Onanismo e teologia: il rapporto tra metafisica e gravidanza extra uterina, mentre le nostre ostetriche estetiche abortiscono il poco che resta del sensus fidei

— Theologica —

ONANISMO E TEOLOGIA: IL RAPPORTO TRA METAFISICA E GRAVIDANZA EXTRA UTERINA, MENTRE LE OSTETRICHE ESTETICHE ABORTISCONO IL POCO CHE RESTA DEL SENSUS FIDEI

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Disseminati nella giungla della rete telematica vi sono siti e blog di “veri cattolici” e di “autentici difensori” della purezza della tradizione che citano il Jota Unum di Romano Amerio come se fosse verbum Dei, mentre i suoi allievi, veri o presunti, si beano in pindarici giri di parole dai quali emerge il sapore inconfondibile del … «Oh, cielo! Quanto mi piaccio, quanto sono estetico, quanto sono metafisico!».

 

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Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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le rovine della cattedrale metropolitana di Messina dopo il terremoto del 1908

Samantha con la “h” finale sospirata è una ragazza di vent’anni che due anni fa festeggiò i diciott’anni raggiungendo quota quindici fidanzati. Durante il volger della sua vita sentimentale cominciata all’età di tredici anni, ha avuto qualche piccolo incidente di percorso, cose di poco conto ma soprattutto risolvibili, che fanno parte del normale corso dell’età evolutiva. Come quando a quindici anni rimase incinta, inducendo la madre, Jessika, con la “k”, quarantadue anni, a farsi una severa auto-critica col suo terzo compagno della serie, un ragazzo di ventotto anni, detto anche toy-boy, al quale ella confida: «Michael» ― così chiamato da sua madre in onore del cantante pop Michael Jackson ― «Ammetto di avere sbagliato io, perché non mi sono preoccupata di far prendere la pillola anticoncezionale a Samy» ― diminutivo affettuoso di Samantha con la “h” finale sospirata ―. «Certo, se lei non mi avesse tenuta la cosa nascosta per giorni, le avrei fatto prescrivere subito la pillola abortiva». Il toy-boy Michael la rincuora: «Jessy» ― affettuoso diminutivo di Jessika con la “k” ― «non penso che tu abbia sbagliato. Sai, tua figlia Samy ha un fisico mozzafiato, con la pillola poteva correre il rischio che le venisse la cellulite. In fondo la cosa è stata risolta: una raschiatina, un grumo di sangue tolto, ed il problema è sparito al consultorio in un battibaleno». A quel punto Jessy si sente rincuorata e sospira al toy-boy: «Hai ragione, Miky» ― diminutivo di Michael ―, anche Sylvester mi ha dato ragione, ma non solo lui, anche Christian, il suo precedente compagno inglese, fu d’accordo  e solidale.

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terremoto di Messina del 1908

E qui per capire è necessario un inciso: Sylvester, padre di Samantha con la “h” finale sospirata, è stato il primo marito di Jessika, così chiamato da suo padre che era un culturista gonfiato di anabolizzanti e grande fan di Rocky Balboa, la celebre serie filmica interpretata da Sylvester Stallone a partire dal 1976. Dopo il matrimonio Sylvester scoprì la propria vera identità e, dopo un coming-out fatto a un famoso talk-show dinanzi a milioni di telespettatori, presente nello studio televisivo anche la moglie Jessika con la”k”, dichiarò il proprio gaysmo. Dopodiché — colpo di scena! — in quello stesso momento si alzò in piedi dal pubblico il suo primo uomo, all’epoca Christian, che egli presentò pubblicamente alla moglie come il proprio compagno. Commossa, la moglie li abbracciò tutti e due dichiarandosi contenta e augurando loro di essere tanto felici. La scena fu accompagnata da una struggente melodia di un famoso cantante morto di Aids ed icona del mondo gay, Freddie Mercury: «We are the champions […] of the world» [noi siamo i campioni del mondo].  

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terremoto di Messina del 1908

Adesso, Samantha con la”h” finale sospirata, sta facendo i propri studi universitari, ha scelto psico-pedagogia, desidera infatti divenire una paladina della teoria del gender. Suo padre, ricco architetto di grido in cammino verso i cinquant’anni d’età, nel mentre ha cambiato compagno ed oggi convive con un giovane fotomodello brasiliano nullafacente di ventidue anni, certo Ricky, così chiamato dai suoi genitori in onore di Ricky Martin, un altro gaio cantante, padre di due bimbi comprati da un utero in affitto e convolato recentemente a nozze a Puerto Rico col suo giovane compagno [cf. QUI]. Il gaio papà Sylvester è molto fiero della figlia, che sta vivendo anche una felice relazione con un nuovo compagno, certo John, originario di Bari, ma così chiamato perché suo padre e sua madre sono due fans di John Lennon, ed al figlio, attraverso questo ex dei Beatles, hanno trasmesso i loro più profondi valori di vita attraverso la canzone Imagine :

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Immagina non ci sia il Paradiso

prova, è facile

Nessun inferno sotto i piedi

Sopra di noi solo il Cielo

Immagina che la gente

viva al presente …

Immagina non ci siano paesi

non è difficile

Niente per cui uccidere e morire

e nessuna religione

Immagina che tutti

vivano la loro vita in pace …[testo originale inglese, QUI]

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I messaggi d’amore di Samantha con la “h” finale sospirata diretti al suo John, costituiscono una vera e propria apoteosi della poesia contemporanea, eccone uno per offrire a tutti la percezione di questa vena poetico-amorosa:

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da quando msidt [1], la mia vita è cambiata

xché [2] xme [3] tu6 qlc [4].

Per questo tvb tipe [5], xché 6Sxme [6].

MMT+ [7] xché tu 6 il + [8].

T tel + trd [9], mi raccomando risp al cel [10]

Vng dp [11] e cmq Cvd [12].

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Dinanzi a questa espressione così intensa di poesia amorosa, che cosa mai può essere a confronto una quartina dantesca del tipo:

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Tanto gentile e tanto onesta pare

la donna mia, quand’ella altrui saluta,

ch’ogne lingua devèn, tremando, muta,

e li occhi no l’ardiscon di guardare  [13]

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terremoto del Friuli del 1976

Si tenga conto che Samantha con la “h” sospirata finale, è una ragazza considerata oggi di cultura elevata che supera un esame dietro l’altro all’università e tra pochi anni sarà una professionista della psico-pedagogia, impegnata nel sociale e nel politico. Ovviamente, il livello delle università, degli studi universitari e degli insegnanti presso le stesse, corrisponde ed in un certo senso si è dovuto adattare a queste nuove generazioni di studenti.

