L'ast Perla di Silent eu não posso: "A responsabilidade do comum sobre os padres encarnados"? Então deixe o dinheiro caçar em cardeais e bispos: por Angelo Scola a seguir …

L'ast Perla di Silent eu não posso: «LA RESPONSABILITÀ DELL’ORDINARIO SUI PRETI INCARDINATI»? Então deixe o dinheiro caçar em cardeais e bispos: Por Angelo Scola a seguir …

O conhecimento deles da igreja, col loro capocomico che starnazza «noi in Vaticano … qua in Vaticano …» è tanta e tale da non arrivare a capire che quanto di peggio si possa fare coi vescovi — in particolare celati dietro il delatorio anonimato — è insegnar loro come gestire il clero, sino a richiamare oniriche e improbabili figure di reato non propriamente di poco conto, come per esempio la truffa ai danni dello Stato.

– Os resumos dos Padres da Ilha de Patmos –

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Autor
Editores da ilha de Patmos

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Sulla base del puro principio di casualità, depois de l’ultimo articolo del nostro Monaco Eremita, esce un chimerico articolo di fanta-diritto canonico sull’immancabile Eu não posso ficar em silêncio, firmato — figurarsi, desnecessário dizer! —, da un anonimo.

Gli anonimi di Eu não posso ficar em silêncio che salgono in cattedra a dar lezioni di correttezza istituzionale e giuridica alla Chiesa, equivalgono alla tenebrosa maestrina della pudibonda Inghilterra vittoriana di fine Ottocento, che con decisi richiami alla correttezza spiegava alle vogliose educande che potevano anche darsi ai vizi, però in privato, purché praticassero sulla piazza le pubbliche virtù della purezza.

Equiparabili ai vulcaniani cui apparteneva Mr. Spock della celeberrima saga di Star Treck, i sileriani superano in fantascienza persino le opere culto della cinematografia. De fato, la loro conoscenza della Chiesa, col loro capocomico che starnazza «noi in Vaticano … qua in Vaticano …» è tanta e tale da non arrivare a capire che quanto di peggio si possa fare coi vescovi — in particolare celati dietro il delatorio anonimato — è insegnar loro come gestire il clero, sino a richiamare oniriche e improbabili figure di reato non propriamente di poco conto, come per esempio la truffa ai danni dello Stato.

L’anonimo sileriano, dopo aver praticato vari arzigogoli sulla incardinazione dei presbìteri, giunge a stabilire chi ha diritto e chi no al danaro dall’Ente Centrale Sostentamento Clero. Qualcuno lo informi che tutte le diocesi, in particolare quelle nei dintorni di Roma, hanno presbìteri privi di incarichi che operano col benestare dei propri ordinari diocesani al di fuori delle parrocchie o delle diocesi stesse. In una di queste fu scoperto di recente che un presbitero originario di tutt’altre zone era incardinato in essa solo quando fu promosso vescovo, perché i presbiteri non sapevano neppure che fosse membro del loro presbitèrio.

Lo stesso Marco Parrucchino da Montefeltro, da tempo sgamato informatore della Banda della Sileriana, se non fosse stato licenziato dalla Pontificia Accademia Ecclesiastica dal lungimirante Cardinale Beniamino Stella — che n’era all’epoca presidente — oggi sarebbe in giro per il mondo a fare chissà quali danni incalcolabili nel servizio diplomatico della Santa Sede, vivendo fuori diocesi senza incarichi pastorali nel suo luogo d’incardinazione.

Il Cardinale Angelo Scola, per citarne solo uno tra i vari divenuti a seguire anche vescovi, sebbene nativo di Milano, già studente dell’Università Cattolica e a seguire seminarista nel Seminario Arcivescovile di Venegono, per varie vicissitudini si spostò a Teramo, dove il Vescovo lo ordinò immediatamente suddiacono e a seguire diacono e presbitero. A quanto è dato sapere, in questa sua diocesi di incardinazione Angelo Scola soggiornò solo per ricevere gli ordini sacri e non vi svolse mai alcun ministero. Non sarebbe forse il caso che oggi, a questo ormai ottantatreenne Cardinale, siano chiesti in restituzione i sostegni a suo tempo percepiti in modo per così dire abusivo? In caso contrario il canonista sileriano, rigorosamente celato dietro al totale anonimato, potrebbe paventare la truffa ai danni dello Stato, ou não?

Da ilha de Patmos, 31 Março 2025

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– 29 Março 2025 — SEMPRE A PROPOSITO DI NÃO POSSO FICAR EM SILÊNCIO: DAL “HOMBRE VERTICAL” AI “PIGLIANCULO” E “QUAQUARAQUÀ” DI LEONARDO SCIASCIA per aprire l’articolo cliccare WHO)

– 21 Março 2025 — NÃO POSSO FICAR EM SILÊNCIO E a história dessa costureira convencida de que ele pode dar a Giorgio Armani aulas de alta moda

– 12 fevereiro 2025 — O gambá é o conhecimento do Vaticano, pois Henger está em castidade e, como seu falecido marido Riccardo Schicchi está trabalhando Confissões De Santo Agostinho (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 15 Janeiro 2025 — NAS FRONTEIRAS CLERICAIS COM A REALIDADE: A MULHER SOFRE DE INVEJA FREUDIANA DO PÊNIS, O gambá da inveja de MATTEO BRUNI DIRETOR DA SALA DE IMPRENSA DA SANTA SÉ (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 20 Janeiro 2025 — O gambá ignora que uma freira pode facilmente se tornar governador do estado da cidade do Vaticano, Como já era Giulio Sacchetti (Para abrir o artigo Clique QUeu)

– 22 novembro 2024 — A NOMEAÇÃO EPISCOPAL DE RENATO TARANTELLI BACCARI. QUANDO VOCÊ É AFETADO PELO CÂNCER DE FÍGADO, COBRAM NO ATAQUE AQUELES QUE NÃO PODEM FICAR EM SILÊNCIO (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 31 Posso 2024 — NOTA DO PADRE ARIEL NO SITE NÃO POSSO FICAR EM SILÊNCIO: «TÃO irritante quanto um ouriço-do-mar dentro da sua cueca» (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 8 dezembro 2023 — QUEM É MARCO FELIPE PERFETTI REFERENDO-SE À DECLARAÇÃO DO SITE NÃO POSSO FICAR EM SILÊNCIO «AQUI NO VATICANO… NÓS NO VATICANO…», SE VOCÊ NÃO PODE NEM PÔR OS PÉS NO VATICANO? (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 14 Outubro 2023 — O ARCABOT EMÉRITO DE MONTECASSINO PIETRO VITTORELLI MORRE: A PIEDADE CRISTÃ PODE APAGAR A TRISTE VERDADE? (Para abrir o artigo Clique WHO)

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Os Padres da Ilha de Patmos

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Semperidade do proposto di silencioso eu posso: de “homem vertical” ao “piglianculo” e “em qualquer direção” Por Leonardo Sciascia

SEMPRE A PROPOSITO DI NÃO POSSO FICAR EM SILÊNCIO: DAL “HOMBRE VERTICAL” AI “PIGLIANCULO” E “QUAQUARAQUÀ” DI LEONARDO SCIASCIA

Siccome viene riferito che il Sig. Marco Perfetti começou um curso de treinamento no seminário de La Spezia, poi presso la Comunità Nuovi Orizzonti di Genova, poi un paio d’anni nel seminario di Massa Carrara dove riferiscono d’averlo accompagnato alla porta; siccome riferiscono che avrebbe tentato un avvicinamento ad Assisi, dove all’epoca era guardiano del Sacro Convento il futuro Cardinale Mauro Gambetti, attualmente Arciprete della Papale Arcibasilica di San Pietro, oggetto da due anni di decine di articoli di insulti violenti; siccome riferiscono che avrebbe tentato di avvicinarsi ad alcune istituzioni tradizionaliste e ad alcune comunità monastiche, dal momento che però egli lo nega, forse andrebbe chiarito: tra gli ecclesiastici e i formatori di seminario di tre diverse diocesi e il diretto interessato, chi dice il vero e chi dice il falso?

 

 

 

 

 

 

 

 

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Siamo molto lontani dal 1898 quando Leone XIII, venne ripreso con una cinepresa mentre accavallava le gambe. Immagini che finirono perfino in luoghi poco consoni o addirittura lascivi, tanto che il Vaticano fu costretto a rompere i rapporti con gli americani che avevano realizzato quelle riprese e li instaurarono con i fratelli Calcina e eu Lumière.

Più recentemente forse alcuni ricordano che nel 2015 venne sospeso l’accredito a un vaticanista di lungo corso del calibro di Sandro Magister, reo d’aver rotto l’embargo sulla tanto attesa enciclica di Papa Francesco «Laudato sì», anticipandone stralci, qualche giorno prima dell’uscita, seu Expresso.

Tutto questo sembra preistoria rispetto all’attuale panorama che, grazie alla diffusione dei social, vede un proliferare di personaggi accreditarsi come autorevoli conoscitori delle cose vaticane e della vita della Chiesa o dei suoi rappresentanti. Caso eclatante il blog Eu não posso ficar em silêncio, che nei propri social indica come luogo diresidenza” Estado da Cidade do Vaticano, con il suo blogghettaro che in suoi video e articoli ripete con gran sicumera: «… noi in Vaticanoqua in Vaticano …». Resumidamente: una barzelletta, se dietro non vi fosse la tragedia.

eu social, come sappiamo e sperimentiamo, sono strumenti favolosi se usati bene, ma possono essere altrettanto deleteri se usati in modo pessimo, per colpire qualcuno, persona o istituzione, o per delegittimare o portare discredito. Usati senza controllo di verifica o possibilità di ragionata replica, possono portare a conseguenze pericolose, o perlomeno fastidiose. Non è da ora che suona l’allarme a causa di coloro che usano questi mezzi per diffondere notícias falsas o distorcere la realtà dei fatti per i propri fini. Se costoro sono colti sul vivo o fatti oggetto di risposte argomentate e provate, son capaci di rivoltarsi piccati, negare o, pior, usare un vecchio metodo invalso presso le istituzioni antiche come la Chiesa Cattolica: il ricorso alla lettera delatoria. È un espediente tipico dei subdoli, che non sapendo rispondere alle argomentazioni, si rivolgono al superiore di chi si vuole colpire, al capo che sta sopra, ou, se si tratta di un sacerdote, perfino a tutto il presbiterio a cui quel chierico è legato da affetto, oltre che per incardinazione. Esattamente come ha fatto pochi giorni fa Marco Perfetti, inviando una lettera delirante trasbordante veleno indirizzata a tutti i membri del presbitèrio della Diocesi cui appartiene Padre Ariel S. Levi di Gualdo, la quarta in ordine di serie, dal novembre 2023 até hoje.

Lo scopo di questo viscido velenoso è di colpire basso, non importa la persona, la sua dignità e neanche quel che ha scritto per contraddire notizie errate. Ciò che si vuole raggiungere è il maggior discredito possibile, usando perfino quei toni ecclesiastici melensi e untuosi che vorrebbero far passare la sporca operazione per qualcosa di sano, certo, provvidenziale nei riguardi di quel Presbitèrio, di quell’Ordine storico o di quella congregazione religiosa guardati con commiserazione per annoverare cotante persone che osano contraddire i novelli paladini della comunicazione (sic!) vaticana ed ecclesiale, coloro che si definiscono come quelli che Tacer non possono, salvo celarsi però dietro il più vile anonimato.

Non solo Padre Ariel, che della rivista è direttore responsabile e figura fra i fondatori assieme al compianto Antonio Lívi, ultimo filosofo e teologo della Scuola Romana, e al teologo domenicano Giovanni Cavalcoli, tutt’oggi membro del comitato scientifico delle Edições A ilha de Patmos, tutti i redattori della rivista A Ilha de Patmos sono stati fatti oggetto recentemente del trattamento appena descritto. In particolare la cosa potrebbe essere passata sotto silenzio e simili soggetti neanche presi in considerazione, seguendo l’adagio di un personaggio immaginario, il celebre Cetto La Qualunque, impersonato dall’attore Antonio Albanese: «Non ti sputo se no ti profumo!». Ma siccome i Padri redattori de A Ilha de Patmos hanno sempre avuto avanti agli occhi il bene dei propri lettori e a seguire l’onestà intellettuale, si trovano costretti a parlare perfino di queste fastidiose facezie, cosa di cui farebbero molto volentieri a meno.

Che Padre Ariel usi toni forti non data da oggi. Viene scritto che usa parolacce. Io non ne sono capace, però sono sicuro che siano tutte presenti nei dizionari della lingua italiana e sulla Treccani e che hanno fatto la fortuna di scrittori facondi come Aldo Busi che scrisse nel 1994 Cazzi e canguri (pochissimi i canguri) o Bisogna avere i coglioni per prenderlo nel culo, edito nientemeno che da Mondadori. E che dire del Prof. Vittorio Sgarbi, a cui va il nostro pensiero in questo momento di sua difficoltà fisica e psichica, che della parolaccia ne ha fatto un emblema. Ma se vogliamo prendere gli ecclesiastici che facevano intelligente uso del turpiloquio, non per volgarità, ma per sana pedagogia, basti ricordare Benedetto XIV, o século Prospero Lambertini, che parlando intercalava dicendo «cazzo!» ogni tre parole.

Poc’anzi ho citato apposta Aldo Busi perché una delle accuse rivolte in quel modo subdolo a Padre Ariel è che lui pensa sempre ai gay e alla conseguente salão diffusa nella Chiesa, come se la conoscesse a menadito e anzi ne facesse parte. Non sa forse, il povero scrittor di lettere, che Padre Ariel ne discettava già dal 2011 (veja WHO) con l’intento di mettere in guardia i responsabili ecclesiastici da quella deriva? Un po’ diverso da chi ― poverino ― invece di confrontarsi, preferisce riversare veleno presso Ordinari Diocesani e Superiori su religiosi e sacerdoti, mentre sul proprio blog si aprono le porte ad affermazioni sul rapporto fra Bibbia e omosessualità di questo genere:

«Lendo estes textos com atenção, assim, não há nada contra a homossexualidade".

Non c’è nulla? Allora perché poi, nello stesso testo, viene visto con favore un fantomatico rapporto omosessuale fra un centurione e il suo servo guarito da Gesù? Leggo infatti sulla pagina di Eu não posso ficar em silêncio parole che non sarebbero mai uscite neppure come fantasiose ipotesi dal Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli:

«Non è sconveniente pensarlo. Pensate se fosse davvero così, dovremmo spiegare ai blog psico repressi (sic!) che Gesù ha fatto l’elogio più grande proprio a un omosessuale. Ma questo non dovrebbe stupirci. I riferimenti potrebbero essere molti, ci sono anche espressioni greche che specificano determinate tipologie di amore anche in riferimento ai discepoli e Gesù stesso, fra Lazzaro e Gesù, ecc… Si tratta però, como sempre, di voler cercare delle risposte nella Scrittura che non ci vengono offerte, non sono necessarie. È come se volessimo sapere, leggendo l’episodio delle nozze di Cana, come era vestita la sposa. La Scrittura non lo dice. Non ci importa» (WHO).

O que dizer? Volendo potremmo richiamare alla mente Paolo Poli, che a proposito delle rivendicazioni assurde di certi stizzosi e inaciditi affermava:

«I gay potrebbero avere la possibilità di esprimere una propria unicità e diversità nel senso più vero del termine. Mas não, eles querem brincar de marido e mulher e ter a permissão do Papa para se foderem!» (Dall’intervista a GayTv a 17 dezembro 2003)

Ho citato poi Sgarbi non a caso. Porque, se vero che ha fatto della parolaccia e dell’epiteto «capra» dei cavalli di battaglia, almeno all’inizio di carriera pubblica, le sue molto veementi uscite sono sempre state esplicitate in ottimo italiano. La qual cosa non si può dire di chi, con l’intento di spargere fango, scrive le suddette letterine, che bisogna reperire scavando fra errori di ortografia e di sintassi. Já, perché ci sono anche quelli. E da questo si capisce ― perlomeno noi che siamo professionisti della scrittura ― che gli articoli pubblicati dal capocomico di Eu não posso ficar em silêncio sono rimaneggiati da un bravo correttore prima della pubblicazione, mentre le impetuose letterine emotive mandate senza previa correzione, sono invece lo specchio di quella che è la reale cultura e sintassi del loro autore: un perfetto asino a livello grammaticale.

Padre Ariel usa parole forti e non si sottrae alla polemica, ma lo fa apertamente, con ragionamenti che seguono una logica e che pure possono essere controbattuti, poiché rimangono opinioni, ancorché basate su una prassi della Chiesa difficilmente oppugnabile, perché a fondamento dei suoi dibattiti, soprattutto di quelli polemici, pone sempre la dottrina e la morale cattolica. Anche sulla rivista o sulla sua pagina o Facebook si può rispondere e dire la propria, Padre Ariel consente infatti da sempre, a chiunque, non solo di controbattere, ma persino di insultarlo. La qual cosa non si può fare invece sui siti di chi preferisce, perché punto sul vivo delle proprie incoerenze o falsità, scrivere lettere di dileggio. Se sulla rivista — da Padre Ariel o da altri Padri redattori — si è preso talvolta di mira Tizio o Caio, prete o vescovo che sia, lo si è fatto sempre nel rispetto della persona e del ruolo. Lo stesso non si può dire di chi scrive letterine di rammarico e poi si erge a formatore della vita spirituale e sacerdotale dei preti, salvo poi irriderli, insolentirli e redarguirli, però sempre senza possibilità di lasciare spazio a commenti o risposte.

Si scrivono lettere cattive ai vescovi sui preti o ai superiori religiosi perché seguono o scrivono sulla rivista A Ilha de Patmos affinché vengano allertati o redarguiti o perfino dimessi dallo stato clericale (sic!), poi si fanno articoli o post nei quali si rimproverano i vescovi che non proteggono abbastanza i propri preti. Per non parlare delle ingiurie sparse a destra e a manca, per la lettura delle quali rimando al nostro recente articolo sulla sartina che dà lezioni a Giorgio Armani (WHO), alla quale potremmo unire anche un’altra figura paradigmatica: la Bella Lavanderina.

In quanto monaco eremita potrei citare qualche migliaio di espressioni di santi padri spirituali che invitano a rifuggire la maldicenza, l’astio e la delazione, oltre a passi del Nuovo testamento che invitano al rispetto, in particolare di chi riveste un compito di autorità.

Mi auguro che chi riceva tali lettere, Ordinario diocesano, Padre superiore, presbitero o semplice laico che sia, indichi alle stesse la via inesorabile del cestino. Oppure chiami a raccolta il proprio sacerdote o religioso e dopo aver ricevuto le debite spiegazioni risponda al mittente con un bel: «Abbiamo altro a cui pensare e cose più importanti da realizzare».

In una delle sue quattro lettere inviate a tutti i membri del presbiterio di Padre Ariel, que de 3 novembro 2023, Marco Perfetti afferma:

«Basti pensare alle considerazioni che il di Gualdo fa sul sottoscritto in merito a un non mai verificatosi allontanamento da alcun seminario e istituto religioso».

Siccome viene riferito aquele senhor. Marco Perfetti começou um curso de treinamento no seminário de La Spezia, poi presso la Comunità Nuovi Orizzonti di Genova — la stessa da lui oggi accusata di esercitare «abusi sulle coscienze» —, poi un paio d’anni nel seminario di Massa Carrara dove riferiscono d’averlo accompagnato alla porta; siccome riferiscono che avrebbe tentato un avvicinamento ad Assisi, dove all’epoca era guardiano del Sacro Convento il futuro Cardinale Mauro Gambetti, attualmente Arciprete della Papale Arcibasilica di San Pietro, oggetto da due anni di decine di articoli di insulti violenti, 57 no total pela precisão; siccome riferiscono che avrebbe tentato di avvicinarsi ad alcune istituzioni tradizionaliste e ad alcune comunità monastiche, dal momento che però egli lo nega, forse andrebbe chiarito: tra gli ecclesiastici e i formatori di seminario di tre diverse diocesi e il diretto interessato, chi dice il vero e chi il falso? A questão, rivolta al diretto interessato, è semplice e serena, non vìola alcuna sua sfera intima, se però non fossi stato chiaro allora la ripeto: chi dice il vero e chi dice il falso?

Per finire porto una personale testimonianza. Qualche mese fa sono stato invitato a pranzo da un Parroco che voleva celebrare un anniversario con la sua famiglia. In quel frangente era presente anche Padre Ariel e invitò anche lui, anzi insistette perché fosse presente. O padre da paróquia, come si fa fra amici, ne fece parola a un confratello, fra l’altro responsabile della sua zona pastorale. Esta pessoa, nonostante non fosse invitata, sentito che c’era Padre Ariel fece il diavolo a quattro per esserci. Não somente, fece di tutto per sedergli accanto e poterci parlare, disinteressandosi quasi completamente del resto della tavolata che pure era numerosa. Questo per dire che un conto son le maldicenze ― per l’esito delle quali si rimanda al celebre apologo di San Filippo Neri e le calunnie della donna che era andata a confessarsi da lui ― e altra cosa è invece la stima riservata a un prete conosciuto che si è speso e si spende da anni per sostenere con ogni mezzo sacerdoti in qualsiasi situazione si trovino.

Esta é a diferença que existe, per dirla con gli spagnoli, fra un homem vertical e chi ― mi si perdoni ―, sceglie altre figure geometriche per posizionarsi, tipo l’angolo piatto o retto. E poiché di parolacce si è trattato, a questo proposito torna sempre utile la distinzione, rimasta classica, di Leonardo Sciascia nel suo libro O Dia da Coruja, che mette sulle labbra del mafioso, don Mariano Arena. Così si rivolge al capitano dei carabinieri Bellodi che si era permesso di eseguire una perquisizione presso la sua casa:

"Eu tenho uma certa experiência do mundo; e dizemos que a humanidade, e encher a boca para dizer a humanidade, palavra agradável cheio de vento, dividir-se em cinco categorias: os homens, o mezz'uomini, o ominicchi, eu (falando respeitosamente) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; poucos mezz'uomini, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, cai ainda mais, para ominicchi: que são como crianças que pensam que são grandes, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: o pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: que eles devem viver como patos nas poças, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, mesmo se eu ficar paralisada nestes cartões como um Cristo, lei è un uomo…».

Lascio valutare al lettore chi è l’uomo che ti affronta a viso aperto e chi il piglianculo quaquaraquà di sciasciana memoria che manda velenose letterine denigratorie a Vescovi, Superiori religiosi e a interi presbitéri, insegnando a Giorgio Armani come si tagliano le giacche da uomo.

