Autore Padre Ariel

Cattolici e sessuofobia: «La verginità degli eretici è più impura dell’adulterio»

CATTOLICI E SESSUOFOBIA: «LA VERGINITÀ DEGLI ERETICI È PIÙ IMPURA DELL’ADULTERIO»

.

Certi cattolici cupi molto simili ai sadducei ed ai farisei, di fondo sono cresciuti con un’idea di Cristo morto ma non risorto, con un’idea della sessualità tutta quanta manichea; sono fissi su concetti di arido legalismo e intrisi di pelagianesimo, ed analogamente a Lutero hanno problemi seri sul concetto paolino della predestinazione, quindi sulla teologia della giustificazione che rischiano spesso di ridurre ad un’idea tutta quanta calvinista, seppure sotto forma di rigorismo morale cattolico.

.

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

.

.

Ariel S. Levi di Gualdo

Ariel S. Levi di Gualdo

Poco dopo l’uscita dell’intervista a Giovanni Cavalcoli fatta dal vaticanista de La Stampa Andrea Tornielli [cf. QUI] si è scatenata una ridda di polemiche seguite da pesanti accuse rivolte al teologo domenicano; accuse alle quali io non rispondo nello specifico, perché lo ha fatto in modo magistrale il diretto interessato, che non ha bisogno delle mie “difese d’ufficio” [cf. QUI].

Devo fare però un’amara constatazione e ribadire un concetto affermato negli ultimi mesi: prendendo a pretesto il Sinodo sulla famiglia un’armata di farisei seguita a mutare il Sesto comandamento nel peccato dei peccati, come se in esso risiedesse l’intero mistero del male. E pur di supportare le loro teorie peregrine, sono pronti “politicamente” a tutto, persino ad elevare i Vescovi africani come vessillo in difesa dell’ortodossia della famiglia [cf. QUI, QUI, ecc.]. Cosa questa che rende davvero patetici certi “politicanti” che estrapolano ciò che solo a loro interessa fingendo di non sapere che diversi di questi paladini della difesa dei valori non negoziabili, della famiglia e del sacro matrimonio; questi difensori della vera dottrina che hanno tuonato contro l’adulterio e il concubinato, sono più volte risultati padri di diversi figli sparsi per il mondo, cosa che la Santa Sede sa da sempre; e nello specifico lo sanno quelli della Congregazione de propaganda fide, il cui problema principale, quando si tratta di eleggere un nuovo vescovo in qualche diocesi del Continente Nero, è di riuscire a selezionare un candidato che non abbia concubine e figli sparsi in giro, impresa tutt’altro che facile.

O per chiarire meglio con un esempio concreto: a Roma, sul finire del 2009 trascorsi due giornate assieme all’arcivescovo di una grande diocesi dell’Africa che mi chiese aiuto per la lettura del messale latino del Beato Paolo VI. Pochi giorni dopo sarebbe infatti andato in udienza privata dal Santo Padre Benedetto XVI, avrebbe concelebrato con lui e si sarebbe poi intrattenuto a colloquio durante la colazione. L’arcivescovo aveva appreso che il Santo Padre usava nella propria cappella privata questo messale e voleva rinfrescare la sua lettura del latino. Prima di andare, a me e ad un altro sacerdote, disse: «Voglio rivelarvi perché ho chiesto udienza al Santo Padre. Vedete, la mia è una diocesi molto estesa ma povera, nella quale abbiamo un grande problema: siamo totalmente privi dei necessari mezzi per sostenere tutti i bambini che sono stati messi al mondo dai nostri preti in giro per i villaggi. E noi, verso queste creature, abbiamo come Chiesa degli obblighi morali e non possiamo lasciarli abbandonati per le strade. Per questo vado dal Santo Padre: a chiedergli un aiuto economico». E concluse dicendo: «E spero che il Santo Padre, visto che quelli della Congregazione de propaganda fide non mi hanno ascoltato, accetti la mia richiesta e rimuova il mio vescovo ausiliare, che ha tre concubine e non so neppure quanti figli nati in giro».

A incentivare la perversione del sesso inteso come peccato dei peccati, ch’è in sé cosa molto più peccaminosa dell’adulterio o delle convivenze dei divorziati risposati, sono dei laici senza umanità cristiana sostenuti da qualche teologo specializzato a tirare il sasso, ritirare la mano e istigare personaggi alquanto digiuni di teologia ― e per questo facilmente manipolabili ― ad “armarsi e partire”. E questo, nel mio linguaggio, si chiama viltà, tipica a volte dei presbìteri che hanno trascorso la propria vita a speculare sulle nuvole dei massimi sistemi dell’intelletto soggettivo, sino a sprofondare nella autentica madre di tutte le eresie: sostituire l’ “io” del proprio pensiero pensato a “Dio”, che non è più, attraverso il Mistero dell’Incarnazione del Verbo, l’inizio, il centro e il fine ultimo del nostro intero umanesimo, ma il pretesto sul quale edificare il proprio omocentrismo intellettuale. E fu proprio Giovanni Cavalcoli a donarci sulle colonne di questa rivista telematica uno straordinario articolo dedicato alla Apologia della superbia [Cf. QUI], quel peccato da me indicato più volte come regina e diabolica auriga dei Sette peccati capitali; un peccato — la superbia — che nella lista occupa non a caso il primo posto e che come tale è da temere più della lussuria, che non è affatto né la regina né l’auriga dei Sette peccati capitali, per questo è collocata al quarto posto nella cronologia del Catechismo della Chiesa Cattolica.