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Questa è la realtà, ed in questo genere di realtà, a noi spetta il non facile compito di annunciare il Santo Vangelo a dei giovani che hanno sentito nominare in modo molto vago uno strano concetto di Chiesa e di Cristianesimo dalle parole di un famoso intellettuale italiano, Lorenzo Cherubini, in arte Jovannotti, che nella sua canzone Penso positivo, esprime il meglio della dottrina cattolica e della teologia metafisica in questo modo:

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Io credo che a questo mondo

Esista solo una grande Chiesa

Che passa da Che Guevara

E arriva fino a Madre Teresa

Passando da Malcolm X attraverso

Gandhi e San Patrignano

Arriva da un prete in periferia

Che va avanti nonostante il Vaticano

[testo intero, QUI]

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terremoto del Friuli del 1976

Questa è la società reale con la quale dobbiamo fare i conti, sebbene ciò non sembri sfiorare neppure quei quattro soloni estetici ed estetizzanti che tra codicilli, rubriche e quattro formule magiche non della grande scolastica, ma perlopiù della neo-scolastica decadente, non cessano mai di annunciare che bisogna ripartire dalla metafisica. E quando nominano la parola “metafisica”, si sentono ripieni sino al settimo cielo, perché la parola stessa li eccita a tratti in modo davvero perverso.

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Disseminati nella giungla della rete telematica vi sono siti e blog di veri cattolici e di autentici difensori della purezza della tradizione che citano il Jota Unum di Romano Amerio come se fosse verbum Dei, mentre i suoi allievi, veri o presunti, si beano in pindarici giri di parole dai quali emerge il sapore inconfondibile del … «Oh, cielo! Quanto mi piaccio, quanto sono estetico, quanto sono metafisico!».

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terremoto del Friuli del 1976

Bene, ma a Samantha con la “h” sospirata, studentessa di psico-pedagogia e domani professionista e formatrice psico-pedagogica, figlia di Jessika con la “k” felicemente accompagnata col suo nuovo boy-toy, ex moglie di Sylvester ricco architetto di grido attualmente convivente col suo nuovo ragazzo brasiliano nullafacente, chi le porta e chi le offre l’annuncio di redenzione e di salvezza del Verbo di Dio incarnato «morto e risorto, asceso al cielo e oggi assiso alla destra del Padre, che un giorno tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, ed il suo regno non avrà fine?» [cf. Simbolo di fede].

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Ma per meglio eccitare gli estetici estetizzanti della vera e pura tradizione, inseriamo anche il testo originale del Credo, visto che il greco, come il latino liturgico, piace da morire soprattutto a quei gruppuscoli di laici che non lo conoscono e che proprio per questo ne rivendicano il magico uso arcano, perché quando non si è capaci a penetrare e vivere l’essenza dei sacri misteri nella sostanza, allora si finisce con l’idolatrare gli accidenti esterni, a partire dalla stessa lingua:

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Σταυρωθέντα τε ὑπὲρ ἡμῶν ἐπὶ Ποντίου Πιλάτου,
καὶ παθόντα
καὶ ταφέντα.

 Καὶ ἀναστάντα τῇ τρίτῃ ἡμέρᾳ
κατὰ τὰς Γραφάς.

Καὶ ἀνελθόντα εἰς τοὺς οὐρανοὺς
καὶ καθεζόμενον ἐv δεξιᾷ τοῦ Πατρός.

Καὶ πάλιν ἐρχόμενον μετὰ δόξης
κρῖναι ζῶντας καὶ νεκρούς,
οὗ τῆς βασιλείας οὐκ ἔσται τέλος 

terremoto del Friuli del 1976

Questo annuncio di salvezza, a Samantha con la “h” sospirata ed a John, glielo porteranno forse i soloni dei codicilli e delle rubriche, semmai con un paio di lectiones magistrales sulla ipotesi che Sant’Agostino aveva un’impronta filosofica platonica? Ma Samantha con la “h” finale sospirata, seppur diplomata a pieni voti e oggi studentessa universitaria di psico-pedagogia, è convinta che il Krizia platonico sia solo il profumo lanciato dalla casa di moda di Maria Mandelli, nota con lo pseudonimo di Krizia [cf. QUI]. Samantha con la “h” finale sospirata non immagina neppure che il Κριτίας [Krizia] è tratto dall’ultimo dialogo incompiuto di Platone, tutto improntato sulla vanità femminile. E ciò mentre il suo nuovo ragazzo, John, anch’esso studente universitario alla facoltà di farmacia, quando pochi anni prima fu interrogato in letteratura all’esame di maturità, alla domanda su chi fosse il Tasso [cf. QUI], dopo un attimo di riflessione rispose: «l’inventore della cedrata Tassoni» [cf. QUI]. E alla facoltà di farmacia, dove anch’egli supera un esame dietro l’altro, per i docenti è un vero simpaticone, lo ricordano sempre tutti, questo barese di nome John, quando ad un esame rispose alla domanda del professore esaminatore che gli chiese «mi spieghi da dove si origina una gravidanza extra uterina», replicando dopo breve riflessione: «si origina da un rapporto anale».

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terremoto dell’Irpinia del 1980

A questi due soggetti, si può toccare il cuore e convertirli spiegando quale rapporto corre tra l’etica nicomachea di Aristotele e le speculazioni metafisiche di San Tommaso d’Aquino? Ma soprattutto, sia per convertirli sia per portarli sulla retta via della fede, dobbiamo forse renderli partecipi delle diatribe contro il teologo gesuita tedesco Karl Rahner, spiegando loro come costui riduce l’essere tomista, che è atto e perfezione, all’essere della conoscenza, identificando l’essere nell’uomo, il conoscere e l’essere conosciuto, mettendo così in piedi una riduzione antropologica della metafisica? E possiamo quindi seguitare a spiegare, a Samantha con la “h” finale sospirata ed al suo ultimo fidanzato barese chiamato John in onore del Lennon, che Karl Rahner capovolge i principi fondamentali del realismo tomistico per dare vita al principio moderno di immanenza?

