, che fu la grande mano della memorabile Enciclica Pascendi Domici Gregis. E un Santo, come nel caso del Santo Pontefice Pio X, si circonda di santi uomini di Dio, al contrario di soggetti come l’uomo Jorge Mario Bergoglio che tendono invece a circondarsi — se mi si passa il termina romanesco davvero poco ecclesiastico — de pore mezze seghe.

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Da un punto di vista pastorale ed ecclesiologico, dinanzi all’attuale irreversibile nubifrocio che ormai ha inondato anche il Collegio Episcopale, non posso affatto esultare dinanzi alla Lettera al Popolo Santo di Dio del Sommo Pontefice Francesco I [cf. QUI], dinanzi alla quale c’è poco da esultare, perché si tratta del cosiddetto ennesimo testo bergogliano nel quale si cerca di dire tutto allo scopo di non dire niente di ciò che si dovrebbe invece dire, in modo soprattutto chiaro e preciso. Un testo davvero povero, se messo a confronto di un testo memorabile, ma purtroppo dimenticato dalle menti di corta memoria, come quello scritto appena otto anni fa dal Venerabile Pontefice Benedetto XVI e titolato: «Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda» [cf. QUI].

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La lettera del Sommo Pontefice Benedetto XVI ha una struttura pastorale, teologica e socio-ecclesiale che parte anzitutto da un grande senso di umanità. In essa si indica il problema, si analizza e si prospettano tutte le soluzioni. La lettera del Sommo Pontefice Francesco pare ostentare umanità artificiosa nel tentativo di mostrare umana sensibilità al mondo, ma soprattutto è priva di una struttura pastorale, teologica e socio-ecclesiale. 

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Detto questo: se i teologi per un verso, i giornalisti per altro verso, vogliono fare entrambi delle analisi nelle loro diverse e rispettive competente, dobbiamo purtroppo giungere a questo risultato: la Lettera di Benedetto XVI ai Cattolici dell’Irlanda dice tutto in modo drammatico, pastorale ed ecclesiale; la lettera di Francesco I al Popolo Santo di Dio non dice niente perché non analizza il problema, non indica con precisione soggetti responsabili e non offre soluzioni, sino al punto di prendersela con un non meglio precisato «clericalismo», quando invece la Santità di Nostro Signore il Pontefice Regnante dovrebbe sapere bene che il problema drammatico è l’alto tasso di omosessualismo diffuso nel clero.

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Questa è la differenza che corre tra un uomo mediocre e limitato come il Sommo Pontefice Pio X, ed un uomo mediocre e limitato come il Sommo Pontefice Francesco I. Il tutto premettendo che lo Spirito Santo offre e ricolma da sempre di grazie del tutto speciali il Successore di Pietro, ma se il Successore di Pietro non è aperto ad accogliere e mettere a frutto i doni di grazia abbondanti e speciali su di lui riversati, in tal caso lo Spirito Santo non opera. E non opera perché Dio non si può contraddire né può contraddire il mistero della creazione: l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, libero e dotato di libero arbitrio. Se chiunque, dinanzi ad un Sommo Pontefice che può essere parzialmente o saltuariamente od anche totalmente chiuso alle azioni di grazia dello Spirito Santo, se ne uscisse fuori dicendo che comunque, essendo egli il Successore di Pietro, in ogni caso non può errare mai in materia di dottrina e di fede, in tal caso si uscirebbe dai principi fondanti e fondamentali della fides catholica per cadere neppure nel fideismo, ma nella vera e propria magia. Come ad esempio fanno da tempo tutti coloro che ormai si sono specializzati a cercare nei documenti pontifici ciò che essi non contengono, od a fargli dire ciò che essi non dicono, convinti attraverso le loro interpretazioni pindariche di difendere e di proteggere quel papato il cui primo difensore deve essere il Successore di Pietro, perché se il papato non lo difende lui, ogni difesa nostra rischia di essere inutile e del tutto vana, nonché ridicola.

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Nella Lettera al Popolo di Dio, il Sommo Pontefice Francesco I se ne guarda molto bene di indicare la gran piaga dell’omosessualità e dell’omosessualismo diffuso ormai anche ai più alti vertici delle gerarchie ecclesiastiche; tutt’altro, egli si ostina a tenersi attorno come consulente un soggetto come il pericolosissimo gay friendly James Martin S.J. [cf. QUI].

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Il Sommo Pontefice Francesco I se ne guarda bene dal chiarire che i casi di pedofilia diffusi tra il clero, ciascuno dei quali è destinato a creare effetti mediatici devastanti, oltre che danni atroci alle vittime, sono casi reali e riscontrati, ma rarissimi, perché la maggior parte di quelli indicati come casi di pedofilia, in verità sono solo casi di efebofilia, ossia di ordinaria pratica dell’omosessualità da parte di preti che esercitano quel puro, semplice, bello nonché tutelato esercizio alla sessualità omosessuale riconosciuto come un vero e proprio diritto dalla Legge stessa.

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Per capire quanto i casi di pedofilia nel clero siano rarissimi, basta fare una semplice analisi di proporzione numerica: nel mondo il clero cattolico secolare e regolare è composto da circa 450.000 sacerdoti [cf. QUI], se raffrontiamo questo numero con quello dei sacerdoti condannati per pedofilia con sentenza passata in giudicato, scopriremo in che proporzione numerica stiamo parlando veramente di pochissimi presbiteri, all’incirca nell’ordine dello 0,02% scarso. Siccome però l’efebofilo rientra in quelli che sono i vizi legati alla pratica della omosessualità, se si tratta di preti si urla invece “al pedofilo!”, anche quando un prete comunemente gay e non certo pedofilo, ha profanato il Sacro Ordine Sacerdotale consumando un sacrilegio carnale con un ragazzo di diciassette anni e undici mesi, il quale era semmai dedito ad attività sessuali da quando ne aveva tredici e che si prostituiva a pagamento da quando ne aveva quattordici.

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La gran parte dei preti indicati come pedofili ― che ripeto non sono però pedofili ma efebofili o semplicemente e giosamente gay —, che hanno avuto con adolescenti rapporti sessuali in assenza di coercizioni psicologiche e di violenze fisiche, hanno consumato solo e null’altro che rapporti omosessuali. E ciò detto ripeto: se in assenza di provate violenze psicologiche e fisiche un sedicenne assieme ai suoi familiari si presentassero assistiti da un esercito di avvocati dinanzi ai magistrati chiedendo la condanna del prete per pedofilia, costoro sarebbero sbattuti letteralmente fuori da qualsiasi tribunale del mondo, semmai pure col serio rischio di essere loro querelati dal prete gay che ha avuto solo un rapporto sessuale con un minore in fascia di età post puberale, senza sottoporlo ad alcuna coercizione fisica e psicologica e per ciò palesemente consenziente. E tutto questo — ripeto ancora senza pena di essere prolisso — si chiama omosessualità e non pedofilia.

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Questa mancanza di chiarezza e di distinzione tra casi molto rari di pedofilia, casi di efebofilia, casi di rapporti sessuali di preti gay con giovani consenzienti e spesso lautamente ricompensati per i loro servigi prestati non di rado a pagamento, rischiano quindi di creare un grosso e pericoloso equivoco: se un adulto gay ha un rapporto sessuale con un adolescente ultra sedicenne consenziente o con un quattordicenne già navigato e come tale psicologicamente riconosciuto, in tal caso ha avuto solo e null’altro che un lecito rapporto sessuale; se però ad avere avuto un rapporto sessuale con questo stesso soggetto è un prete, in quel caso si urla “al pedofilo”. I primi grandissimi ipocriti che grideranno immediatamente “al pedofilo” saranno proprio i figli della potentissima lobby LBGT, coloro che l’insegnamento sulla sessualità intesa come genere a scelta o sulle bellezze dell’amore gay, lo hanno già imposto in molti Paesi del mondo a partire dalle scuole elementari.

