Dalla porno-teologia di Avvenire all’ambiguità dei Vescovi argentini che non può produrre chiaro e inequivocabile magistero pontificio

DALLA PORNO-TEOLOGIA DI AVVENIRE ALL’AMBIGUITÀ DEI VESCOVI ARGENTINI CHE NON PUÒ PRODURRE CHIARO E INEQUIVOCABILE MAGISTERO PONTIFICIO

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La pubblicazione della risposta del Romano Pontefice ai vescovi argentini sugli Acta Apostolicae Sedis sta facendo esultare i modernisti, che però non si rendono conto che la questione non è del tutto risolta, perché purtroppo, la sentenza pontificia, per quanto utile e degna di considerazione, non fa ancora piena chiarezza circa la tormentata questione, che è sempre quella: se possono darsi o no dei casi nei quali i divorziati risposati possono essere ammessi alla Confessione e alla Santa Comunione; ma soprattutto quali sono e quali possono essere, questi casi.

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Autori
Giovanni Cavalcoli, O.P. – Ariel S. Levi di Gualdo

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27 commenti
  1. Luca Gili dice:

    http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/intrptxt/documents/rc_pc_intrptxt_doc_20000706_declaration_it.html

    In questo documento si spiega bene che A) non si tratta di disciplina ecclesiastica, eventualmente derogabile con un pronunciamento chiaro da parte del Romano Pontefice, ma B) di un principio fondato sulla legge divina, esposto da san Paolo proprio nel passo opportunamente citato da Claudio Pierantoni.
    Questo articolo sottende che CIC 915 non si fonda sulla legge divina, ma e’ disciplina ecclesiastica. C’e’ quindi una contraddizione tra il contenuto di questo articolo e il documento da me summenzionato.

    Un saluto affettuoso a padre Giovanni.

    • Padre Ariel
      Ariel S. levi di Gualdo dice:

      Vuole rispondere anche lei al quesito che segue sotto? Perché può essere che le sia sfuggito, ma contiene una “verità di fede” avente a che fare con una legge divina data da Cristo Dio in persona: pagare le tasse.
      Quindi vorremmo una sua preziosa risposta di carattere canonistico e teologico a tal proposito.

      ______________

      nei Santi Vangeli viene fatto chiaro e indubbio riferimento all’adulterio: Gv 8, 1-11, Mt 5, 32.

      In nessun passo dei Vangeli è però contenuta la proibizione dell’accesso alla Comunione Eucaristica per le coppie cosiddette irregolari, che nasce da una giusta, prudente e antica disciplina ecclesiastica che fa parte della tradizione e che spero rimanga in vigore, anche se non sarò certo io a deciderlo, ma chi ne ha piena potestà.

      Il Beato Apostolo Paolo fa riferimento a «chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» [1 Cor 11,29], ma non indica nello specifico adulteri e concubini, che all’epoca non mancavano di certo, ed in specie nella città di Corinto. In queste sue righe il Beato Apostolo si rifà alla Santa Comunione ricevuta in stato di peccato.

      Invece, il Verbo di Dio fatto uomo, dinanzi alla domanda a lui rivolta dai farisei se era giusto e lecito pagare le tasse a Cesare, in modo chiaro e non passibile di facile smentita, afferma:

      «”Mostratemi la moneta del tributo”. Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?”. Gli risposero: “Di Cesare”. Allora disse loro: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”» [Mt 22, 19-21].

      Ebbene, lei conviene sul fatto che, dinanzi a questa espressione così chiara di Cristo Dio, il dovere di pagare le tasse non è un semplice dovere, ma dovrebbe essere proclamato come un vero e proprio dogma della fede cattolica? O vogliamo forse dubitare, dinanzi a parole così chiare, che il comando dato circa il dovuto pagamento delle tasse, sia una legge divina immutabile data da Cristo Dio in persona, in modo chiaro e preciso?