Do Eremitério, 29 Março 2025

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Nossos artigos anteriores:

 

– 29 Março 2025 — SEMPRE A PROPOSITO DI NÃO POSSO FICAR EM SILÊNCIO: DAL “HOMBRE VERTICAL” AI “PIGLIANCULO” E “QUAQUARAQUÀ” DI LEONARDO SCIASCIA (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 21 Março 2025 — NÃO POSSO FICAR EM SILÊNCIO E a história dessa costureira convencida de que ele pode dar a Giorgio Armani aulas de alta moda (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 12 fevereiro 2025 — O gambá é o conhecimento do Vaticano, pois Henger está em castidade e, como seu falecido marido Riccardo Schicchi está trabalhando Confissões De Santo Agostinho (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 15 Janeiro 2025 — NAS FRONTEIRAS CLERICAIS COM A REALIDADE: A MULHER SOFRE DE INVEJA FREUDIANA DO PÊNIS, O gambá da inveja de MATTEO BRUNI DIRETOR DA SALA DE IMPRENSA DA SANTA SÉ (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 20 Janeiro 2025 — O gambá ignora que uma freira pode facilmente se tornar governador do estado da cidade do Vaticano, Como já era Giulio Sacchetti (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 22 novembro 2024 — A NOMEAÇÃO EPISCOPAL DE RENATO TARANTELLI BACCARI. QUANDO VOCÊ É AFETADO PELO CÂNCER DE FÍGADO, COBRAM NO ATAQUE AQUELES QUE NÃO PODEM FICAR EM SILÊNCIO (Para abrir o artigo Clique WHO)

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– 14 Outubro 2023 — O ARCABOT EMÉRITO DE MONTECASSINO PIETRO VITTORELLI MORRE: A PIEDADE CRISTÃ PODE APAGAR A TRISTE VERDADE? (Para abrir o artigo Clique WHO)

 

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Caverna de Sant'Angelo em Maduro (Civitella del Tronto)

 

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Oração em Sant'agnese: o santo que faz o cabelo arrependimento

Oração em Sant'agnese: LA SANTA CHE FA RICRESCERE I CAPELLI

«Splendida Agnese, Young You Who Naked Desafie a martírio protegida contra o carrasco de sua coragem e fé e protegido pelo seu cabelo grosso da aparência do Emppi: intercedi perché il Signore dia equilibrio e sollievo alla sofferenza di coloro che invece perdono la chioma ed aiuta noi che cerchiamo di alleggerirne l’ansia […]».

A cogitação de Hipácia

Autor Hypatia Gatta Romana

Autor
Hypatia Gatta Roman

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In occasione dell’arrivo di una ennesima lettera amorosa, ho scoperto una Santa alla quale possono rivolgersi coloro che soffrono di perdita dei capelli, eletta protettrice dei medici tricologi che curano le calvizie. Ne ignoravo l’esistenza, per questo ho deciso di applicare il sapiente motto agostiniano silere non possum (cf.. Sacti Augustini, Serm. 88, Trad.. “non posso tacere”), perché avendo scoperto che dietro certi miracoli c’è lei, è necessario gridarlo dai tetti (cf.. MT 10,26). Lida com, obviamente, di Sant’Agnese, di cui ci parla proprio il sito ufficiale dei medici tricologi.

Le foto esplicative usate per illustrare i miracoli tricologici di Sant’Agnese sono immagini pubbliche prese da internet dove sono reperibili e visibili da chiunque

Di origini nobili, appartenente alla gens Clodia, subì il martirio in giovanissima età, assim que 12 anos, durante la persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano. Diverse e contrastanti sono le notizie relative alla sua vita e al suo martirio. Secondo alcune fonti, il figlio del prefetto di Roma si era invaghito di Agnese ma venne rifiutato, avendo lei fatto voto di castità a Gesù. A quel punto il padre del giovane le impose la clausura fra le vestali consacrate alla dea Vesta, protettrice di Roma, ma lei si rifiutò e venne rinchiusa in un postribolo nel quale, Mas, nessuno osò toccarla tranne un uomo che, secondo la tradizione religiosa, venne accecato da un angelo bianco e che, mais tarde, riacquistò la vista proprio per intercessione di Agnese, che per questo motivo fu accusata di magia e condannata al rogo.

Si narra che le fiamme si divisero sotto il suo corpo senza sfiorarlo e che i suoi capelli crebbero improvvisamente andando a coprire la sua nudità. A seguito di tale miracolo fu trafitta da un colpo di spada alla gola, modalità con cui venivano uccisi gli agnelli, motivo per il quale spesso la Santa viene rappresentata insieme a questo animale. Il suo corpo venne sepolto in quella che oggi è conosciuta come Catacomba di S. Agnese mentre il suo cranio si trova esposto in una cappella nella chiesa di S. Agnese in Agone.

Esiste anche una preghiera da recitare alla Santa protettrice dei tricologi e di chi soffre di perdita di capelli:

«Splendida Agnese, Young You Who Naked Desafie a martírio protegida contra o carrasco de sua coragem e fé e protegido pelo seu cabelo grosso da aparência do Emppi: intercedi perché il Signore dia equilibrio e sollievo alla sofferenza di coloro che invece perdono la chioma ed aiuta noi che cerchiamo di alleggerirne l’ansia. homem, con l’intercessione di Santa Agnese che ci fu data come Protettrice, rendici capaci di assumere gli impegni del lavoro quotidiano e facci riconoscere in ogni momento i segni del tuo Spirito. Amém".

Fonte: WHO.

Avendo scoperta la fautrice di certi miracoli, potevo forse tacere l’esistenza di questa Santa Protettrice? Não, perché come direbbe il Santo Padre e dottore della Chiesa: «silere non possum» (cf.. Sacti Augustini, Serm. 88)

a Ilha de Patmos, 28 Março 2025

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Cesare Ragazzi

 

 

 

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Oração de libertação e cura. Que fronteira intransponível separa a teologia e pastoral com o perigo de cair em práticas mágicas? – Oração de libertação e cura. O que a fronteira imactrável separa a teologia e os cuidados pastorais do Daner de cair em práticas mágicas? –

(Texto em inglês depois do italiano / Texto em espanhol depois do inglês)

Oração de libertação e cura. Que fronteira intransponível separa a teologia e pastoral com o perigo de cair em práticas mágicas?

«Usando os escritórios mágicos de certos xamãs carismáticos, non solo saranno liberati i defunti di tutto l’albero genealogico dei richiedenti, ma anche quelli che devono sempre venire al mondo. De fato, grazie alla potenza del liberatore peregrinante da un hotel all’altro, i posteri non avranno più bisogno neppure del battesimo, Por que, una volta ricevuta l’imposizione delle mani da un fulminato nel cervello, nasceranno direttamente senza peccato originale»

— Atualidades pastorais —

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Autor
Ivano Liguori, ofm. Boné.

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A fronte dei miei due ultimi articoli sulle possibili derive di una modalità di intendere l’esorcismo, unita alla concezione che vede il diavolo come un prodotto di marketing e di lucro (você vê WHO e WHO), ho creduto opportuno scriverne un terzo che avrà come oggetto la Preghiera di Liberazione.

Desidero chiarire che i miei piccoli contributi sono un nulla rispetto ai lavori ben più completi ed esaustivi di dotti demonologi come Mons. Renzo Lavatori o Padre José Antonio Fortea.

Come non ricordare esorcisti particolarmente esperti come il Padre Moreno Fiori o.p. e il Padre Raffaele Talmelli S.P., entrambi hanno lasciato una floridissima bibliografia sulle demonopatie. Non possiamo dimenticare, contra a outra, tutti gli altri sacerdoti esorcisti che svolgono il loro ministero nella fatica e che sono maestri affidabili in cui trovare una guida. Considerando che alcuni di essi hanno scritto diversi libri e articoli su questi temi, invito il lettore a una ricerca bibliografica mirata con cui è possibile accrescere la conoscenza di questi argomenti. A fronte di questo, il mio articolo ne costituisce solo un piccolo omaggio e un ringraziamento.

Prima di definire con precisione la Preghiera di Liberazione, bisogna anzitutto stabilirne i confini e gli ambiti di competenza. Em primeiro lugar, tale preghiera non è un esorcismo ma è una preghiera di intercessione con la quale ci si rivolge a Dio, alla Madonna o ai Santi per chiedere la liberazione di una persona sofferente a causa dei mali provocati dall’influenza del maligno. Con questa definizione escludiamo fin da subito i casi conclamati di reale possessione diabolica, che esistono ma sono rarissimi, ed i casi di influssi diabolici come le ossessioni e le vessazioni che devono richiedere una particolare cura da parte del sacerdote esorcista, congiunta a un approccio multidisciplinare del caso.

Per essere ancora più precisi riassumiamo quanto la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede ha stabilito fin dal 29 setembro 1985 dentro Lettera agli Ordinari riguardante le norme sugli esorcismi (cf.. WHO) e applichiamo quanto detto alla Preghiera di Liberazione:

Nella Preghiera di Liberazione non è mai consentito, anche quando non si tratti di possessione diabolica rivolgersi direttamente al Demonio.

Solo l’esorcista si può rivolgere direttamente al Demonio, intimandogli, in nome della Chiesa, di andarsene.

I laici non possono, anche se si tratta di Preghiere di Liberazione, usare le formule dell’esorcismo, compresa quella pubblicata dal Papa Leone XIII, né usare parte di detta preghiera.

L’esorcismo può essere esercitato solo da un sacerdote appositamente autorizzato dall’Ordinario del luogo (cf.. Código de Direito Canônico, 1166; 1172).

Definendo ancor meglio le Preghiere di Liberazione è necessario specificare che possono essere recitate da chiunque intenda chiedere al Signore per sé o per gli altri la guarigione e la liberazione dal male, sulla scorta dell’invocazione contenuta già nella preghiera del Padre Nostro che recita «liberaci dal male», ovvero liberaci dal Maligno.

Chiedere a Dio di difenderci dal Maligno significa affermare una duplice verità: la difesa dal peccato che è l’opera principale del maligno e la difesa dalle conseguenze del peccato, i cui frutti sono rappresentati dalle innumerevoli infermità e fragilità spirituali e corporali di cui l’uomo ha fatto esperienze già fin dopo la sua creazione. Teologicamente è più corretto vedere la liberazione e la guarigione come aspetti della stessa realtà di lotta al peccato, su cui Gesù, il Figlio dell’Uomo, ha il pieno potere (cf.. MC 2,1-12).

Nel documento intitolato Istruzione circa le preghiere per ottenere da Dio la guarigione, La Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, nelle disposizioni disciplinari stabilisce:

«Ad ogni fedele è lecito elevare a Dio preghiere per ottenere la guarigione. Quando tuttavia queste si svolgono in chiesa o in altro luogo sacro, è conveniente che esse siano guidate da un ministro ordinato» (cf.. arte. 1).

In base a una corretta visione teologica di comprensione del peccato e delle sue conseguenze, ogni fedele ha la possibilità di invocare Dio per la liberazione e la guarigione dai suoi mali, nonché chiedere ai fratelli preghiere per questa intenzione. Sia che questi mali abbiano interessato lo spirito o il corpo, con un sapiente affidamento a Cristo medico celeste, i fedeli utilizzino tutti i rimedi che la grazia e la scienza umana mettono a disposizione per poter lenire quanto più possibile tali sofferenze. Como resultado, nel discernimento tra i diversi mali e le possibili cure, il fedele potrà ricorrere al sacerdote, al medico o ad altro specialista in base alla sua reale situazione di infermità, senza escludere che tutte queste figure possano lavorare in comunione per addivenire a una risoluzione felice del problema. Ricordiamo, sobre isso, uno dei capisaldi della pastorale sanitaria che dice che dove non è possibile guarire è sempre possibile e doveroso curare.

Le Preghiere di Liberazione e di guarigione vanno opportunamente formulate in un contesto di piena fedeltà al deposito della fede della Chiesa Cattolica, em comunhão com o Magistério, in obbedienza ai sacri pastori e con la ferma attenzione a non scivolare mai verso forme deviate e ambigue che potrebbero ingenerare equivoci o incomprensioni, come indica l’ultimo documento della Congregazione per la dottrina della Fede già citato.

Solo inserendo la liberazione dentro un cammino sacramentale possiamo poi procedere a interrogarci su quando sia opportuno ricorrere alle cosiddette Preghiere di Liberazione. Ho già avuto modo di spiegare che il cammino di liberazione e di lotta contro il Demonio è molto complesso e inizia con il Sacramento del battesimo, in quel cammino quotidiano di conversione e di cambiamento di mentalità che costituisce la base solida di una vita nuova nello Spirito Santo, in cui a immagine del Figlio, lo Spirito Santo viene effuso nel nostro animo e la voce del Padre ci riconosce come figli amati (cf.. MT 3,17; MC 1,11; LC 3,22). Risorti come creature nuove dalle acque del battesimo, anche noi veniamo condotti nel deserto per affrontare il combattimento a tu per tu contro lo spirito del male. In Cristo abbiamo già la vittoria, la sua umanità divina rafforza la nostra umanità; il suo divino Spirito e lo stesso nostro spirito che ci è stato dato e con il quale possiamo dire ogni volta che siamo tentati: «Vattene Satana!» (cf.. MT 4,10).

Dal Sacramento del battesimo passiamo al Sacramento della confessione con il quale lo Spirito Santo parla a noi come al figlio prodigo e ci invita a tornare alla casa paterna per essere rivestiti di quella dignità filiale che abbiamo perduto con il peccato (cf.. LC 15,17-20). È proprio del peccato, na verdade, spingere l’uomo all’allontanamento da Dio, fino a convincerlo che il Padre è l’elemento di ostacolo per una felicità piena e una realizzazione liberante. Nel momento in cui l’uomo con i propri concreti atti storici e con i propri peccati attuali apre volontariamente la porta del suo cuore all’azione ordinaria del maligno, ecco che si consuma il peccato. E il peccato trascina al peccato, con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio, da cui poi ne derivano le inclinazioni perverse che ottenebrando la coscienza alterandola e conducendo l’uomo ad una incapacità di valutazione e di scelta tra bene e il male (cf.. Catecismo da Igreja Católica n.. 1865).

Certi peccati attuali con i conseguenti vizi derivati, comportano una chiara responsabilità personale dell’uomo ― l’interrogativo divino per la colpa dei progenitori e per l’omicidio di Abele è abbastanza eloquente: «Che hai fatto?» (cf.. GN 3,13; 4,10) ― una colpa evidente, che può essere recuperata solo e soltanto nel momento in cui viene sciolta con il potere delle chiavi che Gesù ha dato a Pietro (cf. MT 16,18-19) e che in foro sacramentale è rappresentato dall’assoluzione. Se facciamo bene attenzione siamo davanti alla celebrazione di un vero e proprio esorcismo, al supremo atto di liberazione dell’uomo, che non è solamente una liberazione invocata, ma oggettivamente realizzata nella realtà.

Il percorso sacramentale che dal battesimo conduce alla confessione culmina con l’Eucaristia e la Santa Messa. De fato, il cammino di liberazione non si ferma ma prosegue in modo specialissimo nell’Eucaristia, in quel divino banchetto della Santa Messa in cui si realizza la presenza vera, reale e sostanziale del nostro Redentore. Nel suo vero Corpo, nel suo vero Sangue, nella sua vera anima e nella sua divinità egli continua a sconfiggere il potere del maligno ― il peccato e la morte ― e con la sua stessa persona vince colui che è l’incarnazione stessa della “non-persona” e conduce l’uomo verso una spersonalizzazione umana e divina[1].

Penso sia utile sapere che il nuovo Messale Romano nella sezione “Messe e orazioni per varie necessità” annovera diversi formulari specifici per la celebrazione della Santa Messa che hanno come oggetto i malati e i moribondi (NN. 45-46) per poi passare a tutte quelle situazioni spirituali di varia necessità che potrebbero essere conseguenza dell’intervento dello spirito del male e del peccato radicato e indurito (n. 48 sez. A-B-C).

Tenendo ben presente questa visione sacramentale di liberazione che abbraccia i primi tre sacramenti del settenario, mi permetto di prendere in prestito un pensiero del Cardinale Mauro Piacenza:

«I Sacramenti educano continuamente alla lotta: soprattutto i Sacramenti reiterabili, quelli che non imprimono il carattere e che si possono celebrare molte volte nella vita, significano ed indicano, in maniera piena, la dimensione “agonistica” ― di agone ― della lotta contro il male».

Proprio questo è il punto focale dell’interrogativo che ci siamo posti all’inizio di questo paragrafo: quanto è risolutivo ricorrere subito alle Preghiere di Liberazione se non si è inseriti con costanza dentro un cammino sacramentale? Senza un atitude sacramentale preventivo occorre evitare le Preghiere di Liberazione, specie se non se ne avverta l’effettiva utilità, senza una certa preparazione da parte di chi intercede sulla persona e senza una preventiva e robusta preparazione di chi le riceve.

È necessario chiarire come l’efficacia dei sacramentali (Esorcismo o Preghiera di Liberazione) nei fedeli dipende dalla loro vita sacramentale. Sono i Sacramenti che imprimono la forza liberante e risanatrice ai sacramentali, i quali si inseriscono dentro quella fede affermata e vissuta giornalmente dai fedeli. Non ha caso nella Santa Messa, nei Riti di Comunione, il sacerdote prima dello scambio della pace dice:

«Senhor Jesus Cristo, che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amém".

È la fede che il Signore cerca da noi, quella fede ricevuta nel battesimo, rafforzata nel riconoscimento dei nostri peccati e dall’esercizio della carità vicendevole, nutrita e accresciuta dal Corpo e Sangue di Cristo. Senza fede o in mancanza di essa non c’è alcun tipo di liberazione o di guarigione, solo palliativi superstiziosi che spesso provocano più danni che benefici all’anima e al corpo. E in questa visione superstiziosa possiamo far cadere anche le cose sante, come l’uso dei sacramentali e la devozione ai santi.

Quando parliamo di Preghiere di Liberazione rischiamo di perderci all’interno di una varietà di forme e di contenuti veramente diversificati, è quindi del tutto consequenziale chiedersi: quali Preghiere di Liberazione fare? Le raccolte di tali preghiere imporrebbero un ordine che è anzitutto di carattere teologico. De fato, la struttura di queste preghiere è quanto mai varia e spesso è difficile risalirne all’esatta origine: si va da quelle apparentemente cattoliche, a quelle dal sapore devozionale legate a qualche mistico o santo, a quelle dallo stile orientaleggiante che strizzano l’occhio al mondo greco fino ad arrivare alle preghiere di alcune comunità cristiane riformate (basti citare la pratica di liberazione, di purificazione e di guarigione dell’albero genealogico di Kenneth McAll) per finire poi a formulari dal sapore palesemente esoterico.

L’assenza di un canone mai trascritto costituisce il problema più evidente da cui deriva la mancanza di una raccolta canonica approvata cui poter attingere. Questa è forse una delle cose che più favorisce la possibilità di ricorrere all’improvvisazione selvaggia. Certamente i sacerdoti hanno la possibilità di ricorrere al Benedizionale che dona innumerevoli spunti, ma il campo della lotta contro il demonio e le sue influenze è talmente specifico che richiederebbe qualche attenzione in più, così da evitare la ricerca morbosa dello scongiuro e dell’invocazione più risolutiva anche a costo di valicare il confine dall’ortodossia e dell’ortoprassi.

La Preghiera di Liberazione si delinea come una preghiera invocativa che attiene all’ambito dei sacramentali. Questo impone di dover verificare in essa almeno due criteri:

che sia approvata dalla competente autorità ecclesiastica;

che abbia nella sua composizione una costruzione dogmatica e liturgica ben precisa che non lasci margini di confusione o di fraintendimento.

Nel Direttorio su pietà popolare e liturgia, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti stabilisce:

«Pur redatti con linguaggio, apenas dizendo, meno rigoroso rispetto alle preghiere della Liturgia, i testi di preghiere e formule di devozione devono trarre ispirazione dalle pagine della Sacra Scrittura, della Liturgia, dei Padri e del Magistero, concordare con la fede della Chiesa. I testi stabili e pubblici di preghiere e atti di pietà devono recare l’approvazione dell’Ordinario del luogo» (cf.. documento completo WHO).

La Preghiera di Liberazione necessita di essere una preghiera approvata dalla Chiesa proprio per la delicatezza della materia trattata, racchiudendo di necessità al proprio interno quel corpus di fede creduta e professata che ben sintetizza quel principio teologico per cui la a lei da oração E Lex credendi e vice-versa. Sebbene le Preghiere di Liberazione non siano delle preghiere liturgiche vera e proprie, che constano di un ambito celebrativo e liturgico specifico, questo non esime da una composizione meno accurata dei testi e dei contenuti.

Ma veniamo allo specifico. Nei miei due precedenti articoli, ho già avuto modo di argomentare sulla preghiera del Padre Nostro che il Signore stesso ha insegnato ai suoi discepoli (cf.. MT 6,9-13; LC 11,1-4) e come tale, si prefigura non solo come prima Preghiera di Liberazione ma anzitutto come preghiere per eccellenza. Esclusa questa, sappiamo che nel nuovo Rituale degli Esorcismi è contenuta, in II appendice (NN. 1-10), una sezione di preghiere a uso privato dei fedeli che si trovano a dover lottare contro il potere delle tenebre. Tale elenco si può ben considerare come un elenco ufficiale e approvato di preghiere da farsi privatamente e che interessano tutti coloro che sperimentano un’azione del demonio che va oltre l’azione ordinaria. È lecito pensare, assim, que o relação ispiratrice di queste preghiere non riguardi soltanto coloro che sono già sottoposti all’esorcismo maggiore ma soprattutto chi si trova a sperimentare un particolare assalto diretto del maligno.

Volendoci sbilanciare nell’interpretazione, possiamo supporre che la masculino di tali preghiere nel rituale non riguardi solamente il singolo fedele ma anche quella collettività più ampia che si trova a percorrere le vie di questo nostro mondo segnato dalla ferita del peccato e dal fomite della concupiscenza. Utile in tal senso è stilare una casistica essenziale che potrebbe suggerire il ricorso a una Preghiera di Liberazione, così come la Chiesa ha sempre fatto in molte preghiere litaniche che si concludono con l’invocazione: libera nos domine. Pensiamo ad esempio:

1) alla bestemmia frequente e reiterata;

2) ai sentimenti d’odio, di rancore, di distruzione e di disperazione;

3) all’indurimento nel peccato grave e nel radicamento a compiere il male;

4) ai conflitti dilanianti nelle famiglie;

5) alle situazioni di guerre e di calamità naturali ed epidemiologiche;

6) a quelle situazioni di immoralità diffusa, di profanazione e scandali che riguardano anche la vita pubblica di un paese o di una nazione;

7) alla gestione malevola e deturpante delle relazioni umane e tra i popoli;

8) alle persecuzioni contro la Chiesa e i cristiani a motivo della fede in Cristo;

9) all’attentato all’integrità della vita umana debole e indifesa.

La casistica potrebbe anche essere molto più diversificata, ma il ricorso a un preciso e maturo discernimento accompagnato dalla Chiesa diventa la scelta migliore per imparare a distinguere l’origine dalla causa[2]. Porque, se è vero che determinate situazioni non hanno sempre il Demonio come causa diretta è altresì vero che all’origine di tali mali c’è sempre la sua azione ingannatrice e corrompente.

Elencando le Preghiere di Liberazione ufficiali e approvate, per completezza argomentativa credo sia degna di nota la Preghiera Universale che la Chiesa eleva a Dio nel giorno del Venerdì Santo. La decima intenzione, dedicata a tutti i tribolati, recita così:

«Preghiamo, fratelli carissimi, Dio Padre onnipotente, perché liberi il mondo da ogni disordine: allontani le malattie, scacci la fame, renda libertà ai prigionieri, giustizia agli oppressi, conceda sicurezza a chi viaggia, il ritorno ai lontani da casa, la salute agli ammalati, ai morenti la salvezza eterna.
Deus Todo-poderoso e eterno, conforto degli afflitti, sostegno dei tribolati, ascolta il grido dell’umanità sofferente, perché tutti si rallegrino di avere ricevuto nelle loro necessità il soccorso della tua misericordia. Per Cristo nostro Signore» (Prece X, Per i tribolati).