Certi cattolici cupi molto simili ai sadducei ed ai farisei, di fondo sono cresciuti con un’idea di Cristo morto ma non risorto, con un’idea della sessualità tutta quanta manichea; sono fissi su concetti di arido legalismo e intrisi di pelagianesimo, ed analogamente a Lutero hanno problemi seri sul concetto paolino della predestinazione, quindi sulla teologia della giustificazione che rischiano spesso di ridurre ad un’idea tutta quanta calvinista, seppure sotto forma di rigorismo morale cattolico.

Se dinanzi ad articolate tematiche pastorali con implicazioni teologiche e dottrinarie molto complesse certi personaggi dovrebbero tacere, non altro per quel pudore derivante da una mancanza oggettiva di profonda conoscenza; qualche teologo di riferimento che dietro le quinte li carica dovrebbe avere maggior pudore e non aprire proprio bocca, a meno che non sia in grado di dimostrare di avere fatto veramente il prete per tutta la vita. E per prete non s’intende essersi diviso tra aule accademiche, sale di conferenza e biblioteche, perché pastoralmente parlando fare il prete non vuol dire avere celebrato una Santa Messa al giorno, ma avere trascorso molto tempo dentro i confessionali, avere preso su di sé i dolori e i disagi di singoli e d’intere famiglie, avere frequentato i reparti di oncologia degli ospedali, essere entrati e usciti dalle carceri dove dei giovani appena ventenni, per una “bravata” o peggio per una “follia”, si sono presi una condanna a vent’anni per omicidio; e via dicendo. 

Io che vivo invece la dimensione pastorale, pur dedicandomi agli approfondimenti ed alle speculazioni teologiche, non accetto lezioni di pastorale ragionieristica da certi personaggi che sono, ripeto, delle figure eminentemente politiche; come non accetto certi teatrini inscenati dai presbìteri di pura accademia che al contrario di me non vanno a guardare in faccia una giovane ammalata di tumore in fase terminale, ad amministrarle l’unzione degli infermi, a celebrare la Santa Messa a casa sua perché non può uscire dalle mura domestiche al cui interno sta attendendo la morte da un giorno all’altro, ed alla quale non è possibile offrire come consolazione qualche lezioncina di buona epistemologia in alternativa agli anti-dolorifici a base di morfina solfato. Per non parlare poi del fatto che questa povera e giovane ammalata ha la “colpa immane” di essere sposata con un divorziato. Però, vista la gravità irreversibile della malattia, non potendo avere peccaminosissimi rapporti sessuali, lei ed il marito divorziato risposato, possono ritenersi più o meno a posto a livello morale? Ciò che infatti solo conta in modo imprescindibile e “assolutamente” inderogabile per certi legalisti è che non ci sia di mezzo il peccato dei peccati: il sesso. Anche se, a livello di morale epistemica non è stato ancora chiarito se il peccato è rappresentato dal membro che penetra nella vagina oppure se è da considerare peccato solo l’orgasmo, perché in questo secondo caso potremmo stabilire che la penetrazione genitale è concessa, a patto però che non vi sia eiaculazione, ma soprattutto che non vi sia da parte di entrambi alcun piacere, perché da certi moralisti resi immorali dalla loro insita disumanità, c’è da aspettarsi questo e molto altro ancora, capaci come sono a creare da una parte degli onirici manuali impossibili di etica sessuale, dall’altra di negare il mistero stesso della creazione dell’uomo, perché in fondo sono sempre loro, sempre gli stessi incorreggibili:

Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito! [cf. Lc. 11,46]

E proprio in queste settimane dell’anno liturgico abbiamo letto nella feria il Vangelo di San Luca, dove sono riportate le diatribe e le critiche di Gesù con i farisei; se leggiamo bene quelle righe sembra di ritrovarci di fronte alla disumanità di certi personaggi olezzanti legalismi, dinanzi alle motivazioni dei quali torna a mente la saggia massima di un grande Padre della Chiesa, San Gregorio di Nissa, il quale affermava che «La verginità degli eretici è più impura dell’adulterio», ed è un’impurità che tramite la via di rigurgiti pelagiani porta infine all’ateismo clericale, all’ateismo della bestia religiosa, un ateismo inteso come negazione del mistero del Verbo di Dio Incarnato distrutto nel peggiore dei modi: attraverso la sua riduzione ad un fenomeno meramente speculativo e legalistico.

