La louange provocante de Jésus à l'administrateur malhonnête

Homilétique des pères de l'île de Patmos

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

LA PROVOCATORIA LODE DI GESÙ ALL’AMMINISTRATORE DISONESTO

Chi è fedele in cose di poco conto, C'est aussi fidèle dans des choses importantes; Et qui est malhonnête dans les petites choses, C'est aussi malhonnête dans des choses importantes. Donc, si vous n'avez pas été fidèle dans la richesse malhonnête, qui confiera le vrai? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

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Chers frères et sœurs,

il Vangelo di questa XXXV Domenica del Tempo Ordinario ci offre la parabola dell’amministratore infedele. Un racconto che, à première vue,, sembra colmo di contraddizioni: un amministratore, che avrebbe dovuto agire con giustizia, viene lodato per il suo comportamento astuto e disonesto.

Come possiamo conciliare questa lode con l’insegnamento cristiano sulla giustizia e l’onestà? Ecco il testo:

« À ce moment-là, Gesù diceva ai discepoli: un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Il lui a dit: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Il lui a dit: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, parce qu'il a agi habilement. Les enfants de ce monde, en fait, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Bien, je vous le dit: faire des amis pour vous-mêmes avec la richesse malhonnête, pouquoi, quand il échoue, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, C'est aussi fidèle dans des choses importantes; Et qui est malhonnête dans les petites choses, C'est aussi malhonnête dans des choses importantes. Donc, si vous n'avez pas été fidèle dans la richesse malhonnête, qui confiera le vrai? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, Parce que ce sera aujourd'hui et aimera l'autre, ou il sera attaché à l'un et méprisera l'autre. Vous ne pouvez pas servir Dieu et la richesse ". (Lc 16, 1-13).

Questo amministratore, che avrebbe dovuto agire con giustizia e lealtà verso il suo padrone, finisce per essere lodato proprio per il suo comportamento astuto e disonesto. Come possiamo conciliare questa lode con la virtù cristiana di onestà e giustizia? Se il Vangelo ci invita a «render conto» delle nostre azioni e a vivere nella giustizia (Mont 12,36), come possiamo leggere, ma soprattutto spiegare che il comportamento disonesto dell’amministratore venga, dans un sens, apprezzato e persino lodato? La risposta si trova nella natura della saggezza che Gesù intende comunicare. La parabola, en fait, non esalta la disonestà in sé, ma la capacità di guardare al futuro e di fare scelte sagge, anche se compiute in un contesto fallace. Chi è fedele in cose di poco conto, C'est aussi fidèle dans des choses importantes; Et qui est malhonnête dans les petites choses, C'est aussi malhonnête dans des choses importantes. Donc, si vous n'avez pas été fidèle dans la richesse malhonnête, qui confiera le vrai? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

Gesù ci insegna «dove è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore» (Mont 6,21), donc, non è il comportamento illecito che viene lodato, ma la consapevolezza che dobbiamo vivere in modo saggio e responsabile, amministrando non solo i beni terreni, ma soprattutto quelli spirituali, con l’intenzione di costruire un tesoro che non svanisce. Come infatti ci ricorda il Salmista:

«L’uomo malvagio prende in prestito e non restituisce, ma il giusto è pietoso e generoso» (Doit 37,21).

Qui vediamo che il contrasto tra l’infedele e il giusto è anche un confronto tra due visioni completamente diverse della vita: una egoista e disonesta, l’altra caritatevole e giusta, orientata al bene comune.

Cosa vuole insegnarci Gesù attraverso questa complessa parabola di non facile comprensione, almeno al primo ascolto, nella quale si parla di «disonesta ricchezza» e di saggezza nelle azioni quotidiane? Per comprenderlo è necessario anzitutto chiarire che l’Amministratore Infedele è la plastica immagine di una figura volutamente ambigua sulla quale grava l’accusa di sperperare i beni del suo padrone. Quando il padrone lo licenzia, egli si trova in una situazione disperata: non è in grado di fare lavori manuali e non intende finire a chiedere l’elemosina. Decide quindi di ridurre i debiti dei creditori del proprio padrone per crearsi delle amicizie utili che possano garantirgli il futuro quando sarà senza più lavoro. Un comportamento moralmente discutibile, quello dell’Amministratore, che però Gesù non condanna, perlomeno in modo chiaro e aperto. Lo stesso Padrone, seppur danneggiato dalla sua disonestà, lo loda per l’astuzia e la prontezza con la quale ha dimostrato di saper pensare al futuro.

La reazione ammirata del Padrone, strana di per sé e anche ingiusta, costituisce il punto centrale della parabola: Gesù non approva la disonestà, ma riconosce la saggezza nell’agire con lungimiranza e prontezza di spirito. Non esalta il comportamento illecito dell’amministratore, ma ci invita a riflettere sulla nostra attitudine nei confronti delle risorse che Dio ci ha affidato, sia materiali che spirituali. Per guidarci a una corretta comprensione del brano San Giovanni Crisostomo evidenzia che «questa lode non è per la disonestà, ma per la prontezza con cui l’amministratore ha usato ciò che aveva in vista del futuro» (Commentario su Luca, Homilia 114,5). È quindi la sua capacità di guardare avanti e di agire con saggezza che viene apprezzata, anche se ciò avviene in un contesto moralmente ambiguo, non la sua disonestà.

La parabola ci insegna che, come l’amministratore è stato astuto nel prepararsi per un futuro materiale, così anche noi dobbiamo essere saggi e previdenti riguardo al nostro futuro proiettato verso l’eterno. La saggezza di cui Gesù parla non riguarda l’astuzia materiale, ma quella spirituale: dobbiamo imparare a utilizzare le risorse che Dio ci ha dato, non per fini egoistici o temporanei, ma per costruire la nostra strada verso il suo regno che non avrà fine, comme nous le récitons dans notre Profession de Foi. Il complesso tema della ricchezza spirituale è ripreso anche dal Santo vescovo e dottore Agostino nel dove afferma:

«Quindi, cosa significa accumulare tesori in cielo? Non è altro che l’amore verso il prossimo. En fait, l’unico tesoro celeste è la carità, che santifica gli uomini» (De sermone Domini in monte, Sermone 19,3).

La ricchezza celeste di cui parla Gesù è quella che si accumula attraverso l’amore disinteressato verso gli altri e la carità che trasforma la vita attraverso la séquelle Christi del Verbo di Dio fatto uomo che è via, vérité et vie (cf.. Gv 14,6).

Una delle affermazioni più provocatorie di Gesù in questo passo è che «i figli di questo mondo sono più astuti dei figli della luce». Gesù non ci invita a imitare la scaltrezza dei figli di questo mondo, ma a imparare da loro la lungimiranza e la determinazione. Dobbiamo essere altrettanto attenti e previdenti nel nostro cammino spirituale, orientando le nostre azioni verso il bene eterno. Il Santo vescovo e dottore Cirillo di Alessandria spiega:

«Gesù non ci invita a diventare furbi come i figli di questo mondo, ma a essere vigilanti e lungimiranti nella cura della nostra anima, proprio come loro lo sono nel curare i propri affari» (Commentarius in Evangelium Lucae, 10, 33).

La saggezza di cui Gesù parla non riguarda l’astuzia per i guadagni terreni, ma la saggezza spirituale, quella che ci porta a usare il nostro tempo e le nostre risorse non per scopi egoistici, ma per costruire il Regno di Dio, che non ha fine. È una saggezza che guarda oltre il temporaneo, proiettandoci verso l’eternità. Il Santo Vangelo ci ricorda che non siamo proprietari di ciò che possediamo: siamo solo amministratori. «Rendi conto della tua amministrazione», dice il padrone all’amministratore infedele. Questo ci fa pensare: come stiamo amministrando la nostra vita, le nostre risorse? E qui è racchiuso, incidemment, un riferimento implicito alla narrazione racchiusa nella Parabola dei Talenti (cf.. Mont 25, 14-30), come infatti l’amministratore ha il compito di rendere conto dei beni del suo padrone, anche noi siamo chiamati a rendere conto di come amministriamo i doni che Dio ci ha dato: non solo la ricchezza materiale, ma anche la nostra vita, le nostre capacità, il nostro amore. È un’amministrazione che, se vissuta con fedeltà, ci condurrà alla salvezza.

In un contesto di apparente disonestà e scaltrezza, tale da rendere quasi incomprensibile questo brano, la frase dell’Evangelista Luca «Chi è fedele nelle piccole cose, è fedele anche nelle grandi» (Lc 16,10) diventa chiara dopo che è stato colto e chiarito questi due elementi sono usati come paradigma, lo chiarisce il Santo vescovo e dottore Basilio Magno sottolineando come ogni piccolo atto di giustizia è un passo verso la grande fedeltà che siamo chiamati a vivere:

«Se non sei fedele nelle cose piccole, come puoi essere fedele nelle grandi? L’amministrazione di ciò che ci è stato dato da Dio è una prova di fedeltà al suo amore e alla sua volontà» (De Spiritu Sancto, Par. 30).

Quando Gesù parla didisonesta ricchezza (en grec: μαμωνᾶς τῆς ἀδικίας), le terme “disonestanon si riferisce semplicemente alla ricchezza in sé, ma sottolinea la natura ingannevole e corrotta di questa ricchezza, che può facilmente diventare il fine di azioni disoneste o egoistiche. La ricchezza, nella sua forma più comune, è facilmente legata all’accumulo di beni materiali e terreni, che possono distogliere il cuore umano dal vero scopo della vita: la ricerca del bene eterno.

Gesù non sta elogiando la ricchezza in sé, ma ci mette in guardia contro l’uso distorto e idolatrico dei beni materiali, che può facilmente portarci a trascurare la ricerca del bene eterno. La parola «disonesta» (en grec, ἀδικία, adikía) si riferisce a una ricchezza acquisita tramite mezzi ingiusti, ma anche più generalmente a quella ricchezza che, se non ben gestita, tende a separare l’uomo dal vero scopo della sua vita, qui est Dieu. En fait, come afferma San Gregorio Magno, la ricchezza è spesso un «falso bene», capace di ingannare l’animo umano e di allontanarlo dalla virtù (cf.. Moralia in Iob).

Quando Gesù dice «Fatevi amici con la disonesta ricchezza», non intende che dobbiamo usare la ricchezza in modo disonesto, né ci invita a fare della ricchezza l’oggetto del nostro amore. Piuttosto ci esorta a usare i beni temporali con saggezza e generosità, in modo da creare rapporti di amicizia, e più ampiamente, de charité. Qui, l’idea centrale, è che dobbiamo gestire i beni materiali in vista del bene eterno, perché la ricchezza che accumuliamo in questa vita non è un fine in sé, ma un mezzo che può essere utilizzato per fare del bene e prepararsi per la vita futura.

San Giovanni Crisostomo nel suo Commentario su Luca, osserva che la lode non è rivolta al comportamento disonesto dell’amministratore, ma alla sua abilità nell’usare ciò che aveva per il proprio bene futuro (cf.. Homilia 114,5). également, Jésus, ci invita a usare i beni materiali con una visione spirituale, cioè per costruire relazioni di giustizia e carità che ci accompagneranno verso l’eternità; come se Gesù ci invitasse a usare la ricchezza non per accumulare per noi stessi, ma per aiutare gli altri, per fare il bene, per prepararsi al Regno di Dio.

La ricchezza può essere il mezzo per un fine più grande, quello della salvezza, se la usiamo per alleviare le sofferenze degli altri, per aiutare i bisognosi, per costruire un’amicizia che trascenda il tempo. San Cipriano di Cartagine ci insegna che «Colui che dà ciò che ha in questo mondo riceve per sé una ricompensa eterna» (De opere et eleemosynis, 14), sottolineando che l’uso giusto dei beni materiali è un modo per «accumulare tesori» nel cielo, dove «né la ruggine né la falce li possono corrompere» (Mont 6,19-20). Quando Gesù parla di «dimore eterne» (Lc 16,9) ci invita a riflettere su ciò che costruiremo durante la nostra vita. La vera ricchezza non è quella che si accumula su questa terra, ma quella che si fonda sull’amore per Dio e per il prossimo, che trascende il tempo e rimane per l’eternità. La dimora eterna è il nostro cuore preparato ad accogliere Dio, che trova il suo posto nel Regno dei Cieli, dove il tesoro che abbiamo costruito con la carità e la fede sarà il nostro gioioso premio.