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L’Augusto Pontefice Regnante, è stato per caso informato dal suo gaio consulente gesuita James Martin che in giro per il mondo, molte scuole cattoliche hanno dovuto chiudere e poi liquidare i loro stabili ormai inutilizzati, perché i governi locali avevano loro imposto insegnamenti incompatibili con la fede e la morale cattolica, quali ad esempio l’esaltazione dell’omosessualismo e la teoria del genere, l’obbligo della educazione alla contraccezione ed il diritto all’aborto? Che poi questi casi non siano documentati da quella succursale di Radio Radicale al quale ormai da tempo è ridotto il quotidiano dei Vescovi d’Italia L’Avvenire, non vuol dire che non siano casi reali e soprattutto in costante aumento, quelli delle scuole cattoliche costrette a chiudere i battenti e vendere gli stabili.

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E di questo grande e pericoloso equivoco che nasce anzitutto dalla mancata informazione e distinzione tra pedofilia, efebofilia ed omosessualità, con tutte le relative statistiche numeriche, il responsabile è l’uomo Jorge Mario Bergoglio, che non è il Santo Pontefice Gregorio I Magno né il Santo Pontefice Pio X, che pure avevano, come uomini, delle limitatezze che non hanno affatto pregiudicato il raggiungimento della loro santità, semplicemente perché erano andati al di là di se stessi per aprirsi alle azioni della grazia di Dio su di loro.

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Devo infine dare ragione al Professor Roberto de Mattei, che sovente ho amabilmente criticato, senza mai avere messo in discussione la sua preparazione e soprattutto la sua vita esemplare ed il suo essere un autentico modello di intellettuale, di marito e di padre cattolico. La mia onestà cristiana e intellettuale mi impone di affermare che il Professor Roberto de Mattei ha purtroppo ragione quando parla dei papolatri, perché a questo taluni sono ormai giunti: il Padre e il Figlio possono anche sbagliare a far procedere lo Spirito Santo, ma l’uomo Jorge Mario Bergoglio no, lui non può sbagliare e non sbaglia mai, qualunque cosa dica o faccia. 

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Poste queste premesse, sulla Basilica Maggiore di San Giovanni in Laterano, Cattedrale di Roma e Madre di tutte le Chiese del mondo, possiamo anche affiggere il cartello: svendita totale per fallimento, consapevoli che nel futuro, da questa immane devastazione operata dai suoi vescovi e dai suoi preti, con molto tempo e dolorosa fatica la Chiesa visibile pellegrina sulla terra potrà riprendersi ed essere risollevata solo dallo Spirito Santo e dal Santo Popolo di Dio.

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Il 18 febbraio 2013, a pochi giorni di distanza dall’annuncio dell’atto di rinuncia dato dal Venerabile Pontefice Benedetto XVI, l’agenzia di stampa Vatican Insider riportava meritoriamente un testo dimenticato del giovane teologo Joseph Ratzinger, risalente al 1969 e contenuto in un suo ciclo di lezioni radiofoniche:

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«Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gra parte dei privilegi sociali […] Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica. Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra. Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso. Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà da una Chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza. Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile. Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto […] A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico […] ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte» [cf. QUI].

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In queste parole è dipinta la devastazione operata nel nostro recente passato, la situazione sfigurante della Chiesa visibile del presente, ed infine il futuro che ci attende, basta non essere ciechi e non pensare che questo momento per alcuni di gloria, per altri di aberrante confusione, assieme a questo pontificato non passerà mai, tra gridi di «rivoluzioni epocali» e «processi irreversibili». Urla giacobine tipiche di coloro che, non avendo una prospettiva futura ed escatologica, sono capaci di vivere solamente il tutto e subito del presente, cercando come dei pirati all’arrembaggio di arraffare in questo presente tutto quello che si può arraffare, quasi come se … «di doman non c’è certezza», quindi «chi vuol esser lieto sia», come diceva il padre rinascimentale dello gnosticismo neo-pagano Lorenzo il Magnifico, che era per l’appunto un padre dello gnosticismo neo-pagano, non era un padre della fede cattolica.

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dall’Isola di Patmos, 24 agosto 2018

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Esclusiva mondiale: «La terra non è piatta ma sferica!». Coloro che quando ieri io lo denunciai mi lasciarono linciare dalla clerical lobby gay, oggi si sono accorti che nel clero siamo pieni di omosessuali piazzati con immane danno ai più alti vertici delle gerarchie ecclesiastiche

— attualità ecclesiale —

ESCLUSIVA MONDIALE: «LA TERRA NON È PIATTA MA SFERICA!». COLORO CHE QUANDO IERI IO LO DENUNCIAI MI LASCIARONO LINCIARE DALLA CLERICAL LOBBY GAY, OGGI SI SONO ACCORTI CHE NEL CLERO SIAMO PIENI DI OMOSESSUALI PIAZZATI CON IMMANE DANNO AI PIÙ ALTI VERTICI DELLE GERARCHIE ECCLESIASTICHE.

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Alcuni confratelli mi indicano come “specialista in omosessualologia clericale. Soprannome sul quale io per primo ho sempre riso, forse anche per cercare di dimenticare le angherie che ho dovuto subìre dalla potente cordata degli ecclesiastici gay, quando ho osato toccare questa lobby gay veramente molto potente e radicata all’interno della Chiesa ai più alti livelli della gerarchia ecclesiastica, come oggi i fatti e gli scandali dimostrano.

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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PDF  articolo formato stampa

 

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Autore: Gerhard Haderer , vignettista austriaco

Quando in età adulta cominciai la formazione al sacerdozio, non tardai a comprendere che più figure autorevoli del mondo ecclesiastico nutrivano su di me grandi aspettative. Conoscendo però me stesso, cominciai a dire a ciascuno di loro: «Non sentitevi delusi, quando in un vicino futuro dovrete prendere atto che io sarò un prete tenuto sempre ai margini estremi della Chiesa. Io so infatti chi sono, ma soprattutto so a che cosa sto andando incontro». Loro non mi prestarono ascolto e forse pensarono che questi miei erano i colpi di umiltà romantica tipici dell’adulto che se avesse voluto fare carriera sarebbe rimasto dov’era, avendo le necessarie risorse umane, intellettuali ed economiche per farsi largo nel mondo. Forse i miei formatori non capirono che quando un adulto, dopo avere avute dalla vita tutte le migliori possibilità, accoglie la vocazione e accetta di divenire prete, lo diviene perché mosso da motivazioni molto forti che lo portano ad un mutamento di vita veramente radicale. Di conseguenza, il rapporto con quella verità che ci farà liberi [cf. Gv 8,32] o con le virtù teologali di fede, speranza e carità [cf. I Cor 13], è molto diverso da quello che può essere l’atteggiamento dei molti entrati in un seminario adolescenti ed usciti da esso preti a venticinque anni dopo essere stati allevati a pane e malizie clericali, pronti la Settimana Santa a dire due parole con la lacrima all’occhio sulla Passione di Cristo, ma altrettanto pronti a rispondere «e a me chi me lo fa fare?» se posti dinanzi a situazioni nelle quali è necessario indicare, per esempio all’Autorità Ecclesiastica, dov’è che si sta sviluppando il male e che quindi è bene intervenire immediatamente a recidere il germoglio prima ch’esso diventi edera che avvolge lo stabile della casa intera.

