La cultura omosessualista e il “feticcio” della omofobia

LA CULTURA OMOSESSUALISTA E IL FETICCIO  DELLA OMOFOBIA

 

Non discuto sui gusti sessuali altrui né sul diritto degli adulti a esercitarli in modo libero e consenziente, ma nessuno può impormi la sodomia a colpi di legge come modello e come stile di vita, proteggendo il tutto con una ulteriore legge — la cosiddetta legge sul feticcio della omofobia — che se mal congegnata rischia di limitare gravemente il diritto all’esercizio delle altrui libertà di pensiero, parola ed espressione.

 

 

 

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Caro Padre Ariel,

sono perplesso del suo ultimo articolo [vedere QUI], anche se non riesco a dare un giudizio, perché ne riconosco tante ragioni di fondo. Per questo le chiedo: da mesi trattate ottimamente temi teologici, era il caso di andare a cacciarsi in tematiche così politiche? La mia è solo una domanda per capire e spero in un suo chiarimento. Ossequi anche al Padre Giovanni Cavalcoli di cui ricordo omelie memorabili e toccanti confessioni, quando era qua in città da noi nel convento di San Domenico.

Giovanni Cantargianni, Bologna

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aborto sacrosanto

non solo l’aborto è un diritto ma un diritto persino “sacrosanto

Attraverso un quesito posto da un Lettore rispondo anche ad altri analoghi pervenuti alla redazione dell’Isola di Patmos, partendo ancòra una volta con un esempio: nel 1978, quando avevo 14 anni, al termine della Santa Messa domenicale accompagnai mio padre, mia madre e mia nonna in una delle sale parrocchiali nelle quali un notaio raccoglieva le firme dei fedeli cattolici da presentare contro il referendum sull’aborto promosso dal Partito Radicale con l’appoggio di altri Partiti più o meno celati dietro a queste teste di ariete. Legge poi ratificata da politici e ministri democristiani, che si guardarono bene dal dimettersi dai propri incarichi di governo, non potendo, come “cattolici”, per gravi questioni di coscienza, porre le proprie firme su quel testo, Giulio Andreotti in testa a tutti, che all’epoca era Capo del governo, checché ne dica a posteriori Renato Farina, che da tempo pare fungere quasi da postulatore per la sua causa di beatificazione [vedere QUI].

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no vatican no taleban

Emma Bonino arringa su un palco contro “l’ingerenza” della Chiesa Cattolica nelle faccende di Stato, mentre Marco Pannella e un’altra militante ostentano il cartello: no al Vaticano no ai talebani

Marco Pannella e la sua discepola Emma Bonino ― che oggi strumentalizzano l’Augusta persona del Sommo Pontefice nel vano tentativo di tirare acqua al loro mulino ― seguitano a parlare della ingerenza dei cattolici nella politica e della “mafia” del Vaticano equiparando i nostri vescovi ai talebani, ogni volta che hanno osato parlare di vita, bioetica e valori legati non solo alla morale cattolica, ma al diritto naturale. Temi sui quali esiste una enorme letteratura scritta, filmica e fotografica, fatta soprattutto di gratuite offese recate al mondo cattolico da Pannella, dalla Bonino per riflesso, ed a seguire dai loro fedeli adepti [vedere QUI].

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Domanda: dinanzi a quel referendum del 1978, i cattolici interferirono sulla politica oppure, come cittadini della Repubblica Italiana a pieni diritti e doveri, esercitarono invece un loro diritto costituzionalmente garantito?

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Sigalini 2

S.E. Mons. Domenico Sigalini, Vescovo della Diocesi suburbicaria di Palestrina

Giorni fa, S.E. Mons. Domenico Sigalini, Vescovo di Palestrina, è stato fatto come suol dirsi nero al programma Announo sulla rete La7 [puntata integrale QUI]. Cosa avvenuta per il fatto che il presule prenestino è scarso in sagacia e dialettica. E dinanzi alla domanda dell’intelligente e simpatico intellettuale omosessuale Aldo Busi ― che di sagacia e dialettica ne ha da vendere ― il quale ha rivolto al Vescovo l’infelice contestazione che nostro compito sarebbe quello di pensare alle nostre sacrestie, il presule prenestino è rimasto ammutolito, esibendo in diretta la sua faccia inquadrata, non a caso in primo piano, con stampata un’espressione smarrita.

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suor Giuliana Galli

Suor Giuliana Galli, opinionista presso il programma Piazzapulita condotto da Gad Lerner, presso il quale rispose non rispondendo a domande sibilline a lei rivolte sulla banca vaticana [vedere QUI]

Premesso che delle bestie dell’informazione e delle macchine da guerra come gli organizzatori di quel programma, se ne guarderebbero dall’invitare uno di quegli esponente del mondo cattolico che li stenderebbe a tappeto. Ecco allora che per realizzare lo scopo di far figurare la Chiesa senza argomenti dandole al tempo stesso una immagine caricaturale, non resta che invitare la suorina alla volemose bene al programma dell’altrettanto infido Gad Lerner, per impelagarsi in argomenti al di sopra delle sue capacità logiche e teologiche di dibattito, per non dire economico-bancarie. Oppure invitando il vescovo prenestino, che quando fa pessime figure a me risulta persino simpatico, se il prezzo di questa simpatia non fosse però così elevato, visto in che modo ciò può tradursi in discredito per la Chiesa Italiana intera, di cui io faccio parte non solo come fedele, ma come devoto sacerdote, quindi libero dinanzi a simili fatti di manifestare disagio e disappunto, semmai pure con un tocco di ironia, mai con mancanza di rispetto, specie nei riguardi di un vescovo.

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Aldo Busi

l’intellettuale italiano Aldo Busi al programma Announo sulla Rete La7

Io che non sono Vescovo di Palestrina e che proprio non sono vescovo affatto – a parte la sede titolare di Laodicea Combusta che mi fu assegnata il 1° di aprile a puro titolo di scherzo [vedere QUI, QUI, QUI] – al buon Busi avrei fatto anzitutto una lezione di laicità e appresso di Diritto Costituzionale, precisandogli che non può ad alcun titolo permettersi, in una Repubblica democratica, di relegare nelle sacrestie, quindi di togliere la parola a dei legittimi cittadini di questo Paese – tali sono i vescovi – aventi come tali tutti i diritti ed i doveri derivanti dallo ius civitatis [diritto di cittadinanza], incluso il diritto di pensiero, parola ed espressione, oltre al diritto di voto. Poi avrei ricordato agli organizzatori di quel programma di quante volte, genuflessi remissivi col microfono in mano, hanno invece ascoltato senza battere ciglio persone che non appartengono a questo nostro Paese, che non ne sono cittadini, ma che pur malgrado, a volte persino con arrogante insolenza, hanno contestato dalle nostre reti televisive le nostre tradizioni, le nostre leggi e le disposizioni date dai vari governi sulle più svariate questioni, immigrazione selvaggia inclusa; oppure disquisendo circa il fastidio intollerabile che causava loro la visione di un crocifisso in un luogo pubblico. E noi tutti, come perfetti beoti, zitti e muti dinanzi a persone provenienti da regimi dittatoriali retti da teocrazie religiose da essi stessi approvate e difese anche in casa nostra, salvo parlare però dalle nostre televisioni del rispetto dovuto all’altrui sensibilità religiosa; la stessa “sensibilità religiosa” in nome della quale nei loro Paesi di origine si tagliano tutt’oggi le gole e le teste ai cristiani, donne e bambini inclusi.

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Alba Parietti

Alba Parietti: quando da una bocca gonfiata come un gommone da mare messa sul trono delle opinioniste fuoriescono perle di stoltezza

Per non dire quel che avrei risposto ad Alba Parietti, che dal superiore tronetto separato a lei riservato in studio s’è persino improvvisata largitrice di etica e di morale. Anzitutto le avrei ricordato che gli italiani la ricordano sempre nel fiore dei suoi anni come una donna di indubbia bellezza, che nel corso dei suoi ormai trentennali trascorsi televisivi e cinematografici ha dimostrato in ogni modo di non saper cantare, di non saper ballare e di non saper recitare; passando infine dai programmi leggeri al ruolo di “illuminata” opinionista. Chiarito il tutto avrei cercato i punti comuni di unione e dialogo con questa Signora, ricordandole a tal proposito che anche lei, come me, forse aveva fatta “carriera” in ginocchio, con la differenza che io, “carriera”, l’ho fatta in ginocchio per pregare. E ciò beninteso, non per dispensare sferzate, ma semplicemente perché un Vescovo, che in quel delicato momento pubblico rappresenta non solo se stesso ma la dignità dell’intero Collegio Episcopale, non può né deve farsi bacchettare da una donna senza arte né talento che ultra cinquantenne vaga oggi da un chirurgo plastico all’altro. Il tutto nel pieno e legittimo esercizio delle sue insindacabili libertà che noi siamo lieti all’occorrenza di tutelare; non però insindacabili fino al punto di bacchettare un vescovo a quel modo, visto che Maddalena, dinanzi a Gesù, si presentò per essere accolta e perdonata, non per rimproverarlo con piglio altezzoso, portandogli semmai come esempio e modello di vita Giuda Iscariota.

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gallo luxuria grillini

il defunto Andrea Gallo al gay pride, alla sua sinistra il travestito Vladimiro Guadango detto Luxuria, ex parlamentare di Rifondazione Comunista, alla sua destra l’ex presidente dell’Arcigay, Franco Grillini, anch’esso parlamentare della Sinistra post-comunista

La Signora Parietti ha infatti elevato a sommo modello il presbitero comunista genovese Andrea Gallo [vedere QUI], che nella sua autoreferenzialità e nel suo egocentrismo patogeno non esitò a sbeffeggiare e “tradire” ripetutamente la dottrina e il Magistero della Chiesa [vedere QUI, QUI, QUI] sino ad affermare pubblicamente di avere accompagnato di persona delle prostitute al consultorio per abortire [vedere QUI], oltre ad avere istituito un pulmino che di notte viaggiava per Genova a distribuire alle prostitute, oltre alle bevande calde, i preservativi [QUI]. Forse è troppo pretendere dal Vescovo di Palestrina, preposto come tale al governo dei presbiteri della sua Chiesa particolare, una risposta secca per chiarire che un prete del genere tutto è fuorché un modello di vita cristiana e sacerdotale; tant’è che il presule prenestino s’è preso quella inaudita lezione da una bocca gonfiata chirurgicamente come un gommone da mare e tacendo dinanzi a milioni di cattolici italiani, compresi i giovani dell’Azione Cattolica, di cui è stato assistente ecclesiastico nazionale.

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Announo Matteo

il giovane Matteo che dagli studi di Announo ha duramente attaccato il Vescovo Domenico Sigalini

Che dir poi del giovane attivista omosessualista che con gli occhi spiritati ha aggredito più volte il vescovo prenestino, dicendogli infine che lui non accettava di sentirsi dire che cos’è la sessualità, o come viverla, da uno che la sessualità non la vive e non l’ha mai vissuta [vedere filmato integrale, QUI]. Ebbene non vi dico cosa avrei dato per essere stato lì in quel momento al posto dell’improvvido prelato, per sentirmi rivolgere quella sola contestazione. Per prima cosa, a quel modo di fare arrogante e aggressivo, con tanto di uso del “tu” verso un prelato grazie a Dio quasi settantacinquenne, avrei replicato che ero io, a non prendere lezioni di sessualità da lui, che la sua sessualità la viveva liberamente e legittimamente a quattro zampe, poi lo avrei informato che prete lo ero divenuto a 40 anni, dopo molte vicissitudini, nel corso delle quali, una delle cose che non era mancata nelle esperienze della mia vita era stata la conoscenza approfondita della sessualità umana, anche se da me mai vissuta a quattro zampe, nei tempi che furono. Il tutto col risultato che avrei finito col procacciarmi la simpatia persino di coloro che non la pensavano come me, i quali avrebbero finito col dire: «Bene ha fatto a rispondergli per le rime, dopo che quel giovinastro lo ha aggredito in modo irrispettoso, perché, in ogni caso, un ventenne non si rivolge a un ultra settantenne a quel modo, né in pubblico né in privato». Ma d’altronde, sia la Santa Sede come istituzione universale, sia la Conferenza Episcopale Italiana, che pure dispongono di uffici stampa, segretariati per le comunicazioni sociali e via dicendo, paiono seguitare a piazzare all’interno di queste strutture i più dannosi amici degli amici di quello o quell’altro monsignorotto, sempre per tornare alle lamentele del mio precedente articolo nelle quali facevo riferimento al nostro stato di mediocrità, all’interno del quale le “mezze figure” riproducono delle figure ancora più “mezze” di loro; e questi sono i pubblici risultati della nostra “perversa” selezione votata ormai al totale scadimento.

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Sigalini invasioni barbariche 2

S.E. Mons. Domenico Sigalini a Le invasioni barbariche, programma che per temi, conduzione e pubblico, potrebbe indurre a discutere circa la prudente opportunità della partecipazione di un vescovo

Se la Santa Sede o la C.E.I. suggerissero a S.E. Mons. Domenico Sigalini di fuggire in futuro la tentazione di andare ad altri programmi del genere coi risultati testè descritti, recandosi invece in un monastero di Certosini a fare un ritiro spirituale, si eviterebbero tanti disagi e sofferenze a molti cattolici, che per le prodezze di molti ecclesiastici hanno già fin troppo da soffrire e vergognarsi.

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Sigalini a piazzapulita

S.E. Mons. Domenico Sigalini all’agguerrito programma Piazzapulita dove non seppe rispondere a diverse domande-tranello a lui rivolte sugli “scandali” dello Ior

A quel programma che poteva essere interessante, sarebbe stato possibile parlare della visione che la morale cattolica ha della vita, della famiglia e dei figli, però con altra impostazione e interlocutori; ma soprattutto chiarendo che se vescovi, preti o laici cattolici impegnati si occupano di certi temi, non lo fanno per sconfinare fuori dalle loro sacrestie, né per distaccarsi dalle nuvole delle loro cattedre, attaccati alle quali taluni sono convinti che a salvare il Popolo di Dio saranno la metafisica e la epistemologia; ma semplicemente perché è nostro dovere esercitare un diritto riconosciuto anche all’ultimo dei profughi più o meno veri, più o meno realmente sfuggiti alle persecuzioni, che appena toccato il sacro suolo di Lampedusa possono dire e fare tutto quel che vogliono e come meglio vogliono.

