Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

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Padre Giovanni

Infallibilità e fallibilità del Sommo Pontefice

INFALLIBITÀ E FALLIBILITÀ DEL SOMMO PONTEFICE

 

Il Romano Pontefice, per quanto dotato del carisma dell’infallibilità come maestro della fede, resta pur sempre un essere umano fallibile e peccatore, laddove non gioca questo carisma. Se nel campo della dottrina della fede è infallibile, nel campo della sua azione pastorale e di governo, nonché nella condotta privata può peccare in vari modi, come per esempio nella prudenza, nella giustizia e nella carità.

 

 

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

Pope Francis

il Santo Padre con un copricapo indigeno durante la visita in Brasile

La questione dell’infallibilità o meno del Romano Pontefice coincide in qualche modo con quella dell’infallibilità o meno del Magistero della Chiesa. Che si intende infatti con questa espressione? Il potere che il collegio episcopale ha, sotto la guida del Papa, di insegnare, interpretare e diffondere il Vangelo. Certo esiste un potere magisteriale proprio e personale del Papa: ciò che egli insegna da sè di sua iniziativa, a prescindere dal consenso o meno del corpo episcopale. Per esempio, le catechesi sulla “teologia del corpo” svolte da San Giovanni Paolo II dal 1979 al 1983. Abbiamo qui allora il magistero pontificio. Ma siamo daccapo: il collegio dei vescovi ha il dovere di far proprio questo magistero, in quanto applicazione del comando di Cristo a Pietro: “confirma fratres tuos” [cf. Lc 22,31-34]. E, d’altra parte, è inconcepibile un magistero dei vescovi che non sia presieduto ed approvato dal Papa.

Pope Francis

il Santo Padre con un copricapo indigeno durante la visita in Brasile

Parlando di infallibilità o non infallibilità del Papa, è come se si parlasse quindi di infallibilità o non infallibilità della Chiesa stessa, in quanto guidata dal corpo episcopale unito al Papa, la cosiddetta “Chiesa docente”, benchè poi alla fin fine, come dice il Concilio Vaticano II, tutta la Chiesa e quindi ogni fedele, sia infallibile nel credere e nel proclamare la Parola di Dio, si intende sempre sotto la guida dei vescovi e del Papa. La lettrice delle Letture della Messa, quando le proclama, è infallibile. Il bambino del catechismo, se risponde bene alle domande della maestra, è infallibile.

papa copricapo 4

il Santo Padre indossa il cappello di uno sposo in Piazza San Pietro

Comunque, nella Chiesa il Papa è il solo membro a godere di un carisma personale di infallibilità. Tutti gli altri vescovi e cardinali, per quanto dotti e santi, non posseggono nessun carisma personale di infallibilità e possono cadere nell’eresia, come è dimostro dalla storia. Oppure si può dire che sono infallibili, singolarmente o in gruppo, si trattasse di un’assemblea conciliare, solo in quanto uniti a Pietro e sottomessi a Pietro. Il conciliarismo, più volte apparso nella storia, è un’eresia, non corrisponde alla volontà di Cristo. Così pure il semplice “primato d’onore” senza potere magisteriale e giurisdizionale sostenuto dalle Chiese scismatiche orientali, è un’eresia contraria a ciò che Cristo ha voluto e comandato a Pietro e ai suoi successori.

papa copricapo 5

il Santo Padre con il cappellino dell’infiorata della Città di Spello

Il Papa è infallibilmente assistito dallo Spirito Santo quando svolge il suo compito di annunciare e interpretare il Vangelo e di confermare i fratelli nella fede. Naturalmente il Papa, in quanto uomo peccatore, figlio di Adamo, sarebbe fallibile anche nelle cose della fede e della morale cristiane, se non godesse di questa assistenza ed è effettivamente fallibile, quando, per vari motivi, non gode di questa assistenza. E fallibile vuol dire che può sbagliare, che può lasciarsi sfuggire un errore. O che può dar per certo quello che non lo è, o viceversa può dar per opinabile quello che è certo. La maggior certezza che il Papa ci è Maestro nella fede e quando insegna infallibilmente la Parola di Dio, l’abbiamo quando egli stesso dichiara di parlare a nome di Cristo e intende definire un dogma della fede, come è insegnato nel Concilio Vaticano I.

