Quando o pontífice romano morre. Curto excursus históricos-litrúrgicos-quando o pontífice romano morre. Uma breve excurso histórico-litrúrgico

Quando o pontífice romano morre. BREVE EXCURSUS STORICO-LITURGICO

Ogni Papa, em seu papel de vigário de Cristo, não pertence inteiramente a si mesmo; Isso é evidente em particular quando a morte chega. No passado recente, dificilmente, i Papi riuscivano a morire in santa pace, o silêncio, lontano da occhi indiscreti o rituali di preambolo. Un Papa trapassava quasi mai da solo ma, come un antico sovrano, era circondato dai suoi cortigiani.

— Ministério litúrgico —

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Autor
Simone Pifizzi

 

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La morte del Romano Pontefice è un momento particolare per la vita della Chiesa Cattolica; un passaggio definito tecnicamente Sede Apostolica vacante, che porta con sé un insieme di atti, di avvenimenti e di riti che, por sua natureza, sono unici nel loro genere.

Non vogliamo farne qui una trattazione sistematica, ma piuttosto toccare, anche per mezzo del ricorso alla storia, alcuni aspetti liturgici e rituali che sono passati sotto i nostri occhi in occasione della morte di Papa Francesco.

Morire da Papa. La prima stazione

Ogni Papa, em seu papel de vigário de Cristo, não pertence inteiramente a si mesmo; Isso é evidente em particular quando a morte chega. No passado recente, dificilmente, i Papi riuscivano a morire in santa pace, o silêncio, lontano da occhi indiscreti o rituali di preambolo. Un Papa trapassava quasi mai da solo ma, come un antico sovrano, era circondato dai suoi cortigiani. Alle prime avvisaglie di agonia, na verdade, si metteva in moto una serie di minuziose azioni cerimoniali che accompagnavano il Pontefice verso la fine terrena.

Come prima cosa venivano avvisati tutti i cardinali residenti a Roma, così come tutti i titolari dei vari Dicasteri della Santa Sede; ed iniziava una silenziosa processione davanti al moribondo per rendergli l’ultimo omaggio. L’Unzione degli Infermi ed il Viatico erano amministrati dal Cardinale Vicario, mentre era compito dei penitenzieri e dei canonici della Basilica Vaticana elevare le preghiere di accompagnamento nell’agonia, soprattutto le litanie dei santi canonizzati dal Pontefice morente.

Emesso l’ultimo respiro, la morte del Papa era accertata dal medico; il Maestro di Camera copriva il volto del Pontefice defunto con un velo bianco e, mentre nella cappella privata iniziavano le celebrazioni delle SS. Messe per la sua anima, si provvedeva ad una prima vestizione: la talare bianca, il rocchetto e la mozzetta papale. Solo in questo momento veniva introdotto il Cardinale Camerlengo che di fatto, nella Sede Apostolica Vacante, assume la «reggenza» della Chiesa. Scortato dalle guardie svizzere compiva l’atto di riconoscimento ufficiale della morte del Pontefice per tutta la Chiesa. Il Camerlengo, intonato il Das profundezas, toglieva il velo e batteva per tre volte la fronte del defunto, chiamandolo col nome di battesimo: «N. sei morto?»; al terzo colpo, non ricevendo risposta, annunciava: «O Papa está realmente morto». Questo rito oggi non avviene più. La riforma voluta da Papa Francesco, stabilisce che la costatazione ufficiale della morte avvenga nella cappella, dopo che la salma del Papa è già stata composta.

Oggi quei rituali che possono perfino sembrare «folcroristici» e che gravitavano intorno all’agonia e alla morte del Papa hanno lasciato il passo ai momenti di preghiera ecclesiale, per affermare la fede in Dio a cui sempre apparteniamo e nelle cui mani sempre siamo, vivi o defunti. A Dio Padre è raccomandato il Papa che ha appena lasciato questo mondo e alla Vergine Maria, col canto del Oi Regina, si chiede di mostrare al Papa defunto il volto di Gesù, frutto benedetto del suo grembo. Compito del Cardinale Camerlengo, in questa fase, è quello di spezzare l’Anello del Pescatore e annullare il Sigillo Papale.

La salma del Papa viene imbalsamata per permettere la conservazione nei giorni di esposizione pubblica. Un tempo questo processo, che contemplava l’utilizzo di antiche tecniche imbalsamatorie, prevedeva anche il prelevamento dei visceri, mentre il cuore del Papa defunto veniva conservato in un’urna nel coro della Chiesa dei SS. Vincenzo e Atanasio alla Fontana di Trevi. Si ritiene che questa pratica sia avvenuta l’ultima volta in occasione della morte di Leone XIII. Hoje, per evitare eccessive manipolazioni, vengono usati metodi meno invasivi.

Il corpo del Papa, sotto la supervisione del Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, viene rivestito degli abiti pontificali: as camisas, la casula rossa, il pallio, la mitria bianca bordata d’oro, lo zucchetto bianco, un anello episcopale e la croce pettorale. Il rosso è il colore liturgico del «lutto papale», usato dal Pontefice anche in vita, quando per esempio presiede il rito delle esequie. Come sappiamo è un colore che richiama il sangue dei martiri e la presenza viva dello Spirito Santo; per questo motivo il Papa, in quanto successore di Pietro, è avvolto nei paramenti rossi che simboleggiano il suo servizio interamente consacrato a Cristo e alla Chiesa, nella testimonianza della fede.

Con la deposizione del corpo del defunto nella bara — un tempo era posto su una portantina, ma Francesco, riformando i riti delle esequie pontificie, ha disposto diversamente — inizia la Prima Stazione, che si svolge nel luogo dove il Papa è morto. È quindi un momento riservato alle persone più vicine al lui, accompagnato dalla preghiera di suffragio.

Videre Petrum. La seconda stazione

Nel giorno e nell’ora stabilita dal Collegio Cardinalizio, la salma del Pontefice defunto viene traslata nella Basilica di San Pietro «dove ha esercitato spesso il suo ministero di Vescovo della Chiesa che è in Roma e di Pastore della Chiesa Universale» (Ordo Exsequiarum Romani Pontificis, in seguito OERP, editio 2005, n. 68) per ricevere l’omaggio dei fedeli. Un tempo il corpo del Papa veniva esposto nella Cappella del Santissimo Sacramento, su un catafalco reclinato che permetteva ai fedeli di toccarne i piedi per l’ultimo atto di venerazione. Hoje, più significativamente, la bara viene posta davanti all’altare della Confessione, in corrispondenza della tomba dell’Apostolo Pietro.

La processione è accompagnata dal canto di alcuni salmi e cantici evangelici adatti alla circostanza, mentre all’ingresso in Basilica si intonano le litanie dei santi. Per alcuni giorni, la salma del Pontefice rimarrà esposta nella basilica e riceverà l’omaggio dei fedeli: «Presso la salma, i fedeli innalzeranno a Dio incessanti preghiere per il defunto Pontefice» (OERP, editio 2005, n.87).

Durante questi giorni sono previsti vari momenti di preghiera comunitaria, in modo particolare la celebrazione dell’Eucaristia e la Liturgia delle Ore.

Et in carne mea videbo Deum, salvatorem meum. La terza stazione: Messa esequiale e sepoltura

La Santa Messa esequiale rappresenta il momento culminante delle esequie del Romano Pontefice. La Costituzione Rebanho Dominic che regola le fasi della Sede Apostolica Vacante, stabilisce che questo momento avvenga entro il 4° e il 6° giorno dalla morte del Papa. Sono i Cardinali a stabilire il luogo delle esequie solenni, mãe, dato il prevedibile concorso di popolo, generalmente queste avvengono in Piazza San Pietro.

Il giorno precedente i funerali avviene il rito della chiusura del feretro, un’occasione densa di significato, poiché è il momento in cui il corpo del Papa viene sottratto da ora in poi alla vista del popolo di Dio. Dopo la lettura e la firma del Rogito, un documento che ricorda i principali avvenimenti e atti della vita del Pontefice, il volto del Papa viene coperto con un velo bianco «nella viva speranza che egli possa contemplare il volto del Padre, insieme con la beata Vergine Maria e tutti i Santi» (OERP, editio 2005, n.95). Quindi il Rogito ed alcune monete coniate nel corso del pontificato vengono deposte nella bara prima della sua effettiva chiusura.

La Messa esequiale è presieduta dal Cardinale Decano e concelebrata dai Cardinali e dai Patriarchi delle Chiese orientali. Queste esequie non si discostano, nella loro struttura principale, da quelle di un qualsiasi cristiano. Come prima lettura viene proclamato un testo degli Atti degli Apostoli (10,34-43); come responsorio il Salmão 23 («Il Signore è il mio pastore») a cui segue un brano della Lettera ai Filippesi (3,20–4,1) e la celebre pagina evangelica di Giovanni che richiama direttamente il ministero petrino: «Simone, você me ama? homem, tu lo sai che ti voglio bene» (GV 21,15-19).

Un elemento caratteristico della liturgia esequiale del Sommo Pontefice è rappresentato dall’Ultima Raccomandazione e Commiato che corrisponde al saluto che la comunità dei credenti rivolge al fratello e al Pastore della Chiesa universale. Nelle esequie del Papa questo saluto è dato:

Dalla Chiesa di Roma al suo vescovo, per bocca del Cardinale Vicario, invocando la Beata Vergine Maria Salus populi romani, os apóstolos, e mártires, eu papi, i santi e le sante romani;

Dalle Chiese Orientali, per bocca di un Patriarca unito agli altri rappresentanti delle Chiese d’Oriente;

Da tutta la Chiesa cattolica al suo pastore, per bocca del Cardinale Decano.

Questo triplice affidamento dell’anima del defunto, si conclude con una rinnovata professione di fede, espressa dalla schola aquele, durante l’aspersione e l’incensazione, canta:

"Eu acredito: Il Signore è risorto e vive,
e un giorno anch’io risorgerò con lui.
Che io possa contemplarti, mio Dio e Salvatore mio.
I miei occhi si apriranno alla sua luce,
e su di lui si poserà il mio sguardo.
Che io possa contemplarti, mio Dio e Salvatore mio.
Conservo salda questa speranza in cuore:
Che io possa contemplarti, mio Dio e Salvatore mio».

Al termine della celebrazione esequiale, il feretro viene prelevato ed accompagnato al luogo della sepoltura. La sepoltura nelle grotte vaticane, sotto la Basilica di San Pietro, è diventato tradizionale; tuttavia il Papa può decidere diversamente, come ha fatto Papa Francesco che ha scelto di essere sepolto in Santa Maria Maggiore.

I novendiali

È tradizione, confermata anche dalla riforma voluta da Papa Francesco, che a partire dalla Messa esequiale seguano nove giorni di celebrazioni eucaristiche in suffragio del Papa defunto. In queste celebrazioni è coinvolto tutto il popolo di Dio, anche se esse sono affidate a particolari categorie di persone: fedeli della Città del Vaticano, della Chiesa di Roma, i Capitoli delle Basiliche papali, os membros da Cúria Romana, le Chiese Orientali.

Tutta la Chiesa sparsa nel mondo si unisce nella preghiera e rafforza la fede e la speranza; così anche la morte diventa dono di grazia e occasione per ringraziare e benedire il Dio di ogni consolazione.

«Morto un Papa, se ne fa un altro»

Questo celebre detto, che può suonare addirittura fatalista, E, na verdade, ciò che avviene dopo la morte di ogni Pontefice Romano. Si potrebbe affermare che la Sede Vacante è quel momento forte in cui il Pontificato entra in una sorta di «anonimato» cosicché il pontefice defunto e il suo successore eletto, poiché appartengono a qualcosa di più grande, paiono passarsi l’anima del ruolo. È quanto afferma il celebre poeta romanesco Giacchino Belli: il Papa morto consegna al neoeletto lo spirito dell’importante compito. Possono variare le forme esteriori del corpo o anche il cervello, ma il lascito sarà quello, poiché voluto dall’eterno. Con versi arditi, ma significativi, il poeta dice: sembra quasi che il corpo del nuovo Papa cada dal cielo senz’anima, ma solo col fiato vitale. Perché la dignità, l’anima del ruolo di ogni pontefice gli viene lasciata da chi lo ha preceduto.

Lascio adesso al Padre Ariel la lettura della poesia Er passa-mano, pubblicata da Gioacchino Belli il 4 Outubro 1835:

«Er Papa, er Visceddio, Nostro Siggnore,
È un Padre eterno com’ er Padr’ Eterno.
Ciovè nun more, o, ppe ddí mmejjo, more,
Ma mmore solamente in ne l’isterno.

Ché cquanno er corpo suo lassa er governo,
L’anima, ferma in ne l’antico onore,
Nun va nné in paradiso né a l’inferno,
Passa subbito in corpo ar zuccessore.

Accussí ppò vvariasse un po’ er cervello,
Lo stòmmico, l’orecchie, er naso, er pelo;
Ma er Papa, in quant’ a Ppapa, è ssempre quello.

E ppe cquesto oggni corpo distinato
A cquella indiggnità, ccasca dar celo
Senz’anima, e nun porta antro, ch’ er fiato».

