Quinta-feira Santa 2024. Homilia de saudação do Cardeal Giuseppe Betori

QUINTA-FEIRA SANTA 2024. UNA OMELIA DI SALUTO DEL CARDINALE GIUSEPPE BETORI

Affermare che oggi, das águias e falcões onde estamos passando para galinhas ou, bom andamento, para perus, não é uma declaração mesquinha e irreverente, mas um fato: negli ultimi anni abbiamo assistito a nomine episcopali di soggetti imbarazzanti, ma quel che è peggio tutti uguali, o come suol dirsi fatti a stampo, clonati per emulazione. Il tutto alla faccia della pluralità delle voci all’interno della Chiesa!

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Autor
Simone Pifizzi

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A ispirarmi questo articolo ― che tale non è, perché si tratta di riportare il testo di una omelia pronunciata dal Cardinale Giuseppe Betori Arcivescovo Metropolita di Firenze ― è stato il Padre Ariel, che poche settimane fa ha dedicato su queste nostre colonne un omaggio al suo Vescovo, SE. Mons. Andrea Turazzi; omaggio fatto con un tocco di classe riassunto in questa frase:

«Un buon prete è tale se per lodare il proprio Vescovo attende la fine del suo mandato [...] Solamente adesso che non ha più potere di governo pastorale sulla Diocesi e su di me, Posso dizer publicamente o quanto o reverenciei, apprezzato e amato il mio Vescovo».

L’Arcivescovo di Firenze, pur avendo presentato al Sommo Pontefice la propria rinuncia al governo pastorale della nostra Diocesi non è ancora emerito, né è stato ancora ufficializzato il suo successore designato. La sua missione tra di noi, na verdade, è da considerarsi però terminata. Per quanto riguarda il suo successore, è pressoché certo che sia stato già scelto e nominato, dobbiamo solo attendere l’annuncio ufficiale.

Con il Cardinale Giuseppe Betori — e ormai pochissimi altri divenuti vescovi cinquantenni sotto il pontificato del Santo Pontefice Giovanni Paolo II — si chiude definitivamente una stagione ecclesiale ed ecclesiastica che ebbe anch’essa le sue non poche problematicità, ma comunque popolata anche di personalità di alto livello pastorale e spessore culturale. Affermare che oggi, das águias e falcões onde estamos passando para galinhas ou, bom andamento, para perus, não é uma declaração mesquinha e irreverente, mas um fato: negli ultimi anni abbiamo assistito a nomine episcopali di soggetti imbarazzanti, ma quel che è peggio tutti uguali, o come suol dirsi fatti a stampo, clonati per emulazione. Il tutto alla faccia della pluralità delle voci all’interno della Chiesa!

Facendo mie le parole rivolte da un confratello al proprio Vescovo oggi posso dire anch’io:

«Un buon prete è tale se per lodare il proprio Vescovo attende la fine del suo mandato [...] Solamente adesso che non ha più potere di governo pastorale sulla Diocesi e su di me, Posso dizer publicamente o quanto o reverenciei, apprezzato e amato il mio Vescovo».

Cardeal Giuseppe Betori si è rivelato una perla ormai incastonata nel diadema della genealogia degli ultimi Vescovi donati a questa nostra Chiesa fiorentina dalla Roma che ormai fu, come dimostra l’omelia che segue …

Florença, 28 Março 2024

 

Il Cardinale Giuseppe Betori Arcivescovo Metropolita di Firenze, Santa Messa del Crisma dell’anno 2024

La Messa crismale, che il Vescovo concelebra con i presbiteri delle diverse zone della diocesi e durante la quale benedice il santo crisma e gli altri oli, è considerata una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio del vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri con lui». Sono queste le parole del Pontificale Romano nelle Premesse al rito della Benedizione degli Oli. Con queste parole quindici anni fa mi rivolsi a voi nella mia prima presidenza della celebrazione della Messa Crismale nella Chiesa fiorentina. Ad esse faccio riferimento anche oggi, in questa celebrazione che si può presumere sia l’ultima mia presidenza della Messa Crismale in questa cattedrale, per rivolgermi in particolar modo a voi preti fiorentini, con cui ho condiviso il governo pastorale del popolo di Dio che mi è stato affidato in questi anni.

Le mie vogliono essere parole di ringraziamento, di riflessione, di consegna per il futuro. Vorrei però evitare di scivolare sul piano dei sentimenti, pur importanti e non assenti nel mio cuore in questo momento, per ricondurre tutto alla luce della parola di Dio. Gratitudine, consapevolezza, fiduciosa speranza vanno infatti misurate sulla fedeltà con cui siamo stati capaci di corrispondere al dono che Cristo ci ha fatto, di come ci sentiamo in dovere di approfondirne le forme in modo adeguato ai tempi, di come ci consegniamo ad esso nella certezza che la presenza del Signore e del suo Spirito tra noi, pur nelle incertezze del presente, non verrà mai meno.

In questo orizzonte accogliamo la rivelazione che oggi ci viene fatta dalla parola di Dio circa la missione di Cristo, delle dignità e responsabilità che sono consegnate ai suoi discepoli, del servizio della parola e della grazia che è affidato a noi suoi ministri a vantaggio di tutti. L’immagine che riassume questo mistero è quella dell’unzione, con cui il profeta esprime la consacrazione del Messia inviato a portare il lieto annunzio della salvezza, a porsi al servizio dei poveri e degli oppressi, a diffondere la consolazione della misericordia. Questa stessa unzione abbiamo udito Gesù proclamare come segno della missione per cui lo Spirito lo invia come liberatore dell’umanità da ogni sua fragilità per entrare nel tempo della grazia del Signore. Afinal, questa unzione, ora definita regale e sacerdotale, è il segno di un popolo redento che vive per la gloria del Padre.

Annuncio, sacerdozio e regalità dalla persona di Cristo passano a quella dei credenti in lui e al servizio di questo passaggio è posto il nostro ministero di preti. Grazie dunque per il vostro ministero a servizio della Parola; viva sempre in voi il desiderio di conoscerla sempre più profondamente e di saperla ridire con parole che siano in grado di incrociare le domande espresse e inespresse dell’umanità contemporanea, guardiamo con fiducia al futuro, certi che nella inesauribile ricchezza della parola di Dio c’è un sicuro orientamento per le nuove sfide che incombono sull’umanità nei giorni a venire. Grazie per il vostro ministero di pontefici tra l’umanità e il suo Creatore, di generosi trasmettitori della grazia che viene dall’alto e di voce dell’umanità e delle sue attese verso il Padre di tutti; in un mondo che si edifica seguendo il mito dell’autosufficienza, sentite come particolare vostro impegno quello di risvegliare nella vostra gente il bisogno dell’invocazione e l’umiltà dell’accoglienza del dono di vita nuova opera dei sacramenti; alimentate sempre in voi la speranza, perché nessun ostacolo vi getti nello sconforto o anche solo nell’inerzia, perché tanto nulla cambia, avendo in noi la certezza che il Risorto ha il potere di fare nuove tutte le cose. Grazie per come nel vostro ministero animate le vostre comunità, vi consacrate ad esse, vi fate carico dei problemi in particolare dei più poveri; Siamo sì ministri della Chiesa, ma il nostro servizio è sempre per la venuta del Regno di Dio tra noi, nei segni di bene che aiutiamo a far sbocciare e nel contributo che come comunità cristiane siamo in grado di offrire per l’affermarsi della giustizia, da paz, del rispetto della dignità di ogni uomo, do bem comum; è in rapido mutamento il posto della Chiesa nella società e di conseguenza quello del prete, per cui siamo sollecitati a lasciare ogni nostalgia di centralità ma anche a ribadire che nessuno e nessun mondo può restare estraneo al dono di noi stessi nel Signore.

Nell’omelia di quindici anni fa vi richiamavo a una comunione che non fosse una massificante uniformità, ma un intrecciarsi di relazioni nella diversità delle esperienze e nella modulazione dell’unica verità. Vi chiedevo di rifuggire dallo stanco ripetersi di una melodia monocorde per cercare un’armonia polifonica in cui ciascuna voce cerca la sintonia con le altre, per una comunicazione che esprima intelligenza della realtà e bellezza dell’esperienza. Non so quanto siamo riusciti a vivere così in questi anni e sto qui anche a chiedervi perdono per quanto non ho fatto o per quanto posso aver fatto in senso contrario.

L’altro richiamo di quindici anni fa era alla radice sacramentale del nostro ministero, per non lasciarci ridurre ad agenti sociali, pur apprezzati e benvoluti, e neppure a funzionari di un sacro a cui ricorrere come rifugio delle angosce umane. Sacramentalità significa che ciò che è decisivo in noi è il dono della grazia, di cui siamo stati e siamo destinatari e di cui abbiamo la responsabilità di essere trasmettitori. Vi ricordavo e vi ripeto perciò che servire la dimensione sacramentale della Chiesa significa anzitutto impegno a mostrare come nel regime sacramentale possiamo cogliere il primato di Dio nella storia e come esso si manifesti a noi ed entri in contatto con la nostra vita grazie alla mediazione di Cristo, che dei sacramenti è il fondamento e il fondatore.

E questo richiamo a Cristo mi fa ripetere anche oggi che la misura del nostro essere prete è strettamente dipendente dal nostro legame a lui. Solo restando uniti a lui sia la nostra identità che il nostro servizio nella Chiesa e nel mondo potranno trovare verità ed efficacia. Non manchi mai nella nostra vita quotidiana questo guardare a Cristo, dialogare con lui, lasciarci da lui guidare e sostenere.

Abbiamo camminato insieme in questi anni. È stato un grande dono per me essere il vostro vescovo e poter contare sul vostro sostegno. Non sappiamo quando, ma in futuro sarà un altro vescovo a guidarvi, a cui vi consegnerò ma a cui chiedo anche a voi di consegnarvi con fiducia. I vescovi passano, il Signore resta ed è lui l’unico vero nostro Pastore, di cui noi siamo solo segni, consapevoli, per quanto mi riguarda di debolezza e insufficienza. Al Signore chiedo misericordia e a voi umana comprensione. Carinhosamente.

 

Florença, 28 Março 2024

Cattedrale Metropolitana di Santa Maria del Fiore

Santa Messa del Crisma

 

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Gestos e palavras, sobre a liturgia. Vamos quebrar uma lança em favor de “Beije-me Tucho”, anche se pare avere dimenticato la Redemptionis Sacramentum

GESTOS E PALAVRAS, SOBRE A LITURGIA. VAMOS QUEBRAR UMA LANÇA A FAVOR DE "BEIJE-ME TUCHO”, MESMO QUE ELE PAREÇA TER ESQUECIDO LÁ O SACRAMENTO DA REDENÇÃO

Muitos, para dizer o mínimo, torceram o nariz quando o Pontífice escolheu o atual Prefeito. Não faltaram críticas. Respondendo com respeito e iluminando toda a discussão até agora com uma piada, poderíamos lembrar o ditado que diz: «Mesmo um relógio quebrado marca a hora certa duas vezes por dia»

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Autor
Simone Pifizzi

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Por uma curiosa lei de retaliação muitos que se alegraram com a publicação de Implorando por confiança, declaração confusa e ambígua do Dicastério para a Doutrina da Fé publicada em 18 Dezembro do ano passado, diante do qual se levantaram episcopados inteiros, tiveram vontade de discutir com a mais recente Nota do mesmo Dicastério sobre a validade dos Sacramentos de 2 Fevereiro deste ano e intitulado: Por gestos e palavras.

A pergunta surge espontaneamente: No 2004 a Instrução foi publicada Sacramentum que é uma obra-prima da teologia sacramental, da disciplina dos Sacramentos e da pastoral litúrgica. Educação que, de acordo com o que continuou a acontecer em nossas igrejas, foi maravilhosamente ignorado por exércitos de sacerdotes criativos e movimentos leigos que continuaram destemidos a criar as suas próprias liturgias personalizadas, Neocatecumenais na cabeça, tudo em total descuido e falta de vigilância por parte dos bispos, embora o documento fale muito claramente na sua conclusão final:

«Esta Instrução, elaborado, por ordem do Sumo Pontífice João Paulo II, pela Congregação para o Culto Divino e a Disciplina dos Sacramentos em acordo com a Congregação para a Doutrina da Fé, foi aprovado pelo próprio Pontífice em 19 Março 2004, na solenidade de São José, que ordenou sua publicação e cumprimento imediato por todos os responsáveis ​​".

Por que não exigir o cumprimento desta instrução, tão bem feito e detalhado, se alguma coisa, estabelecendo sanções precisas para quem desconsiderasse as disposições dadas? Porque este é o problema subjacente que caracterizou os últimos cinquenta anos de vida de uma Igreja que pede, exorta, orienta e recomenda, mas ainda parece bom, nestes documentos, estabelecer sanções precisas para os infratores. Não somente: dentro 64 lembretes de Por gestos e palavras a Sacramentum nunca foi lembrado e citado uma vez, algo objetivamente sério.

Como até as pedras sabem agora a primeira Declaração acima mencionada, no contexto mais amplo do significado a ser dado às bênçãos na Igreja, abriu a possibilidade de abençoar espontaneamente casais em situação irregular e do mesmo sexo. Algo que para muitos bispos e padres das diversas regiões do Norte da Europa não era necessário, eles têm feito isso arbitrariamente há anos. Esta controversa Declaração prevê que as bênçãos sejam dadas em lugares e de formas que não são de forma alguma semelhantes às dadas a casais normais., mãe: «Em outros contextos, como uma visita a um santuário, o encontro com um padre, a oração recitada em grupo ou durante uma peregrinação. De fato, através destas bênçãos que não são concedidas através das formas rituais da liturgia, mas antes como expressão do coração materno da Igreja, semelhantes aos que emanam das profundezas da piedade popular, não se pretende legitimar nada, mas apenas abrir a vida a Deus, peça a ajuda dele para viver melhor, e também invocar o Espírito Santo para que os valores do Evangelho possam ser vividos com maior fidelidade” (não 40).

Até agora todos estão felizes, pelo menos os apoiantes desta abertura, como se tivéssemos anteriormente negado bênçãos a indivíduos, especialmente para aqueles que viviam em condições irregulares, ou que foram culpados dos pecados e crimes mais graves.

Ironicamente, precisamente aqueles que se alegraram antes do Implorando por confiança, pouco depois lançaram-se em duras críticas à Nota de 2 fevereiro, Gestos e palavras, porque usa linguagem tradicional para definir o que é necessário para que um Sacramento seja válido, bem como legal. A crítica, em particular, aponta o uso insistente dos termos “forma” e “matéria” utilizados pela Nota como componentes insubstituíveis de toda celebração dos Sacramentos, juntamente com a intenção do celebrante. Críticas que dizem respeito à desconexão destes três elementos constitutivos de toda a celebração do Sacramento, pelos sujeitos que dela participam e pelos diversos signos que intervêm, quais deveriam ser, pela sua própria constitucionalidade, significativo e, como se diz, caixas de som. As notas onduladas, assim, referem-se à forma como a Nota não examina a totalidade do Sacramento celebrado e, como uma onda de retorno, eles também derramam sobre o Implorando por confiança, como lá: «…Uma bênção sem forma (sem espaço, Tempo, palavras, por toda parte) É um absurdo" (cf.. Ver WHO).

Não cabe a mim me defender de um Dicastério estratégico como o da Doutrina da Fé. Mas, lendo e relendo aquela Nota vem à mente «A Navalha de Ockham» que poderia ser resumida mais ou menos assim: "Todas as coisas sendo iguais, a explicação mais simples é a preferida"; ou ainda «Não considerar a pluralidade se não for necessária».

esta Nota, e na carta de acompanhamento do Prefeito, do que em seu próprio corpo, lembre-se que eles foram detectados por Cardeais e Bispos, e por isso solicitou esclarecimentos, sobre as graves mudanças introduzidas na matéria e na forma dos Sacramentos, efetivamente tornando-os nulos e sem efeito. Bastaria ler as poucas pistas e exemplos, às vezes bizarro e curioso, a que o Prefeito se refere para compreender o simples propósito da própria Nota: convocar todos para uma correta celebração dos Sacramentos, Leal, eclesial. Que se eles forem concedidos, onde permitido pelas Conferências Episcopais, espaços de criatividade, estes não se tornam, em vez disso, uma invenção que de fato manipula arbitrariamente o celebrado Sacramento.

É deste contexto e isso é da preocupação dos Pastores das Igrejas, que a Nota deve ser lida. O que então resume o que é necessário para que um Sacramento seja válido, relembrando a doutrina tradicional, que é verdade, nos seus traços mais salientes, remonta ao Concílio de Trento, que o Vaticano II retomou e reelaborou em harmonia com tudo o que a Igreja entretanto, em quell’assise, redescobriu sobre si mesma e como pretendia se apresentar ao mundo de hoje.

Não é por acaso que a Nota se inspira na Constituição Sacrosanctum Concilium lembrar que o Conselho: «Remete analogicamente a noção de Sacramento a toda a Igreja». E de A luz que afirma sobre a Igreja que esta última é: «Em Cristo como Sacramento, isto é, sinal e instrumento de união íntima com Deus e de unidade de todo o género humano». E isto é conseguido principalmente através dos Sacramentos, em cada um dos quais a natureza sacramental da Igreja se realiza à sua maneira, Corpo de Cristo... A Igreja está ciente disso, desde as suas origens, ele teve um cuidado especial com as fontes de onde tira a força vital para sua existência e seu testemunho: a palavra de Deus, atestado pelas Sagradas Escrituras e pela Tradição, e os Sacramentos, celebrado na liturgia, através do qual é continuamente reconduzido ao mistério da Páscoa de Cristo» (cf.. não. 6, 7 e 10).

Pela magnitude de tudo a Igreja, se ele diz, recebe os Sacramentos, quem administrou, mas ela não é a dona disso. O que, em vez disso, parece ter acontecido com as variações criativas de vários ministros e vários movimentos leigos. Só neste ponto a Nota recorda brevemente - não é um tratado de liturgia - quais são os elementos essenciais. Em primeiro lugar, a “forma” do Sacramento que corresponde às palavras que acompanham a matéria, transcende isso, transmitindo o significado cristão, salvífico e eclesial do que se realiza na celebração. Portanto, a “matéria” do Sacramento, que consiste antes na ação humana, através do qual Cristo age. Às vezes há um elemento material nele (água, painel, vino, óleo), outras vezes um gesto particularmente eloquente (sinal da cruz, imposição de mãos, imersão, infusão, consentimento, unção). Esta corporeidade parece indispensável porque enraíza o Sacramento não apenas na história humana, Mas também, mais fundamentalmente, na ordem simbólica da Criação e a remete ao mistério da Encarnação do Verbo e da Redenção por Ele realizada (cf.. não 13).

Por fim, a “intenção” de quem celebra, que não tem nada a ver com sua moralidade e fé, antes com a convicção de realizar: «Pelo menos o que a Igreja faz» (Concílio de Trento). Esta disposição afasta o celebrante do automatismo e da possível arbitrariedade do indivíduo, já que este ato primorosamente humano é também eclesial. Ato interno e subjetivo sim, que, no entanto, manifestando-se no Sacramento, torna-se de toda a comunidade eclesial e: «Pois o que a Igreja faz nada mais é do que o que Cristo instituiu, também a intenção, junto com a matéria e a forma, contribui para fazer da acção sacramental o prolongamento da obra salvífica do Senhor» (cf.. não 18).

Neste sentido a Igreja ele preparou os livros litúrgicos que não devem ser alterados ou usados ​​à vontade, bastante fielmente observado nas palavras e até nos gestos nelas indicados. Oferecem espaços de criatividade e as Conferências Episcopais dos vários países prepararam possíveis adaptações e variações que correspondem à sensibilidade e situação dos participantes. Pense em comemorações com crianças, por exemplo, aos vários cânones eucarísticos preparados para eles e aprovados pela CEI.