Questa riflessione ci porta a comprendere che la ricchezza può diventare uno strumento di salvezza se usata correttamente, sino a divenire un mezzo per accumulare «tesori in cielo» (Mont 6,20), in un investimento spirituale che rimane al di là del tempo e dello spazio.

Il messaggio finale di Gesù nella parabola è che la «disonesta ricchezza» può diventare quindi, paradoxalement, un’opportunità per accumulare beni eterni. Non si tratta di una benedizione della ricchezza fine a se stessa, tanto meno, come spiegato, una benedizione della disonestà, ma dell’invito a usarla con saggezza e generosità:

«Chi usa la ricchezza con giustizia, accumula per sé un tesoro che non sarà mai rubato» (Sainte-Augustine, De sermone Domini in monte, 19,4).

L’uso delle risorse terrene, se orientato alla carità e al bene comune, diventa un mezzo per crescere nella grazia di Dio e prepararsi a entrare nel Regno dei Cieli. Questo concetto percorre l’insegnamento di Gesù nelle parabole del Buon Samaritano (Lc 10,25-37) e del giudizio finale (Mont 25,31-46), dove l’amore per il prossimo e l’uso giusto delle risorse costituiscono i criteri per essere accolti nel Regno di Dio:

«la vera ricchezza è quella che non possiamo trattenere sulla terra, ma che ci seguirà nella vita eterna, dove la carità è il tesoro che non perisce mai» (Sainte-Augustine, De sermone Domini in monte, 2,4).

Questa complessa parabola dell’amministratore infedele ci invita a riflettere su come amministriamo i nostri beni e le nostre risorse, i talenti che Dio ci ha donato, chiedendoci se siamo disposti a vivere con saggezza, non solo nei confronti delle cose materiali, ma soprattutto nella nostra vita spirituale. Stiamo accumulando tesori in cielo, usando ciò che Dio ci ha dato per aiutare gli altri, per fare il bene, per costruire il nostro futuro eterno? Perché è questa la vera astuzia che Gesù, con questo racconto provocatorio, ci invita a seguire, lanciandoci al tempo stesso un preciso monito:

« Entrez par la porte étroite, Car large est la porte, spacieux le chemin qui conduit à la destruction, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!» (Mont 7, 13-14).

È il prezzo da pagare per la ricchezza vera, quella eterna, che viene dal cielo e che porta in cielo nella beatitudine eterna di Colui che per la nostra salvezza discese dal cielo facendosi uomo, ma che non cade per niente e come niente dal cielo.

De Isola Patmos, 21 septembre 2025

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Les Pères Patmos Island

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Le disciple est appelé non seulement pour commencer, mais aussi pour terminer

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

Le disciple est appelé non seulement pour commencer, Mais aussi pour terminer

Il faut, Aussi dans le disciple, La liberté et la légèreté pour terminer le chemin de la vie ont parcouru comme une séquence de Christ. L'amour est appelé à devenir la responsabilité et la persévérance de la liberté: il y a le renonciation nécessaire, purification, ruban.

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L'image dominante de Jésus Ils nous ont transmis les Évangiles est celui d'un charismatique itinérant qui nécessite ceux qui ont l'intention de le suivre la rupture avec leéthique traditionnel exclusivement en vertu de sa parole, tant que les demandes devaient apparaître et semblent toujours extrêmes, Comme dans le cas de cela: «Laissez les morts enterrer leur mort; Vous allez à la place’ et annonce le royaume de Dieu " (Lc 9,60).

Mais l'éthique de Jésus est l'éthique de l'attente, incompatible avec l'éthique moderne du progrès ou avec l'éthique des valeurs. Le chant de l'Évangile de ce dimanche mesure la qualité de la relation de Jésus avec les disciples, ainsi que la distance qui nous sépare de son sentiment religieux dès que nous regardons sérieusement au-delà du rideau épais de l'élaboration théologique. Lisons-le:

«Une grande foule est allée avec Jésus. Il s'est retourné et leur a dit: “Si on vient à moi et ne m'aime plus que tu aimes son père, Mère, sa femme, enfants, frères, les sœurs et même sa vie, Ce ne peut pas être mon disciple. Celui qui n'apporte pas sa propre croix et ne vient pas derrière moi, Ce ne peut pas être mon disciple. Qui de vous, Vouloir construire une tour, Il n'a pas d'abord à calculer les dépenses et à voir s'il a les moyens de le terminer? Pour éviter ça, Si les fondations et ne peuvent pas terminer le travail, Tous ceux qui voient commencent à le dériver, disant: 'Il a commencé à construire, Mais il n'a pas pu terminer le travail ". Ou quel roi, partir en guerre contre un autre roi, il ne s'assoit pas d'abord pour examiner s'il peut, avec dix mille hommes, faire face à celui qui vient contre lui avec vingt mille hommes.? Sinon, tandis que l'autre est encore loin, Envoyez-lui des messagers pour demander la paix. Alors quiconque n'abandonne pas tous ses biens, Ce ne peut pas être mon disciple”» (Lc 14,25-33).

L'opportunité pour les courtes paroles de Jésus Préservé par la page évangélique d'aujourd'hui est raconté dans le verset d'ouverture: «Une grande foule est allée avec Jésus. Il s'est retourné et a dit ". Les gens sont allés Et Jésus tourne: Le lecteur comprend de cette façon que le voyage a repris. Tant que, précédemment, Le Seigneur a été pris à table avec ses disciples, invité par une tête des pharisiens (Lc 14,1). Et nous nous souvenons également de la situation de l'Évangile dimanche dernier sur le choix des lieux et des invités, Alors que maintenant l'évangéliste attire l'attention sur le voyage que Jésus a entrepris et qui remplira à Jérusalem. Le contexte précédent du banquet s'est terminé par des mots d'invitation pour tout le monde, pour que la maison soit remplie: «Sortez dans les rues et le long des haies et forcez-les à entrer, Parce que ma maison est remplie " (Lc 14,23); Maintenant, cependant, les paroles de Jésus ajoutent quelque chose et clarifient comment entrer dans cette maison. Ce sont des conditions exigeantes pour pouvoir suivre Jésus, Certaines règles, en fait, Être des disciples, Ils sont nécessaires. E, Encore une fois, Ces mots sont pour tous ceux qui veulent dire les chrétiens. L'invitation à aimer Jésus plus que ses parents, Pour apporter la croix, Et abandonner les biens n'est pas quelque chose de réservé à quelques élus, Mais cela s'applique à chaque disciple qui veut être de Christ.

Mots sur les relations familiales Nous les trouvons également dans l'Évangile de Matteo, presque identique, Mais dans le premier évangéliste, il y a les deux courtes paraboles, Celui sur la tour et celui du roi qui va en guerre, qui sont donc correctement du matériel lucanien, tiré d'une source principale de cet évangéliste. Ce sont en fait des mots qui frappent, La sensibilité moderne incorpore comme un contraste très dur d'aimer et de détester si vous faites référence à ses membres de la famille ou même à sa propre vie: «Si l'on vient à moi et ne m'aime plus que vous aimez son père, Mère, sa femme, enfants, frères, les sœurs et même sa vie, Ce ne peut pas être mon disciple " (V.26). Jésus demande vraiment un refus des relations humaines, une rigidité avec les autres, Même avec ceux de leur famille? Sans affaiblir la tension eschatologique qui a animé la prédication de Jésus, nous pouvons dire qu'ici nous sommes confrontés à un judaïsme typique, où le verbe haine signifie: «Placer plus tard, mettre en arrière-plan ". Nous trouvons ce type d'anniversaires dans l'Ancien Testament, ainsi que dans les évangiles, Par exemple dans le Pass Matteo: «Personne ne peut servir deux maîtres, Parce que ce sera aujourd'hui et aimera l'autre, ou il sera attaché à l'un et méprisera l'autre. Vous ne pouvez pas servir Dieu et la richesse " (Mont 6,24). Juste Matteo nous aide à mieux comprendre les paroles exigeantes de Jésus, Parce que cela les ramène à une forme atténuée, c'est-à-dire sans utiliser le verbe pour détester, Mais un comparatif: «Qui aime le père ou la mère plus que moi, Il n'est pas digne de moi; Qui aime le fils ou la fille plus que moi, n'est pas digne de moi " (Mont 10,37). Ça parle de, en conclusion, pour subordonner chaque amour à ce pour le Seigneur, sans cesse d'aimer ceux que la loi lui-même commande d'aimer, comme leurs parents. Cela signifie qu'être disciples est une chose sérieuse, D'autant plus dans le temps qu'il a été court, Et ce sont des indications valables pour tous les croyants en Christ, Nous l'avons déjà dit, Et pour chaque instant de la vie.

Suivre, puis, Les paroles de Jésus sur l'apport de la croix, déjà rencontré dans Lc 9,23, et enfin deux courtes paraboles. Comme dit au début de ce commentaire, c'est à partir de là que vous devez commencer à comprendre ce que cela implique d'être des disciples. Ces paraboles ont en commun le dénominateur de la lutte et de la persévérance. Suivre Jésus équivaut à Construire une tour, L'engagement et la constance sont nécessaires, comme construire une maison sur le rocher (cf.. Mont 7,24); équivaut à aller à la guerre, Savoir bien mesurer leurs forces.

La séquence est exigeante Aussi parce que le disciple est appelé non seulement pour commencer, mais aussi pour terminer (vv. 28.29.30), Et indispensable pour la séquence est la volonté de tout perdre, aussi "sa vie" (V.26). Le bien à posséder est le renoncement aux actifs, Apprenez l'art de la perte, de diminution, de ne pas tomber dans les chemises de possession ou de logique d'avoir. Jésus, Paolo dit, "Il s'est vidé" (Fichier 2,7) et «En tant qu'homme riche qui était, Il s'est fait pauvre " (2Cor 8,9). Il faut, Aussi dans le disciple, La liberté et la légèreté pour terminer le chemin de la vie ont parcouru comme une séquence de Christ. L'amour est appelé à devenir la responsabilité et la persévérance de la liberté: il y a le renonciation nécessaire, purification, ruban. Les besoins de la séquence ont donc à voir avec l'ensemble de la personne - son cœur - et avec toute son temps, Pendant la durée de sa vie. Et ils nous avertissent du risque de quitter les travaux entrepris en deux.

Clemente Alexandrine (Prrétique X,39) Il a parlé de foi comme "un bon risque" (Kalos Kíndynos). Car les premiers chrétiens adhèrent souvent au Christ, Dans un contexte avec une rémunération majoritaire, Cela impliquait des persécutions et même le martyre. Aujourd'hui, Dans nos pays de christianisme ancien et fatigué, Le prix de la conversion n'est pas ressenti et encore moins payé. Nous recherchons une assurance qui élimine l'insécurité et les risques, Aussi concernant la foi et son témoignage, Lorsque, au lieu, Jésus, vous invite à tout perdre pour le suivre. Nous ne nous cachons pas de ressentir des difficultés face aux paroles dures et exigeantes de Jésus oubliant que la radicalité de l'Évangile a d'abord une valeur de révélation, révéler, c'est-à-dire, perspectives qui autrement resteraient inaccessibles. Le pape Leo XIV l'a également rappelé dans un récent Angelus:

«Frères et sœurs, La provocation qui vient de l'Évangile d'aujourd'hui est magnifique: alors que parfois nous jugeons qui est loin de la foi, Green mis en crises “La sécurité des croyants”. Ils, en fait, nous dit qu'il ne suffit pas de professer la foi avec des mots, Manger et boire avec lui en célébrant l'Eucharistie ou en connaissant bien les enseignements chrétiens. Notre foi est authentique quand elle embrasse toute notre vie, Quand cela devient un critère pour nos choix, Quand cela fait de nous des femmes et des hommes qui s'engagent dans le bien et risquent dans l'amour comme Jésus l'a fait; Il n'a pas choisi le moyen facile de réussir ou de pouvoir mais, Juste pour nous sauver, Il nous aimait jusqu'à ce qu'il traverse le “porte étroite” de la croix. Il est la mesure de notre foi, Il est la porte que nous devons traverser pour être sauvée (Voir Gv 10,9), Vivre son propre amour et devenir, avec notre vie, opérateurs de justice et de paix " (QUI).