Florença, 1° maio 2025

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WHEN THE ROMAN PONTIFF DIES. A BRIEF HISTORICAL-LITURGICAL EXCURSUS

Every Pope, in his role as Vicar of Christ, does not belong entirely to himself; this is particularly evident when death comes. In the recent past, Popes rarely managed to die in peace, in silence, far from prying eyes or preamble rituals. A Pope almost never passed away alone but, like an ancient sovereign, was surrounded by his courtiers.

— Liturgical pastoral —

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Autor
Simone Pifizzi

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The death of the Roman Pontiff is a special moment in the life of the Catholic Church; a passage technically defined Vacant See, which brings with it a set of acts, events and rites that, by their nature, are unique in their kind.

We do not want to make a systematic treatment of it here, but rather touch, also by recourse to history, on some liturgical and ritual aspects that passed before our eyes on the occasion of the death of Pope Francis.

Dying as Pope. The First stage

Every Pope, in his role as Vicar of Christ, does not belong entirely to himself; this is particularly evident when death comes. In the recent past, Popes rarely managed to die in peace, in silence, far from prying eyes or preamble rituals. A Pope almost never passed away alone but, like an ancient sovereign, was surrounded by his courtiers. At the first signs of agony, na verdade, a series of meticulous ceremonial actions were set in motion that accompanied the Pontiff towards his earthly end.

The first thing to do: notify all the cardinals residing in Rome, and all the heads of the various Dicasteries of the Holy See; a silent procession before the dying man to pay him their last respects. The Anointing of the Sick and the Viaticum administered by the Cardinal Vicar, while it was the task of the penitentiaries and canons of the Vatican Basilica to raise the prayers accompanying him in his agony, especially the Litanies of the Saints canonized by the dying Pontiff.

After the Pope’s last breath, his death is certified by the doctor; the Master of the Chamber covered the deceased Pontiff’s face with a white veil and, while the celebrations of the Holy Masses for his soul began in the private chapel, the first vestment was carried out: the white cassock, the rochet and the papal mozzetta. Only at this moment was the Cardinal Camerlengo introduced, who in fact, in the Vacant Apostolic See, assumed theregencyof the Church. Escorted by the Swiss guards, he performed the act of official recognition of the Pontiff’s death for the entire Church. The Camerlengo, having intoned the De Profundis, removed the veil and struck the deceased’s forehead three times, calling him by his baptismal name: «(Nome). are you dead?»; at the third blow, receiving no response, he announced: «Vere Papa mortuus est». This rite no longer occurs today. The reform desired by Pope Francis establishes that the official certification of death takes place in the chapel, after the Pope’s body has already been composed.

Today those rituals that may even seem “folkloristic” around the agony and death of the Pope have given way to moments of ecclesial prayer, to affirm faith in God to whom we always belong and in whose hands we always are, whether alive or dead. The Pope who has just left this world is recommended to God the Father and the Virgin Mary, with the singing of the Oi Regina, is asked to show the deceased Pope the face of Jesus, the blessed fruit of her womb. The task of the Cardinal Camerlengo, in this phase, is to break the Ring of the Fisherman and cancel the Papal Seal.

The body of the Roman Pontiff is embalmed to allow for its preservation during the days of public display. At one time, this process, which involved the use of ancient embalming techniques, also included the removal of the viscera, while the heart of the deceased Pope was preserved in an urn in the choir of the Church of St. Vincenzo e Atanasio at the Trevi Fountain. It is believed that this practice took place for the last time on the occasion of the death of Leo XIII. Hoje, to avoid excessive manipulation, less invasive methods are used.

The body of the Roman Pontiff, under the supervision of the Master of Pontifical Liturgical Celebrations, is dressed in pontifical vestments: the alb, the red chasuble, the pallium, the white miter edged with gold, the white zucchetto, an episcopal ring and the pectoral cross. Red is the liturgical colour ofpapal mourning”, used by the Pontiff even in life, for example when he presides over the funeral rite. Como sabemos, it is a colour that recalls the blood of the martyrs and the living presence of the Holy Spirit; for this reason the Pope, as the successor of Peter, is wrapped in red vestments that symbolize his service entirely consecrated to Christ and to the Church, in the testimony of faith.

With the deposition of the body of the deceased in the catafalque — once it was placed on a stretcher, but Francis, reforming the rites of papal funerals, has arranged otherwise — the First Station begins, which takes place in the place where the Pope died. It is therefore a moment reserved for the people closest to him, accompanied by prayers of suffrage.

Videre Petrum. The Second Stage

On the day and at the time established by the College of Cardinals, the body of the deceased Pontiff is transferred to St. Peter’s Papal Archibasilicwhere he often exercised his ministry as Bishop of the Church in Rome and Pastor of the Universal Church” (Ordo Exsequiarum Romani Pontificis, hereinafter, 2005 edition, n. 68) to receive the homage of the faithful. In the past, the body of the Pope was exposed in the Chapel of the Blessed Sacrament, on a reclining catafalque that allowed the faithful to touch his feet for the final act of veneration. Hoje, more significantly, the coffin is placed in front of the Altar of Confession, in correspondence with the tomb of the Apostle Peter.

The procession is accompanied by the singing of some psalms and evangelical hymns appropriate to the occasion, while at the entrance to the Basilica the litanies of the saints are intoned. For a few days, the body of the Pontiff will remain exposed in the basilica and will receive the homage of the faithful: “At the body, the faithful will raise incessant prayers to God for the deceased Pontiff” (Ordo Exsequiarum Romani Pontificis, 2005 edition, n.87).

During these days, various moments of community prayer are planned, in particular the celebration of the Eucharist and the Liturgy of the Hours.

Et in carne mea videbo Deum, Salvatorem meum. The Third Stage: Funeral Mass and Burial

The Funeral Mass is the culminating moment of the funeral of the Roman Pontiff. The Constitution Universi Dominici Gregis which regulates the phases of the Apostolic See Vacant, establishes that this moment occurs within the 4th and 6th day after the death of the Pope. The Cardinals are the ones who establish the place of the solemn funeral, mas, given the foreseeable crowd of people, generally these take place in St. Praça de Pedro.

The day before the funeral, the rite of closing the coffin takes place, an occasion full of meaning, since it is the moment in which the Pope’s body is removed from the sight of the people of God from now on. After the reading and signing of the Deed, a document that recalls the main events and acts of the Pontiff’s life, the Pope’s face is covered with a white veilin the fervent hope that he may contemplate the face of the Father, together with the Blessed Virgin Mary and all the Saints” (Ordo Exsequiarum Romani Pontificis, 2005 edition, n.95). Then the Deed and some coins minted during the pontificate are placed in the coffin before its actual closing.

The funeral Mass is presided over by the Cardinal Dean and concelebrated by the Cardinals and Patriarchs of the Eastern Churches. These funerals do not differ, in their main structure, from those of any Christian. As the first reading, a text from the Acts of the Apostles is proclaimed (10:34-43); as a responsory, Salmo 23 (“The Lord is my shepherd”), followed by a passage from the Letter to the Philippians (3:20-4:1) and the famous Gospel passage from John which directly recalls the Petrine ministry: “Simon, do you love me? Lord, you know that I love you” (Jn 21:15-19).

A characteristic element of the funeral liturgy of the Supreme Pontiff is represented by the Last Recommendation and Farewell which corresponds to the greeting that the community of believers addresses to the brother and the Pastor of the universal Church. In the funeral of the Pope this greeting is given:

From the Church of Rome to its Bishop, through the mouth of the Cardinal Vicar, invoking the Blessed Virgin Mary Salus populi romani, the apostles, the martyrs, the popes, the Roman saints and saints;

From the Eastern Churches, through the mouth of a Patriarch united with the other representatives of the Eastern Churches;

From the entire Catholic Church to its pastor, through the mouth of the Cardinal Dean.

This triple entrustment of the soul of the deceased ends with a renewed profession of faith, expressed by the choir which, during the sprinkling and incensing, sings:

«I believe: The Lord is risen and lives,
and one day I too will rise with him.
That I may contemplate you, my God and my Savior.
My eyes will open to his light,
and my gaze will rest on him.
That I may contemplate you, my God and my Savior.
I keep this hope firm in my heart:
That I may contemplate you, my God and my Savior».

At the end of the funeral celebration, the coffin is collected and accompanied to the place of burial. Burial in the Vatican Grottoes, under St. Peter’s Basilica, has become traditional; no entanto, the Pope can decide otherwise, as Pope Francis did, who chose to be buried in the Papal Basilica of St. Mary Greater.

The novendials

It is a tradition, also confirmed by the reform desired by Holy Father Francis, that starting from the funeral Mass, nine days of Eucharistic celebrations follow in suffrage of the deceased Pope. All the people of God are involved in these celebrations, even if they are entrusted to particular categories of People of God: faithful of the Vatican City, of the Church of Rome, the Chapters of the Papal Basilicas, members of the Roman Curia, the Eastern Churches.

The entire Church throughout the world unites in prayer and strengthens faith and hope; thus even death becomes a gift of grace and an opportunity to thank and bless the God of all consolation.

«When a Pope dies, another one is always made»

This famous saying, which may even sound fatalistic, é, na verdade, what happens after the death of every Roman Pontiff. One could say that the Vacant See is that moment in which the Pontificate enters into a sort of “anonymity” so that the deceased pontiff and his elected successor, since they belong to something greater, seem to pass on the soul of the role.

This is what the famous Roman poet Gioacchino Belli stated in 1835: the dead Pope hands over to the newly elected the spirit of the important task. The external forms of the body or even the brain may vary, but the legacy will be the same, since it is willed by the eternal. With bold but significant verses, the poet says: it almost seems as if the body of the new Pope falls from the sky without a soul, but only with the breath of life. Because the dignity, the soul of the role of every pontiff is left to him by those who preceded him.

Florence, May 1st 2025

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De poeira à água: O significado do símbolo austero das cinzas – De poeira à água: o significado do símbolo austero de cinzas

(Texto em inglês depois do italiano)

 

De poeira à água: IL SIGNIFICATO DELL’AUSTERO SIMBOLO DELLE CENERI

Le sante ceneri che tradizionalmente sono ricavate dalla bruciatura dei rami di olivo benedetti per la Domenica delle Palme dell’anno precedente svolgono la loro funzione di porta d’ingresso per il tempo forte della Quaresima e lasciano già intravvedere l’uomo rinnovato da Cristo Risorto e rinato nelle acque del battesimo, come la liturgia ci fa rivivere nella Santa Veglia della notte di Pasqua.

— Ministério litúrgico —

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Autor
Simone Pifizzi

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Ontem, con la Liturgia delle Ceneri è iniziato per la Chiesa il tempo santo della Quaresima. Un tempo che, secondo quanto riportato nelle norme per l’anno liturgico e il calendario, ha lo scopo di preparare alla Pasqua. La Liturgia quaresimale guida alla celebrazione del mistero Pasquale sia i catecumeni, attraverso i diversi gradi dell’iniziazione cristiana, sia i fedeli per mezzo del ricordo del battesimo e mediante la penitenza.

Come tutti sanno il tempo santo della Quaresima inizia con un simbolo che viene definito austero: ricevere la cenere sul capo. Nell’Antico Testamento la cenere è simbolo di ciò che è provvisorio, perituro e in quanto tale viene ridotto in polvere, come si legge in Giobbe 10, 9; o perché è privo di valore (Geração 18, 27). Sempre nell’Antico Testamento la cenere era segno della desolazione e del lutto. Ecco allora i gesti di spargere la cenere sul capo (2Sam 13, 19), sedere nella cenere come Giobbe (Giob 2, 8), rotolarsi nella cenere (este 27, 30), cibarsi di cenere come di pane (Vontade 102). Davide espiò nella cenere i suoi peccati, i niniviti dopo la predicazione di Giona si coprirono la testa di cenere. La cenere si usava nei riti di purificazione, quando veniva bruciata una vacca rossa le cui ceneri venivano poi gettate nell’acqua, usata per le varie purificazioni rituali (Num 19, 1 e ssg). Soprattutto la cenere riporta il pensiero alle parole che Dio rivolge ad Adamo dopo il peccato: «Polvere, sei e in polvere ritornerai» (Geração 3,19); esse sottolineano il castigo della morte e il nulla della creatura plasmata dalla polvere del suolo.

Nel medioevo i pubblici penitenti che dovevano espiare le loro colpe e ricevere il Sacramento della penitenza come un secondo battesimo si presentavano all’inizio della Quaresima ricoperti di cenere e col cilicio. Nella liturgia cristiana, anche attualmente, l’espressione che il sacerdote usa benedicendo e imponendo le ceneri nel mercoledì che segna l’inizio appunto della Quaresima sono queste: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai». Accetto, a saber, il significato del dolore, del lutto di morte come conseguenza del peccato e della fragilità dell’uomo. Da ciò discende il dovere di riconoscere le proprie colpe e di impegnarsi in una vita salutare, come esorta la formula alternativa della imposizione delle ceneri: "Converta-se e creia no Evangelho". La cenere ricordandoci che siamo polvere ci aiuta a rinvigorire il senso della vera coscienza cristiana che ci accusa di essere colpevoli e non ci dà pace finché non abbiamo trovato rimedio alla nostra inclinazione al male.