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Alcuni confratelli mi indicano come specialista in omosessualologia clericale. Soprannome sul quale io per primo ho sempre riso, forse anche per cercare di dimenticare le angherie che ho dovuto subìre dalla potente cordata degli ecclesiastici gay, quando ho osato toccare questa lobby gay veramente molto potente e radicata all’interno della Chiesa ai più alti livelli della gerarchia ecclesiastica romana, come oggi i fatti e gli scandali dimostrano. Mi rifiuto di narrare nei dettagli ciò che ho dovuto subìre, non ultimo per evitare che alcuni improvvidi, cadendo in errore, mi dichiarino beato martire in vita. In effetti, certe persecuzioni da me patite, richiamano le vicende esistenziali di diversi Santi, ma questo non deve però indurre in un errore che sarebbe grossolano e grottesco, perché malgrado certe similitudini, la differenza tra loro e me è sostanziale: io devo combattere molto col peccato nel quale seguito a cadere in modo spesso persino disinvolto. Dei Santi non ho la maturità umana, spirituale e sacerdotale. E casomai dovessi morire dopo avere vergate queste righe, la mia speranza è che Dio Padre di Misericordia, malgrado i miei demeriti ed i miei peccati, possa concedermi la grazia del Purgatorio, tenendo conto nel proprio giudizio che io, pur non avendo fatto tutto quel che dovevo e potevo fare, in ogni caso mi sono impegnato a fare perlomeno qualche cosa. E questo basta a capire quale differenza corra tra me ed un Santo. Certo, in questo clima di confusione nel quale ci stiamo accingendo a beatificare come martire un Vescovo argentino morto in un incidente stradale, imputando semmai ai dossi ed alle buche di una strada male asfaltata l’odio per la fede cattolica, si potrebbe correre il facile rischio che anch’io, a mio modo martirizzato all’interno della Chiesa per anni ad opera della implacabile cordata dei preti gay e dei vescovi che proteggono la potente lobby, finisca col ricevere — ripeto, direttamente in vita — la palma del martirio.

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Tra il 2008 ed il 2009 scrissi un libro intitolato E Satana si fece trino. Relativismo, individualismo e disubbidienza. Analisi sulla Chiesa del terzo millennio. Il libro fu poi pubblicato alla fine del 2010, ed ebbe anche una ottima diffusione. Attualmente questo libro è fuori stampa in seguito alle mie successive divergenze con l’Editore, che dopo avere venduto svariate migliaia di copie dei miei titoli, contravvenendo alla parte fondamentale del contratto di edizione non mi versò mai un centesimo di diritti d’autore e non mi presentò mai il resoconto delle copie vendute. A questo si aggiunga poi che l’Editore era entrato frattanto in una Loggia Massonica e che si era messo a pubblicare decine di titoli dedicati all’esoterismo massonico. Motivo per il quale reputai non opportuno che il mio nome e soprattutto la mia figura di presbìtero e di teologo cattolico restasse in quella Casa Editrice divenuta una succursale di patetici massoncelli di provincia. Per ciò gli intimai legalmente, in virtù della sua inadempienza contrattuale, di ritirare dalla distribuzione tutti miei libri, i diritti d’autore dei quali tornavano così a me. Quel mio libro, sebbene diffuso per tre anni, dal 2014 è fuori stampa. Sarà però ristampato a breve agli inizi del  2019, quando cominceremo a stampare i libri delle Edizioni L’Isola di Patmos, non ultimo confidando anche sulle libere offerte dei nostri Lettori, che sono il solo e unico sostegno della nostra opera apostolica.

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Nelle trecento pagine di questo mio libro è contenuta una analisi decisa e precisa sulla situazione nella quale un decennio dopo è precipitata la Chiesa. Infatti, la data di stampa e la relativa distribuzione del libro documenta come con molti anni di anticipo ho descritto ciò a cui saremmo andati incontro. Ovviamente, quando scrivevo quelle pagine, io desideravo avere torto e non certo ragione, anzi speravo di poter dire in futuro di essermi sbagliato. Purtroppo, ciò che ho scritto dieci anni fa parlando della omosessualizzazione della Chiesa visibile, è invece storia dei giorni nostri. E detto questo ribadisco: il prezzo che come prete ho dovuto pagare all’interno della Santa Chiesa di Cristo, sotto molti aspetti è stato veramente smisurato, perché la lobby clerical gay è una autentica potenza, ed io l’ho sperimentato a caro prezzo sulla mia pelle.

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Non posso omettere di ricordare che all’epoca quel libro — consegnato da un giovane sacerdote a mia insaputa e di sua totale libera iniziativa anche ad uno dei segretari del Sommo Pontefice Francesco I il 31 luglio del 2013 con preghiera di farlo avere al Santo Padre — lo inviai in omaggio in decine di copie a tutti i giornalisti e le riviste di area cattolica, invitandoli a recensirlo, non perché io volessi pubblicità, ma perché trattavo degli argomenti di straordinaria gravita che se presi per tempo in considerazione dalle Autorità Ecclesiastiche, molti guai futuri sarebbero stati evitabili, o perlomeno ridotti nelle loro devastante portata. Di quel libro furono inoltre inviate copie omaggio a ben cento prelati della Curia Romana, diversi dei quali, lungi dal dire a se stessi “qui ci viene presentato un problema dinanzi al quale non possiamo mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi” — aggiungo io: lasciando nel mentre il culo piumato all’aria a disposizione del tutto gratuita di chiunque passi —, non trovarono di meglio da fare che contattare l’allora mio Ordinario Diocesano per chiedere chi fosse questa … «mina vagante». Infatti, i buoni prelati di curia, tutti gossip curiali&omertà, erano impegnati a domandarsi chi fosse questo prete che osava tanto, mentre accanto a sé, senza scandalo e soprattutto senza problema alcuno, avevano i vari Mons. Krzysztof Charamsa, od il segretario particolare del Cardinale Francesco Coccopalmerio, il giocoso Mons. Luigi Capozzi, un ragazzo esuberante che organizzava festini gay a base di droga direttamente dentro il Palazzo del Sant’Uffizio, ovviamente mentre il suo protettore in porpora ignorava per anni di avere accanto a se una checca impazzita e drogata. E mentre ciò accadeva i vari Cardinali Theodore McCarrick producevano danni immani sparsi in giro per il mondo. Pur malgrado, per certi prelati tutti gossip curiali&omertà, il problema ero io che nel 2010 osavo affermare e spiegare: «Nella Chiesa abbiamo un problema gay che nel giro di pochi anni ci travolgerà ai più alti vertici delle gerarchie»E Dio solo sa con quanta spocchia alto prelatizia, quelli che oggi si stracciano le vesti al grido di «non sapevamo», «non immaginavamo», alzavano il telefono e poi appresso la voce con l’allora mio Ordinario Diocesano per intimargli: «Insegni quanto prima a questo suo prete a tacere!». E tra questi prelati dal telefono veloce e dalla intimazione altrettanto veloce, possiamo ricordare anche una telefonata  fatta nel 2013 dall’Arcivescovo Angelo Becciu, all’epoca Sostituto alla Segreteria di Stato, affatto preoccupato per la massiccia presenza di preti gay nella Diocesi di Roma, ma piuttosto preoccupato che questo fatto noto a tutte le Autorità ecclesiastiche romane io lo avessi riferito a degli intervistatori televisivi che mi posero a tal proposito delle domande. Se l’Arcivescovo Angelo Becciu, anziché preoccuparsi di me che dicevo solo e null’altro che la verità, si fosse invece preoccupato dei monsignorini gay che organizzavano festini a base di marchettari e droga direttamente dentro i palazzi dei dicasteri della Santa Sede, forse oggi non saremmo in queste condizioni, esposti al massimo ridicolo e con una credibilità pressoché distrutta dinanzi agli occhi del mondo.

