Intervista ad Andrea Turazzi Vescovo di San Marino-Montefeltro: domenica 26 settembre gli elettori della più piccola e antica repubblica del mondo decideranno se legalizzare l’aborto

  — Interviste —

INTERVISTA AD ANDREA TURAZZI VESCOVO DI SAN MARINO-MONTEFELTRO: DOMENICA 26 SETTEMBRE GLI ELETTORI DELLA PIÙ PICCOLA E ANTICA REPUBBLICA DEL MONDO DECIDERANNO SE LEGALIZZARE L’ABORTO

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«Quindi uno non può considerarsi cattolico e poi, per esempio, non riconoscere che la vita umana è sacra fin dal concepimento. Un credente deve contemplare l’azione creatrice di Dio. Il concepito è sempre dentro una relazione, un’alleanza speciale con il Creatore, ha un’anima immortale».

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Andrea Turazzi
Vescovo di San Marino-Montefeltro

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Cor ad cor loquitur (il cuore parla al cuore), locuzione tratta dall’epistolario di San Francesco di Sales, stemma episcopale di S.E. Mons. Andrea Turazzi, Vescovo di San Marino-Montefeltro

Al referendum di domenica 26 settembre gli elettori decideranno se la Repubblica di San Marino deve liberalizzare l’aborto, conformandosi alla mentalità dominante in tanti Paesi occidentali e anzi rischiando di superarli per estremismo (vedi qui l’analisi del giurista Giacomo Rocchi), o se invece deve continuare a essere d’esempio nella protezione dei nascituri, le generazioni di domani. Come già raccontato dallo psicoterapeuta Adolfo Morganti in una intervista con la Bussola, la campagna per il no al quesito referendario ha visto la forte mobilitazione del laicato cattolico. Ma anche la Chiesa locale sta facendo la sua parte, incoraggiando i cittadini sia a difendere il bambino nel grembo materno sia ad aiutare le madri in difficoltà. La Nuova Bussola Quotidiana ha intervistato il vescovo di San Marino-Montefeltro, S.E. Mons. Andrea Turazzi.

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Monsignor Andrea Turazzi, lei in una sua recente omelia, a proposito del dibattito sull’aborto, ha richiamato la Repubblica di San Marino a interrogarsi sui suoi valori fondanti e sul suo progetto per il futuro. Può parlarci di questi valori?

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Innanzitutto, dobbiamo guardare alla creatura che ha appena iniziato la sua avventura. Ogni uomo ha diritto di vivere. Questo è il diritto che precede tutti gli altri. Quindi, difendere il nascituro è molto più che la difesa di un principio astratto, perché è accoglienza di una persona. Accanto a quella del bambino c’è la prospettiva della mamma, sia quella raggiante per l’arrivo di una nuova creatura sia quella preoccupata, in ansia a causa delle difficoltà: a lei dobbiamo assicurare tutto l’accompagnamento possibile. Non deve essere abbandonata a sé stessa, ma bisogna prendersi a cuore le sue difficoltà. Chi arriva all’aborto, spesso, lo fa perché non c’è aiuto, anche economico; dobbiamo far sì che mai più, in una società come la nostra, non nasca una vita per circostanze simili.

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Nella Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell’ordinamento sammarinese si legge: “Ogni madre ha diritto all’assistenza ed alla protezione della comunità”. Non trova che il quesito referendario, in buona sostanza, recida i legami tra la donna e la comunità che la potrebbe davvero proteggere?

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Certamente. La campagna referendaria, soprattutto negli ultimi giorni, sta assumendo dei toni piuttosto vivaci ma dovrebbe essere un’opportunità per un sussulto di consapevolezza, di responsabilità, un momento favorevole di riflessione per tutta la comunità. C’è un bambino che deve nascere, la mamma da aiutare, e questo significa che serve una società che prenda posizione. Sono contento che sempre più il fermo no all’aborto sia accompagnato da parole e gesti di attenzione verso la donna. E questo non è solo compito dei singoli ma è anche ciò che lo Stato deve fare. Tra l’altro, a San Marino c’è un inverno demografico che si nota anche più che altrove, perché siamo una realtà piccola. Il popolo ha bisogno di chiarezza e nel dibattito deve prevalere la dimensione costruttiva, la bellezza e il dono della vita. Ma penso che in tanti ci sia questo, e spero che anche chi è di altra convinzione si faccia delle domande.

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Oltre alle mamme con una gravidanza difficile, bisogna aiutare le mamme che hanno abortito a intraprendere un cammino di riconciliazione con Dio. Da voi sono attivi gruppi di accompagnamento in tal senso?