Questa supplica elevata nel giorno in cui la Chiesa ricorda la Passione del Signore, ha una chiara valenza di Preghiera di Liberazione. De fato, si chiede a Dio che tutti i mali e le situazioni di fragilità e di pericolo per gli uomini vengano ad essere allontanati, per conseguire la vittoria contro colui che all’origine di ogni male e peccato. Pur facendo parte della liturgia ufficiale del Venerdì Santo, nulla vieta a un fedele di recitarla privatamente e di chiedere a Dio per sé e per gli altri l’aiuto nelle varie situazioni di tribolazione.

Eccoci infine giunti al problema degli abusi pastorali nelle Preghiere di Liberazione. Nell’istruzione circa le preghiere per ottenere da Dio la guarigione, la Congregazione esige che tali preghiere si svolgano preferibilmente in chiesa o in altro luogo sacro e che siano guidate da un ministro ordinato. A differenza dell’esorcismo che richiede obbligatoriamente la presenza di un presbitero, le Preghiere di Liberazione, così come le abbiamo intese in questo articolo, possono essere guidate anche da un diacono. Ma anticipo subito che tale scelta impone una certa prudenza e delle garanzie per i motivi che spiegherò più avanti.

La presenza del ministro ordinato non è semplicemente importante ma proprio imprescindibile per guidare la preghiera attualizzando quel mandato che Cristo ha conferito a coloro che ha inviato a due a due per liberare e guarire (cf.. LC 10,1-20). Portanto, non possono essere promosse preghiere pubbliche guidate da fedeli laici, i quali dovranno ben guardarsi dall’imporre le mani o compiere dei gesti riservati ai ministri ordinati, restando nei limiti e i nei termini previsti dalle precise disposizioni dettate dalla Chiesa (cf.. a, Bênçãos, Roma, 1992, 18).

Guarigione e liberazione sono unite in un medesimo sguardo teologico, come chiarisce la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede e come è nostro dovere sacerdotale e pastorale ricordare, perché è solo il Signore «colui che libera da ogni male» (cf.. Seiva 16,8) e in tale azione di grazia le sofferenze che accompagnano la malattia sono anche oggetto del profondo desiderio dell’uomo di una liberazione totale che interessa non solo la componente corporale ma anche quella psichica e spirituale (cf.. arte. 1).

La Congregazione ha una volontà normativa riferita a quelle circostanze di preghiera pubblica, tralasciando la sfera della vita di preghiera privata del fedele, sapendo che a ogni battezzato è chiesto di pregare Dio per i vivi e per i defunti e per la propria e altrui conversione. Per quanto riguarda la scelta del luogo, il contesto sacro rafforza la volontà di rimanere uniti alla Chiesa e ai suoi pastori, inoltre realizza pastoralmente quanto il Signore raccomanda nella parabola del buon Samaritano (cf.. LC 10,25-37) in cui il malcapitato viandante viene alloggiato nella locanda-ospedale che rappresenta la Chiesa. L’immagine dei briganti è fortemente simbolica e possiede un senso spirituale che è stato descritto dai Padri della Chiesa, i quali hanno saputo scorgere l’operato del Diavolo e dei suoi Angeli che spogliano l’uomo della veste dell’immortalità e lo percuotono a morte con l’arma del peccato fino a privarlo della vita di grazia.

Tutti gli altri luoghi pubblici che non siano una chiesa, una cappella o un oratorio sono di per sé inadatti, dovrebbe essere superfluo ribadirlo, ma è bene farlo alla luce della chiara e precisa disciplina della Chiesa, non certo delle proprie opinioni personali. Così come sono inadatti alcuni canali e vie di comunicazione come telefoni, cellulari, webcam et similia. Infelizmente, si sono verificati dei casi, e continuano a verificarsi, in cui si sono fatti esorcismi al telefono, Preghiere di Liberazione alla radio o con l’utilizzo dei vari mezzi di comunicazione, per non parlare dei tours esorcistici e liberatori organizzati in giro per gli alberghi italiani nei fine settimana con tanto di pacchetti promozionali che offrono liberazioni, guarigioni, conversioni oppure, come direbbe qualche confratello tanto navigato quanto ormai disincantato:

«Usando os escritórios mágicos de certos xamãs carismáticos, non solo saranno liberati i defunti di tutto l’albero genealogico dei richiedenti, ma anche quelli che devono sempre venire al mondo. De fato, grazie alla potenza del liberatore peregrinante da un hotel all’altro, i posteri non avranno più bisogno neppure del battesimo, Por que, una volta ricevuta l’imposizione delle mani da un fulminato nel cervello, nasceranno direttamente senza peccato originale».

Una situazione pastorale che merita attenzione è quella relativa a coloro che sono realmente preda dello Spirito del Male ma la cui situazione di possessione, ossessione o vessazione non si è ancora palesata chiaramente. Non è raro il caso in cui, a seguito di incontri di preghiera di guarigione o di liberazione, lo Spirito Maligno possa manifestarsi d’improvviso, in quanto costretto dalla potenza della preghiera unita alla fede dell’assemblea orante. Spesso non c’è nemmeno il bisogno di una Preghiera di Liberazione particolare ma basta la semplice Preghiera di Lode o un’invocazione dello Spirito Santo per trovarsi in una situazione simile a quella accaduta a Gesù nella sinagoga di Cafarnao (cf.. MC 1, 21-28; LC 4, 31-37).

La gestione simili manifestazioni comporta prudenza e fortezza d’animo, unita alla fede in Cristo e all’obbedienza alla Chiesa. Bisogna domandarsi seriamente se per tali incontri pubblici di preghiera non debba esserci la presenza preventiva di un esorcista formalmente nominato e autorizzato, che ha nome di Cristo e della Chiesa può lecitamente intervenire. Ricordiamo che affrontare lo Spirito Maligno senza essere esorcisti, senza essere un ministro ordinato e con la propria condizione di fragilità è decisamente poco saggio. L’uomo non ha nessun potere sui demoni e la sproporzione è quella che intercorre tra una creatura angelica e una creatura umana. È vero che la storia della Chiesa ricorda uomini che hanno saputo compiere esorcismi e liberazioni, ma tale realtà è determinata dalla loro particolare santità di vita e da una speciale assistenza della provvidenza divina, mi piace ricordare Sant’Antonio abate, São Bento de Núrsia, San Francesco d'Assisi, Santa Chiara d’Assisi, San Salvatore da Horta. Tutti costoro non erano sacerdoti e non avevano ricevuto la nomina di esorcista ma la loro vita risplendeva di quella santità a cui nessun demonio poteva resistere. Stesso discorso lo si può fare per San Pio da Pietrelcina, il quale ha combattuto tutta la sua vita contro il Demonio, pur non avendo mai ricevuto dal Vescovo diocesano e dal suo Ministro provinciale l’autorizzazione al ministero di esorcista.

Para concluir: è cura della Chiesa tutelare la privacidade di coloro che vivono manifestazioni spirituali di influenza malefica con un accompagnamento sollecito e scevro da indebite spettacolarizzazioni. Si devono tenere in giusto conto tutte quelle situazioni di protezione per questi fratelli sofferenti in modo che la loro liberazione avvenga all’interno di un contesto riservato. Per questo motivo si eviti di portare questi fratelli sofferenti nei vari Tour di liberazione, esponendoli al pubblico per rendere testimonianze che hanno spesso il sapore di campagne pubblicitarie mirate ad accrescere la “fama” e l’egocentrismo del carismatico guaritore o liberatore, anziché cercare una stabilità attraverso un sacerdote che inizi l’accompagnamento. A questo è utile unire un gruppo di preghiera che possa aiutare nella battaglia spirituale elevando a Dio ferventi intercessioni. Così come avviene in alcune pratiche della psicoterapia, il percorso di liberazione e di guarigione deve mirare a rendere l’uomo nuovamente autonomo e padrone di sé. Il terapeuta non deve legare alla sua persona il paziente, così il sacerdote non deve legare alla sua persona o al suo carisma il fedele costringendolo a un percorso infinito di Preghiere di Liberazione. Se dopo un congruo periodo di tempo non si vedono miglioramenti tangibili, se non si ha acquisito un habitus sacramentale serio, se non ci sono evidenze particolari, allora è meglio interrompere queste preghiere e iniziare un discernimento umano e spirituale più approfondito.

In ogni caso il problema rimane nei secoli lo stesso, senza avere mai perduto attualità, lo mise chiaramente in luce a suo tempo il Beato Apostolo Paolo scrivendo al suo discepolo Timoteo:

"No dia, na verdade, em que não suportarão a sã doutrina;, mãe, tendo comichão nos ouvidos eles, amontoarão para si doutores para atender os seus próprios gostos, recusando-se a ouvir a verdade para recorrer a contos de fadas. Você sempre ser constante, suportar o sofrimento, fazer o trabalho do proclamador do evangelho, cumpra seu ministério" (II Tm 4, 1-5).

Sanluri, 25 Março 2025

NOTA

[1] Per un maggiore approfondimento di quanto detto in questo paragrafo si rimanda all’intervento del Cardinale Mauro Piacenza: Esorcismo e sacramenti, in occasione del XI Corso di base sull’Esorcismo a cura del GRIS Nazionale in collaborazione con l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum in Roma e l’Associazione Internazionale Esorcisti. 4 abril 2016 Quinta-feira, 15 setembro 2016.

[2] A questo elenco si aggiunga quanto William Bleiziffer dice nel suo contributo: Esorcismo ed esorcista nella disciplina canonica della Chiesa, dentro STUDIA UNIVERSITAS BABEŞ-BOLYAI, Demonologia oggi: fondamenti teologici e aspetti pratici, 2019, p.154 nota 42.

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PRAYER OF LIBERATION AND HEALING. WHAT IMPRESCABLE BOUNDARY SEPARATES THEOLOGY AND PASTORAL CARE FROM THE DANGER OF FALLING INTO MAGICAL PRACTICES?

«By using the magical offices of certain charismatic shamans, not only will the deceased of the entire family tree of the applicants be liberated, but also those who must always come into the world. Na verdade, thanks to the power of the liberator wandering from one hotel to another, posterity will no longer even need baptism, because, once they have received the imposition of hands from a lightning-struck person in the brain, they will be born directly without original sin».

- Realidade pastoral -

 

Autor
Ivano Liguori, ofm. Boné.

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In light of my last two articles on the possible consequences of a way of understanding exorcism, combined with the concept that sees the Devil as a product of marketing and profit (Vejo WHO, WHO), I thought it appropriate to write a third that will have as its subject the Prayer of Liberation.

I would like to clarify that my small contributions are nothing compared to the much more complete and exhaustive works of learned demonologists such as Mgr. Renzo Lavatori or Father José Antonio Fortea.

How can we not remember particularly expert exorcists such as the italians Father Moreno Fiori o.p. and Father Raffaele Talmelli S.P., both of whom have left a flourishing bibliography on demonopathies. We cannot forget, entre outras coisas, all the other exorcist priests who carry out their ministry in hardship and who are reliable teachers in whom to find guidance. Considering that some of them have written several books and articles on these topics, I invite the reader to do a targeted bibliographical research with which it is possible to increase the knowledge of these topics. In light of this, my article is only a small tribute and a thank you.

Before precisely defining the Prayer of Liberation, we must first establish its boundaries and areas of competence. First of all, this prayer is not an exorcism but a prayer of intercession with which one turns to God, the Madonna or the Saints to ask for the liberation of a person suffering from the evils caused by the influence of the evil one. With this definition we immediately exclude the clear cases of real diabolical possession, which exist but are very rare; and the cases of diabolical influences such as obsessions and vexations that must require special care on the part of the exorcist priest, combined with a multidisciplinary approach to the case. To be even more precise, let us summarize what the Sacred Congregation for the Doctrine of the Faith has established since September 29, 1985 in the Letter to Ordinaries regarding the norms on exorcisms (Vejo AQUI) and let us apply what has been said to the Prayer of Liberation:

In the Prayer of Liberation, it is never permitted, even when it is not a question of diabolical possession, to address the Demon directly.

Only the exorcist can address the Demon directly, ordering him, in the name of the Church, to leave.

Lay people cannot, even when it is a question of Prayers of Liberation, use the formulas of exorcism, including that published by Pope Leo XIII, nor use part of said prayer.

Exorcism can only be practiced by a priest specifically authorized by the Ordinary of the place (cf. Code of Canon Law, 1166; 1172).

In further defining the Prayers of Liberation, it is necessary to specify that they can be recited by anyone who intends to ask the Lord for healing and deliverance from evil for themselves or for others, on the basis of the invocation already contained in the prayer of the Our Father which says «deliver us from evil», or deliver us from the Evil One.

Asking God to defend us from the Evil One means affirming a twofold truth: the defense from sin, which is the principal work of the Evil One, and the defense from the consequences of sin, the fruits of which are represented by the innumerable spiritual and physical infirmities and frailties that man has experienced since after his creation. Theologically, it is more correct to see liberation and healing as aspects of the same reality of the fight against sin, over which Jesus, the Son of Man, has full power (cf. Mk 2, 1-12).

In the document entitled Instruction on prayers to obtain healing from God, the Sacred Congregation for the Doctrine of the Faith, in the disciplinary provisions establishes:

«”People are called to joy. Nevertheless each day they experience many forms of suffering and pain”. Assim sendo, the Lord, in his promises of redemption, announces the joy of the heart that comes from liberation from sufferings (cf. É 30:29; 35:10; Barra 4:29). De fato, he is the one «who delivers from every Evil» (Wis 16:8). Among the different forms of suffering, those which accompany illness are continually present in human history. They are also the object of man’s deep desire to be delivered from every Evil» (Official document SEE).

O Prayer of Liberation needs to be a prayer approved by the Church precisely because of the delicacy of the subject matter, necessarily containing within itself that corpus of faith believed and professed that well summarizes that theological principle for which the a lei da oração é Lex credendi. Although the Prayers of Liberation are not liturgical prayers in the true sense, consisting of a specific celebratory and liturgical context, this does not exempt from a less accurate composition of the texts and contents.

But let’s get to the specifics. In my two previous articles, I have already had the opportunity to argue about the prayer of the Our Father that the Lord himself taught to his disciples (cf. MT 6,9-13; Página 11,1-4) and as such, it is prefigured not only as the first Prayer of Liberation but above all as prayers par excellence. Excluding this, we know that in the new Ritual of Exorcisms there is contained, in Appendix II (NN. 1-10), a section of prayers for the private use of the faithful who find themselves having to fight against the power of darkness. This list can well be considered as an official and approved list of prayers to be said privately and which concern all those who experience an action of the devil that goes beyond ordinary action. It is legitimate to think, assim sendo, that the inspiring ratio of these prayers does not concern only those who are already subjected to major exorcism but above all those who find themselves experiencing a particular direct assault of the Evil one.

If we want to enter into interpretation, we can assume that the mens of such prayers in the ritual does not only concern the individual believer but also that wider community that finds itself walking the paths of this world of ours marked by the wound of sin and the fomite of concupiscence. It is useful in this sense to draw up an essential case study that could suggest the use of a Prayer of Liberation, as the Church has always done in many litanic prayers that end with the invocation: libera nos domine. Let us think for example:

1) frequent and repeated blasphemy;
2) feelings of hatred, resentment, destruction and despair;
3) hardening in grave sin and in the rootedness to do evil;
4) tearing conflicts in families;
5) situations of war and natural and epidemiological disasters;
6) to those situations of widespread immorality, profanation and scandals that also affect the public life of a country or a nation;
7) to the malevolent and disfiguring management of human relations and between peoples;
8) to persecutions against the Church and Christians because of their faith in Christ;
9) to attacks on the integrity of weak and defenseless human life.

The casistic could also be much more diversified, but the use of a precise and mature discernment accompanied by the Church becomes the best choice to learn to distinguish the origin from the cause. Because, if it is true that certain situations do not always have the Devil as a direct cause, it is also true that at the origin of such evils there is always his deceptive and corrupting action.

Listing the official and approved Liberation Prayers, for completeness of argument I believe that the Universal Prayer that the Church raises to God on Good Friday is worthy of note. The tenth intention, dedicated to all the troubled, reads as follows:

Let us pray, dearest brothers, to God the Father almighty, that he may free the world from every disorder: that he may remove disease, banish hunger, give freedom to prisoners, justice to the oppressed, grant safety to those who travel, the return of those far from home, health to the sick, eternal salvation to the dying. Almighty and eternal God, comfort of the afflicted, support of the troubled, hear the cry of suffering humanity, that all may rejoice in having received in their needs the help of your mercy. Through Christ our Lord (Prayer X, For the troubled).

This supplication, raised on the day in which the Church remembers the Passion of the Lord, has a clear value of a Prayer of Liberation. Na verdade, it asks God that all evils and situations of fragility and danger for men be removed, to achieve victory against the one who is at the origin of all evil and sin. Although it is part of the official liturgy of Good Friday, nothing prevents a believer from reciting it privately and asking God for help for himself and for others in various situations of tribulation.

Here we finally come to the problem of pastoral abuses in the Prayers of Liberation. In the instruction on prayers to obtain healing from God, the Congregation requires that such prayers preferably take place in a church or another sacred place and that they be led by an ordained minister. Unlike exorcism, which requires the mandatory presence of a priest, the Prayers of Liberation, as we have understood them in this article, can also be led by a deacon. But I must immediately point out that this choice requires a certain amount of caution and guarantees for reasons I will explain later.

The presence of the ordained minister is not simply important but absolutely essential to guide prayer by actualizing that mandate that Christ conferred to those he sent two by two to free and heal (cf. Lucas 10, 1-20). Assim sendo, public prayers led by lay faithful cannot be promoted, who must be careful not to lay on hands or perform gestures reserved for ordained ministers, remaining within the limits and terms established by the precise provisions dictated by the Church (Benedictional, Roma, 1992, 18).

Healing and liberation are united in the same theological vision, as the Sacred Congregation for the Doctrine of the Faith clarifies and as it is our priestly and pastoral duty to remember, because it is only the Lord «who frees from every Evil» (cf. Wis 16, 8) and in this act of grace the sufferings that accompany illness are also the object of man’s profound desire for a total liberation that concerns not only the physical component but also the psychic and spiritual one (cf. arte. 1).

The Congregation has a normative will referring to those circumstances of public prayer, leaving aside the sphere of the private prayer life of the faithful, knowing that every baptized person is asked to pray to God for the living and the dead and for their own and othersconversion. As regards the choice of place, the sacred context strengthens the will to remain united to the Church and its pastors, and also pastorally realizes what the Lord recommends in the parable of the Good Samaritan (Vejo Página 10:25-37) in which the unfortunate traveler is lodged in the inn-hospital that represents the Church. The image of the robbers is strongly symbolic and has a spiritual meaning that has been described by the Fathers of the Church, who were able to discern the work of the Devil and his Angels who strip man of the garment of immortality and strike him to death with the weapon of sin until they deprive him of the life of grace.

All other public places that are not a church, a chapel or an oratory are in themselves unsuitable, it should be superfluous to repeat it, but it is good to do so in light of the clear and precise discipline of the Church, certainly not of one’s personal opinions. Just as some channels and means of communication are unsuitable such as telephones, cell phones, webcams and the like. Infelizmente, cases have occurred, and continue to occur, in which exorcisms have been performed over the telephone, Liberation Prayers on the radio or with the use of various means of communication, not to mention the exorcism and liberation tours organized around hotels on weekends with promotional packages offering liberation, healing, conversion, ou, as some experienced but now disenchanted confrere would say:

«By making use of the magical services of certain charismatic shamans, not only will the deceased of the entire family tree of the applicants be liberated, but also those who must always come into the world. Na verdade, thanks to the power of the liberator wandering from one hotel to another, posterity will no longer even need baptism, because, once they have received the imposition of hands by charismatic layman struck by lightning in the brain, they will be born directly without original sin».

A pastoral situation that deserves attention is that of those who are truly prey to the Spirit of Evil but whose situation of possession, obsession or harassment has not yet clearly revealed itself. It is not uncommon for the case in which, following prayer meetings for healing or liberation, the Evil Spirit can suddenly manifest itself, as forced by the power of prayer united with the faith of the praying assembly. Often there is not even the need for a particular Prayer of Liberation but a simple Prayer of Praise or an invocation of the Holy Spirit is enough to find oneself in a situation similar to that which happened to Jesus in the synagogue of Capernaum (Vejo Mk 1:21-28; Página 4:31-37).

The management of such manifestations requires prudence and fortitude, combined with faith in Christ and obedience to the Church. We must seriously ask ourselves whether such public prayer meetings should not require the prior presence of a formally appointed and authorized exorcist, who has the name of Christ and the Church and can lawfully intervene. Let us remember that facing the Evil Spirit without being exorcists, without being an ordained minister and with one’s own condition of fragility is decidedly unwise. Man has no power over demons and the disproportion is that which exists between an angelic creature and a human creature. It is true that the history of the Church remembers men who were able to perform exorcisms and liberations, but this reality is determined by their particular holiness of life and by a special assistance of divine providence, I like to remember Saint Anthony the Abbot, Saint Benedict of Norcia, Saint Francis of Assisi, Saint Clare of Assisi, Saint Savior of Horta. All of these were not priests and had not received the appointment of exorcist but their lives shone with that sanctity that no demon could resist. The same can be said for Saint Pio of Pietrelcina, who fought all his life against the Devil, despite never having received authorization for the ministry of exorcist from the diocesan Bishop and his Provincial Minister.

Para concluir: it is the Church’s duty to protect the privacy of those who experience spiritual manifestations of evil influence with prompt accompaniment free from undue sensationalism. All those situations of protection for these suffering brothers must be taken into due consideration so that their liberation occurs within a private context. For this reason, one should avoid taking these suffering brothers on various liberation tours, exposing them to the public to give testimonies that often have the flavor of advertising campaigns aimed at increasing the “fama” and egocentrism of the charismatic healer or liberator, rather than seeking stability through a priest who begins the accompaniment. It is useful to combine this with a prayer group that can help in the spiritual battle by raising fervent intercessions to God. As happens in some practices of psychotherapy, the path of liberation and healing must aim to make man autonomous and master of himself again. The therapist must not bind the patient to his person, just as the priest must not bind the faithful to his person or his charisma by forcing them to an endless path of Liberation Prayers. If after a suitable period of time there are no tangible improvements, if one has not acquired a serious sacramental habitus, if there is no particular evidence, then it is better to interrupt these prayers and begin a more in-depth human and spiritual discernment.

Em qualquer caso, the problem has remained the same throughout the centuries, without ever having lost its relevance, as was clearly highlighted in his time by the Blessed Apostle Paul when he wrote to his disciple Timothy:

«For the time will come when people will not tolerate sound doctrine but, following their own desires and insatiable curiosity, will accumulate teachers and will stop listening to the truth and will be diverted to myths. But you, be self-possessed in all circumstances; put up with hardship; perform the work of an evangelist; fulfill your ministry» (II Th 4, 3-4).

