4
commenti
I commenti sono chiusi.
Il sito di questa Rivista e le Edizioni prendono nome dall’isola dell’Egeo nella quale il Beato Apostolo Giovanni scrisse il Libro dell’Apocalisse, isola anche nota come «il luogo dell’ultima rivelazione»
«ALTIUS CÆTERIS DEI PATEFECIT ARCANA»
(in modo più alto degli altri, Giovanni ha trasmesso alla Chiesa, gli arcani misteri di Dio)
La lunetta usata come copertina della nostra home-page è un affresco del Correggio del XVI sec. conservato nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma
Creatrice e curatrice del sito di questa rivista:
MANUELA LUZZARDI
Gent.mo Padre Domenicano,
sono un chirurgo (amico del nostro comune amico Padre Ariel che conosco da anni), non ho il dono della fede, per adesso, non escludo niente, però.
Parlo dall’interno dell’ambito clinico, temo totalmente ignorato, nel corso di questa campagna pro eutanasia, promossa dai soliti noti e basata di rigore sui «casi limite» o sui «casi rarissimi», per parafrasare Padre Ariel a proposito del suo precedente articolo sul tema dell’eutanasia.
Personalmente, che come ho detto non ho il dono della fede, mai parteciperei in modo diretto e neppure indiretto al “suicidio assistito” di una persona. Mio compito è salvare le vite, non dare la morte.
Coloro che stanno portando avanti queste campagne sanno, o forse fingono di non sapere, che i medici favorevoli all’eutanasia rischiano domani di contarli sulle punta delle dita di due mani scarse? Ma non perché «cattolici intransigenti», anzi semmai affatto credenti, ma rispettosi della vita e del Giuramento di Ippocrate.
O si vuole ignorare che buona parte degli obbiettori di coscienza per quanto riguarda l’aborto non sono «medici cattolici intransigenti» ma solo medici che hanno un certo concetto della vita umana?
Seguiterò sempre a leggervi e … chissà! Se un giorno cadrò sulla via di Damasco mi rialzerete voi.
Buon lavoro!
M.P.
Roma
Caro Padre,
la suggestiva promessa eutanasica è quella di una morte gestibile nella misura in cui è consensualmente procurata. Se il momento della morte diventa una funzione della mia volontà la morte sembra perdere il suo carattere annichilente e l’io sembra poter trionfare sulla propria mortalità.
Quella eutanasica è la stessa promessa fatta da Cristo, ma con ben altre condizioni: «Se uno osserva le mie parole non vedrà mai la morte» (Gv. 8, 51).
L’eutanasia promette alla persona di non vedere mai la morte.
Antonio Caragliu
giurista
Gentile Padre Gabriele Giordano M. Scardocci,
Sono anni che leggo L’Isola di Patmos, pur non avendo inviato mai messaggi e commenti. Oggi mi sento tirata per i capelli a farlo.
2002, mio figlio, 16 anni, rientrando a casa alle 19, d’inverno, è investito sullo scooter da un 24enne strafumato di hashish. Trauma cranico grave e altri danni che non sto a dettagliare. Giunge in ospedale privo di conoscenza e, già nel pronto soccorso d’urgenza, è dichiarato lo stato di coma.
Non mi dilungo, le dico solo che mio figlio è stato in coma profondo per 13 mesi e mezzo. L’investitore se l’è cavata con meno, per sei mesi dovette frequentare un centro di recupero psicologico, per sei ore al giorno. Ma lasciamo perdere …
Ciò che voglio dirle è che nei lunghi mesi di questa esperienza non ho mai conosciuto nessun luminare, nessun medico e nessun paramedico che abbia ipotizzato, ma che dico … anche solo alluso a “staccare la spina”. Solo alcune conoscenti allusero al distacco della spina, e erano tutte donne coi santini dei padripii dentro la borsetta e sempre aggiornate sui messaggi della madonna di Medjugorje. I medici e paramedici non credenti no, mai alluso a che … ah, in certi casi, staccare la spina …
Risvegliandosi dal coma, mio figlio avrebbe dovuto riportare danni permanenti gravissimi o almeno gravi. Dopo 10 giorni camminava con le stampelle e dopo 14 senza, nessun danno al cervello.
I due luminari che lo hanno seguito non sono credenti e dopo il risveglio dissero che non potevano parlare come me di miracolo ma potevano dire che delle risorse del cervello umano la scienza è lontana dal conoscere tutto e che quello che non è spiegabile oggi può esserlo domani.
Dico per esempio. Se la legge consentisse di staccare le cosiddette macchine, e se (non sarebbe mai accaduto) io lo avessi chiesto e fatto? Non avrei forse tolta la vita a mio figlio? Sono contro l’accadimento terapeutico ma sono anche contro a togliere la vita a una persona che, pure in stato di coma, vive sempre.
Oggi mio figlio è sposato e ha un bambino e una bambina, al maschietto è stato dato il nome di mio marito morto per un tumore nel 1998.
Scusi la durezza Padre, ma quando leggo le dichiarazioni di Marco Cappato e quando lo sento parlare (a dire il vero cambio subito canale) mi sembra di sentir parlare il demonio, e se sbaglio e se manco di carità cristiana la prego di correggermi.
Pregherò per voi e per la vostra missione di sacerdoti
Francesca Romana (Roma)
Cara Signora Francesca romana,
sono, quelle come le sue, testimonianze che toccano davvero il cuore e che donano tanta gioia anche a me che ho scritto l’articolo.
Spesso si dice finché c’è vita c’è speranza, io direi che finché c’è la speranza teologale ogni vita è speranza ed esperienza di grazia.
Questa sua storia lo conferma.