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terremoto dell’Irpinia del 1980

A Samantha con la “h” finale sospirata, tra poco psico-pedagoga, convinta che il Krizia sia un profumo, ed al suo ultimo fidanzato barese, chiamato John in onore del Lennon, tra poco farmacista, convinto che una gravidanza extra uterina sia originata da un rapporto anale, per stimolarli verso un cammino di fede, che cosa dobbiamo offrire? Forse gli dobbiamo offrire gli atti del convegno contro Karl Rahner promossi anni fa dai Francescani dell’Immacolata? Dobbiamo consigliar loro la lettura dei testi del compianto Brunero Gherardini, di Serafino Lanzetta e di Roberto de Mattei, che portano avanti la tesi del Concilio Vaticano II quale concilio solo pastorale e non dogmatico? Dobbiamo forse convincerli a leggere la preziosa e ottima opera Vera e falsa teologia di Antonio Livi [cf. QUI], impegnativa da leggere persino per gli studiosi di scienze filosofiche e teologiche? O dobbiamo forse trascinarli nei dibattiti fanta-liturgici di certe menti schizofreniche, convinte che quel rozzo e semplice pescatore galileo del Beato Apostolo Pietro giungeva ad un solenne altare basilicale scortato da quattro diaconi in splendenti dalmatiche barocche, coadiuvato da vari presbiteri assistenti rivestiti di solenni piviali, acclamando sotto i gradini dell’altare «Introibo ad altare Dei», quindi aprendo il Messale dato da San Pio V nel XVI secolo e iniziando a celebrare quella che questi poveri schizofrenici della liturgia estetica ed il loro codazzo di cultori della fanta-liturgia chiamano «La Messa di sempre»?

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terremoto del friuli del 1976, funerali delle vittime

Insomma, al povero John, così chiamato in onore del Lennon, cresciuto dai genitori sul modello guida delle parole della canzone Imagine, possiamo anche perdonare di non sapere neppure come si sviluppa una gravidanza extra uterina, ma certi Signori e Signore della vera e pura traditio catholica, nei cui circoli abbondano onirici teologi e sedicenti liturgisti, non possono essere anch’essi convinti come John che una gravidanza extra uterina «si sviluppa da un rapporto anale», perché ciò vorrebbe dire, tra l’altro, non conoscere Aristotele anche nella sua qualità di biologo, sugli schemi e sulla logica del quale San Tommaso d’Aquino sviluppa il proprio metodo, da qui il suo titolo di Doctor Communis, ossia dottore universale della Chiesa. E questo titolo precisa ed indica che quella dell’Aquinate non è semplicemente una “scuola teologica” particolare, ma un patrimonio comune di tutta la Chiesa universale, ed al tempo stesso un metodo che, pur con qualche difetto e lacuna, resta tutt’oggi valido e soprattutto insuperato.

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E si noti bene che Samantha con la “h” sospirata, con tutti i suoi poetici «msidt [14], xché tu 6 il + [15]» … e via dicendo, non è neppure la peggiore. Si provi a immaginare coloro che non arrivano neppure al genere di evoluzione alla quale è giunta comunque Samantha con la “h” sospirata, che tra poco sarà dottore in psico-pedagogia e promotrice della teoria del gender.

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terremoto dell’Irpinia del 1980, le salme predisposte per la sepoltura

Io non disprezzo la scolastica e la metafisica, di cui sono cultore e studioso e che stanno entrambe alla base della mia formazione filosofica e teologica, ma siccome sono anzitutto un pastore in cura d’anime per la grazia di stato sacerdotale ricevuta, sono consapevole che il mio compito primario e fondamentale è l’annuncio del Santo Vangelo in una Europa scristianizzata e decadente nella quale le nuove generazioni non conoscono più neppure i fondamenti del Cristianesimo. E in questa situazione di sfacelo, affermare con spirito da salotto chiuso ed esclusivo che bisogna ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino, spiegando in modo ostinato la sola pastoralità del Concilio Vaticano II, o sostenendo il concetto aberrante di «Messa di sempre» — ciò nel senso filosofico di aberatio intellectus —, il tutto riferito ad un Messale Romano dato da un Santo Pontefice nel XVI secolo, equivale a voler usare il XXXIII Canto del Paradiso per insegnare a leggere ed a scrivere a degli adulti giunti alla maggiore età in stato di totale analfabetismo, convinti che bisogna ripartire dall’Opera di Dante Alighieri per sconfiggere la piaga dell’analfabetismo. Il tutto nella cieca noncuranza che la struttura teologica del Canto conclusivo dei tre libri della Divina Commedia non è oggi compreso neppure da coloro che insegnano e che spiegano agli studenti l’Opera del Sommo Poeta, basti solo leggere certe spiegazioni al testo stampate sui libri ad uso scolastico, od entrare in un qualsiasi liceo mentre un insegnante offre assurde spiegazioni agli studenti che durante la lezione mandano SMS, inviano foto su Istagram o whatsapp con i telefoni cellulari sotto i banchi.

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terremoto dell’Irpinia del 1980, il trasporto delle salme da parte dei Vigili del Fuoco

Affermare con compiaciuto narcisismo che bisogna ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino, è come pretendere di dare ad un bimbo di un anno con gravi problemi di denutrizione una bistecca alla fiorentina come pasto. Da quale San Tommaso d’Aquino dobbiamo ripartire, dovendoci oggi confrontare con un numero elevato di presbiteri e di vescovi che mostrano di non conoscere più i fondamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica, ed il cui parlare è tutto un brulicare di sociologismi mondani? Ma ci vogliamo rendere conto, che cosa esce dalle bocche dei preti e dei vescovi, quando oggi parlano di carità, di misericordia, di poveri in spirito? Nell’ipotesi migliore esce fuori del melenso e smidollato buonismo, ed a loro insaputa ― perché ormai bisogna parlare di ignoranza del tutto inconsapevole ―, dalle loro bocche escono delle terminologie che sono proprie del linguaggio illuministico e massonico, a partire dal concetto ambivalente e del tutto distorto di “solidarietà”, che per i frammassoni è puro ed esclusivo impegno filantropico nel sociale, esattamente ciò a cui oggi la Chiesa visibile ha ridotto il senso di carità svuotato della sua trascendenza cristologica e riempito di mondanità uomocentrica.

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In questione ― ed è bene puntualizzarlo a scanso di potenziali equivoci ―, non sono certo la scolastica e l’Aquinate, che ricordo sono due metodi, che come tali richiedono una solida base, una cultura di grado elevato, ma soprattutto un linguaggio ed un allenamento mentale e di concentrazione che oggi alla gran parte degli ecclesiastici stessi non è proponibile, perché non hanno né la formazione né i mezzi per affrontare il tutto. Quando infatti mancano purtroppo basi, cultura e linguaggio, come si può affermare in modo logico e ragionevole che bisogna volare in alto nel cielo? O si può forse chiedere ad un pollo di volare come se fosse un’aquila?