A Nota também lembra, e isso parece responder às notas críticas, aquele: "Matéria, forma e intenção estão sempre inseridas no contexto da celebração litúrgica, o que não constitui um decorado cerimonial dos Sacramentos e nem mesmo uma introdução didática à realidade que se passa, mas sobretudo é o acontecimento em que continua a realizar-se o encontro pessoal e comunitário entre Deus e nós., em Cristo e no Espírito Santo, reunião em que, pela mediação de signos sensíveis, «a glória perfeita é dada a Deus e os homens são santificados». A necessária preocupação pelos elementos essenciais dos Sacramentos, do qual depende sua validade, deve, portanto, estar de acordo com o cuidado e o respeito de toda a celebração, em que o significado e os efeitos dos Sacramentos se tornam plenamente inteligíveis por uma multiplicidade de gestos e palavras, favorecendo assim aParticipação ativa dos fiéis (cf.. não 20).

Neste contexto toda a importância da presidência litúrgica e da arte de celebrar está incluída. Estes requerem conhecimento das razões teológicas por trás deles, como aqueles para agir, quando for comemorado, Na pessoa de Cristo e Em nome da igreja. Bem como conhecimento de livros litúrgicos e deles Para ser notado que muitas vezes são ignorados porque são chatos. Mas e se quiséssemos fazer uma comparação, que espero que não pareça fora do lugar, entre a celebração e o gesto desportivo, podemos ver como este último é eficaz se for apoiado por um bom conhecimento e implementação dos chamados fundamentos. Um campeão, especialmente aquelas disciplinas que exigem gestos repetidos, idênticos e precisos, muito tempo passa, anos mesmo, estudo, treinar e depois se expressar com uma facilidade que surpreende. Um gesto atlético muito difícil que vemos realizado, durante uma Olimpíada, por exemplo, Foi necessária uma preparação considerável, no entanto, parece simples e natural para nós.

Para concluir, eu conheço muitos, para dizer o mínimo, torceram o nariz quando o Pontífice escolheu o atual Prefeito. Não faltaram críticas. Respondendo com respeito e iluminando toda a discussão até agora com uma piada, poderíamos lembrar o ditado que diz: «Mesmo um relógio quebrado marca a hora certa duas vezes por dia». Mas, honestamente, esta nota soa bem desta vez. Não há nada de questionável nisso, se a intenção é precisamente convidar-nos a salvaguardar e apresentar de forma digna e eclesial um bem tão precioso. Na verdade, é assim que termina:

"Nós [...] temos este tesouro em vasos de barro, para que pareça que este poder extraordinário pertence a Deus, e isso não vem de nós" (2CR 4, 7). A antítese usada pelo Apóstolo para sublinhar como a sublimidade do poder de Deus se revela através da fraqueza do seu ministério de anunciador também descreve bem o que acontece nos Sacramentos. Toda a Igreja é chamada a salvaguardar a riqueza neles contida, para que a primazia da acção salvífica de Deus na história nunca seja obscurecida, apesar da frágil mediação de sinais e gestos próprios da natureza humana" (não 28).

Florença, 21 fevereiro 2024

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O “Submarino Amarelo” e tragédia. Até que ponto você é obrigado a salvar a vida humana de todas as maneiras?

A YELLOW SUBMARINE E LA TRAGEDIA. EM QUE MEDIDA VOCÊ É OBRIGADO A SALVAR A VIDA HUMANA DE TODAS AS FORMAS?

É preciso muita misericórdia, fora de questão, porque mesmo imbecis esnobes merecem misericórdia cristã e humana em qualquer caso, talvez até mais do que pessoas inteligentes, sábio e prudente.

- Realidade -

Autor
Simone Pifizzi

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L’uomo la vita la riceve in comodato d’uso, non ne è arbitrario padrone e non può disporne come reputa opportuno, né togliendo la vita, come nel caso dell’aborto, né togliendosi la vita, come nel caso dell’eutanasia, anche se oggi è difficile parlare del valore salvifico della sofferenza umana, tema al quale il Santo Pontefice Giovanni Paolo II dedicò una propria enciclica: economizando Passion. La vita umana valica la stessa realtà soggettiva dell’uomo che non si dona la vita da sé stesso, ma che come dono la riceve. Quindi non può essere lui a decidere di auto-sopprimersi. È vero che la vita è nelle mani dell’uomo, ma al tempo stesso rimane un dono che va ben oltre le sue mani. Por causa disso, quello della vita, è un dono sacro di cui si può disporre fino a un certo punto ed entro certi limiti.

Ecco un esempio accademico estremo e terribile che può rendere l’idea: un nutrito gruppo di S.S. sta per attraversare un ponte, valicato il quale farà una strage di civili in quel paese, proprio come avvenne a Sant’Anna di Stazzema. Sospettano infatti che in quel paese siano nascosti dei partigiani, di cui ignorano generalità e identità, per questo hanno deciso di risolvere il problema alla radice uccidendo tutti gli abitanti, senza risparmiare anziani, Mulheres e crianças. L’unica via di accesso a quel paese è un viadotto alto decine di metri costruito tra la parete di un monte e quella dell’altro monte. I membri della resistenza lo hanno minato, pronti a farlo saltare in caso di necessità. Mentre i soldati delle S.S. lo stanno per oltrepassare una madre ignara del tutto lo sta attraversando con il suo bambino per mano. Pergunta: il ponte va fatto saltare oppure no?

Dire che le vite degli innocenti non possono essere sacrificate mai e in nessun caso, è una affermazione categorica basata su emotività illogiche e surreali, soprattutto quando il “no a tutti i costi al sacrificio degli esseri umani” viene scandito in nazioni nelle quali ogni giorno sono abortiti bambini, dopo avere deciso che in quel caso non si tratta però di vittime innocenti, perché l’aborto è un vero e proprio diritto, anzi di più: «Una grande conquista sociale».

Una trentina d’anni fa accadde nelle zone della mia Toscana che un giovane eccentrico con l’passatempo di conservare nella propria casa dei serpenti molto velenosi, pulendo una delle loro gabbie fu morso. Na Italia, dove gli unici serpenti velenosi presenti sul nostro territorio sono le vipere, nessun centro farmaceutico disponeva di un antidoto, che poteva essere reperito solo in Svizzera presso una azienda farmaceutica specializzata a conservare farmaci molto rari. In ospedale riuscirono solo a rallentare l’effetto del veleno entrato in circolo. Nel mentre fu fatto partire dal centro dell’aeronautica Militare di Grosseto un aereo F104 che in una mezz’ora giunse in Svizzera dove un addetto dell’azienda consegnò al pilota l’antidoto senza che questi scendesse neppure dal potente velivolo, quindi tornando alla base, il tutto in poco più di un’ora. A questo caso seguì una polemica quando si seppe quanto costava mettere in moto un F104 e soprattutto che all’epoca, il costo di quell’antidoto, fu pari a 15 milioni delle vecchie Lire, pagati ovviamente dallo Stato, equivalenti a quello che oggi potrebbero essere in valore monetario attuale circa 25.000/30.000 Euro.

Alcuni cinici posero la domanda se era il caso di spendere tutti i soldi che furono spesi per salvare un soggetto che in violazione alle leggi che già all’epoca proibivano di acquistare, conservare e allevare certi rettili, si era andato a cercare un guaio del genere. Ma si trattava appunto di cinici, con l’aggravante della disumanità, perché la vita va salvata sempre e a tutti i costi, per esempio non facendo saltare un ponte a metà del quale si trova una madre con un bambino. Então, le centinaia di persone che poco dopo saranno trucidate dalle S.S. appena passato quel valico, moriranno in ogni caso felici assieme ai loro bambini, per avere salvato due vite umane.

Da alcuni giorni le televisioni e la stampa internazionale parlano di un gruppo di tre multimilionari, più un quarto che è il figlio di uno di loro, che si sono voluti togliere lo sfizio di scendere alla profondità di 3.800 metri per raggiungere il piroscafo Titanic affondato a largo di Terranova nel 1912 dopo avere colpito un icebergue di ghiaccio. Tragedia nella quale morirono 1.527 persone sui 2.232 passageiro, só 705 dei quali sopravvissero.

Si tratta dei capricci di ricconi? Não, i veri ricchi, quelli che sono tali da generazioni, quelli che conoscono la delicatezza e la volatilità del danaro e quanto sia difficile conservarlo e incrementarlo; i veri ricchi che devono la loro ricchezza al proprio particolare genio imprenditoriale o finanziario, queste cose da spacconi non le fanno, sono gesta tipiche degli arricchiti. Perché solo degli arricchiti capricciosi, certi di potersi permettere qualsiasi cosa, potevano pagare ciascuno 250.000 NÓS.. $ per scendere alla profondità di quasi 4 chilometri dove si trova il relitto del Titanic, che è un sacrario, un cimitero, che come tale andrebbe rispettato. Quei fondali non possono essere meta di bravate spinte all’estremo a bordo di un mini-sottomarino simile a una supposta subacquea nella quale gli avventori non potevano stare neppure in piedi, neppure inginocchiati, quindi senza potersi muovere, ma solo seduti nello spazio di 5 metri di lunghezza per 1.60 di altezza [cf.. WHO]. Una morte terribile nelle più buie profondità marine, avvenuta per soffocamento all’interno di uno spazio angusto dove è bene non pensare neppure cosa possa essere accaduto nei momenti di panico che si sono manifestati all’interno di uno spazio claustrofobico mentre l’ossigeno mancava e i quattro multimilionari, con il pilota del mezzo, morivano per soffocamento. Lo dettaglia a A impressão Paolo Narcisi, specialista in rianimazione, non mancando di aggiungere:

«Questa tragedia, pur nel rispetto delle persone coinvolte, ha costretto una mobilitazione nei soccorsi che non c’è stata neppure per i 600 naufraghi di qualche giorno fa».

Come per il Tizio morso dal serpente domestico, anche in questo caso sono stati impiegati mezzi aerei e marittimi, strumenti tecnologici sofisticati, pessoal, specialisti e via dicendo. Justo, per salvare la vita umana si deve tentare di tutto. Senza dimenticare però che i quattro, prima di imbarcarsi, dopo avere versato 250.000 $ a testa hanno firmato un contratto con una precisa liberatoria per la società che ha organizzato la loro eccentrica bravata, nella quale è specificato che l’impresa avrebbe potuto comportare anche la possibilità di morire, il tutto specificato per ben tre volte nel testo sottoscritto e firmato dai quattro ricconi.

Dire che sono andati a cercarsela, non è né mancanza di pietà né di rispetto nei confronti di questi morti in modo peraltro molto tragico. Si tratta di una realtà, non di mancanza di pietà: sono stati loro stessi a sottoscrivere e dichiarare di essere consapevoli che sarebbero potuti anche andare incontro alla morte, que é dizer, preto no branco, che se ciò fosse accaduto, era perché loro stessi se l’erano andata a cercare, dopo essere stati avvisati in tal senso e dopo averlo sottoscritto anche in un contratto.

É preciso muita misericórdia, fora de questão, porque mesmo imbecis esnobes merecem misericórdia cristã e humana em qualquer caso, talvez até mais do que pessoas inteligentes, sábio e prudente.

Florença, 22 junho 2023

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Grande homilia do Arcebispo Metropolitano de Milão: «Quem foi Silvio Berlusconi? Um homem"

GRANDE HOMILIA DO ARCEBISPO METROPOLITANO DE MILÃO: «QUEM FOI SILVIO BERLUSCONI? UM HOMEM"

«Silvio Berlusconi foi certamente um político, ele certamente era um homem de negócios, ele certamente foi um personagem no centro das atenções da notoriedade. Mas neste momento de licença e oração, o que podemos dizer sobre Silvio Berlusconi? Era um homem: um desejo de vida, um desejo de amor, um desejo de alegria. E agora celebramos o mistério do cumprimento. Aqui está o que posso dizer sobre Silvio Berlusconi. Ele é um homem e agora ele encontra Deus".

— Ministério litúrgico —

Autor
Simone Pifizzi

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Nós pastores no cuidado das almas acostume-se a subir aos púlpitos e pregar, sabemos que há momentos e situações particulares em que não é fácil fazer uma homilia adequada, como no caso do funeral de Silvio Berlusconi celebrado hoje na Catedral de Milão. Alguém poderia pensar que a delicadeza poderia ser dada pela personalidade complexa do falecido, um homem que durante várias décadas percorreu o cenário político nacional e internacional. Seguir com a presença das mais altas autoridades estaduais, do Presidente da República ao Primeiro Ministro. Situações em que não é permitido, Eu não digo uma palavra, mas nem mesmo um suspiro errado. Contudo, esta não é a dificuldade, mesmo que em circunstâncias mais ou menos semelhantes vários bispos e padres tenham resolvido o problema dizendo mais ou menos tudo sem dizer nada, evitando assim possíveis problemas.

O Arcebispo Metropolitano de Milão, SE. Mons. mario delpini, em vez disso, ele foi capaz de fazer uma homilia verdadeiramente grandiosa que trouxe todos de volta à terra nesta ária de beatificação do falecido Cavaleiro, cuja figura faz parte da história da Itália e por isso será objeto de estudos aprofundados por historiadores e especialistas geopolíticos durante décadas e décadas. O Arcebispo Ambrosiano concentrou-se em outra coisa: sobre o homem Silvio Berlusconi que foi sem dúvida um empresário de sucesso, um político que presidiu a Presidência do Conselho de Ministros da República Italiana durante quatro mandatos, um personagem histriônico dotado de um raro e extraordinário senso de auto-ironia, tanto que ele declarou repetidamente: «Muitos estão cansados ​​de zombar de mim, esquecendo que me engano e que ninguém consegue fazer isso tão bem quanto eu".

Diante desta figura complexa e até controversa, o Arcebispo Ambrosiano não se escondeu atrás do “não diga nada”, mas ele disse tudo construindo todo o seu discurso sobre esta questão retórica: «O que podemos dizer sobre Silvio Berlusconi?». Dando a resposta imediatamente: "Era um homem". E o Arcebispo Ambrosiano falou do homem com uma poética cristã que pode ser aplicada tanto a uma celebridade como Silvio Berlusconi, ou ao último idoso que morreu esquecido numa enfermaria geriátrica: um homem.

Florença, 14 junho 2023

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Texto integral da homilia do Arcebispo Metropolitano de Milão

Ao vivo

Ao vivo. Viva e ame a vida. Viva e deseje uma vida plena. Viver e desejar que a vida fosse boa, lindo para você e para seus entes queridos. Viver e compreender a vida como uma oportunidade de aproveitar bem os talentos recebidos. Viver e aceitar os desafios da vida. Vivendo e passando por momentos difíceis na vida. Viva e resista e não deixe que as derrotas te derrubem e acredite que sempre há esperança de vitória, de resgate, da vida. Viver e desejar uma vida que nunca acaba e ter coragem e confiança e acreditar que sempre há uma saída mesmo do vale mais escuro. Viva e não fuja dos desafios, aos contrastes, para insultos, para criticar, e continue sorrindo, desafiar, para contrariar, rir dos insultos. Viver e sentir as forças se esgotarem, viva e sofra o declínio e continue sorrindo, tentar, para tentar uma maneira de viver novamente. Isso é o que pode ser dito sobre um homem: um desejo de vida, que encontra seu julgamento e cumprimento em Deus.

Amar e ser amado

Amar e querer ser amado. Amando e procurando por amor, como uma promessa de vida, como uma história complicada, como uma fidelidade comprometida. Desejar ser amado e temer que o amor só possa ser uma concessão, uma condescendência, uma paixão tempestuosa e precária. Amar e querer ser amado para sempre e experimentar as decepções do amor e esperar que possa haver um caminho para um amor superior, mais difícil, maior. Amar e trilhar os caminhos da dedicação. Amar e ter esperança. Amar e confiar. Amor e entrega. Isso é o que pode ser dito do homem: um desejo de amor, que encontra seu julgamento e cumprimento em Deus.

Ser feliz

Seja feliz e ame as férias. Aproveite a beleza da vida. Ser feliz sem muitos pensamentos e sem muitas ansiedades. Para ser feliz com amigos de longa data. Seja feliz com empresas que dão satisfação. Ser feliz e querer que os outros também sejam felizes. Estar feliz consigo mesmo e ficar surpreso que os outros não estejam felizes. Seja feliz com coisas boas, alguns belos momentos, dos aplausos do povo, elogios dos apoiadores. Aproveite a companhia. Seja feliz com as menores coisas que te fazem sorrir, do gesto simpático, do resultado gratificante. Ser feliz e experimentar essa alegria é precário. Ser feliz e sentir a insinuação de uma ameaça sombria que cobre de cinza as coisas que te fazem feliz. Ser feliz e sentir-se perdido diante do esgotamento irremediável da alegria. Isso é o que pode ser dito do homem: um desejo de alegria, que encontra seu julgamento e cumprimento em Deus

Estou procurando o homem

Quando um homem é empresário, então tente fazer negócios. Portanto, tem clientes e concorrentes. Tem momentos de sucesso e momentos de fracasso. Ele se aventura em empreendimentos imprudentes. Olhe para os números e não para os critérios. Ele tem que fazer negócios. Ele não pode confiar muito nos outros e sabe que os outros não confiam muito nele. Ele é um empresário e deve fazer negócios. Quando um homem é um político, então tente vencer. Tem apoiadores e oponentes. Há quem o exalte e quem não aguenta. Um político é sempre um partidário. Quando um homem é um personagem, então está sempre no palco. Tem admiradores e detratores. Tem quem aplaude e quem odeia. Silvio Berlusconi foi certamente um político, ele certamente era um homem de negócios, ele certamente foi um personagem no centro das atenções da notoriedade. Mas neste momento de licença e oração, o que podemos dizer sobre Silvio Berlusconi? Era um homem: um desejo de vida, um desejo de amor, um desejo de alegria. E agora celebramos o mistério do cumprimento. Aqui está o que posso dizer sobre Silvio Berlusconi. Ele é um homem e agora ele conhece Deus.

Catedral Metropolitana de Milão, 14 junho 2023

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O Corpus Christi. Uma festa a redescobrir numa época em que o culto eucarístico parece “moda passada” nas ruas desertas de pastores e ocupadas por “procissões sagradas” a “politicamente correto”

A O CORPO DO SENHOR. UNA FESTA DA RISCOPRIRE IN UN TEMPO IN CUI IL CULTO EUCARISTICO SEMBRA “PASSATO DI MODA” NELLE STRADE DISERTATE DAI PASTORI E OCCUPATE DALLE “SACRE PROCESSIONI” DEL “POLITICAMENTE CORRETTO”

Dispiace constatare – come attestano numerosi messaggi di sacerdoti arrivati alla nostra Isola di Patmos nei giorni passati – che in molte delle nostre città ormai la processione del o corpo de è diventata un ricordo. Perfino la Diocesi di Roma quest’anno non ha avuto la sua processione: in compenso la vigilia del o corpo de è stata però impiegata per lo svolgimento del encontro mondiale sulla Fraternità umana dal titolo Not Alone, che prevedeva anche la presenza del Santo Padre, non concretizzatasi a causa dell’ultimo intervento chirurgico.

— Ministério litúrgico —

Autor
Simone Pifizzi

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In questi ultimi tempi abbiamo visto veramente più o meno di tutto. Sante Messe celebrate su materassini gonfiabili [cf.. WHO, WHO, WHO], su motociclette o quant’altro utilizzati per altari; con ministri sacri in costume da bagno o con vesti che giudicare inopportune per il Santo Sacrificio Eucaristico sarebbe un mero eufemismo. Altari della reposizione del Giovedì Santo che, da luoghi che dovrebbero esprimere amore e preghiera verso il tesoro più prezioso lasciatoci da Nostro Signore Gesù Cristo, che si sono trasformati in luogo di sfogo delle più stravaganti paturnie presbiterali [cf.. WHO].

o corpo de junho 2020, benedizione eucaristica dal sagrato della cattedrale impartita dal Cardinale Giuseppe Betori, Arcebispo Metropolitano de Florença

Giunge allora come rugiada sul vello nel deserto la solennità del Corpo e Sangue di Cristo, comunemente detta o corpo de, che la Chiesa celebra il primo giovedì dopo la festa della Santissima Trinità, o la domenica successiva. È stato scritto:

«Come la Santissima Eucaristia rappresenta il centro e il culmine di tutta la nostra vita religiosa, nonché il fulcro della Liturgia, il momento più alto della vita cristiana e il più santo dei Sacramenti, così la festività del o corpo de, a parte la Pasqua e il Natale, è la più radiosa dell’anno liturgico, perché segna il trionfo del Re eucaristico, e la sua istituzione è la più eloquente espressione della vita religiosa ed ecclesiale del Medioevo» (Bernhard Ridder, Manuale di storia ecclesiastica, Pauline, p. 368).