VATICAN-POPE-AUDIENCE

il Santo Padre indossa il cappello degli alpini

Perché ci sia l’infallibilità non sono necessarie queste dichiarazioni esplicite e solenni, piuttosto rare, ma è sufficiente che il Papa ci proponga insegnamenti che comunque si rifanno al dogma o alla Tradizione o li sviluppano e chiariscono o insegnano qualche dottrina necessariamente connessa al dogma o che tocchi in qualunque modo la verità di fede insegnataci da Nostro Signore Gesù Cristo. Così pure le dottrine dei Concili ecumenici, che spiegano o approfondiscono o interpretano le verità della Scrittura e della Tradizione, anche se non sono definite, sono comunque definitive, ossia assolutamente e perennemente vere ed infallibili; e ripetono la loro autorità da quella dello stesso Sommo Pontefice che le ha approvate. Anzi, come risulta dalla Lettera Ad tuendam fidem di San Giovanni Paolo II del 1998, esistono tre gradi di infallibilità delle dottrine del Magistero della Chiesa. Il primo, che richiede nel fedele la fede divina o teologale, è quella propria delle verità di fede definite, comunemente dette “dogmi”. Respingere questa dottrina è eresia.

Pope: General audience

il Santo Padre con l’elmetto dei vigili del fuoco

Al secondo grado stanno le dottrine non definite e tuttavia definitive, ossia assolutamente e perennemente vere, oggetto da parte del fedele di fede nell’autorità della Chiesa, la cosiddetta “fede ecclesiastica”. Possono toccare il dato rivelato, oppure verità storiche o speculative necessariamente connesse col dato rivelato, come per esempio l’esistenza dell’anima umana, di Dio, della verità o della libertà o la legittimità di un Papa o di un Concilio; cose che, se non fossero vere, farebbero crollare o renderebbero impossibile la verità di fede. Respingere questa dottrina è errore prossimo all’eresia.

papa copricapo 8

il Santo Padre con un copricato sportivo

Le dottrine del terzo grado riguardano ancora temi della fede o connessi alla fede, quindi si tratta sempre di dottrine vere e certe, ma alle quali il fedele non deve dare un assenso di fede, bensì solo prestare “l’ossequio della sua intelligenza”. Non si tratta qui della Chiesa, che propone, senza definirla dogmaticamente, una dottrina di fede, ma di una dottrina della Chiesa, che ha connessione con la dottrina della fede. Dottrina di questo tipo è per esempio il principio della libertà religiosa o il principio dell’ecumenismo o del dialogo interreligioso proclamati dal Concilio Vaticano II. Respingere questa dottrina è errore contro la dottrina della Chiesa. Nel primo grado abbiamo la dottrina definita, nel secondo la dottrina definitiva, nel terzo la dottrina vincolante.

Perché questi tre gradi? Essi non si riferiscono alla questione della verità, come se, per esempio, fossero vere solo le dottrine di primo grado. Essi invece rispondono ad una ragione pastorale e al modo di aderire al vero proprio della mente umana. Rispondono, in altre parole, ad uno scopo didattico e alla natura stessa della mente umana di accogliere la verità.

papa copricapo 9

il Santo Padre col casco degli operai delle acciaierie di Terni

La Chiesa ha ricevuto da Cristo il deposito della Rivelazione nella sua interezza sin dall’inizio. Ma essa non ha appreso sin dall’inizio con pari chiarezza e certezza tutte le verità della fede. Alcune, quelle sulle quali Cristo aveva maggiormente insistito o che maggiormente apparivano in continuità con l’Antico Testamento, o che apparivano più consone alla ragione, sono emerse subito sin nei primi Simboli della fede. Altre, che si potevano dedurre dalle prime o che erano latenti o implicite sotto le prime, magari di minore importanza o forse anche più difficili da capire, “da portarne il peso”, all’inizio rimasero velate o non così sicure come le prime. Da qui questo processo di differenziazione di più gradi di certezza.

papa copricapo 10

il Santo Padre con il cappello dei bersaglieri

Il progresso della Chiesa nella conoscenza del dato rivelato non comporta il fatto che Dio nel corso della storia aggiunga nuove verità, ma nel fatto che la Chiesa conosce sempre meglio e con maggior chiarezza tutte quelle verità, che Cristo ha insegnato agli apostoli prima di tornare al cielo. Ora Cristo dal cielo, adesso e fino alla fine del mondo, non aggiunge nulla a quello che ha consegnato allora agli apostoli, ma per mezzo del suo Spirito assiste la Chiesa sotto la guida di Pietro nel comprendere e spiegare sempre meglio il patrimonio della verità rivelata.

