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Il sito di questa Rivista e le Edizioni prendono nome dall’isola dell’Egeo nella quale il Beato Apostolo Giovanni scrisse il Libro dell’Apocalisse, isola anche nota come «il luogo dell’ultima rivelazione»
«ALTIUS CÆTERIS DEI PATEFECIT ARCANA»
(in modo più alto degli altri, Giovanni ha trasmesso alla Chiesa, gli arcani misteri di Dio)
La lunetta usata come copertina della nostra home-page è un affresco del Correggio del XVI sec. conservato nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma
Creatrice e curatrice del sito di questa rivista:
MANUELA LUZZARDI
Un sacerdote – lettera firmata
Caro Padre Ivano,
sono un sacerdote diocesano e ho letto con tanta amarezza questo articolo.
Purtroppo devo dire che anche la nostra diocesi ha almeno un prete che è in condizioni simili: a me, di fronte a dei laici, ha detto che da 20 anni non è più sicuro di essere cristiano e forse nemmeno credente, non crede nella divinità di Cristo e, ovvio, nemmeno nella Trinità; non crede nell’al di là e ovviamente nemmeno nella risurrezione…
Ha concluso dicendo che non ha speranze e non ne vuole.
Balbettando (è stato mio docente di dogmatica, ma all’epoca diceva ben altro) gli ho detto: «Guarda non posso che pregare per te!»
«Per piacere non pregare che porta sfiga» (sic).
Naturalmente è tenuto in grande considerazione dai capi che, fino a quando si è reso disponibile, gli hanno affidato le meditazioni dei nostri ritiri (io gli ho detto che fin quando li teneva lui, non avrei partecipato).
Gli è stata garantita la Santa Messa domenicale dove sparge veleni, errori, eresie…
Ne ho parlato con il vescovo, risposta: “«Massii lo sai come è fatto don […], a quella Messa mi dicono c’è molta gente….»
Ho replicato: «Sono i suoi…»
«Non è un problema!» risponde il vescovo.
«Eccellenza, ho assolto al mio dovere di renderla edotta, ora la palla è nelle sue mani. Veda lei».
Non è successo nulla, sono passati 4 anni…
Inoltre le sue omilie sono su un sito tenuto da suoi, o forse sue fans.
Io comunque qualche volta prego anche per lui…
il Signore giusto giudice sa come comportarsi e io non ho niente da insegnarGli.
Un caro augurio a tutti voi
Lettera firmata
____________________________
N.d.R.
i Sacerdoti che intervengono e/o interloquiscono su L’Isola di Patmos si firmano sempre, fatte salve alcune eccezioni. Per esempio come in questo caso. Se infatti il sacerdote mettesse il proprio nome, renderebbe individuabile sia la diocesi sia le persone usate per raffigurare fatti e situazioni ben precise. Perché in certi discorsi e discussione contano i fatti, conta il paradigma, non le persone che ne sono protagoniste
Andrea Del Seta
Gent.mo e Rev.mo P. Ivano,
una domanda forse ingenua, forse sciocca, forse da sprovveduto.
Le dico prima di tutto come conobbi (non di persona) anni fa Padre Ariel. Lo conobbi perché scrisse un articolo (a mio modesto parere chiaro e deciso) contestando che il card. Bagnasco celebrò, in una situazione grottesca, il da lei citato nel suo articolo don Andrea Gallo.
Un articolo forte, ma vero. Un richiamo doveroso, da parte di un prete tosto, a un alto prelato e allora presidente dei CEI, che come prevedibile si ritrovò tra bandiere rosse, comunistoidi irriducibili, e persino trans che fecero elogi funebri in chiesa accanto all’altare.
Padre Ariel mise soprattutto in luce le comunioni sacrileghe, e poi tutto l’altro resto.
Pochi giorni dopo uscì un comunicato di dissociazione firmato dal suo vescovo.
Ma Padre Ariel aveva detto solo la verità, null’altro che la verità!
Da allora ho sempre letto gli articoli di questo valente teologo e, all’Isola di Patmos, e a voi tutti, devo grazie se ho potuto comprendere e interpretare correttamente la Sacre Scritture, il Magistero e la dottrina della Chiesa.
Sono un laureato in lettere e successivamente diplomato all’Istituto Superiore di Scienze Religiose, in tre anni di corsi nessuno mi ha mai insegnato quello che ho appreso da voi, di sana dottrina e di sana teologia.