La penitenza diventa un bisogno: dobbiamo fare penitenza per denunciare noi stessi al cielo e alla terra che siamo gente miserabile. Ci incombe l’obbligo di implorare pietà e di dimostrare con qualche nostro atto che ripudiamo il male compiuto e il male che siamo capaci di fare. Ben lontano allora da essere un segno di superstizione, la cenere ci ricorda una verità teologica ben sintetizzata dalle parole della benedizione, quella più antica, che si può usare il giorno del mercoledì che da inizio alla Santa Quaresima:

«O Dio che non vuoi la morte ma la conversione dei peccatori, fa che riconoscendo che il nostro corpo tornerà in polvere, l’esercizio della penitenza ci ottenga il perdono dei peccati e una vita rinnovata ad immagine del Signore risorto. para Cristo, nosso Senhor. Amém".

Il medesimo concetto viene espresso anche nella formula rinnovata della benedizione delle ceneri che recita:

«O Dio che hai pietà di chi si pente e doni la tua pace a chi si converte, ascolta con paterna bontà le preghiere del tuo popolo e benedici questi tuoi figli che riceveranno l’austero simbolo delle ceneri, perché attraverso l’itinerario spirituale della quaresima giungano completamente rinnovate a celebrare la Pasqua del tuo Figlio».

E si ripete anche nella formula alternativa nella quale sono usate queste parole:

«O Dio che non vuoi la morte dei peccatori ma la conversione, ascolta benigno la nostra preghiera e benedici queste ceneri che stiamo per ricevere sul nostro capo, riconoscendo che noi siamo polvere e in polvere ritorneremo. L’esercizio della penitenza quaresimale ci ottenga il perdono dei peccati ed una vita rinnovata a immagine del Figlio tuo risorto, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amém".

Le preghiere, qui sopra ricordate, ci presentano dunque la giusta prospettiva da cui guardare il segno delle ceneri imposte sul capo di quanti iniziano con buona volontà l’itinerario quaresimale. E’ essenzialmente un gesto di umiltà, O que isso significa: mi riconosco per quello che sono, una creatura fragile, fatta di terra e destinata alla terra, ma anche fatta ad immagine di Dio e destinata a Lui. Polvere, sim, ma amata, plasmata dall’amore di Dio, animata dal suo soffio vitale e capace di riconoscere la sua voce e quindi di rispondergli; libera e, Por causa disso, capace anche di disobbedirgli, cedendo alla tentazione dell’orgoglio e dell’autosufficienza. Ecco il peccato, malattia mortale entrata ben presto ad inquinare la terra benedetta che è l’essere umano. Creato ad immagine del Santo e del Giusto l’uomo ha perduto la propria innocenza ed ora può ritornare ad essere giusto solo grazie alla giustizia di Dio, la giustizia dell’amore che, come scrive san Paolo:

«Si è manifestata per mezzo della fede in Cristo» (RM 3,22).

Proprio la seconda lettura della Liturgia della Parola del giorno del Mercoledì delle ceneri, contiene l’appello di Paolo a lasciarsi riconciliare con Dio (cf. 2CR 5,20), attraverso uno dei suoi celebri paradossi che riconduce tutta la riflessione sulla giustizia al mistero di Cristo. Scrive san Paolo:

«Aquele que não conheceu pecado [cioè il suo Figlio fatto uomo] Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio» (2CR 5,21).

Nel cuore di Cristo, cioè nel centro della sua Persona divino-umana, si è giocato in termini decisivi e definitivi tutto il dramma della libertà. Dio ha portato alle estreme conseguenze il proprio disegno di salvezza, rimanendo fedele al suo amore anche a costo di consegnare il Figlio unigenito alla morte e alla morte di croce. Qui si dischiude la giustizia divina, profondamente diversa da quella umana: «Grazie all’azione di Cristo, noi possiamo entrare nella giustizia «più grande», che è quella dell’amore» (Bento XVI, Messaggio per la Quaresima, 2010)

La Santa Quaresima, pur iniziando col gesto austero delle ceneri che ci fa chinare il capo, allarga tuttavia il nostro orizzonte e ci orienta verso la vita eterna, poiché su questa terra siamo in pellegrinaggio:

«non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» (EB 13,14).

La Quaresima mentre ci fa capire la relatività dei beni di questa terra e perciò ci rende capaci di rinunce necessarie, ci dona altresì la libertà per fare il bene, di aprire la terra alla luce del Cielo, alla presenza di Dio in mezzo a noi.

Così le sante ceneri che tradizionalmente sono ricavate dalla bruciatura dei rami di olivo benedetti per la Domenica delle Palme dell’anno precedente svolgono la loro funzione di porta d’ingresso per il tempo forte della Quaresima e lasciano già intravvedere l’uomo rinnovato da Cristo Risorto e rinato nelle acque del battesimo, come la liturgia ci fa rivivere nella Santa Veglia della notte di Pasqua.

Florença, 6 Março 2025

Inizio della Quaresima

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FROM DUST TO WATER: THE MEANING OF THE AUSTERE SYMBOL OF ASHES

The holy ashes which are traditionally obtained from the burning of the olive branches blessed for Palm Sunday of the previous year perform their function as the gateway to the strong season of Lent and already allow us to glimpse the man renewed by the Risen Christ and reborn in the waters of baptism, as the liturgy makes us relive in the Holy Vigil of Easter night

— liturgical pastoral —

Autor
Simone Pifizzi

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Yesterday, with the Liturgy of Ashes, the holy season of Lent began for the Church. A time which, according to what is reported in the norms and the calendar for the liturgical year, has the purpose of preparing for Easter. The Lenten Liturgy guides both the catechumens, through the different degrees of Christian initiation, and the faithful through the memory of baptism and through penance in the celebration of the Paschal mystery.

As everyone knows, the holy season of Lent begins with a symbol that is defined as austere: receiving ashes on the head. In the Old Testament, ashes are a symbol of what is temporary, perishable and as such is reduced to dust, as we read in Job 10:9; or because it is worthless (Geração 18:27). Also in the Old Testament, ashes were a sign of desolation and mourning. Here then are the gestures of sprinkling ashes on the head (2Sam 13:19), sitting in ashes like Job (Job 2:8), rolling in ashes (este 27:30), eating ashes like bread (Ps 102). David atoned for his sins in ashes, the Ninevites after Jonah’s preaching covered their heads in ashes. Ashes were used in purification rites, when a red cow was burned and its ashes were then thrown into the water used for the various ritual purifications (Num 19:1ff). Sobretudo, ashes bring to mind the words that God addressed to Adam after his sin: “You are dust, and to dust you shall return” (Geração 3:19); they underline the punishment of death and the nothingness of the creature shaped from the dust of the ground.

In the Middle Ages, public penitents who had to atone for their sins and receive the Sacrament of Penance as a second baptism appeared at the beginning of Lent covered in ashes and wearing sackcloths. Hoje, In the Christian liturgy, the expression that the priest uses when blessing and imposing the ashes on Wednesday which marks the beginning of Lent are these:

«Remember that you are dust and to dust you will return».

That is, I accept the meaning of pain, of death mourning as a consequence of sin and man’s fragility. From this comes the duty to recognize one’s faults and to commit to a healthy life, as exhorted by the alternative formula for the imposition of ashes:

«Convert and believe in the Gospel».

The ash, reminding us that we are dust, helps us to reinvigorate the sense of true Christian conscience which accuses us of being guilty and does not give us peace until we have found a remedy for our inclination to evil.

Penance becomes a need: we must do penance to denounce ourselves to heaven and earth that we are miserable people. We have the obligation to implore mercy and to demonstrate with some of our actions that we repudiate the evil done and the evil we are capable of doing. Far from being a sign of superstition, the ash reminds us of a theological truth well summarized by the words of the blessing, the oldest one, which can be used on the Wednesday that begins Holy Lent:

«O God who does not want death but the conversion of sinners, grant that by recognizing that our body will return to dust, the exercise of penance obtains for us the forgiveness of sins and a renewed life in the image of the risen Lord. Through Christ, our Lord. Amém" (From the Roman ritual)

The same concept is also expressed in the renewed formula of the blessing of the ashes which reads:

«O God who has mercy on those who repent and gives your peace to those who convert, listen with paternal goodness to the prayers of your people and bless these children of yours who will receive the austere symbol of the ashes, so that through the spiritual itinerary of Lent they may arrive completely renewed to celebrate the Easter of your Son».

And it is also repeated in the alternative formula in which these words are used:

«O God who does not want the death of sinners but conversion, listen kindly to our prayer and bless these ashes that we are about to receive on our heads, recognizing that we are dust and to dust we will return. May the exercise of Lenten penance obtain for us the forgiveness of sins and a renewed life in the image of your risen Son, who lives and reigns forever and ever. Amém".

The prayers mentioned above therefore present us with the right perspective from which to look at the sign of the ashes placed on the heads of those who begin the Lenten journey with good will. It is essentially a gesture of humility, que significa: I recognize myself for what I am, a fragile creature, made of earth and destined for the earth, but also made in the image of God and destined for Him. Dust, sim, but loved, shaped by the love of God, animated by his vital breath and capable of recognizing his voice and therefore responding to him; free and, por esse motivo, also capable of disobeying him, giving in to the temptation of pride and self-sufficiency. Here is sin, a deadly disease that soon began to pollute the blessed earth that is the human being. Created in the image of the Holy and the Just, man has lost his innocence and can now return to being just only thanks to the justice of God, the justice of love which, as Saint Paul writes:

«was manifested through faith in Christ» (ROM 3:22).

Precisely the second reading of the Liturgy of the Word on Ash Wednesday contains Paul’s appeal to be reconciled with God (Vejo 2 CR 5:20), through one of his famous paradoxes which leads all reflection on justice to the mystery of Christ. Saint Paul writes:

«For he hath made him to be sin for us, who knew no sin; that we might be made the righteousness of God in him» (2 CR 5:21).

In the heart of Christ, isso é, in the center of his divine-human Person, the entire drama of freedom was played out in decisive and definitive terms. God took his plan of salvation to the extreme consequences, remaining faithful to his love even at the cost of handing over his only begotten Son to death and death on the cross. Here divine justice is revealed, profoundly different from human justice:

«Thanks to the action of Christ, we can enter into thegreaterjustice, which is that of love» (Bento XVI, Message for Lent, 2010)

Holy Lent, although it begins with the austere gesture of the ashes that makes us bow our heads, nevertheless broadens our horizon and orients us towards eternal life, since on this earth we are on a pilgrimage:

«For here we have no lasting city, but we seek the one that is to come» (Heb 13:14).

While Lent makes us understand the relativity of the goods of this earth and therefore makes us capable of necessary renunciations, it also gives us the freedom to do good, to open the earth to the light of Heaven, to the presence of God among us.

Thus the holy ashes which are traditionally obtained from the burning of the olive branches blessed for Palm Sunday of the previous year perform their function as the gateway to the strong season of Lent and already allow us to glimpse the man renewed by the Risen Christ and reborn in the waters of baptism, as the liturgy makes us relive in the Holy Vigil of Easter night.

Florence, 6 Março 2025

Beginning of Lent

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Os Padres da Ilha de Patmos

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«Não vou ao concerto, Eu não sou um príncipe da Renascença", disse o Santo Padre, No entanto, isso não significa eliminar o pior do desleixo

«NÃO VOU AO CONCERTO, NÃO SOU UM PRÍNCIPE DA RENASCIMENTO" DISSE O SANTO PADRE, CIÒ NON VUOL DIRE PERÒ SDOGANARE IL PEGGIO DELLA SCIATTERIA

I nostri saggi maestri ci hanno messi in guardia sin da giovani su diversi insidiosi pericoli, nos conscientizando de que o inconformismo dos conformistas existe, che è il conformismo peggiore; lo sprezzo del clericalismo da parte dei clericali, che si traduce poi nel clericalismo peggiore; il fascismo degli antifascisti, che finisce col manifestarsi come una forma violenta di neofascismo persino peggiore di quello del Ventennio Fascista.

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Autor
Simone Pifizzi

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artigo em formato de impressão PDF

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Da allora sono passati ormai undici anni, era il giugno del 2013 quando il Santo Padre Francesco lasciò vuota la poltrona al centro dell’aula Paolo VI, mentre invitati e autorità ascoltavano un pointerdetti il «Grande concerto di musica classica per l’Anno della Fede», il tutto all’assenza, anziché alla presenza, papa. Pochi giorni prima, parlando ai nunzi di tutto il mondo, il Santo Padre aveva denunciato la «mondanità spirituale» che è la «lebbra» della Chiesa, il «cedere allo spirito del mondo» che «espone noi pastori al ridicolo», quella «sorta di borghesia dello spirito e della vita che spinge ad adagiarsi, a ricercare una vita comoda e tranquilla». Fatto sta che a nessuno era mai capitato di annunciare ciò che è toccato all’Arcivescovo Rino Fisichella quando tutti, Todos 17,30, si attendevano l’ingresso in sala del pontefice: «Il Santo Padre non potrà essere presente per un’incombenza urgente e improrogabile» (cf.. Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera, WHO).

Cercherò di essere breve, ma non perché mancano argomenti, muito pelo contrário: di argomenti ce ne sarebbero fin troppi e, se in alcuni casi proprio non si può tacere, è bene essere molto misurati.