De l'Ermitage, 7 septembre 2025

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Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)

 

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«Magnificat», le grand “rock dur” de la Sainte Vierge Marie dans la solennité de l'Assomption

Homilétique des pères de l'île de Patmos

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«Magnificat», LE GRAND Rock dur De la Sainte Vierge Marie dans la solennité de l'Assomption

Même l'hérésiarca Martin Luther, que la Sainte Vierge était toujours très dévouée - que la plupart des fidèles catholiques, Mais aussi de nombreux chercheurs ignorent -, Dans le 1521 Il a composé un livret intense intitulé Le Magnificat Traduit en allemand et commenté.

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Le jour de Noël de 1886 Le jeune écrivain et poète, À l'ère agnostique, Paul Claudel, traverse le portail de Notre Dame de Paris Et la chanson du magnificat, Texte évangélique de la liturgie des vêpres.

Ce suivant avouera qu'il est sorti de cette expérience transformée, destiné à devenir le chanteur de la foi chrétienne maintenant tous connus; Beaucoup connaissent son drame: Annonce fait à Marie. Des années plus tard, Dans le 1913, va raconter:

«Ce jour-là, vous croyiez avec une telle force d'adhérence, avec une telle élévation de tout mon être, avec une telle croyance, Avec une telle certitude, avec une telle absence de doutes que plus tard ni les livres, ni le raisonnement, Le sort d'une vie agitée pour pouvoir secouer ma foi ".

le 15 Août de chaque année, Le calendrier rappelle la solennité de l'hypothèse du ciel de la Sainte Virgina Maria, La mère du Seigneur, Malgré la dénomination sécularisée généralisée de "August". Bien, que vous accédez à une cathédrale solennelle comme Notre Dame ou dans une petite chapelle perdue dans les montagnes, chacun, Ce jour, Il entendra cette chanson du magnificat qui distingue la masse sainte de cette solennité. Voici la chanson rapportée par l'évangéliste Luca.

«À cette époque, Mary s'est levée et est allée rapidement dans la région montagneuse, dans une ville de Juda. Entrée dans la maison de Zaccarìa, salua Elisabeth. Dès qu'Elizabeth a entendu la salutation de Mary, le bébé a sauté dans son ventre. Elizabeth était remplie du Saint-Esprit et s'est exclamé fort: “Béni êtes-vous parmi les femmes et béni le fruit de votre ventre! A quoi dois-je la mère de mon Seigneur de venir à moi? Voici, dès que votre salut est parvenu à mes oreilles, le bébé a sauté de joie dans mon ventre. Et béni celui qui croyait à l'accomplissement de ce que le Seigneur lui a dit”. Marie dit: “Mon âme magnifique le Seigneur et mon esprit se réjouis en Dieu, Mon Sauveur, Parce qu'il a regardé l'humilité de son serviteur. A partir de maintenant, toutes les générations m'appellent béni. De grandes choses ont fait l'omnipotent et le saint pour moi est son nom; De génération en génération sa miséricorde pour ceux qui le craignent. A expliqué la puissance de son bras, Il dispersa le superbe dans les pensées de leur cœur; Il a renversé les puissants des trônes, Il a élevé l'humble; a rempli de marchandises faim, Il a reporté les riches vides -aisés. A sauvé Israël, Son serviteur, Se souvenir de sa miséricorde, Comme il l'avait dit à nos pères, Pour Abraham et ses descendants, pour toujours”. Maria est restée avec elle environ trois mois, Puis il est retourné chez lui " (Lc 1,39-56).

Marie, enceinte de Jésus, En visitant la relative Elisabetta, enceinte à son tour de Giovanni Battista, inton cet hymne extraordinairement long que Luca rapporte. C'est la seule fois où les paroles de la mère du Christ se dilatent bien pour bien comprendre 102 Mots en grec, y compris des articles, Pronoms et particules. D'autres fois, Dans tous les cinq, Les phrases de Marie que les Évangiles rapportent sont courtes et presque rabougries, Comme à Cana pendant le mariage dans lequel son fils participe également: "Ils n'ont plus de vin" et "tout ce qui vous dit, fais-le" (Gv 2, 3.5). Nous suivons, donc, Le flux poétique de ce Marian Salmodia tissé sur un calendrier d'allusions bibliques.

Idéalement, la chanson est pour soliste et chorale. Le premier mouvement est intoné par "I" de Mary: "Mon âme magnifique le Seigneur et mon esprit se réjouis en Dieu, Mon Sauveur, Parce qu'il a regardé l'humilité de son serviteur. A partir de maintenant, toutes les générations m'appellent béni. De grandes choses ont fait l'omnipotent pour moi " (Lc 1,46-49). Ça se demande originaire (III):

"Qu'est-ce qui a fait, La mère du Seigneur, d'humble et de basse, Elle qui a amené le Fils de Dieu au sein? En disant: “Il a regardé l'humilité de sa servante”, C'est comme s'il avait dit: Il a regardé la justice de sa servante, Il a regardé sa tempérance, Il a regardé sa forteresse et sa sagesse " (Origène, Homélies sur Luca).

Dans le deuxième mouvement de l'hymne La voix d'une chorale dans laquelle celle de Maria est greffée, Tout comme une soprano qui fait ressortir sa chanson. C'est le chœur des chrétiens, Héritiers de ces "pauvres" de l'Ancien Testament, la Raisins ('Anawim), Ceux qui sont incurvés, non seulement sous l'oppression du puissant, mais aussi dans l'humilité de l'adoration envers Dieu, Gagnant ainsi la fierté de la fierté. Celles-ci, Pauvre socialement, Mais surtout fidèle et juste, célébrer, Idéalement en rejoignant la voix de Marie, Les choix divins particuliers qui diffèrent des logiques du monde, ne favoriser pas le fort ou le puissant, Mais le dernier et marginalisé; renversant ainsi les hiérarchies historiques. Le Luca Evangelista, En utilisant le temps grec aoristo appelé "gnomic", Parce qu'il fait référence aux expériences acquises au-delà de leur caractère temporel, décrit à travers les verbes en nombre de sept, un nombre qui indique la plénitude, Les choix divins singuliers:

«Il a expliqué la puissance de son bras, / Il dispersa le superbe dans les pensées de leur cœur, / Il a renversé les puissants des trônes, / Il a élevé l'humble, / a rempli de marchandises faim, / Il a reporté les riches vides -aisés, / Il a sauvé Israël son serviteur " (Lc 1,51-54).

C'est une logique constante de Dieu que nous trouvons aussi sur les lèvres de Jésus: «Donc le dernier sera le premier et le premier, dernier " (Mont 20,16) et "toute personne qui améliore sera humiliée, Et qui humilias sera exalté " (Lc 14, 11).

Le charme des paroles de Marie, Dans le magnificat, Il a été impressionné depuis lors dans la spiritualité chrétienne, Informer la vie de nombreux saints et a fait une myriade de commentaires de toutes sortes et de nombreuses œuvres d'art sont picturales, Quelle comédie musicale. Même l'hérésiarca Martin Luther, que la Sainte Vierge était toujours très dévouée - que la plupart des fidèles catholiques, Mais aussi de nombreux chercheurs ignorent -, Dans le 1521 Il a composé un livret intense intitulé Le Magnificat Traduit en allemand et commenté.

Cette belle chanson du magnificat C'est de la liturgie placée comme une lunette de la solennité de l'hypothèse de Marie que partout est célébré, à l'est, Comme dans l'Occident chrétien. Puisque l'hypothèse de dortation de Mary est un signe des dernières réalités, de ce qui doit arriver dans un avenir pas si chronologique que cela a du sens, un signe de la plénitude à laquelle nos limites aspirent: En elle, nous devinons la glorification qui attend tout le cosmos à la fin du temps, Quand "Dieu sera entièrement" (1Cor 15,28) Et en tout. lei, La Sainte Vierge, C'est la partie de l'humanité déjà rachetée, figure de cette terre promise à laquelle nous sommes appelés, Terre de terre transplantée dans le ciel. Un hymne de l'Église orthodoxe serbe chante Marie comme "terre du ciel", atterrir maintenant en Dieu pour toujours, Anticipation de notre destin commun.

Je voudrais conclure Avec les paroles d'une prière célèbre avec laquelle Saint-François salue Maria aujourd'hui se souvenait du ciel:

«Ave Lady, Père Noël, Saint parent de Dieu, Marie, que vous êtes une église de fabrication vierge / et élu par le Saint Père céleste, qui vous a consacré avec le Fils le plus saint de sa joie et avec le Saint-Esprit Paraclito; / Vous dans lequel il était et c'est chaque plénitude de grâce et chaque bien. / Avenue, son bâtiment, avenue, Son tabernacle, avenue, Votre maison. / Avenue, Son vêtement, avenue, Hisgella, avenue, sa mère. / Et je te salue tous, vertu sainte, que par la grâce et l'éclairage du Saint-Esprit sont infusés dans le cœur des fidèles, Parce que d'Ifideli / fidèle à Dieu vous les faites " (FF 259-260).

 

De Isola Patmos, 15 août 2025

Solennité de l'hypothèse

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Être similaire à ceux qui attendent leur maître quand il reviendra du mariage

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

Être similaire à ceux qui attendent leur maître quand il reviendra du mariage

Les disciples de Jésus vivent sur Terre, Mais comme les pèlerins, Pendant que leur résidence est dans le ciel. Nous sommes, donc, appelé à attendre que plusieurs fois nous dépasse.

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«La nuit [libération] Il a été annoncé à nos pères, Pourquoi ils ont eu du courage ".

Ce sont les premiers mots de la première lecture de ce dimanche, Tiré du livre de Sapienza, et bien préparer l'écoute de la chanson évangélique ci-dessous:

« À ce moment-là, Jésus dit à ses disciples: "N'ai pas peur, petit troupeau, Parce qu'à ton père, ça aimait te donner le royaume. Vendez ce que vous possédez et donnez-le dans l'aumône; Vous faire des sacs qui ne vieillissent pas, Un trésor sûr au paradis, où le voleur n'arrive pas et que le ver ne consomme pas. pouquoi, Où est ton trésor, Il y aura aussi votre cœur. Être prêt, avec les vêtements proches sur les côtés et les lampes sur; être similaire à ceux qui attendent leur maître quand il reviendra du mariage, pour que, Quand il arrive et frappe, les ouvrez immédiatement. Béni sont les domestiques que le propriétaire à son retour trouvera toujours éveillé; en vérité, je vous le dis, Il tiendra ses vêtements sur ses hanches, Il les fera les mettre à table et les servira pour les servir. Et si, Venant au milieu de la nuit ou avant l'aube, les trouvera comme ça, les chanceux! Essayez de comprendre cela: Si le propriétaire savait à quelle heure le voleur arrive, ne laisserait pas la maison se briser. Vous aussi, restez prêt parce que, À l'époque vous n'imaginez pas, Le fils de l'homme vient ". Puis Pietro a dit: "Monsieur, cette parabole que vous dites pour nous ou même pour tout le monde?”. Le Seigneur a répondu: "Qui est donc l'administrateur de confiance et prudent, que le propriétaire dirigera sa servitude pour donner la ration de la nourriture en temps voulu? A béni ce serviteur que le maître, arrivant, Il trouvera à agir comme ça. Je vous dis vraiment qu'il le mettra à la tête de tous ses biens. Mais si ce serviteur a dit dans son cœur: “Mon maître est en retard à venir ", et a commencé à frapper les serviteurs et à les servir, manger, boire et se saouler, Le propriétaire de ce serviteur arrivera un jour où il ne s'y attend pas et à une heure, il ne sait pas, Il le punira sévèrement et infligera le sort que les infidèles méritent. Le serviteur qui, Connaître la volonté du maître, n'aura pas ordonné ou agi en fonction de sa volonté, recevra de nombreux coups; Qu'est-ce plutôt que ça, Ne pas le savoir, aura fait des choses dignes de coups, recevra peu. Beaucoup a été donné à tout le monde, beaucoup sera demandé; à qui les hommes ont commis beaucoup, Beaucoup plus sera nécessaire "" (Lc 12,32-48).