      Ecco, io non capisco come mai, quando c’è da pagare le tasse, allora questa frase del Vangelo va interpretata, contestualizzata, compresa … mentre invece, quando c’è da entrare nelle camere da letto altrui, si proclamano con estrema facilità anche i dogmi che non esistono.

      Vedere in archivio:

      «Amoris Laetitia. Siate casti, però pagate le tasse, perché il pagamento delle tasse è un vero dogma di fede»

      • Luca Gili dice:

        Guardi non so come risponderle. Se le rispondessi, lei avrebbe successo nell’uso di questa tecnica sofistica di sottrarsi al tema in oggetto. Quindi, per il bene soprattutto suo, non le rispondo. E sottolineo che io non ho posto nessuna domanda, tantomeno a lei. Piuttosto mi rivolgevo a chi ha competenze teologiche (padre Giovanni) per sollevare il problema del documento del Post. Consiglio Testi Legislativi. 2000 che contraddice il contenuto del vostro articolo.
        Mi stia bene e si legga qualche libro, le farà bene.

        • Padre Ariel
          Ariel S. Levi di Gualdo dice:

          Se avrà la bontà di indicarmi qualche libro, le sarò davvero grato, però tenga presente che le mie lacune sono davvero molte, perché dinanzi al divino mistero, io non cesserò mai di sentirmi un povero ignorante, al contrario di coloro che invece, il divino mistero, lo posseggono e lo destreggiano con maestria.

          Quindi, i libri di cui necessito, sono davvero molti, per esempio dovrebbe indicarmi:

          1. un libro che mi chiarisca il senso del sacerdozio ministeriale ;
          2. un libro che mi insegni a celebrare il Sacrificio Eucaristico ed a capire che attraverso di esso il pane e il vino si convertono nel Corpo e nel Sangue adorabili di Cristo;
          3. un libro che mi insegni a predicare il Santo Vangelo;
          4. un libro che mi insegni ad amministrare le confessioni ;
          ecc … ecc …

          Perché se io non imparo questo e molto altro ancora, i laici come lei, persi sulle alte nuvole speculative, saranno purtroppo costretti ad amministrarsi i Sacramenti da soli, avendo purtroppo a che fare con preti ignoranti come me, se non – oserei dire – persino peggio. In ogni caso può sempre prendere l’Etica Nicomachea di Aristotele ed assolversi da solo.

          E non vado oltre nel domandarle se il suo “personale” San Tommaso d’Aquino, non le ha mai insegnato a rispettare i ministri in sacris, il tutto detto da uno che sa essere ironico ma mai offensivo, ma soprattutto detto da uno che, persino nel più immorale e peccatore dei preti di questo mondo, venera il mistero del Sacerdozio ministeriale di Cristo.

          Ma io non sono uno speculativo. Cosa dirle … grazie a Dio!

          • Luca Gili dice:

            Vorrei capire in cosa le ho mancato di rispetto. Certo che io non la rispetto come dovrei, ma stia sicuro della mia simpatia e mi creda che scriverle pubblicamente per sottolineare che lei cade in sofismi, cattive argomentazioni ecc. non è affatto piacevole.

          • Luca Gili dice:

            Non credo di dover più intervenire per risponderle pubblicamente. I lettori di questo sgradevole scambio di commenti saranno in grado da soli di capire che (a) Lei non ha mai risposto al merito della mia obiezione; (b) io non le ho mai mancato di rispetto; (c) le sue risposte si distinguono per la violenza verbale e il loro carattere manipolatorio unite al totale disinteresse per le questioni di merito.

      • Luca Gili dice:

        Vedo anche che, in risposta al mio commento, riposta, con copia-incolla, la risposta sgangherata alle osservazioni pacate e fondate di Claudio Pierantoni.
        Davvero non capisco come lei sia riuscito a coinvolgere nelle sue iniziative sopra le righe persone rispettabili come don Livi e padre Cavacoli.