Chi di noi ha avuto la grazia di avere degli autentici maestri ― e ciascuno di noi Padri de L’Isola di Patmos, per divina grazia, li ha avuti ― ha potuto imparare ciò che forse qualcuno non ha avuto modo di imparare a Buenos Aires prima come religioso, poi come presbitero gesuita, infine come vescovo. Giunto infine al sacro soglio a 77 anos, non è facile cambiare visuale e prospettiva da anziani, affinché ciò avvenga sarebbe necessario che lo Spirito Santo si posasse sul capo del prescelto non come una colomba ma come un condor delle Ande.

I nostri saggi maestri ci hanno messi in guardia sin da giovani su diversi insidiosi pericoli, nos conscientizando de que o inconformismo dos conformistas existe, che è il conformismo peggiore; lo sprezzo del clericalismo da parte dei clericali, che si traduce poi nel clericalismo peggiore; il fascismo degli antifascisti, che finisce col manifestarsi come una forma violenta di neofascismo persino peggiore di quello del Ventennio Fascista.

Qualcuno pensa che a esporre «noi pastori al ridicolo» siano soltanto le parate di quei personaggi, cosiddetti renda & atacadores, che estetizzano la sacra liturgia in modo esasperato e talvolta esasperante? Nessuno nega la sussistenza dell’elemento del ridicolo in questi soggetti, se vogliamo pure del grottesco, ma il ridicolo ha però tante facce, quindi non dovrebbe essere considerato meno ridicolo che il Cardinale Sebastian Francis, Vescovo della Diocesi Penang in Malesia celebri la Santa Messa seduto a un tavolo con altri concelebranti e che elevi il Corpo di Cristo a capo coperto dallo zucchetto rosso; il tutto quando persino noi, all’epoca che facevamo i chierichetti, sapevamo che dinanzi al Santissimo Sacramento esposto il vescovo sta a capo scoperto e che durante le liturgie, finché l’Eucaristia non è stata riposta dentro il tabernacolo, non torna a coprirsi il capo (cf.. Cerimonial dos Bispos, NN. 153-166). Está aqui, está claro, non si tratta di essere iper-critici, perché le foto che documentano il tutto sono veramente inquietanti.

Il Cardinale Sebastian Francis, che sarà sicuramente un sant’uomo, ha 72 anos. Se il Pontefice felicemente regnante non giungerà centenario, entrerà in conclave come elettore, dove si ritroverà di fronte a fratelli cardinali di precise tendenze, ma soprattutto di paesi ricchi in grado di sostenere intere Chiese locali dei paesi poveri, che con un dito gli indicheranno la sacca di soldi, con un altro dito gli indicheranno il candidato da scrivere sulla scheda.

Questo accade quando si cade nell’anticonformismo dei conformisti, nello sprezzo del clericalismo dei clericali, nel fascismo degli antifascisti. Ma il bello, se bello lo vogliamo chiamare, è ancora tutto da venire. E che Dio ci assista!

Florença, 1setembro 2024

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Os Padres da Ilha de Patmos

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"Ir além, tão perto você me deixa chateado …» Se um sacerdote retirar o crucifixo do centro do altar para que não cubra o “centralidade” do celebrante-protagonista, isso significa que chegamos ao fim da linha

"IR ALÉM, COSÌ VICINO MI FAI TURBAR» SE UN PRETE TOGLIE IL CROCIFISSO DAL CENTRO DELL’ALTARE AFFINCHÈ NON COPRA LA “CENTRALITÀ” DEL CELEBRANTE-PROTAGONISTA, VUOL DIRE CHE SIAMO GIUNTI AL CAPOLINEA

Che dire se circolano video nei quali si vedono sacerdoti e perfino vescovi salire all’altare e rimuovere il crocifisso da sopra lo stesso perché evidentemente toglie visibilità, occupa lo spazio che poco dopo si prenderà il celebrante, brandendo talvolta mostruosi microfoni che, quelli si, possono benissimo rimanere dove sono?

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Autor
Simone Pifizzi

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Ciò che è strano e bizzarro di solito fa breccia sui social, perché aumenta a dismisura le visualizzazioni e attira i commenti della gente. Nessun ambito umano può ritenersi alieno da quest’ansia di ricerca del particolare, dal ridicolo fino al mostruoso, perfino quello religioso.

Alcuni eventi davvero strani avvenuti nelle chiese hanno trovato fortuna sulle diverse più famose e usate piattaforme. Dal prete che canta dall’altare una canzone in voga o ne fa lo sfondo per piccoli risibili video, agli abiti sconvolgenti di alcuni sposi, a certe eccessive benedizioni con l’acqua santa. Qualcuno usa i social anche per stigmatizzare questi comportamenti che accadono nelle chiese o quei gesti che rasentano l’abuso sia del luogo, perché non consoni, che della liturgia usata a piacimento. Il mondo è diventato un gran palcoscenico e purtroppo anche i religiosi pensano che vi si possa salire sfruttando lo spazio dell’aula di una chiesa o di un presbiterio. È di pochi giorni fa la notizia di una stilista che ha disegnato un più che trasparente abito da sposa per un matrimonio in chiesa e non è mancato chi ha potuto commentare: «Una chiesa è solo un edificio, può indossare quello che vuole» (WHO).

Che dire però se circolano video nei quali si vedono sacerdoti e perfino vescovi salire all’altare e rimuovere il crocifisso da sopra lo stesso perché evidentemente toglie visibilità, occupa lo spazio che poco dopo si prenderà il celebrante, brandendo talvolta mostruosi microfoni che, quelli si, possono benissimo rimanere dove sono?

O Bishop de Arezzo-Cortona-Sansepolcro

Un presbitero dell’Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno

Le bizzarrie del nostro tempo che intersecano anche il mondo religioso e come si vive e celebra la liturgia ci da il «La» per ricordare che i presbiteri non sono i padroni indiscussi delle celebrazioni e che in verità stanno agendo per un servizio che veicola un mistero più grande e profondo. A tal proposito mi vorrei soffermare proprio sull’altare perché alcune bizzarrie e storture sono avvenute lì, per mano di qualche celebrante o solerte “operatore pastorale”, per non parlare dei cosiddetti “animatori liturgici” che pensano di poter agire a loro piacimento o più probabilmente dimenticano che l’altare non è un arredo qualsiasi, un posto dove poggiare cose alla rinfusa.

Tanto per mettere subito le cose in chiaro, nel rito di dedicazione dell’altare si dice che:

«con l’unzione del Crisma [esso] diventa simbolo di Cristo, che fu detto Unto più degnamente di tutti; il Padre infatti lo unse con lo Spirito Santo e lo costituì Sommo Sacerdote, che offrisse il sacrificio della vita per la salvezza di tutti sull’altare del proprio corpo» (Ordo dedicationis Ecclesiae et Altaris, IV/22).

eu’altare dunque è simbolo di Cristo e questa dottrina è tradizionale. Sant’Ambrogio l’ha ricordata più volte:

«Cos’è l’altare, se non il segno del corpo di Cristo?» (Quid est enim altare, nisi forma corporis Christi?), (Comm. in Cant. eu,6: PL 15,1855; De sacram., V, 2, 7; cfr IV, 2, 7: PL 16, 447. 437).

Le vicende storiche che riguardano la presenza degli altari nelle chiese sono antiche e complesse e naturalmente esulano da questo modesto contributo. Si potrebbe cominciare dall’altare fisso che inizia a comparire nelle basiliche del IV secolo, fino all’adozione dell’altare lapideo per il quale non fu estraneo il simbolo biblico di Cristo «pietra angolare dell’edificio spirituale» (cf.. Vontade 118, 22; MT 21, 42; No 4, 11; 1CR 10, 4; 1PT 2, 4-8). Si potrebbe citare l’uso antico di celebrare l’Eucaristia sulle tombe dei martiri che trovò concreta traduzione nella costruzione di altari sopra i sepolcri degli stessi, come pure della traslazione delle loro reliquie sotto gli altari delle nuove basiliche. Al riguardo sempre sant’Ambrogio scrive: «Nel luogo in cui Cristo è vittima, vi siano anche le vittime trionfali. Sopra l’altare lui, che è morto per tutti; esses, redenti dalla sua passione, sotto l’altare» (Epistula 22, 13: pl 16, 1023).

Tra tutti i luoghi che sono presenti in una chiesa solo l’altare conosce un rito di dedicazione, a sottolinearne l’eccellenza:

«L’altare, sul quale si rende presente nei segni sacramentali il sacrificio della croce, è anche la mensa del Signore, alla quale il popolo di Dio è chiamato a partecipare quando è convocato per la Santa Messa; l’altare è il centro dell’azione di grazie che si compie con l’Eucaristia» (Institutio generalis Missalis Romaneu, 296).

Anche il Sommo Pontefice lo ha ricordato: «Verso l’altare si orienta lo sguardo degli oranti, sacerdote e fedeli, convocati per la santa assemblea intorno ad esso» (Discorso del 24 agosto 2017).

L’importanza dell’altare è ricordata naturalmente anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica:

«L’altare, em torno do qual a Igreja está reunida na celebração, Ele representa os dois aspectos do mesmo mistério: o altar do sacrifício ea mesa do Senhor, e tanto più in quanto l’altare cristiano è il simbolo di Cristo stesso, presente sia come vittima offerta per la nostra riconciliazione, sia come alimento celeste che si dona a noi» (n. 1383).

Per tali motivi la riforma liturgica risalendo la tradizione cristiana antica ha voluto che nelle chiese si costruisse un solo altare, staccato dalla parete per potervi girare attorno e celebrare verso il popolo, collocato in modo da attirare l’attenzione. Che fosse normalmente fisso e dedicato, con la mensa di pietra, ma non è esclusa altra materia degna, solida e ben lavorata. E sotto l’altare si possono porre reliquie di santi; che fosse coperto da una tovaglia e sopra o accanto a esso vi siano una croce e i candelieri (Institutio generalis Missalis Romani, 298-308).

La venerazione per l’altare ― che infatti si bacia, si incensa e davanti a esso ci si inchina ― è motivata dal suo legame col sacrificio di Cristo, a quem, nel Sacramento, si associa il sacrificio della Chiesa orante. Su di esso viene deposta l’offerta spirituale dei fedeli, significata nel pane e nel vino, porque o Espírito Santo, per il ministero del sacerdote, li renda sacramento del Corpo e Sangue di Cristo, così che quanti se ne nutrono diventino un solo corpo in Cristo, a lode di Dio Padre. Lo esprime bene la preghiera del prefazio nella messa di dedicazione: «Intorno a quest’altare ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio per formare la tua Chiesa una e santa».

Ed è proprio l’unicità del sacrificio redentore, sul Calvario e nell’Eucaristia, da parte di Cristo sacerdote e vittima, che ha portato la riforma liturgica conciliare a stabilire che in una stessa chiesa non si celebrino contemporaneamente più Messe e che nelle nuove chiese l’altare fisso sia uno solo. È chiara l’intenzione di educare il popolo cristiano con questa prassi e con questo segno, l’altare, il quale «rappresenta (significat) in modo evidente e permanente Cristo Gesù, Pietra viva, e rappresenta in mezzo all’assemblea dei fedeli l’unico Cristo e l’unica Eucaristia della Chiesa» (Institutio generalis Missalis Romani, NN. 298, 303).

Il Concilio Vaticano II si chiuse nel 1965, eppure su questo aspetto, come su altri del resto, la sensibilità di quei Padri che celebrarono l’importante assise e quella dei molti documenti che ne seguirono non sembra purtroppo acquisita o recuperata da tutti. Dentro 2002, per fare un esempio, a santa sede, ovvero la Congregazione per il Culto Divino, è dovuta intervenire per dichiarare «illecito» celebrare la Messa di Prima Comunione su un altare provvisorio in mezzo alla chiesa con l’ingenua intenzione di «evocare l’Ultima Cena», poiché inutile doppione del «segno già presente»; gesto atto a confondere il popolo distraendolo dall’essenziale. Ma anche ai nostri giorni in alcune Parrocchie, talvolta davanti l’altare, qualcuno pone un tavolo con sopra i simboli della Pasqua ebraica, ingenerando così una totale confusione liturgica e teologica, anche se l’intento sarebbe invece il contrario. Non è inconsueto che l’altare diventi un supporto per cartelloni esplicativi, per esempio di un particolare tempo liturgico e al di sotto vi si ponga di tutto, dal Presepe in tempo di Natale alle varie offerte, talvolta curiose, in alcune celebrazioni. Una volta ho visto un povero agnellino costretto a stare tutto il tempo dentro una cesta sotto l’altare mentre probabilmente avrebbe preferito brucare in un prato. Ad un certo punto si mise a belare, creando ilarità nei presenti all’Eucarestia. E sopra vi si pone di tutto un po’ e forse proprio per questo, como mencionado acima, qualche celebrante non trova niente di meglio che levare la Croce, ritenendola probabilmente una ridondante suppellettile, mentre invece è prevista e lì collocata per ricordarci verso chi dobbiamo volgere lo sguardo.

Come rimediare a tutto ciò? Sicuramente attraverso la formazione continua di tutti. Dei presbiteri per primi che devono curare le celebrazioni e quindi essere esperti conoscitori della materia. In questo caso della peculiarità e della centralità del segno dell’altare che rimanda a quella di Cristo. Dovrebbero ricordare, por exemplo, che anche al di fuori dell’azione liturgica, l’altare è invocazione e attesa della presenza di Colui, Cristo, che fa nuove tutte le cose (cf.. Ap 21, 5).