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terremoto dell’Aquila del 2009, i funerali delle vittime

La scolastica ed il tomismo, nel corso dell’ultimo mezzo secolo sono stati rasi al suolo da terremoti teologici di alta magnitudo innescati prima dal para-concilio dei teologi e poi dal post-concilio Vaticano II dei falsi interpreti. Ora, tutti noi dovremmo sapere che le violenti scosse sismiche di un terremoto ad alta magnitudo, in pochi minuti possono far crollare intere città. Una volta che questo è accaduto, per poi ricostruire quelle città non basteranno certo altrettanti pochi minuti, occorreranno decenni, perché sarà necessario ripartire pressoché da zero. Quando poi si tratta di città antiche completamente distrutte, come più volte avvenuto in Italia nel corso dei secoli, non sarà neppure possibile ricostruirle più o meno tal quali, perché certe antiche opere architettoniche non sono riproducibili, salvo dar vita a un falso antico od a maldestre riproduzioni, come per esempio la neo-scolastica decadente e lo pseudo tomismo. Sicché, affermare in certi salotti-ghetto che bisogna ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino, forse a certi soggetti onirici dà più eccitazione di quanta ne possa dare una conturbante immagine erotica ad un adolescente in preda a tempeste ormonali, ma per altro verso denota in qual misura costoro siano mossi da uno spirito irrazionale tale da renderli incompatibili con qualsiasi vera speculazione di tipo filosofico e teologico, certi e sicuri come sono di poter ricostruire nel tempo di un balletto città intere dopo un terremoto ad alta magnitudo che le ha rase al suolo; riedificandole semmai con quattro formulette ristagnanti della neo-scolastica decadente, che nulla hanno da spartire né con la scolastica né col tomismo. Detto questo si noti anche una cosa, i vari laici cattolici che si lanciano in diatribe internetiche sul rilancio della metafisica e di San Tommaso d’Aquino, se presi e tolti dal loro mondo onorico-telematico e posti dinanzi ad una platea, alla domanda a loro rivolta: «ci chiarisca il concetto di “ente” e di “essere”, di “sostanze” e di “accidenti”», farebbero scena muta. E questo lo affermo non perché lo immagino, ma perché l’ho più volte e ripetutamente sperimentato. Non è infatti un caso che questi leoni dietro gli schermi dei computer, fuggano ad ogni genere di confronto e di dibattito pubblico, non avendo mai studiato né la metafisica né il tomismo, seppure perversamente eccitati da queste due parole magiche, di cui non conoscono però la complessa essenza strutturale, che richiede prima la costruzione di solide basi, poi anni e anni di studio.

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Ascoli Piceno, terremoto del 2016, funerali delle vittime

Tutto questo ai grandi soloni non interessa, perché in essi prevale il narcisistico senso del piacere e dell’auto-compiacimento, certi e sicuri che peccaminosa e grave è solo la masturbazione fisica di un adolescente, non la pericolosa masturbazione mentale di certi adulti, incapaci di comprendere che anche a costo di umiliare il nostro essere intellettuale e conoscitivo, o le nostre capacità speculative filosofiche e teologiche acquisite e sviluppate in molti anni di studio e di lavoro, bisogna ripartire con l’annuncio degli elementi più basilari del Catechismo della Chiesa Cattolica, ed il tutto anche con esiti molto incerti, in una società che ormai ha sviluppata avversione sociale e politica verso il Cristianesimo. Il tutto mossi dalla dolorosa consapevolezza che nella società contemporanea, il sentire e gli stessi concetti di uomo e di natura, di vita umana e di etica, di famiglia e di rapporti umani, di legge e di diritto, sono del tutto antitetici ad ogni cristiano sentire e vivere. E se qualcuno, dinanzi a questa realtà, pensa davvero di ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino, in tal caso sarebbe bene far correre al più presto una autoambulanza e farlo trasportare legato dentro una camicia di forza presso il più vicino centro di igiene mentale. In caso contrario, il Cristianesimo sarà mutato in una speculazione intellettuale, estetica ed estetizzante, portata avanti per il piacere masturbatorio del proprio  egoistico “io” da persone che molto più e molto peggio dei modernisti e dei rahneriani da loro tanto criticati, hanno da tempo dimenticato di essere dei pastori in cura d’anime, non degli intellettuali da salotto che se le cantano e che se la suonano tra di loro in un mondo che non solo non li vuole ascoltare, ma che volendo anche compiere lo sforzo volenteroso di ascoltarli, non ha proprio più i mezzi intellettivi per comprendere questo genere di linguaggio.

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O sempre per dirla con un altro esempio concreto: sarebbe come se io, andando a far spesa al mercato della frutta in Campo dei Fiori a Roma, mi rivolgessi al venditore con questo linguaggio: «Buondì messer mio, niuno v’ha detto ch’eziandio tenete robe novelle d’alta bontade? Ordunque, pria largitemi queste leggiadre erbette, poscia questi frutti ubertosi». Sono pressoché certo che il fruttivendolo mi risponderebbe: «Caro Padre, io vendo erbe, ma se come sembra lei usa erbe da fumo di quelle che danno alla testa, allora deve andare a comprarle da un’altra parte». A quel punto potrei forse replicare dicendo … «Mio caro, lei ha frainteso e non ha capito: bisogna ripartire dalla lingua di Dante!». Ecco, questo è esattamente ciò che fanno gli abitanti del ghetto-estetico quando affermano che bisogna ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino e che per salvare il depositum ed il sensus fidei bisogna celebrare la «Messa di sempre» usando la magia del latino, posto che il latino è uno strumento di salvezza molto più efficace della assoluzione dei peccati attraverso il Sacramento della confessione o del Sacramento dell’unzione degli infermi dato alle persone che stanno per morire assieme alla prevista assoluzione plenaria. Detto questo aggiungo: chi pensasse che la fede unita alle opere salva, commette un grave errore: a salvare le anime sono il latino ed il Messale della cosiddetta «Messa di Sempre» di San Pio V.