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Nessuno dei giornalisti cattolici mi rispose e quelli che mi conoscevano bene direttamente non sapevano come fare a ignorarmi, senza darmi alcuna spiegazione. Meno che mai nessuno scrisse due righe in mia difesa, nei giorni in cui io, ironico persino dinanzi alla sofferenza, rimpiangevo il grande persecutore Diocleziano, il quale perlomeno ti faceva ammazzare nello spazio di pochi minuti, non ti condannava alla morte in vita accompagnata da un incessante supplizio. Un solo giornalista fece eccezione: Marco Tosatti, dedicandomi una sua presentazione [cf. QUI]. E detto questo basti solo ricordare che a Roma, per due anni interi io ho celebrato la Santa Messa da solo dentro le Catacombe di Priscilla sulla Via Salaria, con la sola presenza amabile e preziosa del mio diletto figliolo e collaboratore Jorge Facio Lince, mentre giorno dietro giorno, un fitto esercito di preti gay, entravano in trionfo nei dicasteri della Santa Sede e della Segreteria di Stato, erano promossi Nunzi Apostolici e nominati Vescovi. Ma all’epoca tutti i giornalisti cattolici, non solo non vedevano, ma quando io indicai loro il problema, loro fuggirono più veloci del mitico Willy coyote.

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Oggi, armato della mia stessa ironia, devo sorbirmi gli articoli di quegli stessi giornalisti cattolici che dinanzi a quel mio libro si dettero alla fuga, ma che oggi si sono scoperti d’improvviso coraggiosi difensori dell’onore della Chiesa. E non solo trattano argomenti dinanzi ai quali, un decennio fa fuggirono a gambe levate, ma peggio: li trattano facendo uso delle stesse analisi da me impresse in quel libro e successivamente in numerosi miei articoli pubblicati a partire dal 2015 su L’Isola di Patmos.

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Ribadisco quanto più volte ho scritto in diversi miei testi: nessuno è obbligato a essere eroe, meno che mai martire. Attenzione però, perché al tempo stesso non conosco un solo passo della Sacra Scrittura nel quale si riconosca al devoto fedele cattolico il sacro diritto all’esercizio della santa vigliaccheria.

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Dalle trecento pagine di questo mio libro che agli inizi del 2019 sarà ridato alle stampe — libro che ripeto è stato scritto tra il 2008 e il 2009 e pubblicato alla fine del 2010 —,  estrapolo solo alcune righe che adesso vi riporto di seguito, unitamente ad una domanda: non è forse ciò che sta accadendo oggi, dopo che i problemi generati nel clero per opera della lobby gay, hanno infine travolto anche vescovi e cardinali, come con anni e anni di anticipo ho descritto? Il tutto ripeto — sia beninteso — ad un prezzo spropositato da me pagato nelle totale indifferenza delle Autorità Ecclesiastiche e dei giornalisti cattolici che oggi, divenuti d’improvviso attenti e persino eroici, hanno infine scoperto il problema. E l’hanno scoperto quando si è dovuti giungere a togliere la dignità cardinalizia a dei cardinali ed a destituire diversi vescovi, mentre intere Conferenze Episcopali, in giro per il mondo, sono travolte in questi giorni da scandali immani. Insomma, quando non c’è nessun rischio da correre e nulla da pagare, anzi semmai tutto da guadagnare, ecco che i giornalisti cattolici scoprono infine che la terra non è piatta ma sferica.

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il libro nel quale Ariel S. Levi di Gualdo analizza il problema del golpe della lobby gay all’interno della Chiesa, scritto tra il 2008 e il 2009 e pubblicato alla fine del 2010

«[…] Non ci si può mettere in pace la coscienza limitandosi a pubblici e severi proclami, se poi nei fatti i preti gay aumentano in proporzione alla presenza di vescovi che ragionano con una psicologia omosessuale latente. O per dirla cruda: alcuni seminaristi che tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta del Novecento capeggiavano all’interno dei seminari la pia confraternita gay, oggi sono vescovi, ed appena divenuti tali, per prima cosa si sono circondati di soggetti affini, piazzati sempre e di rigore in tutti i posti chiave delle diocesi, seminari inclusi. E questi soggetti, che si proteggono e si riproducono tra di loro, hanno finito col creare una lobby di potere tremendamente potente all’interno della Chiesa […] Se davvero vogliamo affrontare questo problema drammatico, dobbiamo partire da un triste dato di fatto: oggi, all’interno del clero secolare e religioso maschile, il numero degli omosessuali è spaventosamente alto e si divide tra gay praticanti e gay repressi; i secondi più attivi dei primi nell’esercizio della loro logorante omosessualità psicologica. Gli omosessuali per carattere psichico repressi nel corpo, sono notevolmente peggiori di coloro che praticano l’omosessualità fisica, causando da sempre all’interno della Chiesa dei danni talora enormi talora irreparabili, puntando sempre e di rigore a piazzarsi nei posti più alti e nei ruoli-chiave di governo, per meglio rafforzare una lobby molto potente e solidale al suo interno, retta su criteri pornocratici. Quello della pornocrazia è un dramma che ferisce la Chiesa colpendola con affondi mortali. Termine recente di origine francese, pornocrazia indica una forma di governo caratterizzata dal nefasto influsso di cicisbei e prostitute sugli uomini preposti all’esercizio del potere. Alla lettera significa “governo delle prostitute”, o governo fondato in buona parte sui meccanismi tipici della prostituzione. A caratterizzare la pornocrazia, non è tanto il baratto di favori sessuali con posizioni di privilegio, come nelle consuete relazioni tra potente e prostituta, perché questi rapporti di potere non sempre hanno avuto connotazioni di tipo sessuale, specie all’interno di certe sacche decadenti, che hanno costituito nei tempi passati e presenti orribili zavorre per la Chiesa, dove spesso il meccanismo, lungi dell’essere quello del tutto naturale della sessualità eterosessuale, si fonda sulla asessualità, o su puri meccanismi omosessuali, spesso più psicologici che fisici. Nella pornocrazia clericale, l’omosessualità praticata a livello fisico è solo la punta estrema di un’omosessualità mentale radicalizzata e andata non di rado al potere. Con l’esercizio del proprio influsso sull’uomo di potere la prostituta, o il gay-prostituto, non tanto riescono a esercitare in modo indiretto il loro personale potere, perché simili meccanismi di ruolo sono stati più volte esercitati in modo quasi istituzionale dalle legittime consorti dei sovrani, o dai loro vari amichetti-gay. Quel che risulta particolarmente logorante nella Chiesa, più che nelle società civili di potere, è la capacità del prostituto di creare un proprio potere personale a volte quasi assoluto, che si sostituisce spesso all’autorità del potente e che non di rado sopravvive al potente stesso. Si pensi per esempio al giovane ed efebico segretario dalle cui labbra il potente pendeva e che dopo avere influito sull’esercizio del potere del prelato – che era preposto a servire, non a pilotare colpendolo con le frecce di Cupido –, quando questi sta per ritirarsi dalla carica per sopraggiunti limiti di età, viene promosso vescovo prendendo il posto – in rango e dignità sacramentale – del suo padrone platonicamente innamorato» [tratto da: E Satana si fece Trino, Roma 2010. Pagg. 207-208]

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Non pretendo affatto le dovute scuse da parte di chi ha molto meno onore delle puttane smemorate, anche perché bisogna considerare che io sono solo un prete servitore devoto della Chiesa di Cristo, mica sono un finto profugo musulmano sbarcato a Lampedusa, od un pastore pentecostale da correre ad abbracciare, forse come segno di ringraziamento agli Evangelici che ci stanno svuotando le chiese cattoliche in tutti i Paesi dell’America Latina? A maggior ragione prego e spero che Dio Padre di Misericordia infinita mi conceda la grazia del Purgatorio per avere tentato di fare qualche cosa, per il poco o nulla che può essere servito il mio agire, assieme al mio soffrire che offro, per il poco che anch’esso possa servire, per la purificazione di una Chiesa visibile sempre più omosessualizzata e sempre più pubblicamente smerdata.

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Dall’Isola di Patmos, 21 agosto 2018

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

Gli scandali della potente lobby gay ecclesiastica e il dramma della formazione del clero

attualità ecclesiale 

GLI SCANDALI DELLA POTENTE LOBBY GAY ECCLESIASTICA E IL DRAMMA DELLA FORMAZIONE DEL CLERO

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Sulla base delle analisi ed osservazioni che i Padri de L’Isola di Patmos stanno facendo ormai da alcuni anni sia della condotta che delle idee del clero e dei vescovi almeno italiani, davanti a tutti questi fatti sorge inevitabilmente un atroce sospetto, non privo di fondamento, anche se non sempre corredato da precise prove: in molti casi le ordinazioni di questi preti e di questi vescovi, fondate sulla falsa concezione del sacerdozio, potrebbero essere invalide.