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Leone XIII

S.S. Leone XIII, riconosciuto come il Padre della Dottrina Sociale della Chiesa

L’esprimersi del vescovo o del presbitero su certi temi non deve essere puramente politico e finalizzato alla politica, bensì all’etica, alla morale cattolica e all’annuncio del Vangelo. La nostra non deve essere quindi politica finalizzata alla politica, ma dottrina sociale della Chiesa; e tale deve essere il nostro approccio, edificato sul deposito della fede e dalla migliore teologia supportata dal meglio della filosofia, della metafisica e da tanto senso comune che può essere tale solo se basato sulla realtà.

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Ciò che in modo severo ho invece contestato nel mio precedente articolo a certe singole persone o associazioni cattoliche, sino ad usare il termine di “cattofascisti”, è proprio l’esatto contrario: usare problemi di natura etica e morale per cercare la rissa politica, quindi usando come pretesto la Chiesa e il suo messaggio di redenzione e di salvezza per sfogare il proprio essere politico, posto che diversi dei soggetti che io critico con durezza sono stati nella propria vita: o aspiranti politici, o politici mancati. Domanda: è il caso che costoro “realizzino” o “sfoghino” certe loro frustrazioni, spesso derivanti da loro mète non raggiunte, attraverso la Chiesa e l’uso pretestuoso delle tematiche legate alla morale e alla famiglia?

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gay e neonati

celebre e triste immagini di un neonato appena venuto alla luce da un “utero in affitto” e consegnato a una coppia di gay dalla “madre surrogato” che l’ha partorito

Credo di avere riassunto la mia preoccupazione in modo chiaro, per quanto riguarda questi cattolici che in modo insultate aggrediscono gli omosessuali al grido di “Invertiti, pederasti, sodomiti”, o ironizzando sui golpe “sodomitici” o “pederastici”, paventando “l’invertitismo al potere” e via dicendo, spiegando ad essi che in questo momento storico-sociale a me interessano perlopiù coloro che sono fuori dalla Chiesa o distanti da essa. A me interessano non gli intelligenti e ragionevoli personaggi della levatura di Aldo Busi, ma i giovani e meno giovani irragionevoli che nello studio de La7, se avessero potuto, avrebbero preso a cazzotti il vescovo prenestino, basti guardare il filmato di quella puntata, perché ciò è scritto nei loro occhi accesi di disprezzo e aggressività. E com’è noto e risaputo con la piazza non si ragiona, perché è brutta per sua stessa natura. Ora, se alcuni piazzisti dovessero prendere talune “espressioni” di un certo mondo cattolico come una manifestazione del naturale pensare, sentire e agire della Chiesa Cattolica, prima o poi, all’uscita delle chiese, noi che nulla abbiamo da spartire con siffatti toni aggressivi vòlti verso un mondo suscettibilissimo come il complesso e variegato mondo gay, verremmo presi a bastonate, mentre i responsabili dell’istigazione a certe reazioni sarebbero chiusi dentro le loro ville dell’Olgiata, dei Castelli Romani o nei loro super-attici ai Parioli a seguitare a dirsi gli uni con gli altri: quanto siamo cattolici … quanto siamo veramente tradizionali, il tutto mentre Roma brucia. Oppure segregati nei loro uffici accademici a dirsi e cantarsi tra di loro: quanto sono metafisico, quanto sono epistemologo, quanto sono ameriano …

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Femen 2 primate belgio

Le Femen aggredisco e insolentiscono nel nome di “no all’omofobia“, l’Arcivescovo Andre-Joseph Leonard,  Primate della Chiesa Cattolica del Belgio, durante una sua conferenza

Non ho mai mancato di rispetto agli storici Roberto de Mattei e Piero Vassallo, di cui non condivido certe posizioni e che restano per me dei gentiluomini modello. Nell’esercizio delle mie libertà mi sento però di dire che al contrario di de Mattei che tiene conferenze su potenziali scismi più o meno inevitabili [vedere QUI], io ritengo che in questo momento noi rischiamo qualche cosa di peggiore, di quegli scismi che nella Chiesa esistono tacitamente da mezzo secolo, pur non essendo mai stati ufficializzati; rischiamo di essere randellati fuori dalle Chiese da questi “pederasti, invertiti e sodomiti”, molti dei quali covano un senso di odio innato verso tutto ciò che è cattolico, basti solo pensare alle sacrileghe dissacrazioni messe in piedi quasi di prassi ad ogni gay pride contro la Chiesa Cattolica. Soggetti ai quali non vanno offerti a pretesto degli insulti non necessari, non produttivi e non conformi allo spirito della carità cristiana.

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lobby gay

delle occulte elites di potere stanno usando le lobby gay per corrompere i popoli e trascinarli nella irreversibile decadenza umana e morale

Non possiamo però cedere neppure a tentativi di imposizioni politiche affatto “liberali” e “democratiche”, auto censurandoci per il pavido timore di irritare i potenti lobbisti gay, perché detta con tutto il garbo del caso e senza nessuno ledere, per noi la sodomia, specie quella ostentata con orgoglio, rende questo peccato — che può essere molto grave se consapevolmente commesso —, più grave ancora di ciò che in sé e di per sé è [sullo specifico tema vedere articolo del Padre Giovanni Cavalcoli, QUI].

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coppia gay celebre

Jeremiah Brent e il suo fidanzato, nuove star della campagna spring-summer di Banana republic

Non discuto sui gusti sessuali altrui né sul diritto degli adulti a esercitarli in modo libero e consenziente, ma nessuno può impormi la sodomia a colpi di legge come modello e stile di vita, proteggendo il tutto con una ulteriore legge — la cosiddetta legge sul feticcio della omofobia — che se mal congegnata rischia di pregiudicare il diritto altrui all’esercizio delle libertà di pensiero, parola ed espressione. E non entriamo neppure nel complesso tema dei bimbi dati in adozione alle coppie omosessuali o da essi ottenuti attraverso “uteri in affitto” e manipolazioni genetiche, perché questo argomento è di una tale e straordinaria gravità che come tale va trattato a parte.

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prete in manette

non è fantascienza, è un concreto rischio …

Se il legislatore non presterà massima attenzione, in tal caso noi preti possiamo correre il serio rischio di essere arrestati al termine della Messa per avere letto e predicato una Lettera di San Paolo Apostolo:

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«Non illudetevi, perché né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti […] erediteranno il regno di Dio» [cf. I Cor. 6,9-10].

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Questi erano i temi che avrebbe dovuto trattare il Vescovo di Palestrina o sui quali egli avrebbe dovuto trascinare l’argomento durante lo svolgimento del programma al quale poc’anzi ho accennato, prendendo come modello d’esempio Aldo Busi che, appena i convenuti sono partiti per la tangente, ha subito chiarito: «Io sono venuto qua per parlare delle responsabilità della Chiesa sulla diffusione della omofobia, altrimenti non ho motivo per restare; e se continuate su altri temi prendo e me ne vado». E nel mentre, il presule prenestino, seguitava a tacere; e quando parlava, era peggio di quando taceva.

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Femen 1

altra manifestazione anti-cattolica

Io che pure ho tentato di lavorare al meglio delle mie possibilità, invitando anche al dovuto rispetto verso questi esseri umani che hanno una percezione della sessualità diversa dalla nostra e che la vivono in un modo che per noi è fuori di dubbio sbagliato, oltre che nocivo se imposta come modello a colpi di legge, sarò purtroppo lì a prendermi le bastonate, al momento opportuno, mentre forse, gli alabardieri che sognano i tempi “gloriosi” che furono e il gineceo delle aspiranti contessine saranno sicuramente al riparo in qualche salotto a discutere sul Vetus ordo missae.

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Femen cattedrale di Colonia

un’altra attivista fa irruzione nella Cattedrale di Colonia saltando sull’altare durante la celebrazione della Santa Messa di Natale, sul suo corpo la scritta I’m God (io sono Dio)

Tutto queste cose lo dico oggi, 15 giugno 2015, con pastorale senso comune e forse con un piccolo tocco profetico, nella certezza che domani, quando purtroppo accadrà ciò che in queste righe ho anticipato, nessuno dei diretti interessati e meno che mai le nostre Autorità ecclesiastiche avrà purtroppo la umana e cristiana umiltà di dire o di ammettere: purtroppo avevi ragione.

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Questi i motivi per i quali ho ritenuto opportuno scrivere il mio precedente articolo in toni molto duri, consapevole in coscienza di quanto sia grave appiccare i fuochi e poi fuggire, lasciando gli altri a correre tutti i rischi del caso dinanzi all’incendio che divampa e con le uscite di sicurezza bloccate. Ma soprattutto l’ho scritto perchè sono certo che le persone da me bacchettate capiranno la gravità delle situazioni che stiamo vivendo e forse cambieranno atteggiamento, perché sono persone intelligenti, buone, sofferenti e smarrite come lo siamo più o meno tutti in questo momento storico-sociale di straordinaria delicatezza; e sono pure dei cattolici devoti, anche se per provocazione, solo per provocazione e per stimolarli con essa alla riflessione, ho messo in dubbio la loro cattolicità.

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croce incendiata

un pericolo concreto dal quale non possiamo e non dobbiamo sentirci né immuni né lontani

Scopo e missione dei Padri dell’Isola di Patmos è sostenere i nostri Lettori e fedeli cattolici con scritti di sana dottrina, diffondendo e spiegando il Magistero della Chiesa. Tutto questo non può esimerci però da entrare ― a volte anche con la mia irruenza “efficace”? ― su temi molto delicati, perché, semmai alcuni non lo avessero capito, esistono da tempo forze laiciste potenti e agguerrite che sul pretesto di male intese forme di “rispetto”, di “tolleranza” e di tutela delle “diversità”, mirano nei concreti fatti a rendere fuori legge il Cristianesimo. E un problema di siffatta straordinaria delicatezza, con tutti i rischi che esso può comportare per la vita della Chiesa e la serena sicurezza dei suoi fedeli, non si risolve strillando “sodomiti, pederasti, invertiti” … il tutto proprio nei giorni in cui la nostra Roma eterna, bagnata dal sangue dei martiri, dal sangue dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, sede del Vicario di Cristo, è stata sfregiata per l’ennesima volta dalla nuova edizione di Sodoma&Gomorra 2015, vale a dire il gay pride, i cui insulti e provocazioni ostentate da parte di un esercito di maschietti travestiti da “cagne in calore“, non servono a nessuno, a partire dalla loro causa. Ma d’altronde, narcisismo e omosessualismo sono le due facce della stessa moneta, le quali si celano — come direbbe lo psicologo Roberto Marchesini — dietro al «feticcio “omosessuale” dell’omofobia» [articolo di R. Marchesini, vedere QUI].

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cassa da morto

fuggiamo alla cultura della morte …

Ha pertanto ragione in questo caso il direttore di Riscossa Cristiana, che con pacata amarezza ha invitato alla preghiera di riparazione per l’ennesimo oltraggio recato da questa cultura di morte alla nostra Roma eterna, culla della Cristianità [vedere QUI]. Ci uniamo di cuore alla preghiera affinchè la materna mano della Beata Vergine Maria seguiti a trattenere il braccio del suo Divino Figlio ed a salvarci dalla sua ira. Perchè «Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore» [cf, Sal 102,8]. Ma essere “lento all’ira” non vuol dire esserne privo; vuol dire appunto essere “lenti”, prima di giungere ad esercitarla, perché anche la Sua ira è un grande dono di misericordia, ma anche una grande medicina verso chi, dopo essersi fatto Dio, pensa di poter sovvertire tranquillamente l’ordine naturale del Creato. È il problema di sempre: la superbia, il peccato preferito da Satana tra tutti i peccati, che per le strade più diverse porta prima alla distruzione, poi alla dannazione eterna dell’anima.

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Il Sinodo ed i “cattofascisti” all’arrembaggio

— I peccati capitali: la superbia della non-ragione —

 

IL SINODO ED I “CATTOFASCISTI ” ALL’ARREMBAGGIO

 

… vi sono anche alcuni storici della Chiesa, la cui malafede nasce da dati di fatto ch’essi non dovrebbero ignorare per dovere scientifico, per esempio: durante i primi grandi Concili dogmatici, tra il IV e il IX secolo, i Padri della Chiesa non discussero forse in modo libero su tutto e poi del suo esatto contrario, prima di giungere a delle definizioni che oggi sono dogmi sui quali la fede si fonda e si regge? Se gli esponenti di una certa cosiddetta “destra” cattolica avessero abitato nel IV secolo a Nicea durante la celebrazione di quel Concilio e se in quegli anni fossero già esistiti Il Foglio dell’ateo devoto Giuliano Ferrara e l’agenzia stampa Corrispondenza Romana, tramite i quali diffondere come sensazionale scoop ciò che qualche Padre gola profonda aveva deciso di far uscire dall’aula circa il modo in cui l’assise stava discutendo sulla Natura di Cristo, in che modo costoro si sarebbero comportati? Avrebbero fatto azioni di boicottaggio … avrebbero invitato alla ribellione … avrebbero invitato a “resistere” contro il Vescovo di Roma e il Patriarca di Costantinopoli attraverso campagne fatte tramite minacce vergate sui papiri fatti portare nelle città d’Oriente e d’Occidente dai piccioni viaggiatori? 

