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Il sito di questa Rivista e le Edizioni prendono nome dall’isola dell’Egeo nella quale il Beato Apostolo Giovanni scrisse il Libro dell’Apocalisse, isola anche nota come «il luogo dell’ultima rivelazione»
«ALTIUS CÆTERIS DEI PATEFECIT ARCANA»
(in modo più alto degli altri, Giovanni ha trasmesso alla Chiesa, gli arcani misteri di Dio)
La lunetta usata come copertina della nostra home-page è un affresco del Correggio del XVI sec. conservato nella Chiesa di San Giovanni Evangelista a Parma
Creatrice e curatrice del sito di questa rivista:
MANUELA LUZZARDI
Sono sacerdote passionista, l’ultima volta che durante una mia predicazione toccai il tema dell’aborto, in quel di Campania provincia di Napoli, con relative parole di condanna e rifacendomi con scrupolo solo e null’altro che al magistero della Chiesa, mi ritrovai in sacrestia un gruppetto di donne furenti al grido … “non siamo d’accordo!”, e quelle che di tutte e cinque erano meno d’accordo erano due catechiste. Chiesi al parroco come fosse possibile che due abortiste potessero fare le catechiste, lui scosse la testa e io, andandomene via, scossi la testa più di lui, dicendo tra di me: povere catechiste, povero parroco, ma soprattutto povera Chiesa!
Bellissima l’intervista di Mons. Andrea Turazzi Vescovo di San Marino-Montefeltro.
Gentile Padre Gabriele C.P.
lei mi ha messo il dito nella piaga con queste sue parole, anche se rimango con un dubbio: è colpa delle catechiste è colpa del vescovo è colpa del parroco … di chi?
Non conosco il vescovo che parla a questo modo in questa intervista, da come parla non penso però che permetterebbe a delle catechiste divorziate, accompagnate con nuovo compagno e con figli in felice convivenza, di insegnare catechismo ai bimbi della prima comunione, come è accaduto a me con mia figlia. Catechiste che per quanto riguarda l’aborto affermavano che bisogna valutare i casi concreti perché ci sono delle situazioni in cui …
Non penso, da come parla, che se avesse saputo che alle mie rimostranze il parroco mi ha risposto che io sono retrograda e che la chiesa è cambiata, avrebbe detto “bravo!” a questo parroco.
A meno che il suo parlare non sia completamente dissociato dal suo agire.
E concludo: e tutti i genitori divorziati risposati dei bambini fecero la comunione, il parroco rispose alle mie rimostranze dicendomi …”lei non ha letto Amoris Laetitia”.
Cara Giancarla,
alla sua domanda rispondo io perché il Vescovo Andrea Turazzi lo conosco bene, soprattutto credo di sapere come avrebbe agito nei casi da lei riportati, anche perché il suo parlare corrisponde da sempre in modo aderente a quello che è il suo agire concreto, senza alcuna discrasia. Con molta mitezza avrebbe detto al parroco che degli educatori, pur essendo come tutti noi dei peccatori, devono avere uno stile di vita consono al catechismo che insegnano, non una pubblica vita vissuta in aperto contrasto con la dottrina e la morale cattolica. Poi gli avrebbe ricordato che l’esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia non ha consentito affatto che i divorziati risposati potessero ricevere la Santissima Eucaristia e che a tal proposito rimangono in vigore le disposizioni date dal Santo Pontefice Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio (n. 184), ad oggi mai modificate.
Io che non sono mite e ritengo che con certi soggetti l’autorità vada applicata in modo rigido e duro – per il loro sommo bene, s’intende -, al parroco da lei illustrato lo avrei fatto nero dalla testa ai piedi. Ma grazie a Dio la Chiesa si è ben guardata dal farmi vescovo, ed ha fatto benissimo, perché in questi tempi di “misericordia pelosa” e di “dialogo senza ascolto” non sarei stato assolutamente adatto a ricoprire un ufficio del genere, avendo anzitutto il grave “vizio capitale” di credere che la Chiesa è una struttura gerarchica che si regge sul principio di autorità, ciò mi avrebbe reso un vescovo del tutto inadeguato per la Chiesa di questo nostro nuovo corso. O come disse il Padre Divo Barsotti predicando sotto il pontificato di Paolo VI gli esercizi spirituali alla curia romana nel 1971:
«La Chiesa ha un potere coercitivo che le perviene direttamente da Dio e che non può omettere di esercitare».
Provi a immaginare un prete che dice al suo vescovo «io penso che …» e per tutta risposta il vescovo gli ribatte: «quello che tu pensi è irrilevante, tu devi fare quel che io ti comando e basta, non quel che tu pensi».