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Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

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PDF  articolo formato stampa

 

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… caro Mario Bonfanti [cf. QUI] e sodali affini vari, nessuno vi impedisce di essere gay e di praticare la sodomia con tutte le relative tutele che la Legge civile stessa vi riconosce, però non potete fare i preti, perché diventare prete non è invece un diritto.

I fatti scandalosi in crescita di numero in vari Paesi del mondo, dei quali sempre più si ha notizia, concernenti i peccati di sodomia commessi da preti con ragazzi o giovani, o peggio l’abominio della pedofilia, ci spingono a interrogarci su quali possono essere le cause di un fenomeno tanto aberrante e contro natura. L’esistenza, infatti, del concubinato nel clero è un fenomeno che percorre tutta la storia della Chiesa. Essa ha conosciuto persino il caso di un Papa concubinario, Alessandro VI. Ma in fin dei conti, qui c’è in gioco quello che è il rapporto sessuale fisiologicamente normale, seppur peccaminoso. Quello di cui si stenta a capire come possa accadere è un peccato così grave contro quel celibato ecclesiastico o voto di castità, che si suppone esser stato desiderato, voluto, deciso e promesso solennemente e pubblicamente di osservare usque ad mortem, liberamente e consapevolmente, da persone psicologicamente normali, dopo aver ricevuto una normale e regolare formazione sacerdotale e religiosa, ed esser stati prudentemente vagliati e provati dai superiori responsabili della formazione. Ma quello che c’è da aggiungere a questo quadro sconfortante è la domanda che sorge spontanea, ancora più drammatica, sulla qualità dei formatori, docenti ed educatori di queste persone e in primis dei vescovi, supremi moderatori e vigilanti circa la buona formazione dei loro sacerdoti, nonché la competenza e virtù dei docenti e degli educatori preposti alla loro formazione.

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Le domande non sono ancora finite. Si deve infatti constatare, come Padre Ariel ha già più volte rilevato in sue precedenti pubblicazioni editoriali e su L’Isola di Patmos, che le radici profonde di questi peccati sessuali non possono non essere che l’aver ricevuto una cattiva per non dire pessima formazione, non basata sulle direttive del Magistero della Chiesa e sui veri maestri, ma su idee eretiche o condannate dalla Chiesa, le quali propongono tra l’altro un falso concetto di Dio, dell’uomo, della fede, della grazia, della legge, del peccato, della Redenzione, della Chiesa, dei sacramenti, del sacerdozio e dell’episcopato, come avviene per esempio nella teologia di Karl Rahner.

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Un altro fatto preoccupante in questa vicenda è l’atteggiamento inadeguato o imprudente dei vescovi, i quali: o sono reticenti o minimizzano o coprono i misfatti o prendono provvedimenti inefficaci. Al riguardo, paiono plateali e dettate da grave leggerezza le dimissioni collettive avvenute nel maggio del 2018 dei membri dell’intero episcopato cileno a seguito dell’ennesimo scandalo in Cile. Buona è stata la lettera con la quale i vescovi hanno espressero pentimento, volontà di rimediare e ringraziamento al Santo Padre per la paterna attenzione che egli ha riservato alla vicenda [cf. QUI]. Occorre osservare tuttavia che un vescovo può certo dimettersi perché conscio di colpe gravissime o perché avverte con certezza la propria indegnità o incapacità a continuare a svolgere convenientemente il suo ufficio, lo stesso Sommo Pontefice Benedetto XVI in quest’ottica ha fatto il proprio solenne atto di rinuncia. Ma che un intero episcopato di 34 vescovi, per quanto abbia avvertito il proprio coinvolgimento nello scandalo diffuso e protrattosi per molti anni, giunga all’inaudita gravissima decisione di dare le dimissioni in blocco, con una compattezza che sa di cosa forzata, come potrebbe avvenire nelle proteste sindacali o in un comitato di fabbrica, sembra testimoniare non di un atto di pentimento, ma di un atto lesivo della dignità episcopale, per attirare su di sé l’attenzione del mondo. Ben altro da simili gesti spettacolari ci vuole per risolvere il problema. I veri e più gravi responsabili avrebbero dovuto farsi avanti e non nascondersi nel mucchio.

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La vera soluzione educativa è che il vescovo si decida una buona volta a impartire sul serio una formazione seminaristica ed a svolgere una diligente vigilanza sul clero, affinché sia protetto e difeso dalle idee malsane e coltivi la sana dottrina, chiarisca bene il valore altissimo della vocazione sacerdotale ed episcopale e se ne innamori con tutto il cuore, con ardente desiderio di perfezione e di santità e di essere totalmente al servizio delle anime e della Chiesa. Il sacerdote veramente convinto e innamorato della propria vocazione e missione è tutto e soltanto preso dalle cose di lassù e non da quelle di questa terra. È mosso dallo Spirito e non ha tempo per soddisfare i desideri della carne. La vera soluzione pastorale comporta l’educazione della volontà e delle emozioni, nonché il rafforzamento dell’attaccamento al bene, la stimolazione dell’odio per il peccato, la volontà di emendarsi e di correggersi. Se San Paolo dice che la carità «tutto copre», egli intende riferirsi a quella delicatezza del padre che non vuol gettare il figlio in pasto al ludibrio, non lo vuole umiliare. Eppure lo vuol correggere. È un padre, quindi, che sa all’occorrenza richiamare, rimproverare, minacciare, castigare. Anche questa è carità. Ma essa è altresì pronta a coprire là dove è possibile, utile, lecito e doveroso, laddove c’è da scusare o pazientare; non certo nel senso di coprire o nascondere il peccato affinché non venga punito. Qui non deve coprire, ma svelare a chi di dovere e al peccatore stesso. Dio non copre i peccati lasciandoli tali, come credeva Lutero, ma li copre per misericordia in attesa di toglierli.

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La misericordia non suppone la riduzione della colpa a pena. Non c’è solo l’anima ferita, ma c’è anche quella feritrice. Si deve aver pietà per chi non ce la fa, non per chi non vuole impegnarsi. Questo va incitato. Altrimenti la misericordia diventa connivenza e complicità. E detto questo bisogna aggiungere nelle nostre considerazioni su questo tema scabroso che, sulla base delle analisi ed osservazioni che io e Padre Ariel stiamo facendo ormai da alcuni anni sia della condotta che delle idee del clero e dei vescovi almeno italiani, davanti a tutti questi fatti, è sorto inevitabilmente in noi un atroce sospetto, non privo di fondamento, anche se non sempre corredato da precise prove, per cui siamo giunti alla conclusione che in molti casi le ordinazioni di questi preti e di questi vescovi, fondate sulla falsa concezione del sacerdozio [1], siano invalide [vedere nostri articoli su Theologica, QUI e QUI].

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Occorre dire inoltre con franchezza che lo smarrimento morale, che è all’origine del fenomeno della omosessualità diffusa tra i sacerdoti, è a sua volta causato dal concetto rahneriano dell’agire umano, che non si basa sull’accettazione dei fini essenziali della natura umana, perché egli non accetta neppure l’idea di una natura umana fissa e oggettiva, la cui felicità dipende dall’obbedienza a una legge naturale immutabile ed inviolabile, stabilita dal Creatore; ma secondo lui l’uomo e ciascuno di noi è libero di determinare come gli pare e piace i contorni concreti e quindi l’agire della propria natura.  Da qui la conseguenza che in campo sessuale il soggetto singolo è libero di scegliere il proprio orientamento sessuale non in base a una finalità dell’attività sessuale insita nella natura, indipendentemente dal soggetto, ma in base alla ricerca del piacere sessuale, ottenuto con mezzi creati dal soggetto stesso, diversi da soggetto a soggetto e tutti leciti, purché piacciano al soggetto. In tal modo non esiste più una regola universale per distinguere la buona azione  dal peccato. Quindi non posso più dire che il tale commette un peccato di sodomia o di pedofilia, ma che il suo atto è semplicemente diverso dal mio, un atto che non devo condannare, ma rispettare. È chiaro che quando si dà spazio ad una morale del genere, le geremiadi  per la pedofilia dei preti  sono lacrime di coccodrillo e gli scandali sono ipocrisie.