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A San Marino, oltre alla Comunità Papa Giovanni XXIII e alla Caritas, opera da un paio d’anni il Servizio Accoglienza alla Vita che propone testimonianze bellissime che raccolgono esperienze di vita di ragazze e ragazzi delle nostre comunità. Tra pochi giorni sapremo il risultato di questo referendum, speriamo in un buon esito, ma in ogni caso guai a gettare la spugna dell’impegno per la vita dei nascituri, per la prossimità alle madri in difficoltà, ecc.. Dovremo impegnarci ancora di più, qualunque sia l’esito. Questa battaglia sta interessando l’Italia e tutta l’Europa, quindi questo piccolo Stato interpella la coscienza di milioni di persone.

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Anche perché è uno dei pochi che resistono nel campo della difesa dei nascituri. Dovrebbe essere indicato come un esempio di civiltà, invece la stampa progressista lo dipinge come “arretrato”.

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Guardi, a me ha dato coraggio l’intervento del Papa sull’aereo di ritorno dal viaggio in Slovacchia, in cui il Santo Padre ha pronunciato di nuovo parole chiare contro l’aborto. E questo deve far riflettere anche tutti i cattolici.

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In che senso?

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Anche da noi ci sono cattolici impegnati sui temi sociali, sui diritti umani, sulla custodia della casa comune. E dall’altra parte ci sono cattolici più attenti alla salvaguardia dei principi etici, non negoziabili. Il ‘solco’ tra queste due anime, da noi, a volte non è così profondo; però agli uni e agli altri ho sentito il dovere di dire che il Vangelo dell’amore di Dio per l’uomo, il Vangelo della dignità della persona e il Vangelo della vita sono un unico e indivisibile Vangelo. Quindi uno non può considerarsi cattolico e poi, per esempio, non riconoscere che la vita umana è sacra fin dal concepimento. Un credente deve contemplare l’azione creatrice di Dio. Il concepito è sempre dentro una relazione, un’alleanza speciale con il Creatore, ha un’anima immortale.

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A San Marino si sta assistendo a una forte mobilitazione del laicato cattolico in difesa della vita fin dal concepimento. Sembra che si realizzi l’auspicio di san John Henry Newman, che chiedeva un laicato forte…

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Nella Repubblica di San Marino, in questa campagna, abbiamo assistito con favore alla nascita di due realtà laiche. La Consulta delle aggregazioni laicali, che riunisce una dozzina di gruppi ecclesiali; e il comitato contrario, il Comitato Uno di Noi, che esprime il no all’aborto basandosi sull’antropologia e le scienze. Infatti, non deve essere una battaglia tra cattolici e non cattolici, bensì l’occasione per il risveglio della coscienza civica, cioè dei valori fondati su una retta antropologia e che sono riconoscibili come buoni da chiunque.

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Questo quesito, come già la Legge 194, taglia fuori il padre. Cosa ne pensa?

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La donna, chiaramente, porta il peso e la fatica della gravidanza, ma il papà non può essere messo da parte.

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È anche un attacco alla Sapienza creatrice di Dio?

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Mi viene in mente una frase della Sacra Scrittura, nel libro del profeta Geremia: «Mi fu rivolta la parola del Signore: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; […]”» (Ger 1, 4-5). Questi versetti sono testimonianza dell’amore di Dio. Perciò il mio invito è di essere presenti, di partecipare a questa campagna in difesa della vita nascente e di farlo con lo spirito del dono, come atto di amicizia. Vorrei che non ci fosse la rissa verbale. E da parte nostra bisogna dare risposte che trasmettano l’insegnamento cattolico integralmente. Promuovere la tutela della mamma, l’aiuto alla famiglia, una politica più attenta alle realtà familiari… L’indice di sviluppo di una società non si valuta solo con l’economia, ma soprattutto si misura con il rispetto dei veri diritti dell’altro, a partire dal fragile e dal nascituro.

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Il referendum si svolgerà il 26 settembre, memoria liturgica dei santi medici Cosma e Damiano. Magari…

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Guardi, mi sta dicendo una cosa bellissima, non ci pensavo. Noi abbiamo una parrocchia dedicata ai santi Cosma e Damiano, che sono detti “anargiri”, perché non volevano denaro. Certamente richiamano tutti a salvaguardare la vita e, in particolare, i medici, che fanno il Giuramento di Ippocrate. Domenica mattina celebrerò in quella parrocchia, ma prima…

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Ci dica.

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Mercoledì 22 settembre [oggi, ndr] faremo un Rosario, che verrà trasmesso su YouTube a partire dalle 17, promosso dalla Associazione Papa Giovanni XXIII. Io intonerò il Rosario per la vita nascente. Chi può, si unisca alla preghiera.

