È accaduto che il Santo Padre Francesco abbia fatta propria una enciclica scritta da un Pontefice del futuro nell’anno 2023 …

È ACCADUTO CHE IL SANTO PADRE FRANCESCO ABBIA FATTA PROPRIA UNA ENCICLICA SCRITTA E PUBBLICATA DA UN PONTEFICE DEL FUTURO NELL’ANNO 2023 …

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L’Enciclica di Benedetto XVIII giunse a suo tempo in copia-omaggio a diversi alti esponenti della Curia Romana. Ebbene: può sorgermi oggi il piacevole sospetto che qualcuno l’abbia veramente letta?

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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quanta cura 1

Un libro scritto da Ariel S. Levi di Gualdo nel 2012 e pubblicato nel gennaio 2013

Il Sommo Pontefice Francesco ha modificato il canone n. 579 del Codice di Diritto Canonico in tema di istituti di vita consacrata diocesani. Secondo un rescritto firmato dal Segretario di Stato, Cardinale Pietro Parolin, il Sommo Pontefice ha deciso che per erigere nuovi istituti di diritto diocesano occorrerà «la previa consultazione della Santa Sede come necessaria ad validitatem». In caso contrario «si incorrerà nella nullità del decreto di erezione dell’istituto stesso» [cf. QUI]. 

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Il Cardinale Pietro Parolin ha spiegato nel rescritto che «è necessaria al fine di evitare che vengano eretti a livello diocesano dei nuovi Istituti senza il sufficiente discernimento che ne accerti l’originalità del carisma, che definisca i tratti specifici che in essi avrà la consacrazione mediante la professione dei consigli evangelici e che ne individui le reali possibilità di sviluppo».

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Un anno prima dell’abdicazione del Sommo Pontefice Benedetto XVI, mi dilettai a scrivere un libro che fu pubblicato nel gennaio del 2013. Questo testo, più che un libro, era una enciclica in forma di motu proprio data in San Pietro il 28 maggio 2023 nella solennità della Pentecoste dello Spirito Santo dal Sommo Pontefice Benedetto XVIII. Enciclica che questo Pontefice del futuro aveva titolata Quanta cura in cordibus nostris.  

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Permettetemi quindi di sorridere sul fatto che oltre tre anni fa, in un testo molto articolato di 206 pagine, il mio fantasioso Benedetto XVIII dedicava proprio l’intera parte quarta alla modifica di questo canone; parte così intitolata: «Sulla revoca ai Vescovi Diocesani della facoltà di riconoscere nuove congregazioni religiose e realtà ecclesiali. Modifica del canone 579 del Codice di Diritto Canonico».

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Come ho spiegato di recente ai lettori in un articolo [vedere QUI] i miei libri sono al momento fuori stampa, ma quanto prima saranno nuovamente ristampati tutti quanti, inclusa la enciclica di questo Pontefice del futuro. Nel frattempo potete però dilettarvi a leggere la parte nella quale veniva stabilita la modifica di questo canone, proprio per evitare che non pochi vescovi superficiali e privi a volte della basilare prudenza, dessero credito e riconoscimento ad un proliferante esercito di fondatori e fondatrici, spesso con tutti i più gravi danni conseguenti sia per le diocesi sia per la Chiesa universale.

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Ma c’è di più … nella parte quinta della sua Enciclica, il Sommo Pontefice del futuro Benedetto XVIII tratta il tema di «Una prima essenziale riforma della Curia Romana». Sentite cosa scrive, tra le varie cose, il nostro Pontefice  del futuro a proposito di certi titolo onorifici:

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11. Sul titolo onorifico di monsignore conferito a sacerdoti — Il titolo onorifico di monsignore deve essere riservato solo a quei sacerdoti che si sono particolarmente distinti nel servizio alla Sede Apostolica ed alle Diocesi. Ciò vuol dire che è parecchio improbabile che tale onorificenza possa essere conferita a dei giovani sacerdoti. Per questo stabiliamo che tale titolo onorifico, da conferire a sacerdoti particolarmente maturi e distinti, sia dato con molta parsimonia e soprattutto mai prima dei 50 anni compiuti, meglio ancora verso la fine del grato e prezioso servizio prestato disinteressatamente alla Chiesa universale e alle Chiese particolari […].

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Incredibile ma vero! Proprio quello che anni dopo farà il Santo Padre Francesco [cf. QUI, QUI] il quale però, mentre il Pontefice del futuro scriveva questa enciclica e dettava queste disposizioni, era sempre Arcivescovo Metropolita di Buenos Aires.