L’origine di questa festa la si fa risalire storicamente nell’anno 1247 nella diocesi di Liegi, dove il vescovo introdusse questa celebrazione in reazione alle tesi di Berengario di Tours (998-1088), secondo il quale la presenza di Cristo nell’Eucaristia non era reale ma solo simbolica. Il Vescovo fu ispirato dalla Santa mistica Giuliana di Cornillon (1192-1258), monaca agostiniana del convento di Mount Cornillon, che da giovane ebbe la visione della Chiesa, apparsale sotto le sembianze di una luna piena, solcata da una macchia scura, ad indicare la mancanza di una festività. In seguito ebbe la visione di Cristo stesso che le affidò il compito di adoperarsi affinché fosse istituita la festa del Santissimo Sacramento, per ravvivare la fede dei cristiani nella presenza reale nell’Eucaristia e per espiare i peccati commessi contro il Sacramento Eucaristico. Divenuta nel 1222 priora del suo convento chiese consiglio ai maggiori teologi del suo tempo (tra cui Jaques Pantaléon, futuro Papa Urbano IV) per chiedere l’istituzione della festa. Questo portò il vescovo di Liegi, Roberto di Thourotte (+1246) ad indire nel 1246 un sinodo locale ― perché all’epoca i sinodi si occupavano di cose serie … ― il quale stabilì che dall’anno successivo venisse celebrata la festa del o corpo de nella Diocesi di Liegi. Incidentalmente: all’epoca i vescovi avevano la facoltà di istituire feste liturgiche all’interno della propria diocesi.

Dentro 1264 il Papa Urbano IV che già aveva contribuito e appoggiato la festa del o corpo de a Liegi, in seguito anche al riconoscimento del Miracolo Eucaristico di Orvieto-Bolsena del 1263, con la Bolla Passe de outro mundo, istituì la solennità del o corpo de per tutta la Chiesa universale, elevandola a festa di precetto e fissandone la celebrazione per il giovedì dopo l’Ottava di Pentecoste. Sul miracolo eucaristico di Bolsena-Orvieto lasciamo però la parola al nostro confratello orvietano Marco Nunzi, che ne è esperto conoscitore [cf.. WHO]. A me interessa sottolineare alcune particolarità liturgiche di questa festa:

Liturgia eucaristica. I testi delle letture delle tre Messe corrispondenti ai cicli liturgici festivi A, B e C, presentano anzitutto le figure simboliche dell’Antico Testamento riguardanti l’Eucaristia come la manna data in cibo ad Israele nel deserto, a olocausti e eu sacrifícios di comunione per il Signore, a sangue dell’alleanza, il pane e il vino offerti da Melchisedech ad Abramo. Nella seconda lettura delle stesse tre Messe, l’Apostolo Paolo afferma che la comunione con il Corpo di Cristo è un segno eloquente di unità, di intima amicizia e di “incorporazione” in Cristo, oltre che di fede e di completa donazione a lui. Il testo della Lettera agli Ebrei (B) presenta Gesù che offre s e stesso per purificare la nostra coscienza dalle opere di morte al fine di servire il Dio vivente. Nei brani evangelici viene parte del Discorso del Pane di vita tenuto da Gesù a Cafarnao (cf.. GV 6), l’ultima cena di Gesù e l’istituzione dell’Eucaristia (cf.. MC 14, 12-6. 22-26) e la moltiplicazione dei pani (cf.. LC 9, 11-17). In particolare poi va sottolineata la stupenda sequenza Lauda Sion che canta il Cristo vero Pane di Vita che “ci nutre, ci difende e ci porta ai beni eterni nella terra dei viventi”.

Liturgia delle ore. Oltre gli inni del Pange lingua, a Sacris sollemniis ele nasceu em Verbum supernum prodiens, insuperabili per contenuto e melodia musicale, i salmi dell’Ufficio delle Letture, delle Lodi e dei Vespri riassumono tutti i sentimenti che un’anima credente e amante può esprimere al Signore, che nell’Eucaristia ci dà il segno eloquente del suo amore infinito per noi. Le due letture presentano l’Eucaristia come centro di tutta la storia della salvezza, che ha la sua preparazione nell’Antico Testamento e la sua piena attuazione nel Nuovo Testamento. San Tommaso Aquino, na segunda leitura, non esita a dire

«l’Unigenito Figlio di Dio, volendo farci partecipi della sua divinità […] si fece uomo per elevarci alle altezze di Dio […] offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull’altare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati. Porque, no fim, rimanesse in noi un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo Corpo in cibo e il suo Sangue come bevanda, sob as espécies de pão e vinho. Oh, meraviglioso convito! Che cosa vi può essere di più prezioso? Nessun sacramento è più salutare di questo. L’Eucaristia è il memoriale della passione di Cristo, è la più grande di tutte le meraviglie da lui operate, è il mirabile documento del suo immenso amore per gli uomini» (Opusc. 57, nella festa del Corpo del Signore, lect. 1-4).

Processione eucaristica. Come abbiamo già detto, Al fine di favorire la devozione al Santissimo Sacramento, il Papa Urbano IV estese la festa del o corpo de a tutta la Chiesa. Pur non facendo alcuna menzione nella Bolla ad una processione eucaristica, si prese subito l’abitudine di mostrare ai fedeli le Specie Eucaristiche nel corso di una solenne processione con il Santissimo Sacramento, che evidentemente si è sempre distinta per speciale importanza e per significato nella vita pastorale delle comunità cristiane. Conviene pertanto che, là dove le circostanze attuali lo permettono e la processione può essere davvero un segno di fede e di adorazione, essa venga conservata. In tal caso è bene che la processione con il Santissimo Sacramento si faccia immediatamente dopo la Messa, nella quale viene consacrata l’Ostia da portarsi poi in processione. I canti e le preghiere che si fanno lungo il tragitto, portino tutti a manifestare la loro fede in Cristo, unicamente intenti alla luce del Signore (cf.. Rito della Comunione fuori della Messa e Culto Eucaristico, NN. 102 – 104).

Dispiace constatare – come attestano numerosi messaggi di sacerdoti arrivati alla nostra Isola di Patmos nei giorni passati – che in molte delle nostre città ormai la processione del o corpo de è diventata un ricordo. Perfino la Diocesi di Roma quest’anno non ha avuto la sua processione: in compenso la vigilia del o corpo de è stata però impiegata per lo svolgimento del encontro mondiale sulla Fraternità umana dal titolo Not Alone, che prevedeva anche la presenza del Santo Padre, non concretizzatasi a causa dell’ultimo intervento chirurgico.

Quello di Roma è solo un esempio di eleganti “scuse” episcopali ― con tanto di spallucce a chi invece fa notare l’importanza di un tale gesto ― per lasciare ad altri e ad altro le nostre vie e le nostre piazze, trasformate il più delle volte in grandi trattorie a cielo aperto, basterebbe fare in tal senso un giro in piazza del Duomo a Firenze per rendersene conto …

Forse su questa moda di buttare alle ortiche tutte le nostre tradizioni per essere “politicamente corretti” converrebbe fare una serena ma urgente riflessione, anche se il disagio e la sofferenza che in forma sempre maggiore stanno vivendo i preti e di riflesso i fedeli, sembrerebbe interessare poco o niente.

Florença, 11 junho 2023

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Houve apenas um político italiano caçador de pulgas profissional que suspirou sobre a forma como Volodymyr Zelensky violou o protocolo

EXISTE APENAS UM POLÍTICO ITALIANO PROFISSIONAL CAÇA-PULGAS QUE DISSE SOBRE A FORMA COMO VOLODYMYR ZELENSKYJ VIOLOU O PROTOCOLO

Não estamos falando de formalidades ou formalidades, mas de protocolo institucional, que não se baseia em fúteis formas externas, mas assenta precisamente no respeito devido a quem o recebe: seja o país, é seu chefe de estado, é o seu primeiro-ministro.

- Novidades em breve -

Autor
Editores da ilha de Patmos

 

 

 

 

 

 

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O Autocrata da Ucrânia Volodymyr Zelensky - porque ele é como seu homólogo russo, Vladimir Putin: um autocrata - ele apareceu em uma visita oficial de estado à Itália com roupas que não eram simplesmente indecorosas, mas realmente desrespeitoso.

Não estamos falando de formalidades ou formalidades, mas de protocolo institucional, que não se baseia em fúteis formas externas, mas assenta precisamente no respeito devido a quem o recebe: seja o país, é seu chefe de estado, é o seu primeiro-ministro. Portanto, vocênão, que se comporte dessa maneira denota duas coisas:
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1) eu posso pagar tudo;
2) eu sou eu e você não é um … como disse o lendário Marchese del Grillo em um famoso filme de Alberto Sordi que já entrou para a história.
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Cortesia para esta roupa de caça&pesca eles poderiam até dar-lhe uma bengala … pescaria. Só havia um, entre nossos muitos políticos caçadores de pulgas profissionais, que ele suspirou, apenas um.
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Deve-se reconhecer que Vladimir Putin, quando ele desrespeita pessoas e instituições, ele o faz pelo menos de uma forma mais sutil “Elegante”, por exemplo, chegar duas vezes atrasado em uma visita oficial ao Sumo Pontífice: No 2013 com 50 minutos e depois seguir No 2015 com uma hora e 10 minutos de atraso. Na série: “Eu sou o czar da Grande Rússia, Eu posso pagar isso e muito mais, mas querendo mais”.
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a Ilha de Patmos 14 Posso 2023

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.HTTPS://www.youtube.com/watch?v=ltEAQNopUYM&t=2s

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"Crimes e Castigos". As inevitáveis ​​extravagâncias de certos sacerdotes à luz do mistério pascal

«DE CRIMES E PENALIDADES». AS EXTRAVAGÂNCIAS IMPERDÍVEIS DE CERTOS SACERDOTES À LUZ DO MISTÉRIO DA PÁSCOA

na educação Sacramentum, talvez esteja escrito que para certos abusos litúrgicos, alguns dos quais são "crimes" reais, a pena está prevista, por exemplo a suspensão pio pelo padre por um período de tempo adequado? Talvez seja esperado, para os mais sérios, afastamento do cargo de pároco? Não, porque talvez esta maneira de fazer não seria caridosa e misericordiosa, por isso nosso legislador exorta, ele instrui e em seus próprios papéis ele lamenta com o coração partido, enquanto o abusador continua a fazê-lo na total falta de penalidades precisas.

— Ministério litúrgico —

Autor
Simone Pifizzi

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Há uma obra famosa de Cesare Beccaria escrito em 1764 que é chamado De crimes e punições, onde falamos sobretudo da celeridade e certeza da punição. Quantas vezes, no nosso país, sobretudo face a situações de criminalidade mais ou menos generalizada, ouvimos a sentença e o lamento "não há certeza de punição"? Para falar a verdade, o que falta é a aplicação da penalidade, porque em termos de existência, as penalidades estão lá e estão escritas e bem detalhadas. Em vez disso, nós, nesse assunto De crimes e punições, nós nem questionamos, porque nos vários documentos e atos do Magistério da Igreja nas últimas décadas a palavra "sanção" ou "pena" não existe de forma alguma, na verdade, há duas coisas essenciais que são feitas na prática: ele reclama com o coração partido sobre certas situações que simplesmente não dão certo, então é exortado com documentos que muitas vezes são chamados de "exortações" ou "instruções" por isso mesmo, como educação Sacramentum, em que ele se instrui com um coração trêmulo e aflito para não fazer certas coisas.

 

Fui pesquisar o Código Penal e os textos de várias leis tomados ao acaso, e eu descobri, para minha surpresa, que uma pena está prevista para cada crime, que pode ser uma pena de um certo número de anos de prisão, ou uma multa administrativa por infrações menos graves, através da obrigação de pagar uma soma estabelecida de dinheiro. Habituado como estou ao estilo dos nossos documentos, Eu me perguntei por que, o legislador, não se limita a exortar e instruir para que certos crimes não sejam cometidos, manifestando toda a sua dor "impotente" para aqueles que estão comprometidos em seu lugar.

na educação Sacramentum, talvez esteja escrito que para certos abusos litúrgicos, alguns dos quais são "crimes" reais, a pena está prevista, por exemplo a suspensão pio pelo padre por um período de tempo adequado? Talvez seja esperado, para os mais sérios, afastamento do cargo de pároco? Não, porque talvez esta maneira de fazer não seria caridosa e misericordiosa, por isso nosso legislador exorta, ele instrui e em seus papéis ele lamenta com o coração partido, enquanto o abusador continua a fazê-lo na total falta de penalidades precisas.

Para falar sobre o tema do abuso litúrgico, alguns dos quais já foram institucionalizados e se tornaram quase uma norma em certas paróquias ou em certos grupos leigos católicos, Vou levar o que é o coração da nossa liturgia: Páscoa.

Durante o Tríduo Pascal deste ano 2023 entre a noite da Quinta-Feira Santa e a manhã do sábado, nossos Leitores nos enviaram fotografias e filmes diante dos quais nós, Padres de A Ilha de Patmos, que também navegamos, bem como estar conscientes da extravagância de que infelizmente alguns dos nossos confrades são capazes, achamos difícil de acreditar, mesmo na frente de fotos e documentos.

Oferecemos apenas uma pequena visão geral do que chegou à redação durante o Tríduo Pascal, especialmente no que diz respeito ao reposicionamento do Santíssimo Sacramento dentro dos Sepulcros nos altares de reposicionamento na Quinta-feira Santa e o que aconteceu após a Sexta-feira Santa.

Quinta-feira Santa. Uma mesa de jantar com cadeiras foi montada em uma capela na realocação, conjunto com toalha de mesa, pratos, talheres e copos, a um lado o sacrário com o Santíssimo Sacramento, provavelmente para indicar que Nosso Senhor Jesus Cristo, em vez de na cruz, ele morreu no final de um almoço atacado por um súbito ataque apoplético. Noutra capela da reposição, a píxea com o Santíssimo Sacramento foi colocada sobre uma mesa com um anel de vida à sua volta, coletes salva-vidas pendurados foram dispostos em vez de flores, como se Nosso Senhor Jesus Cristo, em vez de cruz, morreu afogado no mar enquanto da Judéia tentava desembarcar clandestinamente na costa do Mediterrâneo. E ainda seguir: o Santíssimo Sacramento colocado no altar de reposição em um forno de microondas, aparentemente para simbolizar como o Senhor aquece os corações (!?).

Altar de reposição talvez inspirado por musical: «Adicione um lugar à mesa que há um amigo extra, se você se mexer um pouco’ a cadeira é confortável também …» (Paróquia Imaculado Coração de Maria, rutigliano)

Boa sexta-feira. As imagens e vídeos que chegaram até nós levantam a séria questão de saber se alguns sacerdotes já leram a Instrução Geral do Missal Romano e se durante a formação inicial e o desempenho do ministério sagrado a seguir, realmente entenderam o que é o Tríduo Pascal, por exemplo, lendo uma obra do século XX escrita pelo teólogo suíço Hans Urs von Balthasar, na edição italiana "A teologia dos três dias" (1969). Obra que oferece uma meditação sobre o mistério pascal segundo a escansão dos três dias: o mistério da sexta-feira santa (a cruz na vida de Jesus, a eucaristia, a agonia), o mistério do sábado santo (em que Cristo experimenta a "segunda morte"), o mistério da Páscoa como teologia da ressurreição e glorificação do Filho. Boa sexta-feira, dia em que se comemora a paixão de Cristo Senhor, durante uma liturgia austera e silenciosa inteiramente centrada na adoração da cruz, nunca é concebível que alguém possa cantar ao som de violões e pandeiros com o ritmo de alegres canções de acampamento escolar, mesmo cantando «aleluia, aleluia” em refrões de músicas totalmente inapropriadas e deslocadas? Alguém talvez tenha esquecido a omissão da liturgia do Glória e Aleluia durante o período quaresmal, ou os chamados "sinos amarrados" na Quinta-feira Santa, que soarão novamente apenas no dia de Páscoa, juntamente com o canto do Glória e do Aleluia para louvar o Ressuscitado dos mortos?

Outro autor que nos guiou no mistério da teologia do Tríduo Pascal foi o padre florentino Divo Barsotti, que em um de seus sermões do 1987 explicou o significado mistagógico da "descida ao inferno" de Jesus Cristo, artigo de fé também contido no Credo Apostólico no qual recitamos «[...] padeceu sob Pôncio Pilatos, ele foi crucificado, morreu e foi enterrado; desceu ao inferno; ao terceiro dia ressuscitou dos mortos". Vamos nos perguntar: quantos são os fiéis católicos hoje que compreendem o significado da "descida" a esses infernos também referidos na antiga tradição como Sheol o Éden, o "reino dos mortos" onde o morto Jesus Cristo desceu com sua alma unida à sua Pessoa divina, para abrir as portas do céu aos justos que o precederam (cf.. Catecismo da Igreja Católica NN. 631-635).

Altar de reposição dentro do punt com as redes, Igreja do Bom Pastor de Diamante

O Tríduo Pascal, em sua simbologia, contém uma grande e sábia pedagogia, uma soma de catequese para o povo dos crentes, que certamente não pode ser aviltado por extravagâncias encenadas quase sempre em nome do politicamente correto do momento.

Vejamos agora o que é liturgicamente esse tríduo pascal que conclui com o que a Igreja indica como a Mãe de todas as Vigílias, na esperança de que sirva de reflexão para a próxima Páscoa 2024. euO Tríduo Pascal é a realidade da Páscoa do Senhor, celebrado litúrgica e sacramentalmente em três dias: na sexta-feira santa, que faz memória viva da Paixão e Morte do Senhor; no sábado santo, onde a Igreja pára no sepulcro do Senhor; Domingo de Páscoa que celebra a gloriosa Ressurreição de Cristo. Uma característica das celebrações do Tríduo é que elas são organizadas como uma única liturgia, por esta razão o Missa da Ceia do Senhor não termina com ita missa é ("Acabou a missa"), mas em silêncio. A ação litúrgica da sexta-feira não começa com a saudação habitual e com o sinal da cruz e termina também sem saudação, em silêncio. Finalmente, a vigília solene começa em silêncio e termina com a saudação final.

O Tríduo Pascal constitui uma única solenidade, o mais importante de todo o ano litúrgico católico. De Glória da missa de quinta-feira à da vigília os sinos devem permanecer em silêncio litúrgico. Antigamente, até os instrumentos musicais tinham que ficar em silêncio na Sexta-Feira Santa e no Sábado, até a Vigília Pascal, para melhor expressar o sentido penitencial destes dias. Por esta razão, muitas composições de autores antigos para a Sexta-Feira Santa foram escritas apenas para coro.. Hoje, porém, é permitido o uso de instrumentos musicais durante as comemorações desses dias, mesmo que apenas para apoiar o canto.

Vértice e centro gravitacional de todo o Tríduo é a Solene Vigília Pascal na Noite Santa. Com a celebração do Missa da Ceia do Senhor, o Tríduo Pascal da Paixão começa na noite da Quinta-feira Santa, morte e ressurreição de Cristo, ápice de todo o ano litúrgico e coração da fé e da oração da Igreja (cf.. SC 102). Na Quinta-feira Santa a Igreja comemora a Última Ceia de Jesus na qual o Senhor Jesus, véspera da Paixão, levou ao extremo o amor pelos seus que estavam no mundo, ofereceu o seu Corpo e Sangue ao Pai sob as aparências do pão e do vinho e, dando-se como alimento aos seus apóstolos, ordenou-lhes que perpetuassem a oferta em sua memória, estabelecendo efetivamente o sacerdócio da Nova Aliança. Obediente ao mandamento do Senhor, a Igreja celebra a Santa Ceia, sentir-se empenhado em traduzir o estilo de serviço e o amor fraterno na vida cotidiana (cf.. o sinal do lava-pés, própria da liturgia da Quinta-feira Santa) que ele tem no Sacrifício do Senhor, sagradamente presente na Eucaristia, seu significado e fonte. Os textos utilizados nesta celebração sublinham o aspecto sacrificial da Eucaristia e o seu carácter de memorial do sacrifício do Senhor (além de “Cena Santa…”), anunciado e prefigurado pelos eventos do Êxodo de Israel do Egito, com o símbolo do cordeiro imolado e a passagem do anjo do Senhor para ferir os primogênitos do Egito (eu lendo); "memorial" que o bem-aventurado apóstolo Paulo descreve como um rito celebrado por Jesus na ceia pascal com seus apóstolos, sinal da nova e eterna Aliança entre Deus e os homens, selado e ratificado com seu próprio sangue (II lendo). Finalmente - estreitamente ligado às duas leituras - o trecho evangélico de João mostra-nos Jesus que, apesar de ser Mestre e Senhor, ele se torna um servo, lavando os pés de seus apóstolos. Com esse gesto, o Senhor Jesus quis mostrar que sua missão era o maior serviço que Deus prestou aos homens para salvá-los.: lava-os dos pecados e alimenta-os com o seu Corpo e Sangue.