Les trois premiers versets de l'Évangile d'aujourd'hui (12,32-34) se faire du texte, Parce qu'ils ferment un péricope entier consacré à l'enseignement de Jésus sur la possession de biens matériels. Ils sont sa dernière invitation, Cela ne peut être saisi que si vous pensez à quel point il a été écrit juste avant dans l'Évangile, mais pas signalé dans la liturgie d'aujourd'hui, ou les versets du 22 Al 31 du chapitre 12 par Luca. Ceux qui suivent à la place, Une partie de la chanson d'aujourd'hui (vv. 35-48), ils doivent être considérés comme une exhortation à la vigilance. Ils sont un ensemble de phrases, d'images et de petites paraboles - L'exégion Maggioni les appelle: "Paraboles mentionnées" - qui ont un dénominateur commun: Le retour du "fils de l'homme", ce, comme il a été dit, nécessite du justicier attendre.

Pour spécifier cette attente Jésus se compare de temps en temps à un Seigneur (ὁ Seigneur, v. 36.37.43) De retour d'un banquet, Il arrive à la porte et frappe, puis récompensez les serviteurs restants éveillés en les servant à la table. Ou à un voleur (ὁ voleur, v. 39) qui arrive à une heure que le propriétaire (ὁ) débrancher. Ou même à ce monsieur qui promeut un administrateur digne de confiance et prudent de responsabilité (ὁ Fidèle, ὁ prudent, v. 42). Enfin, toutes ces images, Jésus nous révèle, Ils correspondent à la figure de ce "fils de l'homme [ce] viendra dans le temps que vous ne pensez pas " (v. 40).

Être prudent et vigilant au détriment de la perte de sommeil est décisif, Mais qui sont ceux qui attendent? Dans le passage, Jésus parle de serviteurs et d'administrateurs, Mais partout dans le texte que les gens appelées à superviser sont indiqués avec la deuxième personne plurielle, Comment inclure les deux disciples qui ont ensuite entendu le Seigneur, Les auditeurs ou les lecteurs contemporains de l'Évangile, Alors nous aussi: "Tu es prêt" (v. 35); "Vous devez être similaire à ..." (v. 36); "Vous restez prêt" (v. 40). Enfin, Pietro qui a demandé Pietro émerge: «Cette parabole que vous dites pour nous ou même pour tout le monde?». Le monsieur, révéler un classement de responsabilité pour attendre, lui dit: "Pour ceux qui ont beaucoup donné, beaucoup sera demandé; à qui les hommes ont commis beaucoup, Il demandera plus ". De cette façon, il est spécifié que si les destinataires de l'enseignement, en tout, Ce sont tous croyants, Cependant, la responsabilité des dirigeants de la communauté chrétienne à laquelle Jésus consacre une parabole spécifique se démarque.

Que le discours s'adresse à l'église et à ses managers il ressort clairement des termes utilisés, qui se réfèrent à un contexte d'espace temporel précis, C'est ça de la maison, de la nuit ou du temps dilaté d'attendre. Jésus parle des "hanches environnantes" (v.34), Alors que le mot "maison" est explicitement cité, puis il y a la nuit à cause de la "lunéne chauffée" (V.35) et la "deuxième et troisième veillée" (V.38 en grec). Nous avons une référence ici au thème de l'Exode - les "verrous" sont une citation explicite de Est 12,11 - Où la célébration de Pâques a eu lieu le soir, à la maison et dans la famille (Est 12,3). Le départ précipité de l'Égypte des enfants d'Israël qui a eu lieu la nuit est évoqué et soulève les volets de la longue robe orientale et l'attache aux hanches avec une ceinture a rendu le chemin plus facile. Il semble que Jésus veut exhorter l'église à commencer à marcher, faire un exode, Mais en réalité, c'est une procédure plus profonde plutôt que dans l'extension, un voyage qui se prépare à recevoir celui qui est sur le point d'arriver: Le vrai voyage fait le Seigneur qui vient! Le centre de l'annonce des trois paraboles est donc la venue du Seigneur et le nom du chemin auquel les disciples sont appelés est la vigilance. En fait, Jésus a déjà donné des indications afin qu'elle ne soit pas entravée par des dimensions inutiles telles que la cupidité (Lc 12,15), préoccupations (Lc 12,22.26) Et les peurs (Lc 12,32) qui occupent le cœur et suppriment la liberté.

La parabole des serviteurs vigilants (vv. 36-38) Il semble que ce soit la version narrative d'un bonheur - "Blessé ces serviteurs" (v. 37); "Béni sont-ils" (V.38) - qu'il pourrait jouer comme ça: «Béni sont les serviteurs vigilants, Parce que le Seigneur lui-même se fera ". Le renversement des valeurs présentes dans les béalitudes est exprimée ici dans la figure paradoxale du maître qui rentre chez lui, aussi tard dans la nuit, e, trouver ses serviteurs éveillés pour ouvrir la porte et l'accueillir pour le saluer, il commence lui-même à les servir. Mais c'est la logique de Jésus qui bouleverse les logiques du monde et cela devrait viguer dans la communauté chrétienne: «Qui est plus grand? Qui est à la table ou qui sert? Ce n'est peut-être pas celui qui est à la table? Pourtant, je suis au milieu de vous en tant que celui qui a besoin " (Lc 22,27).

Domine un sentiment d'imminence sur tout le récit Pour quelque chose qui n'a pas encore eu lieu et pourtant cela implique tout sauf statique ou arrêté. De tout ce que nous avons vu ci-dessus, une indétermine semble émerger, Ce qui, cependant, rend bien le sens de l'expérience chrétienne. Les disciples de Jésus vivent sur Terre, Mais comme les pèlerins, Pendant que leur résidence est dans le ciel (Lettre à Diognète). Nous sommes, donc, appelé à attendre que plusieurs fois nous dépasse. Le problème de la vigilance dans ces courtes paraboles, dit d'une autre manière, C'est celle du temps, surtout du temps quotidien, jour de la semaine. Tous les jours, n'importe quel jour de semaine, Si plein d'attente, C'est "Jour du Seigneur". Comme dans la parabole de Luca chaque jour est bon de rester éveillé, Tenez les lampes et accueillez le fils de l'homme qui reviendra. Alors il nous a invités à attendre la prière de la collection de ce dimanche: «Notre lampe n'est pas désactivée, Parce que vigilant en attente de votre heure, nous sommes présentés par vous dans la patrie éternelle ".

De l'Ermitage, 10 août 2025

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Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)

 

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mars, La leçon de Marie et de Jésus sur la dimension de l'éternel

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

Marta, MARIA E LA LEZIONE DI GESÙ SULLA DIMENSIONE DELL’ETERNO

«Marta, mars, Vous avez du mal et vous êtes agi pour beaucoup de choses, Mais d'un seul est nécessaire. Maria a choisi la meilleure partie, qui ne sera pas supprimé "

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Il brano evangelico di questa Domenica appartiene a una tradizione che solo Luca conosce, poiché non è riportato dagli altri sinottici.

Il Quarto Vangelo però conosce Marta e Maria, le due donne protagoniste, e riferisce che sono residenti in Betania, con il fratello Lazzaro. La pericope nel tempo ha accresciuto il suo forte influsso sulla spiritualità cristiana, tanto da divenire il paradigma della contrapposizione fra la vita attiva a quella contemplativa. Par exemple, San Francesco d’Assisi scrisse una «Regola» per i romitori immaginando che i frati dovessero ispirarsi a queste due sorelle:

«Coloro che vogliono condurre vita religiosa negli eremi, siano tre frati o al più quattro. Due di essi facciano da madri [...] e seguano la vita di Marta, e i due che fanno da figli quella di Maria».

Leggiamo il testo evangelico.

« À ce moment-là, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, lequel, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: "Monsieur, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, mars, Vous avez du mal et vous êtes agi pour beaucoup de choses, Mais d'un seul est nécessaire. Maria a choisi la meilleure partie, qui ne sera pas supprimé " (Lc 10,38-42).

Ce conte è collocato da Luca dopo l’inizio del viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Più precisamente dopo che si è fermato per rispondere alla domanda di un dottore della Legge su chi è il «prossimo» e aver raccontato la parabola del buon Samaritano. Suivant, continuando il suo viaggio verso la città santa, prima di risalire per il monte degli Ulivi e poi arrivare in città, Gesù entra in un villaggio dove avviene l’incontro con le due sorelle Marta e Maria. Poco sappiamo delle due donne e del fratello Lazzaro che da Luca non è menzionato. Alcuni hanno ipotizzato che fossero celibi, perché nei vangeli non si parla né di mariti per Marta e Maria, né di una moglie per Lazzaro, e, secondo qualche commentatore, potrebbero appartenere al gruppo dei pii israeliti chiamati esseni. Forse Gesù conquistò dei seguaci anche tra pii esseni che desideravano ardentemente la salvezza escatologica e che nel primo secolo d.C. intensificarono, Apparemment, l’attesa del Messia davidico? Lazzaro e le sue sorelle Maria e Marta, persone chiaramente non sposate che vivevano a Betania nei pressi del Monte degli Ulivi, potrebbero essere esempi di simpatizzanti di questo genere.

Molto più interessante per noi è il fatto che Luca ha collocato questo incontro subito dopo la parabola del buon Samaritano, facendo percepire ai lettori del Vangelo che le due scene siano collegate. La parabola serviva a spiegare cosa significhi farsi prossimo; questa pagina invece parla dell’amore per il Signore. In tal modo Luca, controbilanciando un ideale filantropico forse troppo elevato, porta l’esempio di Marta e di Maria. Alcuni esegeti sottolineano la scelta accurata dell’evangelista nel presentare di seguito le due scene: l’insegnamento contenuto nel brano di Marta e Maria si può leggere in relazione con la parabola precedente del Samaritano che si fa prossimo, completandolo, poiché offre il fondamento del comportamento misericordioso. C'est important, c'est-à-dire, ascoltare la parola di Gesù, perché autentica espressione del volere divino espresso nel comandamento dell’amore del prossimo. L’ascolto della parola di Cristo è dunque il fondamento del comportamento cristiano e diventa la condizione essenziale per ereditare la vita eterna, che era la richiesta del dottore della Legge. Le parole di Gesù a Marta, comme ça, ristabiliscono una priorità e invitano a non perdere di vista l’essenziale, ciò di cui si ha veramente bisogno, ou, stare ai piedi di Gesù.

Dal Vangelo di Giovanni sappiamo che gli ospiti di Gesù sono amici del Signore, in particolare viene detto di Lazzaro, ma qui, in Luca, come sopra riportato, egli non viene ricordato, né vi è un cedimento alla curiosità a riguardo delle emozioni o dei sentimenti di Gesù verso le ospiti. Abbiamo due sorelle, due donne, una delle quali è seduta addirittura ai piedi di Gesù, assumendo, donc, la postura della discepola. Maintenant, mai un maestro ebreo dell’epoca avrebbe accettato che una donna assumesse nei suoi confronti l’atteggiamento di un discepolo. Il comportamento di Maria è straniante e contravviene le regole imposte dalla cultura del tempo. Salvo rarissime eccezioni sono ben noti i detti rabbinici secondo i quali le donne non avrebbero dovuto essere discepole di nessun maestro e neppure studiare la Torah. Ecco perché questo testo ha avuto ampia risonanza fra coloro che cercano nel Vangelo una voce favorevole sull’identità e sulla condizione della donna nella comunità cristiana. Se guardiamo, en fait, Marta e Maria, scopriamo che il modo in cui queste vengono rappresentate tocca un tema molto attuale. Maria è raffigurata come una discepola ai piedi di un rabbi, mentre per Marta, Lucas, parlando dei suoi «molti servizi», utilizza il verbo diakonéo. L’ascolto della parola (v.39) non ricorda forse il ministero della Parola e il verbo «servire» (v.40) non rimanda al ministero della tavola, ai compiti diaconali? Il Vangelo sembra riportare un banale gesto di accoglienza di una persona nella propria casa, ma come spesso accade quando c’è di mezzo Gesù, un semplice avvenimento ha dalle conseguenze imprevedibili. Vediamolo da vicino. Scrive Luca che ad accogliere Gesù è Marta e non Maria:

«Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò» (V.38).

Non sappiamo perché solo Marta venga menzionata: forse perché è poi lei ad occuparsi concretamente dell’ospitalità? E come mai non c’è nessun uomo ad accogliere, come era di prassi, un altro uomo che entra in casa, viens, par exemple, fece Abramo che accolse gli ospiti a Mamre sotto la sua tenda? Le reste, non è l’unico caso di cui ci parla Luca: pensiamo a Lidia, che nel libro degli Atti degli Apostoli l’autore presenta come una piccola imprenditrice che addirittura obbliga Paolo a fermarsi nella sua casa (À 16,15).