La Chiesa non ha solo da chiarire a se stessa la qualità e il numero delle verità rivelate, ma una volta che essa, sotto la guida del Papa, ha chiarito, è suo dovere insegnarle al mondo. E anche a questo punto si impone la necessità di una gradualità: gradualità nel proporre in modo successivo i contenuti dottrinali, cominciando dai più facili o dai più importanti o dai più urgenti. E gradualità nell’enfasi o nel vigore o nell’accentuazione o nella severità coi quali proporre le medesime dottrine, a seconda dei bisogni o delle necessità dei fedeli.

papa copricapo 11

due cappelli regalati al Santo Padre dalla guardia costiera a Lampedusa

L’infallibilità del Papa è storicamente dimostrata: non è mai accaduto che un Papa abbia smentito un suo predecessore in materia di fede. La tesi di Küng pertanto è falsa. Può accadere invece che un Papa cada accidentalmente nell’eresia o perché non in pieno possesso delle sue facoltà mentali o perché minacciato. Gli insegnamenti del Papa o le sue prese di posizione in campo dottrinale devono esser presi in considerazione sempre con benevolenza, fiducia e rispetto, ma anche con saggio discernimento, onde valutare le modalità, il livello di autorevolezza e il genere di interventi o pronunciamenti o delle disposizioni pratiche o degli atti di governo.

papa copricapo 12

il Santo Padre indossa il cappello della delegazione Special Olympics

Dopo essersi accertati, presso fonti sicure, oggettive ed autorevoli del vero contenuto di quanto egli dice o ha detto, la prima cosa da fare è catalogare il tipo e il livello di pronunciamento. I Papi del post-concilio, soprattutto a partire da San Giovanni Paolo II, hanno accresciuto e ulteriormente diversificato i generi dei loro interventi pubblici. Non infrequente è il fatto che essi intendano manifestare semplici opinioni personali, per esempio pubblicazioni, discorsi o interviste, magari seguendo certe tendenze teologiche od esegetiche. È evidente che qui non sono infallibili. Sono, questi, interventi che si aggiungono all’esercizio tradizionale del loro magistero dottrinale e morale, che si esprime nei documenti a vario livello, dalle encicliche ai discorsi, alle udienze generali o alle omelie nelle visite apostoliche; essi conservano l’espressione del loro potere giurisdizionale, pastorale, disciplinare, di governo, diplomatico, legislativo.

Nel loro insegnamento morale, occorre fare attenzione a quanto è riconducibile a verità di fede distinguendolo dalle direttive, che possono essere oggetto di discussione. Al riguardo, degno di ogni rispetto, anzi di obbedienza di fede, è l’insegnamento morale pontificio che fa rifermento alla legge morale naturale, come per esempio le norme dell’etica sessuale o sociale, la pastorale per le persone omosessuali, la proibizione dei contraccettivi, della fecondazione artificiale, o la difesa dei diritti dei poveri e degli oppressi.

papa copricapo 14

il Santo Padre con un cappello delle guide alpine

Parimenti con rispetto devono essere prese in considerazione la disciplina dei sacramenti e le norme liturgiche, anche qui però distinguendo ciò che si rifà ai valori essenziali di fede da ciò che può avere un semplice valore pastorale rivedibile o mutevole. Anche nell’indicarci le vie della salvezza in quei fratelli e sorelle che esemplarmente le hanno percorse — i santi — il magistero pontificio non può che essere infallibile.

Diverso è il caso di sentenze giudiziarie in cause di scomunica o di scisma o comunque di delitti in campo canonistico, mentre il Papa non può sbagliare nel giudicare eretica una dottrina. Quanto a pronunciamenti relativi a fenomeni carismatici, come per esempio le apparizioni mariane, qui il giudizio non è infallibile, comunque si deve supporre che sia improntato a prudenza.

Papa Francesco e la regina elisabetta

la Regina Elisabetta con il suo cappello delle grandi occasioni accanto al Santo Padre durante l’udienza

Il Magistero pontificio e in generale quello della Chiesa possono e devono essere valutati sì alla luce della Tradizione e della Scrittura, non però con l’atteggiamento occhiuto, diffidente presuntuoso, potremmo dire farisaico, di colui che si tiene pronto col fucile puntato a scoprire il Papa in fallo, magari per accusarlo di modernismo, ma con la fiducia che da lui abbiamo la giusta interpretazione della Tradizione e della Scrittura. È cosa saggia e giusta interpretare in bene certe sue espressioni che a tutta prima possono sorprendere. Così similmente, prima di negare l’infallibilità delle dottrine del Concilio Vaticano II, come alcuni fanno, si rifletta bene sul fatto che esse, se non contengono nuovi dogmi definiti, tuttavia presentano nuovi sviluppi della Tradizione e nuove spiegazioni della Scrittura, che non possono non impegnare, magari al terzo grado di autorità, l’ossequio sincero del vero fedele cattolico.