O Prefácio desta Missa resume o mistério inefável do amor divino:

«Verdadeiro e eterno sacerdote, ele instituiu o rito do sacrifício perene; a ti primeiro se ofereceu como vítima da salvação, e ele nos ordenou que fizéssemos a oferta em sua memória. Seu Corpo imolado por nós é nosso alimento e nos dá força, o seu Sangue derramado por nós é a bebida que nos redime de toda a culpa».

No fim de Missa da Ceia do Senhor da quinta-feira santa, a Eucaristia é colocada e guardada no altar da Reposição, chamado na linguagem popular de algumas regiões do sul da Itália túmulo. Termo impróprio, pois não simboliza a morte de Jesus, mas é o lugar para adorar a Eucaristia. O termo certo é altar o Capela da Reposição. Vamos falar sobre o espaço da igreja montado, no fim de Missa da Ceia do Senhor, acolher as espécies eucarísticas consagradas, guardando-os até a tarde da Sexta-Feira Santa, quando serão distribuídos aos fiéis para a comunhão sacramental. As Espécies Sagradas são assim colocadas para serem adoradas durante a noite. É tradição que os altares de reposição sejam solenemente decorados, com arranjos de flores ou outros símbolos: não devem ser lugar de extravagâncias ou de imposição de sinais que nada tenham a ver com o único propósito de convidar os fiéis à adoração. A carta circular da Congregação para o Culto Divino de 16 Janeiro 1988 por título Preparação e celebração das férias da Páscoa especifica o seguinte sobre o altar de reposição:

«O Sacramento é guardado em sacrário fechado. Você nunca pode fazer a exposição com a custódia. O tabernáculo ou custódia não deve ter a forma de um sepulcro. Evite o próprio termo "sepulcro". De fato, a capela da reposição foi erguida para não representar "o sepultamento do Senhor", mas para guardar o pão eucarístico para a comunhão, que será distribuído na sexta-feira na paixão do Senhor. Os fiéis são convidados a permanecer na igreja, depois da missa na Ceia do Senhor, por um período de tempo adequado durante a noite, para a devida adoração do Santíssimo Sacramento solenemente celebrado neste dia. Durante a Adoração Eucarística prolongada pode-se ler alguma parte do Evangelho segundo João. Depois da meia-noite, a adoração deve ser feita sem solenidade, pois já começou o dia da paixão do Senhor" (NN. 55-56).

A carta circular da Congregação para o Culto Divino de 16 Janeiro 1988 intitulado Preparação e celebração das festas da Páscoa, ele especifica o seguinte sobre o altar de reposição: «O Sacramento é guardado em sacrário fechado. Nunca se pode exibir com um ostensório"

Boa sexta-feira a Igreja celebra a Paixão e Morte de seu Senhor e permanece em amorosa contemplação e meditação sobre seu sacrifício sangrento, fonte da nossa salvação. Por antiga tradição, a Igreja não celebra a Eucaristia neste dia, mas apenas uma solene Liturgia da Palavra, seguido da adoração da cruz e da Santa Ceia.

Em frente ao altar completamente nu, após a prostração do celebrante no silêncio da assembléia e a oração introdutória, são proclamados três leituras:

– a quarta canção do Servo de IHWH (É 52, 13-15; 53, 1-12), onde na figura do servo carregado com nossas dores, castigado, ferido e humilhado e ainda justificará muitos e por cujas pisaduras fomos curados, não é difícil reconhecer a figura de Jesus, aquele que pecou, tornou-se o desgosto dos vizinhos e o horror dos conhecidos (cf.. Salmo responsorial) e que é a nossa única forma de salvação.

– A segunda leitura é tirada da carta aos Hebreus (cf.. 4, 14-16; 5, 7-9) e especifica que Cristo, o servo sofredor de IHWH, é o sumo sacerdote que foi testado em todas as coisas e que se torna a causa da salvação eterna para aqueles que lhe obedecem.

– O Evangelho relata a história da Paixão segundo João (cf.. 18, 1 – 19,42). A morte de Jesus é a revelação suprema do amor de Deus que se prolonga sacramentalmente ao longo dos séculos na água (Batismo) e no Sangue (Eucaristia) e está intimamente ligada ao dom do Espírito Santo e ao nascimento da Igreja, representada pela Santa Virgem Maria e o Apóstolo João. A homilia é seguida por uma solene oração universal na qual são levantadas súplicas pela Igreja, Papai, para todas as ordens sagradas e os fiéis, para catecúmenos, pela unidade cristã, para judeus, para não cristãos, para quem não acredita em deus, para os governantes e para os aflitos.

Como consequência da palavra ouvida e acolhida, segue-se então o solene Adoração da Cruz, gesto "escandaloso" e profético porque já não é venerado como simples instrumento de morte infame, mas como uma árvore da vida, “tálamo, trono e altar ao corpo de Cristo Senhor". O padre descobre a cruz três vezes, apresentando-o ao povo como um troféu de vitória e dizendo: «Aqui está o madeiro da cruz, em que Cristo foi pendurado, salvador do mundo"; a assembléia responde a este convite: "Vamos.", nós adoramos!». A assembléia realiza então o gesto de adoração, lembrando que a Páscoa já se cumpre nesse momento, nossa salvação é realizada no sangue do Cordeiro imolado: « Adoramos a tua cruz, homem; louvamos e glorificamos a tua santa ressurreição. Do madeiro da cruz saiu a alegria para o mundo inteiro". No final da adoração, a cruz é colocada perto do altar, também é um sinal do sacrifício de Cristo, oferecido ao Pai para a nossa salvação.

Para a adoração da cruz, segue a Comunhão Eucarística, com as Espécies sagradas consagradas no dia anterior. A Comemoração da Paixão termina com uma oração de bênção sobre a congregação, que então se dissolve em silêncio.

sábado Santo. O Missal Romano nos apresenta este dia com estas palavras:

«No Sábado Santo a Igreja pára no sepulcro do Senhor, ponderando sua paixão e sua morte, assim como a descida ao inferno, e esperando por sua ressurreição, em oração e jejum. A mesa sagrada despojada, a Igreja se abstém do sacrifício da Missa até a vigília solene ou expectativa noturna da ressurreição". A Igreja é chamada antes de tudo a meditar sobre o fato de que Jesus "morreu pelos nossos pecados, segundo as Escrituras, foi sepultado e ressuscitou ao terceiro dia, segundo as Escrituras" (1 CR 15, 3-4).

Contemple o que ele professa no Credo, afirmando "ele desceu ao inferno": Jesus Cristo se solidariza com o homem a ser salvo, enfrentar a morte na certeza de que a teria vencido não só para si, mas para todos. Deste ponto de vista, Sábado Santo é um dia de muita esperança! No Sábado Santo o cristão é chamado a imitar as piedosas mulheres que depois do sepultamento de Jesus "estavam diante do sepulcro" (MT 27, 61). Não é pouca coisa nos parar também, em clima de fé e amor, para rezar, meditar e contemplar: pode ser dia de deserto, de oração e esperança iluminada em Deus que não quis apenas morrer por nós, mas para ressuscitar e nos tornar participantes de sua vida ressuscitada.

A Vigília Pascal na Noite Santa é o ápice e o centro de todo o Tríduo Pascal. Considerada a “mãe de todas as vigílias”, nele a Igreja espera, assistindo, a ressurreição de Cristo e a celebra nos sacramentos (cf. Normas para o ano litúrgico e o calendário, 21). Toda a celebração desta Vigília, Portanto, deve ocorrer à noite e terminar antes do amanhecer do domingo. Esta é a noite por excelência, onde se celebram os grandes sacramentos da iniciação cristã (Batismo, Confirmação, Eucaristia), que comunicam aos fiéis a graça salvífica do mistério pascal de Cristo. A Vigília Pascal consiste em quatro partes:

  1. Liturgia de luz ou clarabóia. A Vigília abre com a celebração de Cristo Ressuscitado como luz do mundo. O padre abençoa um fogo ardente (geralmente preparados fora da Igreja) e preparar o círio pascal, esculpindo uma cruz nele, as letras gregas A e W e os dígitos do ano atual, seguindo este padrão:

Ao fazer este gesto, aclamar Cristo o Princípio e o Fim, Alfa e Omega, a que pertence o tempo, os séculos, glória e poder. Gravação concluída, o celebrante pode infligir 5 grãos de incenso em forma de cruz e ao fazer este gesto aclama as santas chagas, graças gloriosas e salvadoras de Cristo. O Cero é aceso no novo fogo e começa uma procissão que se dirige ao presbitério; durante esta procissão é aclamado três vezes"A luz de Cristo!” e as velas dos fiéis e as luzes da Igreja são acesas. Colocou a vela em seu castiçal, o diácono proclama o Precônio pascal solene (disse "Exultar”) um belo texto que anuncia a glória da ressurreição de Cristo, ápice de toda a história da salvação, começou depois do pecado de Adão, retratado no cordeiro pascal, do êxodo, da passagem do Mar Vermelho, da coluna de fogo e plenamente realizado pelo Cristo morto e ressuscitado. O precônio é uma música entusiasmada que, recapitulando todos os grandes momentos da história de Deus e do homem, expressa a exultação do céu e da terra, porque com a ressurreição de Cristo também o universo, ferido pelo pecado, ele ressuscita e se renova. Um texto que deve ser meditado por muito tempo e até mesmo rezado pessoalmente.

Liturgia da Palavra. Completou a clarabóia, o celebrante convida-nos a ouvir a Palavra para meditar «como na antiga aliança Deus salvou o seu povo e na plenitude dos tempos nos enviou o seu Filho como redentor». Nove leituras são então proclamadas (sete do Antigo Testamento e dois do Novo), com o objetivo de introduzir aos fiéis o significado e a importância da Páscoa na vida da Igreja e de cada cristão, em relação aos sacramentos pascais (Batismo, Confirmação e Eucaristia) pelo qual morremos e ressuscitamos com Cristo:

eu lendo: Geração 1, 1 – 2, 2: a criação

II lendo: Geração 22, 1-18: o teste de Abraão

III leitura: É 14, 15 – 15, 1: a passagem do Mar Vermelho

quarta leitura: É 54, 5-14: Seu cônjuge é o Criador

V lendo: É 55, 1-11: Todos vocês com sede venham para a água

VI leitura: Barra 3, 9-15. 32 – 4, 4: a aliança eterna

VII leitura: este 36, 16-17uma. 18-28: Eu vou borrifar você com água pura

Carta: RM 6, 3-11: Cristo ressuscitado dos mortos não morre mais

Evangelho: Um dos três sinóticos segundo o ciclo litúrgico

Entre a VII leitura e a Epístola, o Glória e no final da Epístola – depois do “jejum” quaresmal – oAleluia.

Liturgia Batismal: desde os tempos antigos, a Igreja vinculou a administração do Batismo com a Vigília Pascal, imersão na morte de Cristo e ressurreição com ele para uma nova vida. Depois do canto das litanias dos santos, a água batismal é abençoada - com o gesto particular de mergulhar nela três vezes o círio pascal - com a qual se administra o batismo e se asperge a assembléia, depois disso renovou a profissão de fé com as promessas batismais.

A Vigília termina com a Liturgia Eucarística, que se torna o cumprimento de toda a mais elevada e significativa celebração e ação de graças dirigida ao Pai por nos ter dado o seu Filho que morreu e ressuscitou para a nossa salvação. De fato, a verdadeira Eucaristia começou com a Páscoa, no qual, até o fim dos tempos, a Igreja aclamará «Cristo, o verdadeiro Cordeiro que tirou os pecados do mundo; Cristo que, morrendo ele destruiu a morte e ressuscitando ele nos deu a vida novamente" (Prefácio Pasquale I). E assim começa o "Dia do Senhor", dia da vida sem pôr do sol, em que o dever de todo crente é "buscar as coisas do alto" e "esconder a vida com o Cristo ressuscitado em Deus".

Eu tenho uma pergunta para todos vocês, e junto com a pergunta, deixo o ônus da resposta para todos vocês: o coração central do mistério fundador da nossa fé, é a ressurreição de cristo, diante do qual o apóstolo Paulo afirma que, se ele não tivesse ressuscitado verdadeiramente, nossa fé e nossa esperança seriam totalmente vãs (cf.. I Coríntios 15, 12-15) talvez seja um motivo e uma ocasião para se lançar em extravagâncias que muitas vezes correm o risco de transitar entre a profanação e o sacrilégio absoluto? Tudo é possível, quando exortado, ele se educa, mas os transgressores não são punidos, fazer isso seria uma falta de misericórdia, uma pena isso sim, absolutamente intolerável.

Florença, 12 Posso 2023

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Veneráveis ​​Irmãos Sacerdotes, a Igreja está passando por uma crise sem precedentes e nós estamos passando pela mais difícil das provações: o grande teste de fé

- Teológico – Meditação para a Quinta-feira Santa -

Veneráveis ​​Irmãos Sacerdotes, A IGREJA ESTÁ PASSANDO POR UMA CRISE SEM PRECEDENTE E NÓS ESTAMOS PASSANDO A DIFÍCIL DAS PROVAÇÕES: A GRANDE PROVA DE FÉ

Hoje, se a doença for detectada a tempo, muitas formas de câncer podem ser curadas, mas clericalismo, especialmente a dos falsos e hipócritas viscosos, é uma doença que corre o risco de ser incurável, além de ser sempre a pior metástase que pode se espalhar no corpo da Igreja, comprometendo qualquer pesquisa sobre um caminho de fé em sacerdotes e fiéis.

 

 

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A gravidade que costumo usar, combinado quando necessário com uma ironia completamente casual, mas deliberada e acima de tudo científica, me leva a especular que talvez não tenhamos tempo para pensar em padres. É provável que em breve possamos afixar o aviso «liquidações de fim de época» nas portas das nossas igrejas, ou "venda de falência". No norte da Europa isso já acontece há algum tempo, quando em 2010 Fui fazer estudos aprofundados na Alemanha e pude ver prédios de igrejas antigas, até algumas décadas antes comunidades paroquiais, vendidos e convertidos em lojas elegantes, restaurantes, salões de cabeleireiro, alguns até em Boate. No meu livro E Satanás se tornou trino publicado no final 2010 escrevi: «[...] um rio caudaloso está descendo do norte da Europa e logo nos dominará também».

Salvador Dalí, Última Ceia

A situação em muitas dioceses italianas é dramática, a escassez cada vez maior de clero e a idade média de certos presbíteros ultrapassou em muitos i 70 anos. As estatísticas das grandes dioceses parecem boletins de guerra, a média agora é igual a 10 presbíteros falecidos versus um ou dois recém-ordenados. Em algumas dioceses, os padres não são ordenados há anos, enquanto vários morreram nos mesmos anos. É inevitável que dentro de vinte anos, mas também antes, os atuais 225 As dioceses italianas serão reduzidas a 70 o 80 e que nos territórios dessas dioceses que acabaram suprimidos, composta hoje por 50 o 60 presbíteros de idade avançada, haverá apenas três ou quatro sacerdotes para servir em todo o território.

Sob o pontificado de Bento XVI, entre 2005 e a 2013 houve uma ligeira recuperação nas vocações, sob a do Sumo Pontífice Francisco, entre 2014 e a 2022 houve uma queda dramática nas admissões aos seminários e noviciados religiosos. O ano 2022 registrou 1.045 presbíteros falecidos do clero secular e regular e 392 novas ordenações de sacerdotes do clero secular e regular. Presbíteros falecidos excedem em 65% a do recém-ordenado.

Na própria Roma muitos edifícios eclesiásticos de várias ordens e congregações religiosas foram vendidos e muitos outros estão em estado de agonia. Edifícios faraônicos agora habitados por quatro ou cinco religiosos e religiosas idosos que em breve terão o mesmo destino. E se isso acontecer em Roma, Eu deixo você imaginar que grande venda de patrimônio eclesiástico está em andamento em toda a Itália.

Diante desse declínio inexorável e irreversível, talvez estejamos pensando seriamente em uma formação adequada de padres, repensar os seminários hoje estruturados de forma inadequada e de certa forma anacrônica, ou apostar tudo numa cuidadosa pastoral vocacional que consistiria antes de tudo em apresentar verdadeiros sacerdotes de Cristo como modelos de vida, padres não secularizados semelhantes a profissionais religiosos ou assistentes sociais, muitas vezes reduzidos a celebradores compulsivos de Santas Missas correndo de uma paróquia para outra, sem nenhum bispo se perguntando quando eles rezam, quando eles estudam, quando cuidam de sua vida sacerdotal? Se não houver mais padres para cobrir as paróquias do distrito, neste caso deve-se proceder à supressão canónica deixando apenas uma paróquia e dizendo claramente aos fiéis que devem deixar de exigir a igreja vizinha e percorrer quatro ou cinco quilómetros para ir à Santa Missa, assim como eles fazem 40 o 50, idosos à frente de todos, quando se trata de ir aos grandes shoppings. Se as famílias que compõem a comunidade cristã já não são capazes de exprimir vocações, vai ser bom que eu Fideles Christi eles também assumem suas responsabilidades, em vez de tentar espremer os padres até que estejam exaustos. Porém, como sabemos vivemos na Igreja da falta de assunção de responsabilidades, pelo clero por um lado, dos fiéis que muitas vezes são egoístas e preguiçosos, por outro lado.

Para resolver esses problemas agora irreversíveis, em vez de recorrer a essas escolhas radicais infelizmente necessárias, em vez disso, tendemos a inventar os piores expedientes evitando lidar com nossos fracassos que muitas vezes clamam aos céus. Haveria muitos exemplos, vamos pegar apenas um: vários bispos, com muitas cerimônias solenes, já o fizeram em Itália confiar às comunidades paroquiais para alguns "acólito" configurar, ou, na melhor das hipóteses, aos diáconos permanentes através dos quais a antiga lei foi ressuscitada Massa seca[1], muito popular entre o final da Idade Média e o Renascimento, até que depois da reforma litúrgica do Santo Pontífice Pio V desapareceu[2]. Mas, como acontece quando você pensa em dar grandes passos adiante, não se faz nada além de voltar para dar trágica repetição à história passada, especialmente para o mais falido. Porque geralmente a história sempre se repete duas vezes: primeiro como uma tragédia e depois como uma farsa grotesca[3].

O SACERDOTE É SUPERIOR AOS ANJOS DE DEUS, MAS PERMANECE UM PECADOR FRÁGIL

Se a Palavra de Deus fez o homem quisesse uma Igreja formada por entidades angélicas não a teria fundado na terra, mas naquela Jerusalém Celestial de que nos fala o Beato Apóstolo João no capítulo XXI do Apocalipse. Em vez disso, ele fundou na terra, usando homens corrompidos pelo pecado original (cf.. GN 2,17) e exposto à corrupção do pecado.

Durante a Última Ceia, instituindo a Santíssima Eucaristia como mistério vivo da sua presença e consagrando os Apóstolos como sacerdotes da Nova Aliança, fê-los participantes do sacerdócio ministerial de Cristo Sumo Sacerdote (cf.. EB 2,17; 4,14). Ao consagrá-los sacerdotes, ele os elevou em dignidade acima dos próprios anjos de Deus.[4]. Esta dignidade não impede o homem-sacerdote de cair no pecado ou de ser um verdadeiro propagador do pecado em certas ocasiões, nos casos mais graves e raros pode até acontecer que o padre se transforme em um corruptor capaz de criar estruturas de pecado dentro da Igreja. Pense no que Judas Iscariotes foi capaz de fazer, também ele havia recebido, como todos os Apóstolos eleitos, a primeira Eucaristia e a consagração sacerdotal.