Marta accoglie, alors, Jésus, ma in modo diremmo oggi «iperattivo». Luca scrive che era: «distolta per i molti servizi» (v. 40, secondo la CEI), tanto da esserne totalmente assorbita. È eccessivamente preoccupata e si lascia prendere dall’ansia. Ma su questo punto dobbiamo essere precisi. Dove sta l’errore di Marta? Son, évidemment, svolge troppo il suo «servizio» (diakonía) ce, mentre dovrebbe essere positivo, ne risulta in verità pregiudicato. Non sono né l’accoglienza di Marta, né la sua intenzione di servire a cadere sotto i colpi della critica, ma l’eccesso delle sue azioni e le preoccupazioni che ne sono all’origine. Il testo non contrappone la diaconía della tavola o quel che era all’amorevole ascolto della Parola.

Marta avanza la sua protesta al Maestro Gesù, senza entrare in dialogo con la sorella Maria, lequel, nel testo, non prende mai la parola; taciturna diviene il personaggio centrale, alla fine lodato dal Signore. Marta invece parla e si muove, il che rimanda all’episodio conservato in Giovanni, dove sempre lei va da Gesù, parla e gli contesta che se fosse stato lì suo fratello Lazzaro non sarebbe morto. Maria anche nel Vangelo di Giovanni rimane seduta, è Gesù a chiamarla e solo allora si muove verso di lui. In una situazione analoga a chissà quante, successe in ogni famiglia, ciò che emerge qui è la parola di Gesù. Questo racconto è stato conservato proprio per ricordare ciò che Gesù dice e non per la banalità dell’incontro. et Jésus, rivolgendosi a Marta, con quel doppio vocativo – «Marta, Marta» – tipicamente biblico, rimproverandola velatamente, ma mostrando, Mais, anche simpatia ed affetto per lei, desidera condurre la donna all’essenziale, a quella parte unica e prioritaria che Maria ha scelto spontaneamente.

Gesù dice a Marta quello di cui ha veramente bisogno, che è necessario, e ora, attraverso il racconto che ne fa Luca, anche i lettori ne sono consapevoli. Si tratta della parte buona, come dice il testo greco. La versione CEI, comme nous le lisons, sente di tradurre con: «parte migliore». I commentatori qui si dividono, alcuni preferiscono l’aggettivo qualificativo «migliore», altri insistono sul fatto che il testo, au lieu, eviterebbe la comparazione: améliorer, en fait, presuppone qualcosa di meno buono. Anche San Girolamo traduce, nella Vulgata, adoperando un superlativo: Maria optimam partem elegit.

Luca usa l’aggettivo greco hagathèn (donne hagathós, «buono»), che nel Nuovo Testamento designa innanzitutto l’incomparabile bontà che contraddistingue Dio nella sua essenza. Ma allora qual è il senso della parola di Gesù che sottolinea la scelta di Maria rispetto a quella di Marta, sua sorella? La parola di Cristo è chiarissima: nessun disprezzo per la vita attiva, né tanto meno per la generosa ospitalità; ma un richiamo netto al fatto che l’unica cosa veramente necessaria è un’altra: ascoltare la Parola del Signore; e il Signore in quel momento è lì, presente nella Persona di Gesù! Tutto il resto passerà e ci sarà tolto, ma la Parola di Dio è eterna e dà senso al nostro agire quotidiano.

De l'Ermitage, 20 juillet 2025

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Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)

 

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Je t'envoie comme des moutons au milieu des loups

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

IO VI MANDO COME PECORE IN MEZZO AI LUPI

«Questa è la prima immagine di Gesù evangelizzatore che viene presentata: vaincu, donné un coup de pied, pas écouté, indésirable, ed è davvero una scena misteriosa se pensiamo che Gesù è l’evangelizzatore. Ce n'est pas une scène solitaire, e se Luca l’ha messa qui, è perché sa di toccare qualche cosa che appartiene a una costante del Regno di Dio»

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Dopo l’inizio del pellegrinaggio di Gesù verso Gerusalemme San Luca narra l’invio dei dodici (Lc 9,1-6). Ora vengono mandati da Gesù «altri discepoli» avanti a lui.

Si tratta di un numero che la tradizione dei manoscritti antichi trasmette in modo difforme. Per alcuni di essi sono settantadue e allora rappresenterebbero tutti i popoli della terra, secondo l’elenco di Genèse 10, almeno seguendo la traduzione greca (LXX); perché nel testo ebraico (masoretico) i popoli risultano essere settanta. In altri manoscritti greci è riportato proprio il numero settanta, ovvero quanti gli anziani scelti da Mosè secondo il racconto di Numeri (casquette. 11). Nell’uno o nell’altro caso, Luca dice che Gesù manda non solo i Dodici, ma anche altri discepoli, e li invia a tutti. Leggiamo il testo evangelico di questa XIV Domenica del tempo ordinario.

« À ce moment-là, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: Voici, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. Io vi dico che, en ce jour, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città”. I settantadue tornarono pieni di gioia, disant: "Monsieur, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome”. Egli disse loro: “Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Voici, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”» (Lc 10,1-12.17-20).

Rimanendo in argomento-numero è chiaro che dodici evochi la missione ad Israele, tale, en fait, era il numero delle sue tribù; quello di settanta o settantadue non può che richiamare, au lieu, la missione universale della Chiesa. Questa però non è iniziata, historiquement, al tempo di Gesù, ma solo dopo la sua morte e risurrezione; la presente narrazione appare dunque come un’interpretazione, un modo di dire che la missione verso i gentili fosse già presente nella volontà del Signore Gesù. Perché un invio ai pagani abbia luogo, en fait, devono verificarsi quelle condizioni narrate negli Atti degli Apostoli, che non si erano ancora realizzate al tempo in cui Gesù compie il suo viaggio a Gerusalemme. En particulier, la persecuzione della Chiesa dopo la morte di Stefano e la dispersione dei discepoli di Gesù; l’incontro di Paolo con Cristo; Pietro che entra nella casa del centurione Cornelio e rimane a tavola con i pagani. Enfin, la prima assemblea di Gerusalemme, che dirime questioni che mai si erano prefigurate antecedentemente, riguardanti la circoncisione o meno dei convertiti.

L’odierna pagina evangelica è facilmente divisibile in due parti: nella prima vengono date le istruzioni sulla missione, nella seconda si descrive il ritorno degli inviati. I discepoli devono andare a due a due, un probabile rimando al valore della testimonianza che richiede sia confermata da diversi: «Nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera» (Gv 8, 17; cf.. Dt 19,15). Gesù li avverte che saranno «come agnelli in mezzo a lupi»: dovranno, c'est-à-dire, essere pacifici nonostante tutto e recare in ogni situazione un messaggio di pace; non porteranno con sé né vestiti né denaro o altre cose inutili, per vivere di ciò che la Provvidenza offrirà loro; si prenderanno cura dei malati, come segno della misericordia di Dio; dove saranno rifiutati, se ne andranno, limitandosi a mettere in guardia circa la responsabilità di respingere il Regno di Dio. L’annuncio della venuta di Gesù e del Regno, puis, prevede un’urgenza che fa sì che i discepoli non dovranno nemmeno fermarsi per salutare le persone. A seguire San Luca mette in risalto l’entusiasmo dei discepoli per i buoni frutti della missione e registra questa bella espressione di Gesù: «Rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10, 20). Tutto questo brano del Vangelo è un invito a risvegliare nei battezzati la consapevolezza di essere missionari di Cristo, chiamati a preparargli la strada con le parole e con la testimonianza della vita.

Mi soffermo sulla frase di Gesù qui sopra riportata in risposta ai discepoli che si rallegrano per l’esito della missione, perché potrebbe apparire spiazzante, giocata sul paradosso, come spesso fa Gesù, che usa un linguaggio apocalittico per via della menzione dei demoni che si sottomettono, di Satana che precipita da quel cielo dove i nomi dei discepoli missionari invece vengono ascritti. Il detto evangelico vuole sottolineare che ogni missione cristiana pur richiedendo la disponibilità umana non dipende totalmente dagli inviati, ma dalla forza della Parola e da Dio. Per questo essa prevede anche il rifiuto; nel brano evangelico, en fait, emerge per tre volte l’idea che l’evangelizzazione possa fallire. Nell’espressione del v. 6: «altrimenti (paix, n.d.r) ritornerà su di voi»; in quella del v. 10: «quando entrerete in una città e non vi accoglieranno»; ed anche nell’allusione del v. 3: essere «agnelli in mezzo ai lupi». Si potrebbe menzionare anche l’ammonizione del v. 16 non riportata oggi dal Lezionario, nei riguardi di Corazin, Betsàida e Cafarnao, dove si parla di Gesù disprezzato e dei discepoli che subiscono la stessa sorte: «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato». Si comprende che il destino del discepolo è come quello del Maestro, possono esserci dei successi, ma anche incontrare muri che sbarrano la strada all’evangelizzazione. Jésus, fin dall’inizio del suo viaggio verso Gerusalemme, è presentato subito come un non accolto, poiché appressandosi a un villaggio di samaritani: «essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme» (Lc 9,53). Così quell’antica diatriba fra giudei e samaritani, nella quale si mischiano ragioni sociali, culturali e religiose, sembra una premonizione di ciò che oggi vediamo accadere ancora nella terra che fu anche di Gesù. Come avviene in tante simili situazioni, quando le ferite della memoria non guarite rendono più forte il rancore della riconciliazione. Così anche Gesù ricade nello stesso identico, quanto noioso, schema del nemico. Non importa chi sia, cosa dica o porti: Egli è un galileo da rifiutare. Anzi possiamo dire che Gesù fin da subito, nel Vangelo di Luca, appare come un rifiutato, quando gli stessi concittadini di Nazareth non vogliono credere al suo primo annuncio, anzi tentarono di metterlo a morte (Lc 4).

«Questa è la prima immagine di Gesù evangelizzatore che viene presentata: vaincu, donné un coup de pied, pas écouté, indésirable, ed è davvero una scena misteriosa se pensiamo che Gesù è l’evangelizzatore. Ce n'est pas une scène solitaire, e se Luca l’ha messa qui, è perché sa di toccare qualche cosa che appartiene a una costante del Regno di Dio» (C. M. Martini, L’evangelizzatore in San Luca, Milan, 2000).

La storia si ripete, anche per i discepoli, ed è previsto il rifiuto colpevole all’annuncio. Ma questi devono in ogni caso dire a chi li rifiuta che: se la polvere «la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino» (Lc 10,11).

Dopo la Risurrezione di Gesù la Chiesa primitiva acquisterà piena consapevolezza di questa dinamica e saranno proprio le persecuzioni scatenate a Gerusalemme contro i cristiani di cultura greca a far si che il Vangelo arrivi, insieme al Battesimo e al dono dello Spirito, anche a quei samaritani che una volta non vollero accogliere Gesù, come racconta Luca negli Atti degli Apostoli (casquette. 8). Gli ostacoli della divisione vengono così rimossi, perché il segno della Pentecoste, della nuova comunità che ormai parla in tutte le lingue e unisce i popoli in un unico popolo, in una famiglia di Dio, è divenuto realtà. Grazie ad Essa gli stranieri sono diventati amici e, al di là dei confini, si riconoscono fratelli.

De l'Ermitage, 06 juillet 2025

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Grotte Saint-Ange à Ripe (Civitella del Tronto)

 

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Les Pères Patmos Island

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Dans l'éclairage de l'esprit, Nous verrons la vraie lumière qui illumine tous les hommes qui viennent au monde

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

Dans l'éclairage de l'esprit, NOI VEDREMO LA VERA LUCE CHE ILLUMINA OGNI UOMO CHE VIENE NEL MONDO

Esistono due modi egualmente mortali di separare il Cristo dal suo Spirito: celui de rêver d'un royaume de l'Esprit qui allait provoquer le Christ, e quello d’immaginare un Cristo che riporterebbe costantemente al di qua dello Spirito.

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Il profeta Isaia implorava: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi» (Est 63,19). Nella Pentecoste quell’antico desiderio è stato esaudito.