        • Padre Ariel
          Ariel S. Levi di Gualdo dice:

          .. mah, lo domandi a lui. Specie considerando che non è proprio il genere di uomo e di sacerdote che frequenterebbe mai amicizie pericolose …

    • Zamax dice:

      @Luca Gili
      La disciplina ecclesiastica e la legge divina sono cose distinte ma non separate, per cui non vi sono leggi positive della Chiesa che rientrino solo nell’uno o nell’altro dei due ambiti: esse devono sempre muoversi nel rispetto della legge divina, ma la legge divina non ha nella disciplina ecclesiastica uno sbocco unico e necessario, tant’è vero che la seconda è cambiata spesso nel corso di 2.000 anni, sempre nel rispetto della prima. Il CIC 915 da lei citato enuncia solamente un principio generale di indirizzo.

    • Padre Ariel
      Giovanni Cavalcoli, O.P. dice:

      Caro Luca,

      il tuo intervento mi ha fatto molto piacere. Ricordo con nostalgia il tempo nel quale, dieci anni fa, a Bologna parlavamo del Servo di Dio Padre Tomas Tyn.

      Rispondo al tuo intervento facendoti presente che il semplice fatto che Papa Francesco ipotizzi di concedere il permesso dei sacramenti ai divorziati risposati, ci dice già implicitamente che tale eventuale permesso non andrebbe affatto né contro la Scrittura né contro la legge divina.
      Il Papa è sottomesso solo alla legge naturale ed alla legge divina; ma ha un suo campo, nel governo della Chiesa e delle anime, dove gli è consentito legiferare, ovviamente nel rispetto di quelle supreme, la legge naturale e quella divina. Questa sua competenza si esercita appunto in Amoris Laetitia.

      Che attualmente, pertanto, esistano norme pontificie, prese di posizione di Organismi della Santa Sede o leggi canoniche, le quali contrastano con la suddetta eventualità, non vuol dire che il Papa, in forza del suo potere giurisdizionale conferitogli da Cristo (“pasce oves meas”), la cosiddetta potestas clavium, non abbia, se lo ritiene opportuno o necessario per il bene della Chiesa e delle anime, il potere di mutare o abrogare le norme precedenti, anche se di antica tradizione. E questo è appunto il caso.

      Quello che si deve negare è la tesi di coloro che ritengono che il Papa abbia già concesso i sacramenti ai divorziati risposati con l’approvazione, pubblicata sugli AAS, dell’interpretazione di Amoris Laetitia fatta dai vescovi argentini. Invece, come ho spiegato di recente su questo sito, il contenuto di detta approvazione non è sufficientemente chiaro, per cui occorre che il Papa si spieghi meglio. Nel frattempo, vale la norma attuali della proibizione dei sacramenti ai divorziati risposati.

      Bisogna distinguere, nell’autorità pontificia, il potere magisteriale da quello giurisdizionale, nel quale rientra quello di regolamentare la disciplina dell’amministrazione e della recezione dei sacramenti. Nel potere magisteriale, col quale il Sommo Pontefice, insegna, interpreta e difende la dottrina delle fede, riguardanti per esempio l’essenza del matrimonio o dell’eucaristia, che sono verità divine ed immutabili, gli insegnamenti del Papa, che gode dell’assistenza dello Spirito Santo, sono infallibili ed immutabili.

      Invece, nel potere giurisdizionale – per esempio nel campo della disciplina liturgica o sacramentale – dove la materia è spesso di per sé mutevole, variabile ed incerta, il Papa non fruisce di tale infallibilità, benché si suppone che normalmente decida con prudenza.
      È vero che le norme liturgiche stabilite dal Sommo Pontefice – per esempio la regolamentazione dell’uso dell’eucaristia – sono un’applicazione di leggi divine – per esempio, il comando del Signore di nutrirci del suo corpo o la proibizione paolina di fare la Comunione in stato di peccato mortale -; ma occorre distinguere la deduzione pratica da quella teoretica.