Sanluri, 25 Março 2025

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ORACIÓN DE LIBERACIÓN Y SANACIÓN. ¿CUÁL ES EL LÍMITE INVALICABLE QUE SEPARA LA TEOLOGÍA Y LA PASTORAL DEL PELIGRO DE CAER EN PRÁCTICAS MÁGICAS?

«Al hacer uso de los oficios mágicos de ciertos chamanes carismáticos, no sólo se liberarán los difuntos de todo el árbol genealógico, sino también aquellos que deberán venir al mundo. De fato, gracias al poder del libertador que vaga de un hotel a otro, la posteridad ya ni siquiera necesitará del bautismo, porque, una vez que hayan recibido esta imposición de las manos de alguien golpeado en el cerebro, nacerán directamente sin pecado original».

— Actualidad pastoral —

 

Autor
Ivano Liguori, ofm. Boné.

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Teniendo en cuenta mis dos últimos artículos sobre las posibles derivas de una forma de entender el exorcismo, combinados con el concepto que ve al Diablo como un producto de marketing y de lucro (Assistir AQUI e AQUI), he creído oportuno escribir un tercero que tendrá como objeto la Oración de la Liberación. quiero aclarar que mis pequeñas aportaciones no son nada comparadas con los trabajos mucho más completos y exhaustivos de eruditos demonólogos como del italiano como Monseñor Renzo Lavatori o del padre José Antonio Fortea.

¿Cómo no recordar a exorcistas especialmente expertos como el Padre Moreno Fiori o.p. y el padre Raffaele Talmelli S.P., ambos han dejado una bibliografía muy rica sobre las demonopatías. No podemos olvidar, entre otras cosas, todos los demás sacerdotes exorcistas que desempeñan su ministerio con dificultad y que son maestros fiables en los que encontrar orientación. Considerando que algunos de ellos han escrito varios libros y artículos sobre estos temas, invito al lector a realizar una búsqueda bibliográfica con la que sea posible incrementar el conocimiento sobre estos temas. En vista de esto, mi artículo es sólo un pequeño homenaje y un agradecimiento.

Antes de definir con precisión la Oración de Liberación, debemos establecer sus límites y áreas de competencia. En primer lugar, esta oración no es un exorcismo sino una oración de intercesión con la que se dirige a Dios, a la Virgen o a los Santos para pedir la liberación de una persona que sufre males causados por la influencia del Maligno. Con esta definición excluimos inmediatamente los casos de una posesión diabólica real, que existen pero son muy raros, y los casos de influencias diabólicas como obsesiones y dolencias que deben requerir cuidados especiales por parte del sacerdote exorcista, combinados con una evaluación multidisciplinaria para cada caso.

Para ser aún más precisos, resumamos lo que la Sagrada Congregación para la Doctrina de la Fe ha establecido el 29 de septiembre de 1985 em La Carta a los Ordinarios sobre las normas relativas a los exorcismos (Assistir AQUÌ) y apliquémoslo a la Oración de Liberación:

En la Oración de Liberación nunca está permitido, incluso cuando no se trate de posesión diabólica, dirigirse directamente al Diablo.
Sólo el exorcista puede dirigirse directamente al Diablo, ordenándole, en nombre de la Iglesia, que se vaya.
Los laicos no pueden, aunque sean Oraciones de Liberación, utilizar las fórmulas de exorcismo, incluyendo la realizada por el Papa León XIII, ni utilizar parte de dicha oración.
El exorcismo sólo puede ser realizado por un sacerdote específicamente autorizado por el Ordinario del lugar (Assistir Código de Derecho Canónico, enlatar. 1166; 1172).

Para definir aún mejor las Oraciones de Liberación, es necesario precisar que pueden ser recitadas por cualquier persona que pretenda pedir al Señor la curación y la liberación del mal para sí o para los demás, basándose en la invocación ya contenida en la oración del Padre Nuestro que dice «líbranos del mal», o líbranos del Maligno.

Pedir a Dios que nos defienda del Maligno significa afirmar una doble verdad: la defensa del pecado, que es la obra principal del Maligno, y la defensa de las consecuencias del pecado, cuyos frutos están representados por las innumerables enfermedades y flaquezas espirituales y corporales que el hombre ya ha experimentado desde su creación. Teológicamente es más correcto ver la liberación y la curación como aspectos de una misma realidad de lucha contra el pecado, sobre la cual Jesús, el Hijo del Hombre, tiene pleno poder (cf. MC 2,1-12).

En el documento titulado Instrucción sobre las oraciones para obtener la curación de Dios, la Sagrada Congregación para la Doctrina de la Fe establece en sus disposiciones disciplinarias:

«Cada uno de los fieles es libre de elevar oraciones a Dios para obtener la curación. Cuando éstas se realizan en la Iglesia o en otro lugar sagrado, es conveniente que sean guiadas por un sacerdote o un diácono» (cf. AQUI)

Partiendo de una correcta visión teológica de comprensión del pecado y sus consecuencias, todo creyente tiene la posibilidad de invocar a Dios para la liberación y curación de sus males, así como pedir a sus hermanos oraciones por esta intención. Ya sea que estos males hayan afectado al espíritu o al cuerpo, con una sabia confianza en Cristo médico celestial, los fieles deben utilizar todos los remedios que la gracia y la ciencia humana ponen a disposición para poder aliviar en lo posible tales sufrimientos. En consecuencia, al discernir entre las diferentes dolencias y sus posibles curas, los fieles podrán recurrir a un sacerdote, a un médico u otro especialista en función de su situación actual de enfermedad, sin excluir que todas estas figuras puedan trabajar en comunión para alcanzar una feliz resolución del problema. En este sentido, recordemos una de las piedras angulares de la pastoral de la salud que dice que donde no es posible sanar, siempre es posible y necesario curar.

Las Oraciones de liberación y de curación deben formularse adecuadamente en un contexto de plena fidelidad al depósito de la fe de la Iglesia católica, en comunión con el Magisterio, en obediencia a los sagrados pastores y con firme atención de no caer en formas desviadas y ambiguas que puedan generar equívocos o malentendidos, como se indica en el último documento de la Congregación para la Doctrina de la Fe ya citado.

Sólo incluyendo la liberación en un camino sacramental podremos entonces proceder a preguntarnos cuándo es apropiado recurrir a las llamadas Oraciones de Liberación. Ya he tenido oportunidad de explicar que el camino de liberación y lucha contra el Diablo es muy complejo y comienza con el Sacramento del bautismo, en ese camino diario de conversión y cambio de mentalidad que constituye la base sólida de una vida nueva en el Espíritu Santo, en el que a imagen del Hijo, el Espíritu Santo se derrama en nuestra alma y la voz del Padre nos reconoce como hijos amados (cf. MT 3,17; MC 1,11; LC 3,22). Resucitados como nuevas criaturas en las aguas del bautismo, somos igualmente conducidos al desierto para afrontar en batalla cara a cara, al espíritu del mal. En Cristo ya tenemos la victoria, su divina humanidad fortalece nuestra humanidad; su divino Espíritu es el mismo espíritu que se nos ha sido dado y con el que podemos decir cada vez que somos tentados: «¡Vete, Satanás!» (cf. MT 4,10).

Del Sacramento del Bautismo pasemos al Sacramento de la Confesión en el que el Espíritu Santo nos habla como al hijo pródigo y nos invita a regresar al hogar paterno para revestirnos de esa dignidad filial que hemos perdido por el pecado (Assistir LC 15,17-20). De fato, es precisamente el pecado el que aleja al hombre de Dios, hasta el punto de convencerlo de que el Padre es un obstáculo para la felicidad plena y la plenitud liberadora. En el momento en que el hombre, con sus actos históricos concretos y con sus pecados actuales, abre voluntariamente la puerta de su corazón a la acción ordinaria del maligno, el pecado queda consumado. Y el pecado arrastra al pecado, la repetición de los mismos actos genera el vicio, del que derivan inclinaciones perversas que oscurecen la conciencia, la alteran y llevan al hombre a la incapacidad de evaluar y elegir entre el bien y el mal (cf. Catecismo de la Iglesia Católica, n. 1865).

El camino sacramental que lleva del bautismo a la confesión culmina con la Eucaristía y la Santa Misa. De fato, el camino de la liberación no se detiene sino que continúa de manera muy especial en la Eucaristía, en ese banquete divino de la Santa Misa en el que se realiza la presencia verdadera, real y sustancial de nuestro Redentor. En su verdadero Cuerpo, en su verdadera Sangre, en su verdadera alma y en su divinidad sigue venciendo el poder del maligno ― pecado y muerte ― y con su propia persona vence a quien es la encarnación misma de lano personay conduce al hombre hacia una despersonalización humana y divina.

Ciertos pecados actuales, con los consiguientes vicios, entrañan una clara responsabilidad personal del hombre ― el interrogativo divino por la culpa de los progenitores y por el asesinato de Abel es bien elocuente: «¿Qué has hecho?» (cf. GN 3,13; 4,10) ―, una culpa evidente, que sólo y únicamente puede ser recuperada en el momento en que es desatada con el poder de las llaves que Jesús entregó a Pedro (cf. MT 16,18-19) y que en el foro sacramental se representa con la absolución. Si prestamos atención, estamos ante la celebración de un verdadero exorcismo, el acto supremo de liberación del hombre, que no es sólo una liberación invocada, sino objetivamente realizada en la realidad.

Creo que es útil saber que el nuevo Misal Romano en el apartadoMisa y oraciones para las diversas necesidadesincluye varias formas específicas para la celebración de la Santa Misa que tienen por objeto los enfermos y moribundos (n. 45-46) para luego pasa a todas aquellas situaciones espirituales de necesidades diversas que podrían ser consecuencia de la intervención del espíritu del mal y del pecado arraigado y endurecido (n. 48 apartado A-B-C).

Teniendo presente esta visión sacramental de la liberación que abarca los tres primeros sacramentos del septenario, me permito tomar prestado un pensamiento del cardenal Mauro Piacenza:

«Los Sacramentos educan continuamente a la lucha: sobre todo los Sacramentos repetibles, aquellos que no imprimen carácter y que pueden celebrarse muchas veces en la vida, significan e indican plenamente la dimensión “agonística” ― de agonal― de la lucha contra el mal».

Este es precisamente este el punto focal del interrogativo que nos hacíamos al inicio de este párrafo: ¿qué tan decisivo es recurrir inmediatamente a las Oraciones de Liberación si no se es parte consistente de un camino sacramental? Sin un habitus sacramental preventivo es necesario evitar las Oraciones de Liberación, especialmente si no se siente su utilidad real, sin una cierta preparación por parte de quien intercede sobre la persona y sin una preparación preventiva y robusta por parte de quien las recibe.

Es necesario aclarar cómo la eficacia de los sacramentales (Exorcismo u Oración de Liberación) en los fieles depende de su vida sacramental. Son los Sacramentos los que imparten la fuerza liberadora y curativa a los sacramentales, que se insertan en esa fe afirmada y vivida diariamente por los fieles. No es casualidad que en la Santa Misa, en el Rito de la Comunión, el sacerdote antes del intercambio de la paz diga:

«Señor Jesucristo, que dijiste a tus apóstoles: “La paz os dejo, mi paz os doy”, no mires nuestros pecados, sino la fe de tu Iglesia, y conforme a tu palabra, concédele la paz y la unidad. Tú que vives y reinas por los siglos de los siglos. Amén”.

Es la fe que el Señor busca en nosotros, esa fe recibida en el bautismo, fortalecida en el reconocimiento de nuestros pecados y en el ejercicio de la caridad mutua, nutrida y aumentada por el Cuerpo y la Sangre de Cristo. Sin fe o falta de ella no hay ningún tipo de liberación o curación, sólo paliativos supersticiosos que muchas veces causan más daño que bien al alma y al cuerpo. Y en esta visión supersticiosa también podemos incluir las cosas santas, como el uso de los sacramentales y la devoción a los santos.

Cuando hablamos de Oraciones de Liberación corremos el riesgo de perdernos en una variedad de formas y contenidos verdaderamente diversos, por lo que es completamente consecuente preguntarnos: ¿qué Oraciones de Liberación hacer? Las colecciones de tales oraciones impondrían un orden que es ante todo de carácter teológico. De fato, la estructura de estas oraciones es extremadamente variada y a menudo resulta difícil rastrear su origen exacto: van desde aquellas aparentemente católicas, pasando por aquellas con un sabor devocional vinculado a algún místico o santo, o aquellas de estilo oriental que hacen un guiño al mundo griego y se incluyen las oraciones de algunas comunidades cristianas reformadas (basta mencionar la práctica de liberación, purificación y curación del árbol genealógico de Kenneth McAll) para terminar con las fórmulas con sabor claramente esotérico.

La ausencia de un canon transcrito constituye el problema más evidente, y de esto deriva la ausencia de una colección canónica aprobada sobre la cual basarse. Ésta es una de las cosas que más favorece la posibilidad de recurrir a una improvisación salvaje. Ciertamente los sacerdotes tienen la posibilidad de recurrir al Libro de Bendiciones que ofrece innumerables indicaciones, pero el campo de lucha contra el diablo y sus influencias es tan específico que requiere una mayor atención a fin de evitar la búsqueda morbosa de la suplica y la invocación más decisiva, aún a costa de traspasar la frontera entre ortodoxia y ortopraxis.

La Oración de la Liberación se delinea como una oración invocativa que pertenece a la esfera de los sacramentales. Esto hace necesario verificar al menos dos criterios en ella:

que sea aprobado por la autoridad eclesiástica competente;
que tenga en su composición una construcción dogmática y litúrgica muy precisa que no deja lugar a confusiones o malentendidos.

En el Directorio sobre la piedad popular y Liturgicuma, la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos establece:

«Aunque redactados con un lenguaje, por así decirlo, menos riguroso que para las oraciones de la Liturgia, los textos de las oraciones y fórmulas de devoción deben encontrar su inspiración en las páginas de la Sagrada Escritura, en la Liturgia, de los Padres y del Magisterio, y estar concordados con la fe de la Iglesia. Los textos estables y públicos de oraciones y de actos de piedad deben llevar la aprobación del Ordinario del lugar» (Documento integral AQUI: Introducion, 16).

La Oración de Liberación necesita ser una oración aprobada por la Iglesia precisamente por la delicadeza del tema, que necesariamente abarca en sí ese corpus de fe creída y profesada que bien resume aquel principio teológico según el cual la “a lei da oração” é “Lex credendi” y viceversa. Aunque Las Oraciones de Liberación no son oraciones litúrgicas propiamente dichas, por pertenecer un contexto celebrativo y litúrgico específico, esto no las exime de una composición menos precisa en los textos y contenidos.

Pero vayamos a lo concreto. En mis dos artículos anteriores ya tuve oportunidad de argumentar sobre la oración del Padre Nuestro que el mismo Señor enseñó a sus discípulos (cf. MT 6,9-13; LC 11,1-4) y como tal, está prefigurada no sólo como la primera Oración de Liberación sino sobre todo como oraciones por excelencia. Aparte de esto, sabemos que el nuevo Ritual de los Exorcismos contiene, en el Anexo II (núms. 1-10), una sección de oraciones para uso privado de los fieles que se ven obligados a luchar contra el poder de las tinieblas. Esta lista bien puede considerarse como una lista oficial y aprobada de oraciones que se deben decir en privado y que conciernen a todos aquellos que experimentan una acción del Diablo que va más allá de la acción ordinaria. Es razonable pensar, por tanto, que la ratio inspiradora de estas oraciones no concierne sólo a quienes ya están sometidos al exorcismo mayor, sino sobre todo a quienes se encuentran experimentando un particular ataque directo del Maligno.

Queriendo desequilibrarnos en la interpretación, podemos suponer que la mens de tales oraciones en el ritual no concierne sólo al creyente individual sino también a esa comunidad más amplia que se encuentra recorriendo los caminos de este mundo nuestro marcado por la herida del pecado y el combustible de la concupiscencia. En este sentido, es útil trazar una casuística esencial que pueda sugerir el recurso a una Oración de Liberación, como siempre ha hecho la Iglesia en muchas oraciones de letanías que concluyen con la invocación: libera nos Domine. Pensemos por ejemplo:

1) a la blasfemia frecuente y repetida;
2) al sentimientos de odio, resentimiento, destrucción y desesperación;
3) al endurecimiento en el pecado grave y el radicalización arraigada en hacer el mal;
4) a los conflictos devastadores en las familias;
5) a las situaciones de guerra y desastres naturales y epidemiológicos;
6) a aquellas situaciones de inmoralidad generalizada, profanación y escándalos que afectan también a la vida pública de un país o nación;
7) a la gestión malévola y desfigurante de las relaciones humanas y entre los pueblos;
8) a las persecuciones contra la Iglesia y los cristianos a causa de su fe en Cristo;
9) al atentado a la integridad de la vida humana débil e indefensa.

La casuística también podrían ser mucho más diversificada, pero el uso de un discernimiento preciso y maduro acompañado de la Iglesia se convierte en la mejor opción para aprender a distinguir el origen de la causa. Porque, si es cierto que determinadas situaciones no siempre tienen como causa directa al Diablo, también lo es que en el origen de tales males siempre está su acción engañosa y corruptora.

Enumerando las Oraciones de Liberación oficiales y aprobadas, en aras de la integridad argumentativa, creo que la Oración Universal que la Iglesia eleva a Dios el Viernes Santo es digna de mención. La décima intención, dedicada a todos los que están atribulados, dice lo siguiente:

«Oremos, queridos hermanos, a Dios Padre todopoderoso, para que libre al mundo de todos sus errores, aleje las enfermedades, alimente a los que tienen hambre, libere a los encarcelados y haga justicia a los oprimidos, concede seguridad a los que viajan, un buen retorno a los que se hallan lejos del hogar, la salud a los enfermos y la salvación a los moribundos.

Dios todopoderoso y eterno, consuelo de los afligidos y fortaleza de los que sufren, escucha a los que te invocan en su tribulación, para que todos experimenten en sus necesidades la alegría de tu misericordia. Por Jesucristo, nuestro Señor. Por Cristo nuestro Señor» (Oración X, Por los atribulados).

Esta súplica elevada el día en que la Iglesia recuerda la Pasión del Señor tiene un claro valor de Oración de Liberación. De fato, pedimos a Dios que sean eliminados todos los males y situaciones de fragilidad y peligro para los hombres, para alcanzar la victoria contra aquel que está en el origen de todo mal y pecado. Aunque forma parte de la liturgia oficial del Viernes Santo, nada impide que un creyente lo recite en privado y pida ayuda a Dios en diversas situaciones de tribulación para sí mismo y para los demás.

Por último, llegamos finalmente al problema del abuso pastoral en las Oraciones de Liberación. En la instrucción sobre las oraciones para obtener la curación de Dios, la Congregación requiere que dichas oraciones se realicen preferentemente en la iglesia u otro lugar sagrado y que sean dirigidas por un ministro ordenado. A diferencia del exorcismo que requiere obligatoriamente la presencia de un sacerdote, las Oraciones de Liberación, tal como las hemos entendido en este artículo, también pueden ser dirigidas por un diácono. Pero anticipo enseguida que esta elección impone cierta prudencia y garantías por las razones que explicaré más adelante.

La presencia del ministro ordenado no es simplemente importante sino precisamente indispensable para dirigir la oración, realizando el mandato que Cristo dio a aquellos a quienes envió de dos en dos para liberar y sanar (cf. LC 10,1-20). Por tanto, no se pueden promover oraciones públicas dirigidas por fieles laicos, quienes deben tener cuidado de no imponer manos ni hacer gestos reservados a los ministros ordenados, manteniéndose dentro de los límites y plazos establecidos por las disposiciones precisas dictadas por la Iglesia (cf. Bênçãos, Roma, 1992, 18).

Curación y liberación están unidas en una misma perspectiva teológica, como aclara la Sagrada Congregación para la Doctrina de la Fe y como es nuestro deber sacerdotal y pastoral recordar, porque es sólo el Señor «quien libera de todo mal» (cf. Sab 16,8) y en esta acción de la gracia los sufrimientos que acompañan a la enfermedad son también objeto del profundo deseo del hombre de una liberación total que afecta no sólo al componente corporal sino también al psíquico y espiritual (cf. arte. 1).

La Congregación tiene una voluntad normativa referida a a esas circunstancias de la oración pública, dejando fuera el ámbito de la vida de oración privada de los fieles, sabiendo que todo bautizado está llamado a que ruegue a Dios por los vivos y los difuntos y por la conversión propia y ajena. En cuanto a la elección del lugar, el contexto sagrado refuerza el deseo de permanecer unidos a la Iglesia y a sus pastores, además implementa pastoralmente lo que el Señor recomienda en la parábola del buen samaritano (cf. LC 10,25-37), en la que el infortunado viajero es alojado en la posada-hospital que representa a la Iglesia. La imagen de los bandidos es altamente simbólica y tiene un significado espiritual que fue descrito por los Padres de la Iglesia, quienes pudieron ver la obra del Diablo y sus Ángeles que despojan al hombre del manto de la inmortalidad y lo golpean con el arma del pecado hasta privarlo de la vida de la gracia.

Todos los demás lugares públicos que no sean una iglesia, una capilla o un oratorio son en sí mismos inadecuados; sería superfluo reiterarlo, pero es bueno hacerlo a la luz de la disciplina clara y precisa de la Iglesia, y ciertamente no de las opiniones personales. Así como algunos canales y vías de comunicación como teléfonos, móviles, cámaras web y similares no son adecuados. Infelizmente, se han producido y se siguen produciendo casos en los que los exorcismos se han llevado a cabo por teléfono, las Oraciones de Liberación por la radio o mediante el uso de diversos medios de comunicación, por no hablar de las giras de exorcismos y de liberación organizadas en los hoteles italianos los fines de semana con paquetes promocionales que ofrecen la liberación, la curación, la conversión o, como dirían un cohermano experimentados y ahora mucho desencantados:

«Al hacer uso de los oficios mágicos de ciertos chamanes carismáticos, no sólo se liberarán los difuntos de todo el árbol genealógico, sino también aquellos que deberán venir al mundo. De fato, gracias al poder del libertador que vaga de un hotel a otro, la posteridad ya ni siquiera necesitará el bautismo, porque, una vez que hayan recibido la imposición de manos de alguien golpeado en el cerebro, nacerán directamente sin pecado original».

Una situación pastoral que merece atención es la relativa a aquellos que son verdaderamente presas del Espíritu del Mal pero cuya situación de posesión, obsesión o vejación que aún no se ha manifestado. No es raro que, tras reuniones de oración por la curación o liberación, el Espíritu Maligno pueda manifestarse súbitamente, al verse forzado por el poder de la oración combinado con la fe de la asamblea orante. A menudo ni siquiera es necesaria una determinada oración de liberación, sino que basta una simple oración de alabanza o una invocación del Espíritu Santo para encontrarse en una situación similar a la que le sucedió a Jesús en la sinagoga de Cafarnaúm (cf. MC 1, 21-28; LC 4, 31-37).