Dunque, mi si spieghi, se può: per Padre Ariel che rimprovera un cardinale per quella pietosa rappresentazione, parte un comunicato di dissociazione (forse perché ha toccato un potente cardinale dell’epoca?), a un prete che invece firma a favore del referendum sull’eutanasia e che si è fatta una idea di chiesa e una dottrina tutta sua, neppure uno straccio di comunicato?
O sono confuso, o sono ingenuo.
Vi ringrazio.
Caro Andrea,
al suo quesito risponderà il Padre Ivano al quale è rivolto, mentre io, chiamato in causa, rispondo per quanto mi riguarda, avendo lei citato in modo preciso e veritiero un penoso fatto risalente al 2013.
A fare brutta figura non fui io, ma il Vescovo che quel comunicato lo firmò improvvidamente per i seguenti motivi:
1. non era più il mio Ordinario Diocesano in quanto spostato ad altra sede e già titolare di quella sede vescovile a lui assegnata, quindi non aveva alcuna potestas canonica su di me;
2. in quel comunicato definito «ridicolo» e «rozzo» dai più alti vertici del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica al quale chiesi immediatamente lumi, non era fatto richiamo a nessun articolo violato del Codice di Diritto Canonico, non avendone io violato proprio nessuno;
3. il Vescovo subentrato in quella sede – ossia il Vescovo della mia diocesi – ha provveduto a far rimuovere quel comunicato che non fu propriamente pubblicato sul sito ufficiale della diocesi ma sulla “pagina personale” del Vicario Generale, che mi considerava sicuramente il prete più meraviglioso di tutto quanto il presbiterio. E lo fece rimuovere, il Vescovo, ritenendo quel testo palesemente lesivo non solo alla mia buona fama (can. 220 del Codice di Diritto Canonico) ma anche all’immagine della diocesi e del ricordo lasciato dal suo predecessore che fu fautore di questa come di varie altre … goliardate impulsivo-passionali.
Il comunicato a cui lei si riferisce fu tirato fuori e strumentalizzato più volte da persone che non potendomi smentire nel merito delle mie corrette affermazione nell’ambito della dottrina della fede, cercarono per questo di attaccarmi di traverso, ma con totale insuccesso.
Nei miei anni di sacerdozio non sono mai stato richiamato ad alcun titolo dall’Autorità Ecclesiastica e non sono mai stato sottoposto a condanne e pene canoniche di alcun genere. Quindi allo stato attuale dei fatti sono un presbitero impeccabile sul piano umano, morale e dottrinale, il tutto sino a non facile prova contraria.
Purtroppo, nel 2018, dopo 5 anni di silenzio fui costretto a difendermi da quel comunicato perché prese a circolare sui social network per opera di alcune persone in malafede a me profondamente avverse. Per difendermi fui costretto a dire pubblicamente la verità, null’altro che la verità. Se vuole la può trovare nella seconda parte di questo doloroso e addolorato articolo sul quale nessuno, ad anni di distanza, ha mai emesso neppure un sospiro di dissenso, avendo esposto con rammarico solo e null’altro che la verità.
Così stanno le cose, chi dicesse il contrario mentirebbe in modo spudorato.
Gentile Andrea,
mi piacerebbe poterle rispondere in modo esauriente al quesito, eppure temo che io e lei dovremo accontentarci del vuoto pneumatico che vedo sempre più spesso aleggiare all’interno di molte curie diocesane.
Logica vuole che un comunicato da parte di un vescovo diocesano o della sua curia venga emanato in vista di una ben determinata necessità, bisogno o comunque impellenza che riveste il carattere dell’urgenza. Infatti, per altri tipi di comunicazioni ordinarie esistono differenti canali e modalità. Il comunicato è uno strumento importante e raro e qualora venga emanato deve essere preso con la dovuta considerazione da parte dei fedeli.
Ma facciamo anche l’ipotesi che una diocesi scelga di utilizzare i comunicati con generosa liberalità per informare i fedeli su diverse questioni. Ora la domanda in questo caso più opportuna sarebbe un’altra. Cioè quali sono le cose ritenute importanti per un vescovo e la sua curia circa il bene della Chiesa, dei fedeli e la salute dell’anima del popolo di Dio?
Mi spiego, se un vescovo è a conoscenza di un prete eterodosso e in formale scomunica per via dei suoi atti, azioni, pensieri e scritti pubblicamente espressi e difesi, è normale e logico pensare a un intervento immediato per mettere in guardia i fedeli ed evitare così il pericolo dello scandalo per la fede. Se pensiamo che alcuni comunicati diocesani sono di una banalità sconcertante, un caso come quello descritto nel mio articolo dovrebbe avere la precedenza su tutto.