Por causa disso, attraverso le catechesi e i momenti educativi, devono aiutare i fedeli a formarsi spiritualmente e divenire consci che una liturgia ben celebrata con i suoi segni propri, trasparenti e più importanti, com’è appunto l’altare, è e deve essere per se stessa la prima scuola: «A lei da oração, Lex credendi».

Abbiamo iniziato ricordando gli orrori que o social sono pronti a riverberare finché non ne salta fuori uno nuovo ed eclatante. Fra questi alcuni hanno a che fare con quanto avviene in chiesa e nelle liturgie. Così è nato questo contributo che non ha lo scopo di far ridere o moltiplicare i commenti negativi, come avviene sul Web. Ma è solo un invito a cogliere, da questa circostanza, l’importanza e la bellezza dei contenuti della fede e come essi si esprimano nella liturgia. Se in questo ambito errori sono stati fatti e se ne faranno, vale sempre il principio: «Error corrigitur ubi deprehenditur»; che potremmo tradurre: gli errori si correggano appena ci si accorge di averli commessi.

Para concluir non possiamo omettere di ricordare a tutti quei cattolici ingenui, così preoccupati di scandalizzarsi e di gridare allo scandalo, non però altrettanto preoccupati di verificare con cura notizie e immagini, che molti video da loro postati sui social non hanno niente a che fare con la Chiesa Cattolica e il nostro clero. In giro per il mondo esistono infatti pseudo chiese che nell’apparato esterno liturgico si ispirano alla Chiesa Cattolica. A tal proposito basterebbe ricordare che dopo il Concilio Vaticano I (aperto nel 1869, terminato nel 1870, ma formalmente chiuso solo nel 1960) vi fu uno scisma che dette vita alla cosiddetta “chiesa” vetero-cattolica. Solo da questa aggregazione sono nate e a seguire si sono moltiplicate decine di sedicenti “chiese” gestite da personaggi alquanto esotici. Visto e considerato che nel nostro clero cattolico di abusi liturgici ne avvengono a sufficienza; visto e considerato che a volte si ha quasi l’impressione che certi nostri preti gareggino tra di loro a chi compie la stravaganza più eccentrica, che perlomeno non ci vengano attribuite le sceneggiate altrui, perché le nostre ci bastano e avanzano, oltre a imbarazzare a sufficienza quanti di noi seguitano a essere cattolici.

 

Florença, 20 julho 2024

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Quinta-feira Santa 2024. Homilia de saudação do Cardeal Giuseppe Betori

QUINTA-FEIRA SANTA 2024. HOMILIA DE SAUDAÇÃO DO CARDEAL GIUSEPPE BETORI

Afirme que hoje, das águias e falcões onde estamos passando para galinhas ou, bom andamento, para perus, não é uma declaração mesquinha e irreverente, mas um fato: nos últimos anos temos testemunhado as nomeações episcopais de indivíduos embaraçosos, mas o que é pior, eles são todos iguais, ou como dizem moldado, clonado para emulação. Tudo isto face à pluralidade de vozes dentro da Igreja!

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Autor
Simone Pifizzi

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artigo em formato de impressão PDF

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Este artigo me inspirou - o que não é assim, porque se trata de relatar o texto de uma homilia pronunciada pelo Cardeal Giuseppe Betori, Arcebispo Metropolitano de Florença - foi o Padre Ariel, que há algumas semanas dedicou uma homenagem ao seu Bispo nestas nossas colunas, SE. Mons. Andrea Turazzi; homenagem feita com um toque de classe resumida nesta frase:

«Um bom sacerdote é tal se espera o fim do seu mandato para louvar o seu Bispo [...] Só agora que ele já não tem o poder de governo pastoral sobre a Diocese e sobre mim, Posso dizer publicamente o quanto o reverenciei, apreciei e amei meu Bispo".

O Arcebispo de Florença, apesar de ter apresentado ao Sumo Pontífice a sua renúncia ao governo pastoral da nossa Diocese, ainda não é emérito, nem seu sucessor designado foi oficializado ainda. Sua missão entre nós, na verdade, No entanto, deve ser considerado concluído. Quanto ao seu sucessor, é quase certo que ele já foi escolhido e nomeado, só temos que esperar pelo anúncio oficial.

Com o Cardeal Giuseppe Betori - e agora muito poucos outros que se tornaram bispos na casa dos cinquenta anos sob o pontificado do Santo Pontífice João Paulo II - está definitivamente encerrado um período eclesiástico e eclesiástico que também teve os seus muitos problemas, mas em todo caso também povoado por personalidades de alto nível pastoral e profundidade cultural. Afirme que hoje, das águias e falcões onde estamos passando para galinhas ou, bom andamento, para perus, não é uma declaração mesquinha e irreverente, mas um fato: nos últimos anos temos testemunhado as nomeações episcopais de indivíduos embaraçosos, mas o que é pior, eles são todos iguais, ou como dizem moldado, clonado para emulação. Tudo isto face à pluralidade de vozes dentro da Igreja!

Tornando as palavras minhas dirigida hoje por um irmão ao seu Bispo, também posso dizer:

«Um bom sacerdote é tal se espera o fim do seu mandato para louvar o seu Bispo [...] Só agora que ele já não tem o poder de governo pastoral sobre a Diocese e sobre mim, Posso dizer publicamente o quanto o reverenciei, apreciei e amei meu Bispo".

Cardeal Giuseppe Betori revelou-se uma pérola agora incrustada no diadema da genealogia dos últimos Bispos doados a esta nossa Igreja florentina por Roma, agora, como demonstra a homilia a seguir…

Florença, 28 Março 2024

 

Cardeal Giuseppe Betori Arcebispo Metropolitano de Florença, Santa Missa Crismal do ano 2024

A Missa Crismal, em que o Bispo concelebra com os presbíteros das diversas áreas da diocese e durante o qual abençoa o santo crisma e os demais óleos, é considerada uma das principais manifestações da plenitude do sacerdócio do bispo e um sinal da estreita união dos presbíteros com ele”. Estas são as palavras do Romano Pontifício nas Instalações para o rito da Bênção dos Óleos. Com estas palavras dirigi-vos há quinze anos na minha primeira presidência da celebração da Missa Crismal na Igreja Florentina. Ainda me refiro a eles hoje, nesta celebração que se pode presumir ser a minha última presidência da Missa Crismal nesta catedral, dirigir-me em particular a vós, sacerdotes florentinos, com quem partilhei o governo pastoral do povo de Deus que me foi confiado nos últimos anos.

As minhas são palavras de agradecimento, de reflexão, de entrega para o futuro. No entanto, gostaria de evitar cair em sentimentos, embora importante e não ausente em meu coração neste momento, trazer tudo de volta à luz da palavra de Deus. Gratidão, conhecimento, a esperança confiante deve, de facto, medir-se pela fidelidade com que soubemos corresponder ao dom que Cristo nos concedeu, de como nos sentimos obrigados a mergulhar nas suas formas de uma forma adequada aos tempos, de como nos entregamos a ela na certeza de que a presença do Senhor e do seu Espírito está entre nós, apesar das incertezas do presente, isso nunca falhará.

Neste horizonte acolhemos com satisfação a revelação que hoje nos chega da palavra de Deus a respeito da missão de Cristo, das dignidades e responsabilidades que são dadas aos seus discípulos, do serviço da palavra e da graça que nos é confiada a nós, seus ministros, para benefício de todos. A imagem que resume este mistério é a da unção, com a qual o profeta expressa a consagração do Messias enviado para levar a boa nova da salvação, colocar-se a serviço dos pobres e oprimidos, espalhar a consolação da misericórdia. Ouvimos Jesus proclamar esta mesma unção como sinal da missão para a qual o Espírito o envia como libertador da humanidade de toda a sua fragilidade para entrar no tempo da graça do Senhor. Afinal, esta unção, agora definido como real e sacerdotal, é o sinal de um povo redimido que vive para a glória do Pai.

Anúncio, sacerdócio e realeza da pessoa de Cristo passam para o dos crentes nele e o nosso ministério de sacerdotes é colocado ao serviço desta passagem. Obrigado, portanto, pelo seu ministério ao serviço da Palavra; Que sempre haja dentro de você o desejo de conhecê-lo cada vez mais profundamente e poder expressá-lo novamente com palavras que sejam capazes de atender às questões expressas e não expressas da humanidade contemporânea, olhamos para o futuro com confiança, certos de que na riqueza inesgotável da palavra de Deus há uma orientação segura para os novos desafios que pairam sobre a humanidade nos dias que virão. Obrigado pelo vosso ministério como pontífices entre a humanidade e o seu Criador, de generosos transmissores da graça que vem do alto e da voz da humanidade e das suas expectativas para com o Pai de todos; em um mundo que se constrói seguindo o mito da autossuficiência, sinta que é seu compromisso particular despertar no seu povo a necessidade de invocação e a humildade para acolher o dom da vida, a nova obra dos sacramentos; alimente sempre a esperança dentro de você, para que nenhum obstáculo o leve ao desespero ou mesmo à inércia, porque nada muda de qualquer maneira, ter dentro de nós a certeza de que o Ressuscitado tem o poder de fazer novas todas as coisas. Obrigado pela forma como vocês animam suas comunidades em seu ministério, dedique-se a ser, você enfrenta os problemas dos mais pobres em particular; Somos de fato ministros da Igreja, mas o nosso serviço é sempre pela vinda do Reino de Deus entre nós, nos sinais de bem que ajudamos a fazer florescer e na contribuição que como comunidades cristãs somos capazes de oferecer para a afirmação da justiça, da paz, de respeito pela dignidade de cada homem, do bem comum; O lugar da Igreja na sociedade está mudando rapidamente e, consequentemente, o do sacerdote, por isso somos exortados a abandonar qualquer nostalgia da centralidade, mas também a reiterar que ninguém e nenhum mundo pode permanecer alheio ao dom de nós mesmos no Senhor.

Na homilia de quinze anos atrás Eu estava te chamando para uma comunhão que não fosse uma uniformidade massificadora, mas um entrelaçamento de relações na diversidade de experiências e na modulação da verdade única. Pedi que você escapasse da repetição cansada de uma melodia monótona para buscar uma harmonia polifônica em que cada voz busca harmonia com as demais, para uma comunicação que expressa a inteligência da realidade e a beleza da experiência. Não sei há quanto tempo conseguimos viver assim nestes anos e também estou aqui para lhe pedir perdão pelo que não fiz ou pelo que posso ter feito no sentido contrário.

O outro lembrete de quinze anos atrás estava na raiz sacramental do nosso ministério, para não nos deixarmos reduzir a agentes sociais, embora apreciado e querido, nem mesmo aos funcionários de um lugar sagrado para recorrer como refúgio da angústia humana. A sacramentalidade significa que o que é decisivo em nós é o dom da graça, dos quais fomos e somos destinatários e dos quais temos a responsabilidade de sermos transmissores. Por isso, lembrei-vos e repito-vos que servir a dimensão sacramental da Igreja significa antes de tudo um compromisso de mostrar como no regime sacramental podemos compreender o primado de Deus na história e como ele se manifesta para nós e entra em contacto com nossa vida graças à mediação de Cristo, quem é o fundamento e fundador dos sacramentos.

E este chamado a Cristo faz-me repetir ainda hoje que a extensão do nosso ser sacerdote depende estritamente do nosso vínculo com ele. Somente permanecendo unidos a Ele é que tanto a nossa identidade como o nosso serviço na Igreja e no mundo encontrarão verdade e eficácia. Que este olhar para Cristo nunca falte na nossa vida quotidiana, fale com ele, deixemo-nos guiar e apoiar por ele.

Caminhamos juntos ao longo desses anos. Foi um grande presente para mim ser seu bispo e poder contar com seu apoio. Não sabemos quando, mas no futuro outro bispo irá guiá-lo, a quem vos entregarei, mas a quem também vos peço que se entreguem com confiança. Os bispos passam, o Senhor permanece e ele é o nosso único e verdadeiro Pastor, dos quais somos apenas sinais, consciente, no que me diz respeito, de fraqueza e insuficiência. Peço misericórdia ao Senhor e peço-te compreensão humana. Carinhosamente.

 

Florença, 28 Março 2024

Catedral Metropolitana de Santa Maria del Fiore

Santa Missa Crismal

 

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Gestos e palavras, sobre a liturgia. Vamos quebrar uma lança em favor de “Beije-me Tucho”, anche se pare avere dimenticato la Redemptionis Sacramentum

GESTOS E PALAVRAS, SOBRE A LITURGIA. VAMOS QUEBRAR UMA LANÇA A FAVOR DE "BEIJE-ME TUCHO”, MESMO QUE ELE PAREÇA TER ESQUECIDO LÁ O SACRAMENTO DA REDENÇÃO

Muitos, para dizer o mínimo, torceram o nariz quando o Pontífice escolheu o atual Prefeito. Não faltaram críticas. Respondendo com respeito e iluminando toda a discussão até agora com uma piada, poderíamos lembrar o ditado que diz: «Mesmo um relógio quebrado marca a hora certa duas vezes por dia»

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Autor
Simone Pifizzi

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artigo em formato de impressão PDF

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Por uma curiosa lei de retaliação muitos que se alegraram com a publicação de Implorando por confiança, declaração confusa e ambígua do Dicastério para a Doutrina da Fé publicada em 18 Dezembro do ano passado, diante do qual se levantaram episcopados inteiros, tiveram vontade de discutir com a mais recente Nota do mesmo Dicastério sobre a validade dos Sacramentos de 2 Fevereiro deste ano e intitulado: Por gestos e palavras.