 

Autore Padre Ariel

Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

 

 

MESSAGGIO FINALE, 'LA CHIESA NON DEVE ESCLUDERE NESSUNO'

celebrazione eucaristica in San Pietro dei Padri sinodali al termine della prima parte del Sinodo sulla famiglia

Prima di parlare del Sinodo della famiglia e dei temi che in esso saranno discussi ― posto che qualsiasi decisione è di là da venire e che nessuno dovrebbe mettere in piedi processi alle intenzioni e meno che mai guerre preventive basate sul nulla ― è necessario chiarire quello che nei concreti fatti è lo stato della Chiesa europea e del clero, perché fare buona pastorale, ed in specie pastorale della famiglia, con le chiese sempre più vuote e con un clero e un episcopato che pare rimembrare l’armata brancaleone, potrebbe risultare difficile anche allo Spirito Santo, che ha il divino potere di mutare persino gli asini in cavalli di razza; purché negli asini, animali utili e nobili, sussista un presupposto basilare: accettare d’esser trasformati in cavalli di razza, perché se non eserciteranno la libertà dei figli di Dio aprendosi alle azioni di grazia, asini sono e asini rimarranno in saecula saeculorum.

L’Italia, non è forse un paese malato all’interno del quale un cattolicesimo roso da metastasi tumorali è italia malataormai avviato verso il proprio naturale stato di agonia? Affermazione che potrebbe apparire disfattista, se vergata dalla penna di chi s’è profuso a descrivere in articoli, omelie e conferenze, l’importanza della “teologia della speranza” [vedere QUI]. Forse la domanda andrebbe posta in altri termini e volendo anche peggiori: l’Italia è mai stata un paese veramente cattolico? Ho cercato di spiegarlo tempo fa su queste nostre colonne dell’Isola di Patmos:

«… per rispondere a questo quesito credo che dovremmo analizzare il motivo per il quale in Italia il Protestantesimo non si è espanso come in Germania, Svizzera, Paesi Scandinavi, ed in seguito negli Stati Uniti d’America, a partire dal XVI secolo. Ciò non è accaduto perché la nobiltà e la borghesia divisa in tanti principati e signorie, nel XVI secolo cercò subito i compromessi più vantaggiosi con la Chiesa Cattolica. In Italia la nobiltà e la borghesia, quantunque dedita di prassi all’agnosticismo e al deismo, in materia religiosa nutriva interessi meno radicali rispetto al resto dell’Europa. Questo ha fatto sì che regnanti, politici, nobili, mercanti, banchieri e mercenari fossero più protestanti dei protestanti tedeschi nella prassi, ma cattolici nella politica e nelle forme esteriori. Ecco perché in Italia si è sempre contrapposta allo Stato borghese una Chiesa Cattolica forte e compatta, spesso formata da eserciti di “devoti” fedeli miscredenti, ma tutti ordinati e compiti in processione con la lacrima all’occhio e il cero in mano» [articolo sul luteranesimo, QUI].

presa di roma

immagine illustrativa della presa di Roma il 20 settembre 1870

Un’altra risposta a questi quesiti, oltre alla storia potrebbero darcela anche altri dati statistici. Dopo il 20 settembre 1870, data che segnò la caduta di Roma, ultimo brandello dello Stato Pontificio, assorbito progressivamente nei dieci anni precedenti dal nascente Regno d’Italia, quali sono i territori in cui l’affluenza alle chiese risultata in percentuale più bassa? Quali le diocesi che registrano il più basso numero di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa? Sono gli ex territori del vecchio Stato Pontificio con in testa la regione Lazio, per secoli cuore del governo della Chiesa, ad avere penuria di preti e di affluenza di fedeli alle chiese. Le diocesi di questa regione, in particolare le diocesi suburbicarie di Roma, hanno un clero formato da presbiteri provenienti principalmente dai Paesi in via di sviluppo, che in alcune di esse supera in proporzione anche il 50% del numero totale dei presbiteri; ad essi vanno aggiunti anche diversi ex religiosi usciti dalle rispettive congregazioni, i quali hanno trovato pronta accoglienza nel clero secolare, in particolare nelle Diocesi di Albano Laziale, Palestrina e Tivoli. Tra questi preti “transfughi” sono emersi nel tempo anche un buon numero di soggetti problematici di cui i vescovi d’origine sono stati ben lieti di liberarsi, nella sicura certezza che qualche vescovo italiano bisognoso di “manodopera” avrebbe finito per accoglierli, data la sua necessità derivante dalla carenza di clero. Ciò con tutte le conseguenze che da queste scelte scellerate possono derivare, quando una diocesi comincia a essere composta da un considerevole numero di presbiteri il cui scopo principale è perlopiù di racimolare più soldi possibile per sostenere le proprie famiglie nei rispettivi paesi d’origine, od i bambini poveri che “muoiono di fame”. Salvo scoprire appresso, come a volte accaduto, che i bimbi da sfamare erano i figli che quel prete aveva disseminati per i villaggi; questo il vero motivo per il quale il vescovo, dopo averlo spostato da un posto all’altro, appurato che in ogni dove il prete lasciava ragazze gravide, s’è infine liberato del problema mandandolo a Roma a studiare a spese della Congregazione de propaganda fide, nell’attesa che se lo prendesse qualche vescovo italiano “affamato” di clero e per questo disposto a raccattare anche oves et boves et columbas et nummularios sedentes. Di tutto questo non occorre chiedere conto ai vari vescovi italiani, né a quelli del Lazio usati come paradigma, perché la lamentela che nelle diocesi erette nei dintorni di Roma c’erano troppi sacerdoti stranieri fu sollevata dal Venerabile Pontefice Benedetto XVI, chi si sentisse pertanto punto da simili affermazioni non se la prenda con me, ma col Sommo Predecessore del Pontefice oggi felicemente regnante.

leone coniglio

tristezza e realtà …

Con questa premessa non s’intende aprire un tema nel tema, ma solo chiarire ― prima di addentrarci nei discorsi legati al Sinodo sulla famiglia ― che bisogna fare i conti con la realtà di un’Europa scristianizzata dove brulicano eserciti di ex fedeli, o nell’ipotesi migliore di fedeli smarriti che ignorano sempre più i fondamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica, cosa questa imputabile non tanto a loro quanto alla sempre più scarsa formazione del clero. Un clero formato da un numero sempre più elevato di sacerdoti che suscitano a volte serio imbarazzo ― quantunque spesso forniti di tutte le “santissime” carte accademiche tirate ormai dietro a chiunque dalle odierne università pontificie ― e tra i quali, a breve, saranno scelti i nuovi vescovi, selezionati di rigore tra i soggetti più insignificanti, affinché alcune personalità di valore, che con grande fatica possiamo comunque trovare sempre in qualche angolo di Chiesa, non finiscano con l’intaccare la mediocrità, la calma piatta è la situazione di stallo generata dai vescovi di quella regione, perché le mezze figure devono di necessità riprodurre delle figure ancora più mezze di loro. D’altronde sappiamo bene che mettere un leone dentro una gabbia di conigli o un’aquila dentro un cortile in mezzo ai polli che raspano, per molti sarebbe forse auspicabile, ma per altri impossibile. Meglio allora tutelare clericalmente certi “equilibri” concedendo a “conigli” e “polli” il pieno “diritto” a operare al “meglio” delle loro incapacità, incuranti del fatto ch’essi stiano affossando la Cristianità. D’altronde, gli “arcani” equilibri clericali, valgono bene la distruzione della Chiesa, che in fondo è solo la Sposa di Cristo; ed in nome degli “arcani” equilibri clericali la Sposa di Cristo può essere tranquillamente sacrificata, anzi gettata direttamente sul marciapiede sotto un lampione, coi vescovi ed i cardinali che l’accostano rasente a bordo degli scooters tentando pure di scipparle la borsetta, ma … solo per dare poi i soldi ai poveri, s’intende!

macerie

macerie …

Questi i motivi per i quali nella mia ultima conferenza ho concluso auspicando il «grande botto», ossia la inevitabile implosione alla quale siamo ormai vicini, per poi ricominciare da capo a costruire sopra le macerie, perché nei processi di decadenza, una volta superato il cosiddetto limite di non ritorno, non è più possibile tornare indietro. O per meglio esprimere il tutto con un esempio pertinente: un’automobile che finisce sul ciglio d’una scarpata può essere salvata con tutte le persone che porta a bordo, se prontamente si fa retromarcia rimettendola sulla sicura carreggiata. Se invece viene lanciata lungo il precipizio, a quel punto è inutile, anzi è più dannoso tentare di ingranare la retromarcia durante la caduta; il risultato sarà quello di spaccare il cambio, dato che indietro non si può più tornare.

Questa la situazione reale nella quale i Padri sinodali si ritroveranno a lavorare e dalla quale non possiamo prescindere, perché facendolo usciremo dal reale per andare a spaziare nel surreale. I padri dovranno quindi muoversi a bordo di un’automobile che sta per schiantarsi in fondo al precipizio, mentre il conducente mostra a tutti loro il cambio spezzato domandando: «E adesso, come possiamo fare per tornare indietro?». Ora, siccome ad agitare il cambio spezzato dell’automobile in caduta è il conducente, vale a dire il Santo Padre Francesco, con lungimiranza egli ha indetto un Giubileo straordinario della misericordia; e mai giubileo fu più appropriato! Cosa che affermo con quelle cognizioni sacerdotali e pastorali che non hanno toccato certi commentatori, specie quei gruppi di cattolici tristi che contesterebbero il Santo Padre anche per avere affermato che lo «Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti» [Cf. Simbolo di fede].

giubileo 2

logo del Giubileo della Misericordia

Per capire il senso del Giubileo della Misericordia è necessario essere un po’ preti con le mani dentro la pasta della pastorale, un po’ meccanici con le mani sporche d’olio. Tempo fa, il Santo Padre, usò l’espressione pittoresca «Siate pastori con addosso l’odore delle pecore» [vedere QUI]; cosa che sul momento mi fece sorridere, per esempio immaginando il suo Vicario Generale per la Diocesi di Roma che, udite quelle parole, cercava di uniformarsi commissionando sùbito alla fabbrica di profumi di Chanel il nuovo parfume des moutons [profumo delle pecore], da distribuire tra i presbiteri dell’Urbe. Intesi però perfettamente ciò che di molto giusto il Santo Padre intendesse dire e di quanto ben poco vi fosse da scherzare su quelle parole e su quell’invito tanto serio quanto profondo.

Ma ricorriamo ancora a un esempio: giorni fa, a un malato in stato terminale ho portato la grazia e la misericordia di Dio, concedendogli — come prevede il rito del Sacramento dell’unzione degli infermi ― l’assoluzione da tutti i peccati, inclusi quelli riservati alla Santa Sede, secondo i poteri a me conferiti dalla Sede Apostolica, come recita la formula: «Ego, facultate mihi ab Apostolica Sede tributa indulgentiam plenariam et remissionem omnium peccatorum tibi concedo …». Or bene, il Santo Padre, nella bolla Misericordiae vultus con la quale ha indetto questo Giubileo [vedere QUI], non ha forse fatto capire ― a coloro che hanno cuore, anima e vero sentimento cattolico ― che siamo di fatto allo stato terminale? Presto detto da dove possiamo capirlo: non solo il Romano Pontefice ha deciso di mandare in giro dei “missionari della misericordia”, ciò che dovrebbe indurre a riflettere è che ha conferito loro piena e stabile facoltà di assolvere per tutto l’anno giubilare, a partire dalla Quaresima, anche i peccati riservati dal Codice di diritto canonico alla Sede Apostolica [cf n. 18 vedere QUI]. E come noi confessori sappiamo, l’assoluzione dai peccati riservati alla Sede Apostolica possiamo appunto concederla solo a un morente o a una persona in reale pericolo di vita, mai in altre occasioni; perché in assenza di reale pericolo di vita l’assoluzione di un peccato riservato alla Sede Apostolica costituirebbe un abuso gravissimo da parte del confessore, ed il prete che l’ha impartita sarebbe soggetto a severe pene canoniche [cf. sui peccati riservati vedere QUI].

sinodo famiglia 2

Sinodo sulla famiglia 2014-2015

L’intreccio tra Sinodo sulla famiglia e Giubileo della Misericordia non è una sovrapposizione di “attività”, ma un necessario percorso logico, se consideriamo che l’Europa, sulla famiglia ormai in agonia, rischia di celebrare a breve un solenne funerale con l’orchestra al gran completo dei massoni, dei membri del liberalismo senza valori, dai burattinai dell’economia senza etica e degli ideologi della cultura omosessualista, che tutti assieme suonano la marcia funebre a trombe spiegate. E noi, che in questa situazione siamo già stati istituiti in un certo senso becchini, non possiamo giocare a fare gli ostetrici con i cadaveri, li possiamo solo benedire e seppellire, se prima i cadaveri non avranno già sepolto noi.

Burke in cappamagna

il Cardinale Raymond Leonard Burke, eletto quale “resistente” dai circoli della cosiddetta tradizione, posa in cappamagna presso uno dei vari “centri estetici” di pizzettari&merlettari. E di sicuro sono queste le cose che fanno particolarmente gioire un soggetto come il Santo Padre Francesco.

Tutte queste cose in parte ovvie in parte fondamentali, stanno sfuggendo da quasi due anni a tutti quegli ideologi pseudo-cattolici che dovendo dare sfogo al peggio di se stessi, hanno mutato il Sinodo in un terreno di scontro politico. E dinanzi ad un agonizzante si sono messi a discutere sulle strategie da adottare per vincere le prossime elezioni politiche, prima delle quali è a loro parere utile sconfiggere il “teorema Kasper” [vedere QUI, QUI], la “relazione ereticale Erdö” [vedere QUI], la cordata dei “falsi profeti” dell’episcopato tedesco [vedere QUI], dando nel mentre notizie meticolose persino su quante volte si reca al bagno colui che da essi è stato eletto qual grande antagonista e sopravvissuto “paladino” dei “valori non negoziabili” della vera “traditio catholica”, il Cardinale Raymond L. Burke, al quale è stata conferita da costoro la Palma della Resistenza … ma a chi, forse a Pietro? [vedere QUI]. Quindi informando giorno dietro giorno tramite il bollettino dell’ormai mitico e comico sito Chiesa & Postconcilio, di quanto il funzionamento della sua eminentissima prostata sia perfetto, ma soprattutto conforme al Rito romano usus antiquior, come prova la prima minzione mattutina, seguita poi dalle laudi in rito tridentino, prima delle quali è emersa una orina salubre di colore giallo paglierino da fare invidia agli angeli, che non avendo sesso non possono orinare, per questo sono invidiosi.

caffarra e Cavalcoli

l’Arcivescovo Metropolita di Bologna Carlo Caffarra con il nostro teologo domenicano Giovanni Cavalcoli nel Patriarcale convento domenicano bolognese

Facendo tutto questo, che equivale a mostrare di non voler capire che cos’è la delicata azione pastorale della Chiesa in tempi come quelli che stiamo vivendo, questi soggetti presumono pure di avere o possedere la vera fede nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, ignari di professare invece nei concreti fatti un altro battesimo, in particolare attraverso i loro moti d’astio verso Pietro [esempio, QUI].