Come minimo ci sarebbe un sollevamento generale del clero, a partire da quei parroci che si sentono pontefici, imperatori e re.
Sappia però che oggi, per un vescovo di qualsiasi diocesi, è molto difficile gestire i propri presbiteri. E se non partiamo da questo si rischia di non comprendere certi gravi problemi. Cerco allora di spiegarmi con un esempio: se quando io ero adolescente (premetto che ho 58 anni) il parroco o il vice parroco della chiesa parrocchiale che frequentavo fossero stati chiamati il lunedì dal segretario del vescovo e convocati per il mercoledì mattina, avrebbero trascorso due notti insonni pensando tra sé che cosa il vescovo aveva da dirgli. Si sarebbero presentati in udienza con la loro talare migliore addosso e lo avrebbero salutato piegando il ginocchio e baciandogli la mano, poi avrebbero atteso che il vescovo aprisse bocca e parlasse.
Oggi può capitare – anche con frequenza – che il vescovo chiama un suo presbitero e questo non si presenta neppure, gli manda una e-mail e questo non risponde. Buona parte, quando si presentano, giungono vestiti in abiti civili, danno una stretta di mano al vescovo, se non una pacca sulla spalla, poi cominciano a parlare loro, oppure interrompono il vescovo mentre lui parla dicendo «no, personalmente non sono proprio d’accordo».
Questo basterebbe a domandarsi: quale educazione ecclesiale ed ecclesiastica è data oggi nei nostri disastrati seminari che, come vado dicendo da anni e anni, andrebbero completamente ripensati e riformati?
Altro esempio: più di dieci anni fa accadde che mentre ero seduto con un confratello in un salotto dell’episcopio entrò il vescovo, al suo ingresso io mi alzai in piedi dalla sedia e feci un cenno d’inchino con la testa, il confratello rimase sbracato sulla sedia mentre il vescovo – che cercava proprio lui – stando in piedi gli parlava. Quando il vescovo uscì dissi al confratello: «Quando il vescovo entra e soprattutto quando ti parla, tu devi alzarti in piedi. Il giorno dopo un presbitero che si credeva padrone della diocesi, quindi del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili, lamentò al vescovo che io avevo l’ardire, la presunzione e l’arroganza di pretendere d’insegnare l’educazione ai preti.
Con questi quadretti appena dipinti le è chiara l’antifona e la situazione formativa del clero? Le è chiaro come mai vado ripetendo che i nostri seminari, da me soprannominati “pretifici”, sono un autentico disastro?
Da questo disastro formativo, o meglio deformativo, possono uscire fuori parroci come quello che lei ha dipinto, con tutto ciò che ne consegue, incluse catechiste divorziate riaccompagnate con altri uomini che in tema di aborto affermano: «… ci sono delle situazioni in cui …».
La faccio infine sorridere: quando io, sacerdote e teologo, dissi a un parroco che ero ben disposto a insegnare il catechismo ai ragazzi che si stavano preparando alla Santa Cresima, lui stravolse gli occhi e mi risposte: «No, non è possibile, le catechiste ci rimarrebbero male, se un prete insegnasse il catechismo!».
E con questo credo di averle detto tutto.
Capisco che non è un bel modo di consolare, ma le garantisco che ho conosciuto e che conosco molto di peggio.
Preghi per la Santa Chiesa e preghi per la salute dell’anima dei sacerdoti.
Afferma S.E. Mons. Andrea Turazzi
«Quindi uno non può considerarsi cattolico e poi, per esempio, non riconoscere che la vita umana è sacra fin dal concepimento. Un credente deve contemplare l’azione creatrice di Dio. Il concepito è sempre dentro una relazione, un’alleanza speciale con il Creatore, ha un’anima immortale».
Siamo sempre in meno (preti inclusi, ahinoi!) a comprendere che questa affermazione è del tutto ovvia e che un vescovo non potrebbe dire diversamente, invece oggi per fare affermazioni pubbliche di questo genere è necessario che un vescovo sia veramente dotato di eroiche virtù.
Per questo sono rimasto veramente toccato da questa intervista, perché sono parole chiare e nette che non si odono più dai tempi di San Giovanni Paolo II.
Don Francesco,
Sono prete in una diocesi emiliana, ho conosciuto “Don Andrea” quando era parroco in una parrocchia di Ferrara (è ferrarese di origine), andavo a confessarmi da lui quando ero seminarista, un autentico santo uomo di Dio e di conseguenza non può essere che un santo vescovo.
Ascoltare di questi tempi le parole di un Vescovo che si esprime in modo così pacato ma deciso, senza pena di alcun fraintendimento e ambiguità, solleva veramente il cuore a ogni presbitero.
La mia sincera devozione a Sua Eccellenza Reverendissima.