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Pennabilli, 23 settembre 2021

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© Servizio realizzato da Ermes Dovico sulla rivista

 La Nuova Bussola Quotidiana,

direttore responsabile Riccardo Cascioli

edizione del 23 settembre 2021

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6 commenti
  1. Padre Gabriele CP
    Padre Gabriele, C.P. dice:

    Sono sacerdote passionista, l’ultima volta che durante una mia predicazione toccai il tema dell’aborto, in quel di Campania provincia di Napoli, con relative parole di condanna e rifacendomi con scrupolo solo e null’altro che al magistero della Chiesa, mi ritrovai in sacrestia un gruppetto di donne furenti al grido … “non siamo d’accordo!”, e quelle che di tutte e cinque erano meno d’accordo erano due catechiste. Chiesi al parroco come fosse possibile che due abortiste potessero fare le catechiste, lui scosse la testa e io, andandomene via, scossi la testa più di lui, dicendo tra di me: povere catechiste, povero parroco, ma soprattutto povera Chiesa!

    Bellissima l’intervista di Mons. Andrea Turazzi Vescovo di San Marino-Montefeltro.

    • Giancarla Paoletti
      Giancarla Paoletti dice:

      Gentile Padre Gabriele C.P.

      lei mi ha messo il dito nella piaga con queste sue parole, anche se rimango con un dubbio: è colpa delle catechiste è colpa del vescovo è colpa del parroco … di chi?
      Non conosco il vescovo che parla a questo modo in questa intervista, da come parla non penso però che permetterebbe a delle catechiste divorziate, accompagnate con nuovo compagno e con figli in felice convivenza, di insegnare catechismo ai bimbi della prima comunione, come è accaduto a me con mia figlia. Catechiste che per quanto riguarda l’aborto affermavano che bisogna valutare i casi concreti perché ci sono delle situazioni in cui …
      Non penso, da come parla, che se avesse saputo che alle mie rimostranze il parroco mi ha risposto che io sono retrograda e che la chiesa è cambiata, avrebbe detto “bravo!” a questo parroco.
      A meno che il suo parlare non sia completamente dissociato dal suo agire.
      E concludo: e tutti i genitori divorziati risposati dei bambini fecero la comunione, il parroco rispose alle mie rimostranze dicendomi …”lei non ha letto Amoris Laetitia”.

      • Padre Ariel
        Padre Ariel dice:

        Cara Giancarla,

        alla sua domanda rispondo io perché il Vescovo Andrea Turazzi lo conosco bene, soprattutto credo di sapere come avrebbe agito nei casi da lei riportati, anche perché il suo parlare corrisponde da sempre in modo aderente a quello che è il suo agire concreto, senza alcuna discrasia. Con molta mitezza avrebbe detto al parroco che degli educatori, pur essendo come tutti noi dei peccatori, devono avere uno stile di vita consono al catechismo che insegnano, non una pubblica vita vissuta in aperto contrasto con la dottrina e la morale cattolica. Poi gli avrebbe ricordato che l’esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia non ha consentito affatto che i divorziati risposati potessero ricevere la Santissima Eucaristia e che a tal proposito rimangono in vigore le disposizioni date dal Santo Pontefice Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio (n. 184), ad oggi mai modificate.

        Io che non sono mite e ritengo che con certi soggetti l’autorità vada applicata in modo rigido e duro – per il loro sommo bene, s’intende -, al parroco da lei illustrato lo avrei fatto nero dalla testa ai piedi. Ma grazie a Dio la Chiesa si è ben guardata dal farmi vescovo, ed ha fatto benissimo, perché in questi tempi di “misericordia pelosa” e di “dialogo senza ascolto” non sarei stato assolutamente adatto a ricoprire un ufficio del genere, avendo anzitutto il grave “vizio capitale” di credere che la Chiesa è una struttura gerarchica che si regge sul principio di autorità, ciò mi avrebbe reso un vescovo del tutto inadeguato per la Chiesa di questo nostro nuovo corso. O come disse il Padre Divo Barsotti predicando sotto il pontificato di Paolo VI gli esercizi spirituali alla curia romana nel 1971:

        «La Chiesa ha un potere coercitivo che le perviene direttamente da Dio e che non può omettere di esercitare».

        Provi a immaginare un prete che dice al suo vescovo «io penso che …» e per tutta risposta il vescovo gli ribatte: «quello che tu pensi è irrilevante, tu devi fare quel che io ti comando e basta, non quel che tu pensi».
        Come minimo ci sarebbe un sollevamento generale del clero, a partire da quei parroci che si sentono pontefici, imperatori e re.