      Nel campo della teoresi, la conclusione di un sillogismo è una e una sola. Una conclusione diversa sarebbe errore. Per esempio, dalla spiritualità dell’anima non si può non dedurre l’immortalità e solo l’immortalità. Invece, da un principio morale – sia per esempio il caso di chi può fare non può fare la Comunione – il Papa può trarre conclusioni pratiche diverse ed anche opposte nel succedersi dei tempi. Gli esempi storici di ciò sono numerosi. Per esempio, dal V Comandamento – il rispetto della vita umana – si può trarre sia la promozione del bene comune che la pena di morte; dal VI Comandamento si può trarre sia l’esercizio del sesso che l’astinenza sessuale e così via.

      Un caso simile è quello del problema della Comunione ai divorziati risposati. In linea di principio, il Papa ha la facoltà di ricavare, proprio dal rispetto del matrimonio e dell’Eucaristia – per quanto ciò possa apparire paradossale se non blasfemo ad alcuni – sia la proibizione che il permesso, sempre in casi speciali, s’intende.

      Mentre è facile comprendere il motivo della proibizione, non è perspicuo, anzi sembra creare scandalo in molti il motivo del permesso. In particolare molti si chiedono ed hanno chiesto al Papa come e perché l’eventuale permesso non sarebbe una profanazione sacrilega del sacramento del matrimonio e dell’Eucaristia.

      Il fatto che finora il Papa non abbia risposto agli obiettori, ai dubbiosi ed ai richiedenti, fa pensare che egli stia riflettendo sulla grave questione, che egli per ora (nota 351 dell’Amoris Laetitia), ha risolto solo in forma ipotetica e non formale ed assertiva, quindi priva di valore legale e vincolante.

      Per questo, il Papa, prima di fare questo eventuale passo delicato, che segnerebbe una svolta storica nella prassi dell’eucaristia, dovrebbe spiegare il perché della sua decisione, con appropriate ragioni pastorali e teologiche, in un apposito documento, che potrebbe essere un Motu proprio.

      Frattanto bisogna denunciare con fermezza e chiarezza la manovra disonesta dei soliti modernisti truffatori, i quali, ancora una volta – quousque tandem? – hanno la spudoratezza di tentare di strumentalizzare a loro vantaggio l’impressione, non fondata ma possibile, che il quadro etico di riferimento dell’Amoris Laetitia non sia il rispetto sacro dell’immutabile legge naturale e divina, ma l’opinione ereticale riscontrabile in Rahner, Kasper, Andrea Grillo, Maurizio Chiodi e Teilhard de Chardin, che la legge naturale e divina non è fissa ed immutabile, ma evolve e muta nel corso della storia, sicché, se ieri il matrimonio era indissolubile, oggi lo si può considerare dissolubile e se ieri l’eucaristia poteva essere assunta solo da chi fosse in grazia e libero da colpa mortale, oggi che Rahner ha scoperto che tutti sono in grazia (“cristiani anonimi”), chiunque, luterani compresi, può fare la Comunione quando e come crede – tanto la transustanziazione è una mera opinione – e l’ostinarsi a proibirla sarebbe segno di un gretto conservatorismo, di legalismo farisaico e di imperdonabile mancanza di misericordia. L’importante, come dice Padre Hermes Ronchi, nell’Eucaristia non è adorare, ma mangiare. Non si sa bene che cosa.

      Ma non siamo ancora arrivati al punto sul quale il lettore attende una risposta: perché e come anche l’eventuale permesso sarebbe ancora rispetto del matrimonio dell’eucaristia? Nel senso, così almeno mi pare si debba interpretare il punto di vista, la mens di Papa Francesco, che la grazia che riceverebbero i divorziati risposati servirebbe a guarirli e rafforzarli nel loro amore e nella fedeltà reciproci, nell’educazione dei figli, nella purificazione dai loro peccati e nel loro cammino di conversione.