Con uno zelo da fare invidia al codice della strada della Repubblica Federale Tedesca, chi ragiona in questi termini afferma che i divorziati risposati devono vivere come fratello e sorella, in perfetta castità; perché naturalmente – va da sé – l’intero mistero del male risiede, come sin qui spiegato, nella sessualità. Chi si lascia andare ad affermazioni così decise e così tragicamente leggere perde anzitutto di vista il fatto che la castità non è una stoica rinuncia sostenibile con le sole forze della volontà umana — e ciò penso proprio di poterlo dire per esperienza concreta diretta —, ma un dono di grazia. E chi ha studiato in modo approfondito il De natura et gratia di Sant’Agostino, che costituisce un grande dibattito contro quel Pelagio che potremmo a suo modo considerare il padre precursore dei volontaristi, sa di che cosa stiamo parlando. Pertanto, una coppia di sposi che fosse chiusa all’azione di grazia ma che applicasse con scrupolo e zelo tutte le regole morali, dai metodi naturali sino alla perfetta continenza, potrebbe risultare in tutto e per tutto peggiore di una coppia di concubini che, pur vivendo nel peccato, consapevoli anzitutto del proprio peccato, sono mossi però da un senso di apertura verso se stessi e verso il prossimo. È proprio di fronte a queste persone che il Signore Gesù ammonisce:

In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli [cf. Mt. 21, 31-32].

Se noi concentriamo invece tutto quanto sulla genitalità come molti stanno facendo in questo dibattito ed anche in modi rasenti l’ossessione, si rischia di scivolare nella impura verginità degli eretici. O come scrisse Blaise Pascal nei suoi pensieri riguardo certe monache: «Caste come angeli, superbe come demoni».

E io, come uomo e come prete, dovrei forse prendere lezioni da quel certo signore che tuona contro i divorziati risposati e contro l’adulterio sbraitando: la Santa Comunione ai divorziati risposati no, giammai, no, altrimenti sarà infine scisma? Il tutto con appresso il teologo di fiducia che dinanzi a certe evidenze di oggettiva immoralità sospende però per incanto ogni genere di giudizio e battendo anche i piedi a terra afferma che «queste sono altre questioni» e che «nostro compito è parlare di teologia e non di questioni socio-politiche»? Mi si faccia dunque capire: se si osa sfiorare la vita altamente immorale di certi danarosi e munifici potenti, quelle sono faccende «socio-politiche» che «non riguardano i teologi», il dovere dei quali, ed in specie sul piano del rigore morale, è forse quello di prendere invece a legnate solo i deboli che non possono profondere sulle nostre opere e fondazioni fiumi di danaro?

Piaccia o non piaccia, rimane un dato di fatto che certe istituzioni di moralisti duri e puri sono tenute in piedi con i soldi donati dalle estreme destre americane formate da soggetti che – i più morali in assoluto – sono sposati perlomeno un paio di volte e se la spassano appresso con ragazze di vent’anni più giovani di loro. O vogliamo davvero relegare nelle questioni prive di interesse teologico-pastorale, ma soprattutto d’interesse morale, il fatto che questi personaggi, tra una gozzoviglia e l’altra, si rechino poi con l’alabarda cavalleresca in mano e con la lacrima all’occhio alle Sante Messe in rito antico, per tuonare tra un oremus e l’altro contro l’adulterio, il concubinato e la Comunione ai divorziati risposati, come se tutto ciò fossero lussi che non possono essere concessi ai comuni mortali dal basso reddito, ma solo ai grandi dissoluti con i conti a nove zeri, dinanzi ai quali da una parte si prende, dall’altra non si vedono neppure quei peccati che gridano davvero vendetta al cospetto di Dio, sino ad affermare che «certe questioni non riguardano i teologi» e sentendosi ciò malgrado con la coscienza epistemica ed aletica in perfetto ordine?

Giovanni Cavalcoli, che come uomo, sacerdote, confessore e teologo ha la purezza di un angelo, dinanzi ai peccati legati al Sesto comandamento tratta da sempre i peccatori con grande umanità, senza mai lanciare verso di loro le brucianti saette dei giudizi morali impietosi. Io che provengo invece da un’altra esperienza e che nella vita precedente al sacerdozio ho percorso la dimensione affettiva e sessuale in lungo e in largo, dinanzi alla confessione di peccati molto più leggeri di quelli che a suo tempo commettevo io, rifletto sempre con gioia sulla grazia, trovandomi oggi per ineffabile mistero ad assolvere mediante il ministero della Chiesa i peccatori, sui quali profondo come devoto instrumentum Dei cristologica tenerezza e misericordia. 