        Sappia però che oggi, per un vescovo di qualsiasi diocesi, è molto difficile gestire i propri presbiteri. E se non partiamo da questo si rischia di non comprendere certi gravi problemi. Cerco allora di spiegarmi con un esempio: se quando io ero adolescente (premetto che ho 58 anni) il parroco o il vice parroco della chiesa parrocchiale che frequentavo fossero stati chiamati il lunedì dal segretario del vescovo e convocati per il mercoledì mattina, avrebbero trascorso due notti insonni pensando tra sé che cosa il vescovo aveva da dirgli. Si sarebbero presentati in udienza con la loro talare migliore addosso e lo avrebbero salutato piegando il ginocchio e baciandogli la mano, poi avrebbero atteso che il vescovo aprisse bocca e parlasse.
        Oggi può capitare – anche con frequenza – che il vescovo chiama un suo presbitero e questo non si presenta neppure, gli manda una e-mail e questo non risponde. Buona parte, quando si presentano, giungono vestiti in abiti civili, danno una stretta di mano al vescovo, se non una pacca sulla spalla, poi cominciano a parlare loro, oppure interrompono il vescovo mentre lui parla dicendo «no, personalmente non sono proprio d’accordo».

        Questo basterebbe a domandarsi: quale educazione ecclesiale ed ecclesiastica è data oggi nei nostri disastrati seminari che, come vado dicendo da anni e anni, andrebbero completamente ripensati e riformati?

        Altro esempio: più di dieci anni fa accadde che mentre ero seduto con un confratello in un salotto dell’episcopio entrò il vescovo, al suo ingresso io mi alzai in piedi dalla sedia e feci un cenno d’inchino con la testa, il confratello rimase sbracato sulla sedia mentre il vescovo – che cercava proprio lui – stando in piedi gli parlava. Quando il vescovo uscì dissi al confratello: «Quando il vescovo entra e soprattutto quando ti parla, tu devi alzarti in piedi. Il giorno dopo un presbitero che si credeva padrone della diocesi, quindi del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili, lamentò al vescovo che io avevo l’ardire, la presunzione e l’arroganza di pretendere d’insegnare l’educazione ai preti.

        Con questi quadretti appena dipinti le è chiara l’antifona e la situazione formativa del clero? Le è chiaro come mai vado ripetendo che i nostri seminari, da me soprannominati “pretifici”, sono un autentico disastro?

        Da questo disastro formativo, o meglio deformativo, possono uscire fuori parroci come quello che lei ha dipinto, con tutto ciò che ne consegue, incluse catechiste divorziate riaccompagnate con altri uomini che in tema di aborto affermano: «… ci sono delle situazioni in cui …».

        La faccio infine sorridere: quando io, sacerdote e teologo, dissi a un parroco che ero ben disposto a insegnare il catechismo ai ragazzi che si stavano preparando alla Santa Cresima, lui stravolse gli occhi e mi risposte: «No, non è possibile, le catechiste ci rimarrebbero male, se un prete insegnasse il catechismo!».

        E con questo credo di averle detto tutto.

        Capisco che non è un bel modo di consolare, ma le garantisco che ho conosciuto e che conosco molto di peggio.

        Preghi per la Santa Chiesa e preghi per la salute dell’anima dei sacerdoti.

  2. Don Francesco Messina
    Don Francesco Messina dice:

    Afferma S.E. Mons. Andrea Turazzi

    «Quindi uno non può considerarsi cattolico e poi, per esempio, non riconoscere che la vita umana è sacra fin dal concepimento. Un credente deve contemplare l’azione creatrice di Dio. Il concepito è sempre dentro una relazione, un’alleanza speciale con il Creatore, ha un’anima immortale».

    Siamo sempre in meno (preti inclusi, ahinoi!) a comprendere che questa affermazione è del tutto ovvia e che un vescovo non potrebbe dire diversamente, invece oggi per fare affermazioni pubbliche di questo genere è necessario che un vescovo sia veramente dotato di eroiche virtù.

    Per questo sono rimasto veramente toccato da questa intervista, perché sono parole chiare e nette che non si odono più dai tempi di San Giovanni Paolo II.

    • Don Paolo M.P.
      Don Paolo M.P. dice:

      Don Francesco,

      Sono prete in una diocesi emiliana, ho conosciuto “Don Andrea” quando era parroco in una parrocchia di Ferrara (è ferrarese di origine), andavo a confessarmi da lui quando ero seminarista, un autentico santo uomo di Dio e di conseguenza non può essere che un santo vescovo.

  3. Don Angelo Rossit
    Don Angelo Rossit dice:

    Ascoltare di questi tempi le parole di un Vescovo che si esprime in modo così pacato ma deciso, senza pena di alcun fraintendimento e ambiguità, solleva veramente il cuore a ogni presbitero.

    La mia sincera devozione a Sua Eccellenza Reverendissima.

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