El Greco, “Pentecoste”, 1597-1600 (particulier) – Madrid, Museo del Prado

 

«Nella tua luce vedremo la luce», pregava il salmista (Doit 36,10) e San Basilio chiosava: «Dans l'illumination de l'Esprit, nous verrons la vraie lumière qui éclaire tout homme qui vient au monde". La Pentecoste è il compimento del mistero pasquale e rivelazione della vocazione cristiana. Lo Spirito, en fait, come un maestro al discepolo, insegna e fa ricordare, affinché Cristo dimori nel discepolo, ne divenga presenza interiore e intima. Non quindi esteriore, estrinseca o funzionale: il compimento della vocazione cristiana si avvera quando la vita di Cristo vive in noi. E la vocazione, O, se si vuole, l’essenziale della vita cristiana sotto la guida dello Spirito è la vita interiore, come capacità di far abitare in noi la parola del Signore, per meditarla, comprenderla, interpretarla e poi viverla. Leggiamo il Vangelo di questa Solennità:

« À ce moment-là, Jésus dit à ses disciples: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”» (Gv 14,15-16.23-26).

Il compimento della Pasqua del Signore implica l’inclusione del credente in questo fondamentale mistero e ciò avviene per mezzo del dono dello Spirito Santo. Egli favorisce il passaggio da Cristo al cristiano, dalla missione di Gesù a quella dei discepoli, come pure dalla predicazione e dall’azione di Gesù alla predicazione e all’azione dei credenti nella storia. Completa, c'est-à-dire, il passaggio da Cristo alla Chiesa. Come afferma Gesù nel Vangelo, grazie allo Spirito, il credente comprende e ricorda la parola di Gesù e con la Sua forza la annuncia, vi risponde con la preghiera e vi obbedisce con la testimonianza. In questo modo l’evento pentecostale ci rivela chi è il credente, poiché accende la luce sulla vita secondo lo Spirito. Prendiamo ad esempio la preghiera. Grazie allo Spirito essa sorge in risposta alla Parola del Signore ascoltata e permette di invocare Dio col nome di Padre, Abbà, poiché i rinati dallo Spirito sono figli suoi, come ricorda l’Apostolo Paolo nell’odierna seconda lettura con parole rimaste famose:

«Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Père!”. Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo» (Rm 8, 14-15).

Subito prima l’Apostolo aveva richiamato un altro aspetto intrinseco alla vita secondo lo spirito, quello della lotta interiore, che si contraddistingue per la rottura con la «carne» e l’egoismo:

«Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Maintenant, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, frères et sœurs, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, pouquoi, se vivete secondo la carne, morirete. je sais, au lieu, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete».

Mentre invece il valore dell’annuncio e della testimonianza sono gli Atti degli Apostoli, la prima lettura di oggi, a sottolinearli, quando i discepoli iniziano a parlare la lingua dello Spirito, rendendo eloquente per tutti il messaggio delle grandi opere di Dio:

«Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?» (À 2,8).

Tornando al Vangelo, possiamo brevemente riassumere come Gesù prepara i suoi a ricevere l’«altro» Paraclito. Nell’ultima Cena il cuore dei discepoli è turbato dall’annuncio imprevisto della partenza di Gesù (Gv 14,1). Finora egli era restato con loro (Gv 16,4; 14,25); ma adesso annuncia che rimarrà soltanto per poco tempo (Gv 13, 33): ben presto essi non lo vedranno più (Gv 16,11) perché va al Padre (Gv16,10). Tuttavia Gesù tornerà subito presso i suoi (Gv 14,18) non solo al momento delle apparizioni pasquali, ma per mezzo di una presenza tutta spirituale ed interiore: allora soltanto i discepoli saranno capaci di vederlo, in una contemplazione di fede (Gv14,19). E questa sarà opera dello Spirito Santo, il quale viene chiamato «un altro Paraclito» (Gv 14,16), perché continuerà presso i discepoli l’opera che il primo Paraclito, Jésus, ha iniziato. Nel grande conflitto che oppone Gesù e il mondo, lo Spirito avrà il compito di difendere la causa di Gesù presso i discepoli e di confermarli nella loro fede. In questo modo diventa interesse dei discepoli che il Cristo Gesù se ne vada, poiché senza questa dipartita il Paraclito non verrà presso di loro (Gv 16,7). Solo così il Padre donerà loro il Paraclito dietro richiesta di Gesù e nel nome di Gesù (Gv 14,16.26); plutôt, il Cristo stesso da presso il Padre invierà loro il Paraclito (Gv 15,26). Questo Spirito che proviene dal Padre resterà coi discepoli per sempre (Gv 14,16), cioè fino alla fine dei tempi: durante tutta la sua permanenza qui in terra, la vita della Chiesa sarà caratterizzata dall’assistenza dello Spirito di verità.

San Giovanni ricorda che il Padre invierà lo Spirito Santo «nel nome di Gesù», come prima aveva detto che Gesù stesso stava sulla terra «nel nome di suo Padre» (Gv 5,43), in stretta comunione col Padre; egli infatti stava tra gli uomini per far conoscere il nome del Padre, per rivelare il Padre (cf.. Gv 17,6). Di qui si comprende meglio quel che intende dire Gesù quando annuncia che il Paraclito sarà inviato «nel suo nome». Non significa semplicemente che il Padre invierà lo Spirito dietro richiesta del Figlio, oppure in luogo o come rappresentante del Figlio, o ancora per continuare l’opera del Figlio. Il «nome» esprime qui quel che di più profondo esiste nella persona del Cristo Gesù, la sua qualità di Figlio, ed in quanto tale avrà una parte attiva nell’invio dello Spirito. Per questo motivo nei discorsi d’addio si trovano le due formule complementari: il Padre invierà lo Spirito nel nome di Gesù (Gv 14,26); il Figlio stesso invierà lo Spirito da presso il Padre. La formula «nel mio nome» indica dunque chiaramente la comunione perfetta tra il Padre e il Figlio quando Essi inviano lo Spirito. Senza dubbio l’origine di questa «missione» è il Padre ed è per questo che il Figlio invierà lo Spirito «da presso il Padre». Tuttavia anche il Figlio è principio di questo invio: e perciò il Padre invierà lo Spirito «nel nome del Figlio». Così il Padre e il Figlio sono entrambi principio di questa missione del Paraclito. Donc, se lo Spirito è inviato nel nome del Cristo Gesù, la sua missione sarà di rivelare il Cristo Gesù, di far conoscere il suo vero nome, quel nome di Figlio di Dio che esprime il mistero della sua persona: Il Paraclito dovrà suscitare la fede in Gesù Figlio di Dio.

Ma il Vangelo va oltre. La seconda metà del versetto (Gv 14,26) descrive il Paraclito «nell’ufficio di maestro di dottrina» (Reginald Garrigue Lagrange). Tale azione viene designata da due differenti verbi: «Egli vi insegnerà ogni cosa e vi farà souviens-toi tutto quel che io vi ho detto». Questa è una proposizione importante, perché ha dato adito a una tentazione ricorrente nella Chiesa, quella di introdurre nuove rivelazioni dovute allo Spirito. Una tentazione per nulla illusoria se ci ricordiamo il montanismo agli inizi della Chiesa e la corrente spiritualista di Gioacchino da Fiore nel Medioevo. Padre Henry de Lubac benissimo ha scritto:

«Esistono due modi egualmente mortali di separare il Cristo dal suo Spirito: celui de rêver d'un royaume de l'Esprit qui allait provoquer le Christ, e quello d’immaginare un Cristo che riporterebbe costantemente al di qua dello Spirito».

Ma il Paraclito ai discepoli non porterà un Vangelo nuovo, nella vita e nell’insegnamento di Gesù, en fait, è contenuto tutto quel che dobbiamo conoscere in vista della costituzione del Regno di Dio e per attuare la nostra Salvezza. La funzione dello Spirito resta essenzialmente subordinata alla Rivelazione già portata da Gesù. «Insegnare» secondo Giovanni è quasi un verbo di rivelazione. Il Padre ha insegnato al Figlio quel che questi ha rivelato al mondo (Gv 8,28). Ma più spesso Gesù medesimo viene presentato come colui che insegna (Gv 6,59; 8,20). Toutefois, questa dottrina del Cristo Gesù non deve rimanere estrinseca al credente, per questo Giovanni ha insistito fortemente sulla necessità di renderla interiore con l’accoglierla mediante una fede sempre più viva. Tale è il significato delle espressioni tipicamente giovannee «rimanere nella dottrina del Cristo» (2Gv 9), «rimanere nella sua parola» (Gv 8,31). Precisamente qui si pone l’azione dello Spirito: anch’egli «insegna». Egli insegna esattamente quello che è già stato insegnato da Gesù, ma per farlo penetrare nei cuori. Alors, la Rivelazione ha una perfetta continuità: proveniente dal Padre, essa ci viene comunicata dal Figlio e tuttavia non raggiunge il suo termine che quando è penetrata nel più intimo di noi stessi e questo avviene per opera dello Spirito.

La natura esatta di questo insegnamento del Paraclito viene precisata da un altro verbo: egli «farà ricordare» tutto quel che Gesù ha detto. Questo tema del «richiamo» o del «ricordo» viene fortemente sottolineato dal quarto Vangelo. Giovanni osserva più d’una volta che dopo la partenza di Gesù i discepoli «si ricordarono» di questa o quell’altra parola o azione di Gesù, cioè essi ne colsero il vero significato e tutta la portata soltanto dopo la Resurrezione (Gv 2,17.22; 12,16). Proprio qui si colloca la funzione dello Spirito Santo: nel «ricordare» tutto quel che Gesù aveva detto, ma Egli non si limiterà soltanto a riportare alla loro memoria un insegnamento che altrimenti avrebbero rischiato di dimenticare. Il suo vero compito sarà di far comprendere nella loro interiorità le parole di Gesù, di farle afferrare alla luce della fede, di farne percepire tutte le virtualità, e le ricchezze per la vita della Chiesa. Dunque attraverso l’opera segreta del Paraclito il messaggio di Gesù non rimane più per noi esteriore ed alieno o semplicemente consegnato al passato; lo Spirito Santo l’interiorizza in noi e ci aiuta a penetrarlo spiritualmente perché noi vi scopriamo una parola di vita. Questa parola di Gesù, assimilata nella fede sotto l’azione dello Spirito, è quel che nella sua prima Lettera Giovanni chiama «l’olio d’unzione» che rimane in noi (1Gv 2,27). Lo Spirito agisce nell’intimo del credente affinché l’insegnamento di Gesù acquisti un senso sempre più pieno (vv. 20 e ssg.) e lo istruisce su tutte le realtà; il cristiano è ormai «nato dallo Spirito» (Gv 3,8). Giunto a questo grado di maturità spirituale egli non ha più necessità d’essere istruito (1Gv 2,27): ormai importa unicamente ch’egli resti in Gesù e che si lasci istruire da Dio (cf.. Gv 6,45).

De l'Ermitage, 07 juin 2025

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L'ascension marque une nouvelle façon pour les disciples d'être pour Christ, avec Christ et en Christ

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

L’ASCENSIONE SEGNA PER I DISCEPOLI UN MODO NUOVO DI ESSERE PER CRISTO, AVEC LE CHRIST ET EN CHRIST

L’Ascensione del Signore inaugura una relazione totalmente nuova fra lui e i discepoli, que même s'il est marqué par une séparation physique, Cependant, cela ne génère pas de tristesse, ni regrette, Parce que les disciples: «tornarono a Gerusalemme con grande gioia». Inizia dunque un legame che avrà una forte incidenza sulla vita spirituale del cristiano, anche perché d’ora in poi viene costituito come testimone.

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L’Ascensione del Signore forma parte costitutiva dell’unico ed indivisibile evento pasquale. Il testo evangelico della festa la colloca al termine del racconto delle apparizioni del Risorto, in quel primo giorno dopo il sabato che per Gesù diventa l’occasione per rincuorare gli ancóra scossi discepoli.

Salvador Dali, Ascensione di Cristo

In questo modo Egli rafforza la loro fede nella risurrezione: «Così sta scritto: «Il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno» (v. 46); preannuncia loro la futura missione: «nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e la remissione dei peccati» (v. 47); e il dono dello Spirito Santo: «io mando su di voi ciò che il Padre mio ha promesso» (v. 49). Leggiamo il brano evangelico:

« À ce moment-là, Jésus dit à ses disciples: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, au départ de Jérusalem. Di questo voi siete testimoni. Et ici, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, je suis béni. Mentre li benediceva, il se sépara d'eux et fut emporté, dans le ciel. Et ils sont tombés devant lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio (Lc 24,46-53).