Giunti alla grazia per vie diverse: il Padre Giovanni tramite la purezza angelica, io attraverso la conoscenza approfondita di certi peccati, viviamo entrambi il perenne incanto della grazia di Dio. Questo il motivo per il quale ogni giorno, in noi, non si rinnova certo il concetto del summum ius summa iniuria  [il sommo diritto è somma ingiustizia] ma l’incanto del mistero pasquale: «O felix culpa, quae talem ac tantum meruit habere Redemptorem» [O felice colpa che ci fece meritare un tale e così grande Redentore]. È in questo che risiede la differenza sostanziale e formale che corre tra i piccoli farisei resi spietati nel cuore per la loro chiusura omocentrica alla grazia, i pastori in cura d’anime e gli uomini di Dio resi puri di cuore nella misura in cui hanno accolto e fatto fruttare dentro di sé quei doni di grazia che li ha proiettati in un essere e divenire tutto incentrato in una dimensione cristocentrica, all’interno della quale albergano sentimenti come l’amore, la pietà e la misericordia.

.

.

28 commenti
  1. Corrado Massa
    Corrado Massa dice:

    @Vittodon.89 – Scommetto che il “movimento” che Lei non vuole nominare è il Cammino Neocatecumenale. L’uso delle decime mensili (obbligatorie, a quanto mi risulta) è tipico del Cammino. Le decime sono la decima parte dei guadagni mensili. Da quel che so, non c’è rendicontazione pubblica e nessuno sa come sono impiegati questi soldi.

  2. atanasio dice:

    La ringrazio per la risposta perché mi ha chiarito riguardo al fatto che la disciplina dei sacramenti possa variare fatta salva la sostanza degli stessi, cosa che non avevo molto chiara prima. Mi rimangono però dei dubbi riguardo all’ammissione ai sacramenti dei divorziati risposati, perché non mi è chiaro come scelte pastorali di questo tipo possano intaccare solo leggi ecclesiastiche e liturgiche e non la dottrina stessa dei sacramenti. Infatti, ammettere all’eucarestia chi non è in stato di grazia non intacca la dottrina del sacramento eucaristico? (“Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore.” 1 Corinzi. Oppure S. Pio X nel Catechismo afferma “chi si comunica sapendo d’esser in peccato mortale, riceve Gesù Cristo, ma non la sua grazia, anzi, commettendo un orribile sacrilegio, si rende meritevole di dannazione”). Se invece si parla del sacramento della riconciliazione, non viene intaccata la dottrina concedendo valida assoluzione a chi non è sinceramente pentito e non si propone di porre fine al proprio peccato? A me sembra che queste modifiche non siano solo disciplinari ma anche dottrinali.
    Poi il catechismo della Chiesa cattolica al numero 1448 afferma, riguardo al sacramento della riconciliazione che “Attraverso i cambiamenti che la disciplina e la celebrazione di questo sacramento hanno conosciuto nel corso dei secoli, si discerne la medesima struttura fondamentale. Essa comporta due elementi ugualmente essenziali: da una parte, gli atti dell’uomo che si converte sotto l’azione dello Spirito Santo: cioè la contrizione, la confessione e la soddisfazione; dall’altra parte, l’azione di Dio attraverso l’intervento della Chiesa.” specificando più avanti che “Tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è « il dolore dell’animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire ». Sull’eucarestia poi afferma: “Colui che è consapevole di aver commesso un peccato mortale non deve ricevere la santa Comunione, anche se prova una grande contrizione, senza aver prima ricevuto l’assoluzione sacramentale,a meno che non abbia un motivo grave per comunicarsi e non gli sia possibile accedere a un confessore.”

  3. atanasio dice:

    Premettendo che non ho mai scritto su altri siti e che questo è il primo su cui lascio un commento, e premettendo anche che non mi permetterei mai di giudicare nessun Papa come eretico essendo Lui Vicario di Cristo ed io semplice fedele, vorrei da lei una risposta in merito alla mia domanda: era un fariseo rigorista S. Giovanni Paolo II quando indicava ai divorziati risposati la via della separazione e, se vi fossero seri impedimenti ad essa, di vivere in continenza come fratelli e sorelle?

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Atanasio.

      Anzitutto mi scusi, ma sia il nome, sia lo stile suo, era molto simile a quello di un altro Atanasio, quindi prendo atto, dalle sue parole, della somiglianza e delle pura omonimia.
      Mi scusi ancora per aver creduto che foste la stessa persona.

      E’ una domanda, questa sua, alla quale è legittimo rispondere con una serie di risposte dettate da semplice buon senso, sulle quali lei e chiunque può riflettere e trarre le logiche e cristiane conclusioni:

      quando la Chiesa stabilì, senza intaccare la sostanza del Sacramento, che la assoluzione dai peccati poteva essere un sacramento ripetibile, sebbene per diversi secoli fosse stato possibile riceverla una sola volta nella vita e mai più, commise un errore, rispetto alla disciplina per secoli adottata e rispettata dalla Chiesa e dai suoi pontefici?