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Quanto dunque ancora dovremo andare avanti nel raccogliere i frutti amari del rahnerismo? Che cosa deve accadere ancora perchè il Papa si decida ad una riforma della formazione sacerdotale secondo le direttive del Concilio? Esse non prevedono affatto il rahnerismo, ma bensì un saggio ritorno a San Tommaso, come dice lo stesso Decreto conciliare sulla formazione sacerdotale Optatam totius:

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«Per illustrare integralmente quanto più possibile i misteri della salvezza, gli alunni imparino ad approfondirli per mezzo della speculazione, avendo San Tommaso per maestro» [n.16]. 

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E la Dichiarazione sull’educazione cristiana Gravissimum educationis:

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«Indagando molto accuratamente le nuove questioni e ricerche poste dall’età che si evolve, si colga più chiaramente come fede e ragione s’incontrino nell’unica verità seguendo le orme dei dottori della Chiesa, specialmente San Tommaso d’Aquino» [n.10].

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Occorre che l’educatore metta abbondantemente a disposizione dell’educando i mezzi della grazia, proponga l’esempio dei Santi, dia egli stesso esempio di virtù,  lo educhi allo studio della Scrittura, alla preghiera, all’intima unione con Cristo sommo Sacerdote, alla comunione con la Chiesa e col Papa, alle opere della carità fraterna e della misericordia.

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Dobbiamo riconoscere onestamente che in questi cinquant’anni nei quali si sarebbero dovute mettere in atto queste sagge direttive, il Concilio è stato semplicemente beffato proprio da coloro — i rahneriani —, che se ne considerano i continuatori. Così è successo che invece della riforma conciliare, è risorto un Modernismo che è peggiore di quello dei tempi di San Pio X. Bisogna rifare tutto daccapo e tornare a queste direttive del Concilio, altrimenti le cose andranno di male in peggio, in una situazione nella quale si è partiti con gli scandali dei preti gay, ma in breve tempo si è giunti al coinvolgimento in questi scandali dei loro vescovi e cardinali protettori, ad alcuni dei quali si è giunti persino a togliere la dignità cardinalizia. Faccio dunque mia la domanda posta da Padre Ariel nel suo articolo: «Tutto questo, non poteva forse essere evitato?» [cf. QUI].

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Varazze, 21 agosto 2018

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[1] Cf. Il concetto di sacerdozio in Rahner, in Il sacerdozio ministeriale. «L’amore del Cuore di Gesù», a cura di S.M.Manelli e S.Lanzetta, Atti del Convegno Teologico organizzato dai Francescani dell’Immacolata nel dicembre 2009, Cantagalli, Siena 2010, pp. 183-230.

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La pena di morte e quel sant’uomo di Mastro Titta, er misercordioso boia der Papa

— un tocco de leggerezza estiva: er graffietto romano de Gatta Ipazia —

LA PENA DI MORTE E QUEL SANT’UOMO DI MASTRO TITTA, ER MISERICORDIOSO BOIA DER PAPA

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Giovanni Battista Bugatti, detto Mastro Titta, er misericordioso boia der Papa in carica fino al 1869, era un autentico uomo di Dio, oltre che un gran professionista. Con un colpo deciso e preciso te mozzava la capoccia senza fatte pe’ gnente soffrì. Invece, gli odierni e misericordiosi boia di Sua Santità, da una parte ti inneggiano peace and love con le bandierine arcobaleno, dall’altra ti fanno pentire di non essere morto. Li mortacci loro: quanto so’ misericordiosi !

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Autore
Ipazia Gatta Romana

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

( Cliccare sul nome per leggere tutti i suoi articoli )
Padre Giovanni

L’uccisione del nemico: riflessioni sulla pena di morte e questioni annesse

— attualità ecclesiale —

L’UCCISIONE DEL NEMICO: RIFLESSIONI SULLA PENA DI MORTE E QUESTIONI ANNESSE

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Ci si potrebbe inoltre chiedere se era il caso che la questione della pena di morte fosse entrata nel Catechismo, il cui compito non è quello di dare soluzione a problemi pratici contingenti, ma di insegnare le verità immutabili della fede. Ad ogni modo, accogliamo serenamente la decisione del Santo Padre, il quale, con questo gesto, se non esercita il suo ministero di maestro della fede, è però nel pieno esercizio delle sue facoltà pastorali, e precisamente della potestas clavium

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Autore
Giovanni Cavalcoli, O.P.

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 PDF  articolo formato stampa 

 

 

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il fantasioso e discutibile film pseudo-storico In Nome del Papa Re, interpretato dal grande Nino Manfredi, dove viene romanzata la vicenda dei terroristi Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti

Mi unisco con un mio contributo all’intervento del Padre Ariel [cf. QUI], sul quale sono sostanzialmente d’accordo, aggiungendo altri argomenti e presentando alcuni annessi.

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Esiste un libro che sulla questione dell’omicidio sembra paradossale. Nessun libro come questo esalta la dignità, l’inviolabilità e la sacralità della vita umana. Eppure, nel contempo, nessuno come questo ammette la liceità dell’omicidio in nome di Dio: guerre, invasioni, stragi, castighi, pene di morte, legge del taglione, tirannicidi, uccisione dell’ingiusto aggressore. E questo libro è la Bibbia. La legge biblica del חרם cherem era la distruzione totale del nemico sconfitto di cui possiamo trovare notizia nel Libro del Deuteronomio [cf. Dt 20, 10-20] ed è presentato nella Bibbia come precetto divino, tanto che Saul viene castigato da Dio per non aver fatto il cherem [I Sam 15, 9] dopo che Dio gli aveva ordinato di «uccidere il popolo di Amalek» e di:

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«non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini» [I Sam 15, 3].

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Si può dire che l’etica della Bibbia è un’etica della vita. Il bene è ciò che promuove la vita; male e peccato sono ciò che la offende o la toglie. Da qui il  precetto di non uccidere:

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«Avete inteso che cosa fu detto agli antichi: non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio» [Es 20, 13].

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Nel contempo esistono però gradi della vita: da quella infima, vegetale, per salire, attraverso la vita animale, a quella umana, alla vita angelica, alla vita divina. Ma il comando «non uccidere» non vale allo stesso modo per tutti i gradi della vita. La vita intra-umana può essere sacrificata a quella umana. Già nell’Eden Dio autorizza la coppia primitiva ad usare piante ed animali per ottenerne cibo.

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Per quanto riguarda la vita della persona, secondo la Bibbia, la sua vita fisica, per quanto preziosa, dev’essere ordinata a quella spirituale, per cui Cristo ci comanda di rinunciare a quella vita fisica che può creare ostacolo alla vita spirituale ed al rapporto con Lui:

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«Se la tua mano ti scandalizza, toglila» [cf. Mc 9,43].

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Raccolta foto de Alvariis – Roma, 1868: esecuzione  dei due terroristi Gaetano Monti e Giuseppe Tognetti

La vita fisica della singola persona dev’essere al servizio del bene comune, ossia della vita della comunità, per cui se capita che il singolo, con la sua condotta criminale, metta in pericolo il bene della società, questa, secondo la Scrittura, può liberarsi con la pena di morte da questo elemento pericoloso.