Ma è parimenti dovere di lealtà ed onestà verso il Sommo Pontefice non tirarlo dalla nostra parte, come fanno i modernisti, solo perchè il Papa si mostra aperto ai valori della modernità, dimenticando però il durissimo attacco che egli rivolge nell’enciclica Laudato si’ contro quello che è stato il peggior veleno della modernità: l’antropocentrismo.

papa sulla cattedra

il Sommo Pontefice Francesco, 266° Successore del Principe degli Apostoli, sulla Cattedra del Vescovo di Roma

Il Romano Pontefice, per quanto dotato del carisma dell’infallibilità come maestro della fede, resta pur sempre un essere umano fallibile e peccatore, laddove non gioca questo carisma. Se nel campo della dottrina della fede è infallibile, nel campo della sua azione pastorale e di governo, nonchè nella condotta privata può peccare in vari modi, come per esempio nella prudenza, nella giustizia e nella carità. Per questo egli ha bisogno del nostro aiuto, anzitutto della preghiera, ma anche, per chi può, di costruttive proposte in campo dottrinale, morale e pastorale, sempre lasciando a lui l’ultima parola. È molto importante pertanto sapere con chiarezza dove il Papa può essere criticato e dove dev’essere obbedito. Questa chiarezza è indispensabile per una continua fruttuosa avanzata sul cammino della salvezza.

Varazze, 13 luglio 2015

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 E io ti dico:

«Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

[Mt 16, 18-19]

Se Giacomo Biffi perde il treno, Luigi Negri gli corre dietro

SE GIACOMO BIFFI PERDE IL TRENO, LUIGI NEGRI GLI CORRE DIETRO

 

Stando alla predicazione diretta di Gesù Cristo «ogni albero si riconosce dal suo frutto», non dalle sue parole, non dalla sua produzione saggistica, non dagli scritti critici a posteriori. O per dirla più chiara ancora: non si criticano, da arcivescovo omai emerito, quei danni che come arcivescovo in cattedra si dovevano evitare, riparare e, alla buona occorrenza, eliminare e punire.

 

 

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

 

 

rincorrere il treno

fermate il treno …

Io nutro molta riconoscenza a S.E. Mons. Luigi Negri, il quale mi ha segnato col carattere indelebile del sacro ordine sacerdotale e verso di lui mai verrà meno la mia profonda devozione, anche se oggi non è più il mio ordinario diocesano, essendo stato promosso nel 2013 alla sede arcivescovile di Ferrara. Tuttavia, con filiale franchezza, vorrei dire alcune cose. Perché prima di affermare com’egli ha scritto sulla Nuova Bussola Quotidiana [cf. QUI], che il Cardinale Giacomo Biffi è un esempio di obbedienza al magistero della Chiesa, bisognerebbe intendersi su che cosa realmente è l’obbedienza in una dimensione escatologica, perché il suo senso e fondamento si trova in vari testi sacri, a partire dal prologo alla Lettera ai Filippesi, nella quale viene portato come modello di obbedienza ― fino alla morte di Croce ― il Verbo di Dio fatto uomo [1].

Se infatti consideriamo l’obbedienza per ciò che essa realmente è sul piano metafisico, non obbedienzacredo che il Cardinale Giacomo Biffi sia un modello di purezza nell’obbedienza al Magistero della Chiesa, considerando che per oltre quarant’anni ha sostenuto l’eresia della “resurrezione immediata“, forse per una erronea interpretazione di un passo paolino contenuto nella Prima Lettera ai Corinzi [2]. Questa teoria ereticale è stata condannata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede negli anni Ottanta, tanto che lo stesso Cardinale Giacomo Biffi fu da essa richiamato su questo specifico tema, anche se solo pochi anni fa pubblicò sull’Osservatore Romano una ritrattazione, perché per elaborare il senso di umiltà alcuni possono impiegare anche dei decenni; nel frattempo, però, il danno era già stato fatto.