Più volte, come pastore in cura d’anime — e non certo come taluni liberi cittadini che giocano ai sociologi o ai politologi e che come tali devono avere sempre un nemico sul quale sfogare i propri disagi interiori ― ho ricordato che la lussuria non è il primo dei peccati capitali; il primo è la superbia seguita da avarizia, invidia, ira … Su sette peccati capitali la lussuria è collocata al quinto posto. Ci sarà pure un motivo, se in ordine di graduatoria, prima dei “famigerati” peccati di sesso, ne vengono in fila altri quattro? Ma i giornalisti laicisti per un verso, certi ideologi cattolici per altro verso hanno puntato sùbito sull’antica ossessione di sempre, il sesso, per mutare questo Sinodo in una assise chiamata a discutere su problemi legati alla sessualità umana ed ai suoi vari risvolti. Cosa invero falsa, anche se al Sinodo è presente pure un eminente esperto di bioetica e di etica sessuale come il Cardinale Carlo Caffarra, che nel corso del proprio ministero apostolico si è però occupato anche di molte altre cose, dalla dogmatica cristologica all’etica dell’economia, basti leggere le sue omelie, alcune delle quali — senza eccedere in lusinghe, dato che ai cardinali strigo di solito la crina con la spazzola ferrata e difficilmente faccio carezze — degne davvero di un dottore della Chiesa, specie in questo panorama omiletico episcopale sempre più desolante [si rimanda a tal proposito alle sceneggiate del Vescovo di Noto, QUI].  

Nonostante ciò, il messaggio che riguardo questo Sinodo è stato fatto passare dagli esponenti della “tesi” e da quelli della “antitesi” è invece la solita pruriginosa caccia alle mutande ed alle perquisizioni delle camere da letto.

Giovanni Cavalcoli foto ordine

da queste colonne Giovanni Cavalcoli ha spiegato in che modo, il Santo Padre, avesse  chiarito certe sue posizioni nel discorso conclusivo alla prima parte del Sinodo, fugando paure che non avevano motivo alcuno di sussistere

Per creare scontri ideologici e guerre è stato preso il problema della eventuale ammissione alla Eucaristia dei divorziati risposati, affinché ancora una volta, quel sacro mistero che è motore, vita e centro di unità della Chiesa, fosse diabolicamente usato come mezzo di divisione e scontro ideologico; il tutto, cosa grave, sulla base di nulla. E ribadisco sulla base di nulla, anche se qualche gola profonda episcopale o cardinalizia ha fatto uscire dall’aula sinodale discorsi o relazioni private, ed a quel punto, sui giornali di tutto il mondo e sulle agguerrite riviste telematiche dei soliti noti, si è principiato a tuonare contro “colpi di mano”, potenziali “golpe” … sino a giungere al peggio: che attraverso la prassi pastorale i pericolosi modernisti ― sulla cui pericolosità non si discute ― avrebbero finito col mutare la sostanza dei Sacramenti, lanciando in tal senso degli allarmi molto gravi, ignorando, o fingendo di ignorare, che la Chiesa non può alterare la sostanza dei Sacramenti, mai, tanto meno con la prassi pastorale [vedere QUI, QUI, ecc..]. Insomma, come ha spiegato lo storico Roberto de Mattei: «La Chiesa è alla vigilia di uno scisma» [vedere QUI, QUI]. A nulla è servito che il mio insigne confratello anziano Giovanni Cavalcoli, dalle colonne di questa nostra rivista, spiegasse con la dovizia teologica che lo contraddistingue in che modo, il Santo Padre, avesse già chiarito certe sue posizioni nel discorso conclusivo alla prima parte del Sinodo, fugando in tal senso dubbi e paure che non avevano motivo alcuno di sussistere [vedere QUI].

piccioni viaggiatori

Piccioni viaggiatori usati al Concilio di Nicea nel IV secolo, quando ancora non esistevano Il Foglio e l’Agenzia Corrispondenza Romana, per la diffusione delle discussioni private dei Padri conciliari

Tra queste persone vi sono anche alcuni storici della Chiesa, la cui malafede nasce da dati di fatto ch’essi non dovrebbero ignorare, per esempio: durante i primi grandi Concili dogmatici, tra il IV e il IX secolo, i Padri della Chiesa, non discussero forse in modo libero su tutto e poi ancora del suo esatto contrario, prima di giungere a delle definizioni che oggi sono dogmi sui quali la fede si fonda e si regge? Se gli esponenti della odierna e cosiddetta “destra” cattolica avessero abitato nel IV secolo a Nicea durante la celebrazione di quel concilio e se in quegli anni fossero già esistiti Il Foglio dell’ateo devoto Giuliano Ferrara e l’agenzia stampa Corrispondenza Romana, tramite i quali diffondere come sensazionale scoop ciò che qualche Padre gola profonda aveva deciso di far uscire dall’aula circa il modo in cui l’assise stava discutendo sulla Natura di Cristo, in che modo costoro si sarebbero comportati? Avrebbero fatto azioni di boicottaggio … avrebbero incitato alla ribellione … avrebbero invitato alla resistenza contro il Vescovo di Roma e il Patriarca di Costantinopoli attraverso campagne fatte tramite minacce vergate sui papiri fatti portare nelle città d’Oriente e d’Occidente dai piccioni viaggiatori? E in tal caso, quali polemiche avrebbero imbastito, ammesso e non concesso che tra scuole avverse e soprattutto tra pericolose eresie serpeggianti nell’orbe catholica di quei tempi ― basti solo pensare all’eresia ariana ―, si stava discutendo, non della Comunione ai divorziati risposati, bensì del fondamento stesso della Chiesa: l’incarnazione del Verbo e il mistero della Persona di Cristo?

mercato della frutta

mercato della frutta in Campo dei Fiori sotto la statua di Giordano Bruno

La zia Pasqualina che vende frutta in Campo dei Fiori sotto la statua di quel ragazzaccio di Giordano Bruno, queste cose non le sa, io che però le conosco uso non a caso l’espressione di disonestà intellettuale e di carente criterio scientifico da parte di queste persone che da quasi due anni costruiscono interi teoremi su discorsi perlopiù privati fatti dai Padri sinodali i quali devono sempre, di prassi e rigore, discutere in totale libertà di tutto e poi del suo esatto contrario, prima che Pietro, assistito dalla grazia dello Spirito Santo, dica l’ultima parola, come sempre accade e come sempre è accaduto. E facendolo, sino a oggi, Pietro non ha mai sbagliato, incluso nel Vaticano II, che della Chiesa è stato l’ultimo grande concilio celebrato, sebbene per taluni di questi belligeranti contro improbabili Eucaristie concesse ai divorziati rispostati con colpi di mano dei modernisti e dei progressisti, sia stato invece non un concilio ecumenico ma un grande sbaglio, o nella migliore delle ipotesi solo un concilio pastorale di terzo, massimo di secondo grado, stando almeno alla fanta-ecclesiologia del duo teologico Gherardini&Lanzetta.

gay village

locandina del Gay Village

Dalla Eucaristia ai divorziati i soliti noti spostano poi il tiro sui gay, paventando rischi di riconoscimenti delle unioni omosessuali e via a seguire; e con uno spirito penoso, oltre che aggressivo e pure cattivo, dobbiamo sorbirci gli immancabili Paolo Deotto e Pietro Vassallo, supportati da un gineceo di donne appassionate che anziché col cervello scrivono con lo stomaco articoli da lavanderia, attraverso i quali parlano in toni aggressivi e non di rado sprezzanti di “invertiti, pervertiti, pederasti, sodomiti …” [vedere QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, ecc..]. Articoli nei quali manca solo la chiosa finale: «boia chi molla!», semmai invitando i lettori ad un pellegrinaggio commemorativo a Predappio sulla tomba di Benito Mussolini guidato personalmente da Pietro Vassallo, visti gli ultimi articoli davvero indecenti che sono stati scritti su Riscossa Cristiana in occasione della festa della Repubblica Italiana che si celebra il 2 giugno, giorno nel quale io, come prete che al tempo stesso è pure cittadino italiano a pieni diritti e pieni doveri, celebravo invece una Santa Messa per il bene e la prosperità della nostra amata Patria e dei suoi abitanti [vedere QUI, QUI, QUI].

ROlando Rivi

il martire Rolando Rivi, assassinato dai partigiani rossi. Una immagine della cerimonia di beatificazione, di spalle il prefetto della Congregazione per le cause dei Santi, Cardinale Angelo Amato

Visto che siamo caduti su questo tema che non intendo lasciare né vago né sospeso, si aggiunga anche l’uso strumentale fatto in precedenza da questi palesi nostalgici nel giorno della festa della Liberazione, che cade il 25 aprile, in occasione della quale si è abusata la venerabile memoria dei sacerdoti uccisi nel cosiddetto “triangolo rosso” dell’Emilia Romagna dai partigiani comunisti [vedere QUI, QUI], inclusa quella beata anima del seminarista Rolando Rivi [vedere QUI], pensando al quale è raro che mi tolga la talare di dosso, se non per sostituirla, in caso di reale necessità, con un decoroso clergyman. Gente a tal punto ideologizzata, questi articolisti incattiviti da strani sentimenti “autenticamente cattolici”, da non capire neppure le parole da loro stessi scritte, visto che prima di morire, rifiutandosi di togliersi la talare di dosso, il giovane disse: «Io studio da prete e la veste è il segno che io sono di Gesù». Hai capito, Paolo Deotto? Lo hai scritto tu stesso tentando di mettere in piedi l’ennesimo teatrino ideologico: il Beato martire Rolando Rivi non disse «Io sono dei fascisti contro i comunisti», né disse «io sono dei comunisti contro i fascisti», ma disse esattamente quello che tu stesso riporti, «io sono di Gesù» [vedere QUI]. Affermazione che in sé sottintende: sono di Colui che come agnello immolato è morto per la nostra redenzione e che non invita all’odio partigiano verso nessuno, invita a odiare solo il peccato che ci separa dalla comunione con Lui e dalla sua Santa Chiesa erette sulla roccia di Pietro.                          

È vero che sono stati assassinati circa 80 sacerdoti da delle “bestie” in quel caso rosse, che alzarono il tiro assassino persino su un adolescente “colpevole” di portare la talare da seminarista, ma agli ideologi falsari di Riscossa Cristiana non dovrebbero sfuggire neppure le “benemerite” bestie nere, quantunque di fatto siano capaci a strumentalizzare e alterare per i loro discutibili fini ideologici persino il celestiale manto della Beata Vergine Maria, ingaggiando di buon grado delle comari incattivite al lavatoio [esempio, QUI] per tirare fango a iosa sul Sommo Pontefice ed il Collegio episcopale, ed il tutto — va da sé — in nome della vera e autentica fede cattolica di cui questi soggetti incarogniti da superbia luciferina si sentono persino detentori.

Don GIovanni Minzoni

Don Giovanni Minzoni, Arciprete di Argenta (Ferrara) ucciso a bastonate dai fascisti il 23 agosto 1923, martire di Cristo e della Patria

Domando pertanto a tutti loro, con fatti e atti storici alla mano: perché, il 25 aprile e il 2 giugno, non celebrare anche la memoria di tutti quei preti italiani ― peraltro pure superiori in numero ― che nel corso del “glorioso” ventennio fascista sono stati tramortiti a bastonate e più volte assaliti dalle camicie nere, alcuni persino mentre erano in chiesa all’altare a celebrare la Santa Messa? Se Paolo Deotto, anziché giocare con la storia assieme all’aspirante contessina Cristina Siccardi, che nel giorno della festa della Repubblica ha tirato di nuovo fuori la trita bufala dei brogli elettorali per i quali la monarchia avrebbe perso il referendum nel 1946 e tessendo al contempo il “cattolico” elogio della massonica Casa Savoia attraverso la figura di un suo notorio donnaiolo [vedere QUI] ― ignara di cosa questa dinastia di pirati all’arrembaggio abbia comportato per il nostro Paese e per la Chiesa italiana dal 1850 a seguire ―, si premurasse invece di documentarsi a dovere, scoprirebbe quante volte gli agenti della “benemerita” Ovra fascista hanno persino inscenato dei suicidi di preti. Uno dei quali fu sepolto all’epoca in terra non benedetta e senza funerale, perché fu creduto per davvero che s’era suicidato impiccandosi sotto l’altare della chiesa dinanzi al tabernacolo della Sacra riserva eucaristica; quindi suicidio e al contempo sacrilegio. Solo verso metà anni Cinquanta, mettendo assieme quella e altre morti parecchio sospette, si cominciò a nutrire seri dubbi che quel prete privo di simpatie verso il regime fascista si fosse davvero suicidato, si preferì però non approfondire oltre e in quell’angolo di Meridione d’Italia fu fatto calare il silenzio su quello e altri tristi decessi, ma la bara fu discretamente riesumata e sepolta nell’angolo di cimitero riservato ai sacerdoti; e con ciò fu chiarito tutto senza dover spendere neppure una parola. E per la gioia di Deotto, di Vassallo e di tutto il club nostalgico di Riscossa Cristiana, potremmo seguitare coi giovani dell’Azione Cattolica e dei gruppi degli Scouts presi a bastonate, alcuni dei quali rimasti invalidi o semi-invalidi permanenti per tutta la vita, visto che rompersi le ossa negli anni Trenta non era uno scherzo e rimettere a posto un femore fratturato in quattro o cinque punti non era agevole neppure per i migliori chirurghi; per seguire con le tipografie cattoliche incendiate, compresa quella della Civiltà Cattolica e via a seguire. Va quindi ricordato con rigore storico che il cosiddetto famigerato “triangolo rosso”, prima di essere rosso, fu un “triangolo nero”, incubatrice e culla del nascente fascismo, il cui fondatore era un romagnolo in trasferta a Milano ed i suoi primi fedeli compagni erano per gran parte emiliano-romagnoli. E in quella fascistissima regione diventata poi appresso comunistissima, ad ogni sospiro reputato sbagliato dalle “sante” camicie nere i preti venivano tonificati a bastonate, come accadde a Don Giovanni Minzoni, ad Argenta di Ferrara, al quale sfondarono il cranio a bastonate. Reputo pertanto doveroso ricordare agli articolisti di Riscossa Cristiana che invitano allo sdegno il pubblico attraverso le immagini del cadavere del duce e della sua povera amante [vedere QUI, QUI, QUI], che i sacerdoti morti prima dell’8 settembre 1943 ammontano a 422, tra questi 158 furono trucidati dai nazi-fascisti e 33 dai militi fascisti della Repubblica di Salò. I parroci italiani morti violentemente prima della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo furono 238, ai quali vanno aggiunti 41 vice-parroci e 129 tra seminaristi e novizi. Dati statistici, nomi e descrizioni delle morti sono reperibili nella sezione di storia italiana dell’Archivio vaticano.