Existem várias passagens do Santo Evangelho que destacam todas as fragilidades humanas dos Apóstolos, começando com Pedro escolhido por Cristo como Cabeça do Colégio Apostólico, que logo após receber sua investidura (cf.. MT 16, 30-20) ele fugiu primeiro diante do perigo, negar três vezes o Divino Mestre, conforme relatado pelas histórias dos três Evangelhos Sinópticos e do Evangelho de João. No relato dos evangelistas Marcos e Mateus é especificado que Pedro, na terceira vez que lhe perguntaram se conhecia o homem, "ele começou a praguejar e xingar: "Eu não conheço esse homem!"». Na cultura judaica da época, jurar falsamente ou mencionar o nome de Deus com juramento era considerado um crime muito grave que poderia até ser punido com a morte. No entanto, Peter, o primeiro Chefe do Colégio dos Apóstolos, ele fez isso: amaldiçoou e jurou falsamente que não conhecia o Cristo.

No período após a ressurreição de Cristo e depois de receber os dons da graça do Espírito Santo no Pentecostes (cf.. No 2, 1-41), Pedro foi duramente repreendido em Antioquia pelo apóstolo Paulo, que o acusou de ambigüidade e hipocrisia (cf.. Garota 2, 11-14). Incidentalmente: Não sei se alguém já acusou o Abençoado Apóstolo de ser arrogante ou simplesmente inapropriado em suas expressões críticas., pelo contrário, entendo que grande crédito ainda deve ser pago a ele hoje, porque se fosse pela "hipocrisia" e "ambiguidade" de Pedro ou por um certo "integralismo" de Tiago Maior, hoje não seríamos o que somos, mas apenas uma seita judaico-cristã. Como tal, não teríamos sobrevivido, como o judaísmo não sobreviveu como religião após o 70 d.C. com a queda do Templo. De fato, judaísmo de hoje, é apenas uma pantomima do que era a antiga religião judaica, basta dizer que as castas sacerdotais e os rituais de consagração intimamente ligados ao Templo desapareceram. Esses elementos sobre os quais escrevi em meu substancial ensaio de 2006: Ervas amargas, o século do sionismo.

Há uma passagem dramática do Evangelho da Paixão de Cristo onde é narrada a prisão do Senhor, diante de quem estas palavras ressoam: "Então todos os discípulos o deixaram e fugiram" (MT 26, 56). Se pensarmos bem, aquele foi o único concílio da Igreja onde todos os Padres foram unânimes na decisão. Para construir sua própria igreja, imagem visível do corpo do qual Ele é a cabeça e nós somos membros conforme ilustrado pelo Bem-Aventurado Apóstolo Paulo (cf.. Com o 1, 18), Cristo escolheu homens sobrecarregados com todas as suas limitações, fraquezas e inadequações, que fugiram antes da prisão do Divino Mestre.

Os fiéis católicos, mas também pessoas distantes da Igreja ou mesmo não crentes, muitas vezes esperam que o padre tenha aquela pureza de vida que eles não têm e que, se é que têm, nem querem ter. Às vezes, os fiéis católicos tendem a ter uma ideia surreal do padre completamente separada da realidade do ministério sagrado, recusando-se a entender que exercê-lo hoje é muito mais difícil do que costumava ser 100 Anos atrás, mas também e só 50 Anos atrás.

O padre, pelo sacramento da graça com que foi marcado e pelo sagrado ministério a que é chamado, ele pode acabar sujeito muito mais do que outros às tentações do diabo, porque ele é o distribuidor da graça através dos mistérios sagrados, por isso ele ficará furioso com os consagrados de uma maneira particular. E essa foi uma das primeiras lições que aprendi quando fiz os cursos de formação de exorcistas.

SEM O USO DO ELEMENTO HISTÓRICO NÃO É POSSÍVEL FAZER TEOLOGIA NEM É POSSÍVEL ENTENDER PLENAMENTE CERTAS SITUAÇÕES ENRAIZADAS NO CLERO, MAS SE VOCÊ AVISAR, PRONTA A RESPOSTA DO CLÉRIGO MANIPULANDO O SANTO EVANGELHO: "QUEM É VOCÊ PARA JULGAR?»

Um dos meus principais treinadores foi o jesuíta Peter Gumpel (1923-2022), eminente historiador do dogma, que me transmitiu a importância fundamental da história no estudo da dogmática, ainda um assunto de meu interesse e pesquisa. Um teólogo dogmático carente de fundamentos sólidos dados por um conhecimento histórico adequado, pode arriscar seriamente não ter uma percepção real dos fundamentos da fé acabando por se perder no hiperurânio da metafísica onírica. Por trás dos grandes concílios dogmáticos, partindo do Primeiro Niceno para seguir com o Primeiro Constantinopolitano que define as verdades fundamentais e elabora nossa Símbolo da fé, há uma história complexa e articulada entrelaçada com eventos políticos articulados e difíceis relações que já existiam na época entre a Igreja do Oriente e a do Ocidente.

Os clérigos sempre experimentaram momentos cíclicos de declínio sérias questões doutrinárias e morais. Se alguém não conhece a história, é inútil descontar em mim que, em escritos ou intervenções, costumo destacar certas tendências eclesiais e eclesiásticas atuais. Só posso sorrir para certas "almas delicadas" que julgam minhas palavras como uma espécie de ataque à traição clerical, dado que a Igreja é o Corpo Místico de Cristo (cf.. Com o 1, 18), não um círculo fechado transformado em uma "estrutura de pecado" cheia de "sujeira"[5], ser coberto e protegido de todas as maneiras com atitudes destrutivas para com quem ousa exercer o precioso dom crítico dado pela liberdade dos filhos de Deus. Aqueles que agem com atitudes conspiratórias clericais demonstram antes de tudo de forma perturbadora que não conhecem as obras de muitos Santos Padres e Doutores da Igreja que usaram formas de severidade e aspereza de linguagem muito superiores às minhas. No entanto, pode ser que nunca tenham lido os escritos em que San Pier Damiani condena com veemência a prática da sodomia difundida entre o clero.[6], ou o texto dirigido por São Bernardo de Chiaravalle ao Sumo Pontífice Eugênio III, no qual ilustra como está rodeado de prelados proxenetas e simoníacos que só cuidavam de seus interesses sujos[7], ou Santa Catarina de Siena que, convidada a Avignon, respondeu ao Sumo Pontífice que não precisava visitar sua corte porque o mau cheiro que emanava era sentido diretamente de sua cidade[8], até as mais recentes críticas à mediocridade e imoralidade do episcopado e do clero de Sant'Alfonso Maria de' Liguori[9] ou às análises críticas do beato Antonio Rosmini que se queixava da ignorância do clero[10]. Em suma, as mesmas coisas que eu reclamo para aqueles que se apegam a formas estilísticas ou ao fatídico «quem é você para julgar?» - com o que gostariam de calar qualquer pensamento crítico - mostram que não sabem o que é muito pior e em tom muito mais severo muitos Santos Padres e doutores da Igreja disseram e escreveram. Então bastaria conhecer os cânones disciplinares de certos conselhos, por exemplo o IV Lateranense del 1215, onde são indicados um a um os maus hábitos do clero, procedendo-se à sua correcção com recurso a severas penas. E porque, o Concílio de Trento, sobre clérigos, bispos e padres, estabeleceu certas regras precisas e rígidas? Para entendê-lo, bastaria saber o que aconteceu no clero durante o Renascimento e a resposta logo seria dada.. Então, se quisermos tocar no estado de degradação em que caiu o nosso clero nos anos trinta do século XX, nesse caso, bastaria ler a Encíclica De volta ao sacerdócio católico escrito em 1935 por Pio XI, através das linhas das quais a imagem é logo feita e fornecida. Pergunta: são apenas aqueles sujeitos que rasgam suas roupas me acusando de usar tons ásperos e severos, ou agarrar-se à forma expressiva, incapaz de negar a substância, são simples e claramente obtusos ignorantes a nível histórico e eclesiológico que pretendem tratar e gerir a Igreja como se fosse um clã mafioso regido por princípios de silêncio?

Também neste caso a resposta do clero maçante é logo dado: «Talvez você queira se comparar a certos santos padres e doutores da Igreja? Ah, que orgulho, que arrogância!». Essa acusação típica de quem reage distorcendo e manipulando tanto a realidade quanto o que você disse, já que nunca me comparei com certos santos, Eu apenas tentei pegar um exemplo deles, pelo simples fato de que também eu sou chamado à santidade como todos os batizados, dado que a santidade não é de forma alguma uma meta inatingível, mas uma meta que todos somos chamados a alcançar. Até Jesus Cristo foi esbofeteado no Sinédrio e repreendido: «Como ousa responder assim ao Sumo Sacerdote??» (GV 18, 22). Obviamente, o clerical manipulador tem a resposta pronta: “Talvez você queira se comparar a Jesus Cristo?». Claro que não, mas eles são em todos os aspectos um ALTER Christus e como tal devo imitá-lo e conformar-me com ele, pelo menos foi o que me disse o Bispo quando me consagrou sacerdote. Por isso eu respondo como Jesus Cristo: “Se eu falasse mal, mostre-me onde está o mal; mas, se falei bem, por que me bates?» (GV 18, 23). A resposta do manipulador clerical está pronta: «O problema não é a substância, mas a forma, a maneira como você diz as coisas". Isso ocorre porque o clerical obtuso e manipulador nos libertar não é a verdade. (cf.. GV 8,32), mas a forma em que a verdade é dita, porque a forma é sempre e muito superior à substância da verdade. Talvez não tenha sido isso que Santo Anselmo de Aosta ensinou, São Tomás de Aquino e os outros Padres da escolástica clássica, isto é, que os acidentes são superiores às substâncias? Mas como ele era arrogante Tommaso da Kempis que escreveu a famosa obra Imitação de Cristo. Como você pode pensar que é orgulhoso a ponto de presumir que pode imitar a Cristo? Por isso afirmo e não me canso de reiterar que o clericalismo é pior que o ateísmo. Porque o ateu nega Deus, o obtuso clerical manipula e falsifica Deus e sua Palavra para impor suas piores misérias humanas como lei suprema.

Tudo isso é chamado o mistério da iniqüidade, o bem-aventurado apóstolo Paulo fala claramente disso, dizendo que "o mistério da iniqüidade já está ocorrendo" (2 Ts 2, 1). Elemento teológico muito preciso diante do qual, o pior que pode ser feito, é se irritar diante de quem enfrenta esse mistério, analisa-o e, se necessário, destaca-o para abalar até as consciências cada vez mais narcotizadas de certos clérigos, sempre se irrita rapidamente se alguém se atreve a apontar o mal pelo que é: macho.

Há vinte anos, o Santo Pontífice João Paulo II deu ainda outro alarme falando de uma «apostasia silenciosa» e escrevendo a propósito que «a cultura europeia dá a impressão de uma "apostasia silenciosa" por parte do homem saciado que vive como se Deus não existisse»[11].

Nesta decadência e nesta rejeição do sagrado e também nós, sacerdotes, mergulhamos no transcendental, pouco há que gritar ao escândalo se eu disser que hoje, a pior forma de ateísmo é o ateísmo clerical. Basta observar como certos sacerdotes celebram a Santa Missa, para então se perguntarem de forma razoável para dizer o mínimo se realmente acreditam no que fazem, ou se esqueceram completamente quando o Bispo lhes disse: "Entender o que você faz, imitar o que você comemora, conformar a sua vida ao mistério da cruz de Cristo, o Senhor "[12].

O PADRE DE ONTEM ESTAVA PROTEGIDO POR DENTRO E POR FORA, HOJE ESTÁ LIVRE DE PROTEÇÃO EXTERNA E INTERNA

Até meio século antigamente o sacerdote vivia em contextos sociais nos quais era protegido como homem e como figura sagrada pela sociedade e suas próprias estruturas. Padres indignos e pecadores que quebraram as regras sempre existiram, mas até algumas décadas atrás viviam em contextos socioculturais nos quais eram protegidos. Portanto, o padre que tinha comportamentos que não eram adequados à sua própria status padre violou as regras e cometeu seus pecados em clima de total ocultação, evitando dar escândalo público, porque ele tinha muito claro em si o que era bom e o que era mau. Isso porque mesmo para os membros da sociedade que são indiferentes à fé ou mesmo para os próprios não crentes, ficou claro o que era bom e o que era mau.. Então, se o padre estava errado, ou se ele cometeu pecados, ele estava ciente de cometer erros e pecar e fez todo o possível para garantir que seu pecado não causasse escândalo público. Adicione a isso que em épocas passadas, também recente, não existiam os meios de comunicação e controle que existem hoje, onde na época do social todos vivemos expostos em praça pública, enquanto as notícias viajam de uma parte do mundo para outra em segundos. Hoje o padre vive inserido em uma sociedade que, além de não protegê-lo, tenta convencê-lo de que o mal é o bem e o bem é o mal., induzindo os fracos a cair nos piores vícios e perversões.

Uma vez que o padre era socialmente considerado uma autoridade moral mesmo por aqueles que rejeitaram a doutrina e a moral católicas, mas que, embora hostis ao catolicismo, reconheciam no padre uma figura precisa. Hoje a Igreja Católica, Romano Pontífice, bispos e padres são usados ​​para fazer piadas não cômicas ou satíricas, algo que sempre existiu desde os tempos dos grandes Giovanni Boccaccio e Pietro l'Aretino. Com a desculpa da comédia e da sátira que na realidade não são assim, uma tentativa é feita para privar a Igreja e seu clero de qualquer autoridade, autoridade e fundamento espiritual e sobrenatural, muitas vezes de forma sutil, violento e destrutivo. A isto se somam os sacerdotes que aviltam os sagrados mistérios, transformando o Sacrifício Eucarístico que se renova na celebração da Santa Missa em espetáculo extravagante quase sempre fruto do narcisismo egocêntrico do padre e de seu sentido quase ausente do sagrado.

Por este e vários outros motivos costumo dizer aos confrades do qual sou confessor e diretor espiritual que o Diabo é um concentrado de inteligência pura que ao longo dos séculos entendeu que as perseguições e o sangue dos mártires sempre purificaram e fortaleceram a Igreja, dando-lhe força e sangue vital. A nova técnica que ele adotou hoje é terrível: nos faça morrer no ridículo. E os padres também podem estar preparados para morrer como mártires por sua fé, sabendo muito bem que poderia ser uma possibilidade inteiramente possível, escrito à sua maneira em nosso indelével e eterno caráter sacerdotal. Enquanto ninguém estava preparado para morrer submerso no ridículo. Infelizmente, esta é a morte que se tenta reservar para a Igreja e seu clero: o ridículo. E diante da rejeição social e da total indiferença que muitas vezes frustra qualquer tentativa de atividade pastoral, não são poucos os padres que acabam entrando em crise. alguns seriamente, especialmente aqueles com trinta ou quarenta anos de ministério sagrado que muitas vezes acabam se perguntando qual é a sua utilidade, se eles são úteis para alguma coisa e o que? Aqueles que se fazem essas perguntas são quase sempre dolorosos e dramáticos, por mais que vivam em estado de crise, são bons padres que sempre acreditaram e que acreditam na sua missão. Depois há os outros, que andam de mãos dadas com o mundo e que fazem de tudo para agradar o mundo e para agradá-lo. Esses segundos são quase sempre padres ruins que são difíceis de ajudar e recuperar, também porque estão totalmente recolhidos nas piores formas de secularização e realmente não pensam em ser ajudados ou recuperados.

A CRISE DA DOUTRINA DA FÉ E DA MORAL, ALÉM DO PROBLEMA DA IGNORÂNCIA DOS PADRES MALFORMADOS E DEFORMADOS

Em vários dos meus livros e artigos escrito nos últimos 15 anos eu expliquei - e acredito que também demonstrei - como, animado por boas intenções ingênuas, a partir de meados da década de 1960 procuramos conhecer o mundo e agradar a todo custo a sociedade contemporânea, que se encaminhava para a decadência dos valores humanos e morais. Ao fazer isso, esquecemos que o objetivo da Igreja não é agradar o mundo, mas combater suas doenças graves.. E isso também nos foi dito:

"Se o mundo vos odeia, sei que ele odiava-me antes. Se você fosse do mundo, o mundo amaria o que era seu; porque não sois do mundo, mas eu vos escolhi a vós do mundo, é por isso que o mundo te odeia" (GV 15, 18-19).

Um incompreendido espírito do Conselho fomentado por aqueles que nunca estudaram bem ou profundamente os documentos do Concílio Vaticano II e que criaram um conselho pessoal próprio para isso, jamais escrito pelos Padres da Igreja, acabou gerando uma crise de doutrina que por sua vez deu origem a uma crise de fé que por fim resultou em uma devastadora crise moral do clero, muito do que, especialmente em certos cantos do mundo, é viver em condições de secularização que há muito ultrapassaram todos os níveis de perigo.

O Santo Papa Paulo VI, o do Concílio Vaticano II convocado pelo Santo Pontífice João XXIII foi o barqueiro, além daquele que carregou sua cruz, diante da evidência inegável de certas derivas tanto doutrinárias quanto secularistas, disse:

«Acreditava-se que depois do Concílio viria um dia de sol para a história da Igreja. Em vez disso, um dia nublado veio, de tempestade, de escuro, de pesquisa, de incerteza »[13].

Naqueles anos, um dos mestres da Escola Romana, Antonio Piolanti, que morreram no concílio, diante de certas extravagâncias que começaram a se espalhar no início dos anos setenta do século XX, ele costumava repetir de sua cadeira no Latrão:

«Este não é o Conselho, nada disso foi escrito pelo Conselho, Posso! Este é apenas o para-conselho de padres e teólogos excêntricos, que nada tem em comum com o Concílio Vaticano II e seus documentos!»

Todos os dias eu toco em primeira mão situações de grave imoralidade difundido entre o clero, mas em ciência e consciência posso dizer e com a mesma facilidade demonstrar que muitas vezes a culpa não é dos padres mas da forma inadequada e superficial como foram formados e levados ao sacerdócio. Muitas vezes, a culpa, pertence aos bispos que até esqueceram o significado etimológico da palavra bispo e que eles falharam gravemente em vigiar e cuidar de seu clero, evitando consagrar padres que são súditos imaturos sem qualificações humanas, morais e espirituais.

Em muitas universidades eclesiásticas e os institutos teológicos ensinam mais sociologia e ciência política do que os fundamentos da doutrina sólida e da teologia católica de base que são os únicos capazes de dar aos sacerdotes um fundamento e sobretudo fortes motivações pastorais que não se baseiam em emoções efêmeras, mas na transcendência. Nesse ponto, o dano é feito rapidamente: muitos padres hoje nem sabem mais o significado de certas palavras e por isso as interpretam de maneira gravemente errada. Por exemplo, muitas vezes ouvi padres dizerem, mesmo durante as homilias: "Chega desses absolutismos... hoje não somos mais a Igreja do absoluto que acha que tem a única verdade no bolso" (!?). No entanto, não é isso que encontramos escrito no documento do Concílio Vaticano II A alegria e esperança que aborda a delicada questão da relação entre a Igreja e o mundo contemporâneo. Acompanhar padres que usam termos como "dogmático" ou "tridentino" em sentido negativo ou mesmo ofensivo, manifestando assim uma ignorância assustadora que, aliada à arrogância, se agrada de si mesma. Caros Bispos, mas a esses súditos que os treinaram, sobre tudo: quem os fez sacerdotes? E digo ignorância porque até o mais humilde dos padres só o torna depois de uma formação básica simples, mas boa, deve saber que graças ao Concílio de Trento a Igreja foi antes de tudo purificada de muitas corrupções e sobretudo abriu as portas para a grande evangelização, cessando nas seguintes 100 anos a ser um fenómeno maioritariamente europeu a espalhar-se por todos os continentes do mundo. O Concílio de Trento também marcou uma época gloriosa de grandes santos e santas da caridade, dos grandes pedagogos e médicos que criaram institutos extraordinários e estruturas formativas, assistência, educação da infância pobre e evangelização. Este foi o Concílio de Trento usado hoje em sentido negativo por certos ignorantes que se deleitam com sua própria ignorância ao decidir: "Ah, esses velhos dogmatismos que cheiram a naftalina … Ah, que espírito tridentino!». O de Trento foi um grandioso concílio que os Padres do futuro Concílio Vaticano II apreciaram e sabiamente referiram em todos os seus documentos fundamentais, começando pelas Constituições A luz e palavra de Deus.