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In passato, la pena di morte serviva a preservare la società dai danni che arrecati dai delinquenti. Infatti, il comandamento divino «non uccidere» significa «non uccidere l’innocente», ma non proibisce necessariamente di uccidere il malvagio, anzi la sua uccisione da parte della legittima autorità è vista come atto di giustizia, come è comprovato dagli esempi della Scrittura e da tutta la storia della Chiesa.

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Per questo in passato la Chiesa ha giustificato la pena di morte e ne ha fatto ella stessa uso nei territori dello Stato Pontificio. A tal proposito basti ricordare che la pena di morte è stata abolita dalla Legge Fondamentale dello Stato della Città del Vaticano il 12 febbraio 2001, dopo che Paolo VI l’aveva resa nel 1967 inefficace, pur senza cancellarla. Solo nel 2001 è stata totalmente cancellata con motu proprio di Giovanni Paolo II.

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Raccolta foto de Alvariis – Roma, 1868: esecuzione  dei due terroristi Gaetano Monti e Giuseppe Tognetti

Nel vecchio Stato Pontificio, dal 1796 al 1870 furono eseguite circa 516 condanne a morte. A presiedere il Tribunale della Sacra Consulta erano giudici ecclesiastici, poi naturalmente le condanne erano eseguite dai laici, il cosiddetto braccio secolare, non erano certo preti, frati e suore ad eseguire le condanne a morte. Nello Stato della Chiesa la pena di morte fu praticata sino al 1870. Le condanne a morte non potevano essere eseguite senza il nulla osta del Romano Pontefice, che volendo poteva commutarle in carcere a vita, in altra pena o persino in grazia. La prima condanna a morte approvata sotto il pontificato di Pio IX fu nel 1852 quella di Girolamo Simoncelli che s’era macchiato di vari reati: omicidio, tentativo di insurrezione, falso e aggressione ingiuriosa ai danni di Giusto Recanati Vescovo di Senigallia. Altra condanna clamorosa fu quella di Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti eseguita a Roma in Via dei Cerchi il 24 novembre 1868. Questi due condannati oggi sono celebrati come martiri dopo essere stati costruiti tali da certe leggende del Risorgimento. In verità i due giovani uomini si erano macchiati del reato di strage uccidendo con un attentato dinamitardo alla Caserma degli Zuavi ubicata a Palazzo Serristori, nell’attuale Via della Conciliazione, ventitré militari e due civili, ferendo gravemente altri civili inermi, due dei quali persero in seguito la vita, per un totale di ventisette vittime [elenco delle vittime QUI]. Tra i civili persero la vita Francesco Ferri e la piccola figlia Rosa. La strage poteva andare molto peggio, perché delle tre cariche di esplosivo piazzate nelle fognature della caserma solo una esplose; se fossero esplose tutte, la tragedia sarebbe stata maggiore. Lo sarebbe stata anche con l’esplosione di una sola carica, se la gran parte degli zuavi non fossero usciti per ragioni di servizio verso Porta San Paolo, infatti gli zuavi morti nell’attentato erano per la quasi totalità i componenti della banda musicale.

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Raccolta foto de Alvariis – Roma, 1868: esecuzione  dei due terroristi Gaetano Monti e Giuseppe Tognetti

A Pio IX fu avanzata supplica di grazia, ma lui fu costretto a rifiutarla per non irritare i familiari delle numerose vittime, ma anche per non irritare la popolazione romana, che era rimasta molto toccata dalla morte delle bambina Rosa Ferri. I due terroristi, nel corso di un processo durato un anno, non chiesero la grazia; e non la chiesero per i motivi narrati dalla leggenda, in quanto avrebbero decisero di negare indomiti di venire a patti con il «tiranno», ma perché rimasero così colpiti dagli effetti del loro gesto e dai morti che ne erano conseguiti, tanto da vedere nel patibolo una forma di riscatto per il gesto da essi compiuto [si rimanda a tal proposito al resoconto edito nel 1868 sulla rivista dei Gesuiti La Civiltà Cattolica dopo la loro esecuzione capitale, QUI]. Dopo il 1870, con l’unità d’Italia si tentò di trasformare questi due terroristi in figure eroiche di combattenti contro la tirannide, dedicando loro strade e monumenti, nella totale noncuranza delle vittime morte in seguito alla strage da loro perpetrata. La leggenda dei due giovani proclamati in seguito “martiri del diritto italiano” si è trasferita dalla letteratura tardo ottocentesca anche alla filmografia contemporanea, soprattutto nel film In nome del Papa Re, interpretato dal grande Nino Manfredi, nel quale i due terroristi assurgono a rango di “martiri della libertà” [cf. QUI].

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L’ultimo giustiziato sotto il pontificato di Pio IX prima della caduta dello Stato Pontificio fu Agatino Bellomo, condannato per efferato omicidio e ghigliottinato a Palestrina nel luglio del 1870, due mesi prima della presa di Roma.

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In secoli ormai lontani la stessa pena di morte per gli eretici  era irrogata dal cosiddetto braccio secolare dello Stato dopo la condanna dei Tribunali ecclesiastici. Lo Stato, in queste epoche remote che non possono essere analizzate con i criteri socio-politici contemporanei, considerava l’eretico come un perturbatore dell’ordine pubblico civile. In ogni caso i canonisti ed i Padri della Chiesa — vedi per esempio San Tommaso d’Aquino [Summa Theologiae, II-II, q.11, a.3] — ritenevano che l’eretico meritasse la pena di morte, in quanto perturbatore della fede della Chiesa, bene comune della Chiesa e del Popolo di Dio.

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La Chiesa ha la facoltà di farsi promotrice dell’abolizione della pena di morte, come sta avvenendo oggi con il Sommo Pontefice Francesco. Ciò implica evidentemente un giudizio negativo sulla prassi del passato. Questa decisione della Chiesa non deve meravigliare, perché essa è basata su di una percezione più profonda della dignità della persona e della sua stessa vita fisica.

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Oggi la Chiesa ritiene che la società possa difendersi dal delinquente anche senza ricorrere alla pena di morte. Se da una parte la carcerazione può dar speranza al carcerato di evadere, è però anche vero che essa può dargli occasione di ravvedersi. La pena di morte può avere un valore deterrente, ma l’esperienza insegna che certi criminali non recedono dalla loro condotta neppure sapendo che rischiano di essere giustiziati.

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Raccolta foto de Alvariis – Roma, 1867: la Caserma degli Zuavi in Palazzo Serristori dopo l’atentato dinamitardo dei due terroristi Gaetano Monti e Giuseppe Tognetti

Questo mutamento di giudizio della Chiesa circa la pena di morte fa meglio comprendere l’assolutezza del comandamento «non uccidere», anche se esso era rispettato, benché meno perfettamente, anche dalla concezione precedente. Tale mutamento di giudizio fa anche meglio applicare il comandamento evangelico dell’amore per il nemico, mentre in passato la Chiesa era meno disposta a tollerare i suoi nemici e a considerarne gli aspetti positivi ed inoltre era più facile a considerarli in colpa e più restia ad ammettere attenuanti o scusanti nel reo. Era meno temuto l’errore giudiziario, perché meno ci si rendeva conto della complessità del problema di dover giudicare un uomo in sede di diritto penale.

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Il nobilissimo esempio del martire che, sulle orme di Cristo, pur potendosi difendere, si lascia uccidere dal persecutore, non può essere eretto a regola di una condotta comune, ma costituisce la testimonianza eroica di uno speciale dono dello Spirito Santo, non a tutti concesso. Sarebbe dar segno di un intollerabile rigorismo pretende di abbassare a regola comune quello che è soltanto  un privilegio dello Spirito Santo. Così pure l’eroismo della madre, la quale preferisce morire per dare alla luce il figlio, che ella in quella tragica circostanza avrebbe potuto abortire, non è da prendere come regola generale senza rischiare di tentare Dio.