Don Umbeto Pessina

il cadavere di Don Umberto Pessina assassinato dai comunisti in odio alla fede il 18 giugno 1946 a Correggio (Reggio Emilia)

A conclusione di questo penoso tema affermo — e non certo a cuor leggero — che “benedire” in modo più o meno subliminale il “cattofascismo” ed i “devoti” Savoia “cattolici” nel giorno in cui l’Italia festeggia la Liberazione del patrio suolo dal nazi-fascismo e ancora nel giorno in cui si festeggia la festa della Repubblica, fa di questi soggetti delle autentiche vergogne sia come italiani sia come “cattolici”. Il tutto espresso in tono rammaricato e severo dal discendente di una famiglia i cui membri hanno avuto il “privilegio” di prendersi prima le manganellate dei fascisti e poi quelle dei comunisti, con la differenza che per me costituiscono il male sia gli uni sia gli altri. È pertanto mio dovere — anche per qualche discreta sollecitazione ricevuta da alcune autorità ecclesiastiche che hanno lasciato il tutto alla mia libera decisione — di rendere noto per il tramite della mia penna, ai non credenti ed a tutte le persone distanti dalla Chiesa Cattolica le quali, equivocando, potrebbero scambiare questi soggetti ed i loro scritti molto livorosi come espressione del mondo cattolico, o peggio del pensare e del sentire della Chiesa italiana, che questi personaggi sono solo dei “cani sciolti” senza padrone che come tali rappresentano solo se stessi, non rappresentano ad alcun titolo il mondo cattolico e tanto meno il Collegio sacerdotale italiano, che ha sempre pianto e pregato sia per le vittime del fascismo sia per le vittime del comunismo, senza mai esaltare quelle uccise da una parte e ignorando con ideologica malafede quelle uccise dalla parte avversa. La Chiesa ha sempre onorata la memoria dei suoi sacerdoti uccisi in odio alla fede sia dai fascisti sia dai comunisti, compreso un beato martire di appena 14 anni.

omosessuale pianto

… non tutti i gay sono affatto dei patetici ragazzacci travestiti da cagne in calore che si esibiscono senza dignità e pudore nelle Sodoma e Gomorra dei gay pride o nei festini orgiastici del gay village

Ecco dipinta la vera pasta di cui è fatta questa gente cupa e incattivita alla quale domando: avete mai avuto a che fare — pastoralmente parlando — con degli omosessuali? Avete mai accolto dentro un confessionale questi ”invertiti, pederasti, sodomiti”, tali siete soliti definire “caritatevolmente” questi esseri umani con spirito e frasari da Repubblica Sociale di Salò e con metodi ideologici da gulag sovietico? Vi siete mai fermati ad ascoltare questi soggetti, per apprendere che cosa hanno vissuto e spesso sofferto nel corso della loro esistenza, posto che non tutti i gay sono dei patetici ragazzacci travestiti da cagne in calore che si esibiscono senza dignità e pudore nelle Sodoma e Gomorra dei gay pride o nei festini orgiastici del gay village? A quanto pare non li avete mai incontrati e ascoltati, stando almeno a ciò che da mesi state scrivendo e affermando nella “vostra” pseudo “chiesa” intrisa di politica, di ideologia, di nostalgie passate, nella quale la carità non alberga manco di straforo, presi come siete a rifiutare in modo ostinato il presente e quel divenire futuro che caratterizza invece la Chiesa di Cristo pellegrina sulla terra. Avete mai accolto, ascoltato e appreso le vite e le esperienze quasi sempre sconvolgenti di travestiti e transessuali? Io si, li ho ascoltati per ore, quando per un anno ho prestato servizio in un’antica basilica romana; e ricordo pure con affetto questo gruppo di ragazzi che tutti i sabato sera venivano alla Messa vespertina, si mettevano in fondo alla basilica e ascoltavano devotamente, ovviamente non si avvicinavano a fare la Comunione, come invece fece a suo tempo per sacrilega provocazione politica il genderista Vladimiro Guadagno, detto Luxuria, al funerale del prete eretico Andrea Gallo; ed alla fine della Santa Messa, questi ragazzi, mi attendevano per chiedermi la benedizione e preghiere per i propri defunti o per i propri familiari che vivevano nei loro paesi d’origine.

anziano con ragazza

… se nel giorno del giudizio il Signore dovesse spedire questi gaudenti e ricchi vecchietti all’Inferno, in tal caso potrebbe provvedere il capo-fariseo nonché vescovo scismatico Bernard Fellay ad andare a sollevare quaestioni “canoniche” con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, protestando energicamente per il fatto che questi “ottimi clienti” avevano regolarmente “pagato” Messe di suffragio sino alla parusia.

Ma tutte queste sono appunto azioni pastorali alle quali un prete non deve sottrarsi. Azioni che non vengono fatte dalla Fondazione Lepanto, troppo impegnata a contemplare lo stagno d’acqua rafferma dei lefebvriani, che danno semmai manforte a promuovere conferenze contro “invertititi“, “pederasti” e “sodomiti“, spiegando con disumana “morale” farisaica in che modo un adolescente, casomai morisse senza confessione, finirebbe indubitabilmente ad abbrustolire tra le fiamme dell’inferno per essersi masturbato. Luogo dal quale sarebbero invece immuni tutti i ricchi imprenditori dell’estrema destra americana o quelli arricchitisi in Brasile in modi e forme tutte da chiarire, che pur sollazzandosi all’ombra dei loro settant’anni nelle piscine delle proprie ville con delle ventenni statuarie — non si pensi male, si tratta di nipotine che recitano pure lodi e vespri col breviario tridentino — voleranno invece diritti in Paradiso per tutti i soldi mollati a favore delle opere della scismatica ed ereticale Fraternità di San Pio X e per le Messe perpetue che la stessa si è offerta di celebrare previa cospicua donazione. Ovviamente, se nel giorno del giudizio il Signore dovesse spedire questi gaudenti e ricchi vecchietti all’Inferno, in tal caso potrebbe provvedere il capo-fariseo nonché vescovo scismatico Bernard Fellay ad andare a sollevare questioni “canoniche” con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, protestando energicamente per il fatto che questi “ottimi clienti” avevano regolarmente “pagato” Messe di suffragio sino alla parusia; e non è da escludere che inviti pure alla “resistenza” contro il Supremo Giudice, che a dire suo e dei suoi, avrebbe organizzato male il Giudizio Universale, semmai con de Mattei che mette in piedi una raccolta firme per protestare contro il provvedimento preso e il giudizio dato dall’Onnipotente.

Worlds Largest Crocodile in Captivity

… non possiamo chiuderci all’interno di un fortilizio dal quale urlare “boia chi molla!”, dopo avere tirato su il ponte levatoio e avere riempito il fossato di caimani tenuti a digiuno.

Dai “cattofascisti”, che sono peggiori dei “cattocomunisti”, passiamo dunque alla concreta dimensione pastorale; e perdonatemi se ancora una volta mi rifaccio alla mia ultima conferenza nella quale, in tutta la prima parte, parlo di quel progresso sociale e scientifico col quale la Chiesa del Novecento è stata chiamata a fare seriamente i conti, sino ad equipaggiarsi pastoralmente attraverso il Concilio Vaticano II [vedere QUI] Noi viviamo oggi in una società soggetta a dei mutamente radicali, di fronte alla quale non possiamo chiuderci all’interno di un fortilizio dal quale urlare “boia chi molla!”, dopo avere tirato su il ponte levatoio e avere riempito il fossato di caimani tenuti a digiuno. Dinanzi a questi mutamenti radicali che toccano anzitutto la famiglia e la percezione sempre più deteriorata e deteriorante dell’idea di sessualità, di rapporto tra persone, di vita sentimentale o di coppia, noi pastori in cura d’anime dobbiamo essere muniti dalla Chiesa di adeguati strumenti pastorali; perché a fronte di situazioni del genere la Chiesa non può lasciare i vescovi preposti al governo delle Chiese particolari e tutti i loro presbiteri ad agire in solitudine o singolarmente secondo coscienza personale, se non peggio secondo libero arbitrio. Ancora una volta procediamo con quegli esempi concreti di cui non troverete traccia alcuna negli articolo del club dei “Boia chi molla!” che lanciano fuochi e fulmini su “concubini“, “pederasti” e “invertiti”, tuonando con urla da bettola contro i “patti sodomitici” [vedere QUI]. Premesso che la sodomia, ieri come oggi rimane sempre un grave peccato ma premesso altresì che si condanna il peccato, sempre, mentre invece il peccatore lo si assolve ogni volta che è pentito, il nostro problema odierno non è certo l’essere contrari a quella pericolosa carnevalata che è il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso, perché dobbiamo prendere atto del fatto che ormai siamo al di là di questo e che l’Europa — e non solo — ha ormai ceduto a questa triste realtà che per noi, cristianamente parlando, è una autentica aberrazione, che può solo condurre prima verso la follia, poi dalla follia all’auto-distruzione, perché alla cultura della vita che nella vita nascente e nel nucleo familare ha il proprio centro, stanno sostituendo un cultura della negazione della vita, imponendo in tal modo un’autentica cultura della morte.

coppia gay

… se una coppia di due “lui” o una coppia di due “lei” mi si presentano a chiedere il battesimo del “bimbo giocattolo” preso in adozione a coronamento della finzione di coppia e di famiglia messa in piedi, io prete, come mi devo comportare?

Bisogna però capire e accettare — e qui la parola accettare va letta come accettazione di un fallimento colossale — che in diversi Paesi europei il matrimonio tra coppie dello stesso sesso e la possibilità ad esse data di adottare i bambini è un fatto sancito da leggi a nostro parere inique e mostruose. Ora, dinanzi a leggi che hanno sancito un fatto, il problema non è più la lotta contro il matrimonio gay, che è appunto un fatto in quanto legge dello Stato in vari paesi; il problema ormai è divenuto un altro, ossia ciò verso il quale a breve dovremo agire e reagire, per esempio: se una coppia di due “lui” o una di due “lei” mi si presentano a chiedere il battesimo del “bimbo giocattolo” preso in adozione a coronamento della finzione di coppia e di famiglia messa in piedi, io prete abituato a prendere ordini dalla Chiesa — e non certo da Il Foglio e dalla Fonfazione Lepanto — come mi devo comportare? Ho sicuramente il dovere di battezzare una creatura e forse anche l’obbligo di farlo. Come posso però, a due lesbiche o a due gay che giocano alla famiglia e ai genitori e che hanno creato una vera e propria parodia satanica di famiglia, far recitare la professione di fede? Come faccio a chiedere a soggetti del genere, secondo il Sacro rito del battesimo: «Rinunci a Satana … a tutte le sue opere … a tutte le sue seduzioni?», se nei concreti fatti l’opera di Satana incarnata sono loro attraverso ciò che hanno fatto e messo in piedi tramite uteri in affitto, madri-surrogato e manipolazioni genetiche? È presto detto che in tal caso agirei secondo coscienza, posto che la mia priorità sarebbe quella di battezzare la creatura, quindi prenderei i due, premetterei che non intendo sindacare sulla loro vita privata e sulle loro pubbliche scelte che assolutamente non approvo e, se proprio vogliono battezzare la creatura, che me la facciano presentare da un padrino e da una madrina, maschio e femmina, animati da autentici sentimenti cristiani, perché in caso contrario, presentata da loro, io non amministro il Sacramento del battesimo, che da molti di questi soggetti verrebbe chiesto solo a titolo puramente provocatorio al fermo scopo di tentare per l’ennesima volta di obbligare la Chiesa a chinare il capo dinanzi alla loro volontà e quindi accettare quell’inaccettabile che noi non possiamo e non dobbiamo accettare.

coppie di fatto

… se una coppia di conviventi desidera ricevere il Sacramento del matrimonio, dopo avere avuto anche più figli, come mi devo comportare, posto che per la Chiesa sono di fatto due pubblici concubini?

Non sono parroco ma collaboro da sempre con le parrocchie per le loro varie necessità non solo liturgiche ma soprattutto pastorali, quindi posso mettermi facilmente nei panni dei miei confratelli parroci. Per esempio: se una coppia di conviventi desidera ricevere il Sacramento del matrimonio, dopo avere avuto anche più figli, come mi devo comportare, posto che per la Chiesa sono di fatto due pubblici concubini? Devo forse, come molti parroci, far finta di non sapere che i due convivono da anni e che seguitano imperterriti la loro convivenza mentre si stanno preparando al matrimonio? Devo invitarli a separarsi e andare a vivere assieme solo dopo il matrimonio, oppure, con una famiglia di fatto messa in piedi e con dei figli che stanno già crescendo, devo rispondere imponendo loro di vivere come fratello e sorella fino a dopo il matrimonio? Insomma, cosa devo rispondere e, soprattutto, come mi devo comportare nell’esercizio del sacro ministero, che non esercito certo a mio nome ma a nome della Chiesa di Cristo, invocando per ogni Sacramento e Sacramentale celebrato, impartito o amministrato la grazia del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo?

coppia fidanzati

… a due giovani che hanno trovato impiego a distanza dai loro luoghi di origine e che lavorano duramente per pagarsi il mutuo della casa e sposarsi quanto prima, che vivono in un monolocale condividendo gli spazi e soprattutto risparmiando sulle spese, che cosa devo dire, di andare a vivere in case separate?