Declarações como essa são um absurdo total, mas vamos ver por que alguns os pronunciam com convicção casual. Em primeiro lugar porque confundem o termo "absoluto" - que em todas as religiões judaico-cristãs, na filosofia metafísica, na teologia dogmática e na teologia fundamental tem um significado preciso ligado ao caráter absoluto da fé revelada[14] – com o que é, ao contrário, “absolutismo” de natureza política. O Santo Evangelho está repleto de expressões categóricas e absolutas proferidas por Jesus Cristo, por exemplo: «Eu sou o caminho, verdade e vida" (GV 14,6). Cristo não oferece outras opções, mas oferece apenas um e absoluto, porque ele, o Verbo Encarnado de Deus é o Absoluto gerado, não criado pelo Absoluto, da mesma forma que o Espírito Santo é o Absoluto que procede de Deus Pai e de Deus Filho, sendo por sua vez Deus o Espírito Santo. E quando no Símbolo da fé professamos crer na única Igreja, papai noel, católico e apostólico, nós afirmamos um absoluto, como em várias outras partes do eu acredito mencionamos outros, dado que Cristo na Terra fundou uma só Igreja, não uma multiplicidade de igrejas.

Se a formação do sacerdote é feito de forma superficial sem estar dotado de bases muito sólidas, assim que se vê inserido como sacerdote no mundo, corre o risco de acabar como uma cana quebrada pelo vento, se não pior: tornar-se um verdadeiro corruptor do Povo de Deus.

AQUELES QUE NÃO SÃO CAPAZES DE LIDAR COM A SOLIDÃO NÃO DEVEM SER SACERDOTE

A solidão é aquela companheira indesejável que muitas vezes acompanha o padre ao longo de sua vida, a menos que se mude para a solidão cristológica, por isso você não vai se arrepender de ter escolhido. Cristo também, nas horas mais trágicas de sua vida, permaneceu sozinho, abandonado por aquelas mesmas pessoas que ele escolheu como testemunhas e companheiras de sua existência e que ele amou até o fim (cf.. GV 13, 1), mas ele declarou: "Eu não estou sozinho, porque o Pai está comigo" (GV 16, 32). Se alguns padres, em vez de inventar um conselho egocêntrico nunca celebrado pelos Padres da Igreja, estudou realmente os documentos do Concílio Vaticano II e alguns documentos do magistério posterior do Santo Pontífice Paulo VI, muitos dos nossos problemas dramáticos seriam resolvidos lendo apenas a Encíclica celibato sacerdotal Publicados 24 junho 1967.

Daí os momentos de solidão são sempre espaços preciosos da vida, que é realmente melhor esculpir e viver, porque favorecem a oração profunda, reflexão e meditação espiritual sobre o mistério da vida e da morte. Muitas vezes, durante as direções espirituais, Por acaso pergunto aos sacerdotes: ... você, você nunca medita sobre a morte? Se o sacerdote responder a esta pergunta com tom de brincadeira, dizendo «Ah, mas para pensar na morte há tempo!», ou pior, dizem-me «estou tão ocupado com tantas atividades que não penso mesmo na morte» … é isso, nesse caso, entendo imediatamente que há muito o que trabalhar na espiritualidade do padre, ou talvez em sua espiritualidade fraca ou às vezes até ausente. Há demasiados padres que infelizmente não se distinguem em nada daqueles que podem ser voluntários livres de associações não-governamentais, muitos e mais e mais. Com alguns é possível trabalhar, também obtendo bons resultados, infelizmente não com outros, porque faltava a formação básica do sacerdote.

Mas também há outro tipo de solidão, aquela que surge de formas de abandono ou isolamento. Não são poucos os padres deixados à própria sorte por seus bispos envolvidos em assuntos completamente diferentes que eles sempre dizem ser mais importantes, para poder cuidar de seus próprios padres. Nesse ponto, antes de tudo, surge o desafeto entre o padre e seu próprio bispo. coisa séria e perigosa, porque o sacerdócio do presbítero está íntima e inseparavelmente ligado à plenitude do sacerdócio apostólico do bispo[15]. Assim que o padre começa a se sentir abandonado pelo bispo e seus irmãos, eles também se ocupam em muitas coisas sempre e estritamente mais importantes do que a fraternidade sacerdotal, aos poucos ele começa a se isolar. E destes dois perigosos elementos que são o "isolamento" e a "solidão" pode verdadeiramente nascer tudo e mais.

Eu gostaria de evitar entrar em certos detalhes, então tentarei delicadamente dar pelo menos uma ideia do meu ministério com os padres, explicando a que pode levar aquela solidão que gera abandono e consequente sensação de isolamento. Aqui, então, estão os casos de padres que caem em formas mais ou menos graves de depressão, que caem no alcoolismo, alguns no uso de drogas, outros no tão prejudicial vício da internet com tudo o que esta ferramenta pode acarretar e oferecer, ou em conhecidos com pessoas e ambientes por assim dizer ... muito desonroso. Sacerdotes que se sentem inúteis porque gostariam de dar, mas que acreditam estar pagando ou foram colocados na condição e impossibilidade de poder dar…

OS SACERDOTES SÃO OS MAIS DELICADOS COM OS QUAIS UM SACERDOTE PODE TER QUE LIDAR

Parei de discutir com certos bispos desde que entendi que se você não recebeu o dom da paternidade, ou mais simplesmente você nunca adquiriu e desenvolveu substancialmente, certamente não é infundido em você no momento em que colocam um anel em sua mão, uma mitra na cabeça e eles começam a chamá-lo de "Excelência Reverendo".

Como eles resolveram certos problemas alguns bispos muito perspicazes? Logo disse: colocando psicólogos à disposição dos sacerdotes, de preferência mulheres, alguns dos quais até vêm da escola freudiana e lacaniana. Nesse ponto, por que não dar diretamente a cadeira para cursos filosóficos nos estudos teológicos onde nossos futuros padres são treinados para ideólogos marxistas? Vamos esclarecer: que um padre precise de um bom especialista em psiquiatria é bem possível. Eu mesmo estou em contato próximo com dois bons e experientes psiquiatras católicos, aos quais já encaminhei várias vezes meus confrades que claramente precisavam de apoio clínico-psiquiátrico, ou porque estavam em estados depressivos, ou porque sofrem de neuroses obsessivas, ou porque você sofre de várias outras doenças. Mas um diretor espiritual não pode, nem pode ser substituído por um "psicólogo diocesano", porque para ajudar um padre e curar as feridas de sua alma, sempre é necessário outro padre, ninguém mais pode. E sobre essa mania moderna totalmente alemã de distribuir "cotas para mulheres" dentro da Igreja de maneira puramente política e ideológica, Eu realmente prefiro adiar, Estou tão aborrecido com certos católicos intrometidos, comprometidos e militantes que, se pudessem, nos expulsariam para celebrar a Santa Missa em nosso lugar..

Para padres, encontre um bom confessor É cada vez mais difícil, também porque confessar um padre é uma coisa muito delicada. Encontrar um bom diretor espiritual é mais difícil do que encontrar um bom confessor. Se de fato o confessor é quem te absolve de seus pecados, o diretor espiritual é quem dirige seus passos no caminho da fé e da vida sacerdotal, que te ajuda na tua formação permanente para o sacerdócio e a reavivar o dom que está dentro de ti[16]. Aquele que se necessário, com aquela prudência e clarividência fruto dos dons da graça do Espírito Santo, diz-lhe o que fazer ou, em caso de necessidade, ele dita a você precisamente o que é apropriado fazer ou não fazer.

Entre uma sociologia e outra criamos um novo termo que alguns acharam mais atraente do que “direção espiritual”, o de … “acompanhamento espiritual” (!?). Novamente é preciso esclarecer: direto e acompanhar são duas coisas totalmente diferentes. Infelizmente, alguns clérigos não aprenderam nada com os clamorosos fracassos sociais e educacionais que ocorreram algumas décadas atrás., quando na inglória década de 1970 a psicologia selvagem lançou a moda dos "amigos pais", num florescimento de pequenos pensamentos e matérias escolares em que as crianças explicavam: “… meu pai é meu melhor amigo”, enquanto as meninas escreveram que "minha mãe é minha melhor amiga". E quando se tornaram adolescentes, encontraram-se com mães pouco educativas que afirmavam fazer o adolescente vai dançar com as filhas, senão pior roubando os namorados das filhas.

o pai, pai e mãe, eles são outra coisa. Eles não são amigos íntimos que acompanham, são os educadores que dirigem as crianças, o ponto firme e fundamental do seu crescimento, aqueles que, se necessário, levantam a voz e dizem não, ou que, se necessário, eles proíbem fazer uma coisa errada e prejudicial.

Curando a alma de um padre é tão difícil quanto um médico tratar outro médico, ou como para um cirurgião trazer outro cirurgião para a sala de cirurgia.

NEM EU TE CONDENO. E AGORA VAI E NÃO PEQUES MAIS!

Quando finalmente muitos padres tomaram coragem e derramou o feijão me contando as piores coisas e suas piores ações, às vezes uma cabeça é suficiente, muitas vezes chorando, eles me perguntaram: "Mas você, não sinta nojo de mim?». Com muito carinho recordei-lhes a passagem do Santo Evangelho do Beato Evangelista João que fala da prostituta que ia ser apedrejada. Mas primeiro, os fariseus, fizeram uma pergunta provocativa a Jesus «Mestre, esta mulher foi apanhada em adultério. Ora, Moisés, na Lei, Ele nos mandou apedrejar tais mulheres. E quanto a você?». Ele lhes respondeu:: "Qual de vocês estiver sem pecado, seja o primeiro a atirar a pedra nela". Então ele disse para a mulher: "Nem eu te condeno; vontade’ e de agora em diante não peques mais " (GV 7, 53-8,11).

Esse pecador público é uma pessoa real, mas ao mesmo tempo um paradigma, porque somos todas prostitutas e nenhuma de nós poderia atirar a primeira pedra e se gabar de não ter pecado. É por isso que sempre respondi à pergunta de certos sofredores, dizendo que não sentia nojo, mas um sentimento de bondade pelo pecador arrependido, a quem só poderia dizer em consciência sacerdotal ... também não te condeno, agora vá em paz com Deus e de agora em diante não peques mais.

Que um pecador pode absolver outro pecador do pecado, ou que um pecador pode levar outro pecador ao caminho certo, não é ilógico, mas sempre foi um dos principais relação do grande mistério da fé. O Beato Apóstolo Paulo escreve «Onde abundou o pecado, abundavam graça » (RM 5, 20) e na noite de Páscoa, ao abençoar a vela símbolo da luz do Cristo ressuscitado, nas palavras de Aquino é cantado no precônio: “Ó feliz culpa, que nos mereceu tão grande Redentor!»[17].

A pior coisa que você pode fazer com um sofredor aflito, humilhado e arrependido de seu pecado, é investi-lo de censuras e julgamentos morais. Na prática como se o médico de um pronto-socorro, em vez de fechar uma ferida sangrando aberta, coloque sal nele.

PARA SER Estudioso NÃO É NECESSÁRIO SER SACERDOTE

A teologia não pode ser mera especulação fim intelectual em si, mas uma busca orante e incessante da verdade, essa coisa que só se consegue orando e estudando, mas acima de tudo, mantendo sempre o alerta fixo no horizonte: "Você conhecerá a verdade e a verdade o libertará" (GV 8, 31), isto é, aquela verdade da qual somos servos e certamente não mestres. Ou como disse São Tomás de Aquino: "Você não é você que possuem a verdade, mas a verdade que possui você". considero inaceitável, realmente aberrante que padres-teólogos que não têm nenhuma relação concreta com a vida pastoral real ainda sejam tolerados hoje, que não entra em um confessionário há anos, que dão palestras acadêmicas, mas que não pregam nas igrejas ou que nem saberiam por onde começar a ministrar o Sacramento da Unção dos Enfermos. É inaceitável que a atividade destes sujeitos se limite à celebração da Santa Missa pela manhã numa capela de freiras idosas e depois se dediquem a assuntos completamente diferentes. Este tipo de padres não são teólogos, mas monstros reais. Pessoalmente, nunca consegui conceber a teologia separada da vida eclesial concreta, pastoral e sacramental. O padre, aquele que exerce de modo particular o ministério de pároco, tem responsabilidades precisas para com o Povo de Deus, com base no princípio da prioridade. Exemplo: mulheres piedosas não são enviadas para levar a Sagrada Comunhão aos enfermos porque, segundo elas, estão envolvidas em atividades pastorais imperativas (!?) Se eu fosse o bispo de certos padres, não hesitaria em chamá-los de volta severamente, especificando que se por um lado há a junta de freguesia ou uma noite com jovens e por outro um doente a visitar, o padre deixa o conselho e os jovens e vai para os enfermos, em vez de enviar a mulher piedosa lá. Passemos então por alto aqueles párocos que dão a todos a chave do sacrário, mas nunca dariam a ninguém a chave da caixa onde guardam o seu dinheiro ou do seu carro pessoal. Nós voamos sobre, visto que somos os guardiões da Santíssima Eucaristia e certamente não do dinheiro, além do fato de que se os bispos tiverem que retirar os padres, muitas vezes eles fazem isso por coisas tão risíveis e ridículas que lembram o mosquito filtrado e o camelo engolido (cf.. MT 23, 24).

NÃO ESTÃO INTERESSANDO SEUS TRABALHOS, CONTE A FORMA. AQUELE SUJEITO VULGAR E INDEPENDENTE DE JESUS ​​CRISTO QUE DEFERTOU GRAVEMENTE NA FORMA

É necessário recorrer a um exemplo pessoal que eu evitaria se pudesse, mas infelizmente é útil deixar a ideia clara. Um dos vários padres que atendi que depois de alguns anos saiu de uma forte depressão, a vários de seus íntimos e confrades disse: “Se naquela noite, depois de uma longa conversa telefônica, Ariel não tinha saído em 17 da tarde de onde estava, pendência 500 quilômetros e me alcance pouco antes da meia-noite, talvez, pela manhã, eles teriam me encontrado pendurado com uma corda presa ao meu pescoço". Mesmo apesar, diante do meu trabalho pastoral, aconteceu que várias vezes me foram enviadas cartas apenas para levantar reprovações baseadas no «… disseram-me que… alguns reclamaram de alguns dos seus escritos… dos tons que usa…». Meus escritos talvez contenham elementos ou expressões em contraste com a doutrina da fé e a moral católica? Obviamente não, Defendo e divulgo a doutrina da fé e da moral católica. assim? Logo disse: a forma. Evidentemente, quem segue o formulário, ele nunca leu as invectivas de Jesus Cristo contra os escribas e fariseus, você já está esperando, talvez ele não tenha compreendido bem a forma e a substância (cf.. MT 23, 1-39). Para entender seu alcance e gravidade ofensiva, bastaria deixar de lado o surreal Evangelho feito de danças ao ritmo dos bongôs de certos neocatecumenais, ou o das estrelinhas e dos corações palpitantes e do desmaio emocional de alguns carismáticos e focolarinos para aprender um pouco da exegese do novo testamento. Por exemplo, vejamos o que significava dirigir-se a altos notáveis ​​e membros da casta sacerdotal nestes tons:

"sepulcros caiados: fora elas são bonitas para olhar, mas por dentro estão cheios de ossos de mortos e de toda imundícia ".

Vamos esclarecer: a lei, ou seja, o ido e a Tlmod eles consideravam o cadáver a quintessência da impureza. ai sacerdotes os membros da casta sacerdotal em particular eram proibidos não apenas de ter contato com cadáveres, mas eles não podiam nem chegar perto dos cemitérios, porque eles cairiam em um estado de impureza (Impureza). Para voltar puro (Pureza) eles teriam que passar por longos e meticulosos rituais de purificação pela duração de 30 dias. Logo disse: se Jesus Cristo tivesse se dirigido a eles dizendo E é uma merda total (vocês são pedaços de merda), para a cultura judaica da época e antes da Lei teria sido muito menos ofensivo. Sem falar no epíteto «raça de víboras», uma ofensa de gravidade sem precedentes, não só porque a cobra era o animal mais impuro (Impureza), mas porque era o símbolo bíblico quintessencial do mal. Jesus Cristo não apenas comparou esses “clérigos” a serpentes, porque faz muito pior: os chama de "raça". coisa terrível, porque não só os ofende, mas mesmo toda a ancestralidade de seus ancestrais. Logo disse: a conhecida expressão romana «-lhes o seu mortacci» em comparação é realmente nada. Aqui, Eu teria gostado daqueles que apenas um enviaram-me a carta habitual a informar-me "disseram-me que... protestaram porque...", havia convidado certos clérigos suscetíveis a estudar o verdadeiro significado de certas expressões do Novo Testamento, por causa das duas coisas uma exclui a outra: ou são ignorantes, ou lemos e pregamos apenas dois Evangelhos diferentes. O Evangelho que foi colocado em minhas mãos e entregue primeiro quando fui ordenado diácono e depois quando fui consagrado sacerdote é o Evangelho de Jesus Cristo, não aquele produzido pela indústria Perugina que coloca papéis com pensamentos ternos e pungentes dentro de seus beijos de chocolate. Para mim o Bispo disse "conforme-se com a cruz de Cristo", de acordo com o mandamento do Divino Mestre que nos convida a tomar a nossa cruz e segui-lo (LC 9, 23). Ninguém nunca me disse para me conformar com Perugina e jogar punhados de beijos de chocolate no Fideles Christi, ou anunciar um Evangelho diluído o suficiente para não irritar e ofender nenhum coraçãozinho emocionado. E a cruz é muito "feia" tanto na forma como na substância, é um instrumento de tortura tão infame que os cidadãos romanos não podiam ser condenados a ele execução à maneira dos ancestrais, nem mesmo os piores criminosos[18]. Para este Pedro, judeu, foi condenado à crucificação, Paul, um cidadão romano, em vez disso, ele foi decapitado, porque como cidadão romano não poderia ser crucificado.

Claro, eu rio de certos protestos, porque eu não acho que eles merecem lágrimas, se de fato alguém tem que sofrer, é bom fazer isso para coisas sérias, não para deuses permanentes clericais que humilham aqueles que os expressam e certamente não aqueles que são submetidos a eles, sempre baseado no princípio de como alguns são parcialmente bons e parcialmente irracionais quando decidem evitar o mosquito e depois engolem um camelo inteiro (cf.. MT 23, 24).

«VOCÊ CRITICOU O SUPREMO PONTÍFICE»

Desejo esclarecer esta falsa acusação que me foi dirigido várias vezes: que extrapola uma frase de meus escritos ou livros, ele a manipula e depois me acusa de ter criticado o Sumo Pontífice, mentir e contar mentiras. Em minha vida sacerdotal sempre apliquei o princípio do Santo Padre e Doutor da Igreja Ambrogio Bispo de Milão que dizia:

“Diga ao Papa que só depois de Jesus Cristo ele vem para nós e que nós o amamos e veneramos., mas também diga a ele que a cabeça que Deus nos deu não pretendemos usá-la apenas para colocar um chapéu».

É verdade que ao longo dos anos critiquei certos discursos e escolhas pastorais do Sumo Pontífice Francisco; é verdade que me senti profundamente magoado ao ver o Sumo Pontífice lavar-me os pés no Missa da Ceia do Senhor aos presos e prostitutas no dia em que se celebra a instituição da Santíssima Eucaristia e do Sacerdócio; é verdade que fiquei envergonhado ao vê-lo em Lund ao lado de um "arcebispo" abertamente lésbico e coabitando com sua parceira vestida com insígnias episcopais; é verdade que publiquei um livro no qual expresso minhas perplexidades sobre o estilo expressivo sociológico e a falta de clareza que percorre algumas páginas de alegria do amor, mas nunca critiquei seu conteúdo magistral. São dezenas de artigos meus que testemunham com que fidelidade, se necessário, com que dureza chamei certos sacerdotes e fiéis à obediência que devemos prestar ao Romano Pontífice, que pode ser alvo de críticas, na verdade deve ser, para o seu bem e para o seu ministério petrino. Sempre esclarecendo que uma coisa é criticar conversas improvisadas, ou durante as fases de estudo de certos problemas, quando tudo pode e deve ser contestado, Mas, se o Sumo Pontífice publicar um ato de magistério ou der uma disposição em forma de motu proprio, nesse caso é obedecido, é realizada e alguns fiéis são lembrados de que são capazes de se colocar como juízes acima da Cátedra de Pedro, que se o Sucessor do Bem-Aventurado Apóstolo Pedro estabelece e dispõe, toda conversa é encerrada, deve-se apenas prestar-lhe homenagem na obediência da fé.