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Sempre per spiegare che cosa accade quando si perde una lingua offro anche quest’altro esempio: quei grandi padri della democrazia e di quella non meglio precisata civiltà, tali tutt’oggi si credono i britannici, dopo avere depredato certi Paesi di tutto, di che cosa infine li privarono? Li privarono della loro lingua. E tutt’oggi, in India, per comunicare tra di loro gli indiani delle varie regioni sono costretti a parlare in lingua inglese. Naturalmente, il meglio di loro stessi, gli inglesi lo hanno dato con l’apartheid in Sud Africa al canto di God Save the Queen [Dio salvi la Regina]. E oggi, nella morente società inglese — nella cui capitale si rischia di essere accoltellati per strada da due bimbi di dieci anni —, gli stessi che sino a ieri tenevano in piedi il regime dell’apartheid in Sud Africa, sono capaci a spedirti nelle galere di Sua Maestà Britannica con accuse di razzismo o della sua variante tal è la cosiddetta omofobia, se osi esprimere che la loro icona pop Elton John, sposato con un uomo e con due bimbi comprati da degli uteri in affitto, farebbe gridare allo scandalo anche gli abitanti di Sodoma e Gomorra. Ma d’altronde, paradigma della società britannica sono i gabinetti dei loro locali pubblici, dove capita di trovare un cesso alla turca sul pavimento senza neppure un piccolo lavello per lavarsi le mani. Cosa questa che denota quanto certe persone siano sporche fuori e sporche dentro, ma pur malgrado convinte di essere i padri della civiltà, forse anche dell’igiene. Il tutto sebbene agli inizi del 2000, un gruppo di studenti italiani in soggiorno a Londra col progetto Erasmus, prelevò delle arachidi e delle patatine dai contenitori portati assieme alle birre ai tavoli di uno dei tanti pub di Londra, ed appena rientrati nella “sporca” ed “incivile” Italia le fecero esaminare da un laboratorio di analisi dell’Università di Bologna, con questo sorprendente risultato: quegli alimenti contenevano tracce di ben quattordici tipi di orine diverse … God Save the Queen !

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terremoto di Amatrice del 2016, funerali delle vittime

Questa è la nefasta opera portata a compimento nel corso dell’ultimo mezzo secolo: la distruzione del linguaggio ed il radicale sovvertimento del concetto stesso di umanità. Bisogna quindi insegnare di nuovo la lingua per comunicare, per dare all’uomo «un cuore nuovo» [cf. Ez 36,26-27. 26] e trasmettere i misteri della fede, consapevoli di quanto tempo occorra per ricostruire una città rasa al suolo da un violento terremoto. Solo dopo un lungo lavoro che impegnerà diverse generazioni, il quale richiederà anzitutto santi pastori in cura d’anime e autentici servitori della teologia, potremo tentare di dire: … e adesso proviamo a ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino. Qualsiasi autentico pastore in cura d’anime e qualsiasi autentico teologo che non sia un vanesio onanista narcisista raffermo nello stagno della propria ego-teologia, dovrebbe capire quanto sia urgente ripartire dalle basi più fondamentali, con buona pace del Jota Unum di Romano Amerio, delle rubriche e dei codicilli dei salottieri esclusivisti che tanto si piacciono quando nei loro circoli-ghetto parlano della purezza della vera dottrina o delle più alte speculazioni metafisiche, ma che nulla annunciano del mistero della Rivelazione e della Redenzione alla società neo-pagana di un mondo ormai in stato avanzato di decadenza. E con questa società e con questo mondo, gli esclusivisti salottieri della metafisica onirica condividono un grande elemento comune: il loro amore ed il loro compiacente annegamento nell’estetica decadente.

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A chi ancora avesse dubbi circa quanto ho sin qui affermato, procedendo su delle basi logiche che chiunque può smentire attraverso altrettanta e migliore logica, potrebbe bastare semplicemente mettere a confronto questo testo:

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da quando msidt, la mia vita è cambiata

xché xme tu6 qlc.

Per questo tvb tipe, xché 6Sxme.

MMT+ xché tu 6 il +.

T tel + trd, mi raccomando risp al cel 

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con quest’altro testo:

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Dicamus ergo resumentes et cetera. Praemisso prooemio, hic Aristotiles accedit ad tractatum huius scientiae. Et dividitur in partes tres. In prima determinat de felicitate, quae est summum inter humana bona perducens ad hoc considerationem felicitatis quod est operatio secundum virtutem. In secunda parte determinat de virtutibus, ibi, si autem est felicitas operatio quaedam secundum virtutem et cetera. In tertia complet suum tractatum de felicitate, ostendens qualis et quae virtutis operatio sit felicitas […] [16]

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la cattedrale di Messina ricostruita nel 1929 dopo il terremoto del 1908 che l’aveva rasa al suolo

… e messi a confronto questi due testi, vedremo e stabiliremo da dov’è più opportuno ripartire per riportare l’annuncio del Santo Vangelo agli uomini di un mondo sempre più cieco, sordo ed avverso a tutto ciò che è racchiuso nel Mistero della Rivelazione …

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Ecco perché noi Padri de L’Isola di Patmos anche a costo di “mortificare” il nostro cosiddetto “spirito intellettuale” e speculativo ―, abbiamo deciso di ripartire da quelle basi fondamentali che comportano un attento lavoro pedagogico che richiede anzitutto estrema chiarezza e una accurata spiegazione del senso delle parole. Non bisogna infatti dare mai nulla per scontato, con i tempi che corrono oggi. Quindi non si può menzionare, per esempio la parola transustanziazione, od i termini filosofici e teologici di sostanze e accidenti, senza spiegare in modo chiaro e semplice il preciso significato di questi termini [a titolo di esempio si rimanda a Giovanni Cavalcoli, O.P. QUI]. Tutto questo sempre nella triste consapevolezza che certi termini trasposti dal lessico filosofico classico al linguaggio teologico, oggi non sono compresi persino da un elevato numero di vescovi e di sacerdoti, per non parlare di certi laici messi a insegnare il catechismo ai nostri bimbi, od agli insegnati di religione nelle scuole.

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Ovviamente, di tanto in tanto, proseguiremo a scrivere articoli più lunghi e di taglio specialistico per la nostra pagina di Theologica, ma non certo limitandoci solo a questi scritti quasi sempre complessi, per quanto chiari, diretti perlopiù ad un pubblico più specialistico.

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Solo dopo che avremo ricostruito il linguaggio potrà infatti accadere che tra alcune generazioni i nostri posteri — quando noi saremo ormai corpi dissolti dentro le tombe e le nostre anime in soggiorno nel Purgatorio —, potranno provare a dire: adesso tentiamo di ripartire dalla metafisica e da San Tommaso d’Aquino.

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dall’Isola di Patmos, 29 aprile 2018  ―  Santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa 

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NOTE

[1] Mi sono innamorata di te

[2] Perché

[3] Per me

[4] Tu sei qualcuno

[5] Ti voglio bene ti penso

[6] Sei speciale per me

[7] Mi manchi tantissimo

[8] Tu sei il migliore

[9] Ti telefono più tardi.