Gestionar acontecimientos similares implica prudencia y fortaleza, combinadas con fe en Cristo y obediencia a la Iglesia. Debemos preguntarnos seriamente si en tales reuniones públicas de oración no debería existir la presencia preventiva de un exorcista formalmente designado y autorizado, que en nombre de Cristo y de la Iglesia pueda intervenir legalmente. Recordemos que afrontar el Espíritu del Mal sin ser exorcista, sin ser ministro ordenado y con la propia condición frágil es decididamente imprudente. El hombre no tiene poder sobre los demonios y la desproporción es la que existe entre una criatura angelical y una criatura humana. Es cierto que la historia de la Iglesia recuerda a hombres que supieron realizar exorcismos y liberaciones, pero esta realidad está determinada por su particular santidad de vida y por una especial asistencia de la divina providencia; me gusta recordar a San Antonio Abad, a San Benito de Nursia, a San Francisco de Asís, a Santa Clara de Asís, a San Salvador de Horta. Todos ellos no eran sacerdotes y no habían recibido el nombramiento de exorcistas pero sus vidas brillaban con esa santidad a la que ningún demonio podía resistir. Lo mismo puede decirse de San Pío de Pietrelcina, que luchó contra el diablo toda su vida, a pesar de no haber recibido nunca autorización para el ministerio de exorcista por parte del obispo diocesano y de su ministro provincial.

Para concluir: es responsabilidad de la Iglesia proteger la privacidad de aquellos que experimentan manifestaciones espirituales de influencia maligna con un acompañamiento rápido y libre de espectacularización indebida. Todas aquellas situaciones de protección de estos hermanos sufrientes deben ser tenidas en cuenta para que su liberación se produzca en un contexto confidencial. Por esta razón, debemos evitar llevar a estos hermanos que sufren a diversas giras de liberación, exponiéndolos al público para dar testimonios que a menudo tienen sabor a campañas publicitarias destinadas a aumentar lafamay el egocentrismo del carismático sanador o libertador, en lugar de buscar la estabilidad a través de un sacerdote que inicia el acompañamiento. Para ello es útil unirse a un grupo de oración que pueda ayudar en la batalla espiritual elevando fervientes intercesiones a Dios. Como sucede en algunas prácticas de psicoterapia, el camino de liberación y curación debe tener como objetivo volver a hacer al hombre autónomo y dueño de sí mismo. El terapeuta no debe atar al paciente a su persona, así como el sacerdote no debe atar al creyente a su persona ni a su carisma, obligándolo a recorrer un camino infinito de Oraciones de Liberación. Si después de un tiempo adecuado no se observan mejoras tangibles, si no se ha adquirido un habitus sacramental serio, si no hay pruebas particulares, entonces es mejor interrumpir estas oraciones y comenzar un discernimiento humano y espiritual más profundo.

En cualquier caso, el problema sigue siendo el mismo a lo largo de los siglos, sin haber perdido nunca su actualidad, como claramente destacó en su tiempo el beato apóstol Pablo escribiendo a su discípulo Timoteo:

«Porque vendrá tiempo cuando no soportarán la sana doctrina, sino que teniendo comezón de oídos, se amontanarán maestros conforme a sus propias concupiscencias; y apartarán de la verdad el oído y se volverán a las fábulas. Pero tú, sé sobrio en todo soporta las aflicciones, haz obra de evangelisa, cumple tu ministerio» (II Tempo 4, 1-5).

Sanluri, 25 de Marzo 2025

 

 

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Os Padres da Ilha de Patmos

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Se você não se converter, todos perecerão da mesma maneira – Se você não se converter, todos perecerão da mesma maneira

(Texto em inglês depois do italiano)

 

Homilética dos Padres da ilha de Patmos

SE NON VI CONVERTITE PERIRETE TUTTI ALLO STESSO MODO

È dovere permanente della Chiesa scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo, de modo a, Adequado para cada geração, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Il filosofo Filone di Alessandria (Alessandria d’Egitto, 20 a.C. circa – 45 d.C. cerca de) riporta in un suo scritto che Ponzio Pilato fu un governatore tirannico e duro, «inflessibile per natura e crudele per la sua ostinazione», e che durante il suo mandato non si contavano in Giudea «corruzioni, violenze, roubo, assalti, abusi sfrenati, continue esecuzioni senza processo e sconfinata, selvaggia crudeltà» (Legatio ad Gaium).

Di queste azioni abbiamo un ricordo anche nel Nuovo Testamento, al di fuori dei racconti della passione dove Pilato è maggiormente menzionato. Il versetto che apre il Vangelo di questa terza domenica di Quaresima ci riferisce di una notizia che solo il terzo Vangelo conosce (LC 13,1). Secondo alcuni commentatori, il fatto che Gesù fosse galileo potrebbe aver influito sul perché. Gli fu riferito proprio quel tragico evento. Leggiamo il brano:

«In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, cujo sangue Pilatos derramou com o de seus sacrifícios. Tomando o chão, Jesus disse-lhes:: "Você acha que esses galileus eram mais pecadores do que todos os outros galileus, por terem padecido tais coisas? Não, Te digo, mas a menos que você se arrependa, todos vocês vão perecer igualmente. Ou aquelas dezoito pessoas, em que a torre de Síloe desabou e os matou, Você acredita que eles eram mais culpados do que todos os habitantes de Jerusalém? Não, Te digo, mas a menos que você se arrependa, todos perecerão da mesma maneira ». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, mas ele achou. Então ele disse ao vinicultor: "Lá, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, Acho que nenhum. Tàglialo dunque! Por que deveria esgotar o solo?». Ma quello gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se não, lo taglierai» (LC 13,1-9).

Non solo Filone, ma anche lo storico Giuseppe Flavio, nelle sue Antichità Giudaiche, scrive che Pilato era solito agire con polso fermo, soprattutto se si trattava di sommosse, fino a essere pronto a uccidere senza pietà i rivoltosi. Quando è potuto accadere il fatto di cronaca riportato nel Vangelo? Per via della menzione dei sacrifici potrebbe essere avvenuto o mentre quegli ebrei si recavano al Tempio, oppure durante il sacrificio vero e proprio degli animali; in questo caso si tratterebbe di un atto sacrilego perpetuato durante una cerimonia religiosa. Comunque sia per Gesù è l’occasione per invitare alla conversione:

"Você acha que esses galileus eram mais pecadores do que todos os outros galileus, per aver subìto una tale sorte? Não, Te digo, ma se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo».

Alla medesima conclusione arriva commentando un altro fatto, la morte di diciotto uomini causata dal crollo di una torre. Il testo evangelico si apre con l’annotazione «in quello stesso tempo» (LC 13,1), che lega la pericope liturgica a ciò che la precede. Ovvero al discorso di Gesù sul discernimento del tempo e sulla capacità di giudicare l’oggi e ciò che è giusto (LC 12,54-57). È proprio in quel momento che alcuni si avvicinano a Lui per riportargli l’episodio violento. Sono fatti della storia che interpellano la coscienza, allora come oggi, e Gesù non si sottrae al discernimento e a un giudizio emesso però con un’ottica di fede. E il giudizio di Gesù è innanzitutto libero, svincolato dalla credenza diffusa ancora al suo tempo di un legame tra peccato e disgrazia.

Uscendo da questo antico schema teologico Gesù non solo dimostra la sua libertà interiore, ma anche la capacità di vedere uomini e non peccatori, vittime e non solo colpevoli, proponendo perciò una lettura degli eventi mossa dalla fede e non dal conformismo sia pure esso teologico o spirituale. Lo sprone dunque alla conversione, ripetuto due volte, «ma se non vi convertite…», è un invito a prendere sul serio la vita, ma anche le esigenze di Dio. Non che Dio mandi disgrazie al fine di convertirci, ma proprio perché queste accadono inevitabilmente, la persona di fede non si sottrae al discernimento e alla interpretazione, col conseguente rischio di prendere posizione. A questo proposito così si esprime il Concilio Vaticano II:

«È dovere permanente della Chiesa scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo, de modo a, Adequado para cada geração, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico» (A alegria e a esperança n. 4).

È la capacità di scoprire la mano di Dio, la sua Provvidenza si diceva un tempo, dietro gli eventi, anche quelli della vita di ciascuno. Così per Gesù sentir parlare di alcuni sediziosi uccisi da Pilato o di altri morti sotto un crollo non è l’occasione per vedere in quei fatti una punizione divina per i peccatori. Infatti lo stesso ripeterà a quelli che, nel Vangelo di Giovanni, gli domanderanno riguardo un nato cieco, su chi avesse peccato perché lui si ritrovi in quella condizione: «Né lui ha peccato, né i suoi genitori, mas isso pode ser se manifestem nele as obras de Deus " (GV 9,3).

Então Jesus, tralasciando la strada più facile, avvisa che si può imparare dagli eventi. Il fatto della morte di alcuni diviene avvertimento per altri: «Se non vi convertite, todos perecerão da mesma maneira ». In fondo anche la parabola del fico improduttivo pone un problema analogo. Questo albero di fico sembra vivo, ma in realtà è morto, poiché non produce nulla. Nel Vangelo lucano troviamo diversi esempi di persone che, metaforicamente, sono nella stessa condizione del fico della parabola; sembrano morti, ciononostante suscitano l’interesse del Signore il quale va in cerca di chi è perduto. È il caso di Zaccheo: «Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (LC 19,10); del figliol prodigo della parabola: «era morto, ed è tornato in vita» (LC 15,32); dello stesso malfattore crocifisso con Lui a cui Gesù promette: «Oggi sarai con me in paradiso» (LC 23,43).

In Gesù si rivela la pazienza divina e la misericordia che non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cf.. este 18, 23). Per compiere ciò il Signore rispetta i tempi del peccatore, come fa l’agricoltore con il suo richiamo alla cura e all’attesa: «Ma quello gli rispose: “Mestre, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se não, você pode cortá-la”. Mentre Giovanni Battista, all’inizio del Vangelo, aveva predicato un giudizio escatologico senza appello, pelo que: «la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco» (LC 3, 9); Jesus, em vez de, è il vignaiolo che non solo sa attendere, ma mostra di credere nel cambiamento e nella conversione del peccatore che sul momento non da frutti buoni o non ne da affatto. Di fronte al netto: «Taglialo!»; Gesù oppone il suo: «Lascialo» (aphes, ἄφες, em grego). Un verbo che fra i suoi significati principali ha quelli di lasciare libero, rimettere una colpa, condonare un debito. Così questa parabola in miniatura diventa un insegnamento importante per il tempo della Quaresima o per l’anno giubilare che si sta celebrando. Abbiamo bisogno di un tempo di conversione per giungere alla guarigione e alla liberazione. Forse non è un caso che subito dopo la parabola del fico per tre anni infruttuoso, Luca racconti di una guarigione: quella di una donna inferma da diciotto anni (LC 13,10-13).

bom domingo a todos!

do eremitério, 23 Março 2025

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Homiletics the Fathers of The Isle of Patmos

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IF YOU DO NOT CONVERT YOU WILL ALL PERISH IN THE SAME WAY

It is the Church’s permanent duty to scrutinize the signs of the times and interpret them in the light of the Gospel, de modo a, in a way suited to each generation, it can respond to men’s perennial questions about the meaning of present and future life and their mutual relationships.

 

 

 

 

 

 

 

 

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The philosopher Philo of Alexandria (Alexandria of Egypt, around 20 BC – around 45 TAIS) reports in one of his writings that Pontius Pilate was a tyrannical and harsh governor «inflexible by nature and cruel due to his obstinacy», and that during his mandate there was no shortage of «corruption, violence, theft, assaults, unbridled abuses, continuous executions without trial, savage cruelty” (Legatio ad Gaium).

We also have a memory of these actions in the New Testament, outside of the passion stories where Pilate is mostly mentioned. The verse that opens the Gospel of this third Sunday of Lent tells us of news that only the third Gospel knows (Página 13,1). According to some commentators, the fact that Jesus was a Galilean may have influenced why. That tragic event was reported to him. Let’s read the passage:

«At that time some people who were present there told him about the Galileans whose blood Pilate had mingled with the blood of their sacrifices. He said to them in reply, “Do you think that because these Galileans suffered in this way they were greater sinners than all other Galileans? By no means! But I tell you, if you do not repent, you will all perish as they did! Or those eighteen people who were killed when the tower at Siloam fell on them, do you think they were more guilty than everyone else who lived in Jerusalem? By no means! But I tell you, if you do not repent, you will all perish as they did!”. And he told them this parable: “There once was a person who had a fig tree planted in his orchard, and when he came in search of fruit on it but found none, he said to the gardener, “For three years now I have come in search of fruit on this fig tree but have found none. [assim] cut it down. Why should it exhaust the soil?” He said to him in reply, “Sir, leave it for this year also, and I shall cultivate the ground around it and fertilize it; it may bear fruit in the future. If not you can cut it down”» (Página 13, 1-9)

Not only Philo, but also the historian Josephus Flavius, in his Jewish Antiquities, writes that Pilate used to act with a firm hand, especially when it came to riots, to the point of being ready to mercilessly kill the rioters. When could the news event reported in the Gospel have happened? Due to the mention of sacrifices it could have happened either while those Jews were going to the Temple, or during the actual sacrifice of the animals; in this case it would be a sacrilegious act perpetuated during a religious ceremony. Em qualquer caso, for Jesus it is an opportunity to invite conversion:

«Do you believe that those Galileans were more sinners than all the Galileans, for having suffered such a fate? Não, I tell you, but if you do not convert you will all perish in the same way».

He reaches the same conclusion when commenting on another fact, the death of eighteen men caused by the collapse of a tower. The Gospel text opens with the annotationat that same time” (Página 13:1), which links the liturgical pericope to what precedes it. That is, Jesus speech on discernment of time and the ability to judge today and what is right (Página 12,54-57). It is precisely at that moment that some approach Him to report the violent episode. They are facts of history that challenge the conscience, then as today, and Jesus does not shy away from discernment and a judgment issued, no entanto, with a perspective of faith. And Jesus judgment is first and foremost free, free from the widespread belief still in his time of a link between sin and misfortune.

By moving away from this ancient theological scheme, Jesus not only demonstrates his inner freedom, but also the ability to see men and not sinners, victims and not just culprits, therefore proposing a reading of events driven by faith and not by conformism, be it theological or spiritual. The urge to conversion, assim sendo, repeated twice, “but if you do not convert…”, is an invitation to take life seriously, but also the needs of God. Not that God sends misfortunes in order to convert us, but precisely because these happen inevitably, the person of faith does not shy away from discernment and interpretation, with the consequent risk of taking a position. The Second Vatican Council expresses itself in this regard:

«It is the Church’s permanent duty to scrutinize the signs of the times and interpret them in the light of the Gospel, de modo a, in a way suited to each generation, it can respond to men’s perennial questions about the meaning of present and future life and their mutual relationships. De fato, we need to know and understand the world in which we live, its expectations, its aspirations and its often dramatic character” (A alegria e a esperança n. 4).

It is the ability to discover the hand of God, his Providence was once said, behind the events, even those of each one’s life. So for Jesus hearing about some seditious people killed by Pilate or others who died under a collapse is not an opportunity to see in those facts a divine punishment for sinners. Na verdade, he will repeat the same thing to those who, in the Gospel of John, ask him about a man born blind, about who had sinned for him to find himself in that condition:

«Neither did he sin, nor did his parents, but it was so that the works of God might be manifested in him» (Jh 9,3).

Jesus therefore, leaving aside the easier path, warns that we can learn from events. The fact of the death of some becomes a warning for others: «If you do not convert, you will all perish in the same way». After all, the parable of the unproductive fig tree also poses a similar problem. This fig tree appears alive, but in reality it is dead, as it produces nothing. In the Luke Gospel we find several examples of people who, metaphorically, are in the same condition as the fig tree in the parable; they seem dead, nevertheless they arouse the interest of the Lord who goes in search of the lost. This is the case of Zacchaeus: «For the Son of Man came to seek and to save what was lost» (Página 19,10); of the prodigal son of the parable: «he was dead, and is alive again» (Página 15,32); of the same criminal crucified with Him to whom Jesus promises: «Today you will be with me in paradise» (Página 23,43).

In Jesus, divine patience and mercy are revealed which does not want the sinner to die, but rather for him to convert and live (este 18, 23). To accomplish this, the Lord respects the times of the sinner, as the farmer does with his call to care and wait: «But he answered him: “Master, leave him again this year, until I have hoed around him and put the fertilizer. We’ll see if it bears fruit in the future; if not, you will cut it off”». While John the Baptist, at the beginning of the Gospel, had preached an eschatological judgment without appeal, para qual: «The ax is placed at the root of the trees; therefore every tree that does not bear good fruit is cut down and thrown into the fire» (Página 3,9).

Jesus, por outro lado, is the vinedresser who not only knows how to wait, but shows that he believes in the change and conversion of the sinner who at the moment does not produce good fruit or none at all. In front of the net: «Cut it!»; Jesus replies: «Leave him» (aphes, ἄφες, in Greek). A verb which among its main meanings has those of setting one free, remitting a fault, forgiving a debt. Thus this miniature parable becomes an important teaching for the season of Lent or for the Jubilee year that is being celebrated. We need a time of conversion to reach healing and liberation. Perhaps it is no coincidence that immediately after the parable of the fig tree which was fruitless for three years, Luke tells of a healing: that of a woman who had been ill for eighteen years (Página 13,10-13).

Happy Sunday to everyone!

from the Hermitage, Março 23, 2025

 

 

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Caverna de Sant'Angelo em Maduro (Civitella del Tronto)

 

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Messer Silere não -posseiro e a história daquela costureira convencida de que ele pode dar a Giorgio Armani High Cailation Lições

NÃO POSSO FICAR EM SILÊNCIO E a história dessa costureira convencida de que ele pode dar a Giorgio Armani aulas de alta moda

Espero, De fato, espero que Messer Tacer não possa se limitar a escrever apenas aos bispos dos sacerdotes que se atrevem a levar a sério, Mas o que enviando uma carta também para o professor em geral da Ordem dos Catos Virgin, PIA Company na qual sou consagrado. Também graças a ser "resolvido" e "educado em afetividade", Embora esterilizado, Mas não para este ácido, em vez de, muito pelo contrário.

A cogitação de Hipácia

(No fondo: raccolta dei precedenti articoli)

Autor Hypatia Gatta Romana

Autor
Hypatia Gatta Roman

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Messer tacer eu não posso Ele ataca de maneira metódica e violenta, bispos, Comunicações da Santa Sé e todos os eclesiásticos e leigos que em várias capacidades não são bem -vindos e com o medo que escrevem em seu blog escondido por trás do anonimato total. Estamos muito além do direito legítimo de críticas, Como três anos de seus escritos se sentem incontestáveis.

Os principais títulos nobres Eu te dou de uma maneira munífica por Messer tacer que não posso: «idiotas», «analfabeto», "incompetente", "Incapaci", «Marcetari», "Solicitar", «frustrati falliti», «repressi irrisolti», "Pessoas que roubam salários". Então, se alguém se atreve a reclamar do câncer mortal com metástases espalhadas pelo lobby gay dentro da igreja, agora tragicamente poderoso, Existem duas reações usuais: "Eles são assuntos em relação à vida privada dos padres", "Eles são críticos movidos por homossexuais não resolvidos que não aceitam sua homossexualidade" (!?). Finalmente o fatídico fechado: «... e pagamos essas pessoas!». O que você paga não é conhecido, Por que nem o cardeal Mauro Gambetti, Archutriest of the Papal Archbasilical de São Pedro é muito vituperado por ele com Dezenas de artigos insultuosos, né Suor Raffaella Petrini, Presidente da província do estado da cidade do Vaticano, Insolente por ele com muito desenho animado irreverente, no qual ele a retratou vestida como uma governanta com a intenção de deixar as tarefas domésticas; nem Paolo Ruffini Prefeito do dicastery das comunicações, nem Andrea Tornielli Diretor da mídia do Vaticano, nem Matteo Bruni direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Eles nunca receberam um euro de salário de Messer tacer, eu não posso, Eles mesmos eles mesmos.

E ainda, Esse assunto de assédio, pode derrubar o tanque de lama em qualquer um, Mas ele é indiscutível. Caso contrário, ele pega papel, caneta e escreve cartas de protesto ao veneno aos bispos dos sacerdotes ou religiosos que ousaram atentos a Sua Majestade fazendo perguntas precisas, transmitindo com a ocasião também lições improváveis ​​da lei canônica, questão de que é dito especialista eminente, mas acima de tudo convencido de ser até sério. Com isso com isso, os grandes assuntos eclesiais e eclesiásticos - que os bispos estão com muita ciúme de seus sacerdotes, tanto e os principais superiores são tão bem quanto são.

Critica e ataca os leigos e, acima de tudo, os leigos, esquecendo que ele é um leigo, Embora seja presumido dar lições sobre tudo para Os ministros do sagrado, mesmo em … "Educação para a afetividade" (!?). Do topo alto dele 29 Ele fala sobre Formação do clero, Tema que faria oitenta -Sacerdotes do ano tremer que dedicaram uma vida inteira a este delicado ministério. No último de seus artigos, ele ensina religiosos e membros de ordens históricas a serem verdadeiramente e dignas (cf.. WHO).

Atitudes desse tipo lembram essa costureira provincial desprovido de senso de medição, Mas talvez também dos ridículos, que alegou ensinar Giorgio Armani a cortar e costurar as jaquetas masculinas. Dele, Rei Giorgio, que a jaqueta masculina reinventou!

Disse isto Espero, De fato, espero que Messer Tacer não possa se limitar a escrever apenas aos bispos dos sacerdotes que se atrevem a levar a sério, Mas o que enviando uma carta também para o professor em geral da Ordem dos Catos Virgin, PIA Company na qual sou consagrado. Também graças a ser "resolvido" e "educado em afetividade", Embora esterilizado, Mas não para este ácido, em vez de, muito pelo contrário.

 

a Ilha de Patmos, 21 Março 2025

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Nossos artigos anteriores:

– 12 fevereiro 2025 — O gambá é o conhecimento do Vaticano, pois Henger está em castidade e, como seu falecido marido Riccardo Schicchi está trabalhando Confissões De Santo Agostinho (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 15 Janeiro 2025 — NAS FRONTEIRAS CLERICAIS COM A REALIDADE: A MULHER SOFRE DE INVEJA FREUDIANA DO PÊNIS, O gambá da inveja de MATTEO BRUNI DIRETOR DA SALA DE IMPRENSA DA SANTA SÉ (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 20 Janeiro 2025 — O gambá ignora que uma freira pode facilmente se tornar governador do estado da cidade do Vaticano, Como já era Giulio Sacchetti (Para abrir o artigo Clique QUeu)

– 22 novembro 2024 — A NOMEAÇÃO EPISCOPAL DE RENATO TARANTELLI BACCARI. QUANDO VOCÊ É AFETADO PELO CÂNCER DE FÍGADO, COBRAM NO ATAQUE AQUELES QUE NÃO PODEM FICAR EM SILÊNCIO (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 31 Posso 2024 — NOTA DO PADRE ARIEL NO SITE NÃO POSSO FICAR EM SILÊNCIO: «MOLESTO COME UN RICCIO DI MARE DENTRO LE MUTANDE» (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 8 dezembro 2023 — QUEM É MARCO FELIPE PERFETTI REFERENDO-SE À DECLARAÇÃO DO SITE NÃO POSSO FICAR EM SILÊNCIO «AQUI NO VATICANO… NÓS NO VATICANO…», SE VOCÊ NÃO PODE NEM PÔR OS PÉS NO VATICANO? (Para abrir o artigo Clique WHO)

– 14 Outubro 2023 — O ARCABOT EMÉRITO DE MONTECASSINO PIETRO VITTORELLI MORRE: A PIEDADE CRISTÃ PODE APAGAR A TRISTE VERDADE? (Para abrir o artigo Clique WHO)

 

 

 

 

 

Bem-aventurada Virgem Maria Gattara, protetor dos gatos católicos

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Bento XVI e Dario Argento. O Santo Padre Francesco permanece na cadeira de Pietro e evite outro trauma-benedict xvi e o diretor de cinema Dario Argento. Que o santo padre Francisco nos evite outro trauma

(italiano, Inglês)

 

Bento XVI e Dario Argento. IL SANTO PADRE FRANCESCO RIMANGA SULLA CATTEDRA DI PIETRO E CI EVITI UN ALTRO TRAUMA

Se il Santo Padre Francesco, com um ato muito pessoal, legittimo e non soggetto a discussione e accettazione da parte di alcuna autorità ― non esistendo nella Chiesa e nel mondo autorità superiore alla sua ― dovesse decidere di fare atto di rinuncia, aggraverebbe il nostro trauma e darebbe vita a una disastrosa consuetudine: il papato come un prodotto con data di scadenza.