      Vede, la dogmatica sacramentaria, a mio parere – ma non solo a parere mio – è il settore più delicato dell’intera dogmatica.

      Ciò che molti di quelli che gridano all’ “eresia” e “al tradimento della fede“, certi illustri teologi inclusi, ignorano e inducono a ignorare, è che la disciplina dei Sacramenti è stata più e più volte modificata nel corso dei secoli.

      La Chiesa sta seriamente riflettendo se è possibile modificare una prassi disciplinare senza in alcun modo intaccare la sostanza del Sacramento, posto che la Chiesa non ha alcun potere sulla sostanza dei Sacramenti, mentre invece ce l’ha sulla loro disciplina, che fatta salva la sostanza è mutevole, azitutto e soprattutto per ragioni pastorali, ma sempre fatta salva e mai intaccata la sostanza.

      Tenga inoltre conto che Pio XII prima, poi il Beato Paolo VI con la Humanae vitae, hanno smentito e contraddetto, per usare i frasari di certi rigoristi, le precedenti posizioni della Chiesa; infatti, prima di certi loro atti di magistero, l’unione sessuale tra i coniugi che non fosse finalizzata alla procreazione, non era contemplata dalla morale cattolica, mentre invece, questi due Pontenfici, riconoscono la legittimità dell’unione sessuale tra i coniugi non finalizzata alla procreazione, nel rispetto della natura e dei suoi ritmi, senza ricorso a metodi artificiali per impedire eventuali gravidanze e senza che l’unione di amore tra i coniugi fosse dettata dal rifiuto dell’apertura alla vita. Non a caso si parla anche dei “metodi naturali” attraverso i quali è lecito unirsi senza per questo dover procreare.

      Pio XII e Paolo VI, hanno “tradito” e sono “venuti meno” al precedente “intangibile” e “immitabile” magistero?

      Il discorso è che il Venerabile Pio XII e il Beato Paolo VI, non erano neppure sfiorati da quel legalistico rigore ammantato di fumose teologie che invece avvolgono certi teologi del … diritto.

  4. atanasio dice:

    Cito dall’articolo:”Con uno zelo da fare invidia al codice della strada della Repubblica Federale Tedesca, chi ragiona in questi termini afferma che i divorziati risposati devono vivere come fratello e sorella, in perfetta castità; perché naturalmente – va da sé – l’intero mistero del male risiede, come sin qui spiegato, nella sessualità. Chi si lascia andare ad affermazioni così decise e così tragicamente leggere perde anzitutto di vista il fatto che la castità non è una stoica rinuncia sostenibile con le sole forze della volontà umana, ma un dono di grazia.” Quindi S. Giovanni Paolo II era un inumano rigorista quando affermava nella Familiaris Consortio: “La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi»” ?

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Atanasio.

      Lei è un ipocrita professionista, cosa di cui le spiego il motivo: lei, per caso, non è uno di quei “tradizionalisti” duri e puri che in vari altri blog si diletta a imputare a San Giovanni Paolo II dei “crimini” e delle “bestemmie contro lo Spirito”, quali ad esempio gli incontri ecumenici di Assisi e lo “scempio della liturgia” contro la intoccabile “Messa di sempre”?
      Perché in tal caso, mi creda: lei ha problemi molto seri, se sulle nostre colonne usa invece come una clava un Santo Pontefice al quale, altrove, si è dilettato a dare dell’ “eretico”, per non parlare di ciò che lei ha scritto sul sito di Maria Guarini sul Concilio Vaticano II.

      E adesso, la prego, mi dica che si tratta solo di un caso di omonimia e che a scrivere quelle cose, con il suo stesso stile, è un altro Atanasio, semmai Atanasio di Alessandria.

  5. Padre Ariel
    vittodon.89 dice:

    Caro confratello, anzitutto complimenti! A parte la chiarezza dell’articolo e le motivazioni ineccepibili, come parroco con esperienza di 4 diverse parrocchie fatta in 18 anni di sacerdozio, posso dire che i fedeli più intransigenti, duri e ottusi, sono spesso quelli che hanno situazioni irregolari nascoste molto peggiori di quelle che pubblicamente denunciano, per non parlare delle “collaboratrici parrocchiali”, variamente dirigenti di movimenti, o catechiste, che hanno figli e figlie divorziate risposate o conviventi. Chiesi e otteni 10 anni fa dal vescovo di essere rimosso da una parrocchia dove i responsabili di un movimento, che non sto a nominare, avevano per gran parte famiglie divise, allargate … estese, ecc… ecc … però, come tu scrivi, nell’insegnamento del catechismo avevano, sopra a tutto con gli adolescenti, delle forme di rigore che non corrispondevano, poi, alla pedagogia e alla pastorale con la qualeio affrontavo le confessioni con loro. Il vescovo mi dette ragione, ma dicendomi però che era per lui più agevole accettare le mie dimissioni, piuttosto che mettersi in attrito con certi laici. Solo dopo seppi che, questi “laici padroni”, portavano ogni anno svariate decine di migliaia di euro al vescovo come “decima”, secondo le loro “regole”.
    In modo diverso, ma secondo le stesse motivazioni finanziarie che tu precisi nel tuo articolo.
    E che Dio ci assista e la Madonna ci protegga.