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Nella parte che tratta «Sui vescovi, il loro sacro ministero pastorale e la loro dignità apostolica», tra i vari paragrafi ve n’è un altro che merita di essere segnalato:

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12 Abolizioni delle sedi arcivescovili con diritto cardinalizio Non si è promossi alla dignità cardinalizia per “diritto di sede” ma per meriti particolari, dopo lunga e profonda opera di donazione alla Chiesa e al Popolo di Dio. Fatta sola eccezione per le sedi primaziali nazionali, si dispone la revoca del titolo cardinalizio a tutte le sedi arcivescovili del mondo che attualmente ne beneficiano. Il Romano Pontefice sceglierà il numero di cardinali necessario per formare il collegio cardinalizio principalmente tra vescovi diocesani e tra alcuni vescovi titolari. Potrà quindi accadere che anziché l’arcivescovo metropolita della grande sede che sino a prima ne aveva beneficiato per storico diritto di titolo, sia promosso alla dignità cardinalizia il vescovo di una diocesi suffraganea di quella stessa metropolia […]».

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Incredibile ma vero! Proprio quello che anni dopo farà il Santo Padre Francesco [cf. QUI, QUIQUI, ecc..] il quale però, mentre il Pontefice del futuro scriveva questa enciclica e dettava queste disposizioni, era sempre Arcivescovo Metropolita di Buenos Aires.

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sempre in questa parte dedicata ai Vescovi, udite cosa scrive il Pontefice del futuro riguardo le diocesi italiane:

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14 Sul numero eccessivo di diocesi italiane — In Italia dovrà essere rivisto il numero eccessivo di diocesi, diverse delle quali raggruppanti in numero di abitanti meno dei fedeli di una singola parrocchia delle grandi realtà metropolitane del mondo. Dovrà essere rivisto anche il numero delle sedi arcivescovili metropolitane e delle sedi arcivescovili, in particolare nelle zone dove per ragioni di carattere storico è stato dato il titolo di sede arcivescovile o di metropolia a realtà che oggi non hanno più motivo di sussistere. Secondo l’estensione territoriale e il numero dei battezzati, in Italia vi sia una sede metropolitana ogni tre milioni di battezzati, due oltre cinque milioni di battezzati, tre oltre i dieci milioni di battezzati. Nelle regioni con un numero di battezzati inferiore a tre milioni sia comunque istituita una metropolia, purché vi siano almeno cinque diocesi suffraganee, in caso contrario, le diocesi di quella regione, siano ripartite tra le province ecclesiastiche delle regioni vicine. Salvo reali e inderogabili necessità pastorali si proceda alla soppressione o all’accorpamento di tutte le diocesi inferiori per numero ai 100.000 battezzati.

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Incredibile ma vero! Proprio quello che anni dopo lamenterà il Santo Padre Francesco: il numero eccessivo delle Diocesi italiane [cf. QUI, QUI, ecc.] il quale però, mentre il Pontefice del futuro scriveva questa enciclica e dettava queste disposizioni, era sempre Arcivescovo Metropolita di Buenos Aires.

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Dove il Pontefice futurista tratta nella terza parte «Sui sacerdoti in particolare sulla liturgia ed i Sacramenti», udite che cosa scrive Benedetto XVIII, il quale invoca nuovi criteri circa l’esame e le sentenze di nullità matrimoniale da parte dei tribunali ecclesiastici: 

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23 Sulla celebrazione del Sacramento del Matrimonio — All’ occorrenza sarebbe necessario agire con responsabilità e coraggio, dicendo prudentemente di no alla richiesta della celebrazione di nozze avanzata da giovani o meno giovani affetti da palese immaturità, mossi da superficiale infatuazione, non animati da cosciente convinzione e, soprattutto, da basilare fede cristiana. Certi problemi andrebbero infatti prevenuti con accorta prudenza. È grave colpa del vescovo e del parroco, soprassedere con noncuranza su certi casi di chiara immaturità e presiedere ugualmente alla celebrazione del Sacramento, salvo poi ricordare in seguito, anziché prima, che il matrimonio è indissolubile, quando ricorrono tutti i presupposti per la sua validità. A tal proposito si invitano i tribunali ecclesiastici a valutare con cura, ai fini di una eventuale sentenza di nullità, i casi di mancata percezione e consapevolezza sacramentale da parte di sposi non adeguatamente stimolati ad acquisire il senso vero e profondo della natura del matrimonio religioso, prendendo però in tal caso, sempre e di prassi, anche i dovuti provvedimenti canonici nei confronti dei sacerdoti che si sono prestati alla celebrazione di un sacramento in tutti quei casi in cui era evidente la non opportunità di procedere nella sua amministrazione.