[10] Rispondi al cellulare.

[11] Vengo dopo

[12] Ci vediamo.

[13] Tanto nobile d’animo e tanto piena di decoro è
la donna mia, quando rivolge ad altri il saluto,
che ogni lingua diviene, tremando, muta,
e gli occhi non hanno il coraggio di guardarla [Dante, La vita nova, XXI]

[14] Mi sono innamorata di te

[15] Tu sei il migliore

[17] San Tommaso d’Aquino, Liber I lectio IV.

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7 commenti
  1. Iginio dice:

    Caro don Ariel,

    debbo mandarle un lungo messaggio che può anche non pubblicare: mi basta ragionare con lei su alcune cose.

    Lei ha perfettamente ragione a polemizzare con l’elitismo spurio di, ad esempio, quelli che io chiamo ironicamente “pliniani” (lei mi ha capito). O dei sedevacantisti che sentenziano di eresia senza sapere nulla di teologia (o filosofia o latino).

    Ormai siamo ridotti all’incomunicabilità massificata e, ancora peggio, al rifiuto di imparare.
    Le citerò un esempio: a me, professore di liceo classico, è toccato correggere alunne del primo anno del triennio le quali credevano che i Vespri Siciliani fossero avvenuti “avanti Cristo” (e non comprendevano dove fosse l’errore), o alunni che ignoravano il significato di parole come artiglieria, intrinseco, fallace. E di essere preso per il naso da alunne ripetenti che facevano i compiti in classe copiando da Wikipedia (e ancora non so come abbiano fatto, dato che avevo sequestrato i telefonini). Si può immaginare in tale contesto che razza di lezioni di filosofia o storia potessi fare. Ed era un liceo classico romano, di un quartiere benestante. Figuriamoci altrove.

    Detto questo, e dunque eliminati i plinianesimi e gli snobismi, osservo: non è forse vero che il degrado di massa è cominciato anche perché a degradarsi sono state le elites? Mi spiego: ateismo, edonismo, contraccezione, consumismo sono iniziati nei ceti benestanti, non nel popolo semplice (dove pure non mancavano i depravati e i mascalzoni, ma erano chiaramente etichettati). Ma soprattutto: vediamo che anche il popolino, lungi dall’essere portatore di chissà quale “cultura di classe”, segue i modelli di coloro che reputa vincenti: cantanti, calciatori, star della tv, i quali costituiscono ormai le attuali elites. Non pensa dunque che occorrerebbe ricominciare andando a evangelizzare proprio tali elites, anziché dare per scontato che siano così?

    Inoltre: non è forse vero che “bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finisce per pensare come si è vissuto”? E in ciò non è d’aiuto la chiarezza di pensiero e la fissazione di principi metafisici dell’essere, al di là delle mode e contingenze di attualità? Non sarebbe meglio evadere dalla camicia di Nesso dell’attualità?

    • Ariel S. Levi di Gualdo
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Iginio,

      mi scuso per il ritardo con il quale le rispondo ma non sempre, purtroppo, mi è possibile farlo per tempo.

      Il suo discorso è molto interessante, ma sarebbe anche molto lungo e complesso. Mi permetto allora di partire con un esempio: «piaccia o non piaccia» – mi spiegava una volta un famoso economista – «per salvare l’economia, ed anche e soprattutto i piccoli risparmiatori che hanno lavorato una vita per mettere assieme poche decine di migliaia di euro, è necessario all’occorrenza salvare le banche».
      Credo che questo economista avesse ragione. Ovviamente a prescindere da tutto quello che di sbagliato hanno fatto spesso le banche in operazioni spericolate, agendo più volte senza il minimo senso etico. Cosa questa di cui non solo lui era consapevole, perché, com’ebbe a spiegarmi in più occasioni, ebbe pure a partecipare come specialista ad operazioni di salvataggio di queste stesse banche.

      Prendiamo allora come esempio la vecchia Compagnia di Gesù ridotta oggi ad amena Compagnia delle Indie. Prima che i gesuiti prendessero la svolta auto-distruttiva che li ha portati a pericolose commistioni con il marxismo, la guerriglia, il filo-protestantesimo, il sincretismo religioso e l’animismo, il tutto condito con la sociologia – o il culto? – del povero e della povertà, gli stessi gesuiti della cosiddetta “vecchia scuola”, per alcuni secoli hanno formato quelle che nel linguaggio odierno siamo soliti chiamare “classi dirigenti”. Questi erano infatti i gesuiti: didatti, pedagoghi, formatori e anche uomini di scienza. I problemi nascono quando nella seconda metà dell’Ottocento si mettono a fare i teologi.
      In questo senso, l’opera della vecchia Compagnia di Gesù, è stata lungimirante e soprattutto molto preziosa.

      Nel 2013, quando improvvisamente cambiò vento ed i poveri od i presunti tali divennero il centro del mistero stesso della Chiesa, ricordo che affermai più volte: “Se prima noi non convertiamo ed aiutiamo i ricchi, non avremo nessuna possibilità di aiutare i poveri, perché saremmo privi di tutti i mezzi necessari per farlo. Certo, potremmo compiere un gesto eclatante e svuotare le casse di Santa Madre Chiesa, ma una volta che le casse saranno rimaste vuote, come potremo svolgere le nostre opere di carità”.
      E siccome andava di gran moda affermare che la Chiesa doveva spogliarsi … vendere … rinunciare … e via dicendo, io portai l’esempio della vacca dicendo: «Se noi uccidiamo la vacca e organizziamo un bel pranzo per i poveri a base di carni arrostite, quando poi dopo, i poveri, verranno a chiederci il latte, che cosa risponderemo? Dovremo rispondere che la vacca se la sono mangiata e che quindi il latte non c‘è più». Però, il gesto di privarsi della vacca per un bel pranzo con i poveri, avrà sicuramente mandato in brodo di giuggiole quelli de La Repubblica ed affini che frattanto avranno magnificato … «La Chiesa si spoglia delle proprie ricchezze!».

      Senza i ricchi non abbiamo possibilità di aiutare i poveri, come senza banche non sarà possibile aiutare e all’occorrenza proteggere i piccoli risparmiatori.

