Asini in cattedra e accuse di eresia: uno spaccato di certi nostri censori

— Lettere dei lettori dell’Isola di Patmos

ASINI IN CATTEDRA E ACCUSE DI ERESIA: UNO SPACCATO DI CERTI NOSTRI CENSORI

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Più Vescovi di varie diocesi italiane, in camera caritatis mi hanno confidato di avere serie difficoltà a dare incarico agli insegnanti di religione, motivando le loro difficoltà con frasi di questo genere: «Abbiamo un tale campionario da non sapere dove pescare, in un mare nel quale i pesci risultano spesso uno peggio dell’altro».

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Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

 

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Padre Ariel.

Non entro nel merito di quanto lei e Padre Giovanni Cavalcoli avete scritto di errato in questi ultimi tempi sul matrimonio in occasione della chiusura del sinodo sulla famiglia. Prendo solo il suo ultimo articolo tra le cui righe [Ndr. QUI] lei nega che il Sacramento del Matrimonio amministrato dal sacerdote agli sposi imprime in essi (gli sposi) un nuovo carattere sacerdotale indelebile ed eterno, e per questo indissolubile, e questa, se mi consente, è eresia bella e buona. Mi stupisco di come lei venga lasciato libero di seminare simili pensieri, glielo dico con spirito di correzione fraterna, come laico e come modesto insegnante di religione nelle scuole in ruolo da 7 anni, e come catechista parrocchiale da 15 anni. Lei  è un sacerdote, e per questo può avere particolare credito, inducendo più di altri nell’errore i semplici.

Lettera Firmata

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Caro Lettore.

Da anni prego affinché lo Stato ci venga in soccorso abolendo l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole della Repubblica Italiana. Sia chiaro: non lo dico a lei in questa mia risposta e in questo particolare contesto, perché è un’idea che vado ripetendo da tempo e che ho espresso senza timore anche a più Vescovi, inclusi un paio di autorevoli membri della Conferenza Episcopale Italiana.

Non si tratta di generalizzare né di fare di tutta l’erba un fascio, perché ho toccato purtroppo con mano il livello desolante che serpeggia tra gli insegnanti di questa materia; e ciò non in particolari località o regioni del nostro Paese, ma in tutto il nostro territorio nazionale; fatti salvi docenti adeguatamente preparati che sono però pochi e purtroppo sempre di meno.

Più Vescovi di varie diocesi italiane, in camera caritatis mi hanno confidato di avere serie difficoltà a dare incarico agli insegnanti di religione, motivando le loro difficoltà con frasi di questo genere: «Abbiamo un tale campionario da non sapere dove pescare, in un mare nel quale i pesci risultano spesso uno peggio dell’altro».

Dopo questa premessa rispondo alla sua affermazione, che parte con una accusa di “eresia” e si conclude con una “correzione fraterna”.

Non so dove abbia studiato teologia e soprattutto come l’abbia studiata, perché lei dimostra di ignorare in modo drammatico i basilari fondamenti della disciplina dei Sacramenti, senza sfiorare neppure i settori complessi e articolati della dogmatica sacramentaria.

Il matrimonio dei cristiani è un’unione soprannaturale per la quale viene costituito un solo sacerdozio domestico attraverso due battezzati, un uomo e una donna, che attraverso il battesimo — il quale imprime un carattere — hanno ricevuto il sacerdozio regale di Cristo, detto anche sacerdozio comune dei battezzati.

L’unione matrimoniale non costituisce un “sacerdozio nuovo”, perché il Sacramento del matrimonio non imprime un carattere, meno che mai indelebile ed eterno, essendo l’unione di due sacerdozî in uno che dura solo quanto dura l’unione, vale a dire per quanto dura la vita dei coniugi, quindi non implica una inseparabilità perpetua.

Lei confonde la disciplina del Sacramento del matrimonio con quella del Sacro Ordine che imprime invece un carattere indelebile ed eterno, perché coloro che sono stati resi partecipi del Sacerdozio Ministeriale di Cristo, tali rimangono per sempre, avendo acquisito per mistero di grazia una dignità che rende i Sacerdoti superiori agli stessi Angeli di Dio, i quali Angeli si fanno da parte dinanzi ai Sacerdoti.

Gravissima è poi la sua affermazione riguardante il Sacramento del matrimonio amministrato dal Sacerdote agli sposi, perché questo Sacramento non è amministrato dal Sacerdote. Nella Chiesa Cattolica i ministri del Sacramento sono gli sposi, quindi sono loro che se lo amministrano. Se invece lei appartiene alla Chiesa Cristiana Ortodossa, in tal caso il ministro del matrimonio è il Vescovo, che conferisce potestà ai suoi Sacerdoti di amministrare questo Sacramento.

Che nella Chiesa Cattolica i celebranti del matrimonio siano gli sposi è considerata dalla Chiesa Cristiana Ortodossa cosa «derivante dal giuridismo teologico medioevale che giunse a considerare il matrimonio con le categorie giuridiche del contratto». Infatti, secondo i sacramentalisti ortodossi: «Da questo nacque la logica conclusione di considerare come figure centrali i “contraenti”, mentre l’Autorità che presiede — Vescovo, Presbitero o Diacono — si limita solo a ratificare la benedizione della Chiesa». Questo il motivo per il quale nella Chiesa Ortodossa, i Diaconi, non possono officiare le nozze, non avendo potestas sacerdotale. Al di là delle legittime opinioni dei fratelli ortodossi dobbiamo riconoscere che, al fine di evitare “confusione”, nelle Chiese Cattoliche di rito orientale è proibito ai nostri Diaconi di celebrare riti matrimoniali, cosa invece concessa a quelli di rito latino, in quanto semplici “assistenti” degli sposi-celebranti.

Se pensa che i miei pensieri conformi alla dottrina e alla disciplina dei Sacramenti siano ereticali, in tal caso si rivolga senza indugio alla Congregazione per la Dottrina della Fede e al Vescovo avente giurisdizione canonica su di me, mentre io, per quanto invece riguarda ciò che di grave lei ha affermato in sua veste di insegnante di religione in ruolo da 7 anni, non mi rivolgerò affatto al suo Ordinario Diocesano, sapendo quanto sia tempo perso rivolgersi ai Vescovi per questioni dinanzi alle quali, malgrado la loro oggettiva gravità, la risposta pronta e da essi spesso data è la seguente: «E che cosa ci posso fare?».

Il Signore la benedica.