      E da dove deriverebbe questa forza soprannaturale, se non dalla grazia di quel sacramento del matrimonio, che essi hanno bensì offeso con l’adulterio, grazia che però comunque, per l’immensa misericordia di Dio, continua ad agire segretamente nel sottosuolo della loro anima desiderosa di riscatto e di salvezza?

  2. orenzo
    orenzo dice:

    Vorrei ricordare a coloro i quali ritengono che la Chiesa oggi autorizzi gli adulteri, pur solo in taluni casi, ad accostarsi all’Eucarestia, che il canone 915 che recita: “Non siano ammessi alla sacra Comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto “, non è stato abrogato.
    Se pertanto una persona non persevera ostinatamente in peccato grave manifesto, può essere ammessa, come stabilito non da oggi, alla sacra Comunione.

    • Luca Gili dice:

      La domanda, caro Orenzo, è se il canone 915 sia abrogabile. Di certo non è stato abrogato, ma può l’autorità ecclesiastica abrogarlo in linea di principio. Don Levi Di Gualdo (e padre Cavalcoli) pensano di sì. Il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi nel 2000 (era allora papa Giovanni Paolo II) pensava proprio di no. (Già mi immagino i sofismi di don Levi Di Gualdo, quindi specifico che a non essere abrogabile è la sostanza di CIC915, non la formulazione o la numerazione o altri aspetti accidentali).

    • Padre Ariel
      Giovanni Cavalcoli, O.P. dice:

      Caro Orenzo,

      certamente che non è stato abrogato, come ho detto ad Achille. Tuttavia la Amoris Laetitia riconosce che possono darsi casi nei quali certi divorziati risposati, almeno occasionalmente o saltuariamente, possono esser in grazia. Ciò ovviamente non per ammettere eccezioni alla proibizione dell’adulterio, ma per dire ch’esso può essere perdonato da un’opportuna penitenza, la quale, nei casi nei quali i divorziati risposati non possono lasciarsi, può restituir loro la grazia eventualmente perduta.

  3. liciozuliani dice:

    Articolo equilibrato e ben ponderato. Quanto a papa Francesco, c’è poco da sperare, l’uomo è quello che è. Affidiamoci a Dio.
    Buon Natale ai Padri dell’Isola di Patmos
    Licio Zuliani

  4. Achille dice:

    Reverendi Padri,

    Il documento dice che

    “ Se si giunge a riconoscere che, in un determinato caso, ci sono dei limiti personali che attenuano la responsabilità e la colpevolezza (cfr. 301-302), particolarmente quando una persona consideri che cadrebbe in ulteriori mancanze danneggiando i figli della nuova unione, Amoris laetitia apre la possibilità dell’accesso ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucarestia”.

    Pertanto dice chiaramente che apre alla possibilità dell’accesso ai Sacramenti di Riconciliazione E Eucarestia (se uno viene assolto ovviamente), non si esprime in forma dubitativa e non parla solo del Sacramento della Riconciliazione.

    Invece voi avete scritto

    “Al n. 5 e al n. 6 della loro lettera, i Vescovi dell’Argentina dicono che la Amoris laetitia «lascia aperta la possibilità» ― posibilidad ― «di accedere al Sacramento della Riconciliazione». “

    Ma non è proprio così, come ho mostrato sopra. A me ciò che hanno scritto i vescovi argentini sembra chiaro e aldilà di ogni fraintendimento, poi fate voi.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Achille,

      io temo sinceramente – e glielo dico con autentico rispetto – che lei non capisce ciò che legge, oppure siamo noi a tal punto ottusi e limitati da non capire quello che leggiamo.

      Lei ha letto il nostro articolo da cima a fondo? Oppure lo ha scorso in qua e in là? Perché vede, lei è libero di leggere o non leggere ciò che vuole, però, al momento in cui posta un commento, lo scritto che lei commenta dovrebbe non solo averlo letto, ma averlo letto anche bene.