      Ogni tanto, anni fa, mi recavo saltuariamente presso una elegante clinica romana a prestare servizio pastorale. Una clinica che pare un hotel a cinque stelle, di proprietà di una congregazione di suore e dalle stesse gestita. Le suore, in generale, ma soprattutto quando avevano certi particolari pazienti, avevano bisogno che a visitarli fosse un prete che possibilmente non ruttasse, non scoreggiasse, non si grattasse i pantaloni sul culo tra una parola e l’altra, non sbagliasse verbi e congiuntivi, non giungesse con il bianco della forfora dei capelli sulla camicia nera con il francobollino bianco slacciato sotto il collo, che fosse in grado di intrattenere un colloquio con persone di una certa levatura cosiddetta sociale e culturale. E io, che pure – come vede – dico e scrivo parolacce, certi generi di pessime figure al sacro ordine sacerdotale non le faccio fare, persino quando dico parolacce.

      Più volte ho udito persone affermare che quella clinica, per il suo lusso ed i suoi costi era «uno scandalo» e che il «mitico Papa Francesco avrebbe dovuto finirla con certe strutture e istituzioni». A quel punto ho spiegato a certi “romantici” che solo grazie ai proventi in attivo di quella clinica, le suore di quella congregazione, negli ultimi dieci anni, avevano aperto tre ospedali e finanziata la costruzione di ben dieci grandi poliambulatori in Africa, più due centri per l’assistenza e la cura degli ammalati di AIDS.

      Per aiutare i poveri, abbiamo bisogno dei ricchi, ed affinché i ricchi aiutino i poveri, bisogna dedicarsi a loro e convertirli dopo avere curato, spesso, le loro grandi povertà interiori.

      Purtroppo però, oggi, questi ovvi principi fondamentali non sono riconosciuti ed accettati da quell’esercito sempre più fitto di preti che ruttano, scoreggiano, si grattano i pantaloni sul culo tra una parola e l’altra, sbagliano verbi e congiuntivi, giungono con il bianco della forfora dei capelli sulla camicia nera con francobollino bianco slacciato sotto il collo, non sono in grado di intrattenere un colloquio con persone di una certa levatura cosiddetta sociale e culturale.

      Grazie a questi preti che oggi, come scrivevo in altre pagine, stiamo vedendo diventare vescovi, finiamo col perdere i poveri e col perdere i ricchi, per rimanere vittime del devastante romanticismo di una povertà ideologica che non aiuta e che non salva nessuno. Ma c’è di peggio: la Chiesa è sempre stata attenta a evitare la diffusione delle divisioni generate dall’invidia sociale, oggi invece, l’invidia sociale, pare proprio legittimarla, assieme alle divisioni.

      E per tutto questo abbiamo già cominciato a pagare un elevato prezzo.

  2. non metuens verbum dice:

    Grazie per la lunga risposta. Io non ho mescolato i nomi che Lei dice; di don Milani ho fatto solo una citazione, perché mi faceva comodo farla, non ho parlato della sua “teologia”. Della sua pedagogia, io pedagogista e non teologo, potrei parlare più a lungo, ma non è questa la sede e il tema. Di tutti gli altri nomi da me citati in positivo o in negativo, dirò che sono stati soltanto esempi sommarissimi per evocare i fronti contrapposti, senza analisi particolari. Dei Kung e dei Rahner, carichi di glorie accademiche, ricchi di imponenti bibliografie, basterà dire μèγα βìβλος, μèγα κακòν; non sarà buffoncelli il termine più adatto, ma il mio càveat si intende elevato contro il loro sistema di seminare falsi dubbi (sui dogmi della fede) e ancor peggio false certezze (sui dogmi del loro pregiudizio), Quanto alla speranza, come disse fra’ Cristoforo di don Rodrigo: “Non c’è nulla da sperare dall’uomo. Tanto più bisogna fidarsi in Dio” , frase tinta di giansenismo, ma di nuovo io piglio le citazioni dove so e dove mi fa comodo. Quanto al fisico, Fabro non bucava le copertine, ma io non scorderò mai le mie epiche partite a calcetto con lui sul campetto di Santa Croce…

  3. non metuens verbum dice:

    don Ariel specialista in provocazioni; ma crede che le sue cronache caricaturali siano, alle orecchie dei suoi stessi personaggi, più accessibili di una quaestio tomista ? Dove la consapevolezza è zero, i livelli argomentativi 0,1 oppure 1000, si equivalgono.
    Don Milani partiva dall’assunto che è la lingua che fa uguali, e quindi formava i suoi ragazzi piccoli montanari a una conoscenza arricchita consapevole e critica della lingua italiana, come prodromo necessario per una conoscenza catechistica della fede cristiana (cattolica). Bene, ma oggi sarebbe sufficiente ? L’imbarbarimento generale rende futile qualsiasi sforzo e qualsiasi strategia pastorale.
    E tuttavia ancor più oggi i Fabro, i Gherardini, i Livi, gli Elvio Fontana, i Danilo Castellano, sono assolutamente necessari, affinché il cattolico che li ascolta, anche se fa difficoltà a seguire in tutto i loro discorsi, abbia la serena e orgogliosa consapevolezza di non avere nulla da imparare dai tromboni sedicenti scientifici alla Hack, alla Odifreddi, alla Hawking, alla Halder Hey Hospital, e neanche dai buffoncelli alla Kung, alla Rahner, alla Enzo Bianchi (agriturista), e taciamo del resto e del peggio.

    • Ariel S. Levi di Gualdo
      Ariel S. Levi di Gualdo dice:

      Caro Lettore,

      posso dirle che avendo conosciuto quel sant’uomo di Brunero Gherardini che oggi voglio immaginarmi in Paradiso, quindi conoscendo anche Antonio Livi, che spero in Paradiso ci vada il più tardi possibile, perché abbiamo ancora bisogno di lui, che l’uno e l’altro non gioiranno ad essere frammischiati a Lorenzo Milani, i problemi del quale partono di lontano, malgrado i tentativi di beatificazione, ossia da una formazione al sacerdozio che faceva acqua; e più si esponeva, più faceva acqua.

      Se Gherardini è stato un eccellente maestro e Livi lo è tutt’oggi, lo sono stati l’uno e lo è tutt’oggi l’altro soprattutto per la impeccabile correttezza del loro linguaggio teologico e anche catechetico, mentre il buon Milani, prima di “unire nel linguaggio” i “piccoli montanari” e trasmettere con il linguaggio la dottrina, avrebbe dovuto conoscerla molto meglio, la dottrina cattolica. Oltre al fatto che, in un vero pedagogo, non può mai prevalere né l’emotività né tanto meno l’ideologia.