luigi negri durante una lezione

S.E. Mons. Luigi Negri durante una lezione

Anche riguardo al “cristocentrismo” di cui parla l’Arcivescovo di Ferrara, che pure è stato per tre decenni docente di filosofia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ― pur palesandosi di fatto più esperto di sociologia politica che di metafisica e di teologia dogmatica ― occorrerebbe fare molta attenzione, perché in realtà il Cristianesimo non è cristocentrico, ma patrocentrico. Cristo non viene da se stesso ma dal Padre e ci conduce al Padre: «Chi ha visto me ha visto il Padre» [3]. Certo, il Padre ha voluto glorificare il Figlio, ma perché il Figlio glorifichi il Padre [4]. Dio non aveva alcuna necessità di incarnarsi e l’Incarnazione è un puro e libero gesto di amore e di misericordia del Padre verso di noi.

biffi montanelli

il Cardinale Giacomo Biffi e Indro Montanelli

Chi non sapeva concepire Dio, se non incarnato, era Martin Lutero. Un’eresia che portata alle estreme conseguenze finisce con l’essere riassunta nel celebre aforisma di Hegel: «Dio non è Dio senza il mondo»; e questo, di fatto, è puro panteismo.

Il Cardinale Giacomo Biffi si dichiara quindi in modo implicito per l’antico principio pagano Uno-Tutto. È la scuola di Parmenide, di Bontadini e di Severino, la tanto celebrata “Scuola di Milano” ― Milàn è un gran Milàn! ―, una scuola di “geni” dalla quale è uscito anche Giuseppe Barzaghi. Scuola giustamente attaccata e severamente criticata da Cornelio Fabro, di cui personalmente sposo in pieno la critica.

Biffi Andreotti

il Cardinale Giacomo Biffi e Giulio Andreotti a un meeting di Comunione e Liberazione

Il Cardinale Giacomo Biffi era un ammiratore di Soloviev, che a sua volta era discepolo di Schelling, il quale è punto di riferimento anche del Cardinale Walter Kasper. E da questo si capisce come e perché il Cardinale Giacomo Biffi ammirasse Giuseppe Barzaghi: perché tutto quanto era giocato in famiglia.

Non mi sono mai imbattuto in pensieri di Giacomo Biffi, né alcuno me li ha mai segnalati; quello che so di lui è per esperienze o per letture dirette delle sue opere.

Giacomo Biffi ombrello

il Cardinale Giacomo Biffi in una delle sue ultime apparizioni pubbliche

Per esempio: è mai entrato in modo concreto nella tematica del post-concilio affrontandone come Vescovo tutte le problematiche sul piano del governo pastorale, non solo attraverso la sua produzione saggistica? Nella concretezza del suo governo pastorale, ha difeso sul serio gli insegnamenti della Chiesa? Ha mai criticato in modo aperto e scientifico i modernisti impedendo loro di prendere campo negli ambiti ecclesiastici e soprattutto formativi della sua arcidiocesi? A parte la sua ottima critica tardiva [5] fatta nel 2010 a Giuseppe Dossetti [1919-1996] quattro anni dopo la sua morte, ha mai posto qualche concreto argine alla perniciosa “Scuola di Bologna” di Dossetti & Alberigo, durante i suoi due decenni di episcopato, iniziati nel 1984 e non certo nel 2010? Perché a me risulta che essere Arcivescovo metropolita di Bologna e come tale anche Gran cancelliere della Pontificia facoltà teologica dell’Emilia Romagna, non comporta, nell’uno e nell’altro caso, l’essere insigniti di due meri titoli onorifici, ma di un vero e proprio munus gubernandi che dovrebbe evitare a chi lo esercita di lasciarsi andare a critiche solo dinanzi alla stalla vuota, quando ormai i buoi sono fuggiti da anni e corrono allo stato brado per le praterie, divorando tutto ciò che trovano lungo il loro cammino. Perché stando alla predicazione diretta di Gesù Cristo, «ogni albero si riconosce dal suo frutto» [6], non dalle sue parole, non dalla sua produzione saggistica, non dagli scritti critici vergati a posteriori. O per dirla più chiara ancora: non si criticano, da arcivescovo omai emerito quei danni che come arcivescovo in cattedra si dovevano evitare, riparare e, alla buona occorrenza, punire ed eliminare, perché simili e incontrovertibili dati di fatto stimolano in tutto e per tutto l’esercizio del mio senso critico basato sulla ragione e sulla libertà dei figli di Dio.