- Notícias da Igreja -

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È sempre importante spiegare il significato delle parole, anche quando potrebbe apparire superfluo.

Nel linguaggio corrente, parlato e scritto, certi termini hanno perduto non solo il loro etimo originario, addirittura vengono usati in accezione negativa. Cosa questa che avviene persino all’interno della Chiesa, dove sempre più spesso capita di udire ecclesiastici affermare che necessitiamo di «meno dogmi e più Chiesa di base», lamentando «forme di eccessivo attaccamento alla dottrina», oppure esponendo al pubblico ludibrio un prete o un teologo definito con sprezzo «tridentino».

Riguardo il concetto «meno dogmi più Chiesa di base», è necessario chiarire che, se assim for, i primi a sbagliare sarebbero stati i Padri del Concilio di Nicea del 325, seguito pochi decenni dopo dal Concilio di Costantinopoli del 381. La loro ossessione verso i dogmi fu infatti così forte sino a dar vita al Simbolo di Fede noto come Niceno-Costantinopolitano, un concentrato di dogmi cristologici e trinitari che ci ostiniamo a recitare ogni domenica nel Credo, attraverso il quale, oltre a non comprendere la «Chiesa di base», si rigetta persino il pluralismo e il relativismo religioso affermando in modo arrogante: "Eu acho que a única Igreja, santa católica e apostólica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati». Un vero e proprio esclusivismo non includente che grida vendetta al cielo!

Nosso, lungi dall’esser «di base», è però l’esatto opposto: una Chiesa di vertice per sua natura fondativa. Cristo stesso mise al suo vertice Simone detto Pietro, dal quale tutto procede con effetto a cascata, dall’alto verso il basso (cf.. MT 16, 13-20).

Usare il termine «tridentino» come un insulto, denota una mancanza di cultura cattolica preoccupante, basterebbe conoscere i rudimenti della storia per sapere in quali condizioni di decadenza era sprofondata la Chiesa tra il XV e il XVI secolo e quale degrado morale affliggeva il clero, assieme all’ignoranza. L’opera di questo grande concilio fu straordinaria sotto tutti gli aspetti dottrinali, giuridici, pastoral, formativi, disciplinari e morali.

Nella pudibonda società del politicamente corretto esistono vari termini svuotati del proprio significato e riempiti d’altro, per poi essere usati in accezione dispregiativa e offensiva. Ma ecco un esempio davvero eclatante. Se usando Office365 digitiamo la parola “gesuita” e cerchiamo i sinonimi, il programma di scrittura indica i seguenti sinonimici: «ipocrita, fariseu, farisea, simulatore, simulatrice». Em vez, se digitiamo la parola “ebreo” e cerchiamo i sinonimi, lo stesso programma indicherà questi sinonimici: «ebraico, giudaico». E qui va ricordato che nei dizionari tedeschi degli anni Trenta del Novecento, come sinonimi della parola “ebreo” erano indicati questi termini: «heuchlerisch, Pharisäer, Simulator» (hipócrita, fariseu, simulatore). E con ciò dobbiamo prendere atto che i moderni nazisti del XXI secolo hanno trasferito su altri oggetti le loro vecchie sinonimie odiose: pelos judeus, che in quanto tali sono figli di un Dio maggiore, oggi intoccabili, le stesse terminologie sono state trasferite sui gesuiti che, essendo figli di un dio parecchio minore, sono toccabili e possono essere insultati allo stesso modo in cui i nazisti degli anni Trenta del Novecento insultavano gli ebrei.

Per comunicare occorre un linguaggio, princípio che può suonare pressoché scontato ma che tale non è affatto, molte sono le persone che, pur parlando la stessa lingua, alle parole danno un significato completamente diverso. Questo ci obbliga a chiarire e spiegare il significato delle parole che s’intendono usare. Exemplo: alla parola “castigo” do un significato teologico legato alla sua corretta etimologia derivante dai termini latini casto e ăgere da cui nasce la parola castigare, che significa “rendere puro” o “purificare”. Nulla a che vedere con azioni punitive o vendicative, nel lessico biblico e teologico il castigo è un’azione di grazia della misericordia divina, ossia un atto d’amore, Por que, come sta scritto nel Libro di Tobia:

«Benedetto Dio che vive in eterno
il suo regno dura per tutti i secoli;
Egli castiga e usa misericordia,
fa scendere negli abissi della terra,
fa risalire dalla Grande Perdizione
e nulla sfugge alla sua mano» (tuberculose 13, 2).

La parola tràuma, derivado do grego τραῦμα (-ατος), che alla lettera significa “ferita”, comincia a essere usata nella letteratura medica attorno al 1650, in quella psicologica a partire dal 1889 grazie principalmente alle ricerche del neuropatologo viennese Sigmund Freud. Diverse sono le forme di trauma inteso nel suo più aderente significato di “ferita”. Claro, le forme più gravi, non sono legate alle ferite fisiche, ma a quelle psicologiche, a quelle spirituali. E noi siamo stati ampiamenti traumatizzati dal Sommo Pontefice Benedetto XVI che ci ha resi spettatori e protagonisti di un evento storico che molto raramente la Chiesa ha conosciuto: la rinuncia di un Romano Pontefice.

Mediante usi errati delle parole l’atto di rinuncia al pontificato ha preso presto il nome improprio e fuorviante di «dimissioni». Dato che ciò non bastava, Benedetto XVI rincarò la dose lanciando l’espressione tragicamente infelice di «papa emerito». Il modo insolito, sotto molti aspetti stravagante, attraverso il quale è avvenuto ed è stato ufficializzato questo legittimo atto di rinuncia, ha dato lavoro ai complottisti sparsi per tutto l’orbe terracqueo, fomentando le teorie folli di alcuni poveri preti fuori equilibrio e di qualche cantante lirico di scarso successo che si è messo a giocare al Dan Brown de noartri dando alle stampe un improbabile Codice Ratzinger, ribattezzato prontamente dal sottoscritto Código Katzinger.

O Santo Padre Francis, ricoverato presso il Policlinico romano Agostino Gemelli, si è ritrovato più volte tra la vita e la morte nel corso delle ultime quattro settimane. Attualmente pare sia fuori pericolo e dopo un mese circa gli specialisti hanno sciolto la prognosi. Se il Santo Padre uscirà e farà ritorno presso la sua residenza in Vaticano, sarà un uomo anziano molto fragile e profondamente indebolito, con problemi di deambulazione e difficoltà nel respirare e parlare, propenso ad affaticarsi al minimo sforzo fisico, bisognevole di essere monitorato e curato in modo costante.

Per governare la Chiesa può bastare che un Romano Pontefice sia semplicemente in vita, anche se impossibilitato a muoversi e a dire poche parole sottovoce, ad apparire in pubblico e a ricevere persone. Per recare invece dei traumi può bastare mettere in atto quel che Benedetto XVI portò sulla scena della nostra storia nel febbraio del 2013, non tanto col suo legittimo e valido atto di rinuncia, ma con le modalità scelte, risultate alla prova dei fatti: infelici, fuorvianti e imprudenti.

I detrattori del Sommo Pontefice Francesco si stracciano tutt’oggi le vesti per la effige della famigerata Pachamama fatta entrare in Vaticano nell’agosto del 2020 durante il Sinodo sull’Amazzonia. Forse sarebbe più opportuno e coerente rammaricarsi per la eccentricità di Benedetto XVI che in Vaticano fece entrare il regista Dario Argento, donandoci un film dell’horror intitolato non a caso Trauma, con una sceneggiatura interamente costruita su pensieri deliranti che andavano dalle «dimissioni» ai «papi emeriti», dal «papato attivo e papato contemplativo» sino al «papato allargato» (!?) … D’altronde, ognuno tortura, sgozza e sparge sangue sul proprio set cinematografico come meglio può. Então, se entra in ballo la perversa psicologia del romanticismo tedesco decadente, a quel punto i limiti si perdono e i freni inibitori pure. Con la differenza, Mas, che quella del Maestro Argento è finzione, quella di Benedetto XVI è stata nostra tragica realtà ecclesiale.

Se con un atto personalissimo, legittimo e non soggetto a discussione e accettazione da parte di alcuna autorità ― non esistendo nella Chiesa e nel mondo autorità superiore alla sua ― il Santo Padre Francesco dovesse decidere di fare atto di rinuncia, aggraverebbe il nostro trauma e darebbe vita a una disastrosa consuetudine: il papato come un prodotto con data di scadenza. Prego e spero che questo non avvenga e che rimanga sulla cattedra del Beato Apostolo Pietro sino alla morte, perché il Dario Argento portato sulla scena da Benedetto XVI, ci è bastato e avanzato per i prossimi cinquecento anni.

Da ilha de Patmos, 19 Março 2025

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BENEDICT XVI AND THE FILM-DIRECTOR DARIO ARGENTO. MAY THE HOLY FATHER FRANCIS AVOID US ANOTHER TRAUMA

If the Holy Father Francis, with a very personal act, legitimate and not subject to discussion and acceptance by any authoritythere being no authority superior to his in the Church and worldwere to decide to make free and unquestionable act of renunciation, he would aggravate our trauma and give rise to a disastrous custom: the papacy as one product with expiration date.

- realidade eclesial -

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It is always important to explain the meaning of words, even when it might seem superfluous.

In current language, spoken and written, certain terms have lost not only their original etymology, but are used in a negative sense. This is that happens even within the Church, where often we hear ecclesiastics affirm that we need «less dogmas and more basic Church», lamenting «excessive attachment to doctrine», or exposing to ridicule a priest or a theologian scornfully defined as «Tridentine».

Regarding the concept of «less dogmas, more church of basic», it is necessary to clarify that, if this were the case, the first to err were the Fathers of the Council of Nicaea in the year 325, followed a few decades later by the Council of Constantinople in the year 381. Their obsession with dogma was in fact so strong that it gave birth to the Symbol of Faith known as the Nicene-Constantinopolitan, a concentration of Christological and Trinitarian dogmas that we insist on reciting every Sunday in the Creed, through which, in addition to not understanding the «church of basic», we even reject pluralism and religious relativism by arrogantly stating: «I believe in one, holy, catholic and apostolic Church. I profess one baptism for the forgiveness of sins». Horror! A true non-inclusive exclusivism that cries out to heaven for vengeance!

Ours Church, is’ntof basic”, is the opposite: for very nature foundative is Church of vertex. Christ himself placed at its vertex Simon called Peter, from whom everything proceeds with a cascade effect, from the top to the bottom (MT 16, 13-20).

Using the termTridentineas an insult, denotes lack of Catholic culture, it would be enough to know the rudiments of history to know into what conditions of decadence the Church had sunk between the 15th and 16th centuries and what moral degradation afflicted the clergy, together with ignorance. The work of this great council was extraordinary in all doctrinal, juridical, pastoral, formative, disciplinary and moral aspects.

In the prudish society of political correctness, there are various terms emptied of their meaning and filled with something else, used in a derogatory and offensive sense. But here is a example. If we use Office365 to type the word “Jesuit” and look for synonyms, the writing program indicates the following synonyms: «hypocrite, Pharisee, simulator». Instead, if we type the word “Jew” and look for synonyms, the program indicate these synonyms: «Jewish, Judaic». And here it should be remembered that in the German dictionaries of the 1930s, the following terms were used as synonyms of the word “Jew”: «heuchlerisch, Pharisäer, Simulator» (hypocrite, Pharisee, simulator). The modern Nazis of the 21st century have transferred their old hateful synonyms to other subjects: from the Jews, who as such are children of a greater God, today untouchable, the same terminologies have been transferred to the Jesuits who, being children of a much lesser God, are touchable and can be insulted in the same way in which the Nazis of the 1930s insulted the Jews.

To communicate, you need a language, a principle that may sound almost obvious but is not at all, many people, even though they speak the same language, give words a completely different meaning. This forces us to explain the meaning of the words that are intended to be used. Por exemplo: to the wordpunishmentI give a theological meaning linked to its correct etymology deriving from the Latin termscasto” e “ăgerefrom which the word castigare comes, que significa “to make pure” ou “to purify”. Nothing to do with or vengeful actions, in the biblical and theological lexicon punishment is an act of grace of divine mercy, an act of love, because, as it is written in the Book of Tobit:

«For he afflicts and shows mercy,
casts down to the depths of Hades,
brings up from the great abyss.
Give thanks to him, you Israelites,
in the presence of the nations,
for though he has scattered you among them,
even there recount his greatness» (tuberculose 13, 2).

The word tràuma, derived from the Greek τραῦμα (-ατος), which means “wound”, began to be used in medical literature around 1650, in psychological literature starting in 1889, thanks mainly to the research of the Viennese neuropathologist Sigmund Freud. There are different forms of trauma understood in its most adherent meaning of “wound”. Certainly, the most serious forms are not linked to physical wounds, but to psychological, spiritual ones. We have been extensively traumatized by the Supreme Pontiff Benedict XVI who made us spectators and protagonists of a historical event that the Church has very rarely known: the renunce of a Roman Pontiff.

Through incorrect uses of words, the act of renunce from the pontificate soon took the improper and misleading name of «dimissions». Since this was not enough, Benedict XVI doubled the dose by launching the unfortunate expression of «pope emeritus». The unusual, and in many ways bizarre, way in which this legitimate act of renunciation occurred has given work to conspiracy theorists all over the globe, fomenting the crazy theories of some poor, unbalanced priests and some fantasists who have started playing at being the Dan Brown of the situation.

O Sumo Pontífice Francisco, hospitalized at the Agostino Gemelli Polyclinic in Rome, has found himself between life and death several times over the last four weeks. In the present time appears to be out of danger and after about a month the specialists have loose the prognosis. If the Holy Father leaves and returns to his residence in the Vatican, he will be and profoundly weakened elderly man, with walking problems and difficulty breathing and speaking, prone to fatigue at the slightest physical effort, in need of constant monitoring and care.

To govern the Church, it may be enough for a Roman Pontiff simply to be alive, even if unable to move and say a few words in a whisper, to appear in public and receive people. To cause trauma, no entanto, it may be enough to implement what Benedict XVI brought to the stage of our history in February 2013, not so much with his legitimate and valid act of renunciation, but with the methods chosen, which proved to be unfortunate, misleading and imprudent when put to the test.

The detractors of the Supreme Pontiff Francis are still tearing their clothes over the effigy of the Pachamama brought into the Vatican in August 2020 during the Synod on the Amazon. Perhaps it would be more appropriate and coherent cry tears for the eccentricity by Benedict XVI who brought the famous Italian director Dario Argento into the Vatican, giving us a horror film not coincidentally entitled Trauma, with a screenplay entirely built on delusional thoughts that ranged from «resignations» to «popes emeritus», from the «active papacy and contemplative papacy» to the «extended papacy» (!?) … After all, everyone tortures, slaughters and sheds blood on their own film set as best they can. Então, if the perverse psychology of decadent German romanticism comes into play, at that point the limits are lost and so are the inhibitions. With the difference: that of film-director Dario Argento is fiction by horror films, that of Benedict XVI was our tragic ecclesial reality.

If the Holy Father Francis, with a very personal act, legitimate and not subject to discussion and acceptance by any authoritythere being no authority superior to his in the Church and world – were to decide to make free and unquestionable act of renunciation, he would aggravate our trauma and give rise to a disastrous custom: the papacy as one product with expiration date. I pray and hope that this does not happen and that he remains on the chair of the Blessed Apostle Peter until his death, because the Dario Argento brought to the scene by Benedict XVI has been more than enough for the next five hundred years.

Da ilha de Patmos, Março 19, 2025

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Os Padres da Ilha de Patmos

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Ele vai transfigurar nosso corpo mortal para a imagem de seu corpo glorioso – Ele transfigurará nosso corpo mortal por imagem de seu corpo glorioso

(Texto em inglês depois do italiano)

 

Homilética dos Padres da ilha de Patmos

EGLI TRASFIGURERÀ IL NOSTRO CORPO MORTALE A IMMAGINE DEL SUO CORPO GLORIOSO

"Maestro, É bom estarmos aqui. Vamos fazer três cabanas, um para você, Um para Moisés e outro para Elìa ". Ele não sabia, Mas, O que ele disse …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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La tradizione ha conservato l’episodio, giustamente famoso, della Trasfigurazione di Gesù sul monte, dove si ripete l’epifania celeste del battesimo, stavolta a beneficio di pochi discepoli.

Il racconto, nella sua attuale collocazione durante la vita di Gesù, oscura in parte il significato dell’evento, perché è Gesù stesso a condurre i discepoli sul monte dove subisce una trasfigurazione temporanea presentata come preannuncio del destino di morte e resurrezione che lo attende. È molto probabile che in origine si trattasse di un racconto di apparizione del Risorto, che Marco, il quale ha escluso dalla sua narrazione quei racconti, avrebbe inserito al centro del Vangelo, subito dopo la confessione messianica di Pietro, per bilanciare l’annuncio del destino di morte del Figlio dell’uomo (MC 8, 31) con la visione prolettica della sua glorificazione (MC 9, 2-13); una scelta che ne avrebbe determinato la collocazione anche in Matteo e Luca. A supporto di questa ipotesi sta il fatto che nel prosieguo dei tre racconti l’incomprensione dei discepoli nei riguardi di Gesù resta intatta, malgrado alcuni fossero stati testimoni di un evento tanto eclatante. Enquanto, collocato dopo la sua morte, il racconto assume un significato cruciale.

I tre discepoli ricevono, in uno stato di allentamento della coscienza vigile ― «gravati dal sonno», Pietro «non sa quel che dice» ― la rivelazione del Figlio dell’uomo in una forma trasfigurata dalla luce divina. È il punto di svolta: i discepoli, depois de sua morte, hanno la visione di Gesù collocato allo stesso livello di Mosè ed Elia, cioè di due figure bibliche già innalzate alla gloria celeste e ascoltano la proclamazione della sua elezione divina, la stessa che risuona al momento del battesimo. Finalmente i discepoli «sanno» chi è Gesù, ed è alla luce di tale comprensione che l’episodio storico del battesimo assume il suo «vero» significato di investitura divina. Tra i numerosi racconti di apparizioni del Risorto, quello della Trasfigurazione rappresenta, assim, nel modo più eloquente il processo attraverso il quale alcuni discepoli hanno raggiunto una comprensione superiore riguardo il significato della vicenda umana di Gesù dopo lo shock della sua morte. Leggiamolo:

“Cerca de oito dias depois desses discursos, Jesus levou Pedro consigo, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. E aqui, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; mãe, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: "Maestro, É bom estarmos aqui. Vamos fazer três cabanas, um para você, una per Mosè e una per Elìa”. Ele não sabia, Mas, O que ele disse. Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, quem disse: “Questi è il Figlio mio, o escolhido; escute ele!”. Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto» (LC 9,28-36).

Il brano della trasfigurazione, come già all’inizio accennato, è tra i più difficili da leggere e da collocare all’interno del percorso storico della vita di Gesù. Esso è ricco di suggestioni perché presenta molte e ricche allusioni ad avvenimenti e racconti dell’Antico Testamento.

L’annotazione temporale, collocata all’inizio, «otto giorni dopo», mentre gli altri sinottici riportano: «sei giorni dopo», collega il racconto con quanto è appena accaduto. Gesù ha terminato il suo primo annuncio della passione, mãe, almeno secondo Matteo e Marco, ma non Luca, ha anche ricevuto una cocente delusione da Pietro. Se poco prima l’aveva riconosciuto come Messia, ora invece gli consiglia, prendendolo da parte, di non recarsi a Gerusalemme, perché il Cristo non avrebbe dovuto morire. Simone, sulla bocca di Gesù, diviene come Satana. Per questa ragione molti commentatori moderni aggiungono all’interpretazione tradizionale che vede nella presenza di Mosè ed Elia accanto a Gesù un significato teologico, essi incarnerebbero la Legge ed i Profeti, anche un’altra motivazione. Questi due personaggi porterebbero a Gesù quella consolazione di cui aveva bisogno. Le biografie di Elia e Mosè, na verdade, ci riportano quanto i due hanno dovuto passare e ciò fa si che conoscano quanto Gesù sta per attraversare. Ambedue hanno vissuto prove ardite fino a chiedere a Dio perfino di morire. Mosè in É 32,32 subito dopo la vicenda del vitello d’oro si rivolge al Signore implorando il perdono per il suo popolo: «se tu perdonassi il loro peccato… Altrimenti, cancellami dal tuo libro che hai scritto!». Elia in 1Ré 19,4: «Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei mie padri». Tutti e due infine hanno avuto cocenti delusioni, per le quali è loro concessa la visione di Dio (cf.. É 33,21-22; 1Ré 19,13).

La presenza dei due personaggi non è dunque solo per i discepoli, ma è la consolazione per il Figlio che sta per andare a Gerusalemme. Gesù deve essere confortato e rafforzato riguardo il suo «esodo», ovvero il suo futuro prossimo; allo stesso modo farà l’angelo al Getsemani, secondo il racconto di Luca, nel momento della lotta estrema (LC 22,43-44).

Os três evangelhos sinóticos provano a spiegare quanto è accaduto sul Tabor, il monte della Galilea dove, sin dal 348, secondo Cirillo di Gerusalemme, sarebbe avvenuta la Trasfigurazione e descrivono a loro modo quella trasformazione. Sia Matteo che Marco usano un verbo al passivo, il cosiddetto «passivo teologico»: «fu trasformato»; il che lascia intendere che implicitamente fu Dio ad agire. para Marco, em particular, la Trasfigurazione riveste un ruolo importante per l’economia del suo scritto. Per lui non si tratta solo di ascoltare Gesù, "Este é o meu Filho, o amado: escute ele!» (MC 9, 7), ma anche di accogliere che Egli è veramente il Figlio. Pietro, dentro MC 8, 29, si era fermato ad una identificazione parziale, riconoscendo Gesù solamente come Messia: «Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo». La voce sul Tabor, em vez de, rimarca che Gesù è effettivamente il Figlio, secondo il nome che già Gli era stato conferito al battesimo. Questo elemento, por si, non ha riscontro invece nel racconto di Matteo, dove Pietro aveva già visto in Gesù sia il Messia che il Figlio: "Tu és o Cristo, o Filho do Deus vivo " (MT 16,16).