      Questo per dirle che lei mescola assieme un cattivo maestro – tale io reputo liberamente il Milani -, con due che invece sono stati due autentici maestri, a prescindere dalle opinioni divergenti che si possono avere tra di noi su certe speculazioni o sfumature teologiche, perché poi, nei concreti fatti, se lei mette assieme il compianto Brunero Gherardini, Antonio Livi, Giovanni Cavalcoli e me come fanalino di coda, potrà appurare che tutti e quattro parliamo la lingua della stessa identica dottrina e che siamo fedeli allo stesso deposito della fede. Poi, semmai, ci prendiamo “a legnate” su delle disputazioni teologiche ed ecclesiologiche, ma questo rientra da sempre nella sfera dei dibattiti teologici.

      Lungi pertanto dal rivolgere certe parole ai Confratelli defunti e viventi di cui sopra, quando io ho parlato dei “metafisici estetici” e quant’altro, mi riferivo a ben altre situazioni e persone, o per meglio intendersi: mi riferivo ai “praticoni” della “teologia fai-da-te”, non a dei maestri della teologia e della filosofia metafisica come Brunero Gherardini e Antonio Livi.

      Antonio Livi in particolare, che è un epistemologo ed un maestro della filosofia del senso comune, sarebbe il primo a concordare sul fatto che in assenza di un linguaggio dottrinale appropriato e soprattutto preciso, ossia rigorosamente scientifico, non è neppure pensabile di poter fare teologia, quindi catechesi. E infatti, oggi, si confonde l’emotività con la dottrina e la poesia con la teologia.

      Insomma: il celibato e la castità mi hanno “liberamente privato” dall’avere una prole mia per essere padre del Popolo di Dio, ma le garantisco che se avessi figli, avrei serie difficoltà a mandarli a fare catechismo in certe parrocchie con certi catechisti, ma purtroppo anche con non pochi parroci, visto e considerato che la catechesi si riduce sempre più spesso a pura poetesi ed emozionesi.

      Ecco perché – e il mio scritto in tal senso parla – io mi auspico che sia ricostruito anzitutto un corretto linguaggio per poi poter ripartire per davvero dalla vera metafisica e dal vero San Tommaso d’Aquino.

      Affermare poi, come lei fa, che «L’imbarbarimento generale rende futile qualsiasi sforzo e qualsiasi strategia pastorale», è una aperta negazione della virtù teologale della speranza, della grazia e dell’assistenza dello Spirito Santo; anche perché, con la stessa logica, si potrebbe giungere a dire che il Verbo di Dio si è incarnato ed è morte inutilmente come agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo, visto che gli uomini hanno seguitato sia a peccare sia a rifiutarlo.

      E per concludere: se Rahner e Kueng fossero stati dei semplici “buffoncelli”, anzitutto non avrebbero prodotto i danni che hanno prodotto né mai – come nel caso di Rahner – avrebbero influenzato una gran fetta dell’episcopato mondiale a partire dalla primissima stagione del post-concilio.

      Del “nemico” bisogna riconoscere anzitutto il talento, altrimenti non si può essere in grado di combatterlo, si può finire solo sconfitti partendo dalla errata presunzione della sua incapacità o scarsa capacità.

      Rahner, come il suo allievo Kueng, sono due menti molto brillanti. A livello intellettivo e di capacità speculative, Kueng era più dotato ancora dello stesso Rahner, oltre a possedere capacità comunicative più elevate del suo primo grande maestro, era anche favorito da una bella presenza fisica che lo rendeva molto gradevole alla vista e molto piacevole all’ascolto. Altrettanto non si può dire invece di quell’autentico uomo di Dio di Cornelio Fabro, che pur essendo una mente straordinaria, non aveva però particolari capacità comunicative né tanto meno era favorito da una bella presenza come il Kueng. Per questo il Fabro, che ci ha lasciato degli autentici capolavori, non è mai stato oggetto di ampi servizi corredati di foto come il Kueng sul Times, posto che il Kueng cinquantenne pareva un attore di Hollywood e che in cammino verso gli ottant’anni era un uomo fascinoso e bello anche da anziano.

      Non dimentichiamo che Lucifero era bellissimo, non era affatto un mostro ripugnante, ed è anche molto intelligente, anzi: è intelligenza allo stato puro. Altro che “buffoncello”.

      Se certe persone molto nocive e dannose fossero arginabili con un semplice e veloce “buffoncello”, posso garantirle che molti teologi, compresi Brunero Gherardini, Antonio Livi, Giovanni Cavalcoli ed io, seguiti da non pochi altri, li avremmo tolti dalla scena già da decenni. Invece, questi soggetti, a partire dal pontificato di San Giovanni XXIII seguito da quello di un beato quasi santo (Paolo VI), di un quasi beato (Giovanni Paolo I) e di un santo (Giovanni Paolo II), sono passati illesi e indenni nel corso di ben quattro pontificati. Per non parlare del Venerabile Benedetto XVI, che la pericolosità sia del Rahner sia del Kueng, per sua stretta e antica conoscenza diretta la conosceva meglio ancora di tutti e quattro i suoi Predecessori messi assieme.

      • Beppe1944 dice:

        “… Non dimentichiamo che Lucifero era bellissimo, non era affatto un mostro ripugnante, ed è anche molto intelligente, anzi: è intelligenza allo stato puro. Altro che ‘buffoncello’…”

        Ma se era intelligenza allo stato puro come poteva essere bellissimo?

  4. fabriziogiudici dice:

    Caro don Ariel,

    curiosamente un paio d’ore fa, in auto, pensavo sostanzialmente alle stesse cose. Ero appena stato alla “Messa di sempre” e, nel momento di uscire, stava entrando una compagnia di ragazzini, con chitarre al seguito, e prete che richiedeva un certo esercizio d’osservazione per essere distinto dai ragazzini. Da lì è partita una riflessione sui linguaggi. Non solo: siccome frequento quella messa ormai stabilmente da mesi, e vedo pian piano sempre più persone, vedo certi che arrivano e rimangono, altri che si vedono una volta e poi non si vedono più (d’altronde, dalla mia prima messa VO alla decisione di andare alla messa VO sono passati tre anni).

    Io ho concluso questo: certamente, quei ragazzini schitarranti, se fossero arrivati un’ora prima, avrebbero potuto (*) avere grandi difficoltà a capire il VO. Capiscono più facilmente un prete che sembra uno di loro. Ma d’altro canto, quel prete, poi, dove li porta? Se anche la sostanza si abbassa alla loro forma, non li porta da nessuna parte. E infatti voi Padri di Patmos, capite di Greco e di Latino, di Tomistica, e scrivete in italiano corretto, mica in gergo essemmessiano.

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