L’Ascensione è raccontata, in alcuni passi del Nuovo Testamento, con termini che parlano di allontanamento, di partenza, di assunzione (analempsis À 1,11), marcher (poreoumai À 1,10-11), di salita (anabasis: Gv 20,17), di separazione: «si staccò da loro» (Lc 24,51). Come già abbiamo visto nel vangelo giovanneo di domenica scorsa questo sottrarsi del Signore alla vista fisica non viene letto, Mais, come un distacco, una mancanza o un’assenza. Poiché esso apre ad un nuovo legame fra Gesù e i suoi, stavolta interiore e spirituale, guidato dallo Spirito e teso a rendere i discepoli testimoni del Risorto. Mentre Giovanni sottolinea l’aspetto dell’inabitazione trinitaria, Luca coglie invece quello della missione e testimonianza: «Di questo voi siete testimoni» (Lc 24,48) ; «Voi sarete miei testimoni a Gerusalemme … e fino ai confini della terra» (À 1,8). Per ambedue gli autori testamentari se l’Ascensione nasconde definitivamente il corpo fisico di Gesù alla vista dei suoi discepoli, ciononostante essi possono di nuovo incontrarlo sia interiormente, grazie alla presenza dello Spirito, sia nell’amore scambievole fra i discepoli e verso il prossimo: lasciandosi guidare dallo Spirito, essi possono fare ciò che Gesù stesso faceva.

Prima di lasciare i suoi, Gesù fa un breve «riassunto» della sua vita e della sua missione. Précédemment, a Emmaus, aveva spiegato come in tutte le Scritture – «cominciando da Mosè e da tutti i profeti» – vi era un riferimento a lui e, surtout, che il Messia d’Israele avrebbe «sopportato tutte queste sofferenze per entrare nella sua gloria» (Lc 24,26). Ora questi discorsi sono rivolti agli apostoli, come dice l’introduzione al vangelo di oggi:

«Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi» (v.44).

Gesù sta spiegando, come aveva già fatto nei suoi tre annunci della passione, che il Messia, le Christ, sarebbe morto e risorto dopo tre giorni. Cogliamo qui l’inizio dell’ermeneutica cristiana delle scritture ed è Gesù stesso ad inaugurarla, tant que, par exemple, difficilmente troveremmo nell’Antico Testamento un’esplicitazione così chiara, in senso messianico, delle profezie sul servo sofferente di Isaia. Gesù risorto lo segnala ai discepoli. Come avrebbero, en fait, potuto costoro dare un senso così «pieno» a parole che mai nessuno prima aveva interpretato in quel modo? Da allora in poi i cristiani leggeranno la Bibbia a partire dalla morte e risurrezione di Gesù:

«La morte del Messia, re dei Giudei, e la sua risurrezione diedero ai testi dell’Antico Testamento una pienezza di significato prima inconcepibile. Alla luce degli eventi della Pasqua gli autori del Nuovo Testamento rilessero l’Antico. Lo Spirito Santo inviato dal Cristo glorificato ne fece scoprire loro il senso spirituale» (Commission biblique pontificale, Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana).

L’Ascensione del Signore inaugura, comme on l'a dit, una relazione totalmente nuova fra lui e i discepoli, que même s'il est marqué par une séparation physique, Cependant, cela ne génère pas de tristesse, ni regrette, Parce que les disciples: «tornarono a Gerusalemme con grande gioia». Inizia dunque un legame che avrà una forte incidenza sulla vita spirituale del cristiano, anche perché d’ora in poi viene costituito come testimone: «Di questo voi siete testimoni» (Lc 24,48). E questa relazione sarà posta sotto il sigillo dello Spirito Santo, ou, l’amore di Dio e la libera volontà di Lui di comunicare ed entrare in comunione con gli uomini. De cette façon, quello che ha vissuto e fatto Gesù con tutti, toccando le membra povere o peccatrici della nostra umanità, ora lo possono compiere anche i discepoli. Lasciandosi guidare dallo Spirito, essi possono fare ciò che Gesù stesso faceva. Nel racconto dell’Ascensione che si legge negli Atti degli Apostoli, ugualmente lucano come il vangelo, notiamo una continuità tra la venuta del Signore nella gloria ed il suo cammino storico, il verbo usato per descrivere l’andata di Gesù verso il cielo in À 1,10-11 è lo stesso usato per indicare il cammino che egli ha compiuto fisicamente. L’Asceso al cielo è anche il Veniente ed è colui che passò tra gli uomini facendo il bene e guarendo:

«Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, verrà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo» (À 1,11).

Venuta escatologica e cammino quotidiano di Gesù sono in stretta continuità; così anche per i discepoli: per conoscere, confessare e testimoniare il Veniente non occorre guardare in cielo, ma ricordare i passi compiuti da Gesù sulla terra. L’umanità di Gesù attestata dai vangeli diventa, comme ça, il magistero che indica ai cristiani la via da percorrere per testimoniare colui che, asceso al cielo, non è più fisicamente presente tra i suoi e verrà nella gloria.

C'est toujours. Secondo il Vangelo di Luca l’Ascensione di Gesù è accompagnata da una benedizione: «Mentre Gesù benediceva i discepoli, si staccò da loro e fu portato verso il cielo» (v. 51); e secondo gli Atti degli Apostoli da una promessa: «Gesù verrà un giorno…» (À 1,11). Promessa e benedizione sono l’assicurazione che il Signore non abbandona i suoi, ma verrà di nuovo ad incontrarli. Ma sono altresì aspetti che impegnano la Chiesa nella predicazione e nella testimonianza, mentre questa attende gioiosa da Sua venuta gloriosa. Il Vangelo pone in evidenza due caratteristiche decisive della testimonianza cristiana, e cioè la conversione e la remissione dei peccati (Lc 24,47) che furono già al centro della predicazione e del messaggio di Gesù, come gli stessi discepoli hanno sperimentato. Essi hanno condiviso la strada con quel Gesù che è venuto «non a chiamare i giusti, ma i peccatori a conversione» (Lc 5,32), e hanno sperimentato il perdono dei peccati, hanno conosciuto la salvezza nella remissione dei peccati (Lc 1,77). In fondo si è testimoni di ciò che si è conosciuto e sperimentato.

Enfin, occorre ricordare che ci sono molti punti, all’interno dei Vangeli, in cui Gesù prefigura quanto avverrà nell’Ascensione, ad esempio durante l’Ultima Cena, in cui annuncia: «vado dal Padre». E il posto alla destra del Padre è, précisément, il posto d’onore, quello del Figlio prediletto che per amore si è fatto carne, è morto e risorto e così ha salvato l’umanità. Quel posto è suo da sempre, perché Gesù prima di essere uomo è Figlio del Padre e presso di Lui ha stabile dimora e gloria. Jésus, Toutefois, ascende al cielo per dare inizio al «regno che non ha fine», ma anche per preparare il nostro posto in cielo. Se Gesù non tornasse al Padre nei cieli, per l’uomo non sarebbe completa sia la redenzione che la salvezza: solo così, en fait, Egli le porta a compimento, inviando nel mondo il Consolatore.

De l'Ermitage, 01 juin 2025

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La vraie paix est du Christ, pas ce des pacifistes et les pacifondes

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

La vraie paix est du Christ, NON QUELLA DEI PACIFISTI O DEI PACIFONDISTI

Lo Spirito è «l’attualità di Cristo» stesso, Mais pas comme un simple souvenir de la vie terrestre du Seigneur. Son actualisation est celle qui fait de nous "contemporains du Christ" (Søren Kierkegaaard), assicurandone la sua permanente presenza nella Chiesa, come anche San Paolo afferma di Gesù, che rimane presente nella nostra esistenza come «spirito vivificante».

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San Girolamo, nel commento alla Lettera ai Galati, narra una vicenda forse leggendaria, di sicuro antica:

«Il beato Giovanni evangelista, pendant, fino alla vecchiaia avanzata, dimorava a Efeso e con difficoltà veniva trasportato in chiesa sulle mani dei discepoli ne era più in grado di dire molte parole, nient’altro soleva proferire in ciascuna riunione se non questo: “Figlioli, amatevi gli uni gli altri” (cf.. 1Gv 3,11)».

Negli scritti giovannei è l’amore la cifra attorno alla quale l’evangelista condensa il mistero cristiano, come nelle parole che si leggono nel Vangelo di questa domenica. In esse ci viene rivelato qualcosa di grande e nello stesso tempo profondo, poiché dicono che grazie all’amore la Trinità abita in noi. Il Signore Risorto che non ci ha lasciati, in forma nuova, spirituel, continua a vivere in noi portandovi l’amore del Dio trinitario. Lisons.

« À ce moment-là, Jésus a dit [ses disciples]: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, Je vous donne ma paix. Pas comme le monde donne, Je vous le donne. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, pouquoi, quando avverrà, voi crediate”» (Gv 14,23-29).

Nel contesto dell’ultimo incontro tra Gesù e i suoi, diversi discepoli gli rivolgono delle domande: Pierre en premier lieu (Gv 13,36-37), poi Tommaso (Gv 14,5), quindi Giuda Iscariota: "Monsieur, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?» (Gv 14,22). È una domanda che evidenzia, peut-être, la sofferenza nei discepoli, tant que, dopo l’avventura vissuta insieme a Gesù per anni, egli se ne va e sembra che nulla sia veramente cambiato nella vita del mondo. Una piccola e sparuta comunità ha compreso qualcosa perché Gesù si è manifestato a essa, ma gli altri non hanno visto e non vedono nulla. A cosa si riduce dunque la venuta del Figlio unigenito nella carne? Gesù allora risponde: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Il Signore Gesù non si manifesta al mondo che non crede in lui, che permane ostile senza riuscire ad amarlo: per avere, au lieu, la manifestazione di Gesù occorre l’amore. Quelle parole di Gesù sono sorprendenti perché spalancano l’orizzonte sull’inaspettata nuova abitazione del Signore in noi. Come sarà questa nuova presenza di Gesù nella comunità dei credenti? Essa sarà caratterizzata da due tratti fondamentali.

D'abord, sarà una presenza interiore, spirituel: per mezzo di essa il Signore si manifesterà ai suoi discepoli. Fino ad allora Gesù è stato semplicemente «presso» di loro (v. 25). Partirà, Mais, senza lasciarli orfani, poiché Egli tornerà dai suoi (v. 18), e «in quel giorno», dit Jésus, faranno un’esperienza nuova: «voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi» (v. 20). Riconosceranno contemporaneamente che Gesù è nel Padre suo e che perciò non sarà da solo a venire verso il discepolo che ama: verranno Gesù e il Padre suo e dimoreranno (v. 23). Gesù si manifesterà nel mistero della sua inabitazione nel Padre suo. Toutefois, afferma Gesù, quasi come un ritornello, questa condizione si verifica se il discepolo ama il Signore, secondo l’insegnamento che ha ricevuto da Lui (vv. 15.21.23.24). In questa osservanza esistenziale del precetto dell’amore, il discepolo finalmente riconoscerà che Gesù e il Padre dimorano in lui.

L’altro tratto fondamentale rivelato dalle parole di Gesù è che tutto questo non sarà possibile senza l’azione dello Spirito Santo. Come sopra rammentato Gesù era «presso» i discepoli (v.25), così pure lo Spirito era «presso» di loro (v.17), perché era in Gesù. Più avanti sarà «in» loro — ancora il v. 17: «Lo Spirito della verità, que le monde ne peut pas recevoir parce qu'il ne le voit pas et ne le connaît pas. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi» — perché il suo compito sarà quello di ricordare ai discepoli tutto quello che aveva detto loro Gesù e di insegnarlo dal di dentro: «vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (v. 26).

L’insegnamento del Paraclito coinciderà dunque con l’insegnamento interiore di Gesù: le sue parole diventeranno, nell’intimo dei discepoli, fiumi di acqua viva che susciteranno per loro e per la comunità cristiana una vita nuova: "Si quelqu'un a soif, venez à moi, et laisse boire celui qui croit en moi. Comme le dit l'Ecriture: De son sein couleront des fleuves d’eau vive. ». Il a dit cela de l'Esprit afin que ceux qui croient en lui recevraient: en fait il n'y avait pas encore l'Esprit, parce que Jésus n'avait pas encore été glorifié" (Gv 7, 37-39). Attraverso l’interiorizzazione della parola di Gesù e per mezzo della presenza dello Spirito nei discepoli, Gesù stesso e con Lui il Padre, sarà nuovamente presente in loro. Però soltanto nello Spirito Paraclito sarà possibile «vedere» Gesù (Gv 16,22-23); comme ça, attraverso uno sguardo nuovo, si scoprirà il suo mistero, come afferma anche Sant’Ambrogio: «Non con gli occhi del corpo, ma con quelli dello spirito si vede Gesù» (Expos. ev.sec. Luke: je,5).