      Provo allora a porre la questione in questi termini:

      1. Giovanni Cavalcoli, O.P. ed io celebriamo il Sacrificio Eucaristico della Santa Messa ed amministriamo ai fedeli tutti i Sacramenti pertinenti il nostro grado sacramentale ;

      2. amministriamo le confessioni e, quando ancora esisteva la “riserva canonica”, che appunto riservava al Vescovo la assoluzione dal peccato di aborto procurato, noi avevamo facoltà per assolvere da questo peccato su mandato dei rispettivi vescovi diocesani, i quali ci avevano conferito a entrambi anche il ministero di esorcista;

      3. presumiamo di conoscere il Catechismo della Chiesa Cattolica e forse anche qualche cosa di teologia …

      Eppure, come molti nostri Confratelli, ci troviamo in serie difficoltà a trattare certi casi ed a rispondere ai quesiti dei fedeli, perché nel documento in questione manca chiarezza e soprattutto mancano indicazioni precise date ai confessori. Pertanto, ad oggi, noi rispondiamo che è confermata la disciplina dettata da San Giovanni Paolo II perché al momento non è stata in alcun modo riformata.

      Ora io le domando: secondo lei, che differenza c’è tra «lascia aperta la possibilità» e invece da la possibilità?

      Premesso che in tutto il nostro testo noi non abbiamo mai usato una sola volta il termine «forma dubitativa» ma abbiamo fatto ampio uso del termine di “ipotesi”, se come lei dice il documento «non si esprime in forma dubitativa e non parla solo del Sacramento della Riconciliazione», allora ci indichi dove, in modo chiaro, in modo affermativo e volendo anche imperativo, viene indicato con chiarezza che i divorziati risposati possono ricevere l’assoluzione ed accedere alla Comunione Eucaristica alle seguenti e precise condizioni:

      1 ……..
      2 ……..
      3 ……..

      ecc …

      Perché noi, al momento, nulla di questo abbiamo ancora letto, ed a noi che celebriamo la Santa Messa ed amministriamo i Sacramenti, nessuno ha ancora detto quando, in quali casi ed a quali condizioni, assolvere e dare la Santa Comunione ai divorziati risposati che vivono una unione al di fuori del matrimonio sacramentale senza che il precedente sia mai stato dichiarano nullo – ossia mai esistito, sebbene formalmente celebrato – dalla sentenza di un tribunale ecclesiastico.

      • Claudio Pierantoni dice:

        Reverendi Padri,
        Temo proprio che abbia ragione Achille. Infatti qui “possibilità” non significa affatto una possibilità teorica o ipotetica, ma proprio un permesso concreto. Avete ragione a dire che non è questa una maniera giuridicamente precisa né dignitosa di esprimersi, ma il significato del testo è chiaro, sia pure viziato da quest’indeterminatezza che giustamente censurate.

        Siete poi in grave errore al pensare che la disciplina di FC sia modificabile, poiché GPII ha detto chiaro che essa è fondata “sulla legge divina”.

        Siete anche in errore nel dire che coloro che sostengono questa immodificabilità si permettono di dare giudizi sullo stato di grazia delle persone: essi dicono solo che
        è lo stato oggettivo dei risposati a non permettere loro l’accesso ai sacramenti. Proprio come dice FC. Quindi non c’entrano nulla le “attenuanti”, tanto care ai difensori di AL e, pare, ora anche a voi.
        Maggiori dettagli nella mia ultima risposta a Buttiglione:

        Here’s why every argument allowing Communion for ‘remarried’ ultimately fails
        https://www.lifesitenews.com/news/heres-why-every-argument-allowing-adulterers-to-receive-communion-ultimatel

        Cordiali…

        • Padre Ariel
          Ariel S. Levi di Gualdo dice:

          Caro Claudio,

          nei Santi Vangeli viene fatto chiaro e indubbio riferimento all’adulterio: Gv 8, 1-11, Mt 5, 32.

          In nessun passo dei Vangeli è però contenuta la proibizione dell’accesso alla Comunione Eucaristica per le coppie cosiddette irregolari, che nasce da una giusta, prudente e antica disciplina ecclesiastica che fa parte della tradizione e che spero rimanga in vigore, anche se non sarò certo io a deciderlo, ma chi ne ha piena potestà.