Ma se questo non avviene la motivazione la vedo espressa per due ragioni di fondo: o il vescovo non considera necessaria una correzione perché non ravvisa alcun errore formale, quindi non c’è motivo di correggere; oppure egli appoggia l’operato del suo prete e ne condivide le idee erronee e quindi è di esso un complice.
La terza possibilità esiste ma dovremmo pensare male e fare peccato. Infatti, la cosa più logica sarebbe quella che il vescovo non se la senta di sfidare questi preti ingestibili che non si mettono nessuno scrupolo a sbeffeggiare tutti coloro che non la pensano come loro ed essendo figli di questo mondo sono assai scaltri ed abili a utilizzare gli strumenti mondani per lasciare “in braghe di tela” i loro pastori.
E di questi esempi ne vediamo molti, così si preferisce fare buon viso a cattivo gioco. E a fronte di tanti sorrisi episcopali a trentadue denti oggi notiamo molti cattivi giochi che resteranno tali ancora per molto tempo.
Cordialità.
Anziano presbitero genovese
Caro giovane Confratello sacerdote dell’Ordine Cappuccino,
sempre e con attenzione Ti leggo.
Ho 82 anni e quando ne avevo 26 (andiamo indietro di 56 anni, esattamente all’anno 1965), prete da un anno che ero, all’epoca timido, anche un po’ impacciato, ma anche un po’ asino, scivolai parlando della SS. Trinità e senza volere espressi il concetto millenarista per il quale fu condannato Gioacchino da Fiore.
Non ero nemmeno viceparroco, ero cappellano.
Il parroco riferì all’arcivescovo, che senza nessuna pubblicità, e senza che il tutto si sapesse in giro, neppure nel presbiterio stesso, mi dette questa pena medicinale: per tre mesi mi fu proibito di predicare, e la domenica, la Messa, potevo celebrarla solo in privato, e per sei mesi fui sospeso dal ministero di confessore, posto che a quell’età mi era concesso (altri tempi!) solo confessare fanciulli maschi di età non superiore a 14 anni.
Il mio arcivescovo era il card. Giuseppe Siri, che ho venerato in vita e che oggi venero da morto.
Fece bene, a far quel che fece, e oggi, a 82 anni suonati, gli sono sempre grato e riconoscente.
Terminata la mia pena, mi mandò a Roma, all’Angelicum, mi fece fare gli studi specialistici in teologia dogmatica, che riuscirono bene, allora mi volle far fare anche il dottorato.
Sono stato per anni insegnante nelle scuole pubbliche e anche in seminario.
Questo parlando di me e del mio vescovo. Invece, per quanto riguarda gli altri odierni preti e gli odierni vescovi, Tu hai detto tutto, null’altro c’è da aggiungere.
Benedico te e Tu benedici me.
Un anziano presbitero genovese
(Lettera firmata)
Padre Michele M. O.P.
Le coq est mort
Il ne dira plus co co di
Co co da (*)
e invece piccoli galli crescono e si moltiplicano a destra e a sinistra (soprattutto a sinistra) senza che nessuno controlli più il pollaio
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(*) N.d.R. – Celebre canzone francese per bambini: «Il gallo è morto e non dirà più coccodì e coccodà»
don Stefano Ferrini
Caro, lucido e coraggioso padre Ivano, anzitutto grazie!
Il problema non sono questi soggetti che parlano, ma i nostri vescovi che tacciono, salvo poi rompere i c….. (come direbbe padre Ariel senza puntini) a noi che diamo la vita, o che almeno proviamo a darla, per fare i preti in modo almeno decente.
Ricordiamoci nella preghiera.
efiled13
Mi complimento per questo articolo con padre Ivano che conobbi anni fa all’ospedale Brotzu di Cagliari dove morì mio babbo in oncologia. Lui e padre Giancarlo furono meravigliosi con lui e noi familiari.
Andrea Efisio Ledda
(Cagliari)
Gionata Grisolia – da FB
E non avete ancora visto niente…cercate “don Paolo zambaldi” (don tra molte virgolette), ha persino un blog dove diffonde il suo … “verbo” molto personale
Gionata Fiorino – da FB
Quando leggo queste cose, mi viene in mente (anche se magari il contesto è diverso), la famosa frase “…il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i pagani” (Rm, 2, 24).
L’ipocrisia dei cristiani è una sciagura sia per la Chiesa, sia per chi ne è fuori.