Per l’evangelista Luca, no fim, la Trasfigurazione non è solo un momento di consolazione per Gesù o il modo in cui Pietro deve comprendere chi fosse Gesù ed il suo destino. Luca introduce anche il motivo della gloria che si manifesta. Solo questo evangelista, na verdade, insiste per due volte su questo termine: «gloria» (v. 31 e 32). In tal modo Gesù, sul monte, prefigurando ai discepoli quello che sarà il suo destino, dopo il suo «esodo», lascia intendere che esso si compirà anche per loro, e per noi. L’annuncio della passione e morte di Gesù non è mai completo se ad esso non è associato quello della gloria, della risurrezione. Così anche la nostra sorte di credenti in Lui si compirà quando anche il nostro corpo, nossas vidas, saranno trasfigurate e anche noi, come già Pietro, Giovanni e Giacomo, vedremo il Risorto «così come egli è» (1GV 3, 2), non solo nella sua forma umana, ma nella sua più completa realtà. La trasformazione di Gesù è lo svelamento della personalità profonda di Gesù, quella dell’eletto, del Figlio unigenito ed è anche profezia della nostra futura trasformazione.

A ragione di ciò vorrei sottolineare quanto sia ricorrente, nel brano odierno, il verbo vedere, che torna più volte ed in diverse forme (v. 27.30.31.36), così come il termine: Escute (v. 35). Essi descrivono bene la condizione attuale dei credenti che, graças à fé, possono vedere il Signore presente nei piccoli, nel prossimo o nei sacramenti dove, come scriveva Leone Magno: «è passato ciò che era allora visibile nel nostro Salvatore» (sermões 74,2). E oltre che vedere, lo possono anche ascoltare grazie alla Chiesa che ancora imbandisce la mensa della Sua parola.

para terminar, un ultimo dettaglio. Leggendo i brani della Trasfigurazione, solo Luca ci fornisce almeno un motivo per cui Gesù sale sul monte, ossia per pregare e la preghiera è, incidentalmente, anche uno degli impegni quaresimali più rilevanti. Luca è fra gli evangelisti colui che più degli altri insiste su questo aspetto e lascia pregare Gesù anche quando gli altri vangeli non lo dicono: al battesimo (LC 3,21: "Jesus, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera»); prima di scegliere i Dodici (LC 6,12: «In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio»); está aqui, para a Transfiguração: “Cerca de oito dias depois desses discursos, Jesus levou Pedro consigo, João e Tiago e subiram ao monte para orar" (LC 9,28).

Qualche giorno prima, secondo Marco e Matteo, Gesù aveva ricevuto uno smacco, proprio da Pietro. Luca ci passa sopra e racconta solo l’annuncio della passione e le dure esigenze che da quello discendono per il discepolo: «Se alguém quiser vir atrás de mim, você nega a si mesmo, toma a sua cruz todos os dias e segue-me » (LC 9, 23). Ma la reazione a tutto questo per Gesù è la preghiera che diviene l’occasione per fare unità, per raccogliere i sentimenti più intimi e lasciarsi guidare da Dio, anche se si dovranno attraversare le tempeste della vita. Alla fine dell’esperienza rimane solo una voce. La notazione finale del brano che riporta: «restò Gesù solo», «fu trovato solo» (inventus est Iesus solus); parla della condizione di Gesù anche durante la Trasfigurazione, ovvero durante la preghiera che i discepoli faticano a reggere. Sul monte della Trasfigurazione, dove è salito «per pregare», Gesù è solo, anche «mentre prega». La fatica dei discepoli, espressa da almeno tre annotazioni, ci suggerisce, per via negativa, tre tappe di una iniziazione, tre momenti di un cammino per entrare nel mistero della preghiera di Gesù. I discepoli sono gravati dal sonno, le loro palpebre cadono, gli occhi si chiudono e trapela la fatica anche somatica del pregare. Quindi Pietro pronuncia parole che appaiono confuse, tangenziali a ciò che è avvenuto. Afinal, tutti vengono presi da paura. Il loro non dire niente a nessuno con cui si chiude il racconto (LC 9,36) sembra il possibile inizio di qualcosa di nuovo e di positivo. Questo silenzio potrebbe essere il loro cominciare a custodire una solitudine interiore, indizio del pregare, ovvero capacità di ripensare e meditare gli eventi successi e cercarne un senso davanti a Dio. Come Maria che custodiva parole e fatti riguardanti suo figlio Gesù volgendoli e rivolgendoli nel suo cuore (cf.. LC 2,19.51).

bom domingo a todos!

do eremitério, 16 Março 2025

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Homiletics the Fathers of The Isle of Patmos

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HE WILL TRANSFIGURE OUR MORTAL BODY BY IMAGE OF HIS GLORIOUS BODY

«Master, it is good for us to be here. Let us put up three shelters — one for you, one for Moses and one for Elijah». He did not know what he was saying

 

 

 

 

 

 

 

 

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The old Tradition has preserved the famous episode of the Transfiguration of Jesus on the mountain, where the celestial epiphany of baptism is repeated, this time for the benefit of a few disciples.

The story, in its current location during the life of Jesus, partly obscures the meaning of the event, because it is Jesus himself who leads the disciples to the mountain where he undergoes a temporary transfiguration presented as a preannouncement of the destiny of death and resurrection that awaits him. It is very likely that it was originally a story of the appearance of the Risen One, which Mark, who excluded those stories from his narrative, would have inserted at the center of the Gospel, immediately after Peter’s messianic confession, to balance the announcement of the destiny of death of the Son of Man (Mk 8:31) with the proleptic vision of his glorification (Mk 9:2-13); a choice that would have determined its placement also in Matthew and Luke. Supporting this hypothesis is the fact that in the continuation of the three stories the disciples’ misunderstanding of Jesus remains intact, despite the fact that some of them had witnessed such a sensational event. While, placed after his death, the story takes on a crucial meaning.

The three disciples receive, in a state of slackening of waking consciousness ― «burdened by sleep», Peter «does not know what he is saying» ― the revelation of the Son of Man in a form transfigured by divine light. This is the turning point: the disciples, after his death, have the vision of Jesus placed on the same level as Moses and Elijah, two gloriosus biblical figures already raised to heavenly glory and they hear the proclamation of his divine election, the same one that resounds at the moment of baptism. Finally the disciples “conhecer” who Jesus is, and it is in the light of this understanding that the historical episode of the baptism takes on its “verdadeiro” meaning of divine investiture. Among the numerous accounts of apparitions of the Risen One, that of the Transfiguration therefore represents in the most eloquent way the process through which some disciples have reached a superior understanding regarding the meaning of the human story of Jesus after the shock of his death. Let us read it:

«About eight days after Jesus said this, he took Peter, John and James with him and went up onto a mountain to pray. As he was praying, the appearance of his face changed, and his clothes became as bright as a flash of lightning. Two men, Moses and Elijah, appeared in glorious splendor, talking with Jesus. They spoke about his departure, which he was about to bring to fulfillment at Jerusalem. Peter and his companions were very sleepy, but when they became fully awake, they saw his glory and the two men standing with him. As the men were leaving Jesus, Peter said to him, “Master, it is good for us to be here. Let us put up three shelters — one for you, one for Moses and one for Elijah” (He did not know what he was saying). While he was speaking, a cloud appeared and covered them, and they were afraid as they entered the cloud. A voice came from the cloud, saying, “This is my Son, whom I have chosen; listen to him”. When the voice had spoken, they found that Jesus was alone. The disciples kept this to themselves and did not tell anyone at that time what they had seen» (Página 9, 28-36).

The passage of the Transfiguration, as already mentioned at the beginning, is among the most difficult to read and to place within the historical path of Jesuslife. It is rich in suggestions because it presents many and rich allusions to events and stories of the Old Testament.

The temporal annotation, placed at the beginning, «eight days later», while the other synoptics report: “six days later”, connects the story with what has just happened. Jesus has finished his first announcement of the passion, mas, at least according to Matthew and Mark, but not Luke, he has also received a bitter disappointment from Peter. If shortly before he had recognized him as the Messiah, now instead he advises him, taking him aside, not to go to Jerusalem, because the Christ should not have died. Simon, in the mouth of Jesus, becomes like Satan. For this reason many modern commentators add another motivation to the traditional interpretation that sees a theological meaning in the presence of Moses and Elijah next to Jesus, they would embody the Law and the Prophets. These two characters would bring Jesus the consolation he needed. The biographies of Elijah and Moses, na verdade, tell us what the two had to go through and this makes them know what Jesus is about to go through. Both have experienced daring trials to the point of even asking God to die. In Exodus 32:32, immediately after the story of the golden calf, Moses turns to the Lord, imploring forgiveness for his people: «if you would forgive their sinBut if not, blot me out of your book which you have written!» Elijah in 1 Kings 19:4: «Take my life, for I am no better than my fathers». Finalmente, both have had bitter disappointments, for which they are granted the vision of God (Exodus 33:21-22; 1 Kings 19:13).

The presence of the two characters is therefore not only for the disciples, but is the consolation for the Son who is about to go to Jerusalem. Jesus must be comforted and strengthened regarding hisexodus”, or his near future; the angel will do the same in Gethsemane, according to Luke’s account, at the moment of the extreme struggle (Página 22:43-44).

The three Synoptic Gospels try to explain what happened on Tabor, the mountain in Galilee where, according to Cyril of Jerusalem, the Transfiguration took place since 348, and they describe that transformation in their own way. Both Matthew and Mark use a passive verb, the so-calledtheological passive”: “he was transformed”; which implies that implicitly it was God who acted. For Mark, in particular, the Transfiguration plays an important role in the economy of his writing. For him it is not just a matter of listening to Jesus: «This is my beloved Son; listen to him!» (Mk 9:7), but also of accepting that He is truly the Son. Peter, in Mk 8:29, had stopped at a partial identification, recognizing Jesus only as the Messiah: «Peter answered him, You are the Christ». The voice on Tabor, no entanto, emphasizes that Jesus is indeed the Son, according to the name that had already been given to Him at baptism. This element, in itself, has no correspondence in Matthew’s account, where Peter had already seen in Jesus both the Messiah and the Son: «You are the Christ, the Son of the living God» (MT 16:16).

For the evangelist Luke, finally, the Transfiguration is not only a moment of consolation for Jesus or the way in which Peter must understand who Jesus was and his destiny. Luke also introduces the motif of the glory that manifests itself. Only this evangelist, na verdade, insists twice on this term: «glory» (v. 31 e 32). In this way Jesus, on the mountain, prefiguring to the disciples what will be his destiny, after his “exodus”, lets it be understood that it will also be fulfilled for them, and for us. The announcement of the passion and death of Jesus is never complete if it is not associated with that of glory, of the resurrection. Thus also our destiny as believers in Him will be fulfilled when our body, our life, will be transfigured and we too, like Peter, John and James, will see the Risen One «just as he is» (1 Jh 3:2), not only in his human form, but in his most complete reality. The transformation of Jesus is the unveiling of the profound personality of Jesus, that of the chosen one, of the only-begotten Son and is also a prophecy of our future transformation.

For this reason, I would like to emphasize how recurrent, in today’s passage, the verb to see is, which comes back several times and in different forms (in the verses 27, 30, 31, 36), as well as the term: to listen (in the verse 35). They describe well the current condition of believers who, thanks to faith, can see the Lord present in the little ones, in their neighbor or in the sacraments where, as Leo the Great wrote: “what was then visible in our Savior has passed away” (sermões 74, 2). And in addition to seeing, they can also listen to him thanks to the Church that still prepares the table of His word.

Finalmente, one last detail. Reading the passages of the Transfiguration, only Luke gives us at least one reason why Jesus goes up the mountain, isso é, to pray and prayer is, incidentally, also one of the most important Lenten commitments. Among the evangelists, Luke is the one who insists more than the others on this aspect and lets Jesus pray even when the other Gospels do not say so: at the baptism (Lucas 3:21: «When Jesus also had been baptized, he was praying»); before choosing the Twelve (Lucas 6:12: «In those days he went out to the mountain to pray, and spent the whole night in prayer to God»); and here, at the Transfiguration: «About eight days after these sayings, Jesus took with him Peter and John and James and went up the mountain to pray» (Lucas 9: 28).

A few days earlier, according to Mark and Matthew, Jesus had received a setback, precisely from Peter. Luke passes over it and only tells of the announcement of the passion and the harsh demands that descend from it for the disciple: «If anyone would come after me, let him deny himself and take up his cross daily and follow me» (Lucas 9:23). But the reaction to all this for Jesus is prayer, which becomes the occasion to create unity, to gather the most intimate feelings and let oneself be guided by God, even if one has to go through the storms of life. At the end of the experience only one voice remains.

The final notation of the passage that reports: «Jesus remained alone», «he was found alone» (latin: «inventus est Iesus solus»); speaks of Jesuscondition even during the Transfiguration, isso é, during the prayer that the disciples struggle to sustain. On the mountain of the Transfiguration, where he went up «to pray», Jesus is alone, even «while praying». The fatigue of the disciples, expressed by at least three annotations, suggests to us, in a negative way, three stages of an initiation, three moments of a journey to enter into the mystery of Jesusprayer. The disciples are burdened by sleep, their eyelids fall, their eyes close and the somatic fatigue of praying shines through. Then Peter pronounces words that appear confused, to what has happened. Finalmente, everyone is gripped by fear. Their not saying anything to anyone with which the story ends (Página 9:36) seems the possible beginning of something new and positive. This silence could be their beginning to guard an interior solitude, a sign of prayer, or the ability to rethink and meditate on the events that happened and seek a meaning before God. Like Mary, who guarded words and facts about her son Jesus, in her heart (Lucas 2:19.51).

Happy Sunday to everyone!

from the Hermitage, Março 16, 2025

 

 

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Caverna de Sant'Angelo em Maduro (Civitella del Tronto)

 

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De poeira à água: O significado do símbolo austero das cinzas – De poeira à água: o significado do símbolo austero de cinzas

(Texto em inglês depois do italiano)

 

De poeira à água: IL SIGNIFICATO DELL’AUSTERO SIMBOLO DELLE CENERI

Le sante ceneri che tradizionalmente sono ricavate dalla bruciatura dei rami di olivo benedetti per la Domenica delle Palme dell’anno precedente svolgono la loro funzione di porta d’ingresso per il tempo forte della Quaresima e lasciano già intravvedere l’uomo rinnovato da Cristo Risorto e rinato nelle acque del battesimo, come la liturgia ci fa rivivere nella Santa Veglia della notte di Pasqua.

— Ministério litúrgico —

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Autor
Simone Pifizzi

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artigo em formato de impressão PDF – Artigo em PDF Formato de impressão

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Ontem, con la Liturgia delle Ceneri è iniziato per la Chiesa il tempo santo della Quaresima. Un tempo che, secondo quanto riportato nelle norme per l’anno liturgico e il calendario, ha lo scopo di preparare alla Pasqua. La Liturgia quaresimale guida alla celebrazione del mistero Pasquale sia i catecumeni, attraverso i diversi gradi dell’iniziazione cristiana, sia i fedeli per mezzo del ricordo del battesimo e mediante la penitenza.

Come tutti sanno il tempo santo della Quaresima inizia con un simbolo che viene definito austero: ricevere la cenere sul capo. Nell’Antico Testamento la cenere è simbolo di ciò che è provvisorio, perituro e in quanto tale viene ridotto in polvere, come si legge in Giobbe 10, 9; o perché è privo di valore (Geração 18, 27). Sempre nell’Antico Testamento la cenere era segno della desolazione e del lutto. Ecco allora i gesti di spargere la cenere sul capo (2Sam 13, 19), sedere nella cenere come Giobbe (Giob 2, 8), rotolarsi nella cenere (este 27, 30), cibarsi di cenere come di pane (Vontade 102). Davide espiò nella cenere i suoi peccati, i niniviti dopo la predicazione di Giona si coprirono la testa di cenere. La cenere si usava nei riti di purificazione, quando veniva bruciata una vacca rossa le cui ceneri venivano poi gettate nell’acqua, usata per le varie purificazioni rituali (Num 19, 1 e ssg). Soprattutto la cenere riporta il pensiero alle parole che Dio rivolge ad Adamo dopo il peccato: «Polvere, sei e in polvere ritornerai» (Geração 3,19); esse sottolineano il castigo della morte e il nulla della creatura plasmata dalla polvere del suolo.

Nel medioevo i pubblici penitenti che dovevano espiare le loro colpe e ricevere il Sacramento della penitenza come un secondo battesimo si presentavano all’inizio della Quaresima ricoperti di cenere e col cilicio. Nella liturgia cristiana, anche attualmente, l’espressione che il sacerdote usa benedicendo e imponendo le ceneri nel mercoledì che segna l’inizio appunto della Quaresima sono queste: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai». Accetto, a saber, il significato del dolore, del lutto di morte come conseguenza del peccato e della fragilità dell’uomo. Da ciò discende il dovere di riconoscere le proprie colpe e di impegnarsi in una vita salutare, come esorta la formula alternativa della imposizione delle ceneri: "Converta-se e creia no Evangelho". La cenere ricordandoci che siamo polvere ci aiuta a rinvigorire il senso della vera coscienza cristiana che ci accusa di essere colpevoli e non ci dà pace finché non abbiamo trovato rimedio alla nostra inclinazione al male.

La penitenza diventa un bisogno: dobbiamo fare penitenza per denunciare noi stessi al cielo e alla terra che siamo gente miserabile. Ci incombe l’obbligo di implorare pietà e di dimostrare con qualche nostro atto che ripudiamo il male compiuto e il male che siamo capaci di fare. Ben lontano allora da essere un segno di superstizione, la cenere ci ricorda una verità teologica ben sintetizzata dalle parole della benedizione, quella più antica, che si può usare il giorno del mercoledì che da inizio alla Santa Quaresima:

«O Dio che non vuoi la morte ma la conversione dei peccatori, fa che riconoscendo che il nostro corpo tornerà in polvere, l’esercizio della penitenza ci ottenga il perdono dei peccati e una vita rinnovata ad immagine del Signore risorto. para Cristo, nosso Senhor. Amém".

Il medesimo concetto viene espresso anche nella formula rinnovata della benedizione delle ceneri che recita:

«O Dio che hai pietà di chi si pente e doni la tua pace a chi si converte, ascolta con paterna bontà le preghiere del tuo popolo e benedici questi tuoi figli che riceveranno l’austero simbolo delle ceneri, perché attraverso l’itinerario spirituale della quaresima giungano completamente rinnovate a celebrare la Pasqua del tuo Figlio».

E si ripete anche nella formula alternativa nella quale sono usate queste parole:

«O Dio che non vuoi la morte dei peccatori ma la conversione, ascolta benigno la nostra preghiera e benedici queste ceneri che stiamo per ricevere sul nostro capo, riconoscendo che noi siamo polvere e in polvere ritorneremo. L’esercizio della penitenza quaresimale ci ottenga il perdono dei peccati ed una vita rinnovata a immagine del Figlio tuo risorto, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amém".

Le preghiere, qui sopra ricordate, ci presentano dunque la giusta prospettiva da cui guardare il segno delle ceneri imposte sul capo di quanti iniziano con buona volontà l’itinerario quaresimale. E’ essenzialmente un gesto di umiltà, O que isso significa: mi riconosco per quello che sono, una creatura fragile, fatta di terra e destinata alla terra, ma anche fatta ad immagine di Dio e destinata a Lui. Polvere, sim, ma amata, plasmata dall’amore di Dio, animata dal suo soffio vitale e capace di riconoscere la sua voce e quindi di rispondergli; libera e, Por causa disso, capace anche di disobbedirgli, cedendo alla tentazione dell’orgoglio e dell’autosufficienza. Ecco il peccato, malattia mortale entrata ben presto ad inquinare la terra benedetta che è l’essere umano. Creato ad immagine del Santo e del Giusto l’uomo ha perduto la propria innocenza ed ora può ritornare ad essere giusto solo grazie alla giustizia di Dio, la giustizia dell’amore che, come scrive san Paolo:

«Si è manifestata per mezzo della fede in Cristo» (RM 3,22).

Proprio la seconda lettura della Liturgia della Parola del giorno del Mercoledì delle ceneri, contiene l’appello di Paolo a lasciarsi riconciliare con Dio (cf. 2CR 5,20), attraverso uno dei suoi celebri paradossi che riconduce tutta la riflessione sulla giustizia al mistero di Cristo. Scrive san Paolo:

«Aquele que não conheceu pecado [cioè il suo Figlio fatto uomo] Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio» (2CR 5,21).

Nel cuore di Cristo, cioè nel centro della sua Persona divino-umana, si è giocato in termini decisivi e definitivi tutto il dramma della libertà. Dio ha portato alle estreme conseguenze il proprio disegno di salvezza, rimanendo fedele al suo amore anche a costo di consegnare il Figlio unigenito alla morte e alla morte di croce. Qui si dischiude la giustizia divina, profondamente diversa da quella umana: «Grazie all’azione di Cristo, noi possiamo entrare nella giustizia «più grande», che è quella dell’amore» (Bento XVI, Messaggio per la Quaresima, 2010)

La Santa Quaresima, pur iniziando col gesto austero delle ceneri che ci fa chinare il capo, allarga tuttavia il nostro orizzonte e ci orienta verso la vita eterna, poiché su questa terra siamo in pellegrinaggio:

«non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» (EB 13,14).

La Quaresima mentre ci fa capire la relatività dei beni di questa terra e perciò ci rende capaci di rinunce necessarie, ci dona altresì la libertà per fare il bene, di aprire la terra alla luce del Cielo, alla presenza di Dio in mezzo a noi.

Così le sante ceneri che tradizionalmente sono ricavate dalla bruciatura dei rami di olivo benedetti per la Domenica delle Palme dell’anno precedente svolgono la loro funzione di porta d’ingresso per il tempo forte della Quaresima e lasciano già intravvedere l’uomo rinnovato da Cristo Risorto e rinato nelle acque del battesimo, come la liturgia ci fa rivivere nella Santa Veglia della notte di Pasqua.

Florença, 6 Março 2025

Inizio della Quaresima

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FROM DUST TO WATER: THE MEANING OF THE AUSTERE SYMBOL OF ASHES

The holy ashes which are traditionally obtained from the burning of the olive branches blessed for Palm Sunday of the previous year perform their function as the gateway to the strong season of Lent and already allow us to glimpse the man renewed by the Risen Christ and reborn in the waters of baptism, as the liturgy makes us relive in the Holy Vigil of Easter night

— liturgical pastoral —

Autor
Simone Pifizzi

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Yesterday, with the Liturgy of Ashes, the holy season of Lent began for the Church. A time which, according to what is reported in the norms and the calendar for the liturgical year, has the purpose of preparing for Easter. The Lenten Liturgy guides both the catechumens, through the different degrees of Christian initiation, and the faithful through the memory of baptism and through penance in the celebration of the Paschal mystery.

As everyone knows, the holy season of Lent begins with a symbol that is defined as austere: receiving ashes on the head. In the Old Testament, ashes are a symbol of what is temporary, perishable and as such is reduced to dust, as we read in Job 10:9; or because it is worthless (Geração 18:27). Also in the Old Testament, ashes were a sign of desolation and mourning. Here then are the gestures of sprinkling ashes on the head (2Sam 13:19), sitting in ashes like Job (Job 2:8), rolling in ashes (este 27:30), eating ashes like bread (Ps 102). David atoned for his sins in ashes, the Ninevites after Jonah’s preaching covered their heads in ashes. Ashes were used in purification rites, when a red cow was burned and its ashes were then thrown into the water used for the various ritual purifications (Num 19:1ff). Sobretudo, ashes bring to mind the words that God addressed to Adam after his sin: “You are dust, and to dust you shall return” (Geração 3:19); they underline the punishment of death and the nothingness of the creature shaped from the dust of the ground.