A pergunta surge espontaneamente: No 2004 a Instrução foi publicada Sacramentum que é uma obra-prima da teologia sacramental, da disciplina dos Sacramentos e da pastoral litúrgica. Educação que, de acordo com o que continuou a acontecer em nossas igrejas, foi maravilhosamente ignorado por exércitos de sacerdotes criativos e movimentos leigos que continuaram destemidos a criar as suas próprias liturgias personalizadas, Neocatecumenais na cabeça, tudo em total descuido e falta de vigilância por parte dos bispos, embora o documento fale muito claramente na sua conclusão final:

«Esta Instrução, elaborado, por ordem do Sumo Pontífice João Paulo II, pela Congregação para o Culto Divino e a Disciplina dos Sacramentos em acordo com a Congregação para a Doutrina da Fé, foi aprovado pelo próprio Pontífice em 19 Março 2004, na solenidade de São José, que ordenou sua publicação e cumprimento imediato por todos os responsáveis ​​".

Por que não exigir o cumprimento desta instrução, tão bem feito e detalhado, se alguma coisa, estabelecendo sanções precisas para quem desconsiderasse as disposições dadas? Porque este é o problema subjacente que caracterizou os últimos cinquenta anos de vida de uma Igreja que pede, exorta, orienta e recomenda, mas ainda parece bom, nestes documentos, estabelecer sanções precisas para os infratores. Não somente: dentro 64 lembretes de Por gestos e palavras a Sacramentum nunca foi lembrado e citado uma vez, algo objetivamente sério.

Como até as pedras sabem agora a primeira Declaração acima mencionada, no contexto mais amplo do significado a ser dado às bênçãos na Igreja, abriu a possibilidade de abençoar espontaneamente casais em situação irregular e do mesmo sexo. Algo que para muitos bispos e padres das diversas regiões do Norte da Europa não era necessário, eles têm feito isso arbitrariamente há anos. Esta controversa Declaração prevê que as bênçãos sejam dadas em lugares e de formas que não são de forma alguma semelhantes às dadas a casais normais., mãe: «Em outros contextos, como uma visita a um santuário, o encontro com um padre, a oração recitada em grupo ou durante uma peregrinação. De fato, através destas bênçãos que não são concedidas através das formas rituais da liturgia, mas antes como expressão do coração materno da Igreja, semelhantes aos que emanam das profundezas da piedade popular, não se pretende legitimar nada, mas apenas abrir a vida a Deus, peça a ajuda dele para viver melhor, e também invocar o Espírito Santo para que os valores do Evangelho possam ser vividos com maior fidelidade” (não 40).

Até agora todos estão felizes, pelo menos os apoiantes desta abertura, como se tivéssemos anteriormente negado bênçãos a indivíduos, especialmente para aqueles que viviam em condições irregulares, ou que foram culpados dos pecados e crimes mais graves.

Ironicamente, precisamente aqueles que se alegraram antes do Implorando por confiança, pouco depois lançaram-se em duras críticas à Nota de 2 fevereiro, Gestos e palavras, porque usa linguagem tradicional para definir o que é necessário para que um Sacramento seja válido, bem como legal. A crítica, em particular, aponta o uso insistente dos termos “forma” e “matéria” utilizados pela Nota como componentes insubstituíveis de toda celebração dos Sacramentos, juntamente com a intenção do celebrante. Críticas que dizem respeito à desconexão destes três elementos constitutivos de toda a celebração do Sacramento, pelos sujeitos que dela participam e pelos diversos signos que intervêm, quais deveriam ser, pela sua própria constitucionalidade, significativo e, como se diz, caixas de som. As notas onduladas, assim, referem-se à forma como a Nota não examina a totalidade do Sacramento celebrado e, como uma onda de retorno, eles também derramam sobre o Implorando por confiança, como lá: «…Uma bênção sem forma (sem espaço, Tempo, palavras, por toda parte) É um absurdo" (cf.. Ver WHO).

Não cabe a mim me defender de um Dicastério estratégico como o da Doutrina da Fé. Mas, lendo e relendo aquela Nota vem à mente «A Navalha de Ockham» que poderia ser resumida mais ou menos assim: "Todas as coisas sendo iguais, a explicação mais simples é a preferida"; ou ainda «Não considerar a pluralidade se não for necessária».

esta Nota, e na carta de acompanhamento do Prefeito, do que em seu próprio corpo, lembre-se que eles foram detectados por Cardeais e Bispos, e por isso solicitou esclarecimentos, sobre as graves mudanças introduzidas na matéria e na forma dos Sacramentos, efetivamente tornando-os nulos e sem efeito. Bastaria ler as poucas pistas e exemplos, às vezes bizarro e curioso, a que o Prefeito se refere para compreender o simples propósito da própria Nota: convocar todos para uma correta celebração dos Sacramentos, Leal, eclesial. Que se eles forem concedidos, onde permitido pelas Conferências Episcopais, espaços de criatividade, estes não se tornam, em vez disso, uma invenção que de fato manipula arbitrariamente o celebrado Sacramento.

É deste contexto e isso é da preocupação dos Pastores das Igrejas, que a Nota deve ser lida. O que então resume o que é necessário para que um Sacramento seja válido, relembrando a doutrina tradicional, que é verdade, nos seus traços mais salientes, remonta ao Concílio de Trento, que o Vaticano II retomou e reelaborou em harmonia com tudo o que a Igreja entretanto, em quell’assise, redescobriu sobre si mesma e como pretendia se apresentar ao mundo de hoje.

Não é por acaso que a Nota se inspira na Constituição Sacrosanctum Concilium lembrar que o Conselho: «Remete analogicamente a noção de Sacramento a toda a Igreja». E de A luz que afirma sobre a Igreja que esta última é: «Em Cristo como Sacramento, isto é, sinal e instrumento de união íntima com Deus e de unidade de todo o género humano». E isto é conseguido principalmente através dos Sacramentos, em cada um dos quais a natureza sacramental da Igreja se realiza à sua maneira, Corpo de Cristo... A Igreja está ciente disso, desde as suas origens, ele teve um cuidado especial com as fontes de onde tira a força vital para sua existência e seu testemunho: a palavra de Deus, atestado pelas Sagradas Escrituras e pela Tradição, e os Sacramentos, celebrado na liturgia, através do qual é continuamente reconduzido ao mistério da Páscoa de Cristo» (cf.. não. 6, 7 e 10).

Pela magnitude de tudo a Igreja, se ele diz, recebe os Sacramentos, quem administrou, mas ela não é a dona disso. O que, em vez disso, parece ter acontecido com as variações criativas de vários ministros e vários movimentos leigos. Só neste ponto a Nota recorda brevemente - não é um tratado de liturgia - quais são os elementos essenciais. Em primeiro lugar, a “forma” do Sacramento que corresponde às palavras que acompanham a matéria, transcende isso, transmitindo o significado cristão, salvífico e eclesial do que se realiza na celebração. Portanto, a “matéria” do Sacramento, que consiste antes na ação humana, através do qual Cristo age. Às vezes há um elemento material nele (água, painel, vino, óleo), outras vezes um gesto particularmente eloquente (sinal da cruz, imposição de mãos, imersão, infusão, consentimento, unção). Esta corporeidade parece indispensável porque enraíza o Sacramento não apenas na história humana, Mas também, mais fundamentalmente, na ordem simbólica da Criação e a remete ao mistério da Encarnação do Verbo e da Redenção por Ele realizada (cf.. não 13).

Por fim, a “intenção” de quem celebra, que não tem nada a ver com sua moralidade e fé, antes com a convicção de realizar: «Pelo menos o que a Igreja faz» (Concílio de Trento). Esta disposição afasta o celebrante do automatismo e da possível arbitrariedade do indivíduo, já que este ato primorosamente humano é também eclesial. Ato interno e subjetivo sim, que, no entanto, manifestando-se no Sacramento, torna-se de toda a comunidade eclesial e: «Pois o que a Igreja faz nada mais é do que o que Cristo instituiu, também a intenção, junto com a matéria e a forma, contribui para fazer da acção sacramental o prolongamento da obra salvífica do Senhor» (cf.. não 18).

Neste sentido a Igreja ele preparou os livros litúrgicos que não devem ser alterados ou usados ​​à vontade, bastante fielmente observado nas palavras e até nos gestos nelas indicados. Oferecem espaços de criatividade e as Conferências Episcopais dos vários países prepararam possíveis adaptações e variações que correspondem à sensibilidade e situação dos participantes. Pense em comemorações com crianças, por exemplo, aos vários cânones eucarísticos preparados para eles e aprovados pela CEI.

A Nota também lembra, e isso parece responder às notas críticas, aquele: "Matéria, forma e intenção estão sempre inseridas no contexto da celebração litúrgica, o que não constitui um decorado cerimonial dos Sacramentos e nem mesmo uma introdução didática à realidade que se passa, mas sobretudo é o acontecimento em que continua a realizar-se o encontro pessoal e comunitário entre Deus e nós., em Cristo e no Espírito Santo, reunião em que, pela mediação de signos sensíveis, «a glória perfeita é dada a Deus e os homens são santificados». A necessária preocupação pelos elementos essenciais dos Sacramentos, do qual depende sua validade, deve, portanto, estar de acordo com o cuidado e o respeito de toda a celebração, em que o significado e os efeitos dos Sacramentos se tornam plenamente inteligíveis por uma multiplicidade de gestos e palavras, favorecendo assim aParticipação ativa dos fiéis (cf.. não 20).

Neste contexto toda a importância da presidência litúrgica e da arte de celebrar está incluída. Estes requerem conhecimento das razões teológicas por trás deles, como aqueles para agir, quando for comemorado, Na pessoa de Cristo e Em nome da igreja. Bem como conhecimento de livros litúrgicos e deles Para ser notado que muitas vezes são ignorados porque são chatos. Mas e se quiséssemos fazer uma comparação, que espero que não pareça fora do lugar, entre a celebração e o gesto desportivo, podemos ver como este último é eficaz se for apoiado por um bom conhecimento e implementação dos chamados fundamentos. Um campeão, especialmente aquelas disciplinas que exigem gestos repetidos, idênticos e precisos, muito tempo passa, anos mesmo, estudo, treinar e depois se expressar com uma facilidade que surpreende. Um gesto atlético muito difícil que vemos realizado, durante uma Olimpíada, por exemplo, Foi necessária uma preparação considerável, no entanto, parece simples e natural para nós.

Para concluir, eu conheço muitos, para dizer o mínimo, torceram o nariz quando o Pontífice escolheu o atual Prefeito. Não faltaram críticas. Respondendo com respeito e iluminando toda a discussão até agora com uma piada, poderíamos lembrar o ditado que diz: «Mesmo um relógio quebrado marca a hora certa duas vezes por dia». Mas, honestamente, esta nota soa bem desta vez. Não há nada de questionável nisso, se a intenção é precisamente convidar-nos a salvaguardar e apresentar de forma digna e eclesial um bem tão precioso. Na verdade, é assim que termina:

"Nós [...] temos este tesouro em vasos de barro, para que pareça que este poder extraordinário pertence a Deus, e isso não vem de nós" (2CR 4, 7). A antítese usada pelo Apóstolo para sublinhar como a sublimidade do poder de Deus se revela através da fraqueza do seu ministério de anunciador também descreve bem o que acontece nos Sacramentos. Toda a Igreja é chamada a salvaguardar a riqueza neles contida, para que a primazia da acção salvífica de Deus na história nunca seja obscurecida, apesar da frágil mediação de sinais e gestos próprios da natureza humana" (não 28).

Florença, 21 fevereiro 2024

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O “Submarino Amarelo” e tragédia. Até que ponto você é obrigado a salvar a vida humana de todas as maneiras?

A YELLOW SUBMARINE E LA TRAGEDIA. EM QUE MEDIDA VOCÊ É OBRIGADO A SALVAR A VIDA HUMANA DE TODAS AS FORMAS?

É preciso muita misericórdia, fora de questão, porque mesmo imbecis esnobes merecem misericórdia cristã e humana em qualquer caso, talvez até mais do que pessoas inteligentes, sábio e prudente.

- Realidade -

Autor
Simone Pifizzi

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artigo em formato de impressão PDF

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L’uomo la vita la riceve in comodato d’uso, non ne è arbitrario padrone e non può disporne come reputa opportuno, né togliendo la vita, come nel caso dell’aborto, né togliendosi la vita, come nel caso dell’eutanasia, anche se oggi è difficile parlare del valore salvifico della sofferenza umana, tema al quale il Santo Pontefice Giovanni Paolo II dedicò una propria enciclica: economizando Passion. La vita umana valica la stessa realtà soggettiva dell’uomo che non si dona la vita da sé stesso, ma che come dono la riceve. Quindi non può essere lui a decidere di auto-sopprimersi. È vero che la vita è nelle mani dell’uomo, ma al tempo stesso rimane un dono che va ben oltre le sue mani. Por causa disso, quello della vita, è un dono sacro di cui si può disporre fino a un certo punto ed entro certi limiti.