          Il Beato Apostolo Paolo fa riferimento a «chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» [1 Cor 11,29], ma non indica nello specifico adulteri e concubini, che all’epoca non mancavano di certo, ed in specie nella città di Corinto. In queste sue righe il Beato Apostolo si rifà alla Santa Comunione ricevuta in stato di peccato.

          Invece, il Verbo di Dio fatto uomo, dinanzi alla domanda a lui rivolta dai farisei se era giusto e lecito pagare le tasse a Cesare, in modo chiaro e non passibile di facile smentita, afferma:

          «”Mostratemi la moneta del tributo”. Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?”. Gli risposero: “Di Cesare”. Allora disse loro: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”» [Mt 22, 19-21].

          Ebbene, lei conviene sul fatto che, dinanzi a questa espressione così chiara di Cristo Dio, il dovere di pagare le tasse non è un semplice dovere, ma dovrebbe essere proclamato come un vero e proprio dogma della fede cattolica? O vogliamo forse dubitare, dinanzi a parole così chiare, che il comando dato circa il dovuto pagamento delle tasse, sia una legge divina immutabile data da Cristo Dio in persona, in modo chiaro e preciso?

          Ecco, io non capisco come mai, quando c’è da pagare le tasse, allora questa frase del Vangelo va interpretata, contestualizzata, compresa … mentre invece, quando c’è da entrare nelle camere da letto altrui, si proclamano con estrema facilità anche i dogmi che non esistono.

          Non siamo noi in errore, è lei che non ha un’idea chiara della dogmatica.

          «Amoris Laetitia. Siate casti, però pagate le tasse, perché il pagamento delle tasse è un vero dogma di fede»

        • Zamax dice:

          @ Claudio Pierantoni

          Nella FC al n. 84 si legge:

          «La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento (…). C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio».

          Le faccio notare due cose:

          1) l’accento messo sulla “prassi” all’inizio;

          2) Il “peculiare motivo pastorale” addotto.

          Ora, questo peculiare motivo si fonda su ragioni di opportunità (l’indurre in confusione…), ma la presenza di questa ragione di opportunità risulterebbe assurda, pleonastica e fuorviante per i fedeli se la non ammissione alla comunione derivasse ne-ces-sa-ria-men-te dalla dottrina. La Chiesa oggi vorrebbe allargare la via stretta individuata dalla FC: ma non dice come. Il fatto che i rivoluzionari della Chiesa misericordiosa se ne servano per distruggere il dogma non significa che questa via non possa – teoricamente – esistere ed essere praticabile.

        • Padre Ariel
          Giovanni Cavalcoli, O.P. dice:

          Caro Claudio,

          San Giovanni Paolo II intendeva dire che la proibizione dei sacramenti ai divorziati risposati si fonda sulla legge divina, ma non nel senso che da questa legge il Papa, per esempio Papa Francesco, in base al potere delle chiavi, non possa dedurre da quella medesima legge, una norma che muta la disciplina precedente, ma nel senso che la detta proibizione è sostenuta da buone ragioni, alle quali però se ne possono sostituire altre di peso uguale o similare.

          Quanto invece alla questione dell’eventuale stato di grazia di certi divorziati risposati, purtroppo in realtà, ci sono degli oppositori al permesso del loro accesso ai Sacramenti, i quali per il semplice fatto che i divorziati risposatisi trovano in uno stato irregolare, credono che essi siano sempre in peccato mortale, cosa che suppone un giudizio temerario inaccettabile, dato che il Papa stesso ammette che almeno occasionalmente possono essere un grazia.

      • Padre Ariel
        Redazione de L'Isola di Patmos dice:

        Gentile Achille,

        dopo la risposta che le ha data il Padre Ariel ci sono giunti tre suoi commenti che sulla parte finale erano tutti incompleti, quindi abbiamo provveduto a rinviarglieli chiedendole di completarli sul finale mancante e di unirli poi in un unico commento, perché altrimenti non saremmo stati in grado di pubblicarli.