Il Cardinale Giacomo Biffi è stato un uomo di cultura, ha dei buoni spunti critici e propone alti valori, ma senza mai entrare troppo nel merito e senza approfondire e precisare più di tanto; cosa questa tipica dei socio-politologi, non dei teologi, specie di coloro che attraverso certe tematiche legate alla cristologia ed alla ecclesiologia si muovono di rigore sulla dogmatica.

biffi giussani dossetti

il Cardinale Giacomi Biffi con alla sua sinistra Luigi Giussani ed alla sua destra Giuseppe Dossetti

Da cosa dipende tutto questo: da carenza di visione o da opportunismo? Perché di fatto il Cardinale Giacomo Biffi non era poi così coraggioso come lo si vuol far passare e come forse egli stesso riteneva di essere, tutt’altro: dinanzi a gravi situazioni pastorali e derive ecclesiali e dottrinarie, spesso ha voltato la faccia altrove, elargendo semmai due gustose, argute ma di fatto inutili battute sagaci, che stranamente piacevano anzitutto proprio ai suoi oppositori raggruppati nei circoli di una certa sinistra radical-chic.

Il fatto che il Cardinale Giacomo Biffi sia stato lodato dalle colonne di Avvenire dal massone dichiarato Fabio Roversi Monaco, ex Rettore Magnifico dell’Alma Mater Studiorum di Bologna [cf. QUI], non mi fa per nulla buona impressione, perché per il soggetto cattolico che sono, personalmente desidero essere attaccato da certe persone, non lodato; a meno ché la lode non sia la conseguenza o perlomeno il preludio della loro conversione a Cristo ed alle verità di fede annunciate dalla sua Santa Chiesa.

biffi quinto vangelo

il Cardinale Giacomo Biffi durante la presentazione di una sua nuova pubblicazione

Per questo motivo mi chiedo e chiedo: tutte le lectiones magistrales che per anni il Cardinale Giacomo Biffi ha tenuto all’Università di Bologna, erano segno di un testimone di Cristo, oppure effetto di un pastrocchio giocato sulla promozione dell’immagine sia sua, sia di Fabio Roversi Monaco?

La teologia, più che con le frasi ad effetto, le battute e le arguzie, si fa citando autori, fonti e fatti precisi, argomentando e portando motivazioni ragionevoli basate rigorosamente sul dogma. E su questo punto ― come in molti altri ― il teologo metafisico Antonio Livi ha sacrosanta ragione.

ariel negri

il Vescovo Luigi Negri e di spalle dinanzi a lui Ariel S. Levi di Gualdo che gli rende omaggio

Mi domando quindi se l’Arcivescovo Luigi Negri è al corrente dei difetti pastorali del Cardinale Giacomo Biffi, alcuni dei quali sono stati indicati nel mio precedente articolo [cf. QUI] sulla base di fatti e non certo di mere opinioni; difetti pastorali che chicchessia potrebbe smentire entrando però nel merito.

Mi permetto poi di sorridere sulle goliardiche espressioni attraverso le quali l’Arcivescovo Luigi Negri chiude il proprio commento laudativo parlando di «tempi mediocri» e di «mediocrità ecclesiastica». È vero che questi sono tempi mediocri e che la mediocrità appesta e soffoca il mondo ecclesiastico, sono anni che su questo tema io scrivo e pubblico analisi lanciando grida di disperazione nei deserti dell’accidia clericale, pagandone però in concreto tutte le relative conseguenze, comprese alcune rampogne passate del Vescovo Luigi Negri, che oggi parla di certi drammi intra-ecclesiali dei quali io parlavo e scrivevo tra il 2010 e il 2012 e per i quali mi procacciai per tutta risposta i suoi rimproveri, compresa la minaccia a proibirmi la scrittura, cosa che nessun vescovo italiano ha mai proibito a dei pubblici eretici come Andrea Gallo, Paolo Farinella, ecc … che dell’egocentrismo e della disobbedienza alla dottrina e al Magistero della Chiesa hanno fatto la loro pubblica bandiera ideologica.

L’augurio che voglio esprimere all’Arcivescovo Luigi Negri è quindi che lo Spirito Santo, al tramonto del suo mandato episcopale che sta volgendo al termine, lo riempia dei suoi doni di fortezza e di sapienza.

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NOTE

[1] Cf. Fil 2, 5-11.
[2] Cf. I Cor. 15,51-52.
[3] Cf. Gv 14,9.
[4] Cf. Gv 17, 1-10.
[5] Giacomo Biffi, “Memorie“, seconda edizione, pp. 485-493.
[6] Cf. Lc 6,44.