Ecco un esempio accademico estremo e terribile che può rendere l’idea: un nutrito gruppo di S.S. sta per attraversare un ponte, valicato il quale farà una strage di civili in quel paese, proprio come avvenne a Sant’Anna di Stazzema. Sospettano infatti che in quel paese siano nascosti dei partigiani, di cui ignorano generalità e identità, per questo hanno deciso di risolvere il problema alla radice uccidendo tutti gli abitanti, senza risparmiare anziani, Mulheres e crianças. L’unica via di accesso a quel paese è un viadotto alto decine di metri costruito tra la parete di un monte e quella dell’altro monte. I membri della resistenza lo hanno minato, pronti a farlo saltare in caso di necessità. Mentre i soldati delle S.S. lo stanno per oltrepassare una madre ignara del tutto lo sta attraversando con il suo bambino per mano. Pergunta: il ponte va fatto saltare oppure no?

Dire che le vite degli innocenti non possono essere sacrificate mai e in nessun caso, è una affermazione categorica basata su emotività illogiche e surreali, soprattutto quando il “no a tutti i costi al sacrificio degli esseri umani” viene scandito in nazioni nelle quali ogni giorno sono abortiti bambini, dopo avere deciso che in quel caso non si tratta però di vittime innocenti, perché l’aborto è un vero e proprio diritto, anzi di più: «Una grande conquista sociale».

Una trentina d’anni fa accadde nelle zone della mia Toscana che un giovane eccentrico con l’passatempo di conservare nella propria casa dei serpenti molto velenosi, pulendo una delle loro gabbie fu morso. Na Italia, dove gli unici serpenti velenosi presenti sul nostro territorio sono le vipere, nessun centro farmaceutico disponeva di un antidoto, che poteva essere reperito solo in Svizzera presso una azienda farmaceutica specializzata a conservare farmaci molto rari. In ospedale riuscirono solo a rallentare l’effetto del veleno entrato in circolo. Nel mentre fu fatto partire dal centro dell’aeronautica Militare di Grosseto un aereo F104 che in una mezz’ora giunse in Svizzera dove un addetto dell’azienda consegnò al pilota l’antidoto senza che questi scendesse neppure dal potente velivolo, quindi tornando alla base, il tutto in poco più di un’ora. A questo caso seguì una polemica quando si seppe quanto costava mettere in moto un F104 e soprattutto che all’epoca, il costo di quell’antidoto, fu pari a 15 milioni delle vecchie Lire, pagati ovviamente dallo Stato, equivalenti a quello che oggi potrebbero essere in valore monetario attuale circa 25.000/30.000 Euro.

Alcuni cinici posero la domanda se era il caso di spendere tutti i soldi che furono spesi per salvare un soggetto che in violazione alle leggi che già all’epoca proibivano di acquistare, conservare e allevare certi rettili, si era andato a cercare un guaio del genere. Ma si trattava appunto di cinici, con l’aggravante della disumanità, perché la vita va salvata sempre e a tutti i costi, per esempio non facendo saltare un ponte a metà del quale si trova una madre con un bambino. Então, le centinaia di persone che poco dopo saranno trucidate dalle S.S. appena passato quel valico, moriranno in ogni caso felici assieme ai loro bambini, per avere salvato due vite umane.

Da alcuni giorni le televisioni e la stampa internazionale parlano di un gruppo di tre multimilionari, più un quarto che è il figlio di uno di loro, che si sono voluti togliere lo sfizio di scendere alla profondità di 3.800 metri per raggiungere il piroscafo Titanic affondato a largo di Terranova nel 1912 dopo avere colpito un icebergue di ghiaccio. Tragedia nella quale morirono 1.527 persone sui 2.232 passageiro, só 705 dei quali sopravvissero.

Si tratta dei capricci di ricconi? Não, i veri ricchi, quelli che sono tali da generazioni, quelli che conoscono la delicatezza e la volatilità del danaro e quanto sia difficile conservarlo e incrementarlo; i veri ricchi che devono la loro ricchezza al proprio particolare genio imprenditoriale o finanziario, queste cose da spacconi non le fanno, sono gesta tipiche degli arricchiti. Perché solo degli arricchiti capricciosi, certi di potersi permettere qualsiasi cosa, potevano pagare ciascuno 250.000 NÓS.. $ per scendere alla profondità di quasi 4 chilometri dove si trova il relitto del Titanic, che è un sacrario, un cimitero, che come tale andrebbe rispettato. Quei fondali non possono essere meta di bravate spinte all’estremo a bordo di un mini-sottomarino simile a una supposta subacquea nella quale gli avventori non potevano stare neppure in piedi, neppure inginocchiati, quindi senza potersi muovere, ma solo seduti nello spazio di 5 metri di lunghezza per 1.60 di altezza [cf.. WHO]. Una morte terribile nelle più buie profondità marine, avvenuta per soffocamento all’interno di uno spazio angusto dove è bene non pensare neppure cosa possa essere accaduto nei momenti di panico che si sono manifestati all’interno di uno spazio claustrofobico mentre l’ossigeno mancava e i quattro multimilionari, con il pilota del mezzo, morivano per soffocamento. Lo dettaglia a A impressão Paolo Narcisi, specialista in rianimazione, non mancando di aggiungere:

«Questa tragedia, pur nel rispetto delle persone coinvolte, ha costretto una mobilitazione nei soccorsi che non c’è stata neppure per i 600 naufraghi di qualche giorno fa».

Come per il Tizio morso dal serpente domestico, anche in questo caso sono stati impiegati mezzi aerei e marittimi, strumenti tecnologici sofisticati, pessoal, specialisti e via dicendo. Justo, per salvare la vita umana si deve tentare di tutto. Senza dimenticare però che i quattro, prima di imbarcarsi, dopo avere versato 250.000 $ a testa hanno firmato un contratto con una precisa liberatoria per la società che ha organizzato la loro eccentrica bravata, nella quale è specificato che l’impresa avrebbe potuto comportare anche la possibilità di morire, il tutto specificato per ben tre volte nel testo sottoscritto e firmato dai quattro ricconi.

Dire che sono andati a cercarsela, non è né mancanza di pietà né di rispetto nei confronti di questi morti in modo peraltro molto tragico. Si tratta di una realtà, non di mancanza di pietà: sono stati loro stessi a sottoscrivere e dichiarare di essere consapevoli che sarebbero potuti anche andare incontro alla morte, que é dizer, preto no branco, che se ciò fosse accaduto, era perché loro stessi se l’erano andata a cercare, dopo essere stati avvisati in tal senso e dopo averlo sottoscritto anche in un contratto.

É preciso muita misericórdia, fora de questão, porque mesmo imbecis esnobes merecem misericórdia cristã e humana em qualquer caso, talvez até mais do que pessoas inteligentes, sábio e prudente.

Florença, 22 junho 2023

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Grande homilia do Arcebispo Metropolitano de Milão: «Quem foi Silvio Berlusconi? Um homem"

GRANDE HOMILIA DO ARCEBISPO METROPOLITANO DE MILÃO: «QUEM FOI SILVIO BERLUSCONI? UM HOMEM"

«Silvio Berlusconi foi certamente um político, ele certamente era um homem de negócios, ele certamente foi um personagem no centro das atenções da notoriedade. Mas neste momento de licença e oração, o que podemos dizer sobre Silvio Berlusconi? Era um homem: um desejo de vida, um desejo de amor, um desejo de alegria. E agora celebramos o mistério do cumprimento. Aqui está o que posso dizer sobre Silvio Berlusconi. Ele é um homem e agora ele encontra Deus".

— Ministério litúrgico —

Autor
Simone Pifizzi

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artigo em formato de impressão PDF

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Nós pastores no cuidado das almas acostume-se a subir aos púlpitos e pregar, sabemos que há momentos e situações particulares em que não é fácil fazer uma homilia adequada, como no caso do funeral de Silvio Berlusconi celebrado hoje na Catedral de Milão. Alguém poderia pensar que a delicadeza poderia ser dada pela personalidade complexa do falecido, um homem que durante várias décadas percorreu o cenário político nacional e internacional. Seguir com a presença das mais altas autoridades estaduais, do Presidente da República ao Primeiro Ministro. Situações em que não é permitido, Eu não digo uma palavra, mas nem mesmo um suspiro errado. Contudo, esta não é a dificuldade, mesmo que em circunstâncias mais ou menos semelhantes vários bispos e padres tenham resolvido o problema dizendo mais ou menos tudo sem dizer nada, evitando assim possíveis problemas.

HTTPS://www.youtube.com/watch?v=P4JqPHsQ26U&t=2s

O Arcebispo Metropolitano de Milão, SE. Mons. mario delpini, em vez disso, ele foi capaz de fazer uma homilia verdadeiramente grandiosa que trouxe todos de volta à terra nesta ária de beatificação do falecido Cavaleiro, cuja figura faz parte da história da Itália e por isso será objeto de estudos aprofundados por historiadores e especialistas geopolíticos durante décadas e décadas. O Arcebispo Ambrosiano concentrou-se em outra coisa: sobre o homem Silvio Berlusconi que foi sem dúvida um empresário de sucesso, um político que presidiu a Presidência do Conselho de Ministros da República Italiana durante quatro mandatos, um personagem histriônico dotado de um raro e extraordinário senso de auto-ironia, tanto que ele declarou repetidamente: «Muitos estão cansados ​​de zombar de mim, esquecendo que me engano e que ninguém consegue fazer isso tão bem quanto eu".

Diante desta figura complexa e até controversa, o Arcebispo Ambrosiano não se escondeu atrás do “não diga nada”, mas ele disse tudo construindo todo o seu discurso sobre esta questão retórica: «O que podemos dizer sobre Silvio Berlusconi?». Dando a resposta imediatamente: "Era um homem". E o Arcebispo Ambrosiano falou do homem com uma poética cristã que pode ser aplicada tanto a uma celebridade como Silvio Berlusconi, ou ao último idoso que morreu esquecido numa enfermaria geriátrica: um homem.

Florença, 14 junho 2023

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Texto integral da homilia do Arcebispo Metropolitano de Milão

Ao vivo

Ao vivo. Viva e ame a vida. Viva e deseje uma vida plena. Viver e desejar que a vida fosse boa, lindo para você e para seus entes queridos. Viver e compreender a vida como uma oportunidade de aproveitar bem os talentos recebidos. Viver e aceitar os desafios da vida. Vivendo e passando por momentos difíceis na vida. Viva e resista e não deixe que as derrotas te derrubem e acredite que sempre há esperança de vitória, de resgate, da vida. Viver e desejar uma vida que nunca acaba e ter coragem e confiança e acreditar que sempre há uma saída mesmo do vale mais escuro. Viva e não fuja dos desafios, aos contrastes, para insultos, para criticar, e continue sorrindo, desafiar, para contrariar, rir dos insultos. Viver e sentir as forças se esgotarem, viva e sofra o declínio e continue sorrindo, tentar, para tentar uma maneira de viver novamente. Isso é o que pode ser dito sobre um homem: um desejo de vida, que encontra seu julgamento e cumprimento em Deus.

Amar e ser amado

Amar e querer ser amado. Amando e procurando por amor, como uma promessa de vida, como uma história complicada, como uma fidelidade comprometida. Desejar ser amado e temer que o amor só possa ser uma concessão, uma condescendência, uma paixão tempestuosa e precária. Amar e querer ser amado para sempre e experimentar as decepções do amor e esperar que possa haver um caminho para um amor superior, mais difícil, maior. Amar e trilhar os caminhos da dedicação. Amar e ter esperança. Amar e confiar. Amor e entrega. Isso é o que pode ser dito do homem: um desejo de amor, que encontra seu julgamento e cumprimento em Deus.

Ser feliz

Seja feliz e ame as férias. Aproveite a beleza da vida. Ser feliz sem muitos pensamentos e sem muitas ansiedades. Para ser feliz com amigos de longa data. Seja feliz com empresas que dão satisfação. Ser feliz e querer que os outros também sejam felizes. Estar feliz consigo mesmo e ficar surpreso que os outros não estejam felizes. Seja feliz com coisas boas, alguns belos momentos, dos aplausos do povo, elogios dos apoiadores. Aproveite a companhia. Seja feliz com as menores coisas que te fazem sorrir, do gesto simpático, do resultado gratificante. Ser feliz e experimentar essa alegria é precário. Ser feliz e sentir a insinuação de uma ameaça sombria que cobre de cinza as coisas que te fazem feliz. Ser feliz e sentir-se perdido diante do esgotamento irremediável da alegria. Isso é o que pode ser dito do homem: um desejo de alegria, que encontra seu julgamento e cumprimento em Deus

Estou procurando o homem

Quando um homem é empresário, então tente fazer negócios. Portanto, tem clientes e concorrentes. Tem momentos de sucesso e momentos de fracasso. Ele se aventura em empreendimentos imprudentes. Olhe para os números e não para os critérios. Ele tem que fazer negócios. Ele não pode confiar muito nos outros e sabe que os outros não confiam muito nele. Ele é um empresário e deve fazer negócios. Quando um homem é um político, então tente vencer. Tem apoiadores e oponentes. Há quem o exalte e quem não aguenta. Um político é sempre um partidário. Quando um homem é um personagem, então está sempre no palco. Tem admiradores e detratores. Tem quem aplaude e quem odeia. Silvio Berlusconi foi certamente um político, ele certamente era um homem de negócios, ele certamente foi um personagem no centro das atenções da notoriedade. Mas neste momento de licença e oração, o que podemos dizer sobre Silvio Berlusconi? Era um homem: um desejo de vida, um desejo de amor, um desejo de alegria. E agora celebramos o mistério do cumprimento. Aqui está o que posso dizer sobre Silvio Berlusconi. Ele é um homem e agora ele conhece Deus.