        Poco dopo ci è giunta questa notifica dal sistema:

        Indirizzo non trovato
        Il tuo messaggio non è stato recapitato a XXXXXXX@virgilio.it perché l’indirizzo risulta inesistente o non può ricevere email.

        Se lei ci invia commenti da un indirizzo inesistente, poi, a fronte di un problema come quello che si è verificato, noi non siamo in grado di comunicarle né di pubblicare dei commenti giunti staccati e incompleti sul finale.

        • Achille dice:

          Reverendi Padri, io i commenti li ho pubblicati, e non sono incompleti.

          Sono incompleti solo nel senso che l’uno è la continuazione dell’altro, perché c’è un limite ai caratteri disponibili. E a questo proposito, come faccio a inviarvi un unico commento, se c’è il limite di caratteri e l’unico commento sorpasserebbe di molto questo limite?

          • Padre Ariel
            Redazione de L'Isola di Patmos dice:

            Caro Achille,

            ci sono dei limiti di caratteri perché in passato è accaduto alcune volte che ci siano giunti dei “commenti” più lunghi ancora dei nostri articoli.
            Una volta ci fu postato un commento di circa 30 pagine che era un copia/incolla fatto da un testo.

            Le abbiamo rinviato per email i suoi tre commenti perché nella parte finale, avendo appunto superato il limite di caratteri, mancano delle parole, quindi noi, anche volendo, non potremmo unirli assieme. Dovrebbe farlo lei e inviarceli per email.

            Alla email nella quale le spiegavamo questo, il sistema ha però risposto con un messaggio automatico:

            Indirizzo non trovato
            Il tuo messaggio non è stato recapitato a XXXXXXX@virgilio.it perché l’indirizzo risulta inesistente o non può ricevere email.

            Più di questo non possiamo fare.

    • Padre Ariel
      isoladipatmosi Cavalcoli, O.P. dice:

      Caro Achille,

      innanzitutto in quei numeri della Amoris Laetitia non si accenna affatto a un permesso dei sacramenti ai divorziati risposati. In secondo luogo questa espressione «apre la possibilità» non è chiara, perché, come ho già detto, il Papa, nella sua risposta ai Vescovi argentini, non chiarisce se questo permesso c’è adesso, è attuale, è presente, è in vigore, oppure se si tratta di un permesso possibile, ipotetico, eventuale o futuro. Non si fruisce di un permesso possibile, ma di un permesso in vigore.

      «Aprire alla possibilità» non vuol dire ancora permettere attualmente. Confondere l’uno con l’altro vuol dire o non sapersi esprimere o avere le idee confuse o giocare sull’equivoco. Al Papa basterebbe poco per chiarire questo punto. Avrebbe fatto un bel passo avanti per un chiarimento completo e totale, che però, a nostro giudizio, richiederebbe anche l’assolvimento delle altre condizioni che abbiamo indicato nel nostro articolo.

      Frattanto, finchè il Papa, con atto ufficiale e formale non abrogherà esplicitamente la normativa vigente, e concederà del permesso, precisando con cura i casi ammessi, resta in vigore la normativa del Codice di Diritto Canonico (can. 915), del Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1650) e del n. 84 della Familiaris consortio.

  5. orenzo
    orenzo dice:

    Ma quando Gesù afferma che “Chiunque(πᾶς ὁ) ripudia… e ne sposa un’altra(o), commette adulterio”, si riferiva ai soli ebrei osservanti o a tutti quelli che mettono in comune le proprie vite in maniera assimilabile al matrimonio?

    • Padre Ariel
      Giovanni Cavalcoli, O.P. dice:

      Caro Orenzo,

      si riferiva al matrimonio come contratto indissolubile fondato sul diritto naturale, valido per tutti gli uomini.

I commenti sono chiusi.