Talvez alguém queira negar que ao longo dos anos levantei questões e propus soluções que mais tarde se tornaram atos de magistério ministrados na forma de motu proprio? Eu menciono um entre muitos: Guardiões da Tradição. Dois anos antes do lançamento deste documento, publiquei um artigo crítico onde expliquei que teria sido apropriado revogá-lo, ou pelo menos corrigir motu proprio do Sumo Pontífice Bento XVI, do que em 2007 concedeu o uso do Missal de São Pio V, logo transformado em pretexto por muitos círculos dos chamados "tradicionalistas" que o usaram como uma maça para atacar o Concílio Vaticano II e a reforma litúrgica do Santo Pontífice Paulo VI. Diferentes opiniões podem existir e coexistir na Igreja, que são sempre um estímulo importante e precioso, no entanto, não duas partes brigando por um assunto delicado como a sagrada liturgia, porque a Eucaristia é o coração da unidade da Igreja e ninguém pode usá-la para criar divisões ideológicas.

Sempre disse e afirmei que o Sumo Pontífice Francisco ele é um homem sobrecarregado como todos nós por suas próprias limitações e defeitos, mas sempre acrescentei e repeti: o Beato Apóstolo Pedro negou três vezes o Divino Mestre, imprecações, jurando falsamente e fugindo. O Santo Padre Francisco, eleito por um conclave de cardeais, nunca fez nada parecido, ao contrário de Pedro, que foi escolhido pelo próprio Cristo, pode ser, talvez precisamente porque ele incorporou todas as nossas fragilidades humanas?

Ainda me deixe sorrir à ideia de que essas críticas me são dirigidas por certos clérigos venenosos, aqueles que não hesitam em rejeitar - para citar apenas um - a nova versão Nosso pai. Aos que me perguntaram se gostei da nova versão, não hesitei em dizer que não, mas rapidamente esclareci: se eu gosto ou não é irrelevante, porque a Igreja me ensina a rezar e ensina o Povo de Deus a rezar, minha obrigação e dever é seguir os ensinamentos da Igreja Mater et Magistra. E quantas vezes, nas conversas e orientações espirituais repeti a muitos sacerdotes: «Melhor fazer a coisa errada em obediência ao Sumo Pontífice e ao próprio Bispo, em vez de fazer a coisa certa em desobediência ao que o Sumo Pontífice ou o Bispo estabeleceu e solicitou".

Dito isso, reitero: hoje, se a doença for detectada a tempo, muitas formas de câncer podem ser curadas, mas clericalismo, especialmente a dos falsos e hipócritas viscosos, é uma doença que corre o risco de ser incurável, além de ser sempre a pior metástase que pode se espalhar no corpo da Igreja.

AQUELES BISPOS QUE NÃO HESITAM EM SACRIFICAR SEUS PRÓPRIOS SACERDOTES PARA AGRADAR A TODO CUSTO UM EXÉRCITO DE LEIGOS INSOLENTES E ARROGANTES

Aqueles bispos que vivem tranquilamente para eles eles não hesitariam em sacrificar seus padres eles são pastores indignos e perigosos. Os padres devem ser o principal interesse do bispo, porque é graças a eles que pode exercer a plenitude do seu sacerdócio apostólico, da mesma forma que os sacerdotes exercem o seu sacerdócio em virtude do sacerdócio apostólico do bispo. O bom bispo não é aquele que, diante de um padre aflito e desnorteado, imediatamente o põe em guarda dizendo: "Não quero problemas!», mas aquele que o recebe diz-lhe exatamente o oposto: «Minha primeira tarefa como pai e pastor é ajudá-lo a resolver seus problemas e restaurar sua serenidade». O bom bispo não é aquele que ignora tudo, partindo dos piores caprichos dos fiéis, na tentativa de agradar a todos e não desagradar ninguém, mas aquele que quando necessário tenta mesmo não gostar, porque quem agrada a todos corre o risco de não agradar a Deus no final.

Duas figuras dos Apóstolos que eu particularmente venero, que me inspiram e com os quais de certo modo me identifico no caráter: João e Paulo. muitas vezes me pergunto: naqueles que realmente conhecem o Beato Apóstolo Paulo? Se analisarmos a fundo as Cartas Apostólicas e os Atos dos Apóstolos, não surge nenhum personagem fácil, mas um súdito que não deixou ninguém passar. Suas divergências com o Beato Evangelista Marcos provam isso (cf.. No 13,13; No 15,37-38), ao qual ele mais tarde se acalma (cf.. Com o 4,10). Ele teve desentendimentos acalorados com seu discípulo Barnabé (No 15,39-40; Garota 2,13). Sem falar na acalorada disputa com o Beato Apóstolo Pedro (Garota 2,11-16), com o Beato Apóstolo Tiago que encabeçou a corrente judaico-cristã (cf.. No 15; Garota 2). Quando se afirma que na partida de Paulo «a Igreja estava em paz em toda a Judéia, na Galiléia e na Samaria" (cf.. No 9,30-31) Receio que muitos não conseguem entender o quão irônico esta frase soa, porque traduzido em outros termos equivale a dizer … «Graças a Deus ele saiu do caminho!». Mas como já mencionado acima, essas nuances escapam aos criadores e difusores do Evangelho surreal e sentimental dos pequenos pensamentos impressos nos papéis de Baci Perugina.

O Abençoado Apóstolo Paulo escreve a seu discípulo Timóteo: "Se alguém deseja o episcopado, Ele deseja uma tarefa nobre " (O Tm 3,1). Nunca aspirei ao episcopado e nem pretendo aspirar, mas em termos paulinos e num contexto histórico análogo também eu aspiraria a isso. Mas vejamos o que quer dizer o Beato Apóstolo com esta frase escrita numa época em que bispos e padres arriscavam seriamente a vida, porque durante as primeiras grandes perseguições eram considerados os principais encrenqueiros de um grupo de bandidos conhecidos como cristãos ou como seguidores do Nazareno. Não por acaso os Apóstolos, primeiros bispos criados por Cristo Senhor, eles acabaram assim: Tiago morto à espada por ordem de Herodes Agripa na Judéia. Pedro crucificado em Roma durante as perseguições de Nero. Matteo morto com um machado. Bartolomeu conhecido como Natanael morto na Armênia com o chicote. André crucificado na Grécia em uma cruz em forma de "X". Mattia, que substituiu Judas no Colégio Apostólico, presume-se que ele tenha morrido como mártir. Thomas morto por flechas no que é hoje Kerala. Lucas enforcado em uma árvore por sacerdotes gregos. Judas Tadeu morto em Odessa. Simão, o zelote, crucificado na Grã-Bretanha. Tiago, o Menor, apedrejado na Judéia. Philip morreu na Frígia pregado a uma árvore. Giovanni, morreu segundo a tradição quase um centenário, ele foi o único dos apóstolos a não ser martirizado. Isso foi o que o episcopado indicou como uma aspiração digna do apóstolo Paulo na época, também martirizado no Acque Salvie em Roma. O dia em que voltaremos a situação diferente, mas ainda semelhante, você verá bem com que pressa nos livraremos instantaneamente do flagelo dos carreiristas!

O Santo Evangelho que sempre deixou uma marca indelével na história não é tanto o que é predicado, mas aquele praticado, por mais verdade que sejamos chamados a ser testemunhas vivas do Cristo encarnado, a Palavra de Deus, faleceu, ressuscitou e ascendeu ao céu (cf.. LC 24,48). Como de fato está escrito: “Mostra-me a tua fé sem as obras, e eu pelas minhas obras, te mostrarei a minha fé " (GC 2, 18). E hoje, nossa fé, o de nós sacerdotes à frente de todos, é seriamente testado, porque não somos mais protegidos e protegidos de fora pela sociedade, mas sobretudo dentro da Igreja, reduzido hoje a uma estrutura que se desmorona em avançado estado de degradação. Nós apenas temos que tentar passar pela porta estreita, Por que, como está escrito: «[...] Muito de, Te digo, eles vão tentar entrar, mas não vão conseguir" (LC 13, 24). E ter sucesso hoje é menos fácil do que era ontem. Aqui, nosso grande teste para superar: o teste de fé.

 

a Ilha de Patmos, 7 abril 2023

Quinta-feira Santa – Estabelecimento da SS. Eucaristia e Sacerdócio Ministerial

 

NOTA

[1] Ver. Guillaume Durand, Justificativa, 4, eu, 23.

CD de data. Massa seca geralmente era comemorado à tarde, em funerais ou casamentos, depois que o padre já havia celebrado durante a manhã e não pôde celebrar outras Santas Missas fora do horário 12. Consistia na celebração de uma Santa Missa em que se omitiam os ritos do ofertório, a Oração Eucarística (consagração das espécies sagradas) e Santa Ceia.

[2] Ver. John Bona, De assuntos litúrgicos, livro. duo, eu, xv.

[3] Ver. Karl Marx nell'opera O 18 Brumaio de Luís Bonaparte, publicado em 1869. A frase completa é: «Hegel aponta que todos os grandes personagens e grandes fatos da história tendem a se repetir duas vezes. Ele só esqueceu de especificar: a primeira vez como uma tragédia a segunda como uma farsa».

[4] Ver. Sant'Ambrogio, Da dignidade do Sacerdote; Santo Agostinho, dentro Ps. 37; São Bernardo de Claraval, Word para massas. Em sincronia; São Gregório Nazanzieno, Falar 26 Sanct. Petr.; São Jerônimo, Discurso sobre o Corpo de Cristo; San Pier Damiani, Falar 28; S.. Inocêncio III, Um novo tipo de Pocn. Rem.; San Bernardino de Siena, sobre. eu, Falar 20, arte. 2, C.7; San Bernardino de Siena, Tom.I, Falar 20, arte. 2, c. 7.

[5] Ver. Joseph Ratzinger, meditação na IX estação do Via Sacra da sexta-feira santa 2005: «Quantas vezes celebramos apenas a nós mesmos, sem sequer percebê-lo! Quantas vezes sua Palavra é distorcida e abusada! Quão pouca fé há em tantas teorias, quantas palavras vazias! Quanta sujeira há na Igreja, e precisamente também entre aqueles que, no sacerdócio, eles devem pertencer completamente a ele! quanto orgulho, quanta autossuficiência! Quão pouco respeitamos o sacramento da reconciliação, em que ele nos espera, para nos pegar de nossas quedas! Tudo isso está presente em sua paixão. A traição dos discípulos, a recepção indigna de seu Corpo e Sangue é certamente a maior dor do Redentor, o que trespassa o seu coração".

[6] Ver. San Pier Damiani, Grátis Gomorrhianus.

[7] Ver. Bernard de Clairvaux, Tratado bom para cada Papa, adaptado para Eugênio III, ano 1145.

[8] Ver. Catherine Benincasa, Carta ao Sumo Pontífice Urbano VI em Avignon (1378-1389).

[9] Ver. Afonso de Ligório, homem apostólico, ano 1759.

[10] Ver. Antonio Rosmini, Em Cinco Chagas da Igreja, tratado dedicado ao clero católico, ano 1848.

[11] S.. João Paulo II, Eclesia na Europa, 2003.

[12] Ver. Missal Romano, Rito Sagrado da Ordenação dos Sacerdotes.

[13] Ver. S.. Paulo VI, homilia proferida em 29 junho 1972 para a festa de São Pedro e São Paulo.

[14] Declaração senhor Jesus, sobre a unicidade e a universalidade salvífica de Jesus Cristo e da Igreja, 6 agosto 2000.

[15] S.. Paulo VI, Decreto sobre o ministério e a vida dos sacerdotes sacerdócio, 7 dezembro 1965.

[16] S.. João Paulo II, Pós-sinodal Eu te darei pastores, sobre a formação de sacerdotes nas circunstâncias atuais, 25 Março 1992.

[17] San Tommaso Aquino, PERGUNTA, III, q. 1, uma. 3, de Anúncios 3.

[18] leis reais, o maior castigo, em paridade Uma execução à maneira dos ancestrais: crucifixio.

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Tempo da Quaresma e reflexão sobre a morte para nos abrir à alegria da ressurreição e da vida sem fim

TEMPO DI QUARESIMA E RIFLESSIONE SULLA MORTE PER APRIRCI ALLA GIOIA DELLA RISURREZIONE E DELLA VITA SENZA FINE

La Quaresima dovrebbe essere un momento di riflessione anche sulla morte. Uma reflexão pacífica, livre de perturbações ou medos, pior da rejeição da própria ideia de morte. Meditare sulla morte, para nós, cristãos, vuol dire pensare e riflettere, con serenità e fiducia, a ciò che ci attende dopo questo passaggio: la risurrezione alla vita. Perché con Cristo Signore tutti siamo morti e con Lui tutti risorgeremo.

— Ministério litúrgico —

Autor
Simone Pifizzi

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artigo em formato de impressão PDF

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Le norme generali per l’ordinamento dell’anno liturgico sanciscono e spiegano:

«Scopo del tempo di Quaresima è quello di preparare alla celebrazione della Pasqua. La liturgia quaresimale infatti prepara alla celebrazione del mistero pasquale tanto i catecumeni … quanto i fedeli, per mezzo del ricordo del battesimo che della pratica della penitenza» [cf.. n. 27].

 

 

A nessuno può sfuggire la forza di attrazione attuale della Quaresima che ogni anno si presenta immutata nella sostanza profonda, anche se notevolmente mitigata. La Quaresima rimane il periodo liturgico spiritualmente più ricco e apostolicamente più fecondo di tutto l’anno liturgico: «Eis o tempo, ecco il giorno della salvezza» [II Coríntios 5,2].

Nel discorso del 3 Março 1965, Papa Paolo VI riassumeva le ragioni di interesse della Quaresima:

«È incalcolabile il progresso morale e civile a cui questo ricorrente e potente esercizio ascetico e spirituale ha dato impulso e sviluppo. Un riferimento a ciò che avviene ai nostri giorni si presenta alla mente; possiamo infatti ricordare come, proprio in questi ultimi anni, in ossequio ed in virtù della disciplina quaresimale, sono state promosse queste collette, rese possibili da qualche sacrificio penitenziale, le quali vanno ad alleviare la fame nel mondo: un’astinenza suggerita dallo spirito della quaresima, si traduce in valori economici, e questo diventa “pane per la fame nel mondo”, per una moltitudine cioè di poveri, lontani e sconosciuti, che godono così della carità sgorgante dalla osservanza quaresimale … E del senso liturgico della quaresima che cosa diremo? Essa è il grande tirocinio alla grazia del battesimo e della penitenza, è la grande pioggia fecondatrice della Parola di Dio, è la grande mediazione preparatoria alla Pasqua. In nessun altro momento dell’anno la spiritualità della Chiesa è più ricca, più commossa, più lirica, più attraente, più benefica: chi la studia la scopre stupenda; chi la sperimenta la sente umana; chi la vive, e, la gode divina».

Quaresma ha un carattere duplice che troviamo descritto in Santo Conselho in cui si parla dei questo tempo indicando:

«Il duplice carattere del tempo quaresimale che, soprattutto mediante il ricordo o la preparazione del battesimo e mediante la penitenza, dispone i fedeli alla celebrazione del mistero pasquale con l’ascolto più frequente della parola di Dio e con la dedizione alla preghiera, sia posto in maggiore evidenza tanto nella liturgia quanto nella catechesi liturgica. Perciò a) si utilizzino più abbondantemente gli elementi battesimali propri della liturgia quaresimale e, se opportuno, se ne riprendano alcuni dalla tradizione precedente; b) lo stesso si dica degli elementi penitenziali. Quanto alla catechesi poi, si inculchi nell’animo dei fedeli, insieme con le conseguenze sociali del peccato, quel carattere proprio della penitenza che detesta il peccato in quanto è offesa di Dio; né si dimentichi la parte della chiesa nell’azione penitenziale e si solleciti la preghiera per i peccatori» [cf.. n. 109].

Per il battesimo, il mistero pasquale del Cristo è diventato il mistero pasquale del cristiano. Per mezzo del battesimo infatti siamo stati inseriti, innestati e incorporati vitalmente in Cristo e nella Chiesa, diventando così protagonisti responsabili della storia della salvezza che ora si compie nel mondo. Per risvegliare in noi la coscienza battesimale la Chiesa, durante la Quaresima, seguendo il Vangelo di Giovanni ci presenta il mistero pasquale attraverso la simbologia dell’acqua, della luce e della vita, quale risulta dai tre importanti episodi evangelici della Samaritana, del cieco nato e della resurrezione di Lazzaro. Si tratta di temi specificatamente adatti per farci riscoprire la gradualità del movimento di adesione a Cristo. Infatti la Samaritana riconobbe il Messia appena dimentica la sete fisica e ne ammette un’altra, più vera e più profonda [cf.. GV 4, 1-42]. Il cieco nato, dalla visione della luce naturale passa a quella soprannaturale che salva [cf.. GV 9, 1-40]. Lazzaro è richiamato in vita dopo che Gesù ha affermato solennemente la necessità della fede: «Chi crede in me, anche se morto vivrà» [cf.. GV 11, 1-53]. Questi tre elementi fondamentali ci aiutano a capire la storia della salvezza eminentemente legata a questi tre segni: água, luce e vita.

Elemento dell’Acqua. È facile cogliere una teologia dell’acqua nella Scrittura. Data la necessità di dissetarsi per un popolo nomade come Israele, l’acqua diventa il segno della provvidenza di Dio verso il suo popolo, mentre la sua privazione, un castigo. L’acqua è usata dai profeti come segno dei tempi messianici e la salvezza che da questi tempi verrà. Ma del tutto singolare è il rapporto dell’acqua con il battesimo: lo Spirito che si libra sulle acque primordiali, il diluvio [cf.. GN 1, 1-2], il Mar Rosso [cf.. É 14,15-15,1] Eu estou, secondo i Padri della Chiesa, tutte prefigurazioni del Battesimo.

Elemento della Luce. In antico il Battesimo era chiamato “illuminazione” e i battezzati “illuminati”. Il rapporto luce e battesimo viene messo in evidenza, oltre che dal brano del cieco nato, anche dalla celebrazione della veglia pasquale. La simbologia del cero è fin troppo evidente: Cristo vince le tenebre. Per il battesimo siamo diventati figli della luce: dobbiamo camminare come riflettori della luce del Signore.

Elemento della Vita. È l’aspetto culminante di questa catechesi battesimale. La vita nuova è l’elemento primo nel battesimo perché lo è nella persona stessa di Cristo. Per capire ciò, occorre avere una conoscenza viva della morte spirituale, della impotenza a risorgere da soli e della necessità dell’intervento divino: «Senhor, se você estivesse aqui, meu irmão não teria morrido!» [cf.. GV 11, 1-57]. Finché non riusciamo a suscitare in noi il senso del bisogno di essere salvati, cioè “risuscitati”, dovremo amaramente abituarci a vivere un cristianesimo che, senza il suo fondamento battesimale, non avrà niente di pasquale. Tutta la liturgia battesimale consiste in un mistero di morte e resurrezione: l'uomo, per ritrovare il proprio autentico significato, deve necessariamente passare attraverso una lotta in cui qualcuno deve morire. La forza mortifera del peccato viene a poco a poco smorzata, vinta dalla volontaria mortificazione, che ci fa produrre il mistero della morte di Cristo in noi. Colui che così riesce a morire, attraverso la stessa morte conoscerà e avrà la vita. La Quaresima comincia appunto col presentarci Cristo in lotta con Satana [cf.. MT 4, 1-11]; lotta che va crescendo fino a toccare la morte di croce. Ma è proprio nell’accettazione volontaria e obbediente della morte che Cristo realizza la vittoria sulla stessa morte e ci introduce alla novità di vita.

