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Il sito di questa Rivista e le Edizioni prendono nome dall’isola dell’Egeo nella quale il Beato Apostolo Giovanni scrisse il Libro dell’Apocalisse, isola anche nota come «il luogo dell’ultima rivelazione»
«ALTIUS CÆTERIS DEI PATEFECIT ARCANA»
(in modo più alto degli altri, Giovanni ha trasmesso alla Chiesa, gli arcani misteri di Dio)
La lunetta usata come copertina della nostra home-page è un affresco del Correggio del XVI sec. conservato nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma
Creatrice e curatrice del sito di questa rivista:
MANUELA LUZZARDI
Caro Padre Ariel,
mi sembra che vi sia molto di vero in quanto Lei ha qui scritto. Anche a proposito di quella che potremmo chiamare “ricezione maligna” del Motu Proprio “Summorum Pontificum”. A quest’ultimo riguardo mi permetta però una brevissima riflessione. A me sembra che l’appropriazione indebita della S. Messa V.O. da parte di paralefebvriani e paralefebvriane (consapevoli o no d’esser tali) sia almeno in parte da attribuire alla resistenza – attiva o passiva – che il Motu Proprio ha incontrato presso gran parte delle diocesi. Non pensa che la via più giusta, più intelligente e soprattutto più efficace per sottrarre il rito latino antico alla strumentalizzazione ideologica che ne hanno operato certi pessimi soggetti non vada cercata nella revoca del Motu Proprio (o nell’attribuzione di una discrezionalità applicativa ai singoli vescovi), bensì nella sua “normalizzazione”? Se, infatti, la S. Messa V.O. fosse (stata) introdotta di buon grado in più parrocchie di numerose diocesi (indipendentemente dalla presenza di un gruppo stabile di richiedenti), ricezione maligna e appropriazione indebita sarebbero (state) circoscritte, marginalizzate e infine sconfitte,…
Caro padre Ariel,
Condivido la sua opinione sulla “correzione filiale” in merito alla forma.. un po’ meno riguardo alla sostanza. Va bene che riconosce che in Amoris Laetitia siano presenti alcune espressioni non proprio brillanti in quanto a chiarezza, però se questo documento merita un’assoluzione piena in merito alla coerenza con l’insegnamento costante della Chiesa, come lei dice, perché quattro cardinali (che lei ha dato prova di stimare) hanno sentito l’esigenza di chiedere al Papa di confermare che nelle sue intenzioni, riposte in AL, vi sia effettivamente la continuità supposta?
Mi permetta anche di farle un appunto… ho trovato alquanto curioso il giudizio che indirettamente ha espresso su Benedetto XVI, valutando deleterio per la Chiesa il suo Motu proprio (che liberalizza un messale, aimè, a me ignoto). Ritengo che in tal modo ha finito per negare la profonda intelligenza teologica di quel Papa, che sono sicuro non avrà agito da sprovveduto nell’emanare tale disposizione, bensì con saggia lungimiranza. E’ curioso che così facendo, finisca per riconoscere una maggior imprudenza a Benedetto di quanta non ne riconosca a Francesco.
Sono solo osservazioni,Sono solo osservazioni, forse sbagliate!
Cordiali saluti,
Pietro
Caro Pietro,
i quattro Cardinali a cui lei si riferisce, compresi i due compianti venuti a mancare da poco, hanno chiesto dei chiarimenti – a giusta ragione – perché alcuni passaggi di questa Esortazione apostolica post-sinodale, se non chiariti a fondo, avrebbero potuto essere male interpretati e arbitrariamente applicati, come è accaduto per esempio da parte dei Vescovi siciliani, che hanno mutato delle ipotesi in norme.
Il problema, ed in particolare per un uomo di grande acume e preparazione come lo era il Cardinale Carlo Caffarra, non era una eventuale “discontinuità” col precedente magistero, ma le interpretazioni arbitrarie che alcuni ne avrebbero potuto ricavare, mutando appunto delle ipotesi in norme, come hanno fatto i vescovi siciliani.
Il Motu proprio Summorum Pontificum sulla liturgia non è stato deleterio da parte del Sommo Pontefice Benedetto XVI ma è stato reso deleterio da coloro che da subito lo hanno usato, ed al presente seguitano a usarlo, come strumento di contrapposizione, divisione e “lotta politica”. Tutt’altre erano infatti le intenzioni di Benedetto XVI, che ben conosciamo, a partire dal desiderio che un grande patrimonio liturgico come il Messale di San Pio V non andasse perduto.
Non è stata infelice la scelta di Benedetto XVI, ma si è trattato di una scelta mutata in scelta non felice da parte di quegli ideologi che oggi osano chiamare il Messale di San Pio V “il messale della messa di sempre” e quello nato dalla riforma liturgica e promulgato dal Beato Paolo VI come “il messale protestantico nato dal conciliabolo“.
Se questi sono la buona parte dei risultati prodotti da questo motu proprio, che sono risultati non imputabili né a Benedetto XVI né alle sue scelte, ma alle persone che ne hanno fatto l’uso testé descritto, tanto vale eliminare il problema togliendo a queste persone certi strumenti di lotta, litigio e disprezzo.
Pertanto, a mio parere, sarebbe opportuno, vista la situazione che si è creata, che il Venerabile Messale di San Pio V possa essere usato a discrezione dei vescovi diocesani, con facoltà data agli stessi di proibirne l’uso quando esso dovesse essere usato e strumentalizzato da certi gruppi di persone per lotte e litigi che compromettono la comunione della Chiesa, che nella Sacra liturgia ha il proprio cuore pulsante e centro di unità.
Per quanto riguarda i due Sommi Pontefici in questione, così diversi tra di loro, non ho problemi a dirle che, Benedetto XVI, ha commesso errori pastorali e di valutazione come li hanno commessi tutti i pontefici, santi e dottori della Chiesa inclusi, ma non è tacciabile di spirito imprudente; al contrario del Sommo Pontefice Francesco I, che ha una indubbia utilità nella economia della salvezza, ma che talvolta, sulla imprudenza, pare invece marciarci, a partire dalle non poche improvvide risposte, a volte anche molto infelici, date nel corso di questi anni a intervistatori e giornalisti, per non parlare di svariate omelie pronunciate a braccio ed a sentimento, per le quali poi noi, per svariate settimane successive, abbiamo dovuto cercare di spiegare cosa egli intendesse dire.
Le sue osservazioni non sono quindi sbagliate, ma giuste e legittime. Sono io che semmai potrei sbagliarmi, ed anche parecchio, in queste mie valutazioni, anzi le dirò: vorrei proprio sbagliarmi.
Caro Padre Ariel,
ho letto con molta attenzione e certamente gli spunti di riflessione non sono pochi, di ciò la ringrazio. Oso tuttavia esprimere l’impressione, mi auguro errata, che le sue osservazioni su Mons. Livi siano almeno parzialmente improntate ad un certo qual risentimento personale legato alle vicende trascorse nell’ambito di codesta Isola. D’altronde ritengo che sia giustificato e lecito chiedersi perchè il Santo Padre non risponda con un evangelico SI o NO ai dubbi variamente espressi.
Cordialmente,
Licio Zuliani