E ancora: a due giovani fidanzati ventenni che con sacrificio vanno fuori sede a studiare all’università ― cosa che possono fare solo perché in due condividono una camera e quindi le spese sono dimezzate, altrimenti le rispettive famiglie non potrebbero sostenerli a singole spese piene perché prive di mezzi ― cosa devo dire? Come devo considerare questi giovani che con sacrificio, riuscendoci o non riuscendoci, provano a vivere sotto lo stesso tetto come due fidanzati cristiani? devo imporgli d’obbligo di “fuggire dalle tentazioni”? Li devo trattare da concubini conviventi ed escluderli dai Sacramenti solo perché in simile situazione vivono sotto lo stesso tetto? A due giovani che hanno trovato impiego a distanza dai loro luoghi di origine e che lavorano duramente per potersi pagare il mutuo della casa e sposarsi quanto prima, che vivono in un monolocale condividendo gli spazi e soprattutto risparmiando sulle spese, che cosa devo dire, di andare a vivere in case separate e bruciare buona parte dei loro profitti per pagare l’affitto di due singoli alloggi, altrimenti non li ammetto ai Sacramenti? Certo, sono circostanze che impongono sempre di valutare caso per caso, potrei quindi agire rispondendo in coscienza, ma, per quanto pura, la coscienza dell’uomo può essere molto defettibile, per ciò è opportuno che la mia coscienza di prete sia adeguatamente supportata da precise indicazioni date dalla Chiesa, che dinanzi a queste realtà non può né scappare né nascondere la testa sotto la sabbia come lo struzzo, lasciando in tal modo allo scoperto ed esposta ai peggiori attacchi la parte del corpo più vulnerabile e più meritevole di dignitosa tutela.

divorziati

quando alcuni dirvorziati risposati si sono presentati a me  dicendomi appresso che erano divorziati ma che “l’amico prete” gli aveva detto che “potevano ricevere la Comunione”, io ho sempre risposto dicendo: «Il prete che vi ha detto questo – se ve l’ha detto – ha sbagliato, pertanto vi invito a non ricevere la Comunione»

Più complesso il discorso dei divorziati risposati ai quali io non amministro l’Eucaristia. E quando alcuni si sono presentati a me dicendo che erano divorziati ma che «l’amico prete» gli aveva detto che «potevano ricevere la Comunione», ho sempre risposto: «Il prete che vi ha detto questo – se ve l’ha detto – ha sbagliato gravemente, pertanto vi invito a non ricevere la Comunione, pur invitandovi a partecipare con devozione alla Messa». Gli esempi sarebbero tanti, inclusi preti che si sono anche sostituiti al giudizio dell’autorità della Chiesa, incaricando persino come catechisti e catechiste uomini e donne divorziati risposati, permettendo loro di ricevere la Comunione senza che ancora i tribunali ecclesiastici interpellati per il caso si fossero espressi sulla validità o meno del vincolo sacramentale precedente, attraverso il quale si erano uniti in matrimonio e per il quale seguitavano ad essere vincolati per la Chiesa da Sacramento indissolubile.

Corte di cassazione

… il Sinodo sulla famiglia, che poi dovrà darci delle chiare risposte e soprattutto precise direttive pastorali alle quali attenerci con zelo, affinché noi pastori in cura d’anime si possa subito procedere a spiegarle e trasmetterle al Popolo di Dio e all’occorrenza imponendone la scrupolosa osservanza.

Può la Chiesa consentire a parroci o singoli preti di legiferare a titolo personale su materie così delicate, o lasciarli liberi di agire in coscienza, considerando che spesso la coscienza, ed in specie quella del prete malformato, può essere — come poco prima ho spiegato — anche parecchio viziata? Ecco perché ho cominciato questo articolo proprio parlando del triste livello odierno e della formazione sempre più scarsa dei preti, non certo per tirare le solite meritate stoccate ai vescovi ed ai responsabili dei seminari, a mirare sui quali, oggi come oggi, equivale neppure più a sparare sulla croce rossa, ma su un carro funebre che porta la bara del morto al cimitero.

Questi sono alcuni dei problemi reali e molto delicati che dovranno essere discussi al Sinodo sulla famiglia, che poi dovrà darci delle chiare risposte e soprattutto precise direttive pastorali alle quali attenerci con zelo, affinché noi pastori in cura d’anime si possa subito procedere a spiegarle e trasmetterle al Popolo di Dio e all’occorrenza imponendone la scrupolosa osservanza. Usare e abusare di tutto questo per scontri politici e idologici, spesso giocati sul Sacro Mistero Eucaristico usato come terreno di scontro, è cosa nociva e disonesta; è la disonestà tipica dei politici mancati, o dei politici trombati, che hanno scelto la Chiesa come loro campo di sfogo e di scontro; è la disonestà tipica di chi, al mistero della Misericordia di Dio, sostituisce l’ululato del «Boia chi molla!». E chi opera a questo modo può anche proclamarsi cattolico dalla mattina alla sera, giocare all’ecclesiologo e scrivere articoli tinti di toni apocalittici sul Sinodo della famiglia che segnerà ― a loro dire ― la totale caduta nella grande apostasia dalla fede. Mentre triste e drammatico resta il fatto che quanti agiscono così non sono in comunione con la Chiesa, perché come il giovane ricco [cf. Mc 10, 17-22] non si sono mai svuotati delle peggiori “ricchezze” di se stessi per riempirsi di Cristo e seguirlo, il quale attraverso l’Apostolo Paolo ci indica come più importante tra le virtù la carità [cf. I Cor 13, 12-13] , che non si regge né sul sentimentalismo né sul buonismo, né sul misericordismo mondano, ma neppure sul feroce giustizialismo e meno che mai sulla spietata e disumana morale farisaica; si regge sulla giustizia e sulla verità, amalgamate ad essa dalla fede e dalla speranza. E chi scrive e semina certe cose così tristi e cattive, peraltro in nome della propria presunta e unica vera “tradizione”, non ha fede, non ha speranza e non ha carità; insomma non è cristiano, è altro, ma non vuole rendersi conto della sua triste alterità, perché se il Demonio riesce a prenderci nella superbia, prima ci acceca, poi farà di noi tutto ciò che vuole.

Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo:
«Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore
è lontano da me.
Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini
».

[Mt 15, 7-9]

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Giovanni Cavalcoli
Dell'Ordine dei Frati Predicatori
Presbitero e Teologo

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Padre Giovanni

L’apologia della superbia

— I peccati capitali: la superbia come rifiuto della verità —

L’APOLOGIA DELLA SUPERBIA

 

Tra il panteista che crede di essere l’Io assoluto e il demente che crede di essere Napoleone, la differenza sta nel fatto che certi ambienti accademici credono al primo e lo considerano un genio, mentre compassionano il secondo considerandolo, peraltro giustamente, bisognoso di cure. Ma non si accorgono che il fattore propulsivo fondamentale dell’atteggiamento di entrambi è il medesimo: una superbia sottile, intelligente e raffinata, nutrita di lunghi studi filosofico-teologici nel teologo o nel docente universitario, perfetto fariseo; ed una superbia rozza, grossolana e ridicola nel secondo.

 

 

Autore Giovanni Cavalcoli OP

Autore
Giovanni Cavalcoli OP

Chiunque fa il male, odia la luce
e non viene alla luce
perchè non siano svelate le sue opere [Gv 3,20]

Nessuno può porre un fondamento
diverso da quello che già vi si trova
[I Cor 3,11]

 

LA QUESTIONE DELLA SUPERBIA

 

superbia mosaico

raffigurazione della Superbia in un mosaico bizantino

La superbia è già nota presso i saggi pagani, i quali l’hanno rappresentata col mito di Narciso, di Icaro, di Prometeo e dei Titani. Nella letteratura greca ci sono molti personaggi superbi, spacconi e gradassi guardati con ammirazione, come certi eroi omerici. La superbia si dice in greco anche yperefanìa, vocabolo composto che implica l’idea di mostrarsi superiore a ciò che si è realmente. Ad essa corrisponde il latino superbia. Nell’uno e nell’altro caso il significato del termine è ambiguo: può significare sì il vizio, ma può avere anche il senso positivo di superare se stessi, magnificenza, nobile sentire, fierezza, cosa che ci fa capire come il mondo pagano non avesse le idee chiare su questo punto così importante dell’agire umano.

C’è voluta la sapienza ebraico-cristiana per dare alla superbia un significato superbia melanegativo, legato alla disobbedienza a Dio, opponendola all’umiltà e distinguendola dalla giusta aspirazione dell’uomo a superare le proprie limitatezze, alla grandezza e all’ascesa a Dio. Non si tratta di una tendenza al soprannaturale, che con ciò stesso lo annullerebbe, ma semplicemente di un bisogno di perfezione. Gesù nel Vangelo di Marco [7,22] condanna senza mezzi termini la superbia (yperefanìa). Con tutto ciò la Grecia, con Aristotele e con Antigone, ci ha lasciato anche stupendi esempi di umiltà, che è il rimedio alla superbia, ricordandoci come il nostro pensiero dev’essere sottomesso al reale — il famoso realismo aristotelico — e la nostra volontà deve accettare umilmente la legge morale naturale non scritta, ma stampata nella coscienza.

La superbia in Grecia è chiamata anche hybris, espressione che significa un pensare che va oltre i limiti del lecito, quella che in senso etimologico è la tra-cotanza, ossia il trans-cogitare, una coscienza di sè che va oltre ciò che è lecito pensare di sè. La superbia ha quindi un sostanziale e fondamentale riferimento all’io e precisamente all’autocoscienza, alla coscienza della propria intelligenza e della propria dignità spirituale.

L’ESSENZA DELLA SUPERBIA

 

Superbia verita

superbia come rifiuto di sottomettersi alla verità

La superbia è sostanzialmente e originariamente il rifiuto di sottomettersi alla verità, alla verità su di sè e su Dio. Questo appare chiaro dal racconto biblico del peccato originale. Per quanto possa sembrare strano per una creatura come l’uomo, fatta per trovare nella verità la sua felicità, restano vere le amare parole di Cristo: «Gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce» [Gv 3,19]. E la causa di ciò non è altro che la superbia, triste lascito del peccato originale. Essa dunque è un peccato del pensiero di se stessi; è una considerazione di sè e della propria dignità o grandezza, che non sta nei limiti del vero e del giusto, non è regolato dal reale o dall’essere, non riconosce i limiti della propria essenza creaturale, ma fa sì che il soggetto abbia di sè una considerazione ed una stima superiore a ciò che egli effettivamente è. È ciò che si chiama presunzione.

superbia jolie

… parola di una celebre star adepta della setta di Scientology!

Difficilmente la cultura liberale contemporanea capisce e accetta che ci possa essere un pensare colpevole e censurabile, che si possa peccare nel pensiero, convinta che il pensare come tale possa creare il vero come pare e piace, ebbra come essa è di una falsa libertà di pensiero, ignorando che il pensiero è veramente libero e sano, quando si sottomette alla verità oggettiva e alla realtà esterna, indipendente dall’io o dal pensiero, creata da Dio e non dall’uomo. La superbia è una forma di auto-inganno con la quale poi il superbo cerca di ingannare ed affascinare gli altri facendo creder loro di essere ciò che egli, nel suo delirio, immagina di essere. La superbia produce così vanteria e millanteria, tipici di coloro che hanno sempre bisogno di avere qualcuno attorno a suo servizio, di essere al centro dell’attenzione, di parlare con fierezza agli altri anche senza essere interrogati, delle proprie doti eccezionali e delle loro grandi imprese, superiori a quelle di molti altri.

superbia gatto leone

superbia e mancata percezione del dato reale

Tra il panteista che crede di essere l’Io assoluto e il demente che crede di essere Napoleone, la differenza sta nel fatto che certi ambienti accademici credono al primo e lo considerano un genio, mentre compassionano il secondo considerandolo, giustamente, un soggetto bisognoso di cure. Ma non si accorgono che l’elemento propulsivo fondamentale dell’atteggiamento di entrambi è il medesimo: una superbia sottile, intelligente e raffinata, nutrita di lunghi studi filosofico-teologici, nel teologo o nel docente universitario, perfetto fariseo; ed una superbia rozza, grossolana e ridicola nel secondo. Ma forse avrebbe più bisogno di cure il primo, rimediando alla sua superbia con un sincero pentimento e l’esercizio dell’umiltà, che fa raggiungere quella vera grandezza, che la superbia promette in modo fallace.

superbia vignetta

superbia intellettuale

La superbia è spesso il vizio degli intellettuali e di persone colte, raffinate, controllate, cortesi, intellettualmente dotate, titolate. Ma appunto sta qui l’insidia e il problema: che costoro, in ultima analisi e in modo speciale, cadono in quella abbominevole categoria di «ricchi», dei quali parla Cristo, egoisti e sfruttatori, ambiziosi ed ingordi e alla fine empi e candidati alla dannazione. È grave non impiegare nel soccorso ai poveri le proprie ricchezze materiali; ma è ancora più grave l’apologia della superbia, che fa sprecare le proprie ricchezze spirituali e spinge le anime a ribellarsi a Dio e ad andare all’inferno.