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Bisogna tuttavia distinguere il legittimo castigo del criminale dall’azione coercitiva finalizzata alla neutralizzazione di un’ingiusta aggressione personale o collettiva. Proprio perché la vita umana è sacra, va difesa, all’occorrenza anche con l’uso della forza, con la soppressione dell’avversario. Così è lecito al gioielliere minacciato da un malvivente armato, ucciderlo prima che egli faccia fuoco. È lecito a un tutore dell’ordine uccidere un terrorista colto in flagrante delitto di terrorismo mentre sta per realizzare una strage. È lecito al soldato uccidere il nemico della patria.

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Lapide tombale di Gaetano Tognetti presso il Cimitero del Verano

Qui trova soluzione l’apparente paradosso della Scrittura, la quale congiunge il comando di non uccidere con la legittimazione dell’omicidio per giusta causa, si tratti della difesa personale o della guerra giusta. Quanto all’ingiusto aggressore, benché si tratti di una persona, tuttavia con la sua aggressione essa perde il diritto all’esistenza, non come persona, ma come agente nocivo. L’essenziale è renderla innocua. Se per ottenere tal fine la si può lasciare in vita, bene; altrimenti la si deve uccidere. Infatti ha ragion d’essere la vita buona, non quella malvagia. Per questo nella Bibbia Dio distrugge gli empi, cosa da intendersi non nel senso che Dio li annulli, ma nel senso che li castiga eternamente. La Bibbia dunque distingue l’assassinare dal giustiziare, la guerra giusta dalla guerra ingiusta. Assassinare è un delitto: sopprimere chi ha diritto di esistere, per esempio l’abortire; giustiziare è atto di giustizia, benché comporti la soppressione di un uomo. Guerra giusta è quella che difende la patria e tutti i suoi consociati dall’aggressore. Guerra ingiusta è l’aggressione ad un altro popolo. Considerare ingiusta in se stessa ogni guerra è la frode ipocrita dei pacifisti, che poi sono i primi ad odiare chi li contraddice.

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La Chiesa in passato riteneva che l’esistenza fisica della persona non sia un diritto assoluto, ma sia condizionato dalla sua condotta. Il criminale perde questo diritto, essendo la sua vita dannosa alla società. La Chiesa, d’altra parte, aveva a cuore soprattutto la salvezza eterna del reo. Per questo ai condannati a morte era assicurata un’assistenza religiosa. Gli si potevano aprire le porte del paradiso. Oggi la Chiesa ragiona diversamente. Essa dà più importanza alla vita fisica del reo e meno importanza al danno che egli fa alla società. Difficile stabilire se era meglio prima o è meglio adesso. In ogni caso, da buoni cattolici, adeguiamoci.

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La Chiesa non intende imporre agli Stati la rinuncia alla pena di morte, quasi si trattasse di un obbligo assoluto o un diritto naturale, ma come misura prudenziale che può ammettere delle eccezioni in casi gravissimi. In fin dei conti, si tratta di un terreno di diritto positivo, nel quale lo Stato mantiene una legittima autonomia, perché non tocca gli inviolabili universali diritti e doveri dell’uomo, ma la legislazione positiva di competenza dello Stato. In questo frangente la Chiesa può invitare, può esortare; ma non può prescrivere.

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Giuditta Tavani e il marito Giuseppe Arquati morirono in uno scontro con gli Zuavi Pontifici il 23 ottobre 1867 durante l’irruzione nello stabile dove erano in atto piani di congiura con forze armate di eserciti stranieri e dove era conservato un arsenale di fucili e munizioni. In occasione dei festeggiamenti dell’Unità d’Italia fu deposta questa lapide. Nessuna lapide è mai stata posta sui muri della Caserma di Palazzo Serristori dove trovarono la morte ventisette persone in seguito all’attentato dinamitardo di Gaetano Tognetti e Giuseppe Monti. Anche in occasione del 150° dell’Unità d’Italia, è confermata l’ideologia serpeggiante da sempre nel nostro Paese: esistono morti giusti e morti ingiusti, morti trasformati in eroi, anche se erano dei terroristi dinamitardi e morti condannati all’eterna indifferenza. Quello italiano seguita a rivelarsi un popolo non ancora capace a far calare la pace storica sui vincitori e sui vinti, su chi combatté una buona battagli e su chi indotto, obbligato o convinto di essere nel giusto, combatté invece una ingiusta battaglia. L’Italia è quindi un Paese nel quale, alla prova dei fatti, i morti non riescono ancora a trovare pace, mentre gli ideologi gettano benzina sul fuoco.

La pena di morte non è un intrinsece malum come l’aborto o l’omicidio dell’innocente, ma un malum ut in pluribus, perché in certi rarissimi casi rappresenta il giusto castigo per delitti troppo gravi, come fu la condanna a morte dei capi nazisti al processo di Norimberga, riguardo l’esecuzione dei quali non risulta che né politici, né ecclesiastici, né i pacifisti più radicali, abbiano mai sollevato obiezioni. La Chiesa, quindi, non impone la suddetta rinuncia con la stessa forza teoretica con la quale essa impone la legge morale naturale o i diritti inalienabili e doveri imprescrittibili della persona, o valori morali assoluti, come la libertà religiosa,  la dignità del matrimonio e del bene comune o la proibizione dell’aborto e cose del genere. E neppure, come ha detto anche il Padre Ariel, la decisione della Chiesa va vista come fosse un pronunciamento dottrinale avente carattere di infallibilità, irrevocabilità ed immutabilità. Non siamo infatti sul terreno del dogma, ma della pastorale e del diritto, un piano sul quale la Chiesa, per quanto meriti il nostro ossequio, non è infallibile.

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Occorre pertanto tener presente che la proibizione della pena di morte non appartiene al diritto naturale, fondato sul diritto divino, immutabile ed inderogabile, ma è di diritto positivo, mutevole ed abrogabile, dipendente dall’autorità umana, civile ed ecclesiastica. Per questo, giustamente Padre Ariel fa notare che, atteso l’attuale dilagare della corruzione nella società e nella Chiesa, nonché considerando  — aggiungo io — le profezie dell’Apocalisse e di San Paolo sull’apostasia finale, non possiamo essere così sicuri che non si ripresenti una situazione che richieda il ripristino della pena di morte, seppure limitatamente a case eccezionali, se non addirittura unici.

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La questione della pena di morte si inquadra nell’ampia questione della repressione del crimine nello Stato e nella Chiesa. Per quanto riguarda quest’ultima, ricordiamo — tanto per fare un esempio — che il Diritto Canonico riconosce tuttora l’esistenza del crimine di eresia e lo colpisce con appropriate sanzioni [can. 1364§1], anche se purtroppo spesso avviene, per negligenze ed ingiustizie dell’autorità, che gli eretici restino impuniti, mentre invece vengono colpiti i fedeli al deposito della fede, alla dottrina cattolica ed al magistero della Chiesa. Ciò tuttavia non infirma assolutamente il buon diritto della giustizia umana, i cui inevitabili torti vengono successivamente riparati dalla giustizia divina. Il rischio che oggi corriamo, come è noto a tutti, non è quello della troppa severità, ma è quello di un misericordismo e di un buonismo di marca roussoiana, che ignora le conseguenze del peccato originale, apre la porta ad un aumento del crimine e della corruzione e scoraggia  coloro che operano per la giustizia.

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Ci si potrebbe inoltre chiedere se era il caso che la questione della pena di morte fosse entrata, prima e dopo, nel Catechismo, il cui compito non è quello di dare soluzione a problemi pratici contingenti, ma di insegnare le verità immutabili della fede. Ad ogni modo, accogliamo serenamente la decisione del Santo Padre, il quale, con questo gesto, se non esercita il suo ministero di maestro della fede, è però nel pieno esercizio delle sue facoltà pastorali, e precisamente della potestas clavium, per incarnare nella storia le perenni esigenze del Vangelo.

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Varazze, 4 agosto 2018

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