    don Vittorio

    • Corrado Massa
      Corrado Massa dice:

      @Vittodon.89 – Scommetto che il “movimento” che Lei non vuole nominare è il Cammino Neocatecumenale. L’uso delle decime mensili (obbligatorie, a quanto mi risulta) è tipico del Cammino. Le decime sono la decima parte dei guadagni mensili. Non c’è rendicontazione pubblica e nessuno sa come sono impiegati questi soldi.

  6. Padre Ariel
    Kattolico dice:

    Spero che il vescovo che l’ha ordinata si stia sempre mordendo le mani, sempre che l’ordinazione sia valida, come la gran parte di quelle fatte dagli anni ’60 in poi.
    Lei è la quintessenza del modernismo, un concentrato di tutte le più pericolose eresie.
    Lei è un immorale che si vanta della propria immoralità e che conduce i poveri ingenui che la ascoltano sulla strada della perdizione, con l’anticristo Bergoglio e il suo socio in affari domenicano.
    E non dico altro …
    Censuri quello che vuole, ma questo non la salverà dall’inferno.

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Meno male che non dice altro! Ci mancava solo dicesse che la polizia mi ha beccato una notte durante una retata, mentre sui tacchi a spillo e con una parrucca rossa in testa passeggiavo per strada col nome d’arte di Priscilla la regina del deserto.
      Cosa grottesca e inverosimile, questa riportata a mo’ di paradosso, alla quale chiunque mi conosca può credere nella stessa misura in cui sarebbe disposto a credere a ciò che lei ha appena affermato.

      • Padre Ariel
        don Francesco Messina dice:

        ma sei davvero un grande!
        Sul serio, e per questo ho verso di te vera ammirazione.
        Riesci come pochi a destituire di serietà, con ironia, ciò che non è serio, specie in quelli che si prendono sempre molto sul serio.
        Magistrali, veramente, gli ultimi articoli tuoi e del grande Cavalcoli.

        • Padre Ariel
          don Andrea dice:

          di te mi ha sempre colpito una cosa: il modo con cui riesci a passare dalla profondità teologica, dalle espressioni mistiche e profetiche altrettanto profonde, a forme di ironia sfrenata, e proprio quando ti tuffi in ironie spesso proprio grottesche, nulla togli, mai, alla tua serietà di fondo. Forse è questa, la differenza tra i “seri” e i “seriosi”, e devo riconoscerlo: questa differenza, me l’hai mostrata concretamente tu, che sei capace a fare ironia, anzitutto, su te stesso, o a usare te stesso per fare le peggiori ironie.
          Buon compleanno all’Isola di Patmos e ai padri patmosiani.

  7. Padre Ariel
    Don Angelo Rossit dice:

    L’intervista, poi la risposta di Padre Giovanni Cavalcoli, sono un omaggio alla sapienza, alla carità e alla misericordia vera.
    L’articolo di Padre Ariel è anch’esso sapiente, e degno della prosa di un profeta dell’ A.T. che, come Geremia, tuona contro chi ha osato sostituire a quelli di Dio i precetti degli uomini.
    A suscitare in me amarezza, sono invece tanti commenti insulsi, da parte di tante, troppe persone che trattano (o pensano di poter trattare?) le vite e le esistenze umane, “con criteri da codice della strada della Repubblica federale tedesca”, come scrive Padre Ariel.
    E lo spirito arido, deciso e impietoso di queste persone, che si proclamano direttamente o indirettamente cattolici tutti di un pezzo, mi spaventa, soprattutto come prete.
    Usare così disumanamente, così aridamente, l’Eucarestia e il matrimonio per scontri di pura ideologia, è spaventoso, oserei dire diabolicamente spaventoso.
    Andate avanti così cari Padri, molti sono i sacerdoti che pregano per voi e che con voi si identificano.