In the Middle Ages, public penitents who had to atone for their sins and receive the Sacrament of Penance as a second baptism appeared at the beginning of Lent covered in ashes and wearing sackcloths. Hoje, In the Christian liturgy, the expression that the priest uses when blessing and imposing the ashes on Wednesday which marks the beginning of Lent are these:

«Remember that you are dust and to dust you will return».

That is, I accept the meaning of pain, of death mourning as a consequence of sin and man’s fragility. From this comes the duty to recognize one’s faults and to commit to a healthy life, as exhorted by the alternative formula for the imposition of ashes:

«Convert and believe in the Gospel».

The ash, reminding us that we are dust, helps us to reinvigorate the sense of true Christian conscience which accuses us of being guilty and does not give us peace until we have found a remedy for our inclination to evil.

Penance becomes a need: we must do penance to denounce ourselves to heaven and earth that we are miserable people. We have the obligation to implore mercy and to demonstrate with some of our actions that we repudiate the evil done and the evil we are capable of doing. Far from being a sign of superstition, the ash reminds us of a theological truth well summarized by the words of the blessing, the oldest one, which can be used on the Wednesday that begins Holy Lent:

«O God who does not want death but the conversion of sinners, grant that by recognizing that our body will return to dust, the exercise of penance obtains for us the forgiveness of sins and a renewed life in the image of the risen Lord. Through Christ, our Lord. Amém" (From the Roman ritual)

The same concept is also expressed in the renewed formula of the blessing of the ashes which reads:

«O God who has mercy on those who repent and gives your peace to those who convert, listen with paternal goodness to the prayers of your people and bless these children of yours who will receive the austere symbol of the ashes, so that through the spiritual itinerary of Lent they may arrive completely renewed to celebrate the Easter of your Son».

And it is also repeated in the alternative formula in which these words are used:

«O God who does not want the death of sinners but conversion, listen kindly to our prayer and bless these ashes that we are about to receive on our heads, recognizing that we are dust and to dust we will return. May the exercise of Lenten penance obtain for us the forgiveness of sins and a renewed life in the image of your risen Son, who lives and reigns forever and ever. Amém".

The prayers mentioned above therefore present us with the right perspective from which to look at the sign of the ashes placed on the heads of those who begin the Lenten journey with good will. It is essentially a gesture of humility, que significa: I recognize myself for what I am, a fragile creature, made of earth and destined for the earth, but also made in the image of God and destined for Him. Dust, sim, but loved, shaped by the love of God, animated by his vital breath and capable of recognizing his voice and therefore responding to him; free and, por esse motivo, also capable of disobeying him, giving in to the temptation of pride and self-sufficiency. Here is sin, a deadly disease that soon began to pollute the blessed earth that is the human being. Created in the image of the Holy and the Just, man has lost his innocence and can now return to being just only thanks to the justice of God, the justice of love which, as Saint Paul writes:

«was manifested through faith in Christ» (ROM 3:22).

Precisely the second reading of the Liturgy of the Word on Ash Wednesday contains Paul’s appeal to be reconciled with God (Vejo 2 CR 5:20), through one of his famous paradoxes which leads all reflection on justice to the mystery of Christ. Saint Paul writes:

«For he hath made him to be sin for us, who knew no sin; that we might be made the righteousness of God in him» (2 CR 5:21).

In the heart of Christ, isso é, in the center of his divine-human Person, the entire drama of freedom was played out in decisive and definitive terms. God took his plan of salvation to the extreme consequences, remaining faithful to his love even at the cost of handing over his only begotten Son to death and death on the cross. Here divine justice is revealed, profoundly different from human justice:

«Thanks to the action of Christ, we can enter into thegreaterjustice, which is that of love» (Bento XVI, Message for Lent, 2010)

Holy Lent, although it begins with the austere gesture of the ashes that makes us bow our heads, nevertheless broadens our horizon and orients us towards eternal life, since on this earth we are on a pilgrimage:

«For here we have no lasting city, but we seek the one that is to come» (Heb 13:14).

While Lent makes us understand the relativity of the goods of this earth and therefore makes us capable of necessary renunciations, it also gives us the freedom to do good, to open the earth to the light of Heaven, to the presence of God among us.

Thus the holy ashes which are traditionally obtained from the burning of the olive branches blessed for Palm Sunday of the previous year perform their function as the gateway to the strong season of Lent and already allow us to glimpse the man renewed by the Risen Christ and reborn in the waters of baptism, as the liturgy makes us relive in the Holy Vigil of Easter night.

Florence, 6 Março 2025

Beginning of Lent

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A restrição de fazer o bem: A conversão de Jean Valjean devido ao bispo de Digne em "Les Misérables" – A conversão de Jean Valjean por causa do bispo de Digne no trabalho “Os miseráveis” – O constrangimento para fazer o bem: a conversão de Jean Valjean por causa do Bispo de Digne em “Os Miseráveis”

(texto original em português / texto em inglês depois do português originalmente)

 

A restrição de fazer o bem: A conversão de Jean Valjean devido ao bispo de Digne em “O miserável

A questão é: O que acreditar? Na doutrina? Na Bíblia? Na liturgia? sim, ma soprattutto che Dio ci ama

— Riflessioni pastorali —

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artigo em formato de impressão PDF – Artigo em PDF Formato de impressão – PDF Artigo em tamanho impressable

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La letteratura affronta frequentemente il tema della redenzione e della trasformazione morale dei suoi personaggi. Un esempio lampante è l’operaI Miserabili” (1862), Victor Hugo, in cui la conversione del protagonista Jean Valjean è innescata dall’atto di gentilezza e generosità del vescovo di Digne.

Valjean è presentato inizialmente come un ex detenuto aquele, dopo aver scontato una lunga pena per aver rubato il pane per sfamare la sua famiglia, deve affrontare il rifiuto e l’emarginazione dalla società. Questo ambiente ostile lo porta ad adottare una posizione indurita nei confronti dell’umanità.

In un momento cruciale della narrazione, Valjean ruba le posate d’argento al vescovo Myriel. Questa scena segna una svolta nella vita di Valjean. Nonostante la rapina, quando Valjean viene catturato e riportato dalla polizia alla casa vescovile, il vescovo Myriel mostra una compassione e una misericordia straordinarie. Dice alla polizia che le posate d’argento erano un regalo fatto a Valjean, e gli regala anche due candelieri d’argento, aumentando la generosità del “dono”. Questo atto di gentilezza ha un profondo impatto su Valjean, influenzando le sue azioni per il resto della sua vita.

La reazione di Valjean alla gentilezza del vescovo rivela un’ambivalenza interna. De um lado, si sente in imbarazzo e si vergogna della sua condotta precedente, riconoscendo la discrepanza tra le sue azioni e l’esempio di amore e di misericordia del vescovo. A outra parte, questa esperienza risveglia in lui un autentico desiderio di cambiamento e un desiderio di contraccambiare il bene ricevuto.

Da quel momento in poi, Valjean si impegna a diventare una persona migliore e a fare del bene agli altri. Inizia il suo viaggio di riscatto a Montreuil-sur-Mer, una piccola città dove fonda una fabbrica e implementa pratiche di lavoro innovative ed eque. La sua amministrazione non solo rivitalizza l’economia locale, ma migliora anche significativamente le condizioni di vita dei lavoratori. La sua reputazione di uomo giusto e caritatevole cresce e alla fine viene eletto sindaco della città.

La trasformazione di Valjean non si limita al successo aziendale e allo status sociale. Internamente, si dedica a vivere una vita di sacrificio e servizio agli altri, onorando la sua promessa al vescovo Myriel. Interviene in diverse situazioni per aiutare le persone in difficoltà, spesso mettendo a rischio la propria incolumità. Un esempio notevole è la sua interazione con Fantine, un’operaia caduta in disgrazia nella sua fabbrica. Dopo aver scoperto la situazione disperata di Fantine e di sua figlia Cosette, Valjean si impegna a prendersi cura della ragazza, promessa che mantiene con grande dedizione e amore.

Il parallelo tra l’esperienza di Valjean e il concetto di costrizione a fare del bene rivela una profonda riflessione sulla natura umana e sulla possibilità di redenzione. Presentando un personaggio che trova ispirazione e motivazione per diventare una persona migliore attraverso un atto di generosità, Victor Hugo sottolinea l’importanza dell’amore e del perdono nella trasformazione spirituale e morale.

Il racconto di Jean Valjean ne I Miserabili ci porta a riflettere sulla capacità dell’essere umano di riscattarsi e di cambiare il proprio percorso di vita. Attraverso il parallelo con il concetto di costrizione a fare il bene, ci rendiamo conto che l’esperienza di ricevere generosità e perdono incondizionato può innescare una profonda trasformazione. Come Valjean, ci confrontiamo con l’ambivalenza interna tra le nostre azioni passate e l’aspirazione a diventare esseri umani migliori e, ancor più, santo.

Come Valjean si è sentito costretto dall’atto di bontà del Vescovo di Digne, anche l’amore di Cristo vincola noi (cfr 2Cor 5,14). Il sacrificio supremo di Gesù sulla croce rivela l’amore incondizionato di Dio per l’umanità e l’estensione di quell’amore a tutti gli individui, indipendentemente dalla loro condizione o dai peccati passati. Questo amore ci vincola perché ci mette di fronte alla nostra stessa imperfezione e peccaminosità, portandoci a riconoscere il nostro bisogno di redenzione.

Ciò si traduce in una reale comprensione di cosa sia la santità, non semplicemente come atti morali, che è importante, ma come conseguenza del sentirsi amati da Dio. Il santo, assim, è colui che comprende la sua miseria e si lascia profondamente condizionare dall’amore di Dio per noi in Gesù Cristo sulla croce, in modo tale da cambiare il corso della sua vita spirituale e morale:

«E morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per Colui che per loro è morto ed è risorto» (2 CR 5,15); «Dio infatti ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figlio unigenito, affinché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia vita eterna» (GV 3, 16).

A questão é: O que acreditar? Na doutrina? Na Bíblia? Na liturgia? sim, ma soprattutto che Dio ci ama:

«All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, mas o encontro com um acontecimento, com uma Pessoa, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Nel suo Vangelo Giovanni aveva espresso quest’avvenimento con le seguenti “palavras: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, porque todo mundo acredita nele … abbia la vita eterna” (3, 16). Con la centralità dell’amore, la fede cristiana ha accolto quello che era il nucleo della fede d’Israele e al contempo ha dato a questo nucleo una nuova profondità e ampiezza. L’Israelita credente, na verdade, prega ogni giorno con le parole del Libro del Deuteronomio, nelle quali egli sa che è racchiuso il centro della sua esistenza: “Ascolta, Israel: o Senhor é nosso Deus, o Senhor é um só. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (6, 4-5). Gesù ha unito, facendone un unico precetto, il comandamento dell’amore di Dio con quello dell’amore del prossimo, contenuto nel Libro del Levitico: "Amarás o teu próximo como a ti mesmo" (19, 18; cfr Mc 12, 29-31). Siccome Dio ci ha amati per primo (cf. 1 GV 4, 10), l’amore adesso non è più solo un “comandamento”, ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro» (Papa Bento XVI Lettera Enciclica Deus Caritas Est, nº 1).

Jundiaì, 3 Março 2025

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THE CONVERSION OF JEAN VALJEAN BECAUSE OF THE BISHOP OF DIGNE IN THE WORKLES MISERABLES

The question is: what to believe in? In doctrine? In the Bible? In the liturgy? sim, but above all that God loves us.

— pastoral reflections —

Autor
Eneas De Camargo Bête

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Literature frequently addresses the theme of redemption and the moral transformation of its characters. A striking example is Victor Hugo’sLes Misérables” (1862), in which the conversion of the protagonist Jean Valjean is triggered by the act of kindness and generosity of the Bishop of Digne.

Valjean is initially presented as a former convict Who, after serving a long sentence for stealing bread to feed his family, must face rejection and marginalization from society. This hostile environment leads him to adopt a hardened position towards humanity.

At a crucial moment in the narrative, Valjean steals the silverware from Bishop Myriel. This scene marks a turning point in Valjean’s life. Despite the robbery, when Valjean is captured and brought back to the bishop’s house by the police, Bishop Myriel displays extraordinary compassion and mercy. He tells the police that the silverware was a gift to Valjean, and also gives him two silver candlesticks, increasing the generosity of thegift.This act of kindness has a profound impact on Valjean, influencing his actions for the rest of his life.

Valjean’s reaction to the bishop’s kindness reveals an internal ambivalence. On the one hand, he feels embarrassed and ashamed of his previous conduct, recognizing the discrepancy between his actions and the bishop’s example of love and mercy. Por outro lado, this experience awakens in him a genuine desire for change and a desire to reciprocate the good received.

From that moment on, Valjean is committed to becoming a better person and doing good for others. He begins his journey of redemption in Montreuil-sur-Mer, a small town where he establishes a factory and implements innovative and fair labor practices. His administration not only revitalizes the local economy, but also significantly improves the living conditions of the workers. His reputation as a just and charitable man grows, and he is eventually elected mayor of the town.

Valjean’s transformation is not limited to business success and social status. Internally, he dedicates himself to living a life of sacrifice and service to others, honoring his promise to Bishop Myriel. He intervenes in various situations to help those in need, often risking his own safety. A notable example is his interaction with Fantine, a disgraced worker in his factory. After discovering the desperate situation of Fantine and her daughter Cosette, Valjean pledges to care for the girl, a promise he keeps with great dedication and love.

The parallel between Valjean’s experience and the concept of being forced to do good reveals a profound reflection on human nature and the possibility of redemption. By presenting a character who finds inspiration and motivation to become a better person through an act of generosity, Victor Hugo highlights the importance of love and forgiveness in spiritual and moral transformation.

The story of Jean Valjean inLes Misérables leads us to reflect on the ability of human beings to redeem themselves and change their life path. Through the parallel with the concept of being forced to do good, we realize that the experience of receiving generosity and unconditional forgiveness can trigger a profound transformation. Like Valjean, we are confronted with the internal ambivalence between our past actions and the aspiration to become better and, even more, saintly human beings.

Just as Valjean felt bound by the act of kindness of the Bishop of Digne, the love of Christ also binds us (cf. 2 CR 5:14). The supreme sacrifice of Jesus on the cross reveals God’s unconditional love for humanity and the extension of that love to all individuals, regardless of their condition or past sins. This love binds us because it confronts us with our own imperfection and sinfulness, leading us to recognize our need for redemption.

This translates into a real understanding of what holiness is, not simply as moral acts, which is important, but as a consequence of feeling loved by God. The saint, assim sendo, is one who understands his misery and allows himself to be profoundly conditioned by God’s love for us in Jesus Christ on the cross, so as to change the course of his spiritual and moral life:

«and that He died for all, that those who live should not henceforth live unto themselves, but unto Him who died for them and rose again» (2CR 5,15) «For God so loved the world that He gave His only begotten Son, that whosoever believeth in Him should not perish, but have everlasting life» (Jn 3, 16).

The question is: what to believe in? In doctrine? In the Bible? In the liturgy? sim, but above all that God loves us:

«We have come to believe in God’s love: in these words the Christian can express the fundamental decision of his life. Being Christian is not the result of an ethical choice or a lofty idea, but the encounter with an event, a person, which gives life a new horizon and a decisive direction. Saint John’s Gospel describes that event in these words: “God so loved the world that he gave his only Son, that whoever believes in him shouldhave eternal life” (3:16). In acknowledging the centrality of love, Christian faith has retained the core of Israel’s faith, while at the same time giving it new depth and breadth. The pious Jew prayed daily the words of the Book of Deuteronomy which expressed the heart of his existence: “Hear, O Israel: the Lord our God is one Lord, and you shall love the Lord your God with all your heart, and with all your soul and with all your might” (6:4-5). Jesus united into a single precept this commandment of love for God and the commandment of love for neighbour found in the Book of Leviticus: “You shall love your neighbour as yourself” (19:18; cf. Mk 12:29-31). Since God has first loved us (cf. 1 Jn 4:10), love is now no longer a mere “command”; it is the response to the gift of love with which God draws near to us» (Bento XVI, Deus Caritas est, 1).

Jundiaì, 3 Março 2025

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O CONSTRANGIMENTO PARA FAZER O BEM: A CONVERSÃO DE JEAN VALJEAN POR CAUSA DO BISPO DE DIGNE EMOS MISERÁVEIS

A pergunta é crer no quê? Na doutrina? Na Bíblia? Na Liturgia? Sim, mas acima de tudo que Deus nos ama.

— Reflexões pastorais —

Autor
Eneas De Camargo Bête

 

A literatura frequentemente aborda a temática da redenção e da transformação moral de seus personagens. Um exemplo marcante é a obraOs Miseráveis” (1862), de Victor Hugo, em que a conversão do protagonista Jean Valjean é desencadeada pelo ato de bondade e generosidade do Bispo de Digne.

Valjean é inicialmente apresentado como um ex-presidiário que, após cumprir uma longa pena por roubar um pão para alimentar sua família, enfrenta a rejeição e a marginalização da sociedade. Esse ambiente hostil o leva a adotar uma postura endurecida em relação à humanidade.

No momento crucial da narrativa, Valjean rouba talheres de prata do Bispo Myriel. Esta cena marca um ponto de virada na vida de Valjean. Apesar do roubo, quando Valjean é capturado e levado de volta à casa do bispo pela polícia, o Bispo Myriel demonstra uma extraordinária compaixão e misericórdia. Ele diz à polícia que os talheres de prata foi um presente dado a Valjean, e ainda dá a ele dois castiçais de prata, aumentando a generosidade do “presente”. Este ato de bondade tem um impacto profundo em Valjean, influenciando suas ações pelo resto de sua vida.

A reação de Valjean diante da bondade do Bispo revela uma ambivalência interna. Por um lado, ele se sente constrangido e envergonhado por sua conduta anterior, reconhecendo a discrepância entre suas ações e o exemplo de amor e misericórdia do Bispo. Por outro lado, essa experiência desperta nele um desejo genuíno de mudança e uma vontade de retribuir o bem recebido.

A partir desse momento, Valjean se empenha em se tornar uma pessoa melhor e fazer o bem aos outros. Ele inicia sua jornada de redenção em Montreuil-sur-Mer, uma pequena cidade onde ele estabelece uma fábrica e implementa práticas de trabalho inovadoras e justas. Sua administração não só revitaliza a economia local, mas também melhora significativamente as condições de vida dos trabalhadores. Sua reputação como um homem justo e caridoso cresce, e ele é eventualmente eleito prefeito da cidade.

A transformação de Valjean não se limita ao sucesso empresarial e ao status social. Internamente, ele se dedica a viver uma vida de sacrifício e serviço aos outros, honrando sua promessa ao Bispo Myriel. Ele intervém em várias situações para ajudar pessoas em dificuldade, muitas vezes colocando sua própria segurança em risco. Um exemplo notável é sua interação com Fantine, uma trabalhadora de sua fábrica que caiu em desgraça. Ao descobrir a situação desesperadora de Fantine e sua filha, Cosette, Valjean se compromete a cuidar da menina, uma promessa que ele cumpre com grande dedicação e amor.

O paralelo entre a experiência de Valjean e o conceito do constrangimento para fazer o bem revela uma reflexão profunda sobre a natureza humana e a possibilidade de redenção. Ao apresentar um personagem que encontra a inspiração e a motivação para se tornar uma pessoa melhor através de um ato de generosidade, Victor Hugo ressalta a importância do amor e do perdão na transformação espiritual e moral.

A história de Jean Valjean emOs Miseráveis nos leva a refletir sobre a capacidade do ser humano de se redimir e mudar sua trajetória de vida. Através do paralelo com o conceito do constrangimento para fazer o bem, percebemos que a experiência de receber generosidade e perdão incondicional pode desencadear uma profunda transformação. Assim como Valjean, somos confrontados com a ambivalência interna entre nossas ações passadas e a aspiração de nos tornarmos melhores seres humanos e, mais ainda, santos.

Assim como Valjean sentiu-se constrangido pelo ato de bondade do Bispo de Digne, o amor de Cristo também nos constrange (cf. 2CR 5,14). O sacrifício supremo de Jesus na cruz revela o amor incondicional de Deus pela humanidade e a extensão desse amor a todos os indivíduos, independentemente de sua condição ou pecados passados. Esse amor nos constrange porque nos confronta com a nossa própria imperfeição e pecaminosidade, levando-nos a reconhecer nossa necessidade de redenção.

Disso resulta na real compreensão do que é santidade, não meramente como atos morais, que é importante, mas como consequência, do sentir-se amado por Deus. O santo, pois, é aquele que entende a sua miséria e se vê profundamente constrangido pelo amor de Deus por nós em Jesus Cristo na cruz, de forma que, muda o rumo de sua vida espiritual e moral:

«Disso resulta na real compreensão do que é santidade, não meramente como atos morais, que é importante, mas como consequência, do sentir-se amado por Deus. O santo, pois, é aquele que entende a sua miséria e se vê profundamente constrangido pelo amor de Deus por nós em Jesus Cristo na cruz, de forma que, muda o rumo de sua vida espiritual e moral: “E ele morreu por todos, para que os que vivem não vivam mais para si mesmos, mas para aquele que por eles morreu e ressuscitou”(2CR 5,15); ou ainda: “Com efeito, de tal modo Deus amou o mundo, que lhe deu seu Filho único, para que todo o que nele crer não pereça, mas tenha a vida eterna”(Jo 3,16).

A pergunta é crer no quê? Na doutrina? Na Bíblia? Na Liturgia? Sim, mas acima de tudo que Deus nos ama:

«Deste modo pode o cristão exprimir a opção fundamental da sua vida. Ao início do ser cristão, não há uma decisão ética ou uma grande ideia, mas o encontro com um acontecimento, com uma Pessoa que dá à vida um novo horizonte e, desta forma, o rumo decisivo. No seu Evangelho, João tinha expressado este acontecimento com as palavras seguintes: “Deus amou de tal modo o mundo que lhe deu o seu Filho único para que todo o que n’Ele crer (…) tenha a vida eterna” (3, 16). Com a centralidade do amor, a fé cristã acolheu o núcleo da fé de Israel e, ao mesmo tempo, deu a este núcleo uma nova profundidade e amplitude. O crente israelita, de fato, reza todos os dias com as palavras do Livro do Deuteronómio, nas quais sabe que está contido o centro da sua existência: “Escuta, ó Israel! O Senhor, nosso Deus, é o único Senhor! Amarás ao Senhor, teu Deus, com todo o teu coração, com toda a tua alma e com todas as tuas forças” (6, 4-5). Jesus uniu — fazendo deles um único preceito — o mandamento do amor a Deus com o do amor ao próximo, contido noLivro do Levítico: “Amarás o teu próximo como a ti mesmo” (Jo 4, 10), agora o amor já não é apenas ummandamento”, mas é a resposta ao dom do amor com que Deus vem ao nosso encontro» (Papa Bento XVI, Carta Encíclica Deus Caritas Est, nº 1).

Jundiaì, 3 Marchar 2025

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