Di tale maniera, in un modo assolutamente imprevedibile, si compirà la promessa della inabitazione escatologica di Dio tra gli uomini (cf.. Zac 2,14: «Rallègrati, esulta, fille de Sion, pouquoi, Voici, io vengo ad abitare in mezzo a te»). Così si esprime Sant’Agostino riguardo a questa nuova presenza divina che è trinitaria: "Voici, alors, che anche lo Spirito Santo, insieme al Padre e al Figlio, fissa la sua dimora nei fedeli, dentro di loro, come Dio nel suo tempio. Dio Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo vengono a noi quando noi andiamo da loro» (Tract. in Jo., PL 35, 1832).

Sappiamo che i tre principali autori del Nuovo Testamento che hanno scritto sullo Spirito Santo sono Luca, Paolo e Giovanni. Ma solo quest’ultimo dice che il Gesù storico dava lo Spirito. Secondo il quarto Vangelo l’attività dello Spirito consiste nel suscitare, approfondire o difendere, nel cuore dei discepoli, la fede in Gesù e di dare loro la conoscenza del Signore. Come giustamente è stato affermato: è in un quadro di rivelazione che si inserisce in San Giovanni la dottrina sullo Spirito Santo; e il quarto vangelo di continuo ci fa assistere alla rivelazione progressiva del rapporto sempre più intimo tra Gesù e lo Spirito. Se all’inizio Gesù si presenta come colui sul quale lo Spirito «rimane» — di lui, en fait, il Battista dice: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui» (Gv 1, 32) — in seguito Egli lo dona, plutôt, al momento della «sua ora» ne diviene la fonte. Dopo la risurrezione Gesù chiederà al Padre di mandare lo spirito di verità (Gv 14, 16-17) che sarà un altro Paraclito. Dallo Spirito è ormai assicurata alla Chiesa la permanenza e l’efficacia della rivelazione di Gesù. Au contraire, pour Jean, lo Spirito è «l’attualità di Cristo» stesso, Mais pas comme un simple souvenir de la vie terrestre du Seigneur. Son actualisation est celle qui fait de nous "contemporains du Christ" (Søren Kierkegaaard), assicurandone la sua permanente presenza nella Chiesa, come anche San Paolo afferma di Gesù, che rimane presente nella nostra esistenza come «spirito vivificante» (1Cor 15,45).

De l'Ermitage, 24 mai 2025

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La France a excité et au lieu de l'idole du profane, il court vers la police baptismale

Homilétique des Pères de l'île de Patmos

La France a excité et au lieu de l'idole du LAICITÉ Se déroule vers la police baptismale

Dans les lettres envoyées aux évêques par le jeune français baptisé cette Pâques à l'âge adulte, Ils parlent d'abord d'un voyage personnel, Souvent commencé dans l'enfance. «Les chrétiens ne sont pas nés, Vous devenez, "a écrit Tertullien, auquel Saint Augustin résonne: «Ce n'est pas la génération qui fait des chrétiens, Mais la régénération ".

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Il a suscité un étonnement et une joie La nouvelle que lors de la récente Pâques se réveille dans les églises de France au-delà 17000 Les gens ont reçu le baptême.

Au-delà des données ou d'autres considérations Mais ils existent en cette écriture, Je signale uniquement des informations qui émergent des jeunes de ce groupe de baptises: Dans les lettres qu'ils ont envoyées aux évêques, Ils parlent d'abord d'un voyage personnel, Souvent commencé dans l'enfance. «Les chrétiens ne sont pas nés, Vous devenez, "a écrit Tertullien, auquel Saint Augustin résonne: «Ce n'est pas la génération qui fait des chrétiens, Mais la régénération "; En fait, déjà dans les temps anciens, le processus du catéchuménat a été long et, dans certains cas, il pourrait durer plusieurs années. Comme ça, Toujours depuis les temps anciens, la période de Pâques, marqué par ses dimanches, était devenu le moment du mélange, c'est-à-dire utile pour présenter le nouveau-né baptisé dans les mystères les plus profonds de la vie chrétienne. Pour ça à eux, Quant aux autres chrétiens, Un aliment plus solide a été proposé, Comme celui contenu dans le texte évangélique d'aujourd'hui, partie du célèbre chapitre 10 St John, qui présente Jésus Good Shepherd. Comme il a été écrit: "Aucune image du Christ au cours des siècles n'a jamais été plus cher au cœur des chrétiens que celle de Jésus Good Shepherd" (A.J. Simon). Nous lisons la chanson de ce dimanche:

« À ce moment-là, Jésus a dit: «Mes moutons écoutent ma voix et je les connais et ils me suivent. Je leur donne la vie éternelle et je ne serai pas perdu pour toujours et personne ne les déchirera de ma main. Mon père, Qu'il m'a donné, Il est plus grand que tout le monde et personne ne peut les déchirer de la main de son père. Le père et moi sommes un " (Gv 10, 27-30).

Pour comprendre ces quatre versets un peu Nous devons les encadrer comme le plus grand de la section allant du chapitre 7 au chapitre 10 de l'Évangile de Jean, dans lequel il y a. Jésus gravite autour du temple pour l'occasion du festival Tabernacles (Gv 7,14). Nous avons donc une unité d'espace, Le temple de Jérusalem, et le temps, La fête qui a duré huit jours, En particulier la moitié de la fête et surtout le dernier jour de celle qui comprend la section la plus longue des chapitres Giovannei (Gv 7,37-10,21) avec à l'intérieur de la promesse de l'eau vive de l'esprit, La révélation de Jésus Light of the World, La guérison de l'homme aveugle et le discours, précisément, sur le bon berger. Enfin la dernière partie du chapitre 10, affectant nos versets, Il est toujours placé dans le temple de la ville sainte, Mais pour une autre fête, celui du dévouement, Trois mois après les événements énumérés ci-dessus. Jésus se révèle au monde, mais en contraste constant avec elle, En particulier avec les Juifs. Et depuis le départ de l'exil, ces parties avaient pris une connotation messianique et eschatologique, le discours sur le bon berger sert à Jésus à indiquer clairement le sens de son travail messianique.

Au début, Jésus se définit comme "la porte des moutons", Une métonymie a l'habitude de communiquer qu'il est en fait la nouvelle clôture pour les moutons et le nouveau temple. Contrairement à ceux qui l'ont précédé, en particulier de ceux qui incarnent un faux messianisme, À la fois religieux et politique, celui de Jésus va dans la direction de l'amour vers les moutons. Avec Jésus, ils ne sont affirmés à personne, Pour cette raison, les moutons "ne les ont pas écoutés" ceux qui sont venus en premier (v. 8); Ils peuvent sortir et surtout pour le pénétrer, Avoir la vie, Une vie qu'il partage en tant que fils dans une communion parfaite et profonde avec son père. À ce stade, Jésus dit de lui-même, marquer encore plus le discours: "Je suis le bon berger" (v. 11).

Le thème du berger, réservé au nouveau Davide, vient de l'Ancien Testament où il devient un élément d'espoir eschatologique. Ézéchiel fait en fait le Seigneur dire: «Je vais susciter un berger qui les fera paître pour eux, Mon serviteur Davide. Il les mènera au pâturage, Ce sera leur berger " (Ce 34,23). Et l'adjectif "bon, Kalos», n'a pas de connotation morale ici, Presque une qualité subjective de Jésus, Parce que partout dans le quatrième évangile fait référence aux œuvres de Jésus (v. 32.33 e Gv 2,10: Le bon vin du mariage à Cana) c'est-à-dire qu'il le caractérise pour ce qui mène aux hommes. Jésus est le bon berger parce qu'il "pose" (V.17-18) sa vie pour les moutons et établir de nouvelles relations de connaissance mutuelle avec eux: L'adjectif vise donc à mettre en évidence les travaux d'épargne effectués par le berger messianique.

Sans exagération On peut dire que tout le chapitre sur le bon berger et donc aussi les versets de l'Évangile de ce dimanche constituent une véritable synthèse de la théologie de Giovannea. Ce qui est frappant, c'est que cette théologie n'est pas exposée uniquement dans un discours abstrait ou théorique, mais part d'une situation historique et concrète de la vie de Jésus. La situation historique est celle de la révélation de Jésus dans le temple de Jérusalem lors de la célébration d'une fête solennelle qui se termine par la guérison de l'homme aveugle qui mènera à une discrimination des hommes devant Jésus. D'une part les croyants, représenté par les aveugles, guéri par Jésus; de l'autre les Juifs qui ont rejeté la lumière du monde. Le discours sur le bon berger est un discours symbolique à travers lequel Jésus suggère que ses moutons sont hors de la clôture du judaïsme, Certains appartenant à ce pli et d'autres viendront plus tard, Le genre si appelé, Afin de configurer un nouveau troupeau, la communauté messianique.

Le sien, Jésus, Ce sera la porte des moutons, Celui qui donne accès au salut et sera le bon berger qui communique la vie en abondance. La docilité des moutons vers le berger s'exprime par les mots "écouter ma voix". Cette formule reçoit un sens plus profond ici que celui d'une simple attention qu'elle aurait pu être v. 3 commencer, Puisqu'il exprime la docilité future des moutons, maintenant hors de la clôture, vers le berger Jésus qui les mènera. Pendant la passion, Jésus dira que pour écouter la voix, vous devez "être de la vérité" (Gv 18,37) Et la raison en est évidente: La docilité des moutons vers le berger est en fait un fruit de la foi, C'est essentiellement une réalité de l'Église de Messianic Times.

Ces moutons sont "à lui", Ils ont donc une relation spéciale avec lui, WGS de la liberté, Et il les connaît et cette connaissance mutuelle est à l'image de celle existante entre Jésus et le Père (vv.14-15). Ce n'est pas une connaissance dans un sens grec, vous type intellectuel, Mais biblique, ou relationnel et existentiel. Connaître dans la Bible signifie avoir un objet une expérience concrète et connaître quelqu'un signifie entrer dans les relations personnelles avec lui. Ici, nous parlons de la relation et de la possession intime de Jésus de ses moutons: "Le Seigneur connaît son" (2Tim 2,19). Seulement ici, deux fois dans le chapitre 10 St John, On dit que Jésus sait que le sien signifie que cette "intelligence" particulière est une connaissance de l'amour par laquelle Jésus invite le sien à le suivre et il s'exprime dans le don de la vie éternelle, qui ne commencera pas après la mort, Mais à partir de maintenant. Les disciples savent que Jésus et leur connaissance découle de leur foi en lui (cf.. Gv 14,7.9). Puisque cela implique la communion avec Christ et, Merci à lui, avec le père, constitue l'essence même de la "vie éternelle", de participation à la vie même de Dieu (Gv 17,3). Déjà au début de l'Évangile Jean-Baptiste avait dit de Jésus: "Le père aime son fils et lui a tout donné" (Gv 3,35); Maintenant, voici Jésus lui-même qui affirme ses moutons: «Personne ne peut les déchirer de la main du père. Le père et moi sommes un ".

Ainsi la nouvelle communauté Ce n'est plus une clôture du type de ce que les moutons ont abandonné, C'est maintenant une communion, consiste en des connaissances mutuelles entre les moutons et le berger, Dans leurs relations personnelles avec lui, e, à travers lui, avec le père. Et puisque le travail accompli par le fils n'est que l'exécution de la volonté du père, Nous devons affirmer que le père lui-même est à la fois l'origine et la fin de tout le travail du salut.

Depuis que j'ai parlé, À propos de ce chapitre de San Giovanni, de la synthèse théologique, Nous pouvons sans aucun doute affirmer que la figure du bon berger rassemble les thèmes de la christologie ici dans l'Évangile, ecclésiologie et sotériologie qui se rappellent, Mais cependant, la christologie est l'unité de l'ensemble. On peut voir à nouveau comment l'ensemble du quatrième évangile a la personne du Christ comme un centre d'intérêt fondamental.

De l'Ermitage, 11 mai 2025

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