IL PECCATO DI SUPERBIA
superbia tarquinio

Tarquinio il Superbo

Ma come il superbo inganna? Come agisce? In che modo? Per quali vie? Sotto quali pretesti? Con quali sofismi ed astuzie? Il superbo fa leva sul nostro innato bisogno di grandezza e di autoaffermazione, per esempio la certezza della verità e la sicurezza di far bene. Tutte cose e degne in se stesse e più che legittime, doni e comandi che ci vengono da Dio. Il superbo inganna dandoci ad intendere in vari modi che il nostro io o l’umanità vale e può molto di più di quanto a tutta prima, empiricamente appare. Si sforza di dimostrare che noi non siamo sottomessi a nessuno, ma che siamo origine e regola di noi stessi.

superbo egocentrico

il superbo e gli altri

Non si tratta di riconoscere una realtà fuori di noi e indipendente da noi, ma siamo noi a porre il reale e noi stessi col nostro pensiero e la nostra volontà, giacchè il reale non è altro che il nostro pensare: l’essere è l’essere pensato, esse est percipi. Non esiste un principio o fondamento del sapere e dell’agire oggettivo e certo, uno per tutti; ma ciascuno di noi è libero di porre il principio che preferisce.

Per il superbo il mondo non è un mondo a sè, che debba essere spiegato da una causa diversa da noi stessi. Il mondo è il nostro mondo, è ciò che noi pensiamo e vogliamo essere mondo. Il mondo è effetto del nostro pensiero e della nostra azione. Non si tratta del semplice fatto che noi conosciamo ciò che facciamo, secondo il celebre motto di Gian Battista Vico, verum est ipsum factum, ma della pretesa empia di proprio il proprio stesso essere.

superbia paraocchi

naturale accessorio della superbia: i paraocchi

Indubbiamente, le persone meschine, dagli obbiettivi limitati, incapaci di astrazioni intellettuali, che vivono alla giornata in mezzo a tanti guai o banalità o immerse nei vizi carnali, dotate di un certo crudo realismo, sono in certo modo al riparo dal credere alle manie di grandezza ed ai sogni folli dei superbi, che promettono di prendere coscienza di essere Dio o l’Assoluto, nel quale magari non credono neppure, di raggiungere un sapere assoluto o una libertà sconfinate ed un’onnipotenza, che all’uomo carnale non interessano nè giudica possibili, accontentandosi, per usare una frase di Sartre, di nourritures terrestres. Queste persone indubbiamente peccano, ma non in modo così grave e responsabile come i superbi, sia per la materia del peccato dei superbi, che tocca più da vicino la vita spirituale e il destino eterno dell’uomo, sia per il fatto che il peccato di superbia comporta una lucidità di coscienza, un calcolo astuto e un libero arbitrio, che non esistono così perfettamente nei peccati carnali, i quali, benchè possano essere gravi, sono solitamente effetto più di debolezza o spinta passionale che di malizia, dato che spesso hanno le loro origini occasionali in una cattiva educazione ricevuta, in ambienti moralmente degradati, in situazioni di miseria o di abbandono, o con un retroterra psichicamente tarato o deficitario.

superbia le intellettuali

scena tratta dall’opera teatrale “Le intellettuali” di Moliere

La superbia, più diffusa negli ambienti colti e nei ceti elevati, fieri delle loro qualità, prestigio sociale e ricchezze, civili ed ecclesiastici, può valersi di raffinate coperture culturali e pretesti ideologici, tratti con grande abilità da diverse filosofie e religioni, in particolare quelle tradizioni gnostico-idealistico-panteistiche, eventualmente occultistiche od esoteriche, che in Occidente iniziano con Parmenide e in India col Vedanta. L’io si illude di essere l’apparire o avatar o “momento” sensibile dell’Assoluto, sicchè alla fine non ha da render conto a nessuno del suo operato, tutto gli è concesso e arriverebbe al più assoluto pervertimento morale, se normalmente non fosse trattenuto dalle comuni norme della convivenza civile ed ecclesiale, non certo per intima convinzione, ma per pura convenienza, che gli consente di ottenere posizioni di primo piano e passare per uomo saggio e ragguardevole.

lavanda dei piedi

Gesù e la lavanda dei piedi

L’avvento del cristianesimo, erede della saggezza vetero testamentaria, così consapevole della creaturalità dell’uomo, con la predicazione dell’umiltà, il suo spirito di penitenza e conversione, il suo caratteristico realismo gnoseologico e culto dell’obbedienza a Dio, genera una lotta ancora più dura contro lo spirito di superbia, le cui origini risalgono al peccato di Adamo. Fondamentale diventa l’esempio di Cristo, che pur essendo Figlio, abbassò se stesso nell’umiliazione della croce e ci comanda: «Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore» [Mt 11,29]. Il cristianesimo è indubbiamente una grande esaltazione dell’uomo chiamato in Cristo ad essere figlio di Dio, partecipe della vita divina, ma a patto di abbassarsi e ad umiliarsi davanti a Dio ed agli stessi fratelli, ai quali chiedere perdono e misericordia.

superbia ipocrisia

altra faccia della superbia: l’ipocrisia

All’empietà, al rifiuto del trascendente e di onorare Dio, alla auto-divinizzazione, alla magia ed alla ribellione a Dio, la religione cristiana sostituisce l’umile confidenza, l’ascolto fedele della Parola di Dio e della comunità ecclesiale, la devozione, l’adorazione, la lode e la contemplazione. Alla prepotenza verso il prossimo, alla sete di dominio, all’egoismo, all’egocentrismo, allo sfruttamento degli altri, all’ipocrisia, alla spocchia, alla albagia, all’alterigia, all’oppressione del debole, al disprezzo o al dileggio offensivo degli altri, all’orgoglio che non perdona, alla permalosità, all’impazienza, alla caparbietà, alla vendetta, all’ingordigia, odiose proprietà e conseguenze della superbia nei rapporti con gli altri, l’etica cristiana sostituisce l’umiltà, la mitezza, la dolcezza, l’indulgenza, la misericordia, la cordialità, la gratitudine, lo spirito di sacrificio, la dedizione generosa, lo spirito di servizio, la disponibilità, la docilità, la socievolezza, la solidarietà, l’apertura e la semplicità di cuore, l’amore disinteressato.

superbia pensieri

la superbia è anzitutto un pensiero

Il superbo concepisce intenzionalmente pensieri che fanno apparire plausibile la superbia o incitano alla superbia sotto speciosi pretesti, per coprire o giustificare le proprie azioni, nascondendo il male che pensa e che fa. Ma non è detto che chiunque concepisce quei pensieri, soprattutto se li apprende da altri, o ne fosse anche lo stesso autore, sia un superbo e quindi abbia colpa. Può capitare, infatti, che uno li concepisce senza rendersi conto della gravità di ciò che pensa o delle sue conseguenze, o resti ingannato credendo di aver fatto una grande scoperta per il bene dell’umanità. In tal caso i suoi pensieri restano oggettivamente dannosi e pericolosi, ma chi li formula o li accoglie in buona fede resta innocente.

Anche nei Santi o in degni uomini come per esempio un Sant’Anselmo, un Duns Scoto, un Eckhart, un Cusano, uno Suarez, un Rosmini esistono princìpi o dottrine che, soprattutto se portati alle estreme conseguenze, sono gravemente errati; ma ciò non impedisce che gli esimi autori restino moralmente irreprensibili. Peccheranno coloro che accoglieranno questi pensieri con malizia, per soddisfare la loro superbia o le loro passioni. Del resto, non è affatto detto che tutti gli errori servano a favorire la superbia, giacchè ci sono anche altri sei vizi capitali, che attendono di avere i loro apologeti.

 

DEACADENZA DELL’IDEALE DELL’UMILTÀ E RITORNO DELLA SUPERBIA

 

Machiavelli 1

Niccolò Machiavelli e l’antico culto pagano del dominatore

Col passar dei secoli l’ideale cristiano della grandezza umana fondata sull’umiltà non è stato sempre rettamente inteso. Dopo le avvisaglie della teologia emanatista di Scoto Eriugena nel IX secolo, a cominciare dal misticismo tedesco del XIV secolo, l’assimilazione a Cristo è stata confusa in Meister Eckhart con un’impossibile identificazione con Cristo, perdendo di vista i limiti della natura umana; e soprattutto poi a partire dal Rinascimento italiano, col suo caratteristico antropocentrismo ispirato all’ermetismo di Marsilio Ficino, una cattiva interpretazione del cristocentrismo, ha ricominciato a far capolino l’antico culto pagano dell’individuo dominatore con Nicolò Machiavelli e della magia con Pico della Mirandola e più tardi Giordano Bruno. Sorge un cristianesimo che invece di incitare all’umiltà, sotto pretesto della dignità dell’uomo redento in Cristo, comincia in pratica ad esaltare la superbia e ad incitarlo alla superbia, naturalmente con tutti i possibili accorgimenti, essendo ben nota la netta opposizione di questo vizio alla virtù cristiana.

superbia nietsche

Nietzsche e la volontà di potenza

Ciò avvenne all’inizio, con l’Umanesimo italiano, timidamente e con grande circospezione; ma successivamente nei secoli seguenti in modo sempre più aperto, fino a giungere, a partire dal XVIII secolo, a considerare la dottrina cristiana dell’umiltà come nemica dell’uomo. Il culmine di questo processo sarà raggiunto da Nietzsche, alla fine del XIX secolo, con la sua aperta esaltazione della “volontà di potenza” in feroce polemica col cristianesimo. Ma ad aprire la stura a questo torrente di empietà, che si ingrosserà viepiù, sino ai nostri giorni, sarà paradossalmente proprio il luteranesimo, che pure volle presentarsi come cantore della divina misericordia e nemico dell’orgoglio umano e della sua pretesa di avanzare meriti davanti a Dio. Ma il fatto ben noto è che Lutero impostò questa predicazione non priva di aspetti positivi, sulla base totalmente falsa e sulle sabbie mobili della ribellione al Magistero della Chiesa, sotto pretesto di opporsi alla corruzione morale del papato, dando mostra evidente che la sua esaltazione dell’umiltà era una finta, che nascondeva la sostanziale superbia di ribellarsi all’autorità dottrinale del Vicario di Cristo e di erigersi a giudice della sua ortodossia, rompendo con ciò stesso la comunione con la Chiesa, che pretendeva di “riformare“, quando il primo che avrebbe dovuto riformare era se stesso. In tal modo i contenuti della Rivelazione cristiana, non più custoditi dal Magistero, venivano a trovarsi alla mercè del primo esaltato o filofastro, il quale, sulla base delle sue idiosincrasie e di una cultura raccogliticcia, e ritenendosi ispirato dallo Spirito Santo, si sentiva libero ed autorizzato a saccheggiare il patrimonio della Rivelazione, scegliendo o rifiutando quello che gli garbava e mescolandolo eventualmente — in barba al “puro Vangelo” di Lutero — con altre ideologie di accatto: nuova maniera per soddisfare la sua superbia ed il suo desiderio di fama e notorietà.

lutero 95 tesi

Lutero paradigma della ribellione dettata dalla superbia

Già nella sua vita Lutero, come è noto, ebbe a che fare con personaggi di questo genere, che lo facevano andare su tutte le furie, senza che egli si rendesse conto che essi non facevano altro che mettere in pratica l’approccio alla Scrittura, che egli stesso per primo stava praticando, in opposizione all’interpretazione del Magistero della Chiesa. Non comprese che lo sganciarsi dalla supervisione —”episkopè“— e dalla guida del Magistero non è un fenomeno di libertà, ma produce il caos e un bellum omnium contra omnes, mascherato poi da Hegel sotto l’eufemismo della “dialettica”. E pare che ancora a tutt’oggi i protestanti non l’abbiano capito. Servirà ad essi il dialogo ecumenico?

supervia vizi capitali

la rassegna integrale dei vizi capitali

In tal modo la superbia cristiana divenne assai più grave e dannosa della superbia grossolana pagana, giacchè se questa poteva gonfiare i valori della ragione o la semplice forza bruta, l’eretico che si trova a disposizione gli immensi tesori della Rivelazione, poteva adornarsi di questi gioielli, che il pagano non conosceva neppure. Ed è così che è nato il panteismo cristiano, soprattutto con Hegel e seguaci fino ai nostri giorni. Ma le cose diventarono ancora più pericolose, allorchè non furono più soltanto esaltati, visionari e falsi mistici ad accostarsi alle dottrine di Lutero e ad usare il suo metodo di interpretazione, ma arrivarono filosofi indubbiamente geniali, con titoli accademici, tali quindi da acquistarsi credito anche presso gli ambienti colti sino ad oggi e da fondare la teologia luterana e comunque una filosofia che fosse compatibile con la dottrina di Lutero. Questi filosofi non tardarono a venire. Il primo fu Cartesio. Poi coloro che vollero utilizzare Cartesio per una fondazione razionale del protestantesimo, furono Leibniz e Wolff. E la cosa paradossale fu che Cartesio fondò un approccio razionalistico alla Scrittura, sicchè si cominciò a scegliere nella Bibbia non più ciò che aveva già scelto Lutero, il che era dato per scontato, ma ciò che doveva essere conforme a “ragione”; non più però la sana ed equilibrata ragione aristotelico-tomista, già raccomandata dal Magistero della Chiesa, ma proprio quella ragion superba ed orgogliosa, che già aveva costituito oggetto dell’odio di Lutero. Fu così che il suo fideismo generò esattamente il suo opposto, ossia il razionalismo, proprio ciò che Lutero voleva evitare.

cartesio

immagine pittorica di Cartesio

Tuttavia i protestanti presto si accorsero dell’affinità che il cogito di Cartesio aveva con l’io luterano. L’impostazione psicologica era la stessa: il medesimo ripiegamento dell’io su se stesso come fondamento della certezza; e per questo adottarono la filosofia cartesiana, benchè nata in ambiente cattolico, come la filosofia del protestantesimo, nonostante il disprezzo luterano per la filosofia e per la ragione. Ma la filosofia cartesiana, nonostante il suo razionalismo, sembrava più vicina a Lutero della filosofia scolastica, perchè Cartesio come Lutero, dava un primato alla coscienza rispetto all’oggettività della realtà come regola della verità, principio, questo, della filosofia aristotelico-tomista appoggiata da Roma. Cartesio, sul piano della ragione, respingeva l’oggettività del sensibile; Lutero, sul piano della fede, respingeva l’oggettività della Chiesa Romana. Ma entrambi, poi, sulla base dell’io, ritrovavano, Cartesio, la realtà delle cose esterne e Lutero l’oggettività della comunità luterana.