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Incredibile ma vero! Proprio quello che anni dopo farà il Santo Padre Francesco con il suo motu proprio Summi Pontificis sulla riforma del processo canonico per le cause di nullità del matrimonio [cf. QUI], il quale però, mentre il Pontefice del futuro scriveva questa enciclica e dettava queste disposizioni, era sempre Arcivescovo Metropolita di Buenos Aires.

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Il Pontefice del futuro, sempre nella parte terza dedicata ai sacerdoti, alla liturgia e ai Sacramenti, non manca di trattare il tema della confessione sacramentale, dando indicazioni ben precise ai confessori, del tipo …

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22 Sulla celebrazione del Sacramento della Penitenza — «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi a chi non li rimetterete non saranno rimessi». Si tenga sempre presente questo monito iniziale: «Ricevete lo Spirito Santo», perché attraverso la sua opera il confessore è chiamato a operare come strumento nelle mani della grazia di Dio. I Padri della Chiesa riuniti in concilio dichiararono che è necessario «per diritto divino confessare tutti e singoli peccati mortali». Amministrando questo delicato sacramento il confessore, che è chiamato a essere giudice ma soprattutto medico, sia anzitutto sempre misericordioso, largendo il perdono che procede da Padre dal Figlio e dallo Spirito Santo, perché Cristo è divina misericordia incarnata che racchiude in sé la dimensione umana-divina. Eviti sempre di essere inopportuno, si attenga a ciò che dice il penitente, non indaghi, non osi mai chiedere nomi di luoghi o di persone legate ai fatti narrati, specie se particolarmente gravi, faccia anzi l’esatto contrario: se il penitente volesse riferirli risponda che per dare conforto, consiglio e soprattutto remissione dei peccati, non è necessario riferire luoghi specifici e soprattutto identità dei soggetti, ma solo i fatti in sé, ad eccezione dei casi veramente particolari e straordinari la cui valutazione è rimessa tutta alla migliore saggezza del confessore e soprattutto alla luce dello Spirito Santo che lo illumina. Sia molto misurato nel rivolgere eventuali domande e lo faccia unicamente se proprio necessario, anzi solo se indispensabile, per esempio nel caso in cui non avesse compreso quanto esposto dal penitente, ma soprattutto si attenga sempre allo stretto merito di quanto gli è stato detto. Non faccia interrogatori e non apra mai argomenti su temi che il penitente non ha affrontato. In particolare non osi entrare in modo diretto o indiretto in discorsi legati alla sua intimità sessuale, se il penitente non aprirà in libera coscienza argomenti su certi temi o se non porrà espressi quesiti in tal senso. Sono infatti noti da sempre casi di fedeli che per causa di un pessimo confessore, o per le indagini o le domande inopportune e a vario titolo non dovute rivolte da un confessore, si sono allontanati per anni, a volte persino per decenni dalla Chiesa, dopo essersi sentiti violati nella loro più profonda sensibilità e intimità umana.

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Quanto torna alla mente il Santo Padre Francesco che anni dopo la pubblicazione di questa enciclica da parte del Pontefice del futuro, esordirà più volte, rivolto ai confessori, con espressioni di questo genere: «il confessionale non deve essere una camera di tortura» [cf. QUI], «il confessore deve essere misericordioso» [cf. QUI], «i penitenti non vanno maltrattati» [cf. QUI] …

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L’Enciclica di Benedetto XVIII giunse a suo tempo in copia-omaggio a diversi alti esponenti della Curia Romana. Ebbene: può sorgermi oggi il piacevole sospetto che qualcuno l’abbia letta veramente? A mano a mano che saranno presi altri spunti dall’enciclica del mio Pontefice futurista, sarò lieto di comunicarlo ai nostri affezionati lettori. Poi, se il Santo Padre volesse impiegarmi come consulente o consigliere, in tal caso avrebbe la garanzia che io, al contrario del Cardinale Walter Kasper & C., non gli suggerirei mai di andare a Stoccolma nel 2017, durante il centenario delle apparizioni della B.V. Maria di Fatima, a festeggiare i cinquecento anni della cosiddetta “Riforma” luterana, la quale lungi dall’essere stata tale, vale a dire una riforma, rimane ed è stata invece solo la celebrazione della dolorosa eresia di Martin Lutero che ha rotto la comunione con la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. E dinanzi alle eresie — come di recente ci ha sapientemente ricordato il Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, Cardinale Gerhard Ludwig Müller [cf. QUI] — noi, non abbiamo proprio niente da celebrare e tanto meno festeggiare.

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Per leggere la Enciclica in forma di motu proprio del Pontefice del futuro nella parte che tratta la riforma del can. 579 cliccare sotto

QUANTA CURA IN CORDIBUS NOSTRIS – parte quarta

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Fronte e retro della copertina del libro

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quanta cura 1

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Quanta cura 2

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Oppure in formato PDF aprendo

QUI

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