    • Padre Ariel
      don Stefano dice:

      Non siete soli, cari padri e cari confratelli sacerdoti, non siete soli, e siete stimati da tanti sacerdoti. Tanto per dire … nella mia diocesi si parla più della seggezza dei vostri articoli che della “carina” lettera pastorale scritta dal nostro vescovo, “carina” …

      • Padre Ariel
        P. Luciano dice:

        Cari padri e confratelli, mi unisco anch’io al “presbiteral coro”. Questa Isola, per noi sacerdoti, è veramente un’Isola sulla quale meditare seriamente e a fondo.
        Sapete che cosa mi irrita, sin dall’inizio di questo sinodo sulla famiglia? Il fatto che si è subito cominciato a parlare, da parte di certa stampa, e di certi cattolici (e diaciamolo!) filolefevriani fino al midollo, di scacchi matti, di colpi di mano, di stravolgimenti della dottrina, di teoremi …
        Cito a memoria perché non ricordo l’articolo in cui padre Ariel spiega in modo magistrale che, da sempre, nella chiesa, specie nei concilii, ma anche nei sinodi, si deve, necessariamente, parlare di tutto, serenamente e liberamente, valutare tutte le ipotesi, anche, al limite, le più assurde.
        Ovvio!
        Ecco, mi chiedo, perché a un certo punto, questo ovvio, ha incominciato a spaventare, e a spaventare un’area di cattolici ben precisa e circoscritta?
        Una preghiera sincera per voi.

        Padre Luciano, OSA

  8. MatteoVeca dice:

    Qua non si tratta di identificare il peccato dei peccati, si tratta di rispondere al dovere di condurre le anime a fuggire il peccato anziché a favorirlo, giustificarlo, agevolarlo, scusarlo.
    A voler essere più buoni di Cristo non si fa bella figura, vieppiù se si è sacerdoti e/o religiosi.
    Non richiamerò la durezza dei brani evangelici riguardo il peccato di adulterio, mi limiterò a far rilevare che se anche non si può avere la certezza che qualcuno sia nel peccato mortale, si può certamente riconoscere quali sono le occasioni prossime di peccato e quali non lo sono.
    La Chiesa, ed ovviamente riguardo l’aspetto pastorale, i suoi pastori, hanno il dovere di allontanare e tenere lontane le anime loro affidate, proprio dalle occasioni di peccato, non potendo oggettivamente conoscere quello che solo Dio può conoscere riguardo il cuore di ognuno.
    In tal senso anche l’esclusione dai sacramenti deriva e deve derivare in termini di pastorale e dottrina, proprio dalla non accettabilità di una scelta volontaria che favorisce ed incede al peccato anziché escluderlo o combatterlo.
    Questo ritengo sia il senso del primo commento del lettore alb3.
    Ora “battezzi” da scemo anche me Rev…

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Io non «battezzo da scemo nessuno», voglio solamente uscire dall’ … “ossessivo” peccato dei peccati per sollevarle un’altra questione morale, dinanzi alla quale attendo la sua risposta chiara e precisa:

      CASO “A” – Un imprenditore edile fedelissimo alla moglie fa lavorare 20 operai in nero, sottopagati e senza copertura assicurativa. Anche grazie allo sfruttamento del lavoro nero e non pagando i contributi ai dipendenti si è potuto permettere una villa con piscina, un parco auto di grossa cilindrata e via dicendo.

      CASO “B” – un imprenditore edile, divorziato risposato, durante la crisi economica del settore edile, ha venduto prima la terza e poi la seconda casa, ed ha chiesto anche un mutuo alla banca per poter pagare puntualmente i suoi 20 operai tutti quanti regolarmente assunti e coperti da assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, consapevole che quelle 20 persone avevano tutti quanti moglie e figli.

      Ecco mi dica: quale dei due sta mettendo a serio rischio la salute e salvezza eterna della propria anima?

  9. Ermanno dice:

    Dal magistero della santa Chiesa, di cui siamo figli abbiamo imparato che nel matrimonio può anche esserci continenza, perché il sesso non è un mero piacere ma qualcosa di altissimo e sacro direi, ora la Chiesa fino ad ora e stata cosi matrigna a da caricarci di un peso cosi insopportabile?
    Perché è vero che è innaturale ma forse questa Madre mi ama cosi tanto da spronarmi ad arrivare dove sembra impossibile perché è li che risiede il mio vero bene da solo non ce la faro mai malo non sono solo!!! Mi tratti pure da fariseo da quello che vuole lei sto solo cercando di capire per ora in questi vostri scritti ho assistito a tanti insulti e basta

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      E oltre allo stoico sacrificio della continenza, non può esserci per caso anche gioia e passione?
      Nella Humanae vitae del Beato Paolo VI si parla: sia della unione procreativa, perché la sessualità è ovviamente finalizzata alla procreazione; sia della tenerezza unitiva tra i coniugi, perché la sessualità è anche momento di unione e di gioia, entro il rispetto della natura e dei suoi ritmi biologici.
      Non trasformiamo quindi la sessualità in un cilicio, per favore!