Analizziamo adesso il carattere penitenziale. In passato la disciplina penitenziale della Quaresima, con le sue pratiche severe, serviva al cristiano come momento di espiazione dei peccati. Il rito delle ceneri ne è chiara allusione. I pubblici peccatori per lunghi giorni vivevano in dura penitenza. Il rigore del digiuno toccava limiti per noi inconcepibili! Hoje, pur con la mitigazione delle pratiche esteriori, rimane sempre urgente il bisogno, il dovere della penitenza, come ci ricorda la liturgia quaresimale:

«sia parca e frugale la mensa / sia sobria la lingua e il cuore / fratelli è tempo di ascoltare / la voce dello Spirito» [Ver. Inno delle lodi].

Il vero digiuno è rinuncia a ciò che ingombra il nostro cammino verso Dio e rende meno generoso il nostro servizio a Dio e ai fratelli. La Quaresima deve manifestare la tensione di un popolo penitente che attua in sé l’aspetto mortificante del mistero pasquale. La nostra penitenza trae motivo e significato dal battesimo che ci fa morire con Cristo prima di risorgere con lui, e ci rapporta alla confessione, dove muore la morte e risorge la vita, preparandoci all’Eucaristia. La penitenza ci aiuta a vedere la vita cristiana in una concezione più unitaria e a renderci conto che ogni atto da noi compiuto è sempre manifestazione e attuazione del mistero pasquale.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II, nel decreto sull’Apostolato dei laici, ci ricorda che con la penitenza e la spontanea accettazione delle fatiche e delle pene della vita, con cui ci conformiamo a Cristo sofferente, possiamo raggiungere tutti gli uomini e contribuire alla loro salvezza [apostolado, 16].

Quaresma dovrebbe essere un momento di riflessione anche sulla morte. Uma reflexão pacífica, livre de perturbações ou medos, pior da rejeição da própria ideia de morte. Meditare sulla morte, para nós, cristãos, vuol dire pensare e riflettere, con serenità e fiducia, a ciò che ci attende dopo questo passaggio: la risurrezione alla vita. Perché con Cristo Signore tutti siamo morti e con Lui tutti risorgeremo. Questo è il cuore del mistero pasquale incontro al quale andiamo attraverso il prezioso periodo della Quaresima.

Florença, 18 Março 2023

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Sou teólogo guardião da tradição segundo o pensamento do teólogo Andrea Grillo, honestidade intelectual dita para mim

— Ministério litúrgico —

SOU TEÓLOGO GUARDIÃO DA TRADIÇÃO SEGUNDO O PENSAMENTO DO TEÓLOGO ANDREA GRILLO, A HONESTIDADE INTELECTUAL EXIGE QUE EU

eu tradicionalistas estéticos oníricos são basicamente pacientes patológicos para os quais um recém-nascido poderia ser levado e sua garganta abatida na pia batismal durante o sagrado rito de iniciação na vida cristã, Mas, se o Santo Batismo é celebrado em latim com o rito antigo, você pode ter certeza de que eles vão superar isso, ou em todo caso sempre encontrarão justificativas, por mais absurdo e irracional, O tempo todo.

 

 

artigo em formato de impressão PDF

 

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Um ano e meio atrás a Carta Apostólica criou descontentamento e perplexidade guardiões da tradição data na forma de motu proprio pelo Sumo Pontífice Francisco o 16 julho 2021 sobre o uso da liturgia romana antes da reforma 1970, que de fato cria restrições compreensíveis e apropriadas sobre o Motu proprio Considerando a 7 julho 2007 pelo Sumo Pontífice Bento XVI sobre o uso do Missal Romano de São Pio V antes da reforma delineada por Santo Conselho a 4 dezembro 1963.

Nesse assunto o teólogo sacramental Andrea Grillo interveio com um de seus artigos por 24 fevereiro 2022 em que você pergunta: É legítimo criar reservas indígenas anticonciliares estáveis? Artigo que aceitei e julguei equilibrado e também clarividente.

 

o teólogo sacramental Andrea Grillo

 

Sobre os chamados e indevidamente chamados tradicionalistas Eu prefiro sobrevoar, porém, é preciso dar uma ideia deles status psicológico com alguns exemplos que visam esclarecer o que estamos falando, mas acima de tudo quão irracional e emocional é sua abordagem da sagrada liturgia. Então, vamos tentar formular perguntas precisas: os membros dos Franciscanos da Imaculada talvez não tenham gerado, dentro de sua jovem e confusa congregação religiosa, algumas formas de verdadeiro caos jurídico? Talvez estes estejam longe de resultados esporádicos, mas infelizmente muitos, os casos registrados de jovens religiosas que deixaram seus conventos austeros para terminar em tratamento psiquiátrico, depois de não ser tão mal treinado, mas realmente deformado a nível humano e espiritual? mostra evidências empíricas, eles não provaram, com arrogância sem precedentes, ser uma congregação nascida ontem, reconhecido pela Santa Sé justamente em 1990, que apesar de não ter tido tempo de formar nem mesmo uma geração de teólogos, para não mencionar uma escola teológica, começaram a promover conferências internacionais contra os maiores expoentes da Nova Teologia, que pode ser criticado, mas pelos dominicanos ou pelos franciscanos, que ao longo de oito séculos deram origem a importantes correntes de pensamento teológico e doaram à Igreja escolas teológicas e vários grandes Santos e Doutores da Igreja? Com seu padre um tanto confuso Serafino Lanzetta, pouco mais que uma criança na época, talvez não tenham começado a martelar o prego do Vaticano II, um concílio puramente pastoral, portanto, de fato, um concílio não dogmático e, como tal, uma espécie de concilietto segunda classe? Com seu muito arrogante Mariólogo Padre Alessandro Apollonio, talvez eles não tenham começado a dar o dogma mariano de Maria corredentora como já declarado, chamando a Santíssima Virgem com este título e até instituindo seu culto e devoção, sem saber o quanto o próprio conceito de "corredentora" sempre criou enormes problemas no campo da dogmática e sobretudo da cristologia? Talvez eles não tenham tido, bottom doce, problemas relacionados com a gestão financeira e patrimonial? Esqueça, porque poderíamos pegar esses fatos um por um e ainda outros a seguir, tudo testado e documentado, sem poder me mexer nem um pouco tradicionalistas estéticos oníricos convencido de que os pobres franciscanos da Imaculada eram perseguidos porque celebravam a missa com o a velha ordem e porque criticaram o teólogo alemão Karl Rahner.

eu tradicionalistas estéticos oníricos são basicamente pacientes patológicos para os quais um recém-nascido poderia ser levado e sua garganta abatida na pia batismal durante o sagrado rito de iniciação na vida cristã, Mas, se o Santo Batismo é celebrado em latim com o rito antigo, você pode ter certeza de que eles vão superar isso, ou em todo caso sempre encontrarão justificativas, por mais absurdo e irracional, O tempo todo.

Andrea Grillo pertence ao que alguns costumam definir “área progressiva” o “muito progressivo”. Estas são definições que eu nunca gostei, porque para mim só existem teólogos que discutem e isso como um e único “rótulo” eles têm o dos católicos. Eu conheci Andrea Grillo nos últimos anos, ele é um homem de profunda cultura jurídica, teológico e sacramental. Quando me perguntam se compartilho de algumas de suas teses e posições, respondo que não, mas que ele é um estudioso do mais alto nível, isso é indubitável. Acrescente a isso que ele também é amável como pessoa e muito talentoso como professor, sempre solícito e atencioso com os alunos da pós-graduação. Se certo tradicionalistas estéticos oníricos cuja arrogância sempre combinou com sua ignorância, começou a discutir a estrutura teológica e pastoral do Missal de São Pio V, para não mencionar sua história e evolução através dos tempos, com um liturgista como esse - cuja estatura e cultura enciclopédica, repito, deve antes de tudo ser reconhecida - penso que depois de escassos três minutos não restaria sequer uma pena deles.

Eu sempre tentei ser um estudioso intelectualmente honesto, portanto, nunca tive dificuldade em afirmar que Hans Küng tinha dons naturais e habilidades especulativas muito superiores aos de Joseph Ratzinger, porque os fatos históricos e a originalidade de seus escritos o provam. Por outro lado, os de Joseph Ratzinger, eles são escritos por um teólogo muito culto, bem como um excelente professor capaz de expor de forma magistral, mas a originalidade do pensamento é, no entanto, outra coisa. Meu confrade e amigo Brunero Gherardini (1925-2017), que era a quintessência da mais estrita e rigorosa ortodoxia, não teve dificuldade em admitir com apreço que Leonard Boff foi um dos eclesiólogos mais talentosos e talentosos dos últimos 50 anos, ou que o mais belo comentário e exegese da Carta aos Romanos continua sendo o do protestante Karl Barth, atualmente insuperável. Mas há mais: talvez, se possuíssemos as obras e escritos - que infelizmente não recebemos - poderíamos até descobrir que o heresiarca Pelágio era mais dotado, em um nível teológico e especulativo, do que Agostinho bispo de Hipona, depois Santo e Doutor da Igreja. Infelizmente não temos as obras de Pelágio e conhecemos apenas as respostas e refutações de Agostinho sobre ele. Mas se um titã como Agostinho se moveu contra Pelágio, isso já mostra que do outro lado, tão herético quanto queremos, havia outro titã e um osso duro de roer para lutar contra. E queremos falar sobre o heresiarca Arius, que com suas teorias sobre a Encarnação do Verbo conseguiu convencer quase todos os católicos de que Cristo era uma criatura divina criada por Deus? Suas teorias, muito bem estruturado e envolvente, forçou os Padres da Igreja a se reunirem no Concílio Ecumênico de Nicéia, no ano 325, definir dogmaticamente que Cristo não era uma criatura, mas "gerado, não criado da mesma substância que o Pai" (nascido não criado como o Pai). Longe de ser erradicado, a heresia ariana continuou a se espalhar pelos séculos seguintes em regiões inteiras da Europa. Os povos germânicos e além, eles foram evangelizados por bispos e presbíteros arianos no início do século IV. Somente no século VI os povos germânicos foram reconvertidos pelos missionários, depois de dois séculos de arianismo, que, no entanto, continuou a deixar a sua marca.

Este tipo de teologia e a história da teologia algumas pessoas pobres tradicionalistas estéticos oníricos encerrados em quatro fórmulas rançosas de uma neoescolástica decadente - que não é nem um parente distante da escolástica clássica - nem sabem onde ele mora, porque como todas as pessoas mediocres eles tem que inventar inimigos, chafurdar entre milenarismos e profecias apocalípticas, iminentes triunfos mágicos do Imaculado Coração de Maria, fingindo saber melhor do que ninguém, mas sobretudo tentando destruir aqueles que decidem elevar à categoria de inimigos supremos, porque a imagem do inimigo é uma suposição fundamental de seu próprio ser e existência. Característica típica dessas pessoas não é lutar contra ideias e sim contra pessoas na tentativa de destruí-las de qualquer forma e por qualquer meio, segundo o estilo consolidado dos piores fundamentalismos pseudo-religiosos.

Nas colunas da nossa revista Padre Ivano Liguori e eu éramos cada vez mais severos com certos padres showman, Mas não só: sempre e na prática temos chamado seus bispos à responsabilidade acusando-os em termos inequívocos de falta de vigilância. No entanto, não podemos dizer que a Igreja tenha sido indiferente e silenciosa a partir deste ponto de vista, porque tanto João Paulo II quanto Bento XVI falaram e escreveram contra os abusos litúrgicos, No 2004 instrução foi promulgada Sacramentum que é um documento muito claro e preciso que muitos estragaram, à frente de todos os grupos neocatecumenais e diversos grupos carismáticos.

Bem antes guardiões da tradição Eu implorei desafiadoramente que seria bom revogar esse motu proprio por Bento XVI em Massa velha ordem [ver o meu Videoconferência] dados certos resultados que são tudo menos minoritários ou isolados. E por anos, não por dias ou meses, mas há anos venho dizendo em vão a certos grupos e fiéis para parar com suas amenidades como: "Ah, esta é a única missa, a missa válida, a missa de costume, não aquela missa protestante de Paulo VI inventada por aquele maçom Annibale Bugnini!». E quantas vezes lhes repeti que não podiam e não deviam usar o Pedido antigo errado para atacar todo um conselho da igreja, ou uma reforma litúrgica necessária já iniciada antes do conselho pelo Sumo Pontífice Pio XII e assim por diante. Igualmente sem sucesso, repeti durante anos que, se continuassem assim, mais cedo ou mais tarde isso motu proprio teria sido revogado. Esqueça, esta é a resposta: «Não, Não é possível, porque a Missa de todos os tempos é irrevogável, intocável!». E, no entanto, inutilmente, por anos e anos eu disse a eles que aquilo motu proprio não era uma definição dogmática irrevogável e sempre se disse em Roma que «um Papa ferve e um Papa ferve».

Tempo perdido, palavras desperdiçadas, cabeças tacanhas que sempre se recusaram a entender, acontecendo por anos, teimosamente e teimosamente, usar um missal para criar dois partidos dentro da Igreja, usando como elemento de divisão o que constitui o coração da unidade: a eucaristia.

Na minha humilde opinião, com todo o desgosto para quem não teve essas atitudes, Creio que o Sumo Pontífice teve razão em promulgar motu proprio restritivo que na verdade é Guardião da tradiçãos, sobre o qual podemos dizer em legítimo tom crítico, mas sobretudo à luz dos princípios da prudência, equilíbrio e acima de tudo aequitas, que sua ação foi sem dúvida certa, mas igualmente indubitavelmente parcial. No que me diz respeito, pode ser bom para mim apertar o cinto no uso do Missal de São Pio V, visto do jeito que alguns não, mas muitos já usaram, tendo visto certos resultados infelizes e completos, Mas, sendo intelectualmente honesto, Não posso deixar de me perguntar e perguntar: e os grupos neocatecumenais que invadiram e controlam quase metade das paróquias da diocese de Roma, que descaradamente, insolentes e arrogantes alugam salões nos hotéis da capital ou nas casas religiosas da cidade, fazer da sagrada liturgia o que quiserem e como quiserem diretamente sob as janelas do Santo Padre, talvez alguém tenha dito algo a ele, ou, se alguma coisa, pretende dizer-lhe algo em breve? Por acaso, foi emitido um documento em que é proibido celebrar missas sem autorização da Autoridade Eclesiástica fora dos espaços consagrados, que nem em Roma nem no resto da Itália falta, permitindo-lhes continuar a reunir-se nos salões dos hotéis ou obrigando as casas religiosas, com o padre “alugado” que cumpre as ordens de leigos ajoelhados nas piores diretivas bizarras de Kiko Argüello? O Sumo Pontífice, que recentemente colocou a mão na própria Diocese com um reforma radical, ele já notou que o Vicariato está nas mãos dos neocatecúmenos há algumas décadas, graças à infeliz proteção concedida a eles primeiro pelo cardeal Camillo Ruini e depois pelo cardeal Agostino Vallini? O Sumo Pontífice, ele está ciente do que os neocatecumenais fizeram no ostracismo e na maldade, aos padres que consideram hostis às suas excentricidades doutrinárias e litúrgicas, usando o braço armado de seus fiéis associados, como o chanceler imóvel do Vicariato de Roma Giuseppe Tonello, capaz de fazer bom e mau tempo, ou para decidir como e como cortar as cabeças de certos padres hostis à "Igreja" do Sr. Kiko Argüello? Como nada disso foi feito até agora, isso me faz ler guardiões da tradição como medida necessária pela situação que se criou, mas que ao mesmo tempo manifesta mais uma vez as parcialidades e os desequilíbrios deste Pontificado Augusto, em que cuidamos corretamente daqueles que tiveram a indecência aberta de usar o Pedido antigo errado atacar todo um Concílio da Igreja e a reforma litúrgica, sem no entanto se importar minimamente com aqueles que de forma não menos insolente e arrogante fazem da liturgia o que querem e como querem diretamente na Diocese de Roma sob as janelas do Sumo Pontífice.

eu repito: as análises do Prof.. Andrea Grillo, crachá, teólogo sacramental educado e qualificado, a nível de doutrina, da liturgia, a eclesiologia e o cuidado pastoral são absolutamente perfeitos. Tese que no que me diz respeito aprovo e compartilho, movidos por aquela honestidade intelectual que anima e sustenta a fé, ao contrário daqueles que procuram mudar sua fé, queres com o Missal de São Pio V queres com as extravagâncias litúrgicas dos Neocatecumenais e certas franjas dos Carismáticos, no mundo das emoções subjetivas. E um Sumo Pontífice, estar verdadeiramente certo ao fazer as coisas certas, deve, acima de tudo, estar acima das emoções e das partes em conflito. E se o caso impõe a necessidade de vencê-lo, nesse caso, seria bom bater igualmente à direita e à esquerda.

Acho que não tenho que me justificar por nada, em todo caso, deve-se notar que sou um grande admirador do Venerável Missal de São Pio V, dos quais creio conhecer a fundo aquela estrutura teológica e aquele sistema pastoral completamente desconhecido para eles padres exóticos pessoas de trinta anos que se levantaram uma manhã e improvisaram os chamados “tridentino”, sem saber antes de tudo que um “rito tridentino” simplesmente nunca existiu, é apenas uma maneira totalmente inapropriada de dizer. Sobretudo sem saber que naquele Missal também os gestos e os silêncios têm um profundo significado mistagógico e espiritual, completamente ignorados por eles para dar lugar a formas de esteticismos exóticos que são quase sempre tragicamente fins em si mesmos. eu tradicionalistas estéticos oníricos que mencionam a bolha de forma inadequada Na primeira vez com a qual o Santo Pontífice Pio V promulgou em 1570 aquele Missal definindo-o irreformável com muito anátema sit, eles demonstram que não conhecem o estilo em que costumavam ser escritos certos documentos pontifícios, que tinham seu próprio estilo retórico preciso, mas sobretudo ignoram que aquele Missal foi revisto e reformado um total de dezoito vezes a partir de 1614, quando o Sumo Pontífice Urbano VIII publicou uma primeira edição atualizada e melhorada para apenas 44 anos após a sua promulgação, com correções substanciais e radicais. As últimas reformas importantes foram feitas no século XX pelo Santo Pontífice Pio X, pelo Venerável Papa Pio XII e pelo Santo Pontífice João XXIII no espaço de menos de cinquenta anos. Eu abomino abusos litúrgicos, mas por isso mesmo, na minha humilde capacidade como um pobre teólogo dogmático e historiador do dogma, Estou perfeitamente ciente de que abusos litúrgicos muito piores ocorreram com aquele Venerável Missal do que aqueles que estamos testemunhando hoje com o Missal promulgado em 1969 e entrou em vigor em 1970. Sou um amante da língua latina e quando posso sempre uso o edição típica Latim do Missal de Paulo VI, aquele em italiano sempre e de rigueur quando celebro para as assembléias dos fiéis. Eu me ressinto de certos anacronismos cegos e obtusos típicos de pessoas que realmente pedem a exumação de um cadáver, AS saint, ou seja, o Missal de São Pio V, não é mais viável hoje tanto no nível pastoral quanto no nível da evangelização. O problema básico dessas pessoas é que, ao tomar um Missal como objeto de disputa e luta, elas tendem a dar vazão aos desconfortos de um cristianismo imaturo ou mal vivido., rejeitando o elemento teológico e escatológico de que a Igreja inicia seu caminho incessante com os discípulos pelo Caminho de Emaús junto com o Senhor [cf.. LC 24, 13-35], enquanto alguns gostariam de paralisá-lo, como Pedro, estaticamente no Monte Tabor, antes da transfiguração de Cristo [cf.. MC 9, 2-10]. A Igreja é por sua própria natureza constitutiva O desenvolvimento das pessoas, qualquer um que tente mudá-lo para A regressão das pessoas reivindica direito incomum, mas acima de tudo inaceitável, trair a missão que Cristo lhe confiou, em uma viagem sem fim, sempre inclinado para a frente, até seu retorno no fim dos tempos.

a Ilha de Patmos, 27 fevereiro 2023

 

O problema das aequitas e o antigo jogo do punível e do impunível, do que se cola e do que se pode acariciar...

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