Catedral Metropolitana de Milão, 14 junho 2023

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O Corpus Christi. Uma festa a redescobrir numa época em que o culto eucarístico parece “moda passada” nas ruas desertas de pastores e ocupadas por “procissões sagradas” a “politicamente correto”

A O CORPO DO SENHOR. UNA FESTA DA RISCOPRIRE IN UN TEMPO IN CUI IL CULTO EUCARISTICO SEMBRA “PASSATO DI MODA” NELLE STRADE DISERTATE DAI PASTORI E OCCUPATE DALLE “SACRE PROCESSIONI” DEL “POLITICAMENTE CORRETTO”

Dispiace constatare – come attestano numerosi messaggi di sacerdoti arrivati alla nostra Isola di Patmos nei giorni passati – che in molte delle nostre città ormai la processione del o corpo de è diventata un ricordo. Perfino la Diocesi di Roma quest’anno non ha avuto la sua processione: in compenso la vigilia del o corpo de è stata però impiegata per lo svolgimento del encontro mondiale sulla Fraternità umana dal titolo Not Alone, che prevedeva anche la presenza del Santo Padre, non concretizzatasi a causa dell’ultimo intervento chirurgico.

— Ministério litúrgico —

Autor
Simone Pifizzi

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In questi ultimi tempi abbiamo visto veramente più o meno di tutto. Sante Messe celebrate su materassini gonfiabili [cf.. WHO, WHO, WHO], su motociclette o quant’altro utilizzati per altari; con ministri sacri in costume da bagno o con vesti che giudicare inopportune per il Santo Sacrificio Eucaristico sarebbe un mero eufemismo. Altari della reposizione del Giovedì Santo che, da luoghi che dovrebbero esprimere amore e preghiera verso il tesoro più prezioso lasciatoci da Nostro Signore Gesù Cristo, che si sono trasformati in luogo di sfogo delle più stravaganti paturnie presbiterali [cf.. WHO].

o corpo de junho 2020, benedizione eucaristica dal sagrato della cattedrale impartita dal Cardinale Giuseppe Betori, Arcebispo Metropolitano de Florença

Giunge allora come rugiada sul vello nel deserto la solennità del Corpo e Sangue di Cristo, comunemente detta o corpo de, che la Chiesa celebra il primo giovedì dopo la festa della Santissima Trinità, o la domenica successiva. È stato scritto:

«Come la Santissima Eucaristia rappresenta il centro e il culmine di tutta la nostra vita religiosa, nonché il fulcro della Liturgia, il momento più alto della vita cristiana e il più santo dei Sacramenti, così la festività del o corpo de, a parte la Pasqua e il Natale, è la più radiosa dell’anno liturgico, perché segna il trionfo del Re eucaristico, e la sua istituzione è la più eloquente espressione della vita religiosa ed ecclesiale del Medioevo» (Bernhard Ridder, Manuale di storia ecclesiastica, Pauline, p. 368).

L’origine di questa festa la si fa risalire storicamente nell’anno 1247 nella diocesi di Liegi, dove il vescovo introdusse questa celebrazione in reazione alle tesi di Berengario di Tours (998-1088), secondo il quale la presenza di Cristo nell’Eucaristia non era reale ma solo simbolica. Il Vescovo fu ispirato dalla Santa mistica Giuliana di Cornillon (1192-1258), monaca agostiniana del convento di Mount Cornillon, che da giovane ebbe la visione della Chiesa, apparsale sotto le sembianze di una luna piena, solcata da una macchia scura, ad indicare la mancanza di una festività. In seguito ebbe la visione di Cristo stesso che le affidò il compito di adoperarsi affinché fosse istituita la festa del Santissimo Sacramento, per ravvivare la fede dei cristiani nella presenza reale nell’Eucaristia e per espiare i peccati commessi contro il Sacramento Eucaristico. Divenuta nel 1222 priora del suo convento chiese consiglio ai maggiori teologi del suo tempo (tra cui Jaques Pantaléon, futuro Papa Urbano IV) per chiedere l’istituzione della festa. Questo portò il vescovo di Liegi, Roberto di Thourotte (+1246) ad indire nel 1246 un sinodo locale ― perché all’epoca i sinodi si occupavano di cose serie … ― il quale stabilì che dall’anno successivo venisse celebrata la festa del o corpo de nella Diocesi di Liegi. Incidentalmente: all’epoca i vescovi avevano la facoltà di istituire feste liturgiche all’interno della propria diocesi.

Dentro 1264 il Papa Urbano IV che già aveva contribuito e appoggiato la festa del o corpo de a Liegi, in seguito anche al riconoscimento del Miracolo Eucaristico di Orvieto-Bolsena del 1263, con la Bolla Passe de outro mundo, istituì la solennità del o corpo de per tutta la Chiesa universale, elevandola a festa di precetto e fissandone la celebrazione per il giovedì dopo l’Ottava di Pentecoste. Sul miracolo eucaristico di Bolsena-Orvieto lasciamo però la parola al nostro confratello orvietano Marco Nunzi, che ne è esperto conoscitore [cf.. WHO]. A me interessa sottolineare alcune particolarità liturgiche di questa festa:

Liturgia eucaristica. I testi delle letture delle tre Messe corrispondenti ai cicli liturgici festivi A, B e C, presentano anzitutto le figure simboliche dell’Antico Testamento riguardanti l’Eucaristia come la manna data in cibo ad Israele nel deserto, a olocausti e eu sacrifícios di comunione per il Signore, a sangue dell’alleanza, il pane e il vino offerti da Melchisedech ad Abramo. Nella seconda lettura delle stesse tre Messe, l’Apostolo Paolo afferma che la comunione con il Corpo di Cristo è un segno eloquente di unità, di intima amicizia e di “incorporazione” in Cristo, oltre che di fede e di completa donazione a lui. Il testo della Lettera agli Ebrei (B) presenta Gesù che offre s e stesso per purificare la nostra coscienza dalle opere di morte al fine di servire il Dio vivente. Nei brani evangelici viene parte del Discorso del Pane di vita tenuto da Gesù a Cafarnao (cf.. GV 6), l’ultima cena di Gesù e l’istituzione dell’Eucaristia (cf.. MC 14, 12-6. 22-26) e la moltiplicazione dei pani (cf.. LC 9, 11-17). In particolare poi va sottolineata la stupenda sequenza Lauda Sion che canta il Cristo vero Pane di Vita che “ci nutre, ci difende e ci porta ai beni eterni nella terra dei viventi”.

Liturgia delle ore. Oltre gli inni del Pange lingua, a Sacris sollemniis ele nasceu em Verbum supernum prodiens, insuperabili per contenuto e melodia musicale, i salmi dell’Ufficio delle Letture, delle Lodi e dei Vespri riassumono tutti i sentimenti che un’anima credente e amante può esprimere al Signore, che nell’Eucaristia ci dà il segno eloquente del suo amore infinito per noi. Le due letture presentano l’Eucaristia come centro di tutta la storia della salvezza, che ha la sua preparazione nell’Antico Testamento e la sua piena attuazione nel Nuovo Testamento. San Tommaso Aquino, na segunda leitura, non esita a dire

«l’Unigenito Figlio di Dio, volendo farci partecipi della sua divinità […] si fece uomo per elevarci alle altezze di Dio […] offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull’altare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati. Porque, no fim, rimanesse in noi un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo Corpo in cibo e il suo Sangue come bevanda, sob as espécies de pão e vinho. Oh, meraviglioso convito! Che cosa vi può essere di più prezioso? Nessun sacramento è più salutare di questo. L’Eucaristia è il memoriale della passione di Cristo, è la più grande di tutte le meraviglie da lui operate, è il mirabile documento del suo immenso amore per gli uomini» (Opusc. 57, nella festa del Corpo del Signore, lect. 1-4).

Processione eucaristica. Come abbiamo già detto, Al fine di favorire la devozione al Santissimo Sacramento, il Papa Urbano IV estese la festa del o corpo de a tutta la Chiesa. Pur non facendo alcuna menzione nella Bolla ad una processione eucaristica, si prese subito l’abitudine di mostrare ai fedeli le Specie Eucaristiche nel corso di una solenne processione con il Santissimo Sacramento, che evidentemente si è sempre distinta per speciale importanza e per significato nella vita pastorale delle comunità cristiane. Conviene pertanto che, là dove le circostanze attuali lo permettono e la processione può essere davvero un segno di fede e di adorazione, essa venga conservata. In tal caso è bene che la processione con il Santissimo Sacramento si faccia immediatamente dopo la Messa, nella quale viene consacrata l’Ostia da portarsi poi in processione. I canti e le preghiere che si fanno lungo il tragitto, portino tutti a manifestare la loro fede in Cristo, unicamente intenti alla luce del Signore (cf.. Rito della Comunione fuori della Messa e Culto Eucaristico, NN. 102 – 104).

Dispiace constatare – come attestano numerosi messaggi di sacerdoti arrivati alla nostra Isola di Patmos nei giorni passati – che in molte delle nostre città ormai la processione del o corpo de è diventata un ricordo. Perfino la Diocesi di Roma quest’anno non ha avuto la sua processione: in compenso la vigilia del o corpo de è stata però impiegata per lo svolgimento del encontro mondiale sulla Fraternità umana dal titolo Not Alone, che prevedeva anche la presenza del Santo Padre, non concretizzatasi a causa dell’ultimo intervento chirurgico.

Quello di Roma è solo un esempio di eleganti “scuse” episcopali ― con tanto di spallucce a chi invece fa notare l’importanza di un tale gesto ― per lasciare ad altri e ad altro le nostre vie e le nostre piazze, trasformate il più delle volte in grandi trattorie a cielo aperto, basterebbe fare in tal senso un giro in piazza del Duomo a Firenze per rendersene conto …

Forse su questa moda di buttare alle ortiche tutte le nostre tradizioni per essere “politicamente corretti” converrebbe fare una serena ma urgente riflessione, anche se il disagio e la sofferenza che in forma sempre maggiore stanno vivendo i preti e di riflesso i fedeli, sembrerebbe interessare poco o niente.

Florença, 11 junho 2023

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Houve apenas um político italiano caçador de pulgas profissional que suspirou sobre a forma como Volodymyr Zelensky violou o protocolo

EXISTE APENAS UM POLÍTICO ITALIANO PROFISSIONAL CAÇA-PULGAS QUE DISSE SOBRE A FORMA COMO VOLODYMYR ZELENSKYJ VIOLOU O PROTOCOLO

Não estamos falando de formalidades ou formalidades, mas de protocolo institucional, que não se baseia em fúteis formas externas, mas assenta precisamente no respeito devido a quem o recebe: seja o país, é seu chefe de estado, é o seu primeiro-ministro.

- Novidades em breve -

Autor
Editores da ilha de Patmos

 

 

 

 

 

 

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O Autocrata da Ucrânia Volodymyr Zelensky - porque ele é como seu homólogo russo, Vladimir Putin: um autocrata - ele apareceu em uma visita oficial de estado à Itália com roupas que não eram simplesmente indecorosas, mas realmente desrespeitoso.

Não estamos falando de formalidades ou formalidades, mas de protocolo institucional, que não se baseia em fúteis formas externas, mas assenta precisamente no respeito devido a quem o recebe: seja o país, é seu chefe de estado, é o seu primeiro-ministro. Portanto, vocênão, que se comporte dessa maneira denota duas coisas:
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1) eu posso pagar tudo;
2) eu sou eu e você não é um … como disse o lendário Marchese del Grillo em um famoso filme de Alberto Sordi que já entrou para a história.
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Cortesia para esta roupa de caça&pesca eles poderiam até dar-lhe uma bengala … pescaria. Só havia um, entre nossos muitos políticos caçadores de pulgas profissionais, que ele suspirou, apenas um.
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Deve-se reconhecer que Vladimir Putin, quando ele desrespeita pessoas e instituições, ele o faz pelo menos de uma forma mais sutil “Elegante”, por exemplo, chegar duas vezes atrasado em uma visita oficial ao Sumo Pontífice: No 2013 com 50 minutos e depois seguir No 2015 com uma hora e 10 minutos de atraso. Na série: “Eu sou o czar da Grande Rússia, Eu posso pagar isso e muito mais, mas querendo mais”.
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a Ilha de Patmos 14 Posso 2023

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.HTTPS://www.youtube.com/watch?v=ltEAQNopUYM&t=2s

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