  10. Ermanno dice:

    Buona sera Padre,
    ho letto con sconcerto gli ultimi articoli. Lei che giustamente si vanta della sua pastoralità sa cosa vuol dire essere sposati? vuol essere guardati con senso di compassione e molta derisione, e quello che fa più male anche all’interno della propria comunità parrocchiale e anche da ministri ordinati. Perché è quasi da stolti poter pensare di restare uniti una vita con alti e bassi con il peso dei propri peccati, il matrimonio è diventato un vincolo un peso, e da bigotti restare uniti tutta la vita! Sa cosa ci aspettavamo, noi che non ci sentiamo al di sopra dei turbini mondani del nostro tempo, ma che sentiamo l’alito di questo mostro chiamato “divorzio” sulle ma resistiamo perché amiamo le nostre mogli e i nostri mariti e amiamo come dono di grazia il vincolo del matrimonio con il quale Nostro Signore ci fatti una sola carne? Ci aspettavamo no come pensate voi una crociata contro chi ha disprezzato la bellezza del matrimonio, con tutto il rispetto possibile, ma che venisse ancora una volta proclamata la bellezza del vincolo del matrimonio. Siamo farisei noi o sadducei?

    Ma non fare la Comunione e una coercizione della persona o un rispetto verso Nostro Signore?
    La convivenza è un affronto diretto alla chiesa e a Dio e voi lo sapete bene! I matrimoni non finiscono perché è un peso troppo grande da portare, ma perché l’Io ha preso il posto di Dio ec quindi perché devo restare conte tutta la vita? perché devo smussare rinunciare a qualcosa per te?
    E quanti di questi fratelli sentono un bisogno cosi forte di fare la comunione? Quando un peccatore e ferito dall’amore di Dio, la prima cosa che sente e il bisogno di gridare “Signore stai lontano da me che sono un peccatore” allora senti veramente quell’amore misericordioso che ti riporta allo stato di grazia perduto, per lo meno a me è accaduto cosi, che senso ha la pretesa di un Sacramento? Ma i sacramenti sono punti di arrivo o di partenza? e del precedente matrimonio che cosa ne facciamo? Sa Padre, credo che come lei anche noi abbiamo risposto ad una chiamata quella del matrimonio e questo strada non è meno complicata della sua mi creda e lo sa cosa ci fa andare avanti? non la nostra bravura ne la nostra santità ma la Grazia di Dio insita in questo sacramento!!

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Senta, ma lei, così ripieno di fede e di grazia, la Parabola del figliol prodigo l’ha mai letta?
      Perché il fratello rimasto in casa col Padre, sollevava questioni esattamente simili alle sue.
      [Cf. Lc. 15, 11-32]

      • Ermanno dice:

        Mi spiega perché è così agressivo? Ma come può giudicare con ironia la mia Fede se nemmeno mi conosce!! Io non ho giudicato nessuno ho solo avanzato dei dubbi ma vedo che lei invece di aiutare preferisce appioppare etichette di legalista fariseo a destra e a sinistra e spesso, come mi sembra di aver letto mi scuso se sbaglio, definisce anche chi deve andare all’inferno ma guardi che non tutti i fedeli che chiedono chiarimenti sono perdevi amo o tradizionalisti. Comunque la ringrazio ora mi sento un più nel buio anche se voglio ancora credere nelle bellezza del matrimonio

        • Padre Ariel
          Ariel S. Levi di Gualdo dice:

          A cosa devo questa risposta? Per quale motivi e ragioni?
          Io le ho solo richiamato la Parabola del figlio prodigo, senza nulla imputarle di ciò che lei sta scrivendo e lamentando; e gliel’ho richiamata perché il figlio fedele rimasto a casa con il Padre comportandosi in modo corretto, solleva le stesse questioni che solleva lei.
          Solo questo ho detto, nulla di tutto ciò che invece lei lamenta io ho affermato.

          • Ermanno dice:

            Volevo solo dire che forse sarebbe più utile riaffermare con forza la bellezza della famiglia che è sfiancata sia economicamente che moralmente ne abbiamo veramente bisogno.

          • Padre Ariel
            Ariel S. Levi di Gualdo dice:

            E allora non mettiamo i bastoni tra le ruote ai Padri del Collegio Episcopale che stanno cercando di fare proprio questa operazione di tutela e di salvezza, ma per arrivare ad una linea pastorale che possa costituire tutela e salvaguardia della famiglia cristiana, devono anzitutto potersi consultare e discutere liberamente delle varie questioni, senza che alcuno da fuori urli “di questo non si può discutere” o senza che altri minaccino “allora sarà scisma”, perché questo non favorisce certo il buon lavoro dei Padri del Sinodo.

  11. alb3 dice:

    San Padre Pio da Pietralcina: “Il Divorzio è la strada dritta per l’inferno”; in risposta alle scemenze che lei ha scritto in questo articolo

    • Padre Ariel
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      La mamma degli scemi è sempre incinta e noto con piacere che ha nuovamente partorito.
      Concedimi pertanto, figlio dilettissimo, l’onore di poterti amministrare il Santo Battesimo.

I commenti sono chiusi.