Tanto l’autocoscienza cartesiana quanto la coscienza luterana ponevano se stesse all’inizio e al fondamento del sapere: sapere di ragione, quello di Cartesio; sapere di fede, quello di Lutero. Ma nulla dal di fuori poteva e doveva contraddire questa coscienza o entrare in questa coscienza, fonte prima della verità e della certezza. Segno palese anche questo di superbia.

In Cartesio l’idealismo delle idee innate era esplicito, velato da un realismo posticcio e di convenienza; in Lutero, sostanzialmente realista alla Ockham, l’idealismo implicito verrà alla luce in forza del trattamento cartesiano, che il luteranesimo subirà ad opera dell’idealismo trascendentale del XIX secolo.

I DUE RIFORMATORI

 

presunzione

saggezza cinese: «Per quanto allunghi il collo, un’oca non diventerà mai un cigno»

Ecco dunque queste due figure paradigmatiche, strettamente tra di loro associate, in questo processo di decadenza dell’ideale dell’umiltà e di riviviscenza mascherata dell’insidia della superbia: Lutero e Cartesio. Ovviamente a parole essi respingono la superbia, ben sapendo, come cristiani, che si tratta di un vizio capitale. Senonchè però in pratica elaborano un pensiero tale, per cui oggettivamente, forse senza che essi stessi se ne rendano conto, esprime una condizione di spirito ed un intento che appaiono chiaramente ispirati dalla superbia e che pertanto di fatto, indipendentemente dalle loro intenzioni e dichiarazioni, danno l’apparenza di virtù alla superbia. Entrambi intendono fondare un pensare cristiano tale da correggere la sua impostazione così come si configurava al loro tempo. Lutero volle correggere il Magistero della Chiesa nell’interpretazione del Vangelo e della Scrittura; Cartesio credette di dover dare una base definitiva di certezza alla filosofia, fino ad allora, a suo dire, posta su basi incerte, nell’intento poi di fornire una solida base razionale alle verità di fede ed alla teologia. Non è forse, anche, questa superbia?

Lutero brucia bolla

raffigurazione pittorica di Lutero che brucia la bolla pontificia

Lutero insiste molto sull’umiltà in polemica contro la superbia, continuando in ciò uno dei temi di fondo della spiritualità agostiniana e medioevale in genere; ma stravolge gravemente il senso dei concetti, perchè nella sua mente l’umiltà diventa l’accettazione dell’impotenza della ragione e della volontà, schiave della concupiscenza e comporta la fede nella grazia senza le opere; mentre la superbia sarebbe l’atteggiamento di colui che pretende di collaborare con la ragione e il libero arbitrio all’opera della grazia. L’umiltà, però, osservo io, non comporta affatto la rinuncia ad opere razionalmente e volontariamente compiute sotto l’influsso della grazia in vista della nostra salvezza. Anzi, ciò è proprio frutto di umiltà, per la quale, fidandoci di Dio, accettiamo umilmente il piano della salvezza, che prevede appunto questa sinergia dell’umano col divino, entrambi provenienti da Dio.

lutero brucia la bolla 2

… l’umiltà di Lutero

Quale umiltà si può trovare nella ribellione al Magistero della Chiesa? Concediamo pure la legittimità della protesta contro certi abusi amministrativi di Roma e contro la corruzione del papato; ma l’acrimonia forsennata con la quale Lutero si scaglia contro lo stesso sacro ministero del Papa, toglie a Lutero toglie qualsiasi credibilità nel farsi esempio e predicatore di umiltà. Inoltre, come fece notare a Lutero l’Imperatore Carlo V in una dura ma giusta requisitoria, che cosa può aver spinto un semplice monaco agostiniano, sia pur dottore in teologia, a ritenersi, da solo, dopo quindici secoli di Cristianesimo, contro tutti i Papi, i Concili, i Santi Padri, i Santi Dottori e i Santi che lo hanno preceduto, lo scopritore del vero Vangelo, fino ad allora sepolto nella magia, nelle favole e nella superstizione, se con una folle ed incommensurabile superbia? E dunque, quale umiltà?

Lutero pubblico e privato

Lutero pubblico e Lutero privato

In realtà nell’io di Lutero, sotto le apparenze dell’amore per la Parola di Dio, si nasconde un principio di superbia, che effettivamente ad uno sguardo superficiale può essere scambiato per zelo ardente per la Parola di Dio e la riforma della Chiesa, ma che non è difficile riconoscere considerando l’orgoglioso e caparbio sentimento che Lutero ha di questo suo io, che egli dice sì, di sottomettere alla Parola di Dio, ma che in realtà falsifica e rifiuta questa stessa Parola nel momento in cui rifiuta di ascoltarla nell’interpretazione della Chiesa. È una falsa umiltà quella che dice di sottomettersi a Cristo e al suo Vangelo, ma rifiuta, con atto di superbia, l’obbedienza alla Chiesa e al Papa.

Cartesio non fa questione apertamente di umiltà o di superbia; tuttavia, è evidente per chi legge attentamente i suoi scritti fondamentali, come egli sia mosso da uno stato d’animo di millantatore e di presuntuoso, al di là di tutte le sue assicurazioni di cercare esclusivamente la verità. Infatti, egli mostra di non essere sincero in queste dichiarazioni, attesa la sua pretesa insensata di presentarsi come colui che, dopo millenni di incertezza della ragione umana, anche nei più grandi sapienti che l’hanno preceduto, compresa quindi anche la sapienza ebraico-cristiana, finalmente arriva lui a dare all’umanità fondamento certo ed inconcusso al sapere per tutti i secoli a venire. Si stenta a capire come uno spaccone di tal fatta abbia potuto raccogliere attorno a sè tanti consensi fino ad oggi ed essere considerato il fondatore della “filosofia moderna”. La filosofia di Cartesio non ha apportato affatto quel fondamento assolutamente e definitivamente certo del sapere, che aveva promesso, nè lo poteva fare, perchè tale fondamento esisteva già nel realismo aristotelico-tomista, raccomandato ormai da secoli dalla Chiesa, mentre le opere di Cartesio furono messe all’Indice nel 1663.

cogito

cogito, ergo sum

Anche il famoso principio del cogito, risponde a un atteggiamento della mente che manca di umiltà. Infatti il cogito si presenta come risposta risolutiva a un dubbio assurdo, che riguarda la certezza della conoscenza sensibile, che è l’inizio e la base della conoscenza umana, sulla quale si edifica tutto l’edificio del sapere; per cui, se essa non dovesse valere, ogni altro livello superiore del sapere sarebbe impossibile. Il cogito cartesiano suppone che la mente possa intuire direttamente l’autocoscienza e il mondo spirituale senza passare dall’esperienza sensibile, cosa che non corrisponde affatto al vero dinamismo della conoscenza umana, che si eleva all’intellezione del puro intellegibile partendo dall’esperienza delle cose materiali.

cartesio noetica

alcuni sviluppi postumi basati sul pensiero cartesiano

La gnoseologia cartesiana suppone quindi un disprezzo presuntuoso e arrogante della dimensione sensitiva del nostro conoscere, che abbiamo in comune con gli animali e la pretesa di concepire l’io o la persona come un puro spirito, confondendo l’uomo con l’angelo. Nella gnoseologia di Cartesio gioca solo la prudenza e peraltro esagerata ed irragionevole, in quanto dissociata da quella semplicità di spirito, che si arrende all’evidenza ad essa umilmente si assoggetta, giusta il comando del Signore: «Semplici come le colombe, prudenti come i serpenti» [Mt 10,16].

Prudenza Piero del Pollaio XV sec

raffigurazione pittorica della Prudenza, opera di Piero del Pollaio, XV sec.

 

È giusta la prudenza che vuol tenersi al riparo dal rischio di ingannarsi e vuole avere uno sguardo critico sulla realtà. Occorre certo evitare l’ingenuità che sconfina nella dabbenaggine ed adottare tutte le precauzioni, risolvere tutti i possibili dubbi, ma dubitare dell’evidenza, dubitare dell’indubitabile è stoltezza, e indocilità — apaideusìa, dice Aristotele — contraria a quella semplicità, che è comandata dal Signore e che è saggezza ed umiltà. Compito del filosofo è certo quello di affrontare le questioni di fondo e di risolvere dubbi e problemi, che si trascinano da molto tempo anche presso i sapienti o di mostrare come dubbio ciò che fino ad allora appariva certo; ma non può permettersi di stabilire lui la base del sapere con princìpi di suo conio, perche essa è un logos che esiste già nella mente di ogni uomo, in modo certo ed irrefutabile, e questa base è la certezza dell’esistenza delle cose. Infatti la base del sapere — senso e intelletto — fonda con evidenza elementare ciò che su di essa si costruisce, ma non ha bisogno a sua volta di essere fondata, appunto perchè è la base, nè essa può essere messa in dubbio, perchè non ammette un’altra certezza esterna o superiore, tale da risolvere l’eventuale dubbio, sì da esser bisognosa di essere sostituita con una base ulteriore e migliore, perchè, essendo l’unica base, chi la ponesse in dubbio, lungi dal dar certezza, fondamento e principio al pensiero, lo farebbe crollare dalle fondamenta aprendo le porte al nichilismo.

Tommaso Aquino XIV sec

San Tommaso, tavola del XV sec.

San Tommaso invece dimostra che il vero principio della certezza basilare non è la certezza di dubitare, ma la certezza di sapere. Dubitare circa il principio oggettivo del sapere non è saggezza, nè è prudenza, ma tradisce l’orgoglio e la stoltezza di chi non accetta la realtà o si ritrae davanti ad essa con la pretesa di sostituirla col proprio pensiero e le proprie idee. Il dubbio, come osserva San Tommaso sulla scorta di Aristotele, non è un vero pensare, ma al contrario è un blocco e una paralisi del pensiero, perchè non ha un oggetto reale, dato che oscilla tra il sì e il no. Pertanto, il cogito cartesiano, ben lungi dall’aprire le porte al pensiero, le apre al nichilismo, con la presunzione di aver trovato finalmente la verità per primo in tutta la storia dell’umanità. Il vero principio non confonde il pensare col dubitare, ma si esprime in questa formula: cogito vel scio aliquid, ergo sum.

Al filosofo non è proibito di formulare per ipotesi il dubbio circa la base del pensiero, anzi deve farlo; lo ha fatto lo stesso San Tommaso con la sua famosa universalis dubitatio de veritate; ma per poi ritrarsi subito da questo dubbio o da questo orrendo abisso infernale, giudicandolo assurdo. Cartesio, invece, ha preso quel dubbio sul serio, per cui, come ha osservato giustamente il Gilson, nonostante tutti i suoi sforzi, Cartesio non ne è più uscito, sicchè la certezza che egli ci offre è in fin dei conti fondata sulla sabbia e sulla presunzione. E cosa infatti può spingere un filosofo a voler sostituire con le sue idee il principio oggettivo universale del sapere, se non la superbia?

GLI EPIGONI DEI RIFORMATORI
lutero sermone

raffigurazione pittora del sermone di Lutero

La storia del luteranesimo segue sostanzialmente due filoni: c’è un filone tradizionalista, che coglie il Lutero organizzatore, pastore e dottore, proprio delle comunità luterane guidate dai rispettivi pastori, come il proprio simbolo di fede luterana e i propri riti e ministeri, come il Battesimo e la Cena; è l’ambiente proprio delle facoltà teologiche protestanti; e c’è un luteranesimo gnostico, individualista e liberale, niente affatto privo di valori religiosi e culturali, che coglie invece lo spirito profondo di Lutero, carismatico e soggettivista, più diffuso negli ambienti laici e filosofici, che non ha mancato di darci grandi personalità da Leibniz a Kant, a Fichte, a Schleiermacher, a Schelling, ad Hegel fino a Kierkegaard, Von Harnack e a Bultmann.

Mentre il dialogo ecumenico col primo filone è facile e costruttivo, date le numerose convergenze tra il Credo luterano e quello cattolico, più difficile appare il confronto col secondo filone, sia perchè, mentre nel primo caso si tratta pur sempre di una comune visuale di fede cristiana, nel secondo la visuale è di tipo gnostico-razionalista, e sia anche perchè, essendo il secondo filone privo di una dottrina ecclesiale comune , non ci si può confrontare a livello di rappresentanti ufficiali, ma occorre farlo con i singoli filosofi, anche se caposcuola, i quali peraltro spesso hanno assorbito la teologia e il dogma nella loro filosofia.

Mentre esiste una dottrina luterana ufficiale custodita dalla Federazione Luterana Mondiale, il confronto col secondo filone richiede necessariamente la scelta dell’interlocutore in base alle grandi differenze esistenti tra i singoli pensatori. Qui un conto è trattare col kantismo, un conto è trattare con Fichte, un conto è trattare con l’hegelismo e così via.

lutero edizione bibbia

prima edizione della Bibbia luterana tradotta in lingua tedesca

È così che troviamo studiosi specialisti per i singoli autori. In costoro però l’applicazione dello stesso metodo soggettivista ed anarchico di Lutero, avverso a lasciarsi controllare da qualunque autorità, che non fosse la propria coscienza millantata come “Parola di Dio”, li porta ad annacquare a loro arbitrio la stessa dottrina di Lutero creando sincretismi con altre tendenze filosofiche al limite anche d el tutto contrarie — ciò per degli hegeliani non crea difficoltà —, contrariamente a quanto avviene nel primo filone, ligio all’ortodossia luterana. Il nostro voto è che una rifioritura della fede cristiana, grazie anche ai progressi dell’ecumenismo, tornino a diffondere quello spirito di umiltà, che è uno tesori più belli del Vangelo, il principio della vera grandezza dell’uomo e ciò che ha fatto lo splendore culturale, morale e spirituale della civiltà europea nel mondo.

